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Le Truppe ausiliarie italiane in Francia (1918)

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Le Truppe ausiliarie italiane in Francia (1918) Lettere dei soldati

Hubert Heyriès

In virtù della convenzione siglata tra la Francia e l’

talia il 19gennaio1918, 60.000 soldatiitaliani or­

ganizzati nelle Truppe ausiliarieitaliane in Francia (Taif) raggiunsero in febbraio ilfronte occidentale per eseguire lavori di difesa lungo la seconda linea, dalla Normandia alla Svizzera, e rimasero sulsuolo francese fino al gennaio-febbraio 1919.

Durante il lorosoggiorno, gli ausiliari italiani scris­ sero centinaia dimigliaia di lettere, letteetalvolta censurate dalle commissioniitalianedicontrollo po­ staleche redassero più di700 rapportiper ilGrand quartiergénéral francese.

Questi rapporti permettono di conoscere nonsolo le lamenteledeicomponenti delleTaif(costantemo­

bilità,alloggi assaimodesti,licenzerare,postatrop­ po lenta, cambio sfavorevole, cibo non italiano, cli­ mainclemente,timore diessere dichiarato idoneo alle fatichedella guerra, odio per laguerrae nostal­

gia del paese dorigine),ma anche disondare i loro rapporti con i francesi e l’evolversi del morale nel­

l’ultimo anno di guerra.

Tali fonti, pur presentandolimiti oggettivi (auto­ censura, discrezionalitàdei componenti lecommis­ sionidi controlo postale,ecc.), mettono tuttavia in luce la ricchezzae lacomplessità degli statid’ani­

mo dei combattenti italiani che lavorarono in Fran­

cia, vicino al fronte, l’ultimoanno di guerra.Uomi­

nilontanidalproprio paese, preoccupati di “far pas­

sare iltempo”nelle migliori condizioni possibili,che attendevanolafinedella guerratalvolta con rasse­

gnazione e passività, talvolta conentusiasmo, disci­

plina e senso del dovere.

Underthèconvention signed by France and Italy onJanuary19th,1918,some sixtythousand Italian troops organised inthè T.A.I.F. (ItalianAuxiliary Troops in France) reached thèwestern front in Fe- bruary, inorder to carry out defence worksalong thè secondline.from NormandytoSwitzerland, and stayed on French soil until January-February 1919.

During theirService in France, thè Italianauxilia- rieswrote hundred thousand letters, dulyread and sometimes censured by thè Italian postai censorship commissions, which drew up more than 700 reports forthèFrench Grand QuartierGénéral.

Suchreportslet us knownotonly thè complaintsof thè T.A.I.F.men ( continuous mobility, poorlodging, rare leavepermits, too slowmail, unfavourable ra­ teofexchange,alienfood,badclimate,fearofbeing declaredfit for warfare, hate for war and deepho- mesickness),butalso thècourse of their relation- ships with thè Frenchandthètrend oftheir mora­ le inthè last year of thè conflict.

Such sources, though markedby objectivelimits (self-censorship, discretion onthè part ofthè con­

trol commissions and so on) throwa cleartighton thè complex moods and feelings of thèItalianmi- litary who worked in France, rightbehind thè front line,during thèfinal period ofthè war.

Mentoiling far-away from home, concerned with

“letting timepass getting away with it”, waitingfor thè end of thèwar sometimes with passiveresigna- tion,sometimes with eagerness, discipline and sen- se ofduty.

Italia contemporanea”, giugno 2004, n. 235

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Il 7 maggio 1918, una nota informativa segreta del Commissariat centrai de la sùreté nationale segnalava:

(24 aprile) Molti militariitaliani, attualmentein Fran­

cia, scrivonoai loro familiari chelapopolazione è osti­

le nei loro confrontieche sonomaltrattati. Per esem­ pio,nelbranodi una lettera silegge: Questi francesi non fanno altrocheinsultarci; nellamiglioredelle ipo­

tesi ci guardanostorto, quando non ci trattano come deicinesi.Poveri italiani, e dire che stiamo combat­ tendo per loro!”1

1 Commissariat centrai de la sùreté nationale,Notainformativasegreta, 7 maggio1918, in Servicehistorique de l’armée de tene (SHAT), 16 N 1554.

2Ministero della difesa, Stato maggiore dell’esercito, Ufficio storico, Lesercito italiano nellaGrandeGuerra (1915- 1918),voi.VI, t. 2, Soldati d’Italia interra diFrancia, Roma, Istitutopoligrafico dello Stato, 1951,pp.333-419.

In seguito alla convenzione siglata tra Francia e Italia il 19 gennaio 1918, sessantamila solda­

ti italiani, inquadrati nelle Truppe ausiliarie ita­

liane in Francia (Taif)2, avevano raggiunto nel mese di febbraio il fronte franco-inglese per contribuire alla realizzazione delle opere di di­

fesa della seconda linea, dalla Normandia alla Svizzera.

Il governo italiano si era impegnato a forni­

re circa quarantamila fanti inabili a combattere (feriti, malati...), e ventimila artiglieri che, aven­

do dovuto abbandonare mezzi e materiali dopo la disfatta di Caporetto, si erano ritrovati senza compiti. Per la maggior parte contadini, questi ausiliari appartenevano soprattutto alle classi tra il 1879 e il 1899, ma un buon numero era gio­

vane, tra i diciannove e i ventinove anni, tra le classi 1889 e 1899. Erano dunque dei militari, comandati da un generale con la qualifica di ispettore generale, ed erano divisi in quattro rag­

gruppamenti; ogni raggruppamento di quindici- mila uomini era composto da cinque nuclei ; ogni nucleo (tremila uomini) comprendeva a sua vol­

ta dieci compagnie di trecento uomini ciascuna.

Complessi i motivi del loro arrivo in Francia.

Nel novembre 1917, il generale Pétain, coman­

dante in capo degli eserciti del Nord e del Nord- est, molto preoccupato per la penuria di uomini nell’esercito francese, aveva richiesto l’invio di

manodopera di tutte le provenienze, sia colo­

niale che alleata, ma soprattutto italiana. In ef­

fetti, oltre a effettuare delle opere difensive in grado di contenere gli attacchi tedeschi che si giudicavano imminenti, dato il crollo del fron­

te russo, c’era anche da compensare la partenza di sei divisioni francesi destinate a ristabilire la linea del fronte sfondata dagli austro-germani­

ci a Caporetto. Il presidente del Consiglio Cle- menceau sosteneva la richiesta di Pétain, con­

vinto che l’Italia avesse a disposizione una ma­

nodopera inesauribile. Con una visione un po’

deformata dalla realtà, Clemenceau pensava che lo sforzo bellico sostenuto dall’Italia fosse in­

feriore rispetto a quello della Francia, quando invece, proprio in quel periodo, il Comando su­

premo italiano doveva fare i conti, come il Grand quartier generai francese, con una grave man­

canza di uomini, tanto da dover richiamare in anticipo la classe 1900. Ma soprattutto, i fran­

cesi apprezzavano le capacità dei lavoratori ita­

liani, forse più di quelle dei soldati, lavoratori che prestavano la loro opera nelle fabbriche e nei cantieri francesi fin dall’inizio della guerra.

