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12 LA RESPONSABILITÀ DEL CONSULENTE NEL DIRITTO TRIBUTARIO

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INTRODUZIONE

La responsabilità del consulente ai fini tributari, sia nella prospettiva degli illeciti amministrativi che di quelli penali, non è mai stata oggetto di uno studio sistematico da parte della dottrina 1.

Il tema è estremamente rilevante, sia dal punto di vista teorico che stret- tamente applicativo. È, invero, indiscutibile (ed è questa una peculiarità

“strutturale” del diritto tributario) che il soggetto passivo del tributo, al fine di ottemperare ai sempre più numerosi e complessi obblighi normativi previsti a suo carico dalle norme fiscali, debba avvalersi dell’opera profes- sionale di un consulente specializzato.

Peraltro, nell’attuale sistema economico, si assiste ad una evidente eteroge- neità di prestazioni idonee ad essere svolte dal consulente tributario, resa ne- cessaria dall’evoluzione originata – oltre che dall’intensificazione degli adem- pimenti e dalla complessità del sistema normativo – dalla globalizzazione dei mercati e dalla conseguente diffusione delle imprese multinazionali.

Questa considerazione sollecita l’indagine sulla conformazione dell’at- tuale regime sanzionatorio tributario con precipuo riferimento al profes- sionista, e induce a riflettere sul suo (eventuale) coinvolgimento, con le conseguenti responsabilità, nella funzione preventiva e soprattutto dissua- siva di determinati comportamenti, anche meramente pericolosi e non concretamente offensivi, tesi ad ostacolare l’attività di controllo dell’Am- ministrazione finanziaria.

È noto, difatti, che una delle maggiori preoccupazioni attuali dal punto di vista tributario, sia a livello nazionale che sovranazionale 2, sia rappre- sentata dalla c.d. aggressive tax planning, nella cui definizione rientrano di- verse strategie che si posizionano al confine tra il lecito e l’illecito, e rien- trano, quindi, molto spesso nell’alveo dell’elusione fiscale o abuso del dirit-

1 Già in tempi risalenti aveva sottolineato come il tema fosse inesplorato sul versante dell’illecito amministrativo L. DEL FEDERICO, Le sanzioni amministrative nel diritto tributa- rio, Milano, 1993, p. 351.

2 Sulle tendenze internazionali cfr. P. PIANTAVIGNA, The abuse and aggressive tax planning in the Beps era: how EU law and the OECD are establishing a unifyng conceptual framework in in- ternational tax law despite linguistic discrepancies, in World Tax Journal, 2017, p. 47 ss.

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to, attualmente codificato nel nostro ordinamento all’art. 10-bis della legge n. 212/2000 3 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).

In tale ambito l’Unione europea ha avviato una puntuale azione di con- trasto, adottando, il 12 luglio 2016, la Direttiva del Consiglio n. 2016/1164

“contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzio- namento del mercato interno”, al cui art. 6 è contenuta la clausola generale antiabuso 4, sotto il profilo dell’imposta sui redditi delle società, calibrata sul concetto di “costruzione” non genuina, con riferimento “a tutti i fatti”

e a tutte “le circostanze del caso concreto” 5.

La Direttiva è seguita alle raccomandazioni di intraprendere azioni concrete nell’alveo della complessa iniziativa attuata in sede OCSE e de- nominata “progetto BEPS” 6, contro l’erosione della base imponibile nel

3 Come noto, l’art. 10-bis della legge n. 212/2000, rubricato “Disciplina dell’abuso del di- ritto o elusione fiscale” è stato introdotto dall’art. 1, comma 1, del D.Lgs. 5 agosto 2015, n.

128. Con tale disposizione, senza recare rilevanti innovazioni, il legislatore ha sostanzialmente positivizzato i risultati interpretativi della lunga evoluzione dottrinale e giurisprudenziale. In proposito cfr., tra gli altri, A. GIOVANNINI, L’abuso del diritto nella legge delega fiscale, in Riv.

dir. trib., 2014, I, p. 231 ss.; F.GALLO, La nuova frontiera dell’abuso del diritto in materia fisca- le, in Rass. trib., 2015, p. 1315; A. CONTRINO-A. MARCHESELLI, Luci e ombre nella struttura dell’abuso fiscale “riformato”, in Corr. trib., 2015, 3787 ss.; D. STEVANATO, Elusione fiscale e abuso delle forme giuridiche, anatomia di un equivoco, in Dir. prat. trib., 2015, I, 695 ss.; M.

BEGHIN, La clausola generale antiabuso tra certezza e profili sanzionatori, in il fisco, 2015, p.

2207; AA.VV. (a cura di E. della Valle, V. Ficari, G. Marini), Abuso del diritto ed elusione fisca- le, Torino, 2016, passim; S. CIPOLLINA, voce Abuso del diritto o Elusione fiscale, in Digesto disc.

priv., sez. comm., Aggiornamento, 2017, pp. 1-15; P. BORIA, L’abuso del diritto in materia fiscale come principio generale di derivazione giurisprudenziale, in Riv. dir. trib., 2017, I, p. 665 ss.

4 Cfr. M. LOGOZZO, Prime riflessioni sulla direttiva europea antiabuso (n. 2016/1164/UE), in Boll. trib., 2017, p. 1555; F. GALLO, L’abuso del diritto nell’art. 6 della Direttiva 2016/1164/UE e nell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente: confronto fra le due nozioni, in Rass. trib., 2018, p. 271 ss.

5 In particolare una “costruzione”, suscettibile di essere suddivisa in più fasi o parti, non è genuina qualora non sia “posta in essere per valide ragioni commerciali”, suscettibili di riflettere “la realtà economica”, comprese le attività finanziarie, laddove il suo scopo principale (o uno dei suoi scopi principali) sia quello “di ottenere un vantaggio fiscale che è in contrasto con l’oggetto o la finalità del diritto fiscale applicabile.

6 Si tratta dell’acronimo inglese “Base Erosion and Profit Shifting”. Le relazioni finali sulle quindici azioni dell’OCSE contro il fenomeno denominato “BEPS”, pubblicate in data 5 ottobre 2015 e accolte dal Consiglio europeo nelle sue conclusioni dell’8 dicembre 2015, hanno sottolineato l’esigenza di individuare soluzioni comuni (anche se flessibili) in tutti gli Stati membri dell’UE ed in sintonia con le raccomandazioni adottate dall’OCSE, a livello internazionale, in sede anti-BEPS, nell’ottica di migliorare il funzionamento del mercato interno e superare i disallineamenti e le distorsioni tuttora sussistenti in tale mer- cato. Sul fenomeno “BEPS” si veda, tra i tanti, E. PINETZ, E. SCHAFFER (a cura di), Limi- ting Base Erosion, Vienna, 2017, passim; M. LANG, P. PISTONE, A. RUST, J. SCHUCH, C.

