Il danno Biologico da cicatrici Procedure per la valutazione
Dr. Massimo Navissano*
La trattazione medico legale delle cicatrici rappresenta un argomento di notevole complessività, giustificata dal polimorfismo delle lesioni, dell’estrema varietà delle situazioni individuali che si presentano alla valutazione ed infine, dall’ampio panorama di soluzioni proponibili.
Da alcuni anni a Torino abbiamo iniziato una stretta collaborazione tra chirurgo plastico e medico legale per la classificazione e la valutazione delle cicatrici cutanee in ambito medico legale.
Il problema principale è rappresentato dalla non univoca valutazione di una stessa cicatrice da parte di specialisti diversi, per la mancanza di una classificazione tabellare riconosciuta, alla quale fare riferimento.
La cicatrizzazione
E’ un processo di riparazione spontanea messo in atto da ogni organismo e come tale può presentare delle variabili individuabili.
Per esempio i bambini cicatrizzano più in fretta degli adulti ma le loro cicatrici attraversano una fase infiammatoria, che si protrae più a lungo, durante la quale la cicatrice è arrossata ed ispessita.
I neonati cicatrizzano meglio dei bambini dal momento che nel primo trimestre di vita il processo cicatriziale è quasi esente da reazioni infiammatorie.
Gli anziani hanno un’evoluzione del processo cicatriziale che è estremamente più lento e questo in relazione ad un rallentamento generale dei processi metabolici.
La qualità della cicatrice è direttamente proporzionale alle condizioni generali del paziente.
Il processo di cicatrizzazione è un fenomeno dinamico che inizia poche ore dopo l’evento lesivo e si considera concluso almeno un anno dopo.
Si possono riconoscere alcune fasi distinte in questo processo: ad una fase di attivazione caratterizzata dalla formazione del coagulo, dalla neoangiogenesi, dalla formazione del tessuto di granulazione e dalla riepitelizzazione, fa seguito una fase di regressione caratterizzata dalla fibrosi.
Questa distinzione ha ormai un carattere didattico e semplificativo: numerose ricerche hanno accertato sia la coesistenza che la sinergia tra i vari momenti.
Durante il primo anno la cicatrice conserva un potenziale di miglioramento spontaneo significativo; la stabilità di una cicatrice viene generalmente raggiunta dopo 12-18 mesi anche se abbiamo osservato dei casi, in particolare per le estese cicatrici da ustioni, in cui la fase di stabilizzazione è stata raggiunta dopo 9-10 anni di follow-up.
Fattori locali e fattori sistemici
Sulla formazione di una cicatrice possono agire, con effetti diversi, tutta una serie di fattori locali e sistemici.
*Dirigente di I livello Divisione di Chirurgia Plastica Generale del CTO, Torino.
Tra i fattori locali annoveriamo il tipo, la sede e le dimensioni della ferita; la vascolarizzazione;
le infezioni; il movimento; le radiazioni ionizzanti; le radiazioni ultraviolette; la temperatura.
La ferita ben detersa, asettica, provocata da un bisturi, guarisce meglio e più velocemente di quella provocata da un trauma della strada con ampia necrosi dei tessuti ed irregolarità dei margini.
La velocità di cicatrizzazione è inversamente proporzionale alle dimensioni della ferita.
Le aree riccamente vascolarizzate, come il volto, cicatrizzano più rapidamente di quelle meno vascolarizzate, come la pianta del piede.
Le ferite con debole apporto vascolare guariscono più lentamente. Ad esempio, una ferita dell’arto inferiore in un paziente vasculopatico può cicatrizzare in un tempo doppio o triplo rispetto ad un paziente non vasculopatico. L’ischemia dovuta alla pressione protratta nel tempo crea ulcere da decubito e ne contrasta la guarigione.
Le ferite sono vie di accesso privilegiate per i microrganismi e le infezioni che ne derivano sono di ostacolo alla cicatrizzazione.
La mobilizzazione precoce sottopone la ferita ad un micritraumatismo ripetuto; inoltre produce l’aumento del livello di corticosteroidi in circolo inibendo la cicatrizzazione.
Le radiazioni ionizzanti determinano delle lesioni vascolari che alterano l’apporto ematico, bloccano la proliferazione cellulare, inibiscono la contrazione della ferita.
L’esposizione alla luce solare accelera la velocità dei processi rigenerativi ma l’eccessiva stimolazione può esitare in una cicatrice ipertrofica.