Altri i motivi che indussero il governo italia­

no ad accettare l’invio di queste truppe ausilia­

rie. C’era senza dubbio la volontà di cancellare il doloroso ricordo della disfatta di Caporetto e, applicando un principio di reciprocità, ricam­

biare l’invio in Italia di undici divisioni alleate.

Questa fu sicuramente la ragione ufficiale. Ma c’era anche la possibilità, mandandone una par­

te in Francia, di dare una momentanea occupa­

zione agli artiglieri, il tempo necessario a ri­

mettere insieme 1 ’ artiglieria e a riorganizzare l’e- sercito; inoltre, al fronte franco-britannico sa­

rebbero state inviate certamente delle truppe ita­

liane, ma soprattutto soldati ormai non più adat­

ti a sostenere le fatiche di una battaglia, e non degli uomini validi, di cui si aveva estremo bi­

sogno per consolidare il fronte sul Piave.

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Le Truppe ausiliarie italiane in Francia

Ad ogni modo, questi militari rimasero in Francia fino al gennaio-febbraio 1919, e scris­

sero a casa delle lettere in cui descrivevano la lo­

ro vita e i loro sentimenti. Un controllo postale italiano, organizzato in quell’occasione, stese dei rapporti in francese destinati al Grand quartier général francese e questi documenti, conservati presso il Service historique de l’Armée de terre di Vincennes3, mettono in luce la scontentezza di questi uomini lontani dalla loro terra, i loro rapporti con i francesi e con gli altri alleati, i cam­

biamenti del loro stato d’animo durante l’ultimo anno di guerra e la loro situazione generale, che nel dibattito storiografico attuale viene descritta in termini di coercizione o di consenso.

3 In SHAT, 16 N1461 e 16 N 1554.

4 Nota n.5595/SRA.CP del Grand quartier général ai presidenti delle commissioni di controllo postale,febbraio 1918,in SHAT, 16N 1554.

5 Nota n. 6471/SRA.CP del Grand quartier général ai presidenti delle commissioni di controllopostale, 3 aprile1918, in SHAT, 16 N 1554.

61 rapportisi susseguirono in maniera molto irregolare: 1 inaprile, 40 in maggio, 105in giugno,132 in luglio,140 in agosto, 81in settembre,98 in ottobre, 65 in novembre, 42 in dicembre e 12 in gennaio.

7Duranteil periodo,però, ilpersonaledelle commissionisubì dei cambiamenti. Fino alla finedi agosto, sei commis­ sioni contavano14 ufficiali e40 soldati. Successivamente,leautorità francesi decisero di portarea cinque il numero dellecommissioni e il personale italianoallufficialie a 25 soldati, con tre nuovi ufficiali e tre nuovi soldati. Lemo­ tivazioni avanzate per queste variazioni furono soprattutto lavolontàdiridurre un personale giudicato eccessivo, la sostituzione di alcuniufficiali italianisegnalati daicommissari incaricati deicontrolli, e l’omologazione con l’attività delle commissioni francesi per la censura postale: Notadel Servicederenseignement aux arméesper il generale Tar­

diti,ispettoregeneraledelle Truppe ausiliarie italiane in Francia, Grandquartiergénéral,23agosto 1918, inSHAT, 16N 1554;Situazionedelle commissioni di controllopostale tra lafine diagosto e il15settembre1918,in SHAT, 16 N1554.

8 Rapporto sul funzionamento delle commissioni italiane aggregate alle commissionidi controllo postale militarein zona bellica,n.750/SRA.CP, alGrandquartier général, 17agosto1918, in SHAT, 16 N 1554.

9 Specchio della forza(ufficiali etruppa) delleTruppe ausiliarieitaliane in Francia,in data 15 luglio 1918, inSHAT, 15 N 44, s.d. trav. ital.

Il controllo postale italiano in Francia

Per quanto riguardava la corrispondenza, le Taif dovevano sottostare alle stesse regole valide per i soldati francesi4.

Il 3 aprile 19185, commissioni militari, com­

poste da ufficiali e soldati italiani, furono in­

caricate — sotto la direzione dei capi delle com­

missioni francesi di controllo postale, alle qua­

li furono aggregate — di occuparsi della cen­

sura, di effettuare dei controlli a campione nel­

la corrispondenza delle Taif e di inviare al Grand quartier général dei rapporti contenenti la tra­

duzione di quei brani di lettere che ritenevano particolarmente significativi.

Dal 29 aprile 1918 all’11 gennaio 1919 (da­

te del primo e dell’ultimo documento archivia­

to), furono redatti 716 rapporti, più della metà dei quali scritti durante l’estate6. Il controllo del­

la corrispondenza italiana fu quindi notevole. In totale, 576.858 lettere di militari italiani furono lette da 17 ufficiali e 43 soldati7, suddivisi nel­

le commissioni di Saint-Dizier in Haute-Marne, Connantre nella Marne, Is-sur-Tille in C6te-d ’ or, Gray in Haute-Saóne (soppressa il 2 settembre), Creil sull’Oise (trasferita a Aulnay-sous-bois a fine agosto) e Noisy-le-sec, a est di Parigi.

Lo zelo dimostrato da queste commissioni ita­

liane è ben sottolineato in un rapporto che il Ser­

vice de renseignement aux armées inviò il 17 agosto 1918 al generale Tarditi, ispettore gene­

rale delle Taif. La posta della maggior parte del­

le unità ausiliarie veniva in effetti controllata in­

tegralmente una volta alla settimana, quando per le unità francesi si faceva un controllo a cam­

pione in media una volta al mese8. Per una po­

polazione militare italiana, i cui effettivi non ces­

savano di diminuire — passando da 60.000 a 55.000 uomini entro il 15 di luglio9, a44.000 cir­

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ca (di cui presenti 38.000) il 15 agosto10, e 35.928 uomini il 22 dicembre 191811 — furono 18.000 le lettere lette in media ogni settimana, dal mag­

gio al dicembre 1918: una cifra vicina alle 20.000 lettere di soldati francesi che le commissioni di controllo postale leggevano per un’intera arma­

ta12. E ancora, nel mese di agosto, vennero lette attentamente 160.619 lettere di militari italiani, ossia più di un quarto del totale.

10 ConsistenzaeffettivadelleTaifindata 15agosto1918(fonte:Ispettorato generale), in SHAT,16 N 1933, s.d.1.

11Prospettodegli effettivi delle Taif per classe, firmato dall’ispettore generale delle Taif, senza data ma trasmesso al Grand quartier général il 22dicembre 1918, inSHAT, 16 N 1933, s.d. 2.

