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VI ANNUNCIO UNA GIOIA GRANDE

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Academic year: 2022

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collana «CANTARE IL MISTERO»

MARIO GIOVANNI BOTTA

VI ANNUNCIO UNA GIOIA

GRANDE

Pregare con il Vangelo di Luca

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Proprietà letteraria riservata all’Autore.

I diritti di traduzione in qualsisi forma, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo della presente opera sono riservati alla Editrice Domenicana Italiana s.r.l. come per legge per tutti i paesi.

Invieremo gratuitamente il nostro catalogo a quanti ne faranno richiesta.

©2005 by EDITRICEDOMENICANAITALIANAs.r.l.

Via Luigi Palmieri, 19 - 80133 Napoli Tel. 081.5526670 - Fax 081.4109563 Num. Verde 800 800 389

web:www.ediwebonline.it e-mail:info@ediwebonline.it ISBN 88-89094-06-0

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I N D I C E

Presentazione 7

Introduzione 9

Le tappe fondamentali della Lectio divina 10

Pregare con i Vangeli 11

Lectio e vita 12

Il Vangelo secondo Luca 15

Ringraziamenti 17

Bibliografia 18

In preghiera per l’ascolto 19

I. Prologo 1,1-4 21

II. L’Annunciazione 1,26-38 24

III. La Visitazione 1,39-45 29

IV. Il Magnificat 1,46-56 33

V. La nascita di Gesù 2,1-20 37

VI. La presentazione al Tempio 2,21-35 41 VII. Il ritrovamento al Tempio 2,41-52 45 VIII. Giovanni il battezzatore 3,1-9 49 IX. Predicazione del Battista 3,10-18 53

X. Il Battesimo di Gesù 3,19-22 57

XI. Le tentazioni nel deserto 4,1-13 60 XII. Il discorso inaugurale 4,16-30 64

XIII. Sulla tua parola 5,1-11 69

XIV. Il discorso della pianura 6,17-26 73 XV. La peccatrice perdonata 7,36 -8,3 77 XVI. L’indemoniato di Gerasa 8,26-39 81

XVII. Pane spezzato 9,10-17 85

XVIII. Chi dite che io sia 9,18-27 88

XIX. La Trasfigurazione 9,28-36 92

XX. Ti seguirò ovunque tu vada 9,51-62 96

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XXI. Altri settantadue discepoli 10,1-12.16-20 100 XXII. Il buon samaritano 10,25-37 104

XXIII. Marta e Maria 10,38-42 108

XXIV. Voi dite: Padre 11,1-13 112

XXV. La vita non dipende dai beni 12,13-21 117 XXVI. Aspettare il Signore 12,32-48 121

XXVII. Se non vi convertite 13,1-9 126

XXVIII. Quelli che si salvano 13,22-30 130

XXIX. Ai primi posti 14,1.7-14 134

XXX. Chi non odia il padre e la madre 14,25-33 138

XXXI. Il Padre buono 151-3.11-32 142

XXXII. Dio e mammona 16,1-13 147

XXXIII. Lazzaro e il ricco epulone 16,19-31 151 XXXIV. Aumenta la nostra fede 17,5-10 155

XXXV. I dieci lebbrosi 17,11-19 159

XXXVI. La vedova importuna 18,1-8 163 XXXVII. Il fariseo e il pubblicano 18,9-14 167 XXXVIII. Non compresero nulla 18,31-34 171 XXXIX. L’incontro con Zaccheo 19,1-10 175 XL. Dio non è Dio dei morti 20,27-38 180 XLI. La distruzione di Gerusalemme 21,5-19 184 XLII. L’attesa del ritorno 21,25-36 188 XLIII. La prima eucaristia 22,1-23 192 XLIV. Pregate per non entrare in tentazione 22,39-46 198 XLV. La passione e la morte 23,26-56 202

XLVI. La risurrezione 24,1-12 209

XLVII. I discepoli di Emmaus 24,13-34 213 XLVIII. Mostrò loro le mani 24,35-45 218 XLIX. L’Ascensione al cielo 24,46-53 222

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Introduzione

L’

esperienza mi fa verificare ogni giorno come tanti fede- li cattolici abbiano poca dimestichezza con i Testi Sacri. La Bibbia rimane un “libro chiuso”! Questo per dei motivi che sono attribuibili non soltanto a una scarsa volontà o alla pigrizia dei credenti, quanto al fatto che nessu- no abbia loro aperto una via d’accesso semplice ai testi biblici, un contributo accessibile a molti e che porti ad assimi- lare la Parola come vero pane di vita.

Sollecitato da amici e da molti fedeli metto a disposizione dei lettori i brevi commenti di ben quarantanove brani del Vangelo di s. Luca. Buona parte di questi commenti sono già stati pubblicati sul Corriere dell’Irpinia (quotidiano locale della provincia di Avellino) nei mesi scorsi come riflessione sul Vangelo della domenica, anche se ripresi in più parti per adeguarli a questo contesto. Commenti che sono sintesi, sem- plificazioni e rimaneggiamenti di quelli più ampi e scientifici di alcuni autori da me consultati (vedi bibliografia). Lo scopo e la modalità è quello di condurre il lettore poco esperto ad entrare nel clima del brano evangelico proposto e a coglier- ne gli orientamenti essenziali. Possono essere usati anche come preparazione al Vangelo domenicale corrispondente.