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INTRODUZIONE 13

mercato interno ed il trasferimento di utili al di fuori di tale mercato 7. Inoltre, un settore in cui il consulente tributario sarà verosimilmente in grado di esprimere le sue potenzialità è quello che concerne la cooperazio- ne con la governance delle società di certe dimensioni. Difatti, nell’ottica (recente) della tax compliance, con il D.Lgs. n. 128/2015 il legislatore ha introdotto il regime dell’adempimento collaborativo per le imprese di maggiori dimensioni, nell’ambito del quale ha contemplato la predisposi- zione di un modello di gestione del rischio fiscale in chiave collaborativa, che consente alle imprese di abbattere (alla metà del minimo edittale) le sanzioni amministrative tributarie in caso di illeciti fiscali e di beneficiare di altri incentivi (art. 6 D.Lgs. n. 128/2015) 8.

Dunque le prestazioni che formano oggetto della consulenza tributaria non coincidono più, come avveniva sovente in passato, nella mera esecuzione degli adempimenti fiscali che la legge ha attribuito al contribuente (es. presentazio- ne delle dichiarazioni fiscali e tenuta dei registri e della contabilità sottostante, ecc.) o nella sua difesa e assistenza nei confronti dell’Amministrazione finan- ziaria (es. redazione e/o presentazione di istanze amministrative varie o ricorsi giurisdizionali, ecc.). Al contrario, al consulente è di frequente richiesto di eseguire prestazioni che oscillano tra due funzioni fondamentali, che peraltro rispondono a logiche opposte: programmare e ridurre (spesso con comporta- menti elusivi/abusivi) la pressione fiscale delle imprese, e prevenire il loro “ri- schio fiscale” nella nuova prospettiva della tax compliance.

Entrambe le funzioni da ultimo citate, come evidente, presuppongono capacità e formazione tecnica altamente specializzate in ambito fiscale, che inducono a considerare il consulente tributario come il soggetto che detie- ne il “dominio intellettivo” della materia, rendendo il suo apporto sempre più indispensabile per il contribuente.

Non a caso il legislatore, con la riforma del sistema sanzionatorio tribu- tario attuata con il D.Lgs. n. 158/2015, ha in un certo senso riconosciuto le capacità specialistiche e il diffuso ruolo del consulente nell’ideazione delle condotte evasive fraudolente, al punto da introdurre la nuova aggravante di cui all’art. 13-bis del D.Lgs. n. 74/2000, che presuppone il concorso

STARINGER, The OECD Multilateral Instrument for Tax Treaties. Analysis and Effects, Kluwer Law International, 2018, passim.

7 Cfr., ex pluribus, G. BIZIOLI, Taking EU Fundamental Freedoms Seriously: Does the Anti-Tax Avoidance Directive Take Precedence over the Single Market? in EC Tax Review 2017, p. 167 ss.

8 Cfr. G. RAGUCCI, Gli istituti della collaborazione fiscale. Dai comandi e controlli alla Tax Compliance, Torino, 2018, pp. 59-78. e p. 101 ss.

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(qualificato) del consulente nella commissione del reato attraverso l’elabo- razione e/o commercializzazione di un modello di evasione fiscale.

Anche l’Amministrazione finanziaria, da ultimo nella circolare n. 19/E dell’8 agosto 2019, ha evidenziato la frequente opera di ausilio del profes- sionista nella costruzione di veri e propri “pacchetti di risparmio fiscale”, che si traducono in meccanismi sofisticati, quali, ad esempio, l’abuso dell’istituto dell’accollo tributario 9.

Inoltre, la descritta poliedricità delle attività di consulenza fiscale ha originato un’intensa casistica giurisprudenziale riguardante i profili di re- sponsabilità del professionista ai fini tributari, che apporta costante linfa al tema di ricerca 10.

Sotto il profilo metodologico, si impongono alcune precisazioni. L’in- dagine non potrà che muovere dall’inquadramento giuridico della figura del “consulente tributario” e dalla definizione dell’oggetto delle sue pre- stazioni nell’attuale contesto legislativo, tenuto conto delle fondamentali norme civilistiche e tributarie di riferimento.

Tuttavia, l’obiettivo è quello di approfondire i diversi profili di respon- sabilità del professionista ai soli fini tributari, restando quindi escluso dall’indagine il tema della sua (eventuale) responsabilità risarcitoria nei confronti del contribuente collegata al contratto d’opera intellettuale stipu- lato con quest’ultimo, così come la sua (eventuale) responsabilità penale per reati diversi da quelli tributari 11.

Inoltre, la ricerca è incentrata su figure professionali che svolgono atti- vità di consulenza per via di un mandato professionale conferito dal sog-

9 Cfr. p. 24 della richiamata circolare. La necessità di focalizzare l’attenzione sui profili di responsabilità connessi al ruolo svolto dai soggetti “portatori di specifiche competenze professionali” è stata richiamata dall’Amministrazione anche nella circolare n. 16/2016.

10 Valga in proposito segnalare la recente pronuncia Cass. pen., 27 agosto 2019, n.

36461, in cui la Corte ha affermato l’irrilevanza della mera qualifica formale di consulente della società che ha posto in essere i reati fiscali ai fini della configurabilità del concorso, ritenendo peraltro necessario, al fine di coinvolgere il consulente “di fatto” (e quindi sprovvisto di delega da parte dell’assistito) nella responsabilità penale, la dimostrazione di un suo “concreto, consapevole, seriale e ripetitivo” contributo alla commissione dell’illecito, così mostrando di confondere la fattispecie concorsuale con la richiamata (e recente) ag- gravante di cui all’art. 13-bis del D.Lgs. n. 74/2000.

11 Si pensi, ad esempio, alla fattispecie penalmente rilevante, con riferimento a reati non tributari, dell’appropriazione indebita, da parte del consulente, delle somme affidategli dal contribuente per il pagamento delle proprie imposte, che si traduce nell’omesso o ritarda- to versamento del tributo da parte di quest’ultimo. Si tratta, peraltro, di un’ipotesi ormai teorica, viste le attuali modalità di assolvimento del debito tributario mediante addebito diretto sul conto corrente dell’assistito.

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INTRODUZIONE 15

getto passivo del tributo. Esulano, di conseguenza, dall’indagine, i profili di responsabilità tributaria riferibili a professionisti che rinvengono i pro- pri poteri direttamente dalla legge, come accade per i vari organi ausiliari della giustizia (si pensi al curatore fallimentare). Allo stesso modo, non formano oggetto del tema di ricerca i profili di responsabilità riferibili a professionisti che il legislatore, in virtù della peculiare funzione esercitata, ha coinvolto nella garanzia dell’adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del soggetto passivo che ha realizzato il presupposto tassabile (si pensi al notaio, che è “responsabile d’imposta” 12).