Per modesti rialzi termici si osserva l’insorgenza di uno stato flogistico che interferisce con la formazione della cicatrice.
Per variazioni più consistenti si osservano modificazioni enzimatiche ed alterazioni nelle concentrazioni elettrolitiche intra/extra cellulari. Bisogna considerare anche il rapporto tempo/esposizione: anche temperature non elevate (< 44°C) possono risultare lesive se protratte per tempi lunghi.
L’effetto dannoso della temperatura è riscontrabile sia in presenza di calore elevato che di raffreddamento intenso.
Tra i fattori sistemici si osservano le condizioni del circolo, le infezioni sistemiche, lo stato metabolico, gli ormoni, l’ipertermia.
Il diabete mellito ritarda tutti i processi cicatriziali. Le ferite nei pazienti diabetici sono più frequentemente soggette a sovrainfezioni batteriche.
La malnutrizione contrasta con i processi riparativi. I deficit di metionina, Zn, Vit. C., sono solo alcuni dei responsabili di un ritardo nella cicatrizzazione.
Il cortisone, come tutti gli steroidi, inibendo la sisntesi del collagene, ritarda la formazione della cicatrice.
Gli ormoni tirodei, gli estrgeni, il GH hanno una certa influenza sul processo cicatriziale attraverso la loro azione sul metabolismo.
L’aumento della temperatura corporea determina un rallentamento dei processi di guarigione delle ferite potendo interferire con ognuno dei singoli stadi della cicatrizzazione, a livello del tessuto di granulazione, della neoangiogenesi, della riepitelizzazione.
Dopo una revisione critica su quanto è stato pubblicato negli ultimi anni in tema di processo cicatriziale, il primo obiettivo del nostro lavoro è stata la proposta di una classificazione delle cicatrici basata su parametri oggettivi standardizzati, che tenesse conto anche delle possibilità di un miglioramento terapeutico.
Abbiamo preso in esame unicamente le cicatrici stabili, giunte a maturazione.
A questo scopo sono state esaminate e classificate tutte le cicatrici giunte all’osservazione dell’ambulatorio della Divisione di Chirurgia Plastica Generale, dall’inizio del 1996 alla fine del 1998.
Per offrire una descrizione della cicatrice il più possibile precisa e indipendente dall’osservatore, abbiamo identificato cinque parametri in base ai quali valutare le cicatrici cutanee: il colore, il rilievo, l’estensione, la sede e l’orientamento.
Ad ogni parametro abbiamo attribuito un punteggio ed il risultato è la formula che abbiamo mnemonicamente siglato C.R.E.S.O..
Colore e rilievo
La classificazione proposta tiene conto del punteggio rappresentato dal colore e dal rilievo come unico parametro costituito dalla media aritmetica dei due punteggi distinti.
Il colore viene valutato in termini di isocromia, lieve discromia, ipocromia ed ipercromia.
Ad ogni aspetto sono attribuiti valori crescenti: il criterio valutativo non tiene conto della diversa gravità in termini di patologia cicatriziale (l’ipocromia non è meno grave dell’ipercromia) ma unicamente della visibilità.
Un concetto analogo è stato applicato alla valutazione del rilievo della cicatrice dove, in base al criterio visivo, sono accomunate la lieve depressione e la lieve ipertrofia, la mancata depressione e l’ipertrofia franca.
Il punteggio massimo è stato attribuito alla cicatrice con retrazione marcata perché coinvolge i tessuti sani adiacenti.
Estensione
La superficie globale della cicatrice non è calcolata in centimetri ma in rapporto all’unità anatomica interessata.
Abbiamo considerato in modo differente le cicatrici con una superficie molto più piccola dell’unità anatomica (inferiore al 30%) e quelle di grandi dimensioni in rapporto all’unità anatomica (fino al 60%), ma con la possibilità di coprire la perdita di sostanza utilizzando il tessuto sano residuo della stessa unità.
Ciò comporta la possibilità di utilizzare il miglior tessuto disponibile per correggere la cicatrice riducendone al minimo l’evidenza.
Consideriamo a parte le cicatrici che coinvolgono tutta, o quasi tutta, l’unità anatomica.
Da un punto di vista terapeutico, il rapporto tra l’estensione della cicatrice e l’unità anatomica di cui fa parte, può portare a risultati estetici completamente diversi.