Al breve commento seguono delle “domande per la verifi- ca di vita”. Anche queste domande servono, lo spero molto, per attualizzare nella propria esistenza il brano del Vangelo letto con attenzione e ben meditato. Infatti, accostarsi al Van- gelo non significa tanto cercare delle teorie su Gesù o sul suo messaggio, quanto impegnarsi a tradurre in vita vissuta la sua parola.

Sono domande di supporto che non vogliono impedire la creatività e l’ispirazione del lettore, ma solo venire incontro a coloro che muovono i primi passi nel relazionare la Parola di Dio con la propria vita di ogni giorno. Cosa che sempre è risultata molto difficile!

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Per trasformare poi sinteticamente la meditazione in sup- plica, in lode o in ringraziamento, alla fine di ogni “lectio” vi è una “preghiera”, anche questa frutto della mia personale riflessione e preghiera. Molte sono state usate nella liturgia domenicale, subito dopo la comunione, per richiamare, a forma di preghiera, i temi dell’omelia.

La lettura che qui propongo ricalca il metodo classico, oggi da molti usato, della Lectio divina.

Le tappe fondamentali della Lectio divina

La “lectio”, primo gradino della Lectio divina, risponde alla domanda: che dice il testo in sé? La si compie nel legge- re e rileggere il testo, mettendone in rilievo gli elementi por- tanti: dove e quando avvengono i fatti; chi e che cosa fanno e dicono di vari personaggi; le parole o i versetti chiave; gli insegnamenti principali e secondari; eccetera.

È la prima e fondamentale fase. Senza di essa si fa dire al testo ciò che si vuole, tradendo il messaggio che il Signore vuole donarci. Sarebbe una grande colpa e la vicinanza alla Parola di Dio sarebbe infruttuosa!

Dopo un’attenta lettura del testo segue la “meditatio”.

Essa risponde alla domanda: che dice il testo a me? È la riflessione sui valori che il brano evangelico contiene: l’amo- re personale di Cristo per ogni uomo, la lealtà, la verità, la giustizia, la povertà, la beatitudine dei poveri, il senso del sacrificio, la speranza, la forza contro la disperazione, la condanna della violenza. Valori che interpellano la mia per- sona, i miei atteggiamenti, il mio vivere quotidiano. Vedere il significato del brano per “me oggi”, il rapporto con la mia vita e che cosa in concreto il Signore mi invita a fare.

La Lectio è intimo dialogo con Dio. Dopo l’aver accolto la sua Parola vi è necessariamente la risposta: l’ “oratio”. Essa risponde alla domanda: Che cosa dico io al Signore che mi parla in questo testo biblico?

Qui si esplicita la preghiera. Il vedere che Gesù agisce in un certo modo, che sono in gioco certi valori fa nascere il dialogo: Signore, ti ringrazio, ti lodo perché tu sei così e io

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vorrei avere i tuoi atteggiamenti, così come vorrei li avesse la mia comunità. Signore, salvaci tu!

L’orazione sgorga e si sviluppa a contatto con il messag- gio di salvezza che ci viene rivelato dal testo biblico.

Vi è poi il quarto gradino della Lectio, la “contemplatio”, che nessun libro può dare, ma che suppone necessariamente tutto il cammino fin qui descritto e che è la finalità fondamen- tale della Lectio stessa. Essa non risponde più a una doman- da. Qui si tratta, semplicemente, di guardare Gesù. A un certo punto, si lasciano cadere tutte le considerazioni prece- denti, si lascia la stessa orazione (che si riferiva ancora al testo letto e meditato) e si guarda Gesù, rivelazione del Padre, presente, esplicitamente o meno, in ogni pagina della Scrittura. In Gesù comprendo l’amore del Padre, sento la forza dello Spirito, guardo alla sua luce, alla sua tenerezza d’amore e mi lascio attirare.

Questo livello della Lectio ci dice che non bisogna fermar- si alle parole della Sacra Scrittura ma attraverso di esse arri- vare alla Parola che si è fatta Carne: Gesù Cristo.

La contemplazione non è riservata a persone elette: è per tutti, perché consiste solamente nel guardare e nel lasciarsi guardare. La contemplazione va aldilà del ragionamento e della ricerca, anche se la suppone, perché è la presenza di me nel mistero di Dio e nella croce ed insieme la presenza del mistero di Dio dentro di me.

Infine, anche se è un’aggiunta alla struttura antica della Lectio, vi è la “collatio”. Viene praticata nei gruppi, nelle comunità, ed è un momento prezioso di crescita. È la messa in comune del dono che lo Spirito ci ha fatto nell’accogliere e meditare la Parola di Dio. È un modo privilegiato per arric- chirsi e arricchire l’altro. È un accogliere e un donare, cioè mettere in pratica la parola di Gesù che dice: “Gratuita- mente avete ricevuto, gratuitamente date”. La “collatio”

manifesta ed attua una dimensione fondamentale della nostra fede cristiana, quella comunitaria. La persona, il cri- stiano non può non vivere la sua dimensione ecclesiale, comunitaria, perché senza “Chiesa” (comunità organicamen-

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te strutturata e voluta da Cristo) non può esserci vera vita in Cristo. Come la fede senza la carità è morta.

Pregare con i Vangeli

È opportuno adesso chiederci perché pregare con i Van- geli. E, allargando la domanda: È proprio necessaria la Bib- bia per pregare? Non è sufficiente e forse più bello pregare spontaneamente? Oppure servirsi di una delle tante raccolte di preghiere pubblicate? Del resto queste preghiere risultano più vicine al nostro linguaggio e alla nostra sensibilità, men- tre la Scrittura ha un linguaggio che ci appare antico e tante volte lontano.

Se intendiamo la preghiera come un fatto intimistico e individuale, tutto ciò è senz’altro vero. Se invece la intendia- mo come adorazione, come espressione di pentimento, come domanda, come risposta di lode e di ringraziamento a Dio che si rivela e ci dona la sua vita e la sua salvezza, allo- ra le cose cambiano.

La Bibbia è il punto di partenza della preghiera perché essa proclama il piano di Dio e lo rivela attuato nella storia della salvezza.

La preghiera non è cristiana se non è la risposta a questo piano di salvezza di Dio che ci viene incontro in Cristo Gesù.

Anche quando non preghiamo con il Testo Sacro, partiamo in realtà da esso per rispondere a Colui che per primo ci ha cercato con amore.

C’è tuttavia di più. Al pregare “dalla” Scrittura possiamo aggiungere il pregare “con” la Scrittura: cioè il tener presen- te la Bibbia come modello, fonte d’ispirazione e di sostegno.

Non c’è nulla di male a pregare spontaneamente, abbando- nandoci a ciò che lo Spirito ci suggerisce nel cuore come risposta all’iniziativa di Dio. Anzi! Se però viviamo dei momenti di aridità - e possono essere frequenti! - ci aiuta enormemente il trovare delle parole esemplari, come nei Salmi. Le loro parole possono diventare uno stimolo, un modello per chi, come assetato nel deserto, non sa in che modo rivolgersi al Signore.

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Va detto ancora che pregare con la Scrittura non significa lasciarsi ingabbiare da un sistema verbale, ripetendo mecca- nicamente le espressioni. Esse devono suscitare la nostra per- sonale partecipazione, che si manifesta anche con altre parole (o con nessuna: perciò alcune volte è opportuno il silenzio!) sempre tuttavia in riferimento ai testi biblici.

Il metodo della Lectio divina che ho sopra indicato è tra quelli che veramente aiutano tanti credenti e gruppi ecclesia- li a pregare con il Testo Sacro. Lectio divina vuol dire, infatti, pregare la Scrittura mettendo insieme i valori della preghiera in una forma sistematica e comprensiva. Si tratta di un meto- do semplice, adatto a tutti, antico quanto la Chiesa e quanto la natura umana e insieme modernissimo, facile, popolare, che non richiede una preparazione specifica.

Lectio e vita

Può nascere spontanea una domanda: in che modo la Lectio divina entra in relazione con la mia vita e con la mia esperienza?

Anche qui si possono individuare alcune realtà, su cui è basato ogni rapporto serio con la Parola di Dio attraverso la Lectio divina.

Innanzitutto la Lectio è impegno, fatica quotidiana e tante volte una lotta assai dura.

Tutti nella vita siamo capaci di qualche gesto forte, di una o due scelte eroiche, di una o due decisioni importanti; ma la vera fatica è la perseveranza, il resistere sulla breccia, la fedeltà per tutta la vita a Dio. La tentazione più insidiosa, infatti, quella che rode dall’interno, è la pigrizia del vivere, la banalità, la noia, la stanchezza di essere sempre all’erta, sempre vigilanti. La tentazione più grave - forse addirittura più grave dell’abbandono della fede - è quella di lasciarsi andare, di rifiutarsi di andare contro corrente, di rinunciare alla lotta. Ci sono persone che riescono anche a mantenere esteriormente una certa dignità, ma sono interiormente spen- te, vinte, dimissionarie.

La Lectio è anzitutto una continua ricarica di motivazioni

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per resistere, per non soccombere, per sperare malgrado tutto. Ritrova le energie perdute, ristora le energie logore, sti- mola continuamente la nostra quotidianità.

Un altro elemento importante della Lectio nel rapporto con la vita è la memoria.

Oggi le persone faticano a ricordare; gli eventi si succe- dono con tale rapidità che l’uno fa dimenticare l’altro. Siamo una generazione che vive soprattutto d’impressioni.

Quando interroghiamo qualcuno per sapere come sta, come ha trascorso un certo periodo, ci accorgiamo che di solito risponde a partire dall’ultimissima impressione; se è positiva, tutto va bene, se è negativa, va tutto male, non si salva nulla. Invece la memoria è proprio la capacità di fare sintesi del proprio vissuto, di non fissarsi su una sola espe- rienza dalla quale giudicare tutto. La memoria è il ricordo della storia che Dio ha intessuto per noi lungo i nostri giorni, e diventa così sintesi di riconoscenza e di lode. Per questo la Bibbia è intrisa di memoria. E la memoria è fondamentale per le grandi scelte dell’esistenza. Non è difficile incontrare qualcuno che sta per prendere una decisione sbagliata per- ché, non ricordando gli interventi di Dio nella sua vita, si basa sui sentimenti di sfiducia, di smarrimento, di solitudine emersi da alcuni eventi come l’unica chiave interpretativa di sé. Il perdurare della memoria ci permette di giudicare oggettivamente chi siamo, che cosa stiamo vivendo e che cosa abbiamo vissuto negli anni passati.

La memoria non è la sola fondamentale attività dell’uomo.

Ci sono pure isentimenti, gli affetti, le emozioni che vanno e che vengono, ci sfuggono, debordano. Spesso crediamo di decidere in base a una ragione logica, mentre siamo domi- nati da un sentimento, da un’antipatia o da una simpatia.

Talora, anzi, ci accorgiamo di non avere i sentimenti che vor- remmo: vorremmo che fossero belli, ordinati e profondi; e invece ce ne sentiamo privi. La Lectio divina, e in essa la Parola di Dio, educa a dare il giusto valore ai sentimenti, per poterli vivere nella organicità della nostra esistenza; e, nello stesso tempo, educa a non soffocare quell’elemento sorpresa

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che ci dona l’affettività, e che è fondamentale per la nostra vita e per la disponibilità ad accogliere le sorprese di Dio.

La Bibbia è una straordinaria scuola per il discernimento dei sentimenti: riflettendo sui miei sentimenti quotidiani e su quelli dei personaggi biblici, sono aiutato a misurare il mio mondo affettivo, passionale e sentimentale con la presenza del mistero di Dio nella mia vita. È la palestra quotidiana che mi porta a maturare la regola fondamentale del sentimento evangelico: sentire come Cristo Gesù.

Queste riflessioni potrebbero indurre a credere che il rap- porto con la parola di Dio è soprattutto attivo, che la Sacra Scrittura serva solamente a superare la fatica, a fare sintesi della vita e a mettere ordine nei sentimenti.

In realtà, la Parola di Dio contenuta nella Bibbia, ben prima di essere un’attività, è un dono del Signore: mediante tale Parola, egli si dona a me, mi parla, mi nutre con la sua vita, mi comunica il suo amore, la sua potenza, la sua divini- tà, analogamente a come me la comunica nell’ Eucaristia. Il rapporto con la Lectio divina è allora, essenzialmente, un atto di fede e di affidamento a Dio. In tal senso, diventa un formidabile antidoto contro una civiltà e una cultura secola- rizzate, contro la civiltà dell’avere, del possedere, del costrui- re, del fare, dove non c’è posto per il dono e per il gratuito:

dove tutto è calcolo.

Quando pratico la Lectio, quando sono cioè di fronte alla Parola di Dio, innanzitutto ricevo un dono: ed è questo rice- vere il dono che mi caratterizza come persona umana e come albero evangelico mi porta a dare veri frutti di amore, quelli che servono a maturare il Regno di Dio nella nostra sto- ria.

Il Vangelo secondo Luca

Diamo qui una sintetica introduzione al Testo dell’Evange- lista Luca che è anche autore degli Atti degli Apostoli conce- pito col Vangelo come un’unica opera che invece, per como- dità, la Tradizione cristiana ha diviso.

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L’Evangelista Luca non ha conosciuto personalmente Gesù. Ha scoperto il Cristo attraverso “coloro che furono testimoni fin da principio e divennero ministri della Paro- la”(1,2b), e leggendo i primi scritti che già cominciavano a circolare nelle comunità cristiane.

Leggendo e ascoltando queste testimonianze Luca è spin- to (dallo Spirito) a redigere la sua opera su Cristo e sulla Chiesa.

Anche se fedele alle sue fonti, ottenute da “ricerche accu- rate”, seguite spesso per filo e per segno, l’Evangelista lascia in esse la sua impronta: l’intelligenza della sua fede, la deli- catezza della sua sensibilità, la profondità del suo amore.

Luca è un vera artista della penna e dello spirito: è un vero

“predicatore”.

Senza dubbio il Gesù di Luca è lo stesso degli altri Vange- li, e tuttavia è diverso. Ricorrendo a volute omissioni, a tocchi decisamente personali, scegliendo racconti e parabole che solo lui narra, Luca, da autentico scrittore, presenta di Gesù un ritratto straordinario e particolare.

Soltanto Luca ci fa conoscere gli episodi della peccatrice perdonata (7,36-50), del buon samaritano (10,30-37), nello straordinario capitolo 15, nelle “parabole della misericor- dia”, quella del “padre buono” spicca per la sua originalità e per intensità emotiva e teologica del racconto. Originali sono anche i passi del povero Lazzaro (16,19-31), i raccon- ti di Zaccheo (19,1-10), del buon ladrone (23,39-43), infine dei discepoli di Emmaus (24,13-35). Capolavori letterari che hanno ispirato tanti artisti nel corso dei secoli.

Luca ha compiuto queste scelte finalizzate certamente al suo particolare disegno. Ne riportiamo qui alcuni fondamen- tali aspetti.

Per Luca il Vangelo della salvezza è rivolto a tutti ma in modo particolare ai più lontani: i peccatori, i pubblicani, i samaritani; anche ai più reietti di sempre: i poveri, i malati, gli invalidi, i bambini(considerati meno che nulla), le donne (considerate ben poca cosa, mentre l’Evangelista concede loro molto spazio, parlando del seguito femminile di Gesù).

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Luca, scrive Dante, è “scriba mansuetudinis Christi”, lo scrittore della misericordia di Cristo. Ecco il volto particolare di Dio che lui vuole “annunciare”! Veramente qualcosa di sconvolgente su Dio! Luca non ha “inventato” questo padre che corre incontro a suo figlio, morto e tornato in vita, e che soffoca le sue imbarazzate confessioni stringendolo tra le braccia. Solo Gesù, soprattutto con la sua testimonianza di vita, ha potuto “raccontare” questa parabola che cancella definitivamente le immagini di onnipotenza, di collera, di vendetta che veicolano su Dio tutte le religioni. Solo Gesù lo può fare, perché egli è l’unico a sapere veramente chi è Dio.

Questa è la grande novità del vangelo di Gesù Cristo, posta mirabilmente in rilievo da Luca: Dio è diverso da come lo si era sempre rappresentato. Dio è l’Infinitamente Piccolo, piuttosto che l’Altissimo; è il Vicinissimo, il Prossimo venuto tra noi per stringerci tra le sue braccia.

Una posizione centrale è attribuita a Gerusalemme. Essa rappresenta il luogo della salvezza. Come inaudita è l’am- piezza data al viaggio verso la città santa. Esso ne è il filo conduttore, è la manifestazione della tensione di Gesù verso la Pasqua, che sarà realizzata proprio in Gerusalemme.

È anche evidente il rapporto stretto del Vangelo con gli Atti, sì da apparire come parte di un unico grande piano:

dalla Galilea a Gerusalemme (Vangelo), da Gerusalemme ai confini del mondo (Atti). In questo piano la Pasqua di Gesù è fonte di salvezza (si compie a Gerusalemme) ed esercita la sua efficacia verso tutte le genti.

Anche l’accento forte sull’azione dello Spirito Santo nella missione di Gesù, prima, e nella missione della Chiesa, dopo, costituisce uno specifico dell’opera di Luca.

Ringraziamenti

Oltre a ringraziare il Signore, e lo faccio ormai con la mia stessa esistenza che si sta sempre più “eucaristizzando”, debbo ringraziare innanzitutto S. Ecc. P. Filippo Strofaldi, Vescovo di Ischia, che con la sua lettera di presentazione (anche se per motivi tecnici non si è potuta pubblicarla nel

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suo autografo originale) mi ha ancora una volta e con paro- le commoventi voluto dimostrare la sua affettuosa ed edifi- cante amicizia.

Devo ringraziare p. Alberto Emolumento, mio confratello e collaboratore parrocchiale, che mi ha dato la possibilità

“fisica” di poter iniziare e portare a compimento questo mio lavoro. Come pure il mio ringraziamento va a FrancescaBel- lavigna, a Rosa D’Angelo, ad Antonella D’Emilio, ad Anna Iermano,a Maria Pia De Matteis e Piero Corvino, che con la lettura delle prime bozze non solo hanno corretto qualche errore, ma mi hanno dato saggi suggerimenti e calorosi inco- raggiamenti.

Avellino Epifania del Signore 2005

Bibliografia

- COUSIN HUGUES, Vangelo di Luca, Cinisello Balsamo, S.

Paolo, 1995.

- MARTINICARLO MARIA, Itinerario di Preghiera con l’Evangeli- sta Luca, Milano, Paoline, 1986.

- MEYNETROLAND, Il Vangelo secondo Luca, Roma, Dehonia- ne, 1994.

- MONLOUBOU LOUIS, La preghiera secondo Luca, Bologna, Dehoniane, 1979.

- RADERMARKERSJEAN-BOSSUYTPHILIPPE, Lettura Pastorale del Van- gelo di Luca, Bologna, Dehoniane, 1983.

- RAVASI GIANFRANCO, Secondo le Scritture, Anno C, Casale Monferrato, Piemme, 2002.

- ROSSÉ GÉRARD, Il Vangelo di Luca, Roma, Nuova Città, 1992.

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Lectio I

Prologo

Luca 1,1-4

1Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, 3così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo, 4perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

I

n questo prologo, Luca usa uno stile del greco classico del suo tempo. Vuole rivelare così che il suo libro è un’opera di attualità, destinata ai suoi contemporanei greci e che adot- ta procedimenti di composizione capaci di colpirli; grazie alle sue cure, la tradizione evangelica viene elevata allo stato di opera letteraria.

Proprio perché il prologo è scritto in un eccellente greco il contrasto con il “vangelo dell’infanzia”, che seguirà, risulta più evidente. Per dimostrare che gli avve- nimenti contemporanei che narra sono un proseguimento della storia sacra, Luca adotterà effettivamente tutto un altro stile e imiterà quello della traduzione greca della Bibbia cosiddetta dei Settanta. Ci sono imitazioni di stile decisamente piene di significato! Per comprendere Luca, occorre anche sapere che, nel mondo ellenistico della sua epoca, solamente quello che era antico riscuoteva credi- to, mentre il nuovo era più che sospetto. Ma c’è di più: la versione dei Settanta fornisce all’evangelista soprattutto il vocabolario e i modi di pensare per narrare l’ “avveni- mento” Gesù Cristo.

Fin dall’inizio, Luca si pone in relazione ad alcuni precur- sori che hanno redatto un racconto scritto: “dopo aver inda- gato accuratamente ogni cosa fin dall’origine”.

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Questi precursori avevano attinto alla “tradizione”, un ter- mine tecnico, di origine rabbinica, che indica la trasmissione orale del vangelo da parte di testimoni ufficiali.

Questo ci fa comprendere che anche Luca “ha ricevuto la buona novella”, è stato “evangelizzato”. A sua volta vuole evangelizzare donne e uomini che come lui provengono dal paganesimo. Luca è quindi nostro fratello nella fede. Come noi egli non ha conosciuto Cristo, lo ha scoperto attraverso testimoni. Questi diventano fondamentali nella trasmissione dell’evento salvifico e della fede di chi l’accoglie.

Luca precisa, servendosi delle caratteristiche già ricorda- te, quello che è stato il suo approccio: “scriverne con ordi- ne”. Si è preoccupato di porsi scrupolosamente in ascolto della tradizione ecclesiale e di scrivere un resoconto ordina- to. Quest’ultima notazione non indica in primo luogo un ordi- ne cronologico: intende piuttosto precisare che l’opera illumi- na il modo in cui Dio guida, avvenimento dopo avvenimento, il suo disegno di salvezza nella storia. Luca ha indubbiamen- te una preoccupazione di storicità, ma, chiunque conosce almeno un poco le opere degli storici greci e latini suoi con- temporanei, comprende che comunque è ben altra dimensio- ne della concezione moderna della ricerca storica.

Scrivere per Luca esprime la vera dinamica dell’ispirazio- ne dello Spirito Santo: accogliere, in profondo e intelligente ascolto, la Parola dei Testimoni e offrirla, in un opera, come un vero dono dal cielo.

L’opera è dedicata all’ “illustre Teofilo”, un convertito di origine pagana, che forse occupava un posto importante nel- l’amministrazione romana. Lo scopo a cui mira Luca - convin- cere il dedicatario sull’ “esatta conoscenza di quelle cose intorno alle quali” è “stato catechizzato” - rivela un procedi- mento esplicitamente ecclesiale.

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Domande per la verifica di vita:

1. Da chi ho ricevuto in modo determinante l’annuncio del Vangelo?

2. Quali sono state le mie tappe fondamentali nell’approfon- dimento della conoscenza di Cristo?

3. Quale e quanto sforzo impiego per una seria conoscenza della Parola di Dio?

4. Ritengo che ciò che “ricevo in dono” nella conoscenza della Parola si deve far dono per gli altri?

Pittore intelligente e santo Che cosa è stato scritto di più nuovo e di più sconvolgente su Dio?

Tu, o “scriba mansuetudinis Christi”, come il divino poeta ti dichiarava, hai descritto con la sottile arte dei letterati il volto misericordioso del Padre buono.

Hai conosciuto Cristo solo attraverso testimoni, ma ce l’hai annunciato e raccontato con la passione geniale e ispirata dell’attento e perspicace discepolo.

O, Luca “pittore” intelligente e santo, hai lasciato nel tuo Vangelo un ritratto indimenticabile e impareggiabile di Gesù e di tanti altri singolari protagonisti.

Per offrirci, come all’illustre Teofilo, un resoconto ordinato e rendere solida e profonda la nostra fede, hai fatto accurate e circostanziate ricerche.

Intercedi per noi, affinché lo Spirito Santo, regista discreto della storia della salvezza, posi sulla nostra bocca la parola efficace della santa e liberante Predicazione.

Amen, alleluia!

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Lectio XI

Le tentazioni nel deserto

Luca 4,1-13

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». 5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6«Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.

7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». 8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai».

9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano;

11e anche:

essi ti sosterranno con le mani,

perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». 13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

L

uca dice chiaramente che è lo Spirito Santo a sospingere Gesù nel deserto. Anche se non si dice che egli tentò Gesù, infatti nell’Antico Testamento risultava che era Dio stesso a mettere l’uomo alla prova; neppure si dice esplicita- mente che egli aiutò Gesù a superare la tentazione. Si può comunque affermare che la tentazione, e in essa la “prova”

di Gesù, è opera dello Spirito.

Nelle stesse “provocazioni” del diavolo si può compren- dere il significato di tale “prova”. Essa è, in certo qual modo, come lo è quasi sempre per ogni uomo, l’occasione per rive-

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lare a se stessi e agli altri la più profonda e veritiera propria identità.

Per ben due volte il demonio riconosce la vera identità di Gesù “Se tu sei Figlio di Dio…”, ma la vuole far manifestare in un modo opposto al progetto e allo stile che vuole il Signo- re Dio. È la stessa provocazione di uno dei malfattori appesi alla croce con Gesù il venerdì santo: “Non sei tu il Cristo?

Salva te stesso e anche noi!”. La più grave tentazione all’o- pera di Gesù è togliere dalla sua missione salvifica la logica della croce, la morte in croce. Ecco perché Pietro venne apo- strofato come “Satana”, quando, nei pressi di Cesarea di Filippo, non volle riconoscere questa essenziale identità di Cristo.

Allora in queste tentazioni del deserto si vuole manifesta- re l’identità di Gesù in questa speciale e sconvolgente pro- spettiva divina. Identità in cui ogni cristiano deve ritrovarsi per fare la vera esperienza della salvezza.

Il modo in cui Gesù si comporta anche qui, nel deserto, mostra la natura del suo rapporto con Dio: egli risponde in modo tranquillo, sicuro, sovrano. Esprime semplicemente, con assoluta chiarezza, che cosa è valido. Nel suo compor- tamento non si può notare nessuna inquietudine, nessuna paura, nessuna impazienza e nessun conflitto interiore. Il confronto è privo di lotta, di contrasto battagliero. Alla pro- posta del “tentatore” Gesù contrappone il suo rapporto parti- colare e straordinario con Dio e il suo modo di realizzare la sua missione di Messia.

In questa luce si possono poi comprendere, nel loro signi- ficato più profondo, le tre specifiche tentazioni raccontate.

La prima tentazione incomincia con la fame di Gesù.

Nella fame è in gioco la vita. Per vivere l’uomo ha bisogno del pane, del cibo. Questa vita che ha bisogno del pane e dipende da esso è un valore assoluto che sembra giustificare ogni tipo di impegno. Il tentatore lo invita a usare il suo pote- re per eliminare la sua fame. Gesù invece dichiara che l’uo- mo non vive di solo pane. Egli ha una vita che è superiore a quella che dipende dal pane: essa consiste nel suo legame

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incondizionato e pieno di fiducia con Dio. I bisogni vitali non possono essere messi al centro come dominanti.

La seconda tentazione incomincia, per così dire, dal- l’altro estremo delle possibilità umane. Non si rivolge all’uomo che lotta per avere il minimo necessario per l’esi- stenza, ma all’uomo che mira di gran lunga oltre la pro- pria persona e la propria vita e aspira al dominio del mondo. Qui entra in gioco il fascino del potere, del domi- nio quanto più esteso possibile. In molteplici forme e su molteplici piani si manifesta la tentazione del potere: “Io sono in grado di decidere. La mia parola e la mia volontà sono determinanti e vengono seguite. Io dispongo degli uomini e delle cose”. Cercare e godere questo per se stes- so (anche quando è ben camuffato!) significa servire Sata- na. Gesù contrappone a questo servizio l’adorazione di Dio, il riconoscimento di Dio come l’unico Signore. Dio solo è il Signore e la sua volontà ha valore più di tutto.

Nella terza tentazione si afferma: “Giacché tu fai retroce- dere la vita e il potere umano e metti Dio al di sopra di tutto, allora sii coerente e prendilo in parola. Egli ha promesso la sua protezione: mettila alla prova!”. Ma proprio il mettere alla prova qui viene capovolto, è un’altra forma di prepoten- za. Noi dobbiamo avere piena fiducia nell’aiuto e nella pro- tezione di Dio, ma non dobbiamo mettere alla prova la sua protezione, non possiamo metterci in pericolo arbitrariamen- te. Il giusto rapporto con Dio richiede che noi facciamo quan- to è nelle nostre possibilità e che lasciamo fare a Dio ciò che egli vuole fare per noi. Fiducia in Dio non significa pigrizia e irragionevolezza. Noi dobbiamo impiegare ragionevolmen- te e nel miglior modo possibile tutte le capacità che Dio ci ha date. Alla fiducia si deve unire la responsabilità davanti a Dio.

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Domande per la verifica di vita:

1. Utilizzo le “prove” della mia vita per capire chi sono vera- mente?

2. Sono convinto che contro il “maligno” ho la forza dello Spirito Santo che mi sostiene?

3. In quali momenti e situazioni della mia vita sono più tentato?

4. Quali sono i “deserti” che mettono alla prova la mia fede?

La vera fame di te O Gesù, Figlio di Dio, molte volte anche noi ci ritroviamo nella nostra esistenza come in un deserto.

Ed è in questo momento, così vulnerabile, che gli attacchi del demonio si fanno potenti.

La vera fame di te, o Verbo del Padre, viene narcotizzata dalla ricerca affannosa di un benessere fisico che poco appaga il nostro vero desiderio di eternità.

Il fascino del potere quanto più esteso possibile, anche se il più delle volte ben camuffato, ci fa sottomettere tanti nostri fratelli annullando la loro dignità di uomini e ci riconsegna alla schiavitù di Satana.

Insegnaci, o Gesù vero Messia, a bramare e a saziarci della tua Parola per riconoscere te come unico Signore e in te il vero salvatore delle nostre schiavitù.

Donaci alta la voce per gridare, nel deserto di questa vita, il tuo Vangelo di liberazione e di riconciliazione con Dio e con i fratelli.

Amen, alleluia!

(22)

Lectio XII

Il discorso inaugurale

Luca 4,16-30

16Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione,

e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

per rimettere in libertà gli oppressi,

19e predicare un anno di grazia del Signore.

20Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedet- te. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.

21Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». 22Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è il figlio di Giusep- pe?». 23Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio:

Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!». 24Poi aggiunse:

«Nessun profeta è bene accetto in patria. 25Vi dico anche: c’era- no molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; 29si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condus- sero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

(23)

È

il discorso iniziale e programmatico di Gesù nella sina- goga di Nazareth. Quando, terminata la lettura del famoso brano del Profeta Isaia egli siede, gli occhi dei suoi conterranei sono rivolti a lui pieni di curiosità e di attesa.

Con grande solennità Gesù afferma “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”. Ciò che è annunciato in quella Scrittura non è più soltanto promes- sa profetica, ma si è adempiuta con la sua azione. Gesù colle- ga fin dall’inizio la sua missione con la Scrittura, con la parola di Dio. Afferma come certezza che per mezzo suo Dio viene a portare a compimento le sue promesse.

Con la forza dello “Spirito del Signore”, Gesù annuncia la Buona Notizia ai poveri, la libertà ai prigionieri e agli oppressi, la vista ai ciechi e proclama un anno di grazia del Signore. Il suo compito principale consiste perciò nell’annun- cio, nella parola. Egli deve comunicare ciò che Dio fa. Deve annunciare la Buona Novella del regno di Dio. Gesù si rivol- ge in primo luogo a coloro che sono nella necessità. A loro per primi deve annunciare che Dio sta dalla loro parte e impiega per loro la potenza della sua grazia. Il messaggio di Gesù è un messaggio su Dio. Egli dichiara qual è il rap- porto di Dio con i poveri e gli oppressi; dichiara che per lui non è valida la massima “Il povero rimane povero e l’oppres- so rimane oppresso”. Gesù annuncia come con tutta certez- za Dio agirà. Con ciò si chiarisce anche che il suo messag- gio non è un programma di riforma sociale. Egli non promuo- ve una ripartizione equa dei beni terreni. Nell’ambito dei beni materiali questo potrebbe essere anche possibile; ma rimangono ancora tante altre forme di disuguaglianze e di svantaggi. La speranza e la gioia che Gesù deve portare si basano su Dio. Ma questo non significa affatto che nell’ambi- to umano tutto debba restare tranquillamente così com’è;

dobbiamo fare tutto ciò che è umanamente possibile per eli- minare le situazioni di necessità e stabilire giusti rapporti.

Sempre consapevoli che questo impegno è solo un passo del cammino di realizzazione di ogni uomo.

I suoi concittadini sono quindi i primi testimoni della sua

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predicazione e la loro reazione prefigura quella di Israele.

Tutto il destino di Gesù si trova già condensato in questo epi- sodio: l’accoglienza favorevole iniziale, il rifiuto da parte di Israele, il suo rivolgersi ad altri, la morte.

Importante in questa parte del racconto è la citazione di Isaia: l’ “oggi” della salvezza è arrivato, perché si realizza il compimento della Scrittura nella persona di Gesù. La parola di Dio conferma che la discesa dello Spirito Santo su Gesù, al momento del battesimo, equivale a un’unzione, cioè a una consacrazione in vista della sua missione. Il testo profetico presenta inoltre la missione del Messia come un evento di liberazione: liberazione dai mali fisici e sociali, liberazione dall’egocentrismo, dalla sete di possesso, dalla mancata comunione con Dio. Gesù porta la salvezza nella sua integri- tà. Dio privilegia i poveri in tutti i sensi: ciechi, prigionieri, oppressi. Per loro, come per tutti, sarà un anno di grazia: il tempo della liberazione che caratterizza ormai la storia della salvezza.

”Oggi si è compiuto questa parola che avete udito con i vostri orecchi”: Gesù non commenta la profezia di Isaia, ma la conferma e con ciò l’attualizza. L’oggi inaugura l’anno di grazia, il tempo della salvezza.

La reazione dei presenti è di stupore, non di ostilità: non afferrano il nesso tra “le parole di grazia” e l’origine di Gesù conosciuta da tutti: “Non è il figlio di Giuseppe?”. Significa- tivamente l’evangelista cambia l’espressione “figlio di Maria” che leggeva nel Vangelo di Marco in “figlio di Giu- seppe”. Egli, certo, non mette in dubbio il concepimento ver- ginale, ma vuole sottolineare l’incomprensione degli ascolta- tori riguardo all’origine divina di Gesù.

La severa reazione di Gesù è inattesa. Vive da subito quanto profetizzò Simeone: sarà un segno di contraddizione per molti. Cita un proverbio conosciuto: come il medico, prima di guarire gli altri, dovrebbe guarire se stesso, così egli dovrebbe prima svolgere la sua attività taumaturgica a casa propria e poi fuori. Si percepisce la pretesa dei concit- tadini di Gesù di voler conservare per sé l’attività del Messia,

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di monopolizzarla, e quindi di limitarla alla propria patria.

Ma Gesù deve andare oltre, il Vangelo deve essere annun- ciato al mondo.

Gesù risponde con un altro proverbio: “Amen (in verità), vi dico: nessun profeta è bene accetto in patria”. Non è quindi volontà di Dio che il profeta limiti la propria attività alla patria. Il profeta è chiamato a non rimanere a casa sua.

Per l’evangelista, il proverbio non allude all’insuccesso della predicazione, prefigurazione del rifiuto di Israele, ma fonda la divina necessità di rivolgere la parola di sal- vezza al mondo.

Con un doppio esempio preso dalla storia antica d’Israe- le lo illustra. Anche i grandi profeti Elia ed Eliseo sono stati mandati a stranieri, suscitando, anche allora, la reazione negativa del popolo d’Israele. Gesù dunque non può limitare la sua attività a Nazaret, ma deve andare altrove; anche la Chiesa primitiva è quella di sempre, non può restringere la sua missione ai Giudei o a particolari ambienti, ma deve rivolgersi al mondo intero.

Il furore dei presenti non è sufficientemente motivato. Esso diventa una prefigurazione del comportamento dei Giudei nei confronti della predicazione di Gesù. Essi vogliono lincia- re Gesù. Preannunciando così il futuro destino di Cristo, por- tato fuori della città per essere crocifisso.

Da questi elementi si evince facilmente che questo raccon- to della prima manifestazione ufficiale di Gesù ha un caratte- re programmatico e paradigmatico per la sua missione e per quella di ogni credente. Ogni cristiano infatti in virtù della

“consacrazione” battesimale è chiamato a portare nel mondo, con la parola e le opere, la parola di Dio. Ma, d’al- tro canto, ogni cristiano che svolge tale missione deve essere consapevole che incontrerà tanti ostacoli e opposizioni. Più sarà fedele alla Parola di Dio tanto più ne incontrerà. Sem- brerà strano ma questa è la logica evangelica testimoniata dalla stessa esperienza di Gesù.

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Domande per la verifica di vita:

1. Mi sento chiamato a portare nel mondo, con la parola e le opere, la parola di Dio?

2. Quali ostacoli e opposizioni incontro nella mia testimo- nianza?

3. Quali tipi di schiavitù sento che con il mio contributo devo- no essere liberate?

4. Mi sento alcune volte anch’io “profeta in patria”? come reagisco alla contestazione?

La buona novella ai poveri O Gesù Messia,

tu sei l’oggi di Dio,

l’eterno presente della vera salvezza.

Tu ci annunci il lieto messaggio che le antiche promesse

in te si sono realizzate.

Tu ti manifesti il vero liberatore

delle nascoste e antiche nostre schiavitù.

Tu ci apri gli occhi e ci riveli gli splendori

del volto misericordioso di Dio Padre.

Tu ci offri un perenne anno di grazia per condonare tutte le nostre colpe e ammetterci all’intimità beatificante della divina e santa Trinità.

Concedici di essere tra quei poveri che fidando solamente nella tua parola sanno vivere e morire per te

e per la forza dello Spirito, che è sopra di te, possiamo ogni giorno cantare

il nostro personale e sovversivo Magnificat.

Amen, alleluia!

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