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La moda passa, lo stile resta. Coco Chanel. La moda

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Academic year: 2022

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La

“ La moda passa, lo stile resta””

Coco Chanel

Sofia Basso ITSOS Albe Steiner Anno scolastico 2014/2015

moda

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Indice

Premessa...

Introduzione...

Belle Époque...

Gabrielle Coco Chanel...

Jeanloup Sieff...

Oscar Wilde...

Gabriele D’Annunzio...

Fonti...

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Premessa

Introduzione

La nascita della moda come fenomeno di costume chia- ma in causa tanti ambiti della vita.

Essa, infatti, ha determinato il gusto dell’apparire, tanto caro al nostro stile di vita votato alla ricerca del bello e del piacere.

Piacere ritrovato da D’Annunzio e Oscar Wilde come cultori dell’estetismo.

Ci troviamo verso la fine dell’800 e gli inizi del 900 quando nasce la prima vera e propria celebrity del mon- do dell’alta moda, Gabrielle Coco Chanel.

Jeanloup Sieff parteciperà a delle campagne promozio- nali per Chanel, lavorando anche per altre riviste, le più importanti nel campo della moda facendo diventare il suo lavoro una passione.

La mia tesina ha come tema centrale la moda poichè questa rientra tra le mie passioni e interessi personali.

La moda, secondo me, rappresenta una parte di noi e non solamente un modo per apparire ed è per questo che voglio mettere in luce l’importanza che ha assunto nel corso della storia nonchè gli elementi cui è stretta- mente connessa.

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Belle Époque

Verso la fine del 800 e gli inizi del 900 viene collocato un periodo nella storia europea e più precisamente tra il 1870 e lo scoppio della prima guerra mondiale che prenderà il nome di Belle Époque.

La Belle Époque fu l’epoca dei sogni, delle illusioni e del progresso; L’umanità sembrava sospinta verso i migliori dei futuri, con la fine dei conflitti, l’aumento del benessere e le nuove invenzioni che rendevano la vita più semplice e comoda.

La Belle Époque inoltre, rappresenta un periodo di grande fioritura per il mondo della moda.

Il settore dell’abbigliamento, agli inizi del ’900 aveva un mercato colossale in tutta Europa, e in particolare in Francia, che rappresentava il principale modello di riferimento per la moda del mondo occidentale.

Nel costume del primo Novecento il ruolo di Parigi è cen- trale, soprattutto per i tessuti e gli accessori della moda femminile.

Tra il 1900 e il 1920 nella sola città di Parigi si contava- no più di venti ateliers di alta moda oltre ad un numero altissimo di laboratori di sartoria, ricamo, rifinitura, e con- fezioni di indumenti e accessori.

L’atelier del sarto divenne in quegli anni uno dei principali centri della vita mondana.

Frequentati dalle signore dell’alta società, i salotti delle case di moda divennero luoghi di incontro, sfoggio e con- fronto, nonchè aggiornamento sulle “ultime novità”.

Qui venivano presentati indumenti per ogni momento della giornata e

per ogni occasione.

Infatti, rispetto ai periodi precedenti, nella moda della Belle époque vennero introdotte numerose tipologie diverse di abiti, corrispondenti alle diverse funzioni:da giorno, da pomeriggio, da sera, per il teatro, i balli, per le cerimonie oppure per le visite.

Si creavano capi pieni di decorazioni che spesso raggiungevano l’esagerazione.

Come reazione a questi eccessi, nacquero a Londra movimenti di protesta contro la moda.

Si lottava per una moda che non costringesse il corpo della donna a stare rinchiuso in abiti scomodi e molto spesso dannosi per la

salute.

L’obiettivo era quello di spingere a creare abiti funzionali, comodi e liberi dal super- fluo.

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Gabrielle“Coco” Chanel

Proprio in questo contesto ebbe particolare successo la stilista parigina Gabrielle “Coco”

Chanel.