12 È stato calcolato che, per latotalità delle nove armatesul fronte francese, venivano lette ognisettimanacirca 180.000 lettere, ossia 20.000letterealla settimana perarmata:J.N.Jeanneney,Les archives des commissions de contróle po­ staiauxarmées (1916-1918), in “Revue d’histoiremoderne et contemporaine”,gennaio-marzo 1968, pp.209-233,e Jean Nicot,Les Poilus ont la parole, lettres du front, 1917-1918, Bruxelles, Complexe, 1998,p. 10,n.4.

13 Carta di localizzazione delleTaifa metàluglio 1918,inSHAT, 15N 44.

14Tavolaindicante la ripartizione delle Unitàausiliarie italiane(alla data del14 marzo 1918),in SHAT,16N 1554;

Formazione edislocazionedelle Taif, Nangis,15 luglio 1918, in SHAT, 15N 44; Formazione e dislocazione delle Taif, Nangis, 20luglio 1918, in SHAT, 16N2491; Situazione dell’impiego delle unità dei lavoratoriitaliani a disposizione del direttore dei Trasporti militarialletruppe,alla data delottobre1918, trasmesso al3CBureaudel Grand quartier généralil 6 ottobre 1918, n. 7778/DTMA, in SHAT, 16N 1933, s.d. 2; Nota n. 13537dell’ispettore generale delle Taif al maresciallodiFranciaPétain, comandante in capo, 22 dicembre 1918,in SHAT, 16N 1933, s.d. 2; Tavoladellari­ partizionedelle Unità italiane per nuclei eraggruppamenti, 30 dicembre1918, in SHAT, 16N 1554.

15 Controllo postale delle compagnie 165a e 169a, settore 168, 160 lettere lette, 1° maggio 1918, inSHAT, 16N 1461.

Questa massa di documenti, piena d’infor­

mazioni, dà modo di conoscere a fondo la scon­

tentezza delle Taif.

La scontentezza delle Truppe ausiliarie ita­

liane in Francia

Nella corrispondenza letta dalle commissioni italiane ci si lamentava costantemente di cam­

biare continuamente di posto, degli alloggia­

menti troppo squallidi, dei permessi concessi ra­

ramente, delle poste troppo lente, del cambio troppo svantaggioso, del cibo che non era ab­

bastanza “italiano”, della rigidità del tempo. Ma c’era anche la paura di essere mandati al fronte, l’odio per la guerra e la nostalgia di casa.

In effetti, durante la loro permanenza in Fran­

cia, le Taif furono costrette a continui sposta­

menti. Gli sfondamenti tedeschi del 21 marzo e del 27 maggio 1918 nella Somme e sull’Aisne costrinsero le autorità francesi a ricollocare le

Taif dalla Seine-Maritime alla Meuse, da Nancy a Belfort, e nella regione parigina13. Alcune unità italiane continuavano a spostarsi, come il XVI nucleo, che il 21 marzo era a Saint-André sulla Meuse, il 15 luglio si ritrovò a Eu nella Seine- Maritime, per raggiungere cinque giorni dopo la regione di Pontoise sull’Oise, dove rimase fino alla fine della guerra14. E tra gli ausiliari della 165a e 169a compagnia del XVII nucleo l’im­

pressione era quella di essere “diventati degli zin­

gari”; uno di loro scriveva:

Il21 [marzo] eravamo a tre chilometrida Amiens, quan­ doè cominciata l’offensivatedesca. Dovevivederele granate che ci passavano sopra la testa, per fortunanes­ suno di noi è rimasto ferito, ea mezzanotte ci hanno fat­

to partire. Abbiamo camminato fino al mattino [22mar­ zo], e ci siamo fermati inunpaese distrutto fino alle tre delpomeriggio,per poimuoverci di nuovo. Siamo ar­

rivati in una fattoria e abbiamodormitoinmezzoal fie­

no. Figurati la fame, tuttii polli hanno fattouna brutta fine!Siamo ripartiti [23 marzo]per una zonadove si radunavanodelletruppe e dove cerano soldati di tutti i colori: italiani, inglesi, cinesi,indiani, ecc.Siamo ri­ masti lìquindicigiorni [finoal 6 aprile] senza avernien­

te da fare, esiamoripartitia scavare di nuovo trincee in un altro paese, doveci troviamo bene.Adesso siamo qui da cinque giorni ma ci hanno detto che domani [12 aprile]cene andremodi nuovo.Siamo diventati degli zingari, ogni quattroocinque giorni con lo zaino in spal­

la[...].Sembra si vada alcampotrinceratoche c’è vi­ cino a Parigi [a Grandvilliers],ovviamentea faredelle trincee, cisiallontanerà ancora di più dal fronte, che già èabbastanza lontano, e questo ci vabenissimo15.

(5)

Le Truppe ausiliarie italiane in Francia

Queste truppe ausiliarie italiane, dunque, con­

tinuavano ad abbandonare spesso degli allog­

giamenti che avevano richiesto un po’ di tem­

po per essere ben sistemati. Appena arrivati se la prendevano con la ristrettezza delle barac­

che, esposte alla pioggia e al freddo, senza pos­

sibilità di riscaldarsi. Poi però ricordavano, con orgoglio, tutti i miglioramenti che avevano fat­

to e si lamentavano di dover lasciare quello che ormai era diventato un posto confortevole per andare in luoghi “selvaggi”, dove si sarebbe do­

vuto ricominciate tutto da capo. La controffen­

siva alleata, che iniziò il 18 luglio, non migliorò le condizioni delle unità, che seguirono la scia delle truppe che risalivano verso il Nord. Al­

cune passarono così dall’Oise all’Aisne (nuclei VII e XIX), e altre si ritrovarono perfino in Ger­

mania, come 1’ 80a compagnia del Vili nucleo, che s’installò a Landau il 21 dicembre 191816.

Ma alcune di loro si ritrovarono anche in zone devastate dai combattimenti e in questo caso il problema degli alloggiamenti divenne preoc­

cupante; la 24a, la 27a e la 30a compagnia, pre­

senti nella regione della Woèvre nel novembre 1918, per mancanza di tende dovettero — la notte tra il 14 e il 15 novembre — bivaccare al­

l’aperto sulla strada, con un freddo pungente17.

16 Nota n. 13537 dell’ispettore generale delleTaif al maresciallo diFrancia Pétain, comandante in capo, 22 dicembre 1918, in SHAT, 16 N 1933, s.d. 2.

17 Lettera n. 11642 del comandante Giusti dellispettorato generale al comandante Lagarde, 3e Bureau, Grand quartier général,17 novembre 1918, in SHAT, 16 N 2491.

18 Controllo postale dal 21 al 27 maggio 1918, in SHAT, 16 N 1461.

19 ControllopostalediIs-sur-Tille,compagnie79, 75 e 72 dell’Vili nucleo, s.p. 44, 291 lettere lette, nei dintorni di Saint-Clément e di Lunéville,in SHAT,16 N 1461.

20Telegramma cifraton.505/4 del presidente delConsiglio francese all’addettomilitare francese aRoma,segretato, Parigi, 9agosto 1918,inSHAT, 16 N 2490, arm. it. 2.

