alcune considerazioni sulle recenti
iniziative locali in tema di reddito minimo
contro la povertà
di David Benassi
LOMBARDY, APULIA, LEGHORN: SOME COMMENTS ON RECENT LOCAL MINIMUM INCOME MEASURES AGAINST POVERTY • Italy is one of the very few European countries that still lacks a minimum income measure against poverty. Following the constitutional reform of 2001, the Regions have had exclusive responsibility for social assistance policies. For this reason the last 15 years witnessed a variety of local initiatives. This short note discusses the programs recently launched by Lombardy, Apulia and the city of Leghorn. Available evidence points to highly heterogeneous measures – ranging from a well-structured policy in Apulia to an irrelevant set of provisions in Lombardy. Once again the lack of a national strategy against poverty shows the weakness of the Ital-ian social assistance system.
Keywords Welfare policies, minimum income, poverty, social assistance, local
welfare.
Introduzione: i presupposti del reddito minimo
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In quasi tutti i paesi europei esistono schemi di reddito minimo rivolti a quegli individui o nuclei familiari che dispongono di un reddito insufficiente a soddisfare i bisogni di base. Si tratta di situazioni in aumento un po’ dappertutto a causa dell’ormai quasi decennale crisi economica e sociale. Questi schemi si propongono innanzitutto di migliorare la capacità di spesa delle persone in condizione di povertà, e pa-rallelamente di fornire loro il supporto necessario per riconquistare la propria autonomia. Infatti, è generalmente prevista una presa in carico complessiva della persona o della famiglia che fa richiesta del beneficio e vengono forniti servizi aggiuntivi (formazione professionale, recupero scolastico, orientamento lavorativo, servizi sanitari, etc.).Per essere efficaci rispetto ai propri obiettivi – consentire il superamento della condizione di bisogno e rendere le persone autonome – questi interventi devono rispettare alcune condizioni fondamentali. È infatti indispensabile che David Benassi, Università di Milano-Bicocca, [email protected]
il beneficio sia sufficientemente elevato per consentire un sostanziale miglio-ramento dello standard di vita, deve durare per un tempo sufficientemente lungo per dare modo di ricostituire un quadro di vita stabile e deve essere accompagnato da servizi definiti in base ai bisogni specifici. Per gestire uno schema di questo tipo sono quindi indispensabili una forte integrazione tra istituzioni diverse e la presenza di figure professionali e amministrative in possesso di competenze specifiche.
Tali condizioni appaiono necessarie anche per evitare il principale rischio evocato nel dibattito su questo tipo di programmi, la cosiddetta «trappola della povertà o della dipendenza», una situazione nella quale diventa conveniente preferire il sussidio ad un reddito da lavoro, anche quando quest’ultimo sia più elevato. Il rischio di restare dipendenti da queste misure, per quanto poco generose, non è remoto, come dimostrano le esperienze di molti paesi europei, con effetti particolarmente negativi sul costo di queste misure e, soprattutto, sulla loro legittimità sociale. Infatti, molte voci, come per esempio M. Revelli nel suo libro Poveri, noi, segnalano come in questi anni sia cresciuta l’ostilità verso i poveri e come siano nati nuovi conflitti sociali tra i «fortunati» bene-ficiari delle misure di welfare e chi invece rimane escluso.
2009 a quasi 31 nel 2013. I soggetti ammessi a beneficiare del RMI ricevono un’integrazione economica del reddito fino al raggiungimento di soglie collegate alla numerosità famigliare (600 euro per 1 persona, 1.100 euro per 4 persone). Il contributo al canone di locazione prevede il rimborso delle spese di affitto in proporzione del reddito percepito (da un massimo del 100% a un minimo del 15%) alle famiglie con reddito non superiore a determinate soglie. In definitiva si tratta di prestazioni relativamente generose, che comportano una presa in carico complessiva da parte dei distretti sociali territoriali e che, diversamente da tutte le altre misure locali, non prevedono una durata massima di fruizione: si continuano a percepire finché permangono le condizioni di bisogno.
Contrariamente a una certa pubblicistica, quindi, le iniziative prese in questi mesi in Lombardia, Puglia e Livorno non rappresentano affatto una novità, ma anzi si inseriscono in una tendenza in atto da molti anni. Vediamo quali sono le caratteristiche delle tre misure.
Il reddito di dignità in Puglia
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L’iniziativa della fine del 2015 della Regione Puglia denominata ReD (reddito di dignità) è senza dubbio la più seria e solida tra quelle che stiamo analizzando. Non si tratta infatti di un mero contributo economico ma di un provvedimento complesso che prevede l’integrazione di più servizi (sociali, educativi, del lavoro e della formazione) e con una prospet-tiva di lungo periodo (sono state previste risorse finanziarie per un quinquen-nio). Il Reddito di Dignità pugliese si propone come una prestazione rivolta a tutte le famiglie con ISEE inferiore a 3.000 euro, si ispira cioè ad un principio di universalismo selettivo, e prevede un intervento complesso costituito da trasferimento economico, programma di inserimento sociale e lavorativo, e accesso a opportunità formative. L’impianto di regolazione del ReD prevede un’integrazione del reddito della famiglia beneficiaria che varia al variare della sua composizione (600 euro mensili per una famiglia composta da 5 persone) ed è subordinato al rispetto da parte del beneficiario di un patto di inserimento stipulato con l’ente erogatore. Infine, è prevista una sospensione di 6 mesi ogni 12 mesi di fruizione del ReD per evitare il rischio di trappola della povertà. Per il finanziamento della misura sono stati stanziati 350 milioni di euro per 5 anni, con i quali si stima di raggiungere tra 15.000 e 23.000 famiglie pugliesi (tra l’1% e l’1,5% delle famiglie residenti). Il ReD sosterrà quindi solo una parte delle famiglie povere residenti nella regione, stimata all’8,6% (povertà assoluta), ma costituisce comunque un notevole passo avanti nel contrasto della povertà, a maggior ragione in una regione meridionale.provvedi-mento della Regione Lombardia introduce il cosiddetto Reddito di Autonomia, che in realtà consiste in cinque interventi diversi destinati a platee distinte. Tab. 1. Caratteristiche essenziali del Reddito di Autonomia della Regione Lombardia
Linea Importo Soglia Destinatari
stimati Zero ticket
sanitario Esenzione super-ticket familiare imponibile18.000 € reddito 500.000 famiglie
Bonus bebè Una tantum 800 €
secondo figlio, 1.000 € terzo e successivi
ISEE 30.000 € 36.000 neonati
Bonus affitti Una tantum 800 € ISEE 7-9.000 € 6.000 famiglie
Assegno di
autonomia mese per 12 mesi Voucher 400 € per non
autosuf-ficienti a forte rischio esclusione sociale ISEE 10.000€ 1.000 individui Progetto di inserimento lavorativo Max 1.800 € in 6 mesi ISEE 18.000 € 5.000 individui
provve-dimento di contrasto della povertà, viste anche le soglie ISEE molto elevate. Le risorse messe a bilancio sono pari a 30,5 milioni per gli ultimi 3 mesi del 2015 e 200 milioni per il 2016.