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PRIMA COMMISSIONE

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Academic year: 2022

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PRIMA COMMISSIONE

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Modifica della circolare n. 13.682/95 del 28 settembre 1995 sulle informative concernenti procedimenti penali a carico di magi- strati.

(Delibera del 14 ottobre 1998)

“Il Consiglio,

– rilevato che la circolare prot. n. 13682 del 5.10.95 (all. A) preve- de che i Procuratori Generali ed i Procuratori della Repubblica diano

“immediata comunicazione al Consiglio di tutte le notizie di reato nonché di tutti gli altri fatti e circostanze concernenti magistrati che possono avere rilevanza rispetto alle competenze del Consiglio”;

– considerato che la prescrizione della circolare è stata spesso interpretata dai Procuratori Generali e dai Procuratori della Repub- blica nel senso di inviare al Consiglio anche i procedimenti che vede- vano i magistrati quali persone offese del reato;

– ritenuto che tali pratiche incidono sull’attività della Commissio- ne, pur non rivestendo particolare interesse per l’attività del Consiglio;

– tenuto conto della nota del Comitato di Presidenza del 7 marzo 1997 che ha invitato la Prima Commissione a proporre modifiche alla circolare “volte a precisare adeguatamente l’ambito di operatività della stessa” con riferimento alle informazioni relative ai procedimen- ti penali nei quali i magistrati assumono la qualità di parte offesa;

delibera

di invitare i Procuratori Generali ed i Procuratori della Repubbli- ca a non inviare al Consiglio le comunicazioni relative ai procedimen- ti penali per reati in danno dei magistrati, fermo restando l’esercizio dei poteri di vigilanza sui propri uffici”.

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Modifica della circolare n. 13.682/95 del 28 settembre 1995 sulle informative concernenti procedimenti penali a carico di magi- strati.

(Delibera del 14 ottobre 1998)

“Il Consiglio,

– rilevato che la circolare prot. n. 13682 del 5.10.95 (all. A) preve- de che i Procuratori Generali ed i Procuratori della Repubblica diano

“immediata comunicazione al Consiglio di tutte le notizie di reato nonché di tutti gli altri fatti e circostanze concernenti magistrati che possono avere rilevanza rispetto alle competenze del Consiglio”;

– considerato che la prescrizione della circolare è stata spesso interpretata dai Procuratori Generali e dai Procuratori della Repub- blica nel senso di inviare al Consiglio anche i procedimenti che vede- vano i magistrati quali persone offese del reato;

– ritenuto che tali pratiche incidono sull’attività della Commissio- ne, pur non rivestendo particolare interesse per l’attività del Consiglio;

– tenuto conto della nota del Comitato di Presidenza del 7 marzo 1997 che ha invitato la Prima Commissione a proporre modifiche alla circolare “volte a precisare adeguatamente l’ambito di operatività della stessa” con riferimento alle informazioni relative ai procedimen- ti penali nei quali i magistrati assumono la qualità di parte offesa;

delibera

di invitare i Procuratori Generali ed i Procuratori della Repubbli- ca a non inviare al Consiglio le comunicazioni relative ai procedimen- ti penali per reati in danno dei magistrati, fermo restando l’esercizio dei poteri di vigilanza sui propri uffici”.

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SECONDA COMMISSIONE

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Autorizzabilità dei magistrati ad espletare incarichi presso Com- missioni di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale e di edilizia popolare ed economica.

(Delibera del 24 giugno 1998)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 24 giu- gno 1998, ha adottato la seguente delibera:

“Le Commissioni per l’assegnazione degli alloggi di edilizia resi- denziale pubblica e degli alloggi popolari di cui è cenno nel D.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 rappresentano il punto nodale dell’iter norma- tivo che permette a determinate categorie di cittadini di conseguire il più ambito dei desideri di ogni nucleo familare: la casa.

Gli alloggi di edilizia residenziale pubblica vengono, in forza della norma suindicata, assegnati mediante pubblico concorso indetto dal- l’Istituto Autonomo Case Popolari competente per territorio.

La graduatoria degli aventi diritto all’assegnazione è formata appunto da una Commissione che è presieduta da un magistrato di qualifica non inferiore a magistrato di appello, designato dal Presiden- te del Tribunale nel cui circondario è compresa la sede dell’Istituto.

Il Consiglio Superiore della Magistratura con delibera 17 luglio 1991 ha segnalato ai presidenti delle Corti d’Appello ed ai presidenti dei Tribunali l’opportunità di nominare ai fini anzidetti magistrati in pensione, anziché magistrati in servizio, ed in varie occasioni lo stes- so Consiglio Superiore della Magistratura ha respinto la richiesta di autorizzazione a ricoprire l’incarico di presidente delle commissioni di cui trattasi, non ritenendo opportuno l’esercizio di funzioni essen- zialmente amministrative nel proprio circondario, da parte del magi- strato.

Ma va sottolineato che il problema di cui ci si occupa, coinvolge situazioni di pressanti necessità dei cittadini e perfino delicate que- stioni di ordine pubblico che non permettono dilazioni.

Si ritiene, perciò importante ed improrogabile consentire che a presiedere le Commissioni previste dalla legge più volte sopra indica- ta, oltre che magistrati in pensione, soluzione senz’altro da privile- giarsi, siano anche magistrati in servizio, che però non siano assegna- ti tabellarmente a trattare materie che possono creare incompatibilità o contrasti in relazione alla funzione da svolgersi dal magistrato (ad esempio magistrati che trattano locazioni, graduazioni od esecuzioni di sfratti).

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Per la designazione del magistrato occorrerà previamente esami- nare le previsioni normative delle singole leggi regionali e particolar- mente se le stesse prevedono:

1) la nomina di un magistrato a) ordinario; b) amministrativo; c) in attività; d) a riposo;

2) la località ove il magistrato stesso è in servizio;

3) il soggetto che deve nominare il magistrato.