Questi spostamenti così frequenti contribui­

rono al cattivo funzionamento della posta, la cui lentezza esasperava gli italiani. In ogni rappor­

to sul controllo della corrispondenza si eviden­

ziava come le critiche più dure e più esaspera­

te, da parte di soldati malati di nostalgia, fosse­

ro proprio per i servizi postali.

L’assenza di notizie da casa era tanto mal sop­

portata anche perché si riteneva che le licenze fossero troppo poche. Troppo spesso, a causa de­

gli attacchi tedeschi, o dell’urgenza dei lavori da fare, venivano sospese, o addirittura cancel­

late, e per questo c’erano continui lamenti che gridavano all’ingiustizia. Era anche vero che la quota teorica di 175 uomini in licenza al gior­

no, su 60.000, sembrava ridicolmente bassa e deprimente. Così, alla fine di maggio, in un rap­

porto settimanale, la commissione italiana di controllo postale fece notare: “Le licenze sono oggetto di troppe critiche. ‘Si fa partire solo un soldato al giorno, ci vorranno sei mesi prima che tocchi a noi, inutile quindi pensarci, se no si di­

venta pazzi’ (93a). ‘È un anno che non andiamo in licenza’ (28a)”18.

Con la paga in lire era poi difficile procurar­

si qualcosa che rallegrasse un po’ la vita. Così raccontava, il 26 luglio, un soldato a un amico:

“Per dir la verità, non ho mai visto puttane co­

sì, ma non se ne fa niente ! Vanno soprattutto con gli americani per i soldi, e con i francesi perché possono parlare..., ma con noi non vengono per­

ché ci considerano dei poveracci”19. In effetti, bisognava cambiare le lire in franchi, e il cam­

bio era particolarmente svantaggioso per i sol­

dati italiani, si perdeva dal 35 al 40 per cento20.

Nelle loro lettere, gli ausiliari non smettevano di denunciare ciò che giudicavano una truffa, dato che i corrispettivi che ricevevano dall’Ita­

lia venivano nettamente decurtati. Ma alcuni im­

pararono presto a realizzare dei guadagni illeci­

ti utilizzando il cambio della valuta, come rive­

lava il presidente della commissione di control­

lo postale, ufficio della frontiera C:

Molti soldati italiani si fanno inviare, tramite le poste italiane, dei vaglia del valore di 25lire; la posta fran­ cese li cambia in 25franchi [finoa25 franchi il cam­

bio, ineffetti, veniva fatto alla pari]. Questi soldi ven­

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gonorimandati in Italiadove 25franchi diventano 30 e più lire; siinvia in Franciaun nuovo vaglia di 25 li­ re, lo si cambia di nuovoin 25 franchi,chesi manda­ no ancora in Italia, e cosìvia [...].Si vantano di gua­

dagnare 20 lire su due vaglia di25 franchi.Anchein molte lettere controllateaCreil si parlava di questa faccenda21.

21 Lettera del presidente della Commissione di controllo postale, ufficiodella frontiera C,al tenente Doyen,Grand quartier général, secteur postai60, 10 maggio1918,inSHAT, 16 N 1554.

22 Rapporto sull’installazione del IX nucleo pressolaV armata, redatto dal generale comandante della Varmata,20 febbraio1918, in SHAT, 16N 2491.

23 Controllopostale dal 31agostoal 6 settembre 1918, VI armata, in SHAT, 16N 1461.

24Controllo postale di Is-sur-Tille,s.p. 159, 80“compagnia dell’VIII nucleo,390lettere lette,24agosto 1918, in SHAT, 16N 1461.

25 Controllo postaledal 18 al 24 giugno 1918, in SHAT,16N 1461.

26 Controllo postale diIs-sur-Tille, s.p. 185, compagnie 73“,74e 77“, 739 lettere lette,26 settembre1918,in SHAT, 16N 1461.

Il Grand quartier général ne fu immediatamen­

te informato e queste opportunità di cambio ven­

nero riviste e conette.

La mancanza di denaro non permetteva nem­

meno di rompere la monotonia di un’alimenta­

zione che, comunque, era giudicata sufficiente.

Molti infatti si lamentavano di mangiare troppe patate, carne e verdure22. Un ausiliario della 109a compagnia, non nascondendo la sua rabbia, scri­

veva alla fine di agosto: “Qui [vicino a Chàteau- Thierry] non si mangia altro che patate e fagio­

li. È il paese delle patate, questo qui ! E a noi han­

no il coraggio di chiamarci ‘macaroni’!”23.

Ma il risentimento più forte era soprattutto per il clima. Molti italiani continuavano a la­

mentarsi della pioggia, del freddo o del caldo in maniera talmente ossessiva che gli ufficiali ita­

liani incaricati di redigere i rapporti sul control­

lo postale a Is-sur-Tille, il 24 agosto diedero se­

gno di averne abbastanza:

leloro lamenteleriguardo al clima sono diventate tal­

mente dei luoghicomuni che ormai non si presta più loro attenzione: primaeraperilfreddoe la pioggia, adessoper il caldo. C’è comunquedadire che è una caratteristica di alcunisoldati cercare d’impensierire i lorofamiliari con frasi pietosesullavita “infernaleo

“disgraziata”chefanno. Passa per vittimachiscrive:

Èun miracolose nonsono crepato per ilcaldo”24.

Nessuno però dimenticava di avere una spada di Damocle sospesa sulla testa, e che il suo desti­

no dipendeva dalle visite mediche effettuate pe­

riodicamente dalle commissioni sanitarie.

La paura di essere dichiarato abile per il fron­

te era costante. E quando la chiamata arrivava, il morale crollava. Così raccontava, a fine giu­

gno 1918, un soldato italiano a suo zio:

ho passatovisita e, come sai, nonho scampo: la com­

missione italianamihadichiarato abile, e puoiim­ maginare la miadisperazione. Dopotutti i patimenti sopportati sulnostro fronte, dovrò combattereanche qui in Francia; non soche finefarò,ma le miespe­

ranze sono minime perché il fronte non è certo una passeggiata25.

Un altro ausiliario, invece, il 26 settembre dava a un familiare la buona notizia:

Non sose ti ho scritto chepochigiorni fa hopassato un controllomedico e sono contento di dirti che mi hannoconsideratoancora inabile al fronte. Possiamo quindi star contentiperché, rispetto a quelli che sono in trincea, io quisto bene. Il tempopassa e la pacesi avvicina26.

Tutte queste recriminazioni, queste lamentele, queste angosce conducevano di fatto a una con­

danna assoluta della guerra, una guerra troppo disumana, che li aveva già feriti nel corpo e li separava dai loro cari per non si sa àncora quan­

to tempo: “Speriamo che questa maledetta guer­

ra finisca presto. Siamo sfiniti. Si muore, e non serve a niente”, scriveva un italiano a sua ma­

dre. “Maledetta questa guerra che ci ha separa­

ti, e quando si pensa che non finirà la sofferen­

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za è orribile. Sarebbe meglio farla finita” (un ita­

liano alla sua fidanzata, all’inizio del maggio 1918)27.

27Controllopostale della 194 compagnia, s.p. 172, 240 lettere lette, 5maggio1918, in SHAT, 16N 1461.

28Controllo postale della 138compagnia, s.p. 172, 158 lettere lette, 5maggio1918, in SHAT, 16N 1461.

29 Rapporto settimanale sulcontrollo postale delle Taif, settimanadal 4al10giugno1918, in SHAT, 16N 1461.

30 Rapporto settimanale sulcontrollopostale delle Taif, settimanadal 9 al 15 luglio 1918,inSHAT, 16N 1461.

31 Controllo postale della VII armata, 28acompagnia, s.p. 123, 141 lettere lette (20 luglio), 23 luglio 1918, in SHAT, 16N 1461.

32 Controllo postaledella II armata, 27“ compagnia, s.p. 159, 350 lettere lette (5 ottobre),7ottobre 1918, in SHAT,16 N 1461.

33Controllo postale della II armata, 44“ compagnia, s.p.218,333 lettere lette(4-6 novembre), 7 novembre 1918,in SHAT,16 N 1461.

34Notadelpresidentedella Commissione di controllo postaledellaGare régulatrice di Saint-Dizier,21febbraio 1918, in SHAT, 16 N1554. L’informazione arrivò finoa Pétain,che pregò il generale Tarditidi porre fine a questi compor­ tamentigiudicati pericolosi per la sicurezza delle truppe.

35 Controllopostale dal 2 all’8 luglio 1918, in SHAT, 16 N1461.

Così, molti si rifugiavano nelle notizie che ar­

rivavano da casa, e non mancavano di dare dei consigli a distanza. Il 5 maggio 1918 un soldato scriveva a sua madre: “Mi dici che pagate la don­

na che batte il grano 5 lire al giorno, è uno spro­

posito! Ma fatelo fare lo stesso, questo lavoro, o lasciate che il grano resti come sta, perché quel­

lo che soprattutto importa è che voi stiate sem­

pre bene”28. All’inizio di giugno, un altro espres­

se alla moglie la soddisfazione di sapere che “il fieno da taglio era stato venduto a buon prezzo”, mentre uno dei suoi camerati si rallegrava per la vendita del suo vino a “82 lire all’ettolitro”29. Ma alla metà di luglio, al momento della mietitura, alcuni si preoccupavano per la mancanza di ma­

nodopera e per la quantità di lavoro da fare: “So­

no certo che adesso c’è per voi troppo da fare, come del resto per le altre famiglie. Ma è inutile pensarci, e quindi tutto quello che vi posso con­

sigliare è di non stancarvi troppo perché potreb­

be essere pericoloso per la vostra salute”30. Al­

tri, invece, si disperavano per la miseria che col­

piva la loro famiglia. Così il 20 luglio un solda­

to implorava la moglie di non abbandonare i bam­

bini: “Vendi tutto, se ce n’è bisogno, vendi per­

sino il letto, ma i bambini devono restare con te, li devi proteggere. A guerra finita, tutto si aggiu­

sterà”3 1. In autunno, le notizie che arrivavano dal- TItalia erano piuttosto drammatiche. La vita di­

ventava sempre più dura, era sempre più diffici­

le rifornirsi dell’indispensabile, e continuavano ad aumentare i morti per la spagnola. Il 5 otto­

bre, un italiano della 27a compagnia (Il armata) confessava: “Mi sembra un incubo terribile que­

sta malattia contagiosa che devasta l’Italia. Sa­

pendo che non è ancora vinta e che è sempre mi­

nacciosa, sono molto preoccupato per la vostra salute”32; un altro, all’inizio di novembre, non poteva impedirsi di essere molto preoccupato “a causa deH’influenzachec’è ancora in Italia”, mal­

grado la felicità di vedere finita la guerra33.

La preoccupazione di mantenere sempre un legame con la famiglia portò anche molti ita­

liani a comunicare il loro indirizzo e il numero del settore postale, a inviare delle cartoline che illustravano le regioni occupate dalle truppe, a indicare la posizione delle loro unità, a utiliz­

zare la posta civile ritenendola più rapida, e a fornire indirizzi presso civili dove farsi recapi­

tare la corrispondenza in arrivo, in modo da evi­

tare la censura. Era un modo per far sì che i fa­

miliari si sentissero più vicini ai loro cari in guer­

ra, anche se questi atti di disobbedienza alle nor­

me di sicurezza furono rapidamente e severa­

mente puniti dalle autorità militari sia francesi che italiane34

Alcuni avevano la fortuna di ricevere dei pac­

chi da casa che riuscivano a rendere più piace­

vole la vita di tutti i giorni. Così scriveva un sol­

dato, all’inizio del luglio 1918: “sono tranquil­

lo, si mangia bene con quello che ci hanno man­

dato da casa, e con i nostri risparmi ci si paga da bere”35.

(8)

Hubert Heyriès

Anche il destino di un fratello, di un cugino, di un amico era tra le preoccupazioni di questi italiani mandati in Francia. Non è raro leggere dei brani in cui si sente 1 ’ apprensione per la chia­

mata alle armi di un familiare troppo giovane, o l’angoscia per la morte di un parente. Un solda­

to della 21a compagnia a metà luglio scriveva così, sicuramente a un suo fratello minore: “Tu hai voglia di seguirci; da parte mia, io spero che il nemico sarà sconfitto e cederà prima che dob­

biate sacrificare la vostra giovinezza, alla qua­

le resteranno i doveri del dopoguerra! Ho scrit­

to alla zia Pasqua per la morte del coraggioso Remigio, il cui ricordo resterà per sempre caro a quelli che l’hanno conosciuto e stimato... la­

crime ed elogi per la sua anima bella, fiori e co­

rone d’alloro che non appassiranno mai”36.

36 Controllo postaledella VII armata, 21acompagnia, s. 101, 195 lettere lette, (16-17 luglio), 19luglio1918,in SHAT, 16N 1461.

37 J. Nicot,Les Poilus ontla parole,lettresdu front, 1917-1918,cit.

38 Rapporto sull’installazionedella 41“ compagnia delle Taif del capitano Martel, dellaviazione militare, settore po­ stale228, al capo dibattaglione comandante dell’aeronautica delGroupe d’armeés de l’Est, 2febbraio 1918, inSHAT, 16 N 2491.

39Rapporto sull'installazione dell’VIIInucleo delle Taifdel generale comandante l’Vili armata al generale coman­ dante in capo. Quartier generai, 16febbraio 1918, inSHAT, 16 N 2491.

40 Notasuilavoratori italianiin seguitoal controllo postale,Section de renseignement aux armées. Grand quartier géné- ral, 12 marzo 1918,inSHAT, 16N 1554.

Ma oltre a queste costanti lamentele, che a ben vedere sono molto simili a quelle dei “poi- lus” francesi nello stesso periodo37, una parte piuttosto importante nella corrispondenza di questi soldati italiani è data dalla descrizione dei loro rapporti con i francesi.

I rapporti tra le Taif e i francesi

Allo scopo di rendere più facili i rapporti tra le Taif e i francesi, si erano assegnati alle compa­

gnie degli interpreti. Ma questi non erano molti.

Per 148 unità (cioè i tre quarti del totale) erano a disposizione 74 interpreti, ripartiti in maniera molto irregolare su 33 compagnie: alcune, come la 46a, ne avevano cinque, mentre altre, come la 33a, ne avevano solo uno. Ancora più incredibi­

le il caso della 41a che aveva sì un interprete, che però non sapeva scrivere38. Di fatto, la maggior

parte delle compagnie aveva nei suoi ranghi de­

gli ufficiali, dei sottufficiali e dei soldati che sa­

pevano parlare e scrivere in francese quanto ba­

stava per fare da interpreti e da mediatori con le autorità militari e civili francesi. E quando un sol­

dato parlava molto bene il francese e l’inglese, era una perla rara, come quello che costituiva 1 ’ or­

goglio della 75a compagnia dell’Vili nucleo39.

I rapporti tra italiani e francesi potevano sì esserci, ma a livello di ufficiali; tra la truppa, do­

ve i contadini analfabeti o incolti erano la mag­

gioranza, erano nettamente più difficili, per non dire impossibili. E, almeno fino all’estate del

1918, prevalevano i momenti di tensione.

Prima del giugno-luglio 1918, le Taif furono in effetti considerate come unità composte da cattivi soldati, da “Caporettisti” venuti in Fran­

cia perché i capi non li volevano più, neanche in Italia. Su questi lavoratori ausiliari piomba­

vano tutti gli stereotipi francesi dell'immigrato italiano sporco, ladro, bugiardo, spaccone e fan­

farone, vile e pauroso.

In un rapporto sul controllo postale francese del 12 marzo 1918, riguardante proprio i lavo­

ratori italiani, si notava:

I nostri soldati criticano vivacemente la presenzanel­

leretroviediquesti giovani stranieri, mentrei nostri sifannoammazzare in prima linea sia in Italia chein Francia. Si dicechequestiitalianisiano stati mandati in Francia perché nelloro paesesi erano rifiutati di combattere.Lostessomalcontento lo siritrovaanche fra icivili: si sottolinea chei lavoratori italiani hanno tuttidai venti ai trent’anni, quando ifrancesidiqua­

ranta, quarantacinque annisonoal fronte:“Tutto que­ sto non va benescrive unacittadina diToule ri­

vela una taleincoerenza nelle decisioni darestarestu­

pefatti, e lasciaretuttiscoraggiati”40.

(9)

Da parte degli ausiliari italiani, i giudizi sui lo­

ro ospiti francesi erano discordanti. Alcuni ne apprezzavano lo spirito patriottico, i modi e la bellezza delle donne, criticando senza mezzi ter­

mini la mentalità e il modo di organizzarsi ita­

liani; altri, al contrario, sottolineavano con fe­

rocia la miseria, la ributtante sporcizia, la stupi­

dità e la xenofobia dei francesi.

Così scriveva un soldato italiano nel marzo 1918:

Se lItaliafosse come la Francia!Sfortunatamente non è così! Sono rimastomeravigliatodalla profonda edu­

cazione e dal contegno del popolo francese. Qui sisen­ te moltissimo il peso di questa terribile lotta; moral­

mente, questa gente losopportacon una rassegnazio­

neche sfiora ilsublime,anche le donne. Ti ripeto,se fossecosìanche in Italia!41

41 Notasui lavoratoriitalianiinseguitoal controllo postale,Section derenseignementauxarmées, Grand quartier géné­

ral, 12 marzo 1918, in SHAT,16 N 1554.

42 Controllo postale dal 28 maggio al 3 giugno 1918, VIIannata, in SHAT,16N 1461.

43 Controllo postaledella 200a compagnia, settore postale 172, 260 lettere lette, 3maggio 1918, in SHAT, 16 N1461.

44Estratto da una lettera della 173 compagnia, controllo postale dal 4al 10 giugno 1918,II armata, in SHAT, 16 N 1461.

45Controllo postale dal 25 giugno alluglio 1918, VII armata, inSHAT, 16N 1461.

Un altro, in una lettera del 29 maggio, annun­

ciava a un familiare:

Tornerò acasacon una bella signorina francese.Tuve­ dessicome sonobelle, queste ragazze,è un peccato che non riescaa comprendere la lorolingua. Asenti­ re quelloche dicono ea vedere quello chefanno, gli italiani piacciono, e molto. Ci sono affezionate e ci vo­

glionobene42.

Viceversa, un altro soldato, all’inizio di maggio, descriveva così i francesi dell’Oise:

Non ti diconiente della pulizia di questi signori, è una cosa che favomitare; bene, nonostantequesto, ci trat­ tano come se fossimo dei vagabondi; non hanno la più pallida idea di cosa sial’Italia. Nonsanno cosasia la pulizia, l’igieneeilbuonordine morale43.

E uno dei suoi compatrioti, di stanza nella re­

gione di Verdun, raccontava all’inizio di giugno:

Quisiamo con deifrancesi che ci prendono in giro di­ cendo che siamodeibuoni a nulla, che sappiamoso­ lamente mangiare maccheroni.“Cheschifo, gliitalia­ ni, ci dicono. Ma un francese ha già assaggiato il ba­

stone esperiamo di menarne anchealtri, per levargli la spocchiache hanno nellatesta; sono capacisolo di bere vino,“le pinard,comelo chiamano, e dipren­

dere in giro gli altri.Mava bene, tutto ciò ci faràco­

noscere meglio di chestoffa sono fatti inostrialleati di Francia44.

Comunque, dall’estate del 1918 i francesi si di­

mostrarono più ospitali nei confronti degli au­

siliari italiani. I successi di giugno dell’esercito italiano contro le offensive austriache sul Piave ebbero una larga risonanza in Francia, e fecero vedere con altri occhi anche i lavoratori ausilia­

ri. Così segnalava la commissione italiana di controllo postale della VII armata alla fine di giugno:

Lavittoriaitalianaha sollevato molto il morale dei la­

voratori,esoprattutto lusingatoilloroamor proprio.

Sono felice e ancheunpoco orgoglioso di sentirmi finalmente pari ai compagni francesi”(30a). Ci sia­ mo riabilitati e incominciamoasentirneleffettoal­

l’estero, soprattutto qui (28a) [...].

Un soldato scriveva al fratello:

Lavoriamo con deisoldati francesi e siamo tutti alle­

gri.Sono dei buoni compagni, si ride tutto ilgiorno, loro ridono nell’ascoltare le nostre chiacchiere, enoi ridiamo a sentire la loro lingua: è un cinema, tutta la giornata45.

Un po’ alla volta, anche la capacità dimo­

strata nei lavori di sistemazione difensiva o di riparazione effettuati dagli ausiliari italiani convinse i civili che essi non erano poi così ma­

le. Rapporti più aperti, più cordiali e amiche­

(10)

voli poterono allora instaurarsi tra francesi e italiani, che lasciarono il ricordo di ballerini in­

stancabili, cantanti di arie d’opera o affasci­

nanti seduttori, per esempio in occasione del­

la festa del 14 luglio 1918:

Mi sono tanto divertitoraccontava un soldato al­

la sua fidanzata — il giorno dellafestanazionalefran­ cese;erostato invitato da ufficiali francesi e ameri­

canie ho passato tuttala giornata con loro. Voglio as­ solutamente imparare T americano eil francese,per­ ché mi capita di stare con loro quasi tutti i giorni46.

46 Controllo postaledal15 al 21 luglio 1918,in SHAT, 16N 1461.

47 Controllopostale,II armata,s.p. 24, 15 luglio1918,in SHAT, 16N1461.

48 Controllo postale, VIIarmata, 26a compagnia, s.123, 16luglio1918, in SHAT, 16N 1461.

49 Controllo postale dellecompagnie 193a, 196a, 198a, 199a,20a bis, 16a, 15adel XXnucleo,s.231, 30 giugno1918, in SHAT, 16 N1461.

50 Controllo postaledellaVII armata, 25acompagnia, s. 123, 22 agosto 1918,in SHAT,16 N1461.

Un altro scriveva:

Noiitaliani, siano andati in città eabbiamosfilato con ifrancesi. I civilici hanno lanciatofiori.Quan­ do sonopassati gli italianituttiapplaudivano. Gli americani cihanno appuntato sulpetto delle piccole coccarde; oggi eravamo veramente felici47.

americano ma non quello italiano. Un ufficiale italiano della 25a compagnia ne provò una gran­

de amarezza:

Non hanno suonato ilnostro [inno], non per offender­

ci,ma conla solitamancanza di tatto. Avremmo vo­ luto andarcene ma siamorimasti per rispettoai nostri superiori. Non socheideatisei fattodella nostravita qui,ti basti sapere che l'unica famigliaveramente ospi­

tale egentile di questopaeseèquella presso laquale sono alloggiato,checiconsidera,ci stima e capisce la nostra situazione. Per glialtri siamo dei “macaroni” e dei “caporetti”, apparteniamoa una razzainferiore50.

Così, i rapporti che le Taif instaurarono con i fran­

cesi condizionarono il loro morale, un morale che dipendeva anche dalla durezza dei lavori che continuavano a effettuare, e dalla zona del fron­

te, attiva o calma, che essi raggiungevano.

E alcuni ebbero la fortuna di vedersi offrire champagne e un dolce squisito dal proprietario della villa dove erano alloggiati, che non seppe trattenersi dal dire che “i soldati italiani erano molto gentili e che a lui piacevano molto”48.

Non era tutto comunque così idilliaco e qua e là c’era ancora qualche screzio.

Nelle lettere traspariva la delusione di non aver avuto un’accoglienza così calorosa come quella che gli italiani avevano riservato, nel no­

vembre 1917, alle truppe francesi venute loro in aiuto dopo Caporetto. Così, il 30 giugno 1918, un soldato rivelava a suo padre: “Che differen­

za rispetto a quando questi signori sono arriva­

ti a Cremona! Sembrava fosse arrivato... Roth- schild! Me lo ricordo bene, che accoglienza, che feste! Qui è il contrario”49.

Due mesi dopo, il 22 agosto, in occasione di una serata che vedeva riuniti dei francesi, degli americani e degli italiani, venne suonato l’inno

Il morale delle Taif

In maniera schematica, si possono descrivere tre momenti consecutivi nello stato del morale del­

le Taif: buono fino al 21 marzo, inizio dell’of­

fensiva tedesca nella Somme; preoccupato nei settori attaccati del fronte, ma più sereno nelle zone di calma dal 21 marzo a metà luglio; oscil­

lante tra entusiasmo e sconforto da metà luglio alla fine della guerra.

Dal momento dell ’ arrivo fino al 21 marzo, tra le Taif la sensazione che prevalse fu il sollievo.

Questi italiani, la maggior parte giovani e inva­

lidi (il 70 per cento di loro aveva tra 19 e 29 an­

ni e il 20 per cento erano diciannovenni) ave­

vano lasciato il fronte italiano per ritrovarsi in Francia, nelle retrovie, in posti dove non si sen­

tivano più i colpi di cannone, in baraccamenti finalmente decenti, e assegnati a dei lavori che giudicavano poco impegnativi. Molti venivano

(11)

dalla disfatta di Caporetto e dalla terribile riti­

rata sul Piave. Allora per alcuni la Francia sem­

brò il paese della cuccagna.

Uno di loro espresse il pensiero di un buon numero di suoi compatrioti scrivendo ai suoi ge­

nitori nel marzo 1918:

Mieicari,nonpoteteneanche immaginare quanto be­

nemi trovi in Francia. Siamo alloggiati molto bene e va ancora meglio perilmangiare:perciascuno unli­

trodi vino al giorno, 600 grammi di carne, verdura, ecc. ecc. I nostri ufficialisonocon noi estremamente gentili. Ci pagano,perfino, epreferirei restare qui, piut­

tostochetornarein Italia. Il lavoro non è faticoso, so­

no cinque ore al giorno51.

51 Nota n. 45/SRA.CP sui lavoratori italiani, a seguitodel controllo postale, Section de renseignement aux armées, Grandquartier général, 12 marzo 1918, in SHAT, 16N 1554.

52 Rapporto della Commissione di controllo postale della corrispondenza civile di Chàlons-sur-Mame, Chàlons, 8 giu­

gno 1918,in SHAT, 16N 1461.

53Letteradel sottotenente Stanislao Terlizzi, della 55acompagniaa Silvia Terlizzi,ad Amelia, Rapporto della Com­ missione dicontrollo postale dellacorrispondenza civiledi Chàlons-sur-Marne,Chàlons,8 giugno 1918,inSHAT, 16 N 1461.

54 Controllo postale della 28, s.p. 226,229 letterelette,20 maggio 1918,in SHAT. 16N 1461.

55Controllopostale dall’11 al17 giugno1918, armateII eVII. in SHAT, 16N 1461.

Ma dal 21 marzo fino ai mesi di giugno e luglio, lo stato d’animo dipese dalla zona di accanto­

namento delle unità.

Parlando in generale, gli ausiliari che subiro­

no pesanti attacchi nella Somme, in marzo-apri­

le 1918, e sulla Marna, in maggio-luglio 1918, provarono i peggiori sentimenti di scoraggia­

mento, angoscia, abbattimento e depressione.

Questi soldati, ormai inabili alle fatiche di una battaglia per le loro ferite o le loro malattie, si ritrovarono dall’oggi al domani gettati in mez­

zo a un clima di terrore che mai più avevano cre­

duto di vedere. Alcuni di loro, comunque, ri­

sposero con una profonda fierezza, espressa nel­

le loro lettere. All’inizio di giugno, un ausilia­

rio italiano raccontava così l’offensiva tedesca del 27 maggio sulla Marna: “Questi infami te­

deschi ci hanno fatto galoppare... Per fortuna abbiamo buone gambe per scappare. Finché ab­

biamo le gambe, non c’è niente di cui aver pau­

ra”52. La 55a compagnia, il cui morale era a ter­

ra prima dell’attacco tedesco, sembrò molto fie­

ra di essersi resa utile durante la battaglia. Que­

sto è almeno quello che traspare nella lettera di uno dei suoi ufficiali:

Ho passato conimieicolleghiei miei soldati un mo­

mento veramente brutto, adesso è tutto finito esiamo tranquilli. Abbiamo fattoil nostrodovere finoall’ul­

timo minuto, cercandoe trasportando i feriti, ese­

guendo degli incarichi speciali sotto il tiro dei canno­ nie dellemitraglie degli aerei nemici.Di questo sia­ mo contenti eorgogliosi53.

In compenso, per quelli che ebbero la fortuna di trovarsi nella zona più calma del fronte, tra Nancy e Belfort, il periodo dei combattimenti venne vissuto con più serenità. Il cibo era suffi­

ciente e il lavoro dava modo di dimenticare la monotonia di ogni giorno. Un soldato della 28a compagnia così scriveva a suo fratello nel mag­

gio 1918:

dov’erosi stava bene,maqui èancorameglio,ab­

biamole baracchein mezzo aun bosco. Siamo con de­

gliamericani,deinegri, degli italiani, dei francesi,nel­ la zona dell’Alsazia-Mosella. Inquesta zona c’è più cibo di quello che ci serve, ragù di carne, salsicce..., peccato che io non le possamangiare,perché midan­

no riscaldo54.

Un altro a suo zio, alla metà di giugno:

Sono in Francia già daquattro mesi, si stabene, il ci­

bo èbuono... Si lavora otto ore algiorno acostruire strade, ponti, ecc... Siamoin mezzo a dellebellissime montagne,tuttecoperte di ciliegie si vedonofrutteti ditutti i tipi55.

All'inizio di luglio, nella zona calma del fronte, di fatto le commissioni di controllo postale os­

(12)

216

servavano: “Sono molto più interessati al lato materiale della loro vita che agli avvenimenti in corso”56.

56Controllopostale dal2 all8 luglio 1918, in SHAT, 16N 1461.

57 Controllo postale dal4 al 10 giugno1918, VIIannata,in SHAT,16N1461.

58Controllo postale della VII armata, 25acompagnia, 26luglio 1918, s. 123,in SHAT,16 N1461.

59 Controllopostaledal 1° al7 agosto 1918,1 armata, in SHAT, 16N 1461.

Qui gli ausiliari italiani trovarono molti ita- io-americani venuti a combattere in Francia nei ranghi dell’esercito degli Stati Uniti. I rappor­

ti che s’instaurarono con loro furono calorosi e improntati a una grande ammirazione. La se­

ra, alcuni si ritrovavano alla mensa per parlare in italiano. Così, all’inizio di giugno, un uffi­

ciale italiano della 24a compagnia scriveva a suo zio:

Questi giorni abbiamo comunque una distrazione, l’ar­ rivo di truppe americane chevengono anche loro a schiacciare l’odiato nemico.Èunesercito che si muo­ ve equipaggiato con tutto quellocheèpossibilee im­ maginabile, e con la ferma convinzione di procurare la vittoriaaglialleati.Sonodei giovani grandi egrossi, diritti comeuna “i”,senza barbao baffi, con una divi­

sa kaki, e si pavoneggiano nella loro eleganza e ric­

chezza.Ma la cosapiù bella èche la maggior parte di loro cisono molto simpaticiperché tantissimi sono ita­

liani,parlano benissimo la nostra lingua echiacchiera­ no volentieridi tutto. Si fanno ammirare per laloro edu­ cazione e serietà e sono trattati conmolto riguardo57.

Dal giugno-luglio fino alla fine della guerra, il morale degli ausiliari italiani andò miglioran­

do, ma oscillò sempre fra gli entusiasmi pa­

triottici e lo scoraggiamento, con una gran vo­

glia di pace.

La svolta ci fu quando le Taif vennero a co­

noscenza non solo del fallimento dell’offensiva austriaca sul Piave a metà del giugno 1918, ma anche e soprattutto delle prodezze del II corpo d’armata italiano contro i tedeschi a Bligny, vi­

cino a Reims, tra il 15 e il 17 luglio. Il 24 luglio un ausiliario della 25a compagnia così scriveva a sua moglie:

Qui inostrisoldati sono stati degli eroi[...]. Sembra che abbiano sostenuto degli attacchi formidabili e che

abbiano resistitofino allarrivo delle riserve francesi.

Se la strategia che Fochhacominciatoamettere in at­

to riuscirà, avremo una meravigliosa vittoria: i tede­ schi si ritroverannopresi in trappola esubiranno una terribile disfatta58.

Alcuni non esitarono a scrivere che il loro de­

siderio più profondo era d’impegnarsi a fianco dei vittoriosi soldati italiani, di raggiungere i ranghi dei vincitori della barbarie, di ritrovar­

si tra gli ardenti difensori della civiltà. Furono però poco numerosi. Ma uno di loro non ci pen­

sò due volte a rivolgere “una domanda di cam­

biamento per portare, al posto del colletto bian­

co, le mostrine nere degli ‘arditi’, a dispetto della [sua] inabilità”59. Queste sincere espres­

sioni di patriottismo poterono peraltro manife­

starsi ufficialmente durante la festa nazionale italiana del 20 settembre, che commemorava la presa di Roma. In questa occasione, gli uffi­

ciali italiani domandarono ai loro pari grado francesi l’autorizzazione ad accordare una giornata di riposo alla truppa. Ufficiali e sol­

dati italiani poterono così esprimere insieme il loro fervore patriottico.

In generale, gli ufficiali delle Taif erano ben visti dai loro uomini. Alcuni a volte rimprove­

ravano loro certe decisioni arbitrarie riguardan­

ti le licenze, o la severità sui cantieri di lavoro, ma dall ’ estate del 1918 ci si rallegrava anche per l’apertura di Case del soldato o per gli spetta­

coli riservati all’esercito. Rari comunque furo­

no quelli che, come il capitano della 44a com­

pagnia, procurarono dei veri momenti di alle­

gria ai loro uomini. Un fiorentino, il 18 settem­

bre 1918, scriveva alla sua famiglia con entu­

siasmo:

È un veropiacere vedere l’affetto e la sollecitudine di questocomandanteverso i suoi subordinati. Hafatto circondarele baracche da graziosigiardinetti,ha fon­ dato una piccola casa del soldato”, dove si trovano

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