Il problema si pone soprattutto con cicatrici non lineari che interessano una percentuale più o meno grande dell’unità. In questi casi la possibilità di utilizzare ancora tessuti della stessa sede per correggere la cicatrice, rappresenta un elemento valutativo importante.
La cicatrice assume un valore maggiore se la maggior parte dell’unità estetica è interessata e le unità vicine non sono utilizzabili, oppure se la cicatrice interessa più unità contemporaneamente.
Sede
Per quanto riguarda la sede abbiamo inizialmente considerato cinque gradi diversi di visibilità:
sedi non esposte, sedi visibili nell’intimità, sedi mascherabili con l’abbigliamento, sedi socialmente esposte, il volto.
Pur mantenendo valido il criterio della visibilità nell’attribuzione di un punteggio alle diverse sedi corporee, ci è sembrato che una suddivisione in sole cinque classi fosse indicativa ma troppo poco specifica.
Dato che ogni area cutanea ha alcune peculiari caratteristiche: elasticità e flessibilità, mobilità, spessore, tessitura e colore, presenza o assenza di peli e così via, è possibile identificare e suddividere la superficie corporea in tale unità anatomiche all’interno delle quali la cute ha caratteristiche omogenee.
Basandoci su un criterio morfologico, ma tenendo conto anche dei limiti topografici abbiamo delimitato le principali unità anatomiche cutanee del corpo umano:
- regolare plantare - faccia dorsale dell’avambraccio
- dorso del piede - faccia interna del braccio
- gamba - faccia esterna del braccio
- coscia - tronco
- glutei - regione mammaria (nella donna)
- regione pubica e piega inguinale - décolleté (nella donna)
- regione palare - collo
- dorso della mano - cuoio capelluto
- faccia volare dell’avambraccio
Un discorso a parte merita il volto: dopo aver esaminato gli studi esistenti abbiamo adottato la suddivisione in unità estetiche proposta da Converse e rielaborata da Buccelli e coll.
Il volto viene così suddiviso in dodici subunità, quattro regioni impari mediane ed otto pari laterali: frontale, temporale, sopraorbitaria, nasale, labiale, mentoniera, infraorbitaria, zigomatica, buccinatoria, parotidea-masseterina, orbitaria e auricolare.
Per attribuire un valore ad ogni singola unità o subunità ci siamo basati unicamente sul criterio estetico della visibilità. Questo giustifica il punteggio relativamente basso attribuito ad alcune zone esposte unicamente, o solitamente, nell’intimità (per esempio le regioni glutee, le regioni pubiche o le regioni mammarie nella donna) che possono avere delle importanti valenze sul piano psicologico, ma che ben poco valgono dal punto della visibilità di una cicatrice.
Sebbene viviamo in un'epoca in cui la parità dei sessi è un fattore acquisito e l’interscambiabilità dei ruoli è sempre frequente, usi e costumi della nostra società attribuiscono ancora valori diversi alle medesime zone nell’uomo e nella donna: esaminando per esempio l’arto inferiore, il diverso tipo di abbigliamento nei due sessi ci ha portato a considerare la gamba e la coscia in un uomo come zone mascherabili, mentre in un donna sono equiparate alle zone socialmente esposte.
Anche sul dorso del piede rileviamo una modesta differenza di valore tra i due sessi.
Gamba e coscia, in entrambi i sessi, hanno inoltre punteggi lievemente diversi in quanto la gamba è solitamente più esposta della coscia.
La valutazione della regione toracica nell’uomo è rappresentata da un unico punteggio, mentre nella donna la regione del décolleté ha un punteggio più elevato, identico al collo.
Ancora una differenza tra i sessi, questa volta a favore dell’uomo, riguarda il capillizio: una cicatrice sul cuoio capelluto è più facile da mascherare in una donna mentre in un uomo il problema può essere aggravato dalla contemporanea presenza di calvizie.
Sull’arto superiore abbiano individuato sei unità anatomiche cutanee. La faccia esterna del braccio, dell’avambraccio e del dorso della mano hanno, visivamente, un impatto diverso dalla regione palmare, dalla faccia interna dell’avambraccio e del braccio.