Secondo il parere dell’Ufficio Studi del C.S.M. 24 aprile 1998, cui si accede, se si deve nominare un magistrato ordinario in servizio, il Presidente del Tribunale nel cui circondario è compresa la sede del- l’I.A.C.P. può designare quale presidente della Commissione per l’asse- gnazione degli alloggi anche un magistrato in servizio presso ufficio appartenente a diverso circondario.

L’individuazione del magistrato potrebbe effettuarsi – secondo l’Ufficio Studi – mediante interpello del Presidente della Corte di Appello del distretto ove ha sede l’I.A.C.P., su richiesta del Presidente del Tribunale cui è stata richiesta la designazione.

La Corte acquisite le disponibilità, determina una rosa di nomi fra i quali il Presidente del Tribunale sceglierà il soggetto più idoneo, avendo cura di evitare il coinvolgimento del magistrato in funzioni essenzialmente amministrative in territorio potenzialmente soggetto alla sua giurisdizione”.

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Incompatibilità ex art. 19 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, tra il magi- strato addetto a presiedere le sezioni stralcio ed il coniuge nomi- nato giudice onorario aggregato presso il medesimo tribunale.

(Risposta a quesito del 25 novembre 1998).

Il dott. ……… con il quesito di cui all’oggetto, da intendersi formulato in via generale ed astratta, chiede di sapere se sussista incompatibilità ex art. 19 O.G. tra il magistrato addetto a presiedere la sezione stralcio di un tribunale e il coniuge giudice onorario aggrega- to presso il medesimo tribunale.

Il Consiglio rileva che la questione va ricondotta, oltre che ai cano- ni di cui all’art. 19 O.G., ai principi dettati dall’art. 2 L.G..

Alla luce di tale considerazione deve rispondersi positivamente al quesito formulato; sebbene, infatti, in linea meramente teorica possa ipotizzarsi l’insussistenza di problemi organizzativi in considerazione della natura monocratica di entrambi gli incarichi in questione, deve rilevarsi che il ruolo del presidente della sezione stralcio presenta pro- fili quanto meno di direzione organizzativa e di controllo rispetto alla attività svolta dai giudici onorari aggregati, profili per i quali potreb- bero certamente crearsi disfunzioni e che comunque determinerebbe- ro una situazione di appannamento della credibilità e del prestigio del- l’ufficio.

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Posizione dei magistrati ammessi ai corsi di “dottorato di ricerca”.

(Delibera del 17 dicembre 1998)

“L’art. 2 della L. 476 del 1984 sancisce che il pubblico dipendente, e pertanto anche il magistrato, ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato a domanda in congedo straordinario per motivi di studio.

Va pertanto stabilito, onde individuare la tipologia della statuizio- ne che il C.S.M. deve adottare in subiecta materia, se la domanda di collocamento in congedo straordinario sia, per i magistrati ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, mera facoltà o preciso obbligo.

A tale quesito preliminare si collega l’altro inteso a verificare se ci sia, o meno, compatibilità tra lo status di magistrato e quello di lau- reato ammesso al corso di dottorato.

Va rilevato, al riguardo, che il C.S.M. ebbe a sancire, con delibera del 28.6.1989, l’insussistenza dell’incompatibilità tra ammissione e frequenza ai corsi e status di magistrato, contestualmente affermando che il dottorato debba, nella specie, configurarsi come incarico ex art.

16 Ord.

Giud. autorizzabile alle condizioni previste dalle circolari vigenti.

Successivamente, però, il Consiglio Superiore ebbe a mutare indi- rizzo – si vedano le delibere 22.1.1992 e 26.3.1992 – sancendo che la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca non è subordinata ad auto- rizzazione in quanto attività di studio liberamente esercitabile ancor- ché “compatibilmente con le attività di servizio”.

Tanto premesso, va rilevato che la risposta ai due connessi quesi- ti inizialmente posti non può che tener conto della natura del dottora- to di ricerca e della specificità dell’itinerario procedimentale che ne determina il conseguimento.

Ora il dottorato di ricerca è “titolo accademico valutabile unica- mente nell’ambito della ricerca scientifica” – così testualmente l’art. 68 D.P.R. n. 382 del 1980 – che viene conferito con decreto del Ministro della Pubblica Istruzione a conclusione di un corso che abbia consen- tito l’accertamento di “risultati di rilevante valore scientifico docu- mentati da una dissertazione finale scritta o da un lavoro grafico” – così l’art. 73 del D.P.R. citato – e i cui studi sono “ordinati all’ap- profondimento delle metodologie per la ricerca nei rispettivi settori e della formazione scientifica” – art. 68 comma 3 –.

Se, dunque, l’attività propedeutica al conseguimento del titolo accademico in esame è di studio e ricerca deve scaturirne, in linea di astratto principio, la compatibilità tra ammissione e frequenza ai corsi

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e status di magistrato. Sul piano concreto, poi, la ragionevolezza di questa soluzione è confermata dalla specifica prescrizione normativa – art. 79 comma 1 – del divieto di impegno degli iscritti ai corsi di dot- torato in attività didattiche e non è contraddetta dalla considerazione che gli ammessi ai corsi hanno diritto – previsione di cui all’art. 75 comma 6 – a borse di studio (che non possono spettare, per effetto dei presupposti limiti di reddito, agli ammessi ai corsi che espletano l’at- tività di magistrato traendone la relativa retribuzione).

Dubbi, circa la ritenuta compatibilità, possono invece scaturire dalla constatazione dell’obbligo di frequenza dei corsi di dottorato sancito, dall’art. 79 comma 1 D.P.R. citato, unitamente a quello di

“compiere continuativamente attività di studio e di ricerca nell’ambi- to delle strutture destinate a tal fine”.

È all’articolazione di questi obblighi che si collegano i più delica- ti profili della qualificazione dell’attività del magistrato dottorando e della conseguente tipologia delle situazioni consiliari in materia.

Muovendo, comunque, da una prospettiva teleologica, e cioè con- siderando che i vincoli cennati sono pur sempre inscindibilmente fun- zionali all’attività di studio e ricerca, si può affermare che i medesimi non contraddicono la ritenuta compatibilità.

