ADOTTABILITA’
Avv. Laura Secchi
Corso sulla giurisprudenza e pareri della Corte EDU,
26.04.2021
I casi che si tratteranno sono :
• Barnea e Calderaru c. Italia, ricorso n. 37931/15, Sentenza del 22.06.2017
• Zhou c. Italia, ricorso n.33773/11, Sentenza del
22.01.2014
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n.37931/15, Sentenza del 22.06.2017 :
La normativa
• Art.30 Costituzione
• Art. 3, 9 Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
• Art. 8 CEDU
• Art.315 bis comma 2 c.c.
• Legge n.184/1983
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n.37931/15, Sentenza del 22.06.2017
Fatto:
• I Ricorrenti sono 6: i genitori e 4 figli. Arrivano in Italia nel 2007 si stabiliscono in un campo rom. I genitori si prendono adeguatamente cura dei figli. La madre chiede ai servizi sociali un sussidio economico che viene rifiutato. La madre lascia i figli con un’amica E.M. che viene arrestata per truffa mentre si trova con la più piccola, C. La bambina viene collocata in casa famiglia, viene aperto lo stato di adottabilità su ricorso del PMM, i genitori sono autorizzati a vedere la bambina due volte al mese.
• Il TM nomina un esperto che conclude negativamente sul legame della bambina con i genitori. Viene nominato un curatore che ritiene la minore in stato di abbandono e chiede che venga dichiarato lo stato di adottabilità
• Con sentenza del 3.12.2010 C. è dichiarata adottabile.
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n.37931/15, Sentenza del 22.06.2017
• I genitori reclamano in Corte di appello.
• Nel frattempo C. viene collocata presso una famiglia in vista della sua adozione (affidamento a rischio giuridico).
• La Corte di appello in sede di reclamo dispone il rinnovo della CTU che ritiene i genitori pienamente in grado di svolgere il ruolo genitoriale ( il fatto che la bambina stesse presso E.M. al momento dell’arresto di questa era da riconnettersi alla povertà dei genitori);
• viene escluso ogni indizio di abuso.
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n.37931/15, Sentenza del 22.06.2017
• La Corte di appello con sentenza 26.10.2012 ha riformato il provvedimento del TM, sottolineando il forte legame di di C.
con tutti i familiari.
• La Corte ha rilevato che nel procedimento nanti il TM:
❖ non era stato dato modo ai genitori di provare la loro capacità genitoriale;
❖ non era stato considerato il legame esistente tra la piccola e i genitori;
❖ questi non avevano cessato di cercare di tenere rapporti con la bambina;
❖ questi non erano stati sostenuti dai Servizi e non era stato
concesso loro di riallacciare il legame con la bambina.
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n.37931/15, Sentenza del 22.06.2017
La Corte di appello:
• Ha Confermato l’affidamento, prescrivendo incontri protetti ogni 15 gg. tra la bambina i genitori con estensione a fratelli e sorelle e un percorso di riavvicinamento tra C. e i suoi genitori volto al reinserimento della bambina.
• I Servizi sociali non hanno eseguito quanto prescritto.
• C. ha potuto incontrare i suoi genitori solo un’ora al mese.
• I ricorrenti hanno denunciato la mancata attuazione del provvedimento (7.02.2013).
• Nel frattempo i genitori vengono sfrattati e i Servizi segnalano
che la bambina non può rientrare in famiglia.
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricoso n. 37931/15, Sentenza del 22.06.2017
Il PMM, ricevuta la segnalazione dei SS, ricorre al TM chiedendo:
Che non sia eseguita la decisione della CA e che l’affidamento della minore sia prorogato di due anni.
• Il TM (decr. 26.11.2014) rilevate le perduranti difficoltà della situazione dei genitori, paventando un loro rientro in Romania, fissa in 4 incontri l’anno in ambiente protetto gli incontri dei genitori con C.
• Il decreto viene reclamato e la Corte di appello (Decreto 21.01.2015) preso atto che il decorso del tempo ha creato una situazione di fatto con legami di attaccamento di C. con la famiglia di affidatari, esclude il rientro della bambina presso la sua famiglia.
• Il procedimento prosegue nanti al TM
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n.37931/15, Sentenza del 22.06.2017
• I genitori ricorsero al TM richiedendo il rientro di C. nella loro famiglia tenuto conto del comportamento (captativo) della famiglia affidataria e delle varie problematiche presentate da C.
• Si susseguono vari incontri genitori-figlia anche con pernotti: viene rilevato dagli psicologi che seguono C. che questa riceve messaggi destabilizzanti dagli affidatari (ad es. che i genitori la avevano venduta in cambio di appartamento).
• 8 luglio 2016: la domanda di adozione in casi particolari dei «cd. affidatari a rischio giuridico» viene respinta, nonostante il parere favorevole del PMM.
• 16 agosto 2016: il TM dispone il rientro di C. nella famiglia di origine, rilevando l’ulteriore improrogabilità dell’affidamento, dopo aver sentito genitori e affidatari.
• Incarica i Servizi dell’esecuzione, di seguire la famiglia di C. e ordina che la bambina possa incontrare la famiglia affidataria per due we al mese.
Barnea e Calderaru c. Italia, Ricorso n. 37931/15, Sentenza del 22.06.2017
• Il provvedimento del TM viene impugnato dal PMM che chiede la proroga dell’affidamento.
• Il reclamo viene rigettato dalla Corte di appello l’8 novembre 2016: C. ha 9 anni, è sofferente, ma viene escluso dagli esperti il rischio psicotico
• 9 settembre 2016: C. rientra in famiglia: ha gravi difficoltà;
rifiuta di andare a scuola; ha comportamenti aggressivi.
• 19 dicembre 2016: viene depositata una perizia: C. è depressa, piange molto, è aggressiva; ha però ricominciato a frequentare la scuola.
• E’ stata 7 anni lontana dalla sua famiglia, vi sono stati vari
procedimenti, è stata sottoposta a un numero indefinito di
accertamenti di esperti.
Diritto:
Ricorso alla Corte Edu:
• I ricorrenti adiscono la CEDU facendo valere la violazione dell’art. 8 Conv., perché:
• sebbene avessero ottenuto il reinserimento della bambina in famiglia, le ripercussioni psicologiche a carico della minore e le perduranti difficoltà di adattamento avevano reso palese come i legami familiari fossero stati ormai definitivamente deteriorati.
• Per non avere le Autorità nazionali messo in atto rapidamente
le misure atte a riunire la famiglia.
La Corte EDU ha accolto il ricorso, applicando i seguenti principi:
• per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita famigliare;
• le misure interne che lo impediscano costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione
• Tale ingerenza non viola l’articolo 8 solo se, «prevista dalla legge», persegue uno o più scopi legittimi ed è «necessaria in una società democratica»
• La nozione di «necessità» implica una ingerenza fondata su un bisogno sociale imperioso e, in particolare, proporzionata al legittimo scopo perseguito
• Per valutare la «necessità» della misura controversa «in una società democratica» occorre analizzare, alla luce della causa nel suo complesso, se i motivi dedotti a sostegno della stessa fossero pertinenti e sufficienti
• si deve avere riguardo al giusto equilibrio da garantire tra i vari interessi coesistenti – quello del minore, quelli dei due genitori e quelli dell’ordine pubblico tenendo conto tuttavia del fatto che l’interesse superiore del minore deve costituire la considerazione determinante
• la scissione di una famiglia costituisce ingerenza gravissima; una misura che porti a una situazione di questo tipo deve essere dunque fondata su considerazioni ispirate dall’interesse del minore e aventi peso e solidità sufficienti
• il fatto che un minore possa essere accolto in un ambito più favorevole alla sua educazione non può di per sé giustificare che lo stesso sia sottratto alle cure dei suoi genitori biologici
• rispetto effettivo della vita famigliare impone che le relazioni future tra genitore e figlio siano regolate unicamente sulla base di tutti gli elementi pertinenti, e non del semplice trascorrere del tempo
• Se un cambiamento nella situazione di fatto può giustificare in via eccezionale una decisione riguardante la presa in carico del minore, è necessario assicurarsi che i cambiamenti essenziali in causa non siano il risultato di una azione o di una inazione delle autorità nazionali
• l’articolo 8 implica il diritto per un genitore a ottenere misure destinate a riunirlo con il figlio e l’obbligo per le autorità nazionali di adottare tali misure.
l’adeguatezza di una misura si valuta in base alla rapidità della sua attuazione
LA DECISIONE DELLA CORTE:
• chiarendo che le conseguenze negative descritte sono da imputare alla condotta delle Autorità italiane, che hanno lasciato trascorrere anni prima di reinserire la minore nel nucleo familiare di origine, senza prevedere un adeguato programma volto alla conservazione dei legami, ormai compromessi.
• La Corte conclude che le autorità italiane non si sono impegnate in maniera adeguata e sufficiente per far rispettare il diritto dei ricorrenti di vivere con C., tra giugno 2009 e novembre 2016, quando hanno disposto l’affidamento della minore ai fini della sua adozione, e che le stesse autorità non hanno poi correttamente eseguito la sentenza della corte d’appello del 2012 che prevedeva il ritorno di quest’ultima nella sua famiglia di origine, violando in tal modo il diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita famigliare, sancito dall’articolo 8.
• Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
Zhou c. Italia, Ricorso n.33773/11, Sentenza del 22.01.2014
La normativa:
• Art. 30 Costituzione.
• Art. 3, 9 Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
• Art. 8 CEDU.
• Art. 315 bis comma 2 cpc
• Legge n.184/1983
Zhou c. Italia, Ricorso n.33773/11, Sentenza del 22.01.2014
Fatto:
• La Ricorrente, di nazionalità cinese, è madre di tre figli. Una nata in Cina nel 2000, la seconda in Italia nel 2002, entrambe mandate in Cina a vivere con i nonni; il terzo nasce nel 2004. Il compagno e padre dei suoi figli la lasciò in seguito alla terza gravidanza.
• Ricoverata d'urgenza per una pielonefrite gravidica, al momento del parto, la ricorrente, ebbe un'ischemia. I Servizi Sociali presero in carico madre e figlio e nell'ottobre 2004 li inserirono dapprima in una casa famiglia e pochi mesi dopo li spostarono in altra struttura a Padova. La madre trovò lavoro a Belluno, dove però non vi era una comunità pubblica che potesse accogliere il bambino, che rimase, di conseguenza, inserito a Padova.
• La madre fu costretta a tornare a Padova dove trovò lavoro presso l'ospedale. I Servizi la supportarono nella gestione del bambino affiancandole una famiglia di appoggio che si occupasse del figlio durante i suoi turni di lavoro. Tre mesi dopo la famiglia affidataria comunicò che non era più disponibile ad accogliere il minore.
Zhou c. Italia, Ricorso n.33773/11, Sentenza del 22.01.2014
• Nel marzo 2007 la madre, non avendo alcun aiuto, durante i turni di lavoro lasciò il bambino ad una coppia di vicini senza informare i Servizi. Questi ultimi, venutine a conoscenza, non reputando idonea la coppia scelta dalla madre, segnalarono la situazione alla Procura presso il Tribunale per i minorenni di Venezia, che chiese l’apertura della procedura di adottabilità per il bambino.
• Con decreto del 28.12.2007 il TM dispose:
❖ l’affidamento del minore ai Servizi Sociali;
❖ il collocamento presso una famiglia affidataria;
❖ il diritto di visita due volte a settimana per la madre.
• Il 23.05.2008 il TM confermò il decreto riducendo le visite della madre ad un’ora ogni quindici giorni.
• I SS chiesero l’interruzione delle visite su parere della psicologa, che
definì “inopportuni e di disturbo” gli incontri con la madre, basandosi
sul fatto che il bambino si fosse ben inserito nella famiglia affidataria e
Zhou c. Italia, Ricorso n.33773/11, Sentenza del 22.01.2014
• Su reclamo della madre, la Corte di Appello di Venezia nel Dicembre 2008, non ritenendo il minore disturbato dalla madre ma bensì dalla situazione di incertezza sulla sua collocazione nella famiglia affidataria e l’interruzione degli incontri, riformò il decreto del 28.12.2007, rinviando l’esame della causa al Tribunale per i minorenni.
• Nel 2009, il Tribunale richiese una nuova perizia sulla situazione della
famiglia della ricorrente. Il consulente incaricato affermò che la
madre non era in grado di prendersi cura del figlio poiché dopo
l’ischemia che aveva avuto al momento del parto la sua capacità
di pensiero e di empatia era ridotta e lei non era in grado di
pianificare un futuro con suo figlio; aveva delegato il suo ruolo di
madre ad altri e sebbene non fosse pericolosa per il figlio, i loro
incontri lo destabilizzavano. Non era, quindi, in grado di affiancare
serenamente suo figlio nel processo di crescita.
Zhou c. Italia, Ricorso n.33773/11, Sentenza del 22.01.2014
• Il TM con decreto del 14.04.2010, a seguito delle conclusioni dell’elaborato peritale, dichiarò lo stato di adottabilità e dispose l’interruzione degli incontri tra madre e figlio .
• La ricorrente appellò la sentenza sostenendo che:
❖ l’interruzione di ogni tipo di rapporto era contrario all’art.8 della CEDU;
❖ chiese di continuare ad incontrare il figlio con le modalità fissate della Corte.
• Il Curatore del minore chiese il procedersi ad un’adozione aperta o mite (detta anche semplice), che avrebbe consentito alla madre di incontrare il figlio sotto la sorveglianza dei SS in modo da mantenere il legame tra di loro.
• La Corte di appello di Venezia con decreto del 13.12.2010:
❖ confermò lo stato di adottabilità rilevando che un’adozione semplice non era prevista dalla legge 184/1983 di cui soltanto in alcuni casi eccezionali era stata data un’interpretazione estensiva all’art.44 lett. d;
❖ non rilevò alcuna incompatibilià della decisione di adottabilità con l’art.