Anche sotto il profilo terminologico si rende necessaria qualche consi- derazione. La previsione ed il progressivo ampliamento normativo di ob- blighi strumentali a carico dei terzi, che già in tempi risalenti ha condotto la dottrina ad articolate teorizzazioni 13, ci induce a precisare che nel corso della trattazione si farà riferimento al nucleo fondamentale del diritto tri- butario, costituito dalle obbligazioni e dagli adempimenti che gravano sul soggetto che ha realizzato il presupposto imponibile. In linea generale sarà, di conseguenza, considerato soggetto attivo dell’illecito tributario l’obbli- gato in via principale (o solidale), nei cui confronti si instaura il “rapporto d’imposta”. Pertanto, nel corso della trattazione si farà riferimento, in ter- mini descrittivi, al termine “contribuente” per riferirsi genericamente al responsabile dell’illecito in quanto destinatario dell’obbligo normativo vio- lato 14, ferme restando le eventuali dovute precisazioni che si renderanno necessarie in ordine ad altri soggetti passivi della potestà sanzionatoria (es.

sostituto d’imposta, responsabile d’imposta, rappresentante di enti collet- tivi e, in generale, responsabile per la sanzione, anche in via solidale 15).

Allo stesso modo, in termini discorsivi sarà utilizzato indifferentemente il termine “consulente” o “professionista” per intendere, tuttavia, la figura professionale del “consulente tributario” che sarà esattamente inquadrata sotto il profilo giuridico.

12 Sulla figura del “responsabile d’imposta” e sulle problematiche connesse cfr., tra gli altri, A. PARLATO, Il responsabile d’imposta, Milano, 1963, passim; D. COPPA, voce Respon- sabile d’imposta, in Dig. comm., XII, Torino 1996, p. 381; ID., Gli obblighi fiscali dei terzi, Milano, 1990, p. 111 ss.; V. FICARI, voce Sostituto e responsabile d’imposta, in Diz. dir.

pubbl. Cassese, Milano, VI, 2006, p. 5637.

13 Cfr. D. COPPA, Gli obblighi fiscali dei terzi, cit., passim.

14 Sulla polivalenza del termine “contribuente” cfr., ancora, D. COPPA, Gli obblighi fi- scali dei terzi, cit., p. 240 ss.

15 Sulla solidarietà dipendente sanzionatoria si veda, già con riferimento al sistema normativo previgente, L. DEL FEDERICO, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, cit., p. 344 ss.

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Riguardo, infine, al metodo di ricerca, si ritiene di dover focalizzare in- nanzitutto le basi di teoria generale che consentono di individuare le esi- genze, interne e sovranazionali, sottese all’odierno diritto sanzionatorio, per poi analizzare le singole fattispecie di responsabilità fiscale del consu- lente alla luce del dato positivo. Invero, soltanto l’esatta definizione dei principi fondamentali che informano le sanzioni tributarie (sia amministra- tive che penali), nonché del bene giuridico tutelato da quest’ultime nelle sue varie declinazioni, ci permetterà di interpretare correttamente le singo- le disposizioni sanzionatorie che riguardano il consulente e di valutare adeguatamente il suo ruolo nella commissione e/o prevenzione degli illeciti fiscali, addivenendo, eventualmente, a prospettive di riforma.

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Capitolo I

IL CONSULENTE TRIBUTARIO: INQUADRAMENTO GIURIDICO, PLURALITÀ DI PRESTAZIONI E RILEVANZA AI FINI DELL’INDAGINE SULL’IMPUTAZIONE

DELLA RESPONSABILITÀ PER ILLECITI TRIBUTARI

Sommario: 1. Premessa. – 2. L’evoluzione normativa delle professioni intellettuali. – 3.

L’inquadramento giuridico della figura del consulente tributario. – 4. Segue. L’oggetto del- le prestazioni e la sua rilevanza ai fini dell’imputazione della responsabilità per illeciti tri- butari. – 5. Premesse civilistiche sullo schema contrattuale di riferimento: il contratto d’o- pera intellettuale. – 6. Segue. L’obbligo di prestazione: personalità ed infungibilità del face- re. – 7. Segue. Cenni minimi sulle società tra professionisti (c.d. S.T.P.) e permanenza del c.d. intuitus personae.

1. Premessa.

Un’indagine sulla responsabilità fiscale del consulente non può pre- scindere dal previo inquadramento giuridico della figura professionale di riferimento.

Invero, a prima vista e secondo il linguaggio comune, la figura del “con- sulente tributario” è ricondotta a colui il quale, per padronanza conoscitiva e per capacità tecniche, esercita un’attività di lavoro autonomo in sé ibrida, ossia mista tra quella di un esperto in materia contabile, fiscale e d’impresa e quella prettamente giuridica, assistendo il cliente in tutte (o quasi) le pos- sibili interazioni che la materia tributaria è in grado di manifestare, spesso fornendo valutazioni che fondano le scelte imprenditoriali tese alla legitti- ma riduzione del carico fiscale, anche in ottica transnazionale e di gruppo.

Trattasi, evidentemente, di figura poliedrica, che induce a respingere l’idea di attribuire la qualifica di “consulente tributario” ad un singolo e ben identificato professionista.

Pertanto, al fine di vagliare criticamente il ruolo del consulente nella commissione e/o prevenzione degli illeciti fiscali, ed il suo coinvolgimento

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quale soggetto passivo cui imputare le sanzioni fiscali eventualmente anche oltre le ipotesi in cui risulti punibile in concorso con il contribuente, è fon- damentale definire esattamente i contorni giuridici di tale figura professiona- le e l’oggetto delle sue prestazioni nell’attuale contesto legislativo, tenuto conto delle fondamentali norme civilistiche e tributarie di riferimento.

2. L’evoluzione normativa delle professioni intellettuali.

La notevole importanza teorica, oltre che applicativa, della responsabili- tà del consulente ai fini tributari è dettata in primis dalla rilevante evolu- zione, sicuramente normativa ma anche organizzativa e gestionale, che ha riguardato le professioni intellettuali, anche a seguito degli impulsi derivanti dall’ordinamento europeo.

Il riconoscimento giuridico delle professioni intellettuali in Italia, con istituzione dei relativi ordini o collegi professionali, risale alla metà del XIX secolo 1.

La figura del “professionista intellettuale” all’epoca esistente ha costituito il fondamento della disciplina codicistica del contratto d’opera intellettuale 2. Nell’ambito delle disposizioni contenute nel capo II, titolo III, libro V del codice civile, si riscontra una distinzione tra norme di disciplina del contratto d’opera intellettuale (artt. 2230, 2232, 2233, 2234, 2236, 2237 c.c.), nell’ambito delle quali assume rilievo il “prestatore d’opera intellet- tuale” 3 come parte contraente, e norme di disciplina dell’esercizio di de- terminate professioni intellettuali che, in ragione della loro idoneità ad in- cidere su interessi generali, sono state assoggettate dal legislatore ad un re- gime di “protezione” (art. 2229 c.c.), individuandone presupposti (art.

2231 c.c.) e forme di esercizio (art. 2238 c.c.).

1 Per gli avvocati la legge di riconoscimento risale al 1874; per i notai al 1875.

2 La disciplina di diritto privato si è sovrapposta alla disciplina giuridica delle libere professioni, in origine fondata sull’organizzazione dei relativi gruppi secondo i canoni del diritto pubblico: cfr. R. SALOMONE, Le libere professioni intellettuali, in Trattato Galgano, Padova, 2010, p. 65 ss.

3 La figura del “professionista” non coincide, nell’ambito della disciplina codicistica, con quella del “prestatore d’opera intellettuale”, come è confermato, ad esempio, dalla formula- zione dell’art. 2751-bis c.c., ai sensi del quale “hanno privilegio su: 2) le retribuzioni dei pro- fessionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni” (ciò anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 29 novembre 1998 con la quale, al fine di evitare disparità di trattamento tra i vari prestatori d’opera, la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità della norma limitatamente alla parola “intellettuale”).

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IL CONSULENTE TRIBUTARIO: INQUADRAMENTO GIURIDICO… 19

Tutte le richiamate disposizioni sono collocate all’interno del capo intito- lato “Professioni intellettuali”, in un legame tale per cui chi esercita, senza essere iscritto all’albo (art. 2231 c.c.), pregiudica la validità dell’atto e chi presta la sua opera intellettuale, in virtù della “personalità” della prestazione (art. 2232 c.c.) e della sua personale responsabilità, è destinato ad incontrare dei limiti nell’esercizio in forma sociale della professione (art. 2238 c.c.).

Dunque il contratto d’opera intellettuale riflette al suo interno la rile- vanza della distinzione tra professioni “protette” e “non protette”, ossia tra professioni per l’esercizio delle quali è il legislatore ad aver previsto come necessaria l’iscrizione ad albi o elenchi, e professioni per le quali la legge non ha previsto alcuna iscrizione.

Entrambe le tipologie di professioni, in ogni caso, sembrano riconduci- bili ad una nozione ampia di “professione intellettuale” 4 per la comunanza di tratti distintivi.

Difatti a fronte dell’art. 2229 c.c., che implicitamente presuppone la di- stinzione, vi è l’art. 2230 c.c., il quale, nel tipizzare lo strumento contrat- tuale per l’esercizio della professione intellettuale, individua nella presta- zione intellettuale l’(unico) elemento che accomuna entrambe le attività professionali.

Di conseguenza le norme che introducono un regime di protezione 5 in ragione degli interessi generali condizionati da determinate professioni po- trebbero intendersi come disposizioni speciali nell’ambito di una disciplina dedicata in generale al contratto d’opera intellettuale come strumento (contrattuale) di esercizio dell’attività professionale tout court 6.

4 Per l’accoglimento di una nozione ampia di professionista intellettuale disciplinata dal capo II del titolo III c.c., al cui interno ricomprendere anche i prestatori d’opera intellet- tuale privi di disciplina relativa ai requisiti soggettivi, cfr. G. MUSOLINO, Contratto d’opera professionale, in Il Codice civile. Commentario, (fondato e diretto da Piero Schlesinger e continuato da F.D. Busnelli), artt. 2229-2238, Milano, 2009, p. 381; G. GIACOBBE, voce Professioni intellettuali, in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987, p. 1067; C. IBBA, Le professioni intellettuali, in Giur. Sist. Bigiavi, Torino, 1987, p. 24. V. anche le diverse posizioni di P.

PISCIONE, voce Professioni (disciplina delle), in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987, p. 1040; B.

CAVALLO, Lo status professionale, I, Milano, 1967, p. 213 ss.; C. LEGA, La libera professio- ne, Milano, 1950, p. 283, secondo i quali i profili giuspubblicistici delle professioni neutra- lizzerebbero qualsiasi valutazione sotto il profilo della natura intellettuale dell’opera resa.

5 Si pensi all’interdizione all’esercizio della professione da parte di chi non è iscritto all’albo ed alla privazione del diritto alla retribuzione del prestatore d’opera intellettuale non iscritto (art. 2231 c.c.), oltre che alla soggezione degli iscritti al potere disciplinare esercitato dagli ordini a salvaguardia della dignità e del decoro della professione.

6 In questi termini si è espressa anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 441 del 26 ottobre 2000, in Giur. cost., Torino, 2000, p. 3310, affermando come il criterio distinti-

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In ogni caso, se le norme codicistiche introdotte nel 1942 per la disci- plina del contratto d’opera intellettuale sono rimaste pressoché invariate nel tempo, al contrario è profondamente mutato il contesto nel quale tale disciplina deve calarsi, in quanto la realtà socio-economica, che inevitabil- mente influenza il dato giuridico, si è radicalmente trasformata.

In primo luogo l’interprete, di fronte all’attuale sistema delle fonti nor- mative, deve tener conto dei diversi piani di regolamentazione della mate- ria e cioè, oltre che della disciplina nazionale, della prospettiva regionale 7 e soprattutto di quella europea.

Le norme nazionali hanno assimilato e attuato moltissimi principi già contemplati agli artt. 1 comma 1 e 18 comma 1 ed agli artt. 35-47 della Co- stituzione, nonché nella normativa comunitaria, e lo stesso può dirsi per la regolamentazione regionale. Ragion per cui, l’osmotica relazione tra l’ordi- namento giuridico interno e quello europeo, attualmente, consente di ripar- tire l’insieme normativo recante la disciplina delle professioni intellettuali, protette e non, e della locatio operis, più che sulla fonte, sull’oggetto di in- tervento, in chiave visibilmente monistica 8 e non dualistica.

Invero, accantonando temporaneamente l’analisi delle norme codicistiche sul contratto d’opera e sulle professioni intellettuali, occorre comprendere le

vo tra le professioni protette e non protette debba essere ricercato, all’interno di un’ampia nozione di professione intellettuale, nell’assoggettamento o meno dell’esercizio professio- nale ad un sistema di controlli, preventivo e successivo, di natura gius-pubblicistica.

7 Con la riforma del titolo V della Costituzione (attuata con la legge n. 3/2001) è stata inserita, come materia di legislazione concorrente, proprio quella relativa alle “professio- ni”. Successivamente alla riforma il legislatore, con il D.Lgs. n. 30/2006, ha fissato i prin- cipi fondamentali della materia, stabilendo che la potestà legislativa esercitata dalle regioni in materia di professioni deve svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali (come tali riservati alla legge statale) riguardanti la libertà professionale, la tutela della concorrenza e del mercato, l’accesso e la regolazione delle attività professionali. In tal senso si veda anche la sentenza della Corte costituzionale n. 271 del 29 ottobre 2009.

8 Così, ex multis, in CGCE del 22 giugno 1989, c-103/1988, CGCE del 12 giugno 2003, c-112/00 e CGCE del 9 luglio 2009 c-319/2007, nonché CGUE del 5 aprile 2016, c- 689/013, oltre che le fondamentali e ormai note sentenze della Corte costituzionale nn.

359/1985 e 42/2001 da cui è stato enucleato il principio di leale collaborazione reciproca tra le istituzioni giudiziarie nazionali e comunitarie e tra le istituzioni governative nazionali e regionali, stante il disposto di cui all’art. 117 Cost. che ha esposto l’operato delle regioni al giudizio della CGUE e della Corte costituzionale. Su quest’ultima puntualizzazione si ri- manda alle pronunce della Corte costituzionale nn. 348 e 349/2007, 317/2009 e 264/2012, le quali hanno individuato i limiti e gli obblighi internazionali limitativi della potestà norma- tiva nazionale (statale e regionale), alla stregua di norme interposte, individuando nel det- tato costituzionale la garanzia minima di tutela al di fuori della quale nessuna disposizione internazionale o comunitaria può veicolare il legislatore interno.

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IL CONSULENTE TRIBUTARIO: INQUADRAMENTO GIURIDICO… 21

cause dell’incessante attitudine ad esigere dal professionista l’ottemperanza ad obblighi sempre più specifici e strumentali all’oggetto della prestazione principale, essendo il professionista gravato di obblighi prima inesistenti che ingenerano maggiori esposizioni ad errori e azioni disciplinari, azioni giudiziarie civili ed anche penali e, nel caso del consulente tributario – co- me si vedrà – connesse alla gestione degli obblighi fiscali altrui.

Le origini di questo fenomeno sono da ricercare prevalentemente in ambito europeo, e successivamente la globalizzazione e la creazione di un vero corpus normativo, atipico e slegato dalle appartenenze ordinamentali nazionali (la lex mercatoria), hanno provocato un’accelerazione del feno- meno de quo.

Appare utile, in proposito, soffermarsi brevemente sull’excursus storico di riferimento. Come ampiamente noto, in data 25 marzo 1957 il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi firmarono i Trattati di Roma 9, che entrarono in vigore l’1 gennaio 1958, e da quel momento nacquero esigenze improcrastinabili di strutturazione armonizza- ta dei mercati economici dei paesi membri. Tale necessità ebbe ripercus- sioni sulla circolazione delle merci, dei capitali, dei servizi e delle persone, che divennero corollario ancillare all’integrazione dei mercati: nacque il Mercato Europeo Comune (MEC).

Il MEC si basava inizialmente sulla libertà di circolazione di merci, ca- pitali, servizi e persone, sulla calmierazione degli aiuti statali alle imprese, sulla regolamentazione della concorrenza e, dal 1985 (con l’Accordo di Schengen), sulla creazione di uno spazio economico unificato.

Dal 1992 in poi, ossia dalla stipula del Trattato di Maastricht e, soprat- tutto, dopo il 2007, cioè dopo la stipula del Trattato di Lisbona, vennero aboliti i tre pilastri costitutivi dell’UE e l’istituzione europea venne sostan- zialmente ricondotta a due soli trattati, profondamente mutati: il Trattato sull’Unione europea (TUE) ed il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE), entrambi con ambiti applicativi differenti.

Le prime conseguenze dell’introduzione delle libertà di circolazione e di stabilimento delle persone furono l’enfatizzazione degli spostamenti dei cittadini europei in cerca di occupazione e l’agevolazione – prima sottova-

9 Si tratta del trattato sull’istituzione della Comunità europea dell’energia atomica (Eu- ratom) e della Comunità Economica Europea (CEE), mentre è del 1951 il trattato sulla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). I tre trattati hanno formato la Co- munità Europea (CE) fino a quando la configurazione istituzionale non è mutata in forza del Trattato di Maastricht del 1992 il quale ha costituito l’Unione Europea, relegando a primo pilastro la CE.

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lutata – della creazione di nuove professioni transnazionali o l’espansione di studi associati operanti in un contesto economico e normativo, anche tributario, non più limitato al panorama interno, bensì proiettato su un mercato internazionale 10, talvolta focalizzato su una clientela imprendito- riale avente come mercato di riferimento anche quello extracomunitario.

La creazione del MEC impose, ulteriormente, l’uniformità dei titoli di studio e il riconoscimento degli stessi come validi in tutti i paesi membri, salvo eventuali integrazioni o limitazioni previste per talune professioni (sulle quali si dirà meglio infra).

Non solo. Si avvertì la necessità di regolamentare maggiormente i lavo- ratori autonomi i quali dimostrarono, fin da subito, di possedere una dutti- lità operativa e una fisiologica refrattarietà alla ricezione dei precetti nor- mativi (solamente) interni (non più sufficienti e adeguati alla loro discipli- na) che spinse l’UE, in un primo momento, quasi ad equiparare l’attività di lavoro autonomo all’attività l’impresa 11 e, successivamente, ad individuare delle regole generali atte a uniformare e rendere omogenee siffatte profes- sioni in tutto il mercato comune e per tutti i paesi membri 12.

Ecco la ragione alla base della mole di regole ascritte alle professioni in- tellettuali, le quali possono essere ricondotte in due gruppi: un primo gruppo dedicato alle disposizioni generali, anche per le categorie profes- sionali protette 13, e un secondo gruppo comprendente le regole di detta-

10 Solo a titolo esemplificativo, si pensi alla legge 31 maggio 1995, n. 218 oppure alla legge 16 ottobre 1989, n. 364, oppure ancora al Reg. CE nn. 864/2007, 593/2008 e 1259/2010 nonché al Reg. CE n. 650/2012.

11 Ciò, specialmente in tema di concorrenza e di regolazione delle attività economiche.

Per tutti si rinvia a R. DE MATTEIS, Il contratto d’opera intellettuale: profili generali e obbli- ghi delle parti, in Trattato dei Contratti, (a cura di V. Roppo e A.M. Benedetti), III, “Opere e servizi”, Milano, 2014, pp. 620-628. Degna di nota, altresì, è la prefazione a cura di G.

Alpa all’opera di G. COLAVITTI, La libertà professionale tra Costituzione e mercato. Libera- lizzazioni, crisi economica e dinamiche della regolazione pubblica, Torino, 2012, p. XIII ss.

che ha ben sintetizzato le continue tensioni esistenti tra le professioni autonome e le esi- genze di controllo (anche sugli ordini) e regolazione per motivi di interesse pubblico.

12 Le norme fondamentali da cui sono state enucleate le fondamentali statuizioni nor- mative comunitarie derivate sulle libere professioni sono: l’art. 3 comma 2 e l’art. 9 del TUE; l’art. 3 comma 1 lett. “e”, l’art. 4 comma 1 e 2 lett. “a”, l’art. 20 comma 2 lett. “a”, l’art. 21, l’art. 26, gli artt. 45-55 e 57 TFUE Inoltre, l’art. 6 del TUE ha sancito la vincolati- vità dei principi e delle norme fondamentali contemplati nella Carta dei Diritti Fondamen- tali dell’Unione europea (CDFUE) del 7 dicembre 2000 (c.d. Carta di Nizza-Strasburgo) ed ha attribuito valore per l’UE, mediante esplicito riconoscimento, alla Convenzione Eu- ropea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 1950.

13 Tutte le professioni intellettuali rispondono alle regole trasfuse nel predetto primo

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IL CONSULENTE TRIBUTARIO: INQUADRAMENTO GIURIDICO… 23

glio, di cui all’art. 2230 comma 2, c.c., la disciplina sulla gestione dei singo- li Ordini professionali, le norme sull’esecuzione di obblighi strumentali e/o specifici per le singole professioni intellettuali, anche previa integrazione di disposizioni (speciali) introdotte da enti pubblici o da privati autorizzati dalla legge a completare frammenti di norme o norme in bianco (si pensi,

gruppo in cui, come si è rassegnato in premessa, si annoverano le disposizioni del codice civile, ma anche le seguenti fonti: il D.Lgs.Lt. 23 novembre 1944, n. 382 (sulle norme rego- lanti i Consigli degli Ordini professionali), la legge 13 giugno 1985, n. 296 (sul diritto di stabilimento), il D.Lgs 27 gennaio 1992 n. 115 del (attuativo della direttiva n. 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore), il D.Lgs. 2 maggio 1994, n. 319 (attuativo della direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale che integra la direttiva 89/48/CEE), la legge n. 11 ottobre 1995, 423 (che ha arginato il fenomeno degli abusi nel- le consulenze tributarie), la legge 7 agosto 1997, n. 266 (sull’abrogazione del divieto di co- stituzione delle società tra professionisti, detta “legge Bersani I”), il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368 (attuativa della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE), il D.Lgs. 20 settembre 2002, n. 229 (attuativo della direttiva 1999/42/CE sul riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali), il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice sulla protezione dei dati personali, da ultimo modificato con il D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101), il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. “legge Biagi”), il D.Lgs. 25 gennaio 2006, n. 29 (c.d.

“legge comunitaria 2005”), il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 30 (sui principi fondamentali in materia di professioni), il D.L. 4 luglio 2006, n. 233 (detto “decreto Bersani II” o “decreto sulle liberalizzazioni”) e conv. nella legge 4 agosto 2006, n. 248, il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 (attuativo della direttiva 2005/36/CE, sul riconoscimento delle qualifiche pro- fessionali, e della direttiva 2006/100/CE), il D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (attuativo della direttiva 2005/60/CE, concernente la prevenzione delle attività di riciclaggio, nonché della direttiva 2006/70/CE, che ha introdotto l’obbligo di tenuta dell’anagrafica fiscale del- la clientela e delle attività espletate), l’art. 10 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012, recante anche la disciplina delle società tra professionisti), l’art. 3 comma 5 del D.L.

13 agosto 2011, n. 138 conv. nella legge 14 settembre 2011, n. 148 (sulla riforma degli or- dini professionali), il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 conv. nella legge 24 marzo 2012, n. 27 (che all’art. 9 comma 4 ha sancito l’obbligo del preventivo scritto o digitale al cliente), il D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 (sull’attuazione della legge 14 settembre 2011, n. 148), il D.L.

24 gennaio 2012, n. 1, conv. nella legge 24 marzo 2012, n. 27 (nota come “legge sulla con- correnza”), la legge 14 gennaio 2013, n. 4 (sulle professioni intellettuali non organizzate), il D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (sui compensi professionali), il D.Lgs. 15 giugno 2005, n. 81 (sulla revisione del rapporto di lavoro), l’art. 4 del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 conv. nella legge 1 dicembre 2016, n. 225 (sulla comunicazione delle fatture emesse), la legge 22 maggio 2017, n. 81 (sulla tutela del lavoro autonomo), la D.Lgs. 12 novembre 2019, n. 14 (che prevede numerose disposizioni applicabili pure ai professionisti; v. art. 1).

L’elenco delle fonti che regolano le libere professioni potrebbe continuare giacché il lavo- ro autonomo implica l’ottemperanza ad un’ampia gamma di disposizioni, tra cui si annove- rano anche quelle sull’adempimento degli obblighi previdenziali e degli obblighi inerenti l’assicurazione professionale obbligatoria.

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ad esempio, alle linee guida redatte dall’Osservatorio nazionale delle buo- ne pratiche sulla sicurezza nella sanità).

Ferma restando la tratteggiata rassegna esemplificativa di norme, si de- ve però precisare che l’impianto ordinamentale fornito dal codice civile re- sta centrale nella regolamentazione della materia negoziale, e in parte, in relazione agli artt. 2232-2238 c.c., per l’esecuzione del contratto. Al con- trario le disposizioni extra codicistiche, afferenti al primo gruppo di nor- me, forniscono una più incisiva statuizione dell’esecuzione del rapporto che, salvo casi eccezionali 14, si fonda su una relazione fiduciaria reciproca tra il professionista e il cliente improntata non solo sulla trasparenza e sulla buona fede oggettiva, ma anche sull’affidamento dell’assistito (soggetto

“tecnicamente impreparato” o “non abilitato”) all’esperto professionista.

Quest’ultimo, in specie, ancorché non imprenditore, è destinatario di un articolato insieme di obblighi che vanno dalle conoscenze informatiche alla riservatezza ed alla conoscenza dei negozi giuridici fondamentali per il suo operato, fino alla predisposizione e organizzazione dei propri mezzi e del proprio personale in funzione del prevalente lavoro personale, teleologica- mente diretto all’erogazione di un servizio e/o alla preparazione di un’opera intellettuale.

In altri termini, la professione intellettuale è divenuta una spinosa e po- liedrica centrale di imputazione di obblighi differenziati, ben lontani da quelli tipici e omogenei prima demandati al singolo professionista, e ricon- ducibili alla facendi necessitas per la quale anche i profili di responsabilità erano ridotti o comunque rapportati all’importanza, alla difficoltà (e ri- schio) e all’oggetto della prestazione (opus perfectum o servizio).

Inoltre, se i poteri e i diritti sono rimasti pressoché immutati, l’aumento esponenziale degli oneri e degli obblighi a carico del prestatore d’opera in- tellettuale ha ingenerato, da più parti, un nutrito dubbio sulla attualità e sull’adeguatezza 15 del modello strutturale e negoziale delineato dagli artt.

14 Volendo far alcuni esempi, si pensi al difensore d’ufficio nel processo penale, piutto- sto che al medico libero professionista che non viene scelto intuitu personae o che intervie- ne d’urgenza.

15 La critica al modello normativo esistente nel Codice civile si rinviene, a ragione, in M.

TESCARO, Il contratto: un modello italiano di service contract? in I Contratti, Bimestrale di dottrina, giurisprudenza e pratiche contrattuali, 2016, n. 10, pp. 940-956 secondo il quale

“Ormai da vari anni, si è imposto al centro del dibattito giuridico internazionale il tema del service contract, o meglio, per la molteplicità delle figure prese in considerazione, dei service contracts. Un fondamentale ruolo propulsivo è stato indubbiamente svolto dal Draft Com- mon Frame of Reference, nel cui Libro IV, la Parte C è dedicata proprio ai Services. Questa Parte è poi suddivisa in vari capitoli, il primo dedicato alle General provisions, il secondo alle

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IL CONSULENTE TRIBUTARIO: INQUADRAMENTO GIURIDICO… 25

2229-2238 c.c., che si palesa inidoneo a ritagliare la cangiante sagoma delle professioni intellettuali. Queste, invero, non sono più confinate a nomen- clature di ruoli e ambiti precisi, ma sempre più proiettate verso un’interdi- sciplinarietà che richiede maggiori conoscenze tecniche, un maggior sup- porto personale e un’organizzazione del lavoro non marginale bensì para imprenditoriale, similmente ad un’attività economicamente diretta alla pro-

Rules applying to service contracts in general, e i capitoli seguenti a singole, specifiche tipolo- gie di service contracts, cioè: Construction, Processing, Storage, Design, Information and ad- vice, Treatment”. Sulla falsariga del Draft Common Frame of Reference si collocano i Prin- cipi UniDroit dei contratti commerciali internazionali enucleati e compilati nel 2010 dall’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato. Un’osservazione critica alla normativa codicistica sul contratto d’opera intellettuale è avanzata anche da M. T. CA- RINCI, Il contratto d’opera, in AA.VV. (a cura di G. Gitti, M. Maugeri, M. Notari), I con- tratti per l’impresa. I. Produzione, circolazione, gestione, garanzia, Bologna, 2012, p. 176, che la qualifica come “[...] puramente descrittiva, senza ricadute significative in termini di estensione della relativa – e scarna – disciplina”, e da O. RAZZOLINI, Lavoro economicamente dipendente e requisiti quantitativi nei progetti di legge nazionali e nell’ordinamento giuridico spagnolo, in Giornale di Diritto del Lavoro e di relazioni industriali, 2011, n. 132, p. 631 ss.

Sulle incongruenze riscontrate con la disciplina sull’impresa, cfr. O. CAGNASSO, Opera (contratto di), in Dig. disc. priv. (sez. comm.), vol. X, Torino, 1994, p. 5 secondo il quale, in merito all’assenza di una norma analoga all’art. 1664 c.c. riferita al prestatore d’opera intel- lettuale: “Se è vero che il legislatore tende ad attrarre nell’orbita della categoria dell’im- prenditore il lavoratore autonomo (almeno quando la sua attività sia organizzata), è altresì vero come non ne tragga le necessarie conseguenze sotto il profilo della disciplina del contrat- to d’opera e di quello d’appalto. In caso di sopravvenienza, infatti, l’appaltatore può chiedere la revisione del prezzo, con il conseguente adeguamento del corrispettivo mantenendo in vita il contratto e ciò nella logica delle esigenze connesse allo svolgimento di attività produttiva (che sono, ovviamente, nel senso di non «perdere l’affare», ma di adeguare il contenuto del contratto). Il prestatore d’opera, per contro, se ricorre al rimedio della risoluzione del contrat- to per eccessiva onerosità, non ha altra scelta che provocare lo scioglimento del contratto”. In merito alle difficoltà circa la demarcazione dei confini esistenti tra il lavoro autonomo for- temente organizzato e l’attività d’impresa, cfr. A. PERULLI (già diretto da A. Cicu e F. Mes- sineo, continuato da L. Mengoni), Il lavoro autonomo, in Trattato di diritto civile e com- merciale, XXVII, tomo I, Milano, 1996, p. 534 ss., G. MARCHETTO e A. PRADI, Professioni intellettuali, in Digesto, disc. priv., sez. civ., vol. XV, Torino, 1997, pp. 2 e 3; F. GALGANO, Diritto civile e commerciale, III, L’impresa e le società, tomo I, Padova, 1990, p. 11 ss. non- ché S. SCOTTI CAMUZZI, Impresa e società nell’esercizio delle professioni intellettuali, Mila- no, 1974, p. 96 e V. AFFERNI, Professioni, III, Professioni intellettuali – dir. comm., in Enci- clopedia giuridica, XXIV, 1991 Milano, p. 3. Contra, F. SANTORO PASSARELLI, Professioni intellettuali, in NN.D.L., XIV, Torino, 1967, p. 23 ss. che ritiene non rilevante l’organizza- zione nelle professioni intellettuali giacché, se isolatamente considerate, costituirebbe un elemento accessorio e non autonomo rispetto all’attività del professionista e G. GIACOBBE, Lavoro autonomo, in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973, p. 439 che ritiene l’impresa una delle possibili espressioni dell’organizzazione del lavoro intellettuale rilevante rispetto all’ele- mento del lavoro proprio del professionista.

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duzione di servizi e opere, ex art. 2082 c.c., con la conseguenza di rendere plausibile il superamento dell’anacronistica (seppur agevole) dicotomia tra

“obblighi di mezzo” e “obblighi di risultato” incentrata sul compimento dell’opera professionale.

3. L’inquadramento giuridico della figura del consulente tributario.

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre soffermarsi diffusa- mente sulla figura del “consulente tributario”, ovvero, a prima vista e se- condo il linguaggio comune, di colui che, per padronanza conoscitiva e per capacità tecniche, esercita – in conformità alla legge – un’attività di lavoro autonomo in sé ibrida, ossia mista tra quella di un esperto in materia con- tabile, fiscale e d’impresa e quella prettamente giuridica, assistendo il clien- te in tutte (o quasi) le possibili interazioni che la materia tributaria può manifestare, spesso fornendo valutazioni che fondano le scelte imprendito- riali tese alla legittima riduzione del carico fiscale, anche in ottica transna- zionale e di gruppo.

Trattandosi, evidentemente, di figura poliedrica, non è agevole, ed anzi è da respingere, l’idea di attribuire la qualifica di consulente tributario ad un singolo e ben identificato professionista.

È allora d’aiuto, in primis, l’individuazione dei “consulenti tributari” for- nita dall’art. 1 comma 1 della legge 11 ottobre 1995, n. 423 16,che consente di ricondurre nella figura professionale de qua “[...] dottori commercialisti 17, ra-

16 Tale disposizione prevede che: “1. La riscossione delle sanzioni pecuniarie previste dal- le leggi d’imposta in caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento è sospesa nei con- fronti del contribuente e del sostituto d’imposta qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, di dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, av- vocati, notai e altri professionisti, in dipendenza del loro mandato professionale”.

17 Sono le professioni maggiormente coinvolte e ricercate nelle consulenze fiscali, spe- cialmente dopo la riforma ad opera del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139. Come evidenziato da S. PIRAINO, Dottore commercialista, in Dig. disc. pubbl., V, Torino, 1990, p. 335 ss., la prestazione erogata dal commercialista può consistere nella gestione e nella custodia della contabilità aziendale, nella elaborazione di consulenze tecniche (o perizie penali), in pareri, in servizi alle imprese (formazione dei bilanci, liquidazione delle imprese, revisione conta- bile, procedure concorsuali, attività di sindaco) e in assistenza e rappresentanza fiscale (cfr.

art. 1 del D.Lgs. n. 139 qui citato). La dottrina e la giurisprudenza hanno ormai pacifica- mente delineato gli obblighi ascrivibili a detti professionisti. In proposito si rinvia, senza pretesa di completezza, a Cass. civ., Sez. III, sent. n. 10966/2014, Cass. pen., Sez. II, sent. n.

18027/2014, Cass. civ., Sez. III, sent. n. 22026/2004, Cass. civ., Sez. II, sent. n. 305/1996, Cass. civ., Sez. II, sent. n. 11947/1993, Cass. civ., Sez. I, sent. n. 7462/1993, Cass. civ., Sez.

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IL CONSULENTE TRIBUTARIO: INQUADRAMENTO GIURIDICO… 27

gionieri 18, consulenti del lavoro 19, avvocati 20, notai 21 e altri professionisti 22”,

II, sent. n. 5248/1986; E. RAJNERI, La rischiosa attività del commercialista tra responsabilità civile, amministrativa e penale: consulente di fiducia o guardiano dei pubblici poteri?, in Dir.

fisc. ass., 2011, p. 1106; Cass., 26 aprile 2010, n. 9917, in Resp. civ. previd., 2010, p. 2505 ss., con nota di G. MUSOLINO, Prova del vincolo contrattuale e responsabilità del commercia- lista per omissione; Cass. civ., Sez. II, 30 gennaio 2006, n. 1847, in Codice Civile. Annotato con la giurisprudenza, a cura di F. Bartolino e P. Dubolino, 4ª ed., 2015, pp. 2735 e 2736;

Cass., 9 giugno 2004, n. 10966, in Dir. prat. trib., 2005, II, p. 5 ss., con nota di G. VISINTI- NI, In tema di responsabilità del commercialista per perdita di chances; Cass., 5 giugno 1996, n. 5264, in Danno e resp., 1996, p. 581 ss., con nota di E. BRUNETTI, Responsabilità del commercialista per mancata presentazione del ricorso alla commissione tributaria; V. BELLI- NI, Dottore commercialista, in Noviss. dig. it., Appendice, III, Torino, 1982, p. 189 ss.; S.

PIGNATARO, La responsabilità del dottore commercialista, in AA.VV. (a cura di P. Stanzione e S. Sica), Professioni e responsabilità civile, Bologna, 2007, p. 343 ss.

18 Come noto, gli artt. 58 e 61 del D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139 hanno accorpato l’Al- bo dei commercialisti con quello dei ragionieri (esperti contabili), sebbene quest’ultima categoria professionale sia professionalmente differente in ordine ai requisiti per accedere all’albo ed alle competenze rispetto a quelle dei dottori commercialisti. Sul punto si rinvia a T.A.R. Umbria, 1° novembre 2006, n. 556, in Giur. Merito, 2007, p. 1458, con nota di D.

LAMANNA DI SALVO e G. RAIMONDO, Dottori commercialisti e ragionieri tra differenze ed omogeneità; Cass. civ., Sez. III, sent. n. 4796/2013.

19 Cfr. G. MUSOLINO, La responsabilità professionale del consulente del lavoro nell’attivi- tà di consulenza, in Resp. civ. prev., 2012, II. Per i ricorsi tributari promossi senza la perizia e la diligenza richiesta rispetto al caso, si rimanda a Cassazione Civile, Sez. Lavoro, n. 6064 del 23 giugno 1994, in Giurisprudenza Italiana, 1995, p. 412. Sul punto si veda anche G.

CATTANEO, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1958, p. 81.

20 In linea generale la categoria professionale degli avvocati è tra quelle maggiormente esposte a rischi professionali, come dimostrano le numerose cause intentate ogni anno per presunti non corretti adempimenti. Per la giurisprudenza si rinvia a Cass. civ., Sez. VI, ord. n.

11283/2018; Cass. civ., Sez. III, sent. n. 25112/2017; Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1792/2017 (sul- la forma del contratto di prestazione d’opera professionale con l’avvocato); Cass. civ., Sez.

Un., sent. n. 15873/2016 (sulla diffida deontologica e disciplinare); Cass. civ., Sez. III, sent. n.

13292/2016; Cass. civ., Sez. II, sent. n. 6921/2015 (sul dies a quo della richiesta risarcitoria);

Cass. civ., Sez. Un., sent. n. 13144/2015 (sulla prescrizione del diritto al risarcimento del dan- no richiesto all’avvocato); Cass. civ., Sez. III, sent. n. 16441/2012; Cass., 18 maggio 1988, n.

3463 (sulla responsabilità dell’avvocato per negligente scelta dei mezzi difensivi); Cass., 29 no- vembre 1973, n. 3298, in cui si afferma che l’avvocato “[...] risponde verso il cliente, se non ab- bia rilevato una intervenuta ed evidente prescrizione del diritto da far valere in giudizio, o non ne abbia informato il cliente o, a seguito di eccezione, opposta dall’avversario, non abbia provveduto a dimostrare l’avvenuta interruzione, nonché se abbia proposto appello inammissibile, senza rin- novarlo nel tempo”. In dottrina cfr. L. MENGONI, “Obbligazioni «di risultato» ed obbligazioni

«di mezzi»” in Riv. dir. comm. dir. gen. obbl., I, 1954, p. 314 ss.; G. CIAN, Lata culpa dolo equi- paratur”, in Riv. dir. civ., 1963, p. 218; G. CATTANEO, La responsabilità del professionista, cit., p. 45 ss., V. D’ORSI, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1981, p. 24; V. DE LO- RENZI, Classificazioni dogmatiche e regole operazionali in tema di responsabilità contrattuale, Milano, 1981, p. 98 ss.; U. BRECCIA, Le obbligazioni, in AA.VV. (a cura di G. Iudica e P. Zatti,

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