A nostro avviso sul volto, pur avendo adottato la divisione in unità proposta da Converse e rielaborata da un gruppo di Autori della Scuola Napoletana, una frammentazione elevata in molte subunità non comporta necessariamente punteggi diversi. Per esempio, le quattro subunità in cui è stata scomposta la guancia, pur essendo omogenee al loro interno per tessitura, direzione delle LMTC e spessore della cute (caratteristiche importanti dal punto di vista terapeutico), non sono diverse dal punto di vista “visuale” ed abbiamo attribuito loro punteggi identici.
Quello che oggi è il modo di vedere comune domani può non esserlo più: la moda propone nuovi modelli in cui i centimetri di pelle esposta sono sempre in aumento ed i costumi sociali tra qualche anno potrebbero considerare normale l’esposizione di parti che oggi non lo sono.
La nostra valutazione tabellare, oltre che legata alla nostra cultura ed ai nostri criteri valutativi, è anche influenzata dal momento attuale e, come tale, soggetta a possibili evoluzioni future.
Orientamento
Quando un bisturi incide la cute, la tensione cutanea è la forza che tende a separare i margini della ferita. La tensione cutanea è anche la forza che esercita una trazione su una cicatrice lineare e tende ad allargarla; talvolta questa trazione può stimolare la cicatrice causandone l’ipertrofia. Nella maggior parte delle aree del corpo esiste una tensione cutanea in ogni possibile direzione, ma il grado di tensione è maggiore nella direzione delle linee di minima tensione cutanea (LMTC).
Una ferita cutanea ortogonale alle LMTC tende ad allargarsi; una ferita con asse maggiore parallelo alle LMTC mantiene i margini vicini.
Nell’ambito della formula C.R.E.S.O. per il punteggio cicatriziale, abbiamo considerato il rapporto tra l’asse maggiore cicatrice e le LMTC: i punteggi minori sono attribuiti alle cicatrici parallele alle LMTC; i punteggi maggiori alle cicatrici perpendicolari a tali linee.
In quest’ultimo caso infatti la diastasi della cicatrice è maggiore e, per un risultato correttivo ottimale, il chirurgo deve sovente modificare l’orientamento della cicatrice.
Alcune regioni presentano un solo asse di tensione come in corrispondenza delle pliche flessorie.
Altre regioni presentano due linee di tensione (es. sull’addome).
Altre infine, non hanno un orientamento preferenziale e sono la sede di tensioni radiali, ad esempio le regioni convesse, come la regione deltoidea.
Il punteggio che abbiamo attribuito all’orientamento è determinato dall’angolo formato tra l’asse maggiore della cicatrice e le LMTC in quella sede.
Punteggio Cicatriziale
I tentativi di quantificare in termini una cicatrice sono sicuramente difficili e complessi.
Peraltro esiste una concreta necessità in ambito legale di valutare le cicatrici anche in previsione di un potenziale miglioramento.
Si può attribuire ad ogni cicatrice un punteggio rappresentato dalla somma dei punteggi dei diversi parametri che abbiamo siglato mnemonicamente C.R.E.S.O..
Ricordando che colore e rilievo rappresentano un unico punteggio, si otterrà un valore numerico che è dato dalla somma di quattro punteggi compresi tra 1 e 25 (attribuendo per ogni parametro lo zero alla cute sana) con un totale complessivo espresso in una scala graduata fino ad un valore massimo di 100 punti.
Danno biologico
Il passaggio dal punteggio cicatriziale biologico avviene mediante l’introduzione di fasce percentuali di base che consentono, attraverso una proporzione matematica, di giungere alla percentuale di danno biologico.
Danno biologico ponderato
Sulla percentuale di danno biologico possono agire quattro variabili individuali.
Stato anteriore: decurtazione fino ad ¼ per la ripercussione del danno sul complesso estetico individuale preesistente.
Età: decurtazione fino ad ¼ per la ripercussione del danno sulle modifiche indotte dall’invecchiamento fisiologico.
Sesso: riduzione di ¼ se la cicatrice interessa individuo di sesso maschile.
Trattamento: decurtazione fino ad ¼ per la possibilità di emendare il danno.
Danno biologico specifico
La valutazione definitiva tiene conto delle eventuali ripercussioni del danno sulla vita lavorativa specifica dell’individuo.
Bibliografia
1) M. IORIO – M. NAVISSANO - Il danno da cicatrici cutanee – Classificazione e valutazione medico legale. Ed. Minerva Medica, Torino 1997
2) M. IORIO – M. NAVISSANO - Cicatrice e danno estetico – Valutazione del danno biologico.
Ed. Minerva Medica, Torino 1999.