Da quanto valutato e ritenuto deve pertanto dedursi che la doman- da di congedo straordinario di cui all’art. 2 della legge 476 del 1984 individua mera facoltà e non specifico obbligo del magistrato ammes- so al corso di dottorato di ricerca e la presentazione della medesima prelude, ineliminabilmente, alla concessione di congedo straordinario

“per il periodo di durata del corso” – così testualmente l’articolo più volte citato che al secondo comma sancisce inoltre che “il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza “ – Sarà, dunque, di volta in volta il singolo magistrato ammesso al corso di dottorato a stabilire se optare per il congedo straordinario o per la concorrente attività di ricerca e di magistrato.

Prima di sottoporre a verifica questa conclusione va dato conto di una rilevante implicazione operativa di cui peraltro il C.S.M. si é, nel recente passato, dato carico.

Accade cioè che il ricorso al congedo straordinario determina la conservazione del posto occupato dal magistrato nell’ufficio di appar- tenenza con conseguente, anche non breve, periodo di vacanza “non rimpiazzabile” del posto medesimo. Ciò spiega come il Consiglio Superiore ebbe a statuire, con delibera del 7.7.1988, il collocamento fuori ruolo del magistrato per tutta la durata del congedo straordina-

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rio coevo al periodo di svolgimento del corso di dottorato di ricerca, indi modificando tale orientamento – delibera del 28.6.1989 – a segui- to dei rilievi della Corte dei Conti che osservò come le norme sul col- locamento fuori del ruolo organico non consentano, come norme eccezionali, applicazione analogica.

Senza voler interferire su quanto obiettato dalla Corte dei Conti resta comunque sul tappeto un problema di non lieve momento sul quale pare opportuno richiamare l’attenzione del legislatore e quella del Ministro di Grazia e Giustizia che, in verità, ha avuto già modo di esprimere sensibilità e attenzione sul tema, senza che ciò abbia deter- minato modifica normativa alcuna.

Va cioè ricordato che con nota del 12.1.1994 il Ministro pro tem- pore ebbe a rilevare la necessità di un intervento normativo che con- senta di evitare il problema del “congelamento” dei posti dei magi- strati di cui sono titolari i magistrati ammessi ai corsi di dottorato di ricerca. È pertanto oltremodo opportuno disporre l’inoltro di questa delibera al Ministro di Grazia e Giustizia affinché, ove lo ritenga, voglia approfondire queste tematiche onde presentare al Parlamento proposta di modifica normativa dell’art. 2 L. n. 476 del 1984 adeguata alle cennate esigenze dell’organizzazione degli uffici giudiziari. Si potrebbe obiettare che la soluzione adottata viene a determinare una ripartizione dei magistrati ammessi ai corsi di dottorato di ricerca che dipende esclusivamente dalla libera scelta dei magistrati interessati e non da una regolamentazione predeterminata. Si può però superare l’obiezione rilevando in primo luogo che dalla cennata previsione nor- mativa del’art. 2 legge 476 del 1984 – e per le ragioni già evidenziate – non può non conseguire tale libertà di scelta e che inoltre la caratteri- stica peculiare dell’attività in questione, di ricerca e studio – libera per definizione – sottrae al C.S.M. una potestà di intervento che sancisca, a carico del magistrato dottorando di ricerca, un prioritario ed indi- stinto vincolo di opzione.

In conclusione: una regolamentazione predeterminata della scelta non è giustificata per previsione normativa né può esserlo per disci- plina paranormativa.

Se ciò è vero, appare comunque oltremodo opportuno un control- lo del C.S.M. sia per la peculiare rilevanza dell’attività svolta dal magi- strato, sia per l’incidenza che la medesima assume con riferimento al concreto operare della sua vita professionale sia, soprattutto, in con- siderazione della variegata articolazione della partecipazione ai corsi – la cui concreta prassi non è uniformemente osservante del cennato divieto di impegno in attività didattica –.

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In conclusione va pertanto affermato che i magistrati ammessi ai corsi di dottorato di ricerca possono, in base alla personale scelta, pro- porre al C.S.M. domanda di congedo straordinario in base al disposto dell’art. 2 legge 476 del 1984.

In questo caso alla domanda del magistrato corrisponde il diritto al congedo straordinario per motivi di studio per la durata del corso;

il periodo di congedo straordinario è inoltre utile ai fini della progres- sione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza.

Il magistrato che ritenga di non presentare la predetta domanda, in tal modo preventivamente valutando la concreta compatibilità tra l’attività di studio e ricerca e quella professionale, ha parimenti l’ob- bligo di proporre domanda informando il C.S.M. dell’attività medesi- ma e in particolare di ogni elemento che dia dettagliato conto dello studio e della ricerca oggetto del corso, oltre che dell’articolazione concreta dei medesimi negli appositi Istituti e così, implicitamente, dell’impegno scientifico concorrente con quello professionale.

Va cioè sottolineato che se la statuizione del C.S.M. non potrà non essere di norma quella di presa di atto – posto che per le ragioni anzi- dette quella in esame è attività di ricerca e studio, libera in quanto tale e di regola non assimilabile ad un incarico extragiudiziario da auto- rizzare – va altresì rimarcato che il magistrato ha il preciso dovere di informare il C.S.M. della specifica articolazione dell’attività di studio e ricerca svolta onde dar conto del tipo di impegno assunto che, se va liberamente svolto, non può di certo pregiudicare il rendimento della sua attività professionale.

A ciò consegue che la domanda che va presentata in caso di opzio- ne alla concorrente attività va dal magistrato indirizzata tempestiva- mente e contestualmente al Capo dell’Ufficio e al C.S.M., che a sua volta trasmetterà l’eventuale statuizione di presa di atto al Dirigente medesimo, ai fini del relativo esercizio dell’istituzionale potestà di vigilanza.

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Espletamento dell’incarico di Presidente della Commissione per l’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale popolare ed economico – Fattispecie.

(Risoluzione del 20 gennaio 1999)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 20 gen- naio 1999,

– premesso che il dott. ………, magistrato di cassazione con le funzioni di consigliere pretore presso la Pretura circondariale di Agrigento, con atto in data 29 giugno 1998 ha chiesto di essere auto- rizzato ad accettare l’incarico di presidente della III Commissione Assegnazione Alloggi I.A.C.P. di Agrigento, come da decreto assesso- riale di nomina del 3 settembre 1998 ai sensi degli artt. 6, D.P.R.

30.12.1972 n. 1035 e 18, L.R. Sicilia 25.3.1986 n. 15;

– ritenuto che la circolare C.S.M. 26.6.1998 n. 14819 esclude che siano designati a presiedere le Commissioni di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale, popolare ed economica i magistrati che esercitano le funzioni giurisdizionali nell’ambito dello stesso territorio di competenza delle dette Commissioni allorquando in relazione alla funzione giudiziaria da essi concretamente svolta possano derivare incompatibilità e contrasti dall’esercizio delle funzioni amministrative demandate alle Commissioni medesime;

– ritenuto che il dott. ……… è consigliere pretore presso la Pretura circondariale di Agrigento, nel territorio del cui circondario è chiamata ad operare la III Commissione di cui è stato nominato pre- sidente, e che egli risulta tabellarmente assegnato, tra l’altro, allo svol- gimento delle funzioni di G.I.P., come tale potendo essere chiamato a trattare affari penali che abbiano attinenza con le questioni connesse alla assegnazione degli alloggi (ad es. invasione di edifici, danneggia- mento, ecc.);

– ritenuto inoltre che ai sensi del richiamato art. 18 L.R. Sicilia 25.3.1986 n. 15 possono presiedere la suddetta Commissione, oltre che magistrati ordinari, anche magistrati amministrativi;

– ritenuto che, pertanto, sussistono obiettivi motivi per non auto- rizzare il dott. ……… all’incarico avendo questo ad oggetto materie che potenzialmente possono rientrare nella sua giurisdizione e perché anche magistrati amministrativi possono essere designati a presiedere la Commissione ai sensi della vigente Legge della Regione

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Sicilia, ha deliberato, all’unanimità, di non autorizzare il dott.

………, magistrato di cassazione con le funzioni di consigliere pretore presso la Pretura circondariale di Agrigento, a svolgere l’inca- rico di presidente della III Commissione Assegnazione Alloggi presso lo I.A.C.P. di Agrigento.

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Magistrato cultore di materia giuridica.

(Risoluzione del 27 gennaio 1999)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 27 gen- naio 1999,

– ritenuto che il cultore della materia svolge un’attività di ricerca e di studio, come tale libera e di regola non assimilabile ad un incari- co extragiudiziario soggetto ad autorizzazione;

– che tale impegno non può, tuttavia, pregiudicare il rendimento dell’attività professionale del magistrato, il quale – come è accaduto nel caso in esame – deve tempestivamente informare il Capo dell’Uffi- cio e il C.S.M. che a sua volta trasmetterà l’eventuale statuizione di presa d’atto al Dirigente medesimo, al fine del relativo esercizio della potestà istituzionale di vigilanza,

ha deliberato, all’unanimità,

di prendere atto della qualifica di cultore della materia della dott.ssa ………

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Modifica della circolare sul collocamento fuori ruolo dei magi- strati.

(Delibera del 10 febbraio 1999)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 10 feb- braio 1999, ha adottato la seguente delibera:

– “rilevato che, ai fini della determinazione della quota massima di magistrati collocabili fuori ruolo prevista dal paragrafo 6 della cir- colare del C.S.M. del 20.4.1994, nel testo integrato nella seduta del 30.11.1994, è stato espressamente contemplato che nel computo di tali magistrati non si tenga conto di quelli eletti al C.S.M. nonché di quelli operanti presso la Corte Costituzionale e presso il Ministero di Grazia e Giustizia;

– che tra le eccezioni escluse dal relativo computo non sono ricompresi i magistrati segretari presso il C.S.M.;

– che tale mancata considerazione era giustificabile alla data di emanazione della circolare citata in quanto in quel momento l’art. 7, comma 1 L. 24.3.1958, n. 195, che prevedeva tra i componenti della segreteria del C.S.M. undici magistrati, oltre quello con compiti di dirigenza, aveva subito ulteriori modifiche per effetto dell’art. 2 L.

12.4.1990, n. 74, in conseguenza delle quali la segreteria detta doveva essere costituita, oltre che da un magistrato dirigente e da un magi- strato che doveva coadiuvare quest’ultimo, da 14 dirigenti di segrete- ria di livello equiparato a quello di magistrato di Tribunale nonché da funzionari addetti e da ausiliari;

– che con D.L. 28.8.1995, n. 361, convertito con L. 27.10.1995, n.

437, è stata differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordina- mento giudiziario l’applicazione dell’art. 7 L. 1958, n. 195, come modificato dall’art. 2 L. 1990, n. 74, limitatamente alla previsione del- l’esclusione di magistrati dalla segreteria del C.S.M., all’infuori di quello che la deve dirigere e di quello che deve coadiuvare, ed è stato stabilito che fino a tale data deve aversi riguardo al precedente dispo- sto dell’art. 7 L. 1958, n. 195, come modificato dall’art. 1 L. 1977, n.

908;

– che, avendo l’intervenuta modifica legislativa ripristinato la figura dei magistrati segretari, non vi è più alcun motivo per non ricomprendere i predetti tra le eccezioni che sono state escluse dal computo dei magistrati collocabili fuori ruolo,

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p.q.m. delibera

che il paragrafo 12 n. 10 della citata circolare venga modificato nel senso seguente: Dal computo dei magistrati collocabili fuori ruolo sono esclusi i magistrati eletti al Consiglio Superiore della Magistra- tura, quelli operanti presso la Corte Costituzionale, quelli operanti presso il Ministero di Grazia e Giustizia e i magistrati segretari presso il C.S.M.”.

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In materia di accesso alla documentazione relativa al concorso per uditore giudiziario.

(Delibera del 15 luglio 1999) Premesso che:

– con delibera del 23 settembre 1998 il C.S.M., accogliendo una richiesta di accesso e di rilascio di copia presentata da candidati non ammessi alle prove orali, deliberò di autorizzare – allo stato – il rila- scio delle copie degli elaborati del richiedente, delle copie dei verbali delle correzioni, delle copie dei verbali concernenti i criteri generali di giudizio adottati dalla Commissione esaminatrice e di ogni altro atto concernente l’istante e contemporaneamente di rimettere la pratica in Commissione per una valutazione più approfondita della questione generale dell’accesso ai documenti del Consiglio;

– che la Commissione, a conforto, chiese un parere all’Ufficio Studi onde centrare i più frequenti motivi di impugnazione e stabilire i confini dell’interesse giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990;

– che il richiesto parere conclude affermando che, – pur in pre- senza di un prevalente orientamento del Giudice amministrativo che riconosce al candidato risultato inidoneo nel concorso per uditore giu- diziario il diritto di prendere visione ed ottenere il rilascio di copia non solo degli elaborati da lui redatti per le prove scritte, ma anche di quelli degli altri concorrenti – appare prospettabile una diversa solu- zione interpretativa, che, in ragione della natura non comparativa della valutazione che la Commissione esaminatrice è chiamata a com- piere, nonché della necessità che la stessa sia preceduta dalla fissazio- ne di criteri di massima, consente di concludere per l’ammissibilità del solo accesso agli elaborati dell’istante, al verbale di fissazione dei pre- detti criteri ed a quello di correzione degli elaborati;

– che l’unità della disciplina dettata dagli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990 non sembra consentire una distinzione tra il diritto di prendere visione degli atti e quello di ottenere il rilascio di copia degli stessi;

– che nell’ampia discussione all’interno della Commissione si sono confrontate varie tesi:

quella che nega che la richiesta di accesso possa essere rivolta a questo Consiglio, assumendosi l’esclusiva competenza dell’ufficio che abbia la stabile detenzione del documento (il Ministero) e che il dirit-

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to di accesso può esercitarsi solo nei confronti dell’Autorità compe- tente a formare l’atto conclusivo;

quella che distingue tra diritto di accesso e diritto di visione e con- clude che all’istante dovrebbe consentirsi la mera visione dei propri elaborati, potendo soltanto il giudice sindacare l’interesse al rilascio dei documenti ed eventualmente ordinarne l’esibizione in giudizio;

quella che, fondando sul prevalente orientamento della giurispru- denza amministrativa, sostiene il rilascio incondizionato delle copie degli elaborati redatti dall’istante e dagli altri concorrenti;

quella che restringe visione e rilascio di copie agli elaborati dell’i- stante, ai relativi verbali di correzione, nonché al verbale di Commis- sione recante la fissazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove;

tutto ciò premesso si osserva:

1. – Quanto all’organo destinatario della richiesta di accesso non appare decisivo l’argomento fondato sulla stabile detenzione del docu- mento quale elemento individuante l’organo cui va rivolta l’istanza. Si rileva, invero che tale potere non dipende dalla detenzione del docu- mento, bensì dalla titolarità del procedimento; che, pur se non ricon- ducibile in via esclusiva al C.S.M., tuttavia appartiene a questo organo in quanto chiamato a gestire la fase legittimatrice del provvedimento conclusivo, tanto più che la devoluzione al C.S.M. di ogni attribuzio- ne relativa alla deliberazione ed alla gestione del concorso conduce a ritenere che le competenze del Ministero risultano ormai limitate agli aspetti materiali dell’organizzazione del concorso.

Perciò, non appare decisivo l’argomento secondo cui la nomina dell’uditore giudiziario avviene con decreto ministeriale, in quanto, ex art. 17 della legge n. 195 del 1958, “tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consi- glio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfir- mato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia”. Del resto il Consiglio – e non solo per prassi – è chiamato ad esprimere il parere circa l’accesso rispetto ad ogni giudizio instaurato contro il Ministro di Grazia e Giustizia.

Al più, l’alternativa competenza ministeriale al rilascio di copia degli elaborati potrebbe essere affermata solo a procedimento conclu- so, perché è l’Autorità che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente; ma anche in tal caso l’Autorità ministeriale è individuata dall’art. 25, comma 2, legge n. 241/90 come possibile, non esclusiva,

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destinataria della richiesta. Il principio è ribadito in giurisprudenza, che chiaramente afferma che il detto art. 22 ha il solo scopo di sem- plificare l’accesso agli interessati, consentendo di produrre domande indifferentemente all’uno o all’altro soggetto per sollevarlo dall’onere di individuare l’amministrazione tenuta alla stabile conservazione del- l’atto, anche se il giudice non può prescindere da una individuazione precisa del soggetto cui imporre il rispetto del diritto.

2. – Quanto all’accesso, ribadito che ogni partecipante ad un con- corso pubblico è titolare nei limiti appresso indicati di un interesse concreto ed attuale alla conoscenza dell’attività della Commissione giudicatrice, in relazione all’eventualità di dover impugnare l’esito finale della procedura, per l’ipotesi in cui lo stesso risulti a lui sfavo- revole, si considera che su detto interesse non possono essere ritenute prevalenti le esigenze di tutela della riservatezza dei terzi. Se è vero che, a tal fine, l’art. 24, comma e, lett. d), legge n. 241/1990 impone al Governo di emanare decreti intesi a disciplinare le modalità di eserci- zio del diritto di accesso, è anche vero che l’art. 8, comma 5, lett. d), del D.P.R. n. 352/1992, sottrae all’accesso i documenti che riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, ma fa salva la visione degli atti dei pro- cedimenti giuridici dei richiedenti. Ma è in radice che si reputa inac- cettabile la tesi secondo cui gli elaborati scritti di ciascun candidato al concorso per uditore giudiziario dovrebbero considerarsi non ostensi- bili agli altri partecipanti. Pur se il giudizio non è di tipo comparativo il contesto generale del concorso comunque li coinvolge in un non elu- dibile giudizio di relazione, tanto il divieto di esibizione non potrebbe essere opposto al giudice. A norma degli artt. 12 e 16 del R.D. n.

1860/1925 e dell’art. 12 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, il giudizio sulle prove dei singoli candidati deve in via diretta essere basato su cri- teri e parametri generali e non su criteri di comparazione con le prove degli altri candidati, ma ciascuno deve essere valutato in relazione ad un astratto criterio di sufficienza stabilito dalla Commissione median- te la fissazione di criteri di massima la cui predeterminazione, facol- tativa in passato (R.D. 1860/1925), è divenuta obbligatoria (D.P.R.

487/1994) per rendere trasparente la corrispondenza ad essi della sin- gola valutazione, soprattutto perché rappresentano il presupposto che legittima e concretizza l’operato della Commissione. Perciò il giudizio sarà annullabile per eccesso di potere, qualora sia affetto da lacune, insufficiente o contraddittorio dal punto di vista logico o razionale, o in contrasto con i criteri concretamente applicati nel caso di specie: è

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questa divergenza dai criteri, con cui la Commissione autolimita la pro- pria discrezionalità, che si converte, anch’essa, in eccesso di potere.

Ciò esclude l’ulteriore proponibilità dell’argomento secondo cui l’eccesso di potere potrebbe essere dimostrato anche attraverso la prova di una disparità di trattamento; il più favorevole metro di giu- dizio eventualmente applicato agli stessi non vizierebbe il giudizio relativo all’istante, alla stregua del principio secondo cui non può dar luogo ad eccesso di potere per disparità di trattamento un precedente comportamento illegittimo dell’Amministrazione.

Dunque, il candidato escluso dalle prove orali non ha alcun inte- resse a prendere conoscenza degli elaborati scritti degli altri candida- ti, la cui comparazione con quelli da lui redatti non potrebbe condur- re in alcun caso all’annullamento del giudizio espresso dalla Commis- sione.

Consegue che il diritto di accesso va limitato agli elaborati dell’i- stante, al verbale di Commissione recante la fissazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, nonché al verbale di corre- zione.

3. – Quanto all’interesse legittimante l’accesso è pacifico che il fine che l’interessato dichiara di voler perseguire ne condiziona l’ampiezza e che l’interesse all’accesso va considerato nei diversi momenti della valutazione dell’esistenza di situazioni che confermano il sospetto di

“illegalità dell’atto” che attengono al merito del giudizio proposto.

Posta la necessità di un diretto nesso di strumentalità fra il conte- nuto dei documenti che il privato chiede di conoscere e il fine di tute- la della situazione giuridicamente rilevante della quale egli è portato- re, nel primo momento non è consentito considerare il bisogno di

“esposizione” di documenti concernenti atti o vicende di per sé prive di riflessi sulla situazione in quel momento giuridicamente rilevante del richiedente; in caso contrario, i privati risulterebbero investiti di una sorta di potere ispettivo suscettibile di estendersi all’intera attività dell’amministrazione: per questa via, l’accesso agli atti si risolverebbe in uno strumento di controllo generalizzato sull’intero operato del- l’Amministrazione, come se fosse un’azione popolare.

Perciò, anche se è indubbio che il diritto di accesso sia preordina- to ad assicurare la trasparenza e la correttezza dell’azione ammini- strativa e, quindi, attiene ai documenti in cui detta azione si esprime nonché ai relativi procedimenti, tuttavia non può ignorarsi che le garanzie dell’azione giudiziaria sono assicurate dagli strumenti di natura processuale. Dunque, va garantita agli interessati la visione e la

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richiesta di copia degli atti – propria e/o della Commissione che diret- tamente lo riguardano – la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici, anche se da una lettura combi- nata degli artt. 24, comma 2, e 2, comma 1, si dovrebbe pervenire alla conclusione che l’espressione “visione” si riferisca solo all’esame degli atti e non anche all’estrazione di copia degli stessi. La “limitazione”

non può dirsi irragionevole, discriminatoria o penalizzante il diritto della parte, poiché il diniego di visione e di copia degli altri atti non si traduce in una vanificazione del diritto di difesa giudiziaria: ove gli atti o parti di essi di cui sia negata la visione o la copia siano effetti- vamente rilevanti ai fini del giudizio nel caso il procedimento sia effet- tivamente iniziato, è sempre possibile, per il ricorrente, chiedere al giudice diordinare all’amministrazione l’esibizione o il deposito degli atti nell’ambito del processo.

In conclusione, la conoscenza degli atti per l’azione – ed il relati- vo interesse – non si equipara alla conoscenza degli atti per il giudizio.

Perciò l’accesso ai soli atti dell’interessato, ed a quelli della Com- missione relativi ai criteri di valutazione ed alla correzione degli ela- borati di quel candidato, non rappresenta una limitazione ai diritti del- l’interessato, ma il provvedimento legale cui si propone che il Consiglio si uniformi, nonostante i precedenti.

Tutto ciò premesso, il Consiglio delibera di confermare – sul tema del diritto dei candidati non ammessi alle prove orali all’accesso alla documentazione concorsuale ed in particolare agli elaborati dei can- didati ammessi – le delibere del 23 febbraio 1995 e del 29 ottobre 1997 che qui si allegano e, a rettifica ed integrazione delle stesse, di disporre:

– che la copia degli elaborati dei candidati diversi dal richiedente sia rilasciata senza indicazione del nome dell’autore;

– che – a richiesta dell’istante – possa essere rilasciata copia, anzi- ché di tutti gli elaborati dei candidati ammessi alle prove orali, di una quota significativa di essi, comunque non inferiore alla metà;

– di respingere l’istanza della dott.ssa ……… per la parte relativa al rilascio di copia degli elaborati dei candidati dichiarati ido- nei nella medesima seduta nella quale sono stati corretti i compiti propri;

– di respingere l’istanza della dott.ssa ……… per la parte relativa alla visione e al rilascio di copia degli elaborati dei candidati dichiarati idonei nella medesima seduta nella quale sono stati corret- ti i propri;

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– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va al rilascio di copie degli elaborati dei candidati dichiarati idonei nella medesima seduta nella quale sono stati corretti i propri;

– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va al rilascio di copie degli elaborati di almeno 5 candidati dichiarati idonei nella medesima seduta nella quale sono stati corretti i propri;

– di respingere l’istanza della dott.ssa ……… per la parte relativa alla visione e al rilascio di copia degli elaborati dei candidati dichiarati idonei nella medesima seduta nella quale sono stati corret- ti i propri nonché i verbali relativi alle operazioni compiute;

– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va alla visione e al rilascio di copia degli elaborati dei candidati:

………, ………, ………, ………, ………,

……… ammessi alle prove orali;

– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va alla visione e al rilascio di copia degli elaborati dei candidati

……… e ………;

– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va alla visione degli elaborati dei candidati ……… e

………; di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relativa al rilascio di copia degli elaborati del candidato risultato primo in graduatoria;

– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va alla visione degli elaborati dei candidati dichiarati idonei nella medesima seduta nella quale sono stati corretti i propri;

– di respingere l’istanza del dott. ……… per la parte relati- va alla visione e al rilascio di copia degli elaborati dei candidati nn. 1, 30, 60, 90, 120, 130, 150, 210, 240, 270, 300 ammessi alle prove orali;

– di respingere l’istanza della dott.ssa ………, non essendo in alcun modo specificato se l’accesso sia richiesto in funzione dell’e- ventuale esclusione dalla prova orale ovvero allo scopo di contestare la graduatoria finale del concorso”.

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Criteri per la formazione decentrata. Interpello referenti.

(Delibera del 28 luglio 1999)

“1. – Con delibera del 26 novembre 1998 il Consiglio ha approva- to la risoluzione sulla formazione decentrata il cui scopo fondamenta- le è quello di realizzare il più ampio coinvolgimento dei magistrati nel- l’attività di formazione professionale. Solo elevati e diffusi livelli di professionalità, infatti, possono garantire effettiva autonomia e indi- pendenza nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali.

Le assemblee e le riunioni che si sono tenute in questi mesi ed il recente seminario sulla “Formazione dei formatori” del 21-23 giugno 1999, hanno fatto emergere una generale condivisione delle linee e dei contenuti della risoluzione del Consiglio, confermando che essa coglie bisogni largamente avvertiti dalla magistratura. Una rete di formazio- ne decentrata, fondata sul concorso di diverse culture e sensibilità pro- fessionali ed aperta alle nuove conoscenze che sempre più si intrec- ciano con le vie della giurisdizione, non solo consentirà di raggiunge- re i magistrati che per problemi personali o per esigenze di servizio non partecipano all’attività formativa in sede centrale, ma insieme e prima ancora permetterà di realizzare un più proficuo collegamento tra realtà dei singoli distretti e formazione professionale, permeando fortemente quest’ultima dei bisogni della pratica.

La creazione di una rete di referenti per la formazione, con fun- zione non solo organizzativa ma anche propulsiva e informativa, costi- tuirà un passaggio essenziale per l’irradiazione della formazione dal centro alla periferia e viceversa, facendo sì che si moltiplichino i luo- ghi di confronto quale strumento di crescita professionale, di aggior- namento continuo dei magistrati e di sviluppo di autentico pluralismo culturale nell’esercizio delle funzioni giudiziarie.

2. – Il progetto di formazione decentrata dovrà essere avviato in modo necessariamente graduale e richiede diverse fasi di sperimenta- zione e messe a punto. Ciò è dichiarato espressamente nella risoluzio- ne del Consiglio, per definizione aperta alle verifiche ed ai suggeri- menti della pratica.

Nella prima fase di attuazione del progetto, appare realistico pre- vedere che l’attività dei referenti si indirizzi essenzialmente verso:

– la più ampia ed immediata diffusione del materiale di studio e dei contributi forniti dai relatori nei singoli incontri, a tal fine avva- lendosi anche delle idonee tecnologie informatiche;

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– la divulgazione delle iniziative centrali e distrettuali;

– l’organizzazione, d’intesa con il C.S.M. e con i Consigli Giudi- ziari, di incontri di studio decentrati sulla base dei programmi elabo- rati dal Consiglio;

– l’organizzazione, d’intesa con il C.S.M. e con i Consigli Giudi- ziari, di iniziative decentrate ulteriori, anche a carattere interdistret- tuale, in un’ottica di propulsione delle attività formative non genera- lizzabili o riservate a fasce specializzate di magistrati (giudici delega- ti, giudici per i minorenni, G.I.P., magistrati di sorveglianza);

– la realizzazione di un miglior raccordo tra il centro ed il distret- to per quanto concerne la formazione iniziale, complementare e di supporto al mutamento delle funzioni;

– la formazione dei magistrati onorari;

– la promozione di incontri per seguire, anche sotto il profilo orga- nizzativo ed ordinamentale, l’attuazione della riforma del giudice unico di primo grado;

– la promozione di incontri per dibattere le novità legislative o giu- risprudenziali, al fine di favorire la formazione di primi orientamenti interpretativi.

3. – Il dibattito di questi anni, le riflessioni e l’esperienza matura- te anche in sede di formazione centrale e la recente Assemblea gene- rale della Corte di Cassazione hanno fatto emergere con evidenza l’e- sigenza di un raccordo tra l’attività di formazione ed i compiti affida- ti al giudice di legittimità, in una prospettiva di coordinamento ed integrazione del ruolo di nomofilachia nel quadro complessivo delle funzioni giurisdizionali. L’organizzazione di seminari periodici sul funzionamento della Corte e la necessità di una particolare attenzione ai requisiti richiesti per l’accesso alle funzioni di legittimità, hanno costituito, insieme ad altri punti, oggetto di un richiamo specifico del documento approvato dall’Assemblea del 23 aprile 1999.

Raccogliendo indicazioni emerse nel seminario del 21-23 giugno 1999 sulla “Formazione dei formatori”, è pertanto apparso opportuno prevedere – sia pur non nella logica del decentramento ma, appunto, in quella del coordinamento e del raccordo – la nomina di referenti anche per i magistrati che svolgono funzioni presso la Corte di Cassa- zione, come titolari o come applicati.

4. – Allo scopo di dare una prima attuazione alla risoluzione sulla formazione decentrata, la Nona Commissione, nella seduta del 25 maggio 1999, ha deliberato di proporre all’Assemblea plenaria il testo

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di un interpello per acquisire le disponibilità dei magistrati alla costi- tuzione della “rete dei formatori”, prevedendo, con opportuna suddi- visione tra il settore penale e quello civile, la nomina di quattro refe- renti per i distretti in cui è previsto – alla data del 9 luglio 1999 – un organico superiore a 400 magistrati (Napoli, Roma, Milano, Torino, Palermo, Firenze e Bologna); fino a tre referenti per i distretti in cui è previsto, alla stessa data, un organico inferiore ai 400 e superiore ai 250 magistrati (Venezia, Catania, Bari, Genova e Catanzaro) e di due referenti per tutti gli altri distretti.

Il Consiglio si riserva di valutare l’opportunità di ampliare, in rela- zione all’andamento della sperimentazione, il numero dei referenti per i distretti di Roma, Napoli, Milano in ragione dell’alto numero dei magistrati addetti.

Per la Corte di Cassazione, attesa l’articolazione e la complessità dei compiti ad essa devoluti, è parso opportuno prevedere la nomina di quattro referenti (uno ciascuno per il settore giudicante penale e per il settore giudicante civile; uno per il settore del lavoro ed un quarto referente per la Procura Generale).

La nomina a referente per la formazione non è cumulabile con l’incarico di componente dei Consigli Giudiziari.

L’interpello non viene esteso ai magistrati che svolgono funzioni direttive, poiché la delicatezza dei compiti ad essi demandati (specie nella complessa fase di attuazione della riforma relativa al giudice unico di primo grado) appare incompatibile con l’impegno richiesto ai referenti per la formazione. I magistrati interessati dovranno dichia- rare la propria disponibilità all’espletamento dell’incarico per il previ- sto periodo di durata, facendo pervenire apposita domanda ai Consi- gli Giudiziari dei rispettivi distretti entro il 15 ottobre 1999.

La Commissione si riserva di valutare la compatibilità tra l’impe- gno di referente per la formazione ed altri incarichi eventualmente svolti dall’aspirante.

Per quanto concerne i referenti della Cassazione, la domanda dovrà essere fatta pervenire entro lo stesso termine al Primo Presi- dente della Corte di Cassazione e, rispettivamente, al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

5. – Nella valutazione delle domande verranno prese in particola- re considerazione la capacità dimostrata nell’esercizio delle funzioni giudiziarie; la partecipazione, anche come relatore, agli incontri di studio organizzati dal C.S.M. in sede centrale o decentrata; la parteci- pazione a corsi sulla formazione dei formatori; l’aver già preso parte

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all’organizzazione di iniziative ed incontri di studio organizzati dal Consiglio o da altri organismi e istituzioni (Università, A.N.M, Consi- gli degli Ordini Forensi, etc.) ovvero l’aver promosso o concorso a pro- muovere analoghe iniziative all’interno di singoli uffici e distretti; l’a- ver svolto funzioni di magistrato collaboratore o di magistrato affida- tario per gli uditori giudiziari; l’aver seguito, quale componente dei Consigli Giudiziari, il tirocinio degli uditori; l’attività di produzione scientifica o didattica e, segnatamente, quella inerente alla formazio- ne professionale. Particolare rilievo sarà in ogni caso attribuito alla specifica capacità, anche organizzativa, dimostrata per favorire la for- mazione e l’aggiornamento professionale. Con la creazione dei refe- renti, infatti, il Consiglio si propone di dar vita a una struttura di ser- vizio con il compito di interpretare e raccordare le diverse esigenze di formazione. Per lo svolgimento di tale compito, oltre alla preparazio- ne tecnico-professionale, si dimostreranno assai utili la concreta cono- scenza dei problemi degli uffici, la disponibilità al dialogo ed al con- fronto, l’attitudine a lavorare in gruppo, la capacità di avvalersi del contributo e della collaborazione di altri magistrati, anche al fine di costruire un proficuo collegamento all’interno dei singoli uffici e tra le diverse zone territoriali.

Per quanto concerne i referenti presso la Cassazione, le domande saranno valutate con specifico riferimento alle peculiarità delle fun- zioni del giudice di legittimità.

Ai fini della nomina dei referenti verranno pertanto prese in con- siderazione: la capacità tecnico-professionale dimostrata nell’esercizio delle funzioni giudiziarie; l’attività di produzione scientifica; l’attività formativa; la capacità organizzativa.

6. – Gli aspiranti dovranno corredare la domanda con una succin- ta esposizione delle proposte e delle modalità ritenute utili per dare attuazione alle indicazioni del Consiglio in tema di formazione decen- trata. Dovranno altresì indicare gli altri eventuali incarichi ricoperti.

Si precisa che, almeno nella fase iniziale, non è previsto esonero dei magistrati dal lavoro giudiziario e che l’incarico verrà conferito per il periodo di due anni.

Le domande di disponibilità per gli uffici di merito saranno rac- colte dai Consigli Giudiziari, i quali faranno pervenire al Consiglio Superiore della Magistratura, in relazione a ciascuna domanda, un motivato parere, anche con riguardo alle proposte e indicazioni for- mulate dall’aspirante.

Per quanto concerne i referenti presso la Corte di Cassazione, il

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parere – in attesa dell’istituzione del Consiglio Giudiziario – sarà espresso dall’organo consultivo indicato al punