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RuggeroRusso Piattaformesoftwaredistribuiteperilrecuperodihardwareobsolescente IngegneriaTelecomunicazioni Universit`adegliStudidiRoma“LaSapienza”Facolt`adiIngegneria

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Universit` a degli Studi di Roma “La Sapienza”

Facolt` a di Ingegneria

Tesi di Laurea in

Ingegneria Telecomunicazioni

Dicembre, 2004

Piattaforme software distribuite per il recupero di hardware

obsolescente

Ruggero Russo

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Universit` a degli Studi di Roma “La Sapienza”

Facolt` a di Ingegneria

Tesi di Laurea in Ingegneria Telecomunicazioni Sessione Autunnale – Dicembre, 2004

Piattaforme software distribuite per il recupero di hardware

obsolescente

Ruggero Russo

Relatore Prof. Roberto Baldoni . . . . Co-Relatore Ing. Domenico Davide Lamanna

. . . .

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Indirizzo dell’Autore:

Ruggero Russo

Via Giovanni Caselli 67 Roma 00149

ITALIA

e-mail: [email protected]

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Non c’´ e progresso se non ´ e per tutti.

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Indice

Introduzione 1

1 Rivoluzione digitale e Digital Divide 7

1.1 Rivoluzione Digitale . . . 7

1.2 Divario Digitale . . . 9

1.2.1 Alcuni dati sul Divario Digitale . . . 10

1.2.2 I Paesi pi`u sviluppati ed il Divario Digitale . . . 15

1.2.2.1 Accessibilit`a e consumismo informatico . . . 17

1.3 Il problema dell’hardware obsoleto . . . 17

1.3.1 L’apparato normativo . . . 20

1.3.2 La politica delle aziende . . . 22

1.3.3 Recupero, Riciclo e Smaltimento . . . 23

2 Il Trashware 29 2.1 Free Software e software Open Source . . . 31

2.1.1 Modello di sviluppo . . . 34

2.1.2 I governi e l’Open Source . . . 37

2.1.3 L’impatto nei paesi in via di sviluppo . . . 40

2.2 Esempi di Trashware . . . 44

2.2.1 Il Golem . . . 44

2.2.1.1 Progetti . . . 47

2.2.2 Progetto Lazzaro . . . 47

2.2.3 Prodigi-progetto Tunisia . . . 48 i

(8)

ii INDICE

2.2.4 ISF-Roma Progetto Kosovo . . . 50

3 I Cluster 53 3.1 OpenMosix . . . 54

3.1.1 La memoria condivisa . . . 60

3.1.2 Migshm . . . 61

3.2 LTSP . . . 65

3.2.1 Teoria del funzionamento . . . 66

3.2.2 OpenMosix vs LTSP . . . 70

4 I test 73 4.1 Il nostro test-bed . . . 74

4.2 I test su openMosix-2.4.22 . . . 75

4.2.1 Test 1: i cicli dummy . . . 76

4.2.2 Test 2: i frattali . . . 81

4.2.3 Test 3: Povray . . . 83

4.3 I test su openMosix e Migshm . . . 85

4.3.1 Test: migrazione di applicazioni a memoria condivisa . . . 86

4.4 I test su LTSP . . . 88

A Graduatoria 103 B La normativa Europea 107 C Installazione del software e monitoraggio del cluster 111 C.1 Installazione e configurazione di openMosix . . . 111

C.1.1 Monitoraggio del Cluster . . . 113

C.1.2 Aggiunta di Migshm ad openMosix . . . 117

C.1.3 Installazione del cluster openMosix-CNR . . . 118

C.2 Installazione LTSP . . . 119

Conclusioni 120

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INDICE iii

Ringraziamenti 126

Bibliografia 129

Elenco delle Figure 133

(10)

iv INDICE

(11)

Introduzione

Il presente progetto di tesi nasce da una proposta di Ingegneria Senza Frontiere che riguarda tre tematiche fondamentali: il riutilizzo di hardware datato (disci- plina che verr`a indicata nelle pagine che seguono col nome di Trashware); l’uso di tecnologie appropriate e sostenibili in progetti con Paesi in via di sviluppo (Coop- erazione allo sviluppo) e la condivisione di risorse computazionali in un sistema distribuito (Cluster di macchine).

I problemi connessi al Trashware, ai Cluster e alla Cooperazione sono stati interrelati con lo scopo di studiare e discutere delle tematiche che uniscono as- petti tecnologici, sociali, economici ed anche ecologici. Le conclusioni cui si `e perventuti sono di interesse tanto per le finalit`a sociali di Ingegneria Senza Fron- tiere (ISF), quanto per la ricerca accademica, nell’ambito del calcolo distribuito e dell’efficienza delle varie configurazioni di batterie di calcolatori.

Nel capitolo 1 si descrive l’impatto sociale ed economico che le nuove tec- nologie hanno sulla vita delle persone, portando dei cambiamenti radicali nel modo in cui pensano, comunicano, agiscono, lavorano ecc. Tanto grandi sono le possibilit`a di sviluppo che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno introdotto negli ultimi anni, che ormai non si pu`o che parlare di Rivoluzione Digitale. Proprio l’enorme importanza che tali tecnologie rivestono per lo sviluppo della societ`a, rende ancora pi`u stridente il divario tra paesi ric- chi e paesi poveri, cio`e tra chi ha la possibilit`a di accompagnare quello sviluppo traendone i massimi benefici, e chi invece, a causa di una arretratezza economica, culturale ed infrastrutturale, rimane tagliato fuori. In questo contesto, il super- amento del cosiddetto divario digitale appare come uno dei problemi pi`u urgenti

1

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2 Introduzione

da affrontare per la comunit`a internazionale. Vengono presentate statistiche ed indicatori che mostrano come quello scarto tra i paesi pi`u sviluppati e quelli che invece versano in condizioni di povert`a, sta aumentando di anno in anno, ag- gravando una situazione dicotomica, per la quale nei Paesi ricchi si assiste al radicamento di un atteggiamento generale di ”consumismo” anche a livello infor- matico, mentre i Paesi in via di sviluppo sono sempre pi`u esclusi dalla fruizione delle nuove tecnologie.

Nei Paesi pi`u sviluppati, la corsa al materiale informatico pi`u nuovo e dalle elevate prestazioni `e alimentata da una sorta di duopolio costituito dai produttori di hardware e di software, che impongono un’obsolescenza programmata ai dis- positivi e ai programmi informatici. Questa tendenza, che non sembra destinata a rallentare, ha, tra le altre cose, un impatto molto grande sull’ambiente. Pi`u di 150 milioni di computer sono dismessi ogni anno nel mondo; essi contengono sostanze altamente inquinanti, tra le quali piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente e costituiscono, perci`o, una minaccia di inquinamento senza preceden- ti. L’Unione Europea ha varato direttive sul riciclaggio di tali materiali, ma di fatto nessuno degli stati dell’Unione si `e adeguato. Inoltre, la difficolt`a nello smal- timento delle componenti elettroniche e i suoi costi elevati scoraggiano l’iniziativa privata. Nel capitolo 1, si presentano nel dettaglio anche le statistiche di quel- la che `e riconosciuta come una emergenza ambientale, presentando le quantit`a di materiale dismesso e le cifre sull’inquinamento che lo smaltimento dei rifiuti elettronici produce.

Lo studio del problema ecologico ed il tentativo di trovare una soluzione ad una questione che `e quanto mai attuale e che, come detto, ha assunto la con- notazione di una vera e propria emergenza, ha portato ISF a proporre la strada del riutilizzo del materiale dismesso per ammortizzare i tempi di obsolescenza dei computer (ormai inferiori ai 2-3 anni). Pi`u in particolare, ISF ha sviluppa- to un progetto di recupero e riutilizzo di materiale informatico obsolescente da destinare ad associazioni che ne facciano richiesta o da utilizzare in progetti di cooperazione allo sviluppo, come quello che ha visto l’associazione impegnata ad allestire un laboratorio di informatica in Kosovo (capitolo 2). Oltre all’attivit`a di

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3

cooperazione internazionale, ISF ha avviato un progetto di Trashware in Italia, che ha portato alla formazione di un gruppo di lavoro che inizialmente si `e rac- colto intorno a questo lavoro di tesi, contribuendo in modo determinante al suo sviluppo, attraverso la condivisione e la trasmissione di competenze informatiche, hardware e software.

In molti iniziano ad interessarsi al riutilizzo di hardware datato. Negli ultimi anni in Italia il numero di associazioni o di semplici appassionati che si dedicano all’attivit`a di Trashware `e aumentato incredibilmente; le motivazioni che muovono i gruppi che si occupano di ricondizionare computer dismessi sono sostanzialmente legate alla questione ecologica di cui si `e gi`a accennato e soprattutto al corretto utilizzo dei dispositivi hardware.

La crescita di questo movimento non pu`o essere pensata separata dalla cresci- ta di un altro fenomeno incredibilmente vitale: quello del software Libero e Open Source. Nel Capitolo 2 si descrivono nel dettaglio in cosa consiste l’attivit`a di Trashware, e le motivazioni profonde di quanti si occupano di questa attivit`a.

Viene dedicato ampio spazio alla descrizione del movimento OpenSource e Free Software, cui il Trashware `e inscindibilmente legato per diversi motivi che nello sviluppo della tesi verranno trattati nel dettaglio e che qui verranno accennati. Il primo motivo `e sicuramente di carattere economico; tra le prime considerazioni di chi deve fare i conti con la sostenibilit`a di un intervento dalla disponibilit`a eco- nomica esigua, rientra sicuramente la necessit`a di svincolarsi dalle costose licenze d’uso; il secondo motivo `e legato al fatto che per conseguire uno sviluppo sosteni- bile autonomo `e necessario il raggiungimento dell’indipendenza da attori stranieri, che pu`o essere garantita esclusivamente dalla soluzione OpenSource; l’ultima mo- tivazione `e di carattere tecnico: solo il software Open Source pu`o garantire massi- ma adattabilit`a e la capacit`a di ottimizzare le prestazioni dell’hardware obsoleto che viene messo a disposizione in tutti quei progetti di sviluppo e cooperazione che hanno come scopo la riduzione di quel Divario Digitale di si `e parlato sopra.

Rispetto ad un lavoro di Trashware tradizionale (che consiste nel ricondizionare le macchine obsolete ottimizzandone le prestazioni), questo lavoro trae la sua originalit`a dall’affrontare tale problema attraverso la speculazione accademica

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4 Introduzione

riguardante la condivisione di risorse computazionali (Capitolo 3). Quello che solitamente `e visto come una sfida per l’implementazione di risorse di super- calcolo per scopi scientifici, `e stato calato in applicazioni del mondo reale. Questo aspetto originale del lavoro di tesi `e conseguenza diretta di una delle peculiarit`a di ISF, che nasce all’interno dell’universit`a e in essa opera organizzando seminari e conferenze che hanno come obiettivo la promozione di uno sviluppo tecnologico che sia realmente sostenibile ed accessibile a tutti.

In una fase propedeutica alla stesura di questo lavoro, `e stato condotto uno studio sullo stato di sviluppo dei sistemi di condivisione di risorse computazion- ali, sia in ambiente accademico sia per quanto concerne i progetti di riuso e di cooperazione tecnica nell’ambito delle tecnologie per l’informazione e la comuni- cazione.

L’attenzione `e stata focalizzata su due piattaforme software distribuite: Open- Mosix ed LTSP. Nel capitolo 3, si mostra come queste hanno delle caratteristiche diametralmente diverse per i contesti in cui sono nate e si sono sviluppate, e per le finalit`a che ciascuno dei due sistemi persegue. OpenMosix (su cui maggiormente si `e concentrata la nostra attenzione) `e un sistema sviluppato in ambiente acca- demico e nasce appositamente per eseguire calcoli ad alte prestazioni ed efficienza.

Perci`o si presta molto bene ad essere utilizzato in tutte quelle applicazioni sci- entifiche che presentano costi computazionali molto elevati. LTSP, invece, nasce con finalit`a pi`u marcatamente sociali, con lo scopo di favorire la diffusione delle tecnologie informatiche in tutti quei contesti in cui si hanno scarse risorse, come scuole, progetti di cooperazione, ecc. Una differenza negli scopi che non pu`o non avere ripercussioni sull’architettura dei due sistemi.

Nel capitolo-3 si mostrano nel dettaglio i principi di funzionamento dei due sistemi di cluster, mettendo, inoltre, in evidenza i pregi ed i difetti di ciascuno dei due. Particolare rilievo, `e stato dato a Migshm, un elemento aggiuntivo di openMosix, ancora in fase sperimentale, che consente al sistema di estendere le proprie caratteristiche e le proprie funzionalit`e anche alle comuni applicazioni utente.

La parte pi`u importante di questo lavoro `e costituita dal capitolo-4, nel quale

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5

sono descritti nel dettaglio tutti gli esperimenti che sono stati condotti sui sis- temi di cluster che sono stati studiati. I test, sono stati eseguiti su batterie di macchine obsolete fornite da ISF, all’interno dei locali messi a disposizione dal BugsLab, presso lo Spazio Pubblico Autogestito Strike. Ingegneria Senza Fron- tiere ha avuto in tutto questo lavoro di tesi un importanza fondamentale; infatti, oltre a ideare il progetto di Trashware di cui questo lavoro, come detto, `e solo uno degli aspetti, e fornire il materiale hardware su cui sono stati condotti gli esper- imenti, ha messo a disposizione competenze ed esperienze tecniche ed umane, di fondamentale importanza. Lo sviluppo del progetto `e stato possibile grazie alla stretta collaborazione di tutti i membri del gruppo Trashware di ISF, che hanno cooperato condividendo saperi e competenze. La fase di studio e sperimentazione si `e avvalsa, inoltre dell’aiuto prezioso degli operatori del BugsLab che, oltre ad offrire supporto logistico, hanno condiviso con noi le loro competenze contribuen- do alla nostra formazione e consentendo di generare un ambito di interscambio di esperienze tecniche, molto utile per la nostra attivit`a.

Di fondamentale importanza `e anche il continuo contatto con le comunit`a di sviluppatori di openMosix ed LTSP, attraverso le due liste elettroniche di discussione:

[email protected];

[email protected];

[email protected].

Tramite questi due strumenti abbiamo potuto apprendere tutte le novit`a sui due sistemi; essi, inoltre, ci hanno consentito di chiarire dubbi e risolvere problemi tecnici.

L’implementazione di openMosix, in particolare, si `e avvalsa della collabo- razione diretta di due degli sviluppatori del sistema: Mirko Caserta e Cristiano De Michele. Il primo ha partecipato alla fase di allestimento del cluster, mentre il secondo ha fornito il suo aiuto ed ha messo a disposizione la sua esperienza rivelatasi di grande utilit`a nella sperimentazione su Migshm.

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6 Introduzione

Grazie allo IASI (Istituto dell’automazione dei sistemi e informatica del CNR), che ci ha messo a disposizione un laboratorio informatico di computer di ultima generazione, `e stato anche possibile valutare con alcuni test il comportamento di openMosix in condizioni ideali di funzionamento (macchine identiche e molto potenti).

Nel capitolo-4 vengono, inoltre, mostrati grafici che illustrano il comportamen- to del nostro cluster in rapporto a macchine con architetture moderne (Pentium IV). Da essi si evince un comportamento eccellente del nostro cluster ”povero”, in particolare per tutte quelle applicazioni che richiedono una grande quantit`a di calcoli. Meno brillanti sono i risultati legati all’applicazione di Migshm, a causa, anche, del livello di maturit`a del progetto.

Infine, nel capitolo dedicato alle conclusioni si d`a ampio spazio ai commenti su questo lavoro e sui risultati ottenuti, delineando, inoltre, possibili sviluppi futuri nel lavoro del gruppo Trashware di ISF.

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Capitolo 1

Rivoluzione digitale e Digital

Divide

1.1 Rivoluzione Digitale

La rivoluzione digitale, generata ed alimentata dallo sviluppo delle tecnologie del- l’informazione e della comunicazione (nel seguito indicate con l’acronimo inglese

”ICT”), ha modificato in maniera radicale il modo in cui le persone pensano, co- municano, agiscono, lavorano. Si sono generati nuovi modi di creare conoscenze, di educare e di diffondere informazioni di ogni tipo. Si `e modificato il modo in cui nel mondo si conducono gli affari economici e si gestiscono i governi. L’impor- tanza centrale dell’ICT nello sviluppo mondiale `e riconosciuto e ribadito anche dall’ONU quando afferma che l’accesso alle informazioni ed alla conoscenza `e prerequisito fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo della dichiarazione del millennio1. Nella dichiarazione dei principi del WSIS (summit mondiale sulla societ`a dell’informazione) viene riconosciuto l’immenso impatto

1L’estirpazione dell’estrema fame e povert`a, il raggiungimento di un livello di educazione primaria; la promozione dell’uguaglianza tra i sessi e l’empowerment delle donne; la riduzione della mortalit`a infantile; la lotta all’HIV/AIDS, alla malaria e alle altre malattie; la garanzia della sostenibilit`a ambientale; e lo sviluppo di una partnership mondiale per l’ottenimento di un mondo pi`u pacifico, giusto e prosperoso

7

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8 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

che l’ICT ha su ogni aspetto della vita degli esseri umani. Il rapido progresso di queste tecnologie apre opportunit`a completamente nuove per il raggiungimento di pi`u alti livelli di sviluppo. La capacit`a dell’ICT di abbattere alcuni ostacoli tradizionali, primo tra tutti quello della distanza geografica, rende possibile per la rpima volta nella storia, l’utilizzo delle potenzialit`a delle nuove teconlogie in- formatiche a vantaggio di milioni di persone in ogni angolo della Terra. Sotto condizioni favorevoli, queste tecnologie possono essere strumenti molto potenti per aumentare la produttivit`a, generare crescita economica, ridurre la disoccu- pazione, migliorando cos`ı la qualit`a della vita per tutti. Inoltre l’ICT pu`o favorire la partecipazione e l’inclusione delle popolazioni nella vita politico-economica in ciascun paese, consentendo un reale intervento delle persone sulle decisioni che le riguardano. L’ICT pu`o garantire la creazione di network e quindi di spazi pubbli- ci di dibattito tra le persone, canali attraverso cui far condividere conoscenze ed esperienze ed in cui far circolare notizie. Lo sviluppo delle tecnologie dell’infor- mazione potenzialmente aprir`a nuove strade per la diffusione e la socializzazione di servizi: `e il caso della telemedicina che consentirebbe agli abitanti anche di lu- oghi isolati ed irraggiungibili di avere, ad esempio, diagnosi on-line o la possibilit`a di ottenere analisi mediche senza dover necessariamente accedere fisicamente ad un centro specializzato. Anche nel campo dell’educazione si aprono strade tutte nuove che potrebbero garantire un accesso pi`u ampio all’istruzione. L’e-commerce garantirebbe la possibilit`a di comunicazione tra realt`a locali isolate e il mercato globale, che le nuove tecnologie stanno contribuendo a sviluppare. Per far questo sarebbe necessario che molti degli ostacoli attualmente esistenti che impediscono l’accesso alle tecnologie, vengano abbattute tramite l’innovazione tecnologica, la competizione di mercato e l’iniziativa statale. Da questo punto di vista `e molto importante trovare un modo per ridurre i costi legati alle tecnologie, e superare i problemi legati all’assenza di infrastrutture fondamentali come le reti telefoniche cablate. E’ per questo che sar`a particolarmente importante riuscire a mettere a disposizione delle popolazioni computer ancora perfettamente funzionanti ma a prezzi pi`u bassi (pensiamo a macchine di penultima generazione opportunamente ottimizzate), e fornire loro la capacit`a di accesso a Internet tramite sistemi senza

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1.2. DIVARIO DIGITALE 9

fili (wireless). Le tecnologie digitali potrebbero contribuire ad eliminare alcune delle disparit`a che si osservano a livello mondiale, dando pi`u forza alla voce dei paesi in via di sviluppo, dissolvendo le barriere nazionali e rafforzando il proces- so di democratizzazione. Proprio la grande importanza che l’ICT riveste per lo sviluppo della societ`a in ogni suo aspetto, rende ancora pi`u stridente il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, cio`e tra chi ha la possibilit`a di accompagnare quello sviluppo traendone i massimi benefici, e chi invece a causa di una arretratezza economica, culturale ed infrastrutturale, rimane tagliato fuori. Appare evidente quindi che il superamento del cosidetto divario digitale (digital divide) tra il Nord ed il Sud del mondo diventi in questo contesto una delle sfide pi`u urgenti che si pongono all’attenzione della comunit`a internazionale.

1.2 Divario Digitale

Divario digitale `e il termine utilizzato per indicare le disuguaglianze nella fruizione (accesso ed utilizzo) delle tecnologie informatiche. Ci`o che si osserva, nonostante l’importanza che tali tecnologie ricoprono per lo sviluppo economico e sociale a livello globale, `e una sempre maggiore difficolt`a nella loro utilizzazione per alcune categorie sociali e addirittura per interi Paesi. Se da un lato la rivoluzione tecno- logica in atto, favorita dalla crescita del World Wide Web, offre alla popolazione mondiale enormi possibilit`a di sviluppo, dall’altra contribuisce ad alimentare nuove forme di disuguaglianza. Tale rivoluzione presuppone infatti grandi in- vestimenti e la presenza di infrastrutture e servizi spesso assenti in numerosi paesi. Inoltre, la possibilit`a di utilizzare strumenti sempre pi`u efficaci `e legata alla capacit`a dei diversi paesi di educare le popolazioni al loro utilizzo. Dal punto di vista culturale ed educativo possiamo dire che va aumentando il divario tra societ`a alfabetizzate e societ`a in cui il tasso di analfabetismo `e ancora molto alto.

Inoltre, oltre a questo fenomeno che rigurda le differenze tra paesi con diversi gradi di sviluppo, anche nei paesi pi`u sviluppati si vanno generando le condizioni per una nuova forma di analfabetismo: l’analfabetismo elettronico.

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10 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

1.2.1 Alcuni dati sul Divario Digitale

Per una analisi della situazione mondiale rispetto alla questione della fruizione delle tecnologie digitali, si prender`a in considerazione uno studio molto dettagliato condotto da Orbicon (Unesco Chairs in Communication)2, pubblicato nell’Otto- bre del 2003[50] . Questo studio `e basato sull’analisi dello stato di ciascun paese in termini di fruizione e diffusione dell’ICT, di investimenti nelle nuove tecnologie e di livello medio di istruzione, nel quinquennio 1996-2001. In questa analisi, infatti, per ciascun Paese vengono introdotti tre indicatori:

• Infodensity: somma di tutti gli indici della capacit`a produttiva in riferimen- to all’ICT (capitale, forza lavoro, infrastrutture ma anche il livello medio di istruzione della popolazione)

• Info-use: flussi di consumo delle ICT

• Infostate: aggregazione di infodensity e info-use

Sulla base del valore dell’infostate ( che viene assunto come indice di sviluppo tecnologico dei paesi) `e stato possibile stilare una graduatoria su base mondiale di tutti gli stati3. E’ possibile suddividere le nazioni in cinque gruppi (da A ad E).

Al gruppo A appartengono i paesi dell’Europa dell’Ovest ( comprese le nazioni Scandinave) e del Nord America ed in pi`u l’Australia, la Nuova Zelanda, Hong Kong, Singapore, Giappone e Corea del Sud (tutti questi paesi hanno un valore per l’Infostate che `e il 160% del valore medio mondiale). Il gruppo B contiene i paesi dell’Europa del Sud (Portogallo, Italia, Spagna; Grecia; Malta e Cipro), i paesi dell’Europa dell’est, il Chile, l’Argentina e l’Uruguay, il Bahrain e gli Emi- rati Arabi, Malesia e Macau ( tutti paesi che hanno un indice di sviluppo intorno a quello medio). Il gruppo C contiene paesi dell’America Latina ( Brasile, Costa Rica, Panama, Venezuela, Colombia e Per`u), paesi Arabi ( Qatar, Kuwait, Gior- dania, Arabia Saudita), il Sud Africa, le Mauritius e Thailandia. Al gruppo D

2Orbicom: creata nel 1994 congiuntamente dall’UNESCO e dalla Universit`e du Qu`ebec `a Montr`eal

3cfr. Appendice A

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1.2. DIVARIO DIGITALE 11

Figura 1.1: dati per gruppi di paesi

apprtengono Paesi nei quali `e concentrato circa il 50% della popolazione mon- diale ma con valori dell’Infostate compresi tra il 25% e il 60% del valore medio.

In questo gruppo troviamo la Cina le Filippine e l’Indonesia, alcune nazioni del- l’Africa del Nord, i Paesi restanti dell’America Latina, alcuni Paesi asiatici ( Iran, Armenia, Kirgikistan, Mongolia e Vietnam) e alcune nazioni dell’Africa Subsahar- iana. Infine al Gruppo E appartengono sostanzialmente Paesi Africani ed alcuni Paesi Asiatici (Pakistan, Bangladesh, Nepal). Questi gruppi con le percentuali di popolazione e l’indice di sviluppo teconlogico che li rappresentano sono mostrati nella figura-1.1. In essa compaiono anche i dati che fanno riferimanto al numero di PC per 100 abitanti ed alla percentuale di crescita di personal computer nelle case nel quinquennio oggetto dello studio.

Lo studio condotto da Orbicom evidenzia una crescita dell’indice di sviluppo in tutti i gruppi di Paesi (figura-1.2). Tale crescita evidenzia una tendenza mondiale, che per`o non ci d`a una misura del Digital Divide. Sono le differenze nell’Infostate a fornire i dati per monitorare l’evoluzione del divario tra i vari stati. Le differenze

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12 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

Figura 1.2: andamento dell’indice di sviluppo tecnologico per i gruppi

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1.2. DIVARIO DIGITALE 13

tra i Paesi pi`u sviluppati e le nazioni pi`u arretrate crescono in valore assoluto ogni anno. L’unico dato confortante `e che il tasso di crescita annuo dei Paesi con un livello di sviluppo pi`u basso `e pi`u grande di quello dei Paesi maggiormente sviluppati come mostrato nella figura-1.3

Figura 1.3: Evoluzione del grado di divario tra gruppi di paesi

La figura sembra mostrare che il Digital Divide si sia ridotto con gli anni; in realt`a non `e cos`ı: da un lato osserviamo che le nazioni pi`u arretrate dal punto di vista tecnologico hanno un tasso di crescita nei cinque anni che `e maggiore di quello dei paesi del gruppo A, per contro per`o la differenza in valore assoluto tra i valori dell’Infostate `e in continuo aumento. Se volessimo interpretare ottimisti- camente il dato, potremmo dire che il fatto che i paesi meno sviluppati abbiano un tasso di crescita maggiore, `e un indicatore del fatto che in essi si assiste ad

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14 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

una crescita percentuale degli investimanti nell’ICT, con uno sviluppo particolar- mente accelerato per la Cina ed il Brasile che in cinque anni hanno aumentato il loro tasso di sviluppo del 300%. In generale molti esempi possono essere citati per mostrare l’espansione delle opportunit`a digitali nei paesi in via di svilup- po. Molti paesi del Sud-Est Asiatico stanno provando ad emulare il modello di sviluppo adottato dal Giappone nel periodo della ricostruzione post-bellica. La Malaysia, per esempio, presenta un tasso di penetrazione di telefoni cellulari di uno su dieci abitanti, scuole sempre pi`u cablate e 21 host di internet su 1000 persone. Cos`ı se da un lato gli Stati Uniti sono il primo produttore mondiale di apparecchiature elettroniche, dall’altro la classifica vede le nazioni del Sud Est Asiatico ai primissimi posti. Per quanto riguarda altre regioni, l’area del sud dell’India `e spesso citata per la sua importanza nello sviluppo di software. Nel- l’Europa Centrale e dell’Est, Slovenia, Estonia, Slovacchia e Lituania hanno fatto moltissimi sforzi per far in modo che la popolazione potesse utilizzare computer ed avere accesso alla rete. Il governo Estone ha fornito punti di accesso ad Inter- net pubblici distribuiti su tutto il territorio, all’interno di scuole, uffici postali, biblioteche ed ospedali. Tra tutti i continenti quello africano appare ancora quello pi`u indietro nello sviluppo.

Nonostante questa tendenza ad un aumento degli investimenti, dall’interpre- tazione dei dati appare chiaro che la maggior parte della popolazione mondiale `e ancora esclusa da questa rivoluzione tecnologica a da tutti quei benefici che essa pu`o portare (telemedicina, telelavoro, e-learning, ecc).

Un dato di estremo interesse per i nostri studi `e la diffusione dei PC rispetto al numero di abitanti. Il dato ci dice che nei paesi del gruppo A si assiste ad una crescita del 15,6% su base annua, mentre nei paesi meno teconologicamente sviluppati si ha un numero di PC per 100 abitanti assolutamente insignificante e una crescita molto bassa (circa il 2%).

Facendo una valutazione generale possiamo dire che nei nei paesi del Sud del Mondo la difficolt`a nello sviluppo e nella diffusione dell’ICT `e data dalla carenza di infrastrutture di telecomunicazione spesso concentrate per lo pi`u nelle grandi citt`a e totalmente assenti nelle zone rurali (nelle quali vive invece la maggior parte

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1.2. DIVARIO DIGITALE 15

della popolazione), dai costi molto elevati delle connessioni alla rete telefonica e , per l’appunto, dalla scarsa disponibilit`a di computer. Oltre a queste motivazioni di carattere tecnico si dovr`a aggiungere anche il fatto che il livello di istruzione

`

e in molti casi assolutamente deficitario tanto da indurre gli analisti a parlare di divario conoscitivo (knowledge divide). E’ indicativo, infatti, che proprio nei Paesi in cui l’accesso ad Internet `e pi`u basso, si abbia anche un livello di istruzione inferiore. In quei paesi si osserva una stretta correlazione tra la diffusione dell’ICT e la fruizione dei media tradizionali come giornali, telefoni e televisioni. Questo ci dice che i problemi di accesso ad Internet (per esempio) nei paesi meno sviluppati non sono dovuti alla natura del medium stesso, ma evidentemente ai problemi endemici delle societ`a pi`u povere.

1.2.2 I Paesi pi` u sviluppati ed il Divario Digitale

Problema diverso si ritrova nei Paesi pi`u sviluppati. In essi si ha una grande diffusione delle tecnologie digitali. Tale diffusione `e legata, ovviamente al livello di ricchezza presente, che oltre a consentire la fruizione delle tecnologie, ha anche incentivato la ricerca con opportuni investimenti. Non `e un caso, ad esempio, che proprio nei Paesi in cui sono presenti Nokia ed Ericsson ci sia un utilizzo di telefoni cellulari tra i pi`u alti d’Europa. Il termine Divario Digitale assume qui una coloritura un po’ diversa: indica infatti lo scarto tra tutti coloro che hanno possibilit`a di accesso alle tecnologie e tutti quelli che invece si vedono negata tale opportunit`a. Uno studio del Dipartimento del Commercio USA, condotto a partire dal 19934 , dimostra che c’`e una mancanza di accesso ai computer da parte delle classi pi`u povere, delle persone in possesso di un titolo di istruzione secondaria, delle popolazioni di colore ed Ispaniche, delle comunit`a rurali e delle donne. Vediamo quali sono i fattori discriminanti:

• Reddito. Il Divario Digitale `e un fenomeno sfaccettato, ed `e legato a molti aspetti diversi, ma sicuramente la differenza di risorse `e comunemente as- sunta come una delle cause pi`u importanti. Cio`e la tendenza delle persone

4Falling Through the Net. Washington DC: US Department of Commerce

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16 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

a usare le tecnologie `e molto legata al reddito, al tipo di occupazione e alla educazione. Nello studio del dipartimento del Commercio Statunitense si evidenzia come il numero dei PC nelle case sia quadruplicato tra il 1984 e 1997, ma che allo stesso modo questo periodo ha visto crescere le dis- parit`a nel possesso dei dispositivi hardware tra strati sociali. Uno studio dell’OCSE[42], che ha raccolto dati dalla Francia, dal Giappone e dagli USA, ha confermato la sostanziale disparit`a nell’accesso ai PC in base ai differenti redditi familiari;

• Occupazione. Anche il tipo di lavoro sembra essere una discriminante molto importante. Uno studio condotto dai governi di Gran Bretagna, Finlandia e Danimarca, riporta un dato inequivocabile: i manager e i liberi professionisti che hanno pi`u mezzi messi loro a disposizione fanno un utilizzo di tecnologie che `e doppio rispetto a quello degli altri comuni impiegati e triplo rispetto agli operai ed ai disoccupati;

• Educazione. Il livello di educazione `e una variabile molto importante, visto che scuole ed universit`a educano all’utilizzo dei computer e forniscono tal- volta la possibilit`a di navigare gratuitamente. In pi`u il livello di istruzione conseguito `e strettamente legato al livello del susseguente impiego, cosa che, come visto, ha a sua volta una grande importanza dal punto di vista del divario. Ed infatti si pu`o osservare che il divario che si ha in base all’educazione `e assolutamente analogo a quello che si vede rispetto all’oc- cupazione;

• Sesso. In questo campo possiamo dire che le differenze tra uomini e donne nell’utilizzo del PC e nell’accesso ad Internet rispecchiano sostanzialmete le differenze sociali tra i sessi;

• Et`a. In Europa si evidenzia una situazione per la quale gli utilizzatori delle tecnologie digitali sono sostanzialmente i giovani tra 18 e 25 anni mentre la percetuale di utenti decresce vertiginosamente al crescere dell’et`a con una percentuale di utenti over 65 che in tutta Europa `e molto vicino allo zero.

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1.3. IL PROBLEMA DELL’HARDWARE OBSOLETO 17

1.2.2.1 Accessibilit`a e consumismo informatico

Dal quadro delineato nel paragrafo precedente si evince che accanto alle persone che si possono permettere soluzioni hardware di ultima generazione, abbiamo tut- ta una serie di categorie sociali che invece per carenza di istruzione (per esempio, anziani), per problemi economici, per problemi legati a barriere culturali (immi- grati che hanno difficolt`a a reperire software nella propria lingua), per disabilit`a fisiche, rimangono escluse da questo meccanismo. E’ opportuno inoltre eviden- ziare una certa tendenza cui assitiamo negli ultimi anni nei paesi pi`u sviluppati, e cio`e al radicamento di un atteggiamento generale di ”consumismo” anche a livello informatico. Vengono messi sul mercato computer sempre pi`u potenti con una capacit`a di calcolo che raddoppia ogni 18 mesi (legge di Moore5). Ad HW sem- pre pi`u performanti corrispondono software sempre pi`u complessi e potenti, che hanno bisogno di girare su macchine migliori e viceversa. Si `e, cio`e, generato una sorta di circolo vizioso nel quale l’hardware insegue il software e questo quello.

In tale meccanismo, ogni applicativo `e pensato per una determinata macchina e non per le precedenti. Si genera, cos`ı, una specie di inaccessibilit`a all’indietro per la quale, per avere accesso alle nuove funzioni di un sistema appena prodotto si

`

e obbligati a sostituire anche la macchina.

In questo sistema di duopolio anche utenti casalinghi con limitate necessit`a di calcolo si vedono costretti ad acquistare delle macchine assolutamente sovradi- mensionate, quando invece computer ancora perfettamente funzionanti ( anche se non di ultima o penultima generazione) vengono dismessi.

1.3 Il problema dell’hardware obsoleto

Durante l’anno 2002 sono state dismesse, perch´e guaste o semplicemente perch´e sostituite con modelli pi`u potenti ed aggiornati, circa 12.000 tonnellate di monitor, 12.400 tonnellate di computer tra desktop e portatili (compresi mouse, tastiere,

5Gordon Moore, uno dei fondatori di Intel dichiar`o nel 1965 di aspettarsi che il numero di transistor per microprocessore sarebbe raddoppiato ogni 18 mesi. La sua previsione, ben presto nota come legge di Moore, si sarebbe dimostrata accurata per quasi 40 anni

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18 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

modem ecc.), 1240 di servers e workstations, 900 di scanner, 2600 di stampan- ti, 13.800 di fax e copiatrici, 5000 di toner, superando cos`ı la soglia del milione di tonnellate di spazzatura elettronica prodotta nel nostro Paese nell’ultimo de- cennio. Di tutto questo meteriale il 90% finisce in discarica. I dati riguardanti l’unione Europea ci dicono che in media ogni cittadino dell’unione produce ogni anno 20 Kg di spazzatura elettronica e che tale cifra `e destinata ad aumentare con un tasso complessivo che oscilla nelle previsioni tra il 16% e il 28% annuo. Sec- ondo il WWF, l’incenerimento dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) emette nell’atmosfera circa 36 tonnellate di mercurio e 16 di cadmio all’anno, e contribuisce per pi`u di met`a del piombo immmesso negli inceneritori.

A queste cifre sull’inquinamento legato allo smaltimento dei rifiuti elettronici, dobbiamo aggiungere anche quelle legate alla produzione dei computer. Da uno studio condotto dalle Nazioni Unite[48] `e emerso che per fabbricare un PC ed un monitor sono necessarie 1,8 tonnellate di materie prime. In particolare per produrre un normale desktop equipaggiato con un monitor CRT da 17” sono richiesti 240 kg di combustibili fossili, 22 kg di sostanze chimiche e 1500 kg di acqua. Sembra certo poi, che alla fine di questo decennio, il numero di apparecchi finiti nelle discariche arriver`a a quota 3 miliardi (cifra che comprende computer, cellulari, televisori, frigoriferi, stampanti e tutte le periferiche). Vediamo nel det- taglio alcune nozioni sui fattori di rischio, per l’ambiente e per gli operatori, col- legati alle principali sostanze presenti all’interno delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.

• Piombo. Nelle apparecchiature elettroniche viene utilizzata una percentuale compresa tra l’1,5 e il 2,5% di tutto il piombo estratto attualmete al mondo, principalmente per il vetro dei tubi catodici e per le saldature indispens- abili nell’assemblaggio dei circuiti stampati. Gli effetti nocivi riscontrati in persone esposte per motivi professionali a questa sostanza coinvolgono il sistema nervoso centrale e periferico, quello circolatorio, quello endocrino ed i reni. Lo stoccaggio anche temporaneo, di apparecchiature elettriche ed elettroniche in siti di smaltimento o discariche pu`o provocare l’inquina-

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1.3. IL PROBLEMA DELL’HARDWARE OBSOLETO 19

mento delle falde acquifere sottostanti se il terreno non `e adeguatamente impermeabilizzato;

• Cadmio. Secondo le stime dell’agenzia nazionale per la protezione del- l’ambiente (ANPA), la dismissione di oltre 315 milioni di computer prevista tra il 1997 e il 2004 sul territorio dell’ Unione Europea render`a necessario avviare a trattamenti specifici 900 tonnellate di questo elemento. Il cadmio

`e nocivo perch´e compromette le funzioni renali e riproduttive e causa una demineralizzazione dell’apparato scheletrico;

• Mercurio. Nelle apparecchiature elettroniche viene utilizzato il 22% di tutto il mercurio prodotto nel mondo, esso `e utilizzato soprattutto nei ter- mostati, nei sensori di posizione, nei relais e negli interruttori; `e presente poi nelle batterie e nei circuiti stampati. Nelle persone che vi entrano in contatto produce danni al cervello ed in particolare alle zone che regolano la vista, l’equilibrio ed il coordinamento;

• Cromo esavalente. Viene usato da alcuni produttori di PC per difend- ere contro la corrosione le placche d’acciaio non trattate e galvanizzate.

Pu`o essere assorbito facilmente dalle cellule e pu`o portare forti reazioni allergiche. L’incenerimento non controllato di spazzatura contenente cro- mo `e stato bandito tramite apposite convenzioni internazionali proprio a causa dell’alta nocivit`a delle ceneri che da tale incenerimento si possono sprigionare;

• Materie plastiche. L’ANPA prevede che per il 2004 ci saranno da smaltire circa 1.935.000 tonnellate di materie plastiche contenute nei computer e nelle periferiche giunti alla fine del loro ciclo vitale. La maggior parte di tale quantit`a `e costituita da PVC, usato fino alla met`a degli anni novanta per la sua resistenza e la non infiammabilit`a. La successiva scoperta della sua alta nocivit`a durante l’incenerimento ed il riciclaggio ne ha causato la messa al bando successiva. Oggi al posto del PVC si usa l’ABS ma le grandi

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20 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

quantit`a di rifiuti elettronici da smaltire ne fanno ancora una minaccia per l’ambiente;

• Ritardanti di fiamma Bromurati. I brominati sono una classe di sostanze chimiche utilizzate nei pc per garantire protezione contro l’infiammabilit`a per la loro propriet`a di ritardare la combustione dei materiali plastici in- nalzando la temperatura d’innesco. Presentano una tossicit`a e producono degli effetti comparabili a quelli delle diossine.

La presenza e gli effetti degli elementi e delle sostanze elencati rendono il processo di riciclaggio dei Raee molto pericoloso per l’ambiente e per gli operai addetti allo smaltimento. Attualmente, in Europa il 90% dei rifiuti elettronici viene avviato alla discarica, incenerito o frantumato senza che sia stato precedentemente trattato. Come se non bastasse, le componenti di piccole dimensioni vengono trattate come normali rifiuti domestici e, come tali finiscono direttamente negli inceneritori.

1.3.1 L’apparato normativo

Le cifre non possono non preoccupare, anche in considerazione del fatto che l’I- talia non sembra disporre di misure adeguate a fronteggiare un tale volume di scarti, spesso pericolosi per l’uomo e per l’ecosistema. Si rende necessaria una corretta sensibilizzazione del cittadino e delle imprese ma anche l’emanazione di leggi che regolamentino in modo chiaro lo smaltimento dei RAEE, oltre alla creazione di centri specializzati per la separazione dei componenti delle apparec- chiature elettroniche e per il loro riutilizzo. La gestione dei rifiuti elettronici `e regolamentata a livello europeo dalle direttive n. 2002/96/Ce e n. 2003/108 sec- ondo le quali gli Stati membri devono provvedere affinch`e, entro il 13 Agosto 2005 i produttori prevedano il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recu- pero e smaltimento ecologicamente corretto dei Raee provenienti da utenti diversi dai nuclei domestici e originati da prodotti immessi sul mercato dopo il 13 Agosto 2005. Inoltre la normativa sancisce che saranno gli stessi fornitori a farsi carico

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1.3. IL PROBLEMA DELL’HARDWARE OBSOLETO 21

del trattamento dei rifiuti elettronici prodotti prima di quella data e sostituiti per obsolescenza o malfunzionamento. Le direttive imponevano anche agli stati membri di mettere in vigore entro il 13 agosto 2004 le disposizioni legislative, re- golamentari e amministrative necessarie per la loro attuazione. A tutt’oggi, solo la Grecia si `e adeguata. Dal 1 luglio 2006, inoltre, sar`a vietato costruire com- puter, telefonini ed elettrodomestici usando piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente. Il passo ulteriore che la UE ha previsto per gli stati membri `e che entro il 31 dicembre 2006 venga obbligatoriamete raggiunto un tasso minimo di raccolta selettiva di apparecchi a fine vita provenienti dai nuclei domestici pari a 4 kg/anno procapite. L’Italia non ha ancora recepito la direttiva UE, per questo nella pratica dal punto di vista legislativo, `e il decreto Ronchi (D.lgs. 5 febbraio 1997, n.22) a definire l’argomento. Tale decreto `e emanato in recepimento delle direttive comunitarie in materia di rifiuti, rifiuti pericolosi, imballaggi e rifiuti di imballaggio. La disciplina impone la responsabilizzazione e la cooperazione di tutti i soggetti coinvolti e favorisce la riduzione della produzione di rifiuti e all’in- centivo del loro recupero e reciclaggio. Fa divieto di abbandonare rifiuti sul suolo, sul sottosuolo e nelle acque superficiali e sotterranee ed impone, sostanzialmente, di portare i rifiuti tecnologici in discaricarica per essere avviati alle procedure di recupero o di smaltimento. Il legislatore ha operato in modo da favorire ed incentivare il reimpiego ed il riutilizzo dei rifiuti, il recupero dei rifiuti al fine di ottenerne materia prima, l’utilizzo dei rifiuti come combustibile o altra forma di energia. Ancora fissa una serie di obblighi e divieti a carico dei produttori e dei detentori dei rifiuti come l’obbligo di autorizzazione per la gestione di impianti fissi e mobili di gestione dei rifiuti, il divieto di miscelazione dei rifiuti pericolosi, l’obbligo di tenuta di un formulario di identificazione per il trasporto e di un registro di carico. Sono stati inoltre istituiti i consorzi obbligatori per il recupero di alcuni materiali specifici (polietilene, batterie esauste, oli usati). Il decreto ormai emanato pi`u di sette anni fa, in uno scenario molto pi`u arretrato di quello attuale, appare inadeguato rispetto a quello che `e il tasso di sviluppo tecnologico attuale in Italia. In esso non viene fatto nessun riferimento alla modalit`a corretta con cui i rifiuti elettronici (e-waste) dovrebbero essere trattati.

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22 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

1.3.2 La politica delle aziende

Mentre i paesi dell’UE si preparano ad adeguarsi alle nuove normative comuni- tarie, alcune aziende hanno gi`a da qualche tempo iniziato a sviluppare politiche di riciclaggio adottando nuove iniziative ed investendo denaro per renderle visibili alla maggioranza delle persone. Fu Hewlett-Packard la prima azienda ad offrire ai propri clienti la possibilit`a di dar indietro la macchina vecchia con l’acquisto di quella nuova. Una soluzione semplice che consente al produttore di avviare un computer inservibile allo smaltimento, dopo aver recuperato i componenti ancora utilizzabili. Alla HP si sono poi aggiunti tutti i grandi colossi del settore infor- matico, che con il tempo hanno mostrato una grande attenzione per soluzioni pi`u eco-compatibili. In particolare HP si muove su pi`u fronti: ha avviato un program- ma per la ricerca di materiali meno inquinanti da utilizzare nella progettazione dei prodotti HW, inoltre viene data molta attenzione alla costruzione di apparati facilmente smontabili, ovvero le cui componenti, una volta arrivate a fine vita, possano essere facilmente separate. Per quanto riguarda i consumabili, Hp ha istituito un servizio di ritiro di toner e cartucce esauste dai propri clienti, purch`e essi abbiano una grande quantit`a di apparecchiature. Il servizio di recupero `e af- fidato ad aziende partner selezionate tra i trasportatori ed i riciclatori autorizzati.

In pi`u all’utente finale viene offerto un servizio a pagamento per la restituzione dell’hardware, che consiste nella distribuzione su tutto il territorio italiano dei kit di restituzione, ossia dei box che possono contenere fino a 25 kg di materiale hard- ware obsoleto e che vengono ritirati, una volta pieni, dalla societ`a partner. Per stessa ammissione della Direzione Affari governativi e pubblici di HP Italia, tale iniziativa ha avuto finora una risposta molto fredda da parte dell’utente finale che continua ancora a preferire il cassonetto. Da parte sua, Epson ha avviato un pro- getto per il recupero dei consumabili (cartucce e toner). Anch’essa affida ad una societ`a terza il recupero del materiale dai grandi utenti e dai clienti; rimangono comunque fuori da iniziative di recupero gli utenti finali. Accanto ad iniziative volte al recupero ed allo stoccaggio di materiale esausto, si sta anche cercando di ridurre al massimo l’utilizzo di materiale nocivo come il piombo. Molto attiva

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1.3. IL PROBLEMA DELL’HARDWARE OBSOLETO 23

nel campo `e anche la Fuji-Siemens, che ha creato in Germania un centro per lo stoccaggio di computer e periferiche dismesse; tutti i pezzi vengono controllati, e se in buone condizioni vengono rivenduti in un’ala della struttura adibita a questo scopo. Molte altre aziende dichiarano di avere progetti in stand-by o comunque di stare ancora nella fase di studio dei progetti. Come si vede lo scenario `e molto complesso. Viene data grande enfasi a due aspetti fondamentali: l’eliminazione di materiali dannosi dal processo di fabbricazione dei dispositivi tecnologici e il corretto smaltimento dei rifiuti elettronici ( recupero, riciclo, smaltimento). Non viene data invece la giusta enfasi ad un terzo aspetto findamentale: l’utilizzo pi`u corretto dei PC e di tutte le periferiche e il riuso del materiale obsolescente ma ancora perfettamente funzionante.

1.3.3 Recupero, Riciclo e Smaltimento

Le politiche di gestione dei rifiuti fino ad oggi hanno concentrato la loro atten- zione esclusivamente sulla fase finale: lo smaltimento. Le imprese da parte loro non hanno grande interesse ad alimentare il mercato o comunque la diffusione del computer usato, e conseguentemente hanno esclusivamente pensato al modo pi`u eco-compatibili di eliminare i prodotti dismessi. In realt`a, di fronte ad un problema cos`ı articolato e complesso, bisogna comprendere quale sistema offra una sufficiente capacit`a di recupero, minimizzi gli impatti ambientali ed eviti danni alla salute. Nonostante la tendenza a contrapporre le diverse possibilit`a di gestione dell’elettronica dismessa, `e indubbiamente da una loro combinazione che possono venire i migliori risultati. Secondo alcuni dati forniti da WWF ed Ecoqualit6 `e possibile recuperare fino al 90% dei materiali presenti in un PC, avviando poi il restante 10% alla discarica per lo smaltimento.

Dal punto di vista dello smaltimento e del riciclaggio di un personal computer, assume grande importanza l’analisi della composizione dei materiali in esso pre- senti. Avvalendoci dei risultati di una ricerca condotta dalla Microelectronic and

6Consorzio per la tutela dell’ambiente

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24 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

Computing Technology Corporation7, possiamo dire che all’interno di un normale desktop (approssimativamente 27 kg di peso) ci sono oltre trenta elementi, carat- terizzati da possibilit`a di riciclaggio anche molto differenti come mostrato nellla tabella1.1.

Di fronte ad una tale pluralit`a di elementi presenti in quantit`a anche minime e con tassi di efficienza di riciclaggio talvolta molto bassi, si intuisce come soltanto con volumi alti di hardware smaltito si riescono a ottenere quantit`a significative di materiali da recuperare. E’ evidente allora che il riciclaggio da solo non `e un buon modo di affrontare la dismissione dell’hardware obsoleto. Esso dovr`a essere solo l’ultimo passo prima dello smaltimento vero e proprio dei materiali irrecuperabili. Un corretto processo di trattamento dei dispositivi elettronici obsoleti, dovr`a constare di diverse fasi:

• Raccolta;

• Cernita e collaudo. In questa fase l’hardware raccolto viene esaminato per separare le componenti in base alle loro caretteristiche; poi viene collaudato per vedere quali componenti sono ancora funzionanti. Se questa fase d`a esito negativo, si provvede ad un primo smontaggio per eliminare tutto ci`o che non `e riutilizzabile;

• Prelievo componenti per il reimpiego. Si tratta, in questa fase, di testare e recuperare tutto ci`o che pu`o essere riusato;

• Frantumazione e selezione per il recupero dei materiali. Questa `e la fase in cui le schede vengono macinate ed in cui si provvede al recupero dei materiali che possono essere riciclati (come i metalli);

• Smaltimento. Solo quando tutto ci`o che `e recuperabile `e stato preso, si pu`o passare allo smaltimento vero e proprio.

In questo modo si riuscir`a ad ottenere il massimo in termine di profitti per le aziende, abbattendo, inoltre, il tasso di inquinamento di cui abbiamo parlato

7Elecronics Industry Environmental Roadmap, Austin (Tx) 1996

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1.3. IL PROBLEMA DELL’HARDWARE OBSOLETO 25

Materiale Quantit`a Efficienza di Uso/posizione (kg) riciclo

Materie plastiche 6,21 20% Incl. materie organiche e silicee

Piombo 1,71 5% Giunture dei metalli, CRT

Alluminio 3,83 80% Struttura, CRT, connettori

Germanio+Gallio <0,1 0% Semiconduttori

Ferro 5,54 80% Struttura e CRT

Stagno 0,27 70% Saldature, CRT

Rame 1,89 90% Conduttivit`a, Crt, connettori

Nichel 0,23 80% Struttura, sedi magnetiche, CRT

Zinco 0,59 60% Batteria, emettitore al fosforo, CRT

Tantalio <0,1 0% Condensatore

Vanadio <0,1 0% Emettitore al fosforo del rosso/CRT Berillio <0,1 0% Conduttore termico, connettori

Oro <0,1 99% Connettivit`a, connettori

Europio <0,1 0% Attivatori al fosforo

Titanio <0,1 0% Colore, Agenti alogeni

Rutenio <0,1 80% Resistenza

Cobalto <0,1 85% Struttura, CRT

Palladio <0,1 95% Connettivit`a, conduttori, connettori

Manganese <0,1 0% Struttura, CRT

Argento <0,1 98% Conduttivit`a connettori

Antimonio <0,1 0% Diodo, CRT

Cromo <0,1 0% Decorativo, induritore

Cadmio <0,1 0% Batteria, emettitore al fosforo

Selenio <0,00096 70% Rettificatori

Radio <0,1 50% Spessa pellicola conduttrice

Platino <0,1 95% Spessa pellicola conduttrice

Mercurio <0,1 0% Batterie, interruttori

Silicio 6,75 0% Vetro, dispoditivi di stato solido Tabella 1.1: Elementi in un PC ed efficienza di riciclaggio

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26 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

all’inizio di questo paragrafo e consentendo all’Europa di risparmiare 120 milioni di gigajoule, equivalente a 2,8 milioni di tonnellate di petrolio ogni anno, con un risparmio energetico pari al 60-80% rispetto all’utilizzo di materia vergine.

Dal punto di vista commmerciale, per le aziende il problema `e ricavare prof- itto dal disassemblaggio e recupero di componenti, oppure dal ricondizionamento e riutilizzo dei computer. La prima strada `e praticata da alcune imprese con profitto, mentre la seconda `e di pi`u difficile realizzazione, sostanzialmente perch´e il valore commerciale di un PC obsoleto `e molto basso e, di solito, non copre le spese necessarie per ricondizionarlo. E’ per questo che l’attivit`a di recupero dei PC obsoleti `e svolta in Italia da associazioni senza fini di lucro che destinano le macchine ad associazioni no profit o a paesi con economie pi`u povere.

L’aspetto del recupero dell’hardware obsoleto in vista di un suo riutilizzo `e per noi di centrale importanza. Sono due le idee che ci guidano nel nostro studio: la prima `e legata alla sempre pi`u pressante necessit`a di smaltire grandi quantit`a di computer; l’altra, meno ovvia ma altrettanto importante, `e dare all’obsolescenza tecnologica il suo corso naturale, e non il frenetico ritmo artificiale (di cui abbiamo precedentemente parlato all’interno del paragrafo??) imposto negli ultimi anni.

Spesso, infatti, i computer vengono dismessi dalle aziende ancora funzionanti bench´e con prestazioni non al passo con il software di ultima generazione. Hanno un valore residuale che per`o non `e sfruttabile dalle imprese perch´e per esse tenere un computer lento in produzione fa indirettamente crescere altri tipi di costo, specialmente in termini di produttivit`a di un impiegato. Tale valore pu`o per`o essere utilizzato convenientemente in tutte le realt`a in cui la lentezza non causa l’aumento dei costi (come associazioni, scuole ecc). Riutilizzando in particolari realt`a i computer dismessi si ottimizza l’utilizzo del valore economico totale della macchina.

In sostanza, si vorrebbe promuovere un corretto utilizzo della risorsa tecno- logica: il pc ormai ammortizzato, lento, poco produttivo, viene sostituito da uno pi`u competitivo ed efficiente. E’ importante che le aziende imparino a liberarsi subito dei pc che non usano e che, altrimenti, occupano inutilmente spazio, ma soprattutto perdono quel valore residuo che pu`o essere socialmente utile. Cos`ı

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1.3. IL PROBLEMA DELL’HARDWARE OBSOLETO 27

facendo si ottengono due vantaggi economici: il risparmio dello smaltimento im- mediato e la possibilit`a di avere a disposizione risorse informatiche accessibili a tutti.

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28 Cap 1: Rivoluzione digitale e Digital Divide

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Capitolo 2

Il Trashware

Con il termine Trashware si intende il riutilizzo proficuo di computer dismessi ed altrimenti destinati allo smaltimento. La parola coniata dal Gruppo Operativo Linux Empoli (Golem)1, nasce dall’unione dei termini hardware e trashing e sta ad indicare proprio che si vanno a ricondizionare computer che altrimenti finireb- bero in discarica. Chi fa Trashware riutilizza le macchine dismesse da privati, enti pubblici ed aziende per donarli, dopo essere stati opportunamente control- lati e rimessi a punto, ad associazioni di volontariato o a progetti di solidariet`a internazionale e cooperazione allo sviluppo.

Per molto tempo, come detto nel capitolo precedente, si `e realizzato lo smal- timento dell’hardware senza troppe preoccupazioni. Pur essendo l’e-waste molto difficile da trattare, questo tipo di rifiuto `e stato tenuto abbastanza facilmente sotto controllo, viste le ridotte quantit`a di materiale da gestire. Negli ultimi an- ni, per`o, la quantit`a di macchine da dismettere ha raggiunto un numero molto grande (vedi tabella2.1), tanto che quello dei rifiuti tecnologici `e diventato un problema ecologico di grande attualit`a (come gi`a detto nel paragrafo1.3).

Le motivazioni che muovono i gruppi che in Italia si dedicano al Trashware sono sostanzialmente legate alla questione ecologica di cui si parlava nel capitolo precedente, e soprattutto al corretto utilizzo dei dispositivi hardware. Spesso i computer vengono dismessi sebbene ancora funzionanti, perch´e troppo lenti, e

1Gruppo fondato nel 2000, allo scopo di diffondere l’uso del sistema operativo GNU/Linux

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30 Cap 2: Il Trashware

Anni Server PC Totale

1998 72.600 615.000 688.200 1999 105.500 1.109.500 1.215.000 2000 86.500 1.176.500 1.263.000 2001 116.000 861.500 977.500 2002 127.550 1.042.500 1.170.050

Tabella 2.1: Computer avviati alla dismissione in Italia 1998-2002 (dati in unit`a)

tale lentezza `e vista come un fattore di rallentamento della produttivit`a di un lavoratore. Questi computer hanno comunque un valore a volte ancora molto alto (non dimentichiamo che i computer pi`u performanti di oggi saranno con- siderati obsoleti tra 18 mesi2) che pu`o essere sfruttato in tutte quelle realt`a in cui la supposta lentezza non `e un grande problema. Per chi non pu`o permetter- si un computer, come associazioni di volontariato, scuole, associazioni culturali, studenti, privati cittadini con redditi bassi ecc, avere una macchina di penultima generazione opportunamente ottimizzata e riconfigurata `e una possibilit`a molto appettibile. In tal modo si fornisce un servizio utile alla comunit`a ed al contempo si ottimizza l’utilizzo del valore economico totale dei PC. Il riutilizzo non elimi- na, alla fine, la necessit`a di smaltimento chimico dei computer, per`o sicuramente minimizza gli sprechi e l’impatto sull’ambiente e sulla societ`a. In ultima analisi possiamo dire che anche per le aziende pu`o essere un vantaggio non indifferente, in quanto le macchine dismesse vengono spesso tenute ammassate nei magazzini facendo crescere i costi storici, mentre cos`ı facendo si promuove l’aggiornamento delle risorse tecniche di un’azienda, senza che questo sia un incentivo al consumo ed allo spreco. Le aziende investono, in termini di efficienza, la parte residuale di questo investimento (scarsamente sfruttabile economicamente), che pu`o essere usata socialmente per la formazione di nuovi tecnici, i quali, a loro volta, potranno essere utili alle imprese.

2Legge di Moore: vedi nota 5 del paragrafo1.3

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2.1. FREE SOFTWARE E SOFTWARE OPEN SOURCE 31

Condizione fondamentale affinch`e il Trashware possa attechire `e che le aziende abbandonino alcuni comportamenti che sono dannosi per il processo di riutilizzo.

Spesso, infatti, i computer dismessi vengono stipati per lunghissimi periodi di tempo in luoghi non adatti alla loro conservazione; vengono tolte loro parti vitali da tenere per casi di necessit`a (che quasi mai si realizzano) attuando quella che in gergo tecnico viene chiamata ”cannibalizzazione dei Pc”.

L’attivit`a di Trashware `e inscindibilmente legata all’utilizzo di Software Libero o OpenSource. Il software prorpietario ha, infatti, diversi tipi di incompatibilit`a con la natura stessa del progetto: un’incompatibilit`a economica, poich`e l’acquis- to delle licenze sarebbe troppo oneroso per associazioni di volontariato e per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo; un’incompatibilit`a ideologica, poich`e per la comunit`a Linux `e di fondamentale importanza mantenere l’indipendenza dalle politiche delle grandi aziende, mentre installare software proprietario sig- nificherebbe diventare uno strumento commerciale di diffusione dei loro prodotti alle associazioni italiane e alle popolazioni del mondo; infine un’incompatibilit`a di carattere tecnico nel senso che `e estremamente difficile reperire versioni di qualunque software non libero in grado di funzionare in modo corretto sulle mac- chine oggetto del recupero e, anche qualora questo fosse possibile, risulterebbe spesso inutile poich`e i prodotti nuovi e aggiornati spesso non hanno caratter- istiche accettabili di retrocompatibilit`a, ma anzi contribuiscono, come descritto nel paragrafo1.3, in modo determinante all’obsolescenza tecnica e all’esclusione sociale.

Alla luce di questo, eploreremo nel paragrafo seguente le caratteristiche e le modalit`a operative del Software Libero e dell’Open Source

2.1 Free Software e software Open Source

Il concetto di software libero discende naturalmente da quello di libert`a di scam- bio di idee ed informazioni. Negli ambienti scientifici, quest’ultimo principio `e tenuto in alta considerazione per la fecondit`a che ha dimostrato; ad esso infatti

`

e generalmente attribuita molta parte dell’eccezionale ed imprevedibile crescita

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32 Cap 2: Il Trashware

del sapere negli ultimi tre secoli. La libert`a di scambio di idee non `e tuttavia una questione puramente pratica: essa `e infatti alla base dei concetti di libert`a di pensiero e di espressione. Analogamente alle idee, il software `e immateriale, e pu`o essere riprodotto e trasmesso facilmente. In modo simile a quanto avviene per le idee, parte essenziale del processo che sostiene la crescita e l’evoluzione del software `e la sua libera diffusione. Ed ogni giorno di pi`u, come le idee, il software permea il tessuto sociale e lo influenza, produce effetti etici, economici, politici e in un senso pi`u generale culturali.

Il primo a formalizzare il concetto di software libero fu Richard M. Stallman nei primi anni Ottanta. La definizione che egli ha prodotto, assume la forma di quattro principi di libert`a:

• libert`a 0, o libert`a fondamentale: libert`a di eseguire il programma per qualunque scopo, senza vincoli sul suo utilizzo

• libert`a 1: libert`a di studiare il funzionamento del programma e di adattarlo alle proprie esigenze.

• libert`a 2: libert`a di redistribuire copie del programma.

• libert`a 3: libert`a di migliorare il programma, e di distribuirne i migliora- menti

Il software distribuito con una licenza che rispetti questi principi `e detto libero (in inglese free software). Nel 1984 Richard M. Stallman diede vita al progetto GNU, con lo scopo di tradurre in pratica il concetto di software libero, e cre`o la Free Software Foundation per dare supporto logistico, legale ed economico al progetto GNU. La licenza del progetto GNU, la Licenza Pubblica Generica GNU (GNU GPL), al contrario delle normali licenze d’uso, concede all’utilizzatore di un programma di godere di tutte e quattro le libert`a suddette. Inoltre si occupa di tutelarle nel senso che chi modifichi un programma protetto da GPL e lo dis- tribuisca lo deve fare ancora sotto licenza GPL. Con un gioco di parole, il nome dato a questo tipo di protezione `e permesso d’autore (in inglese copyleft): `e il

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2.1. FREE SOFTWARE E SOFTWARE OPEN SOURCE 33

criterio che prevede che le modifiche ad un programma possano essere distribuite solo con la stessa licenza del programma originale. Le licenze usano le norme sul diritto d’autore (copyright) per togliere libert`a agli utenti di un program- ma; il permesso d’autore usa le stesse norme per garantire quelle libert`a e per proteggerle.

Nel 1998 Bruce Perens, Eric Raymond ed altre personali`a nel campo del soft- ware libero si convinsero che i principi di libert`a associati ad esso fossero mal visti nel mondo degli affari, a causa della loro carica ideologica. Lanciarono, cos`ı, una campagna di promozione del free software che mettesse in luce i suoi numerosi vantaggi pratici come la facilit`a di adattamento, l’affidabilit`a, la sicurezza, la conformit`a agli standard, l’indipendenza dai singoli fornitori ecc. Scrissero a tal fine la Open Source Definition, il documento fondamentale del movimento Open Source. In pi`u la nuova definizione che essi trovarono per il software prodotto consentiva loro di superare un’ambiguit`a fondamentale, quella legata alla paro- la ”free” nella lingua Inglese che pu`o significare ”libero” ma anche ”gratuito”.

Tale ambiguit`a `e di non secondaria importanza per chi si vuole guadagnare da vivere con la scrittura di programmi. La definizione ufficiale di ”software open source” come pubblicata dalla Open Source Iniziative, si avvicina molto a quella di free software; tuttavia `e per alcuni aspetti un po’ pi`u ampia ed in pi`u ha ac- cettato alcune licenze che vengono considerate dal movimento di Stallman come inaccettabilmente restrittive per gli utenti.

La voluta neutralit`a del movimento open source verso gli aspetti etici e politici del software libero `e la caratteristica sostanziale che lo distingue dalla filosofia di quest’ultimo. Possiamo dire, quindi, che la differenza che c’`e tra i due movimenti

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e politica pi`u che pratica, visto che essi concordano sulle licenze accettabili ed hanno obiettivi e mezzi comuni. I due movimenti sono cio`e in disaccordo sui principi di base, ma sono pi`u o meno d’accordo sugli aspetti pratici. Per questo essi possono lavorare insieme su molti progetti specifici.

Al di l`a delle questioni ideologiche, possiamo sicuramente dire che la diffusione del software libero ed open source `e diventato uno dei fenomeni pi`u interessanti dell’intero panorama delle tecnologie informatiche, generando un livello di inter-

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34 Cap 2: Il Trashware

esse e producendo un numero di appassionati che `e paragonabile a quello dei primi anni della diffusione di Internet. Sebbene, come visto, il fenomeno non sia recentissimo, solo negli ultimi anni ha raggiunto un numero critico di persone, che gli ha consentito di entrare nel mercato del software tradizionale.

Negli ultimi anni l’impatto di questo nuovo tipo di programmi sta diventan- do molto forte nell’industria del software e nella intera societ`a. Sta diffondendo un nuovo tipo di modello di sviluppo, che trae vantaggio dal lavoro di svilup- patori sparsi per il mondo; proprio la presenza di comunit`a che contribuiscono allo sviluppo del software o anche che semplicemente risolvono problemi per i nuovi utenti `e uno degli aspetti pi`u affascinanti di questa realt`a tutto sommato nuova. Questa tecnologia Open Source consente un modello di affari che `e com- pletamente nuovo che ha in generale un impatto molto positivo nella creazione di nuovi mercati e di nuove opportunit`a di lavoro.

2.1.1 Modello di sviluppo

Oltre all’impatto che l’Open Source sta avendo sul mercato dell’Information Tech- nology, esso sta producendo molti cambiamenti nel campo dello sviluppo del soft- ware, abbattendo quello che era il concetto classico del software engineering, per il quale solo una gestione centralizzata ed un forte controllo sull’accesso al codice sorgente garantivano un prodotto di alta qualit`a. Il modello proposto e diffuso dall’Open Source `e per alcuni aspetti opposto; in esso, infatti, un gran numero di sviluppatori sparsi nel mondo collaborano per costruire un prodotto dall’alto standard qualitativo.

Le motivazioni che inducono a usare e sviluppare il software libero sono molte e molto diverse tra loro e sono di natura etica, filosofica o semplicemente dettate da aspetti pratici. Degli aspetti etici abbiamo gi`a in qualche modo parlato, mentre di quelli pratici faremo ora una veloce disamina.

• L’accessibilit`a al codice sorgente e il diritto di modificarlo. Garantisce la possibilit`a di mettere a punto e di migliorare il prodotto. Consente di adattare il codice a nuovi harware (aspetto fondamentale per la nostra

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2.1. FREE SOFTWARE E SOFTWARE OPEN SOURCE 35

ricerca), di adattarlo al variare delle condizioni, e di raggiungere una piena comprensione di come il sistema lavora. E’ per questo che molti esperti sono arrivati alla conclusione che per estendere la vita di un’applicazione, deve essere disponibile il suo codice sorgente. Per ultimo dobbiamo sottolineare come l’avere a disposizione il codice sorgente consente agli sviluppatori di isolare i bachi e di fissarli;

• Il diritto di redistribuire le modifiche e le migliorie del codice. Consente a tutti di fruire dei miglioramenti apportati dagli sviluppatori al codice;

• Il diritto di utilizzo del software. Questo combinato con l’aspetto precedente garantisce che ci sia una grande quantit`a di utenti potenziali, quindi un mer- cato molto ampio che richiede sempre pi`u supporto e ”customizzazione” per il software prodotto, cosa che in generale attira sempre nuovi sviluppatori, che a loro volta contribuiscono a migliorare la qualit`a del prodotto e le sue funzionalit`a;

• Non c’`e nessuno che abbia il potere di porre restrizioni all’uso del software.

Cosa che invece si ha ogni qualvolta il management di una software house decide di non aggiornare i programmi per vecchie piattaforme, costringendo gli utenti a rimanere legati alle vecchie versioni, o a passare ad un nuo- vo prodotto o direttamente ad intervenire sull’hardware (acquistandone di nuovo);

• Non c’`e un unico soggetto da cui dipenda il futuro del software. Questa cosa accade al contrario nel caso di software proprietario: se un’azienda decide di non sviluppare un programma o semplicemente chiude, nessuno pu`o con- tinuare lo sviluppo di quel prodotto. Questo problema `e amplificato negli ultimi tempi dalle acquisizioni o dalle fusioni a cui assistiamo nel mercato del software, che spesso portano alla cannibalizzazione di un prodotto per instaurare un regime di monopolio. L’Open Source fattivamente protegge da questo pericolo, poich`e `e sempre possibile trovare qualcuno che si occupi di continuare lo sviluppo senza che ci siano limitazioni legali o pratiche;

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36 Cap 2: Il Trashware

• C’`e sempre la possibilit`a di ”forking”. Cio`e la possibilit`a di iniziare un codice alternativo se si percepisce che quello corrente sta intraprendendo una gestione sbagliata (un esempio di questo `e proprio il progetto Open- Mosix nato dal progetto mosix nel momento in cui quest’ultimo stava di- ventando non open). Cos`ı nel momento in cui una release di un prodoto

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e rilasciata sotto licenze proprietarie si pu`o usare quella immediatamente precedente come base di partenza per le successive rilasciate ancora sotto GPL.

Ovviamente il modello di sviluppo appena descritto porta con s`e anche quelli che vengono percepiti come svantaggi. Per esempio non c`e nessuna garanzia che un prodotto continui ad essere effettivamente sviluppato. In altre parole non

`e possibile sapere se un progetto arriver`a a raggiungere uno stadio in cui sia usabile e anche se dovesse arrivare ad essere utilizzabile non `e comunque possibile prevedere se il prodotto morir`a per mancanza di interesse oppure no. Ovviamente questo `e un problema presente anche per il software proprietario per il quale, per`o,

`e la legge del mercato a decretare l’abbandono di un progetto.

Altro limite `e che alcune volte `e difficile poter sapere se un progetto esiste e qual `e il suo status corrente. Questo `e particolarmente vero per i progetti pi`u piccoli. A questo problema si ovvia grazie all’apparato informativo che si `e creato intorno al fenomeno GNU/Linux, grazie al Web, ai giornali specializzati, ai forum, alle mailing-list, ecc.

Questo modello di sviluppo e le licenze che sono alla base del prodotto Open Source hanno generato un meccanismo di cooperazione e competizione che in ultima analisi ha portato all’alta qualit`a e all’alta efficienza che i progetti Open Source hanno raggiunto. Abbiamo dunque un meccanismo di cooperazione che si palesa tra gli sviluppatori all’interno di un progetto ma anche tra programmatori impegnati in progetti differenti. E’ molto comune che uno sviluppatore legga e corregga i bachi del codice sviluppato da un altro. In pi`u i miglioramenti apportati ad un codice da un programmatore sono in generale fruibili da tutti quelli che, anche in progetti diversi, stanno utilizzando lo stesso codice.

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