Coco Chanel faceva parte di quelle donne facili mantenute da amanti ricchi e celebri e fu proprio grazie agli aiuti economici di questi amanti che aprì la sua prima boutique nel 1913 a Deauville dove inizia la sua carriera disegnando cappelli.

La scelta di località balneari non fu casuale: infatti i suoi negozi fornivano articoli di ve- stiario informale a una selezionata clientela.

Lo strepitoso successo la colse negli anni venti, a Parigi e quando, da lì a poco, verrà con- siderata un vero e proprio simbolo di quella generazione. Tuttavia, a detta dei critici e de- gli intenditori di moda, l’apice della sua creatività è da attribuire ai più fulgidi anni trenta, quando, pur dopo aver inventato i suoi celeberrimi e rivoluzionari “tailleur” (costituiti da giacca maschile e gonna diritta o con pantaloni, appartenuti fino a quel momento all’uo- mo), impose uno stile sobrio ed elegante dal timbro inconfondibile.

si può dire che Chanel rimpiazzò il vestiario poco pratico della belle èpoque con una moda larga e comoda. Nel 1916, ad esempio, estese l’uso del jersey (un materiale a maglia mol- to flessibile), dal suo uso esclusivo per i sottabiti a una grande varietà di tipi di vestiario,

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inclusi i vestiti semplici in grigio e blu scuro. Questa innovazione fu di così grande succes- so che “Coco” iniziò ad elaborare le sue celebri fantasie per i tessuti jersey .

La riduzione dell’alta moda a minima semplicità fu dovuta anche alla limitatezza di espe- rienza come designer della couturier.

Ma Chanel riuscì a trovare il giusto equilibrio aggiungendo la bigiotteria appariscente alla semplicità degli abiti.

le bigiotterie in perle, le lunghe catene dorate, l’assemblaggio di pietre vere con gemme false, i cristalli che hanno l’apparenza di diamanti sono accessori indispensabili dell’abbi- gliamento Chanel e segni riconoscibili della sua griffe.

Lei stessa è tuttora conosciuta per l’uso di una cascata di collane di perle.

Nel suo lavoro Coco venne influenzata dagli anni trascorsi presso un orfanotrofio dove le suore le ispirarono l’ “amore” per il bianco e il nero, colori principali nelle sue collezioni.

Una particolarità di Chanel fu il fatto che non si definiva una sarta ma una creatrice di moda,lei non cuciva, ritagliava la stoffa e la attaccava sul manichino con gli spilli e se non le andava bene la scuciva e poi la ritagliava di nuovo.

In sintesi, l’impronta stilistica di Chanel si fonda sulla apparente ripetitività dei model- li base. Le varianti sono costituite dal disegno dei tessuti e dai dettagli, a conferma del credo fatto proprio dalla stilista in una sua celebre battuta che “la moda passa, lo stile resta”.

Chanel non fu solo una grande stilista ma impiegò il suo talento anche in opere teatrali e cinematografiche; creò abiti di scena per opere e balletti, prendendosi così una pausa dal frenetico mondo della moda.

Nel 1957, all’età di settantadue anni, Coco si ripresentò al pubblico con una nuova colle- zione innovativa.

Dopo gli ultimi successi, morì nel 1971 lasciando agli aiutanti la sua maison, passata infine nelle mani di Karl Lagerfeld nel 1983.

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Jeanloup Sieff

La maison Chanel con a capo Karl Lagerfeld andò avanti verso il successo e il miglioramento, grazie anche alla collaborazioni di altri bravissimi fotografi tra cui Jeanloup Sieff, che con la sua fotografia riuscì ad ispirare molto la Maison; tra i suoi ritratti anche lo scat- to fatto a Lagerfeld in bianco e nero.

Ci troviamo sempre in Francia, Jeanloup Sieff nasce appunto a Parigi nel 1933, da genitori di origine polac- ca.Inizia a fotografare all’età di 14 anni con una macchina fotografica ricevuta in regalo per il suo compleanno.

Studia fotografia all’Ecole de photographie di Vevey in Svizzera.

Conclusi gli studi egli comincia a operare come fotore- porter, collaborando per un certo periodo con l’agenzia Magnum di Cartier-Bresson e vincendo anche uno dei più prestigiosi premi Niepce nel 1959.

Ma non sono solamente le prove realizzate in questa direzione a lasciare un segno sui successivi svi-

luppi della sua pratica fotografica, bensì altre che con queste si intrecciano.

Sieff è infatti un autore che mette a punto una propria metodologia operativa fin dagli inizi.

La collaborazione con Elle, presso la cui redazione il fotografo francese inizia a lavorare nel 1955, assume un valore nodale dato che lo pone in un rapporto con le esigenze di un giornale e quindi con una precisa committenza e sopratutto , lo apre ai già ricordati ambienti legati all’industria dell’abbigliamento.

Sieff compie pertanto una decisa scelta di campo i cui tempi di svolgimento sono verificabili attra- verso le fotografie che di volta in volta pubblica su Jardins de modes, Glamour, Harper’s Bazaar,

Lookl Esquire, Vogue e diverse campagne promozionali per Chanel.

Gli anni cinquanta in fotografia si sviluppano ovunque sotto il segno del reportage, della mitica figura del fotoreporter sempre presente e sempre pronto a cogliere il momento decisivo , unico e irripetibile.

La sua preferenza per la luce naturale, il suo dimensionare il soggetto di solito in uno spa-

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zio urbano o in una casa piuttosto che in uno studio, la sua ricerca di inquadrature allarga- te, di inquadrature comprendenti il maggior numero possibile di segni del reale.

Il lavoro di Sieff, che ha valenze ecclettiche, ma che ritrova nell’ambito della moda la sua più feconda esplicitazione, si innesta su una precisa tradizione iconologica con la quale deve confrontarsi e misurarsi.

La sua formazione appunto che avviene in area francese, a Parigi, costituisce un preciso punto di riferimento per l’industria dell’abbigliamento e, i modelli della sua produzione in questo settore hanno rappresentato un tratto distintivo e un segno di prestigio.

Queste considerazioni possono essere trasferite dall’am- bito delle sue fotografie di moda a quello delle fotografie di nudo o ritrattistica.

Fin da piccolo è stato affascinato da quest’arte e questo fascino non è più cessato.

Molte delle sue fotografie sono state naturalmente scat- tate a fini puramente economici, ma poi scoprì con stu- pore che la sua passione era diventata il suo lavoro.

Spesso , le buone fotografie sono molto rare e sfuggo- no a qualsiasi definizione, ma tutte hanno un punto in comune: l’emozione che suscitano va oltre l’immagine che rappresentano, il loro significato è molto più ricco di quello che sembrano suggerire , emanano una lieve musi- ca, hanno quindi un qualcosa di miracoloso , ed era pro- prio questo che portò Sieff a continuare portando con sé sempre più amore per quello che faceva.

Amava i folli , i poeti e gli autori di fotografie che apriva- no spiragli su universi di luce sconosciuti.

Fare un ritratto , secondo lui, significava nella maggior

parte dei casi rappresentare un volto o un busto in un ambiente familiare o in un’atmosfe- ra neutra.

Il volto è la parte del corpo maggiormente esposta, la più visibile e sfruttata nella vita sociale.

É quindi inevitabilmente diventato una maschera ipocrita cui si può fare esprimere ciò che si vuole: che può ridere, mascherando la tristezza, simulare interesse per coprire una noia mortale.

Per queste ragione, Jeanlopu Sieff fu spinto ad interessarsi alle natiche delle persone, soggette di quasi la maggior parte delle sue foto di nudo.

Da un punto di vista plastico, è la parte del corpo più commovente, almeno delle donne.

Sono ovviamente diverse tra loro, ma ci sono le più preziose , eleganti ed aristo- cratiche che trascendono la loro funzione, diventano capolavori e oggetti artistici.

É un fotografo raffinato e leggero, dai gusti sofisticati che comporta immagini

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che si caratterizzano per un uso spinto dell’obbiettivo grandangolare che conferisce un’

impronta inconfondibile dalle sfumature ironiche e sessuali.

I suoi scatti prendono vita dal sapiente incontro tra luci e ombre, bianchi e neri dai contra- sti forti che rivelano una spasmodica cura in fase di stampa e l’utilizzo delle tecniche della mascheratura, bruciatura e vignettatura.

Sieff è inoltre, tra i primi fotografi a dedicare tanta cura ed attenzione alla fase di post produzione, rivelando un abile utilizzo della mascheratura e della bruciatura delle stampe.

Tecniche che gli consentono di restringere i bordi dell’immagine, cosi da mettere in risalto i dettagli e condurre lo spettatore all’essenza della sua fotografia.

Realizza immagini ironiche e sofisticate in cui la moda diventa un pretesto per creare at- mosfere surreali ed eleganti.

Gli abiti e sopratutto il corpo femminile si trasformano in linee e materia da mettere in valore con inquadrature eccentriche e surrealiste.

Abiti, acconciature,trucco e pose collaborano a creare un universo onirico, ricco di riferi- menti cinematografici e letterari.

Le immagini, spesso molto composte da un punto di vista grafico, presentano una donna

distante e misteriosa, intrigante ed enigmatica.

Il suo nome viene legato, inoltre, alla fotografia di nudo.

Anche in questo campo artistico , come negli altri , Sieff fa molto uso dell’obbiettivo grandangolare spinto che conferisce un’impronta unica ed inconfondibile al suo stile ironi- co e mai volgare.

Attori , politici e stilisti ed artisti hanno posato per lui.

La luce morbida che illumina il viso, mentre il resto dei dettagli perde importanza caratte- rizzano la maggior parte dei suoi scatti di nudo.

Difficile non trovare un nudo di Sieff che sia almeno vestito d’ombra o che non sia coper- to da uno sguardo che lo trasformi immediatamente in ritratto.

Le immagini di nudo femminile, spesso contraddistinte dall’uso distorsivo delle lenti, rap- presentano un’esaltazione della bellezza.

Un omaggio , illuminato dalla luce dell’arte, alle forme, alla perfezione e alla sensibilità lirica.

Anche quando le sue fotografie erano esposte in tutto il mondo, diffuse attraverso mo- nografie, riviste specializzate, internet ed esposizioni in gallerie e musei, Sieff si è sem- pre astenuto dal teorizzare il proprio lavoro , rifiutandosi di inserirlo in un discorso critico sull’arte e distanziandosi in questo modo da molti fotografi della sua generazione.

Egli più volte cita in una sua intervista lo scrittore e poeta Oscar Wilde, facendo riferimen- to alla morte e alla volgarità, le uniche realtà impossibili da spiegare, come aveva accen- nato lo scrittore.

Inoltre,prendendo spunto da un’altra sua citazione “Quando giudico me stesso, mi de-

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testo.Ma se mi paragono agli altri...” Sieff vuole far capire che piacere agli altri diventa irrilevante: dipende dalle mode del momento o dall’immagine, spesso falsa, che gli altri si fanno di voi.

Sieff si era inspirato molto dallo scrittore Irlandese ed inoltre Wilde riguardo all’immagine e alle mode era un gran intenditore.

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Oscar Wilde

Wilde riguardo all’immagine e alle mode era un gran intenditore.

L’ideale di estetica eccentrica incarnato da Wilde si poteva trovare nella figura del Dan- dy.Non rinunciava mai ad un abbigliamento ri- cercato e come ogni dandy, l’eleganza era la prima cosa.

Wilde però non era certo uno che seguiva le tendenze, la cura del look sempre ma la sottomissione alla moda mai.

Durante i suoi anni ad Oxford divenne subito

popolare per i suoi modi stravaganti e per la versatile intelligenza.

Subito dopo partì per Londra dove iniziò a scrivere per saggi giornalistici e poemi.

La sua chiarezza, il suo brillante modo di conversare, il suo ostentato stile di vita ed il suo stravagante modo di vestirsi fecero di lui una delle figure più salienti degli affascinanti circoli londinesi.

Un tour di lettura durato un anno negli Stati Uniti incrementò la sua fama e gli diede l’op- portunità di formulare meglio la sua teoria estetica che ruota intorno al concetto di “arte per l’arte”.

Viene considerato come un artista che dedica tutto alla ricerca del piacere in ogni sua forma, per cui la bellezza sostituisce ogni valore morale, l’estetismo sta alla base della sua arte.

Nel 1891 pubblica il suo unico romanzo, “Il ritratto di Dorian Gray”, una delle opere più rappresentative del decadentismo mondiale, spesso accusata di immoralità per le descri- zioni di degradazione ed abiezione del protagonista.

La storia inizia nello studio del pittore Basil Hallward, che decide di dipingere un quadro ad un ragazzo di nome Dorian Gray.

Dorian è un bellissimo giovane che, sia per il suo aspetto fisico che per il suo modo di pen- sare, suscita in tutti un particolare interesse.

Il ritratto donatogli dal pittore è così ben riuscito che il ragazzo, ammirandolo, esprime il rimpianto di dover invecchiare mentre il ritratto sarebbe rimasto sempre giovane e fa un vero e proprio patto con il diavolo per far si che avvenga il contrario. La vita di Dorian cambia radicalmente quando conosce Lord Henry Wotton, nobile cinico e spregiudicato, che con le sue idee sul piacere e la bellezza riesce a cambiare la vita e la purezza giovani- le di Dorian.

Successivamente Dorian si fidanza con Sybil Vane, ma la storia finisce male a causa del suo cambiamento: Dorian infatti la abbandona freddamente.

Sybil si uccide e il giovane, superato facilmente, grazie ai suggerimenti di Lord Henry, il primo dolore, trascorre la stessa serata in teatro, come se non fosse successo nulla.

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Il giorno dopo, però, scopre che il suo ritratto è cambiato: è apparsa infatti sul suo volto un’espressione di crudeltà che prima non c’era.

A questo punto Dorian decide di nascondere il ritratto in soffitta e di continuare la sua vita piena di vizi, conservando intatto il suo bellissimo viso di giovane, mentre il quadro invecchia e si fa sempre più orribile.

Una notte Dorian uccide Basil Hallward, che ha tentato di rimproverargli il suo modo di comportarsi e fa distruggere il corpo del pittore da un suo amico chimico, che poi si suici- da.

Non viene scoperto ma il ritratto diventa sempre più mostruoso e sulla mano che ha dato il colpo mortale all’amico appare una goccia di sangue.

Il fratello di Sybil Vane, che ha giurato di vendicare la sorella, rimane ucciso in un incidente di caccia, proprio quando sta per raggiungere Dorian.

Alla fine, stanco e nauseato di quel ritratto che testimonia le sue colpe e la sua brutali- tà interiore, Dorian Gray colpisce con un coltello il cuore del ritratto, ma accade un fatto incredibile: Dorian stesso muore, mentre il quadro riacquista l’aspetto che aveva all’inizio, una meravigliosa giovinezza pura e ingenua.

I servi stentano a riconoscere nell’orribile vecchio che trovano ai piedi del ritratto del loro splendido padrone.

Il ritratto è la rappresentazione dell’anima di Dorian: infatti ogni qual volta lui si macchia di una colpa, il dipinto diventa sempre più orrendo. L’animo interiore di Dorian va sempre più deteriorandosi fino a quando, accortosi del suo cambiamento, decide di distruggerlo; ma così facendo uccide anche se stesso. Il ritratto ricorda a Dorian Gray la menzogna della sua vita, ponendogli davanti agli occhi il suo vero volto, diventato una maschera atroce simbolo della sua anima corrotta.

In realtà la vita ricca di piacere a cui Dorian ambiva non viene mai realizzata: Dorian alla fine è ossessionato da moltissimi rimorsi per la vita che ha condotto. L’Estetismo è chia- ve di lettura che accomuna i romanzi di Oscar Wilde con quelli di Gabriele D’Annunzio che presentano, appunto, protagonisti straordinari come Dorian Gray e Andrea Sperelli.

Una vita da esteti chiede di essere vissuta alla ricerca della bellezza, del sublime e del ca- polavoro e viene indirizzata verso ogni possibile esperienza estrema, intellettuale, morale e fisica.

Dorian Gray e Andrea Sperelli sono eroi decadenti, amorali e privi di valori.

Questi personaggi sono qualcosa di più di semplici invenzioni letterarie: essi, come i ro- manzi dei quali sono protagonisti, testimoniano la grave crisi che alla fine dell’Ottocento sta corrodendo, se già non li ha distrutti, gli ideali romantici e positivistici, ideali fondati sull’impegno sociale, sui principi di uguaglianza e di solidarietà e, soprattutto, su una forte e salda coscienza morale.

Gli stessi autori di questi personaggi avvertono pienamente la coscienza della crisi: D’An- nunzio e Wilde sono accomunati da caratteristiche intellettuali e da comportamenti eccen- trici e anticonformisti simili.

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Gabriele D’Annunzio

Gabriele D’Annunzio, come Wilde, era un dandy, un eccentrico, ed oltre ad essere stato uno scrittore e poeta fu anche un ideologo e un politico.

Era un mito di massa, un culture dell’estetismo e riuscì sempre a trarre profitti dalle sue opere.

Egli, inoltre, propagandò se stesso e si garantì ammirazione ed attenzione da parte del pubblico.

La poetica dannunziana ha sviluppato le seguenti caratteristiche: l’estetismo artistico la poesia e arte sono creazioni di bellezza in assoluta libertà; l’estetismo pratico anche la vita reale deve essere realizzata in libertà; la narcisistica analisi delle sensazioni, il gusto della parola e il panismo, ovvero l’abbandonarsi agli istinti per immedesimarsi con le forze della natura.

L’arte è, appunto, concepita da D’Annunzio come la bellezza in senso assoluto, poiché per lui è al di sopra di tutto e valore assoluto.

Sebbene critichi moltissimo l’atteggiamento di autori precedenti che hanno “venduto” la propria arte facendola gestire come un prodotto qualsiasi, anche lui sfrutta a suo favo- re i complessi meccanismi del mercato librario e delle mode, propagandando se stesso e

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costruendo il proprio successo tra la massa.

In ciò è presente un paradosso: costruisce attorno a sé la figura dell’artista solitario e superiore, trae un grande beneficio economico e letterario proprio da quella massa che disprezza con fare aristocratico.

Seguendo il suo ideale estetico, D’Annunzio scrive il romanzo “Il Piacere” che fa parte del Ciclo della Rosa.

Il romanzo, ambientato nella Roma dell’800, ha come protagonista Andrea Sperelli, un giovane aristocratico amante della bellezza e dell’arte.

Il giovane ha avuto un’intensa storia d’amore con Elena Muti, bruscamente interrotta dalla donna.

Deluso dalla donna che amava, si rifugia in diverse avventure amorose finché incontra Maria Bandinelli Ferres, che si contraddistingue per i modi gentili che colpiscono il giovane Andrea.

L’amore verrà corrisposto ma mai consumato.

Maria parte per un viaggio e Andrea ritorna alla sua vita fatta di amori avventurosi finché rincontra Elena con cui però non riuscirà a riallacciare il rapporto di un tempo.

Tornata dal viaggio, Maria cede tra le braccia di Andrea ma, durante un’incontro amoroso, Andrea la chiamerà con il nome di Elena e lei fuggirà via.

Andrea nelle ultime pagine del romanzo si ritrova solo e pieno di debiti a vagare per la di- mora dei Ferres ormai svuotata da ogni bene, quindi avrà assunto la posizione dell’inetto, cioè di colui che non è riuscito a raggiungere i propri scopi.

Il romanzo dannunziano vuole rappresentare le abitudini e le usanze della società romana dell’800, sviluppando il tema della dissoluzione dei valori della società devastata dall’edo- nismo.

Ben presto, però, D’Annunzio si rende conto che l’esteta non ha la forza di opporsi real- mente alla borghesia in ascesa, che a fine secolo si avvia sulla strada dell’industrialismo.

Egli avverte tutta la fragilità dell’esteta in un mondo lacerato da forze e da conflitti così brutali: il suo isolamento sdegnoso, che non è di certo un privilegio, non può che diventa- re sterilità ed impotenza, il culto della bellezza si trasforma in menzogna. La costruzione dell’estetismo entra allora in crisi.

Il piacere, in cui confluisce l’esperienza mondana e letteraria vissuta sino a quel momento, ne è la testimonianza più esplicita. Al centro del romanzi c’è la figura di un esteta, Andrea Sperelli, il quale non è che un “doppio” di D’Annunzio stesso, in cui l’autore denuncia la sua crisi e la sua insoddisfazione.

Nei confronti di questo suo “doppio letterario” D’Annunzio ostenta un atteggiamento quasi critico, facendo pronunciare dal narratore duri giudizi nei suoi confronti.

In realtà il romanzo è percorso da una sottile ambiguità, poiché Andrea non cessa di eser- citare un sottile fascino sullo scrittore, con il suo gusto raffinato, con la sua mutevolezza amorale, con l’artificio continuo mediante cui costruisce la sua vita. Quindi, pur segnando un punto di crisi e di consapevolezza, nel suo impianto narrativo il romanzo risente ancora della lezione del realismo ottocentesco e del verismo, che conservava in quegli anni gran- de vitalità.

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Fonti

Sitografia

Belle Époque: 1) http://istruzione.comu ne.modena.it/memo/allegati/materiali%20 semplificati%20intercultura/labelleepoque.

pdf

2) http://www.modartigiana.it/storia- della-moda-la-belle-epoque-modartigiana/

Gabrielle Coco Chanel: 1) http://

maturita.scuolazoo.it/wp-content/uplo- ads/2014/03/Tesina-di-Maturit%C3%A0- sulla-Moda.pdf

2) http://biografieonline.it/biografia.htm?

BioID=249&biografia=Coco+Chanel Jeanloup Sieff: 1) http://www.terza- strada.it/ambiente-e-cultura/una-lezione- di-stile-jeanloup-sieff.html

Oscar Wilde: 1) http://biografieonline.it/

biografia.htm?BioID=680&biografia=Oscar +Wilde

2) http://www.larapedia.com/lettera- tura_Oscar_Wilde/Oscar_Wilde_vita_

biografia_e_opere.html

3) http://www.italialibri.net/contribu- ti/0403-4.html

4) http://www.nannimagazine.it/artico- lo/1506/Oscar-Wilde-vocabolario-di-un- dandy-che-sfido-il-perbenismo

Gabriele D’Annunzio: 1) http://www.

skuola.net/appunti-italiano/gabriele-dan- nunzio/annunzio-gabriele-vita-opere-stile.

html

Bibliografia

2) I grandi fotografi “ Jeanloup Sieff”

Gruppo Editoriale Fabbri

2) L’esperienza della letteratura Il secondo ottocento

Palumbo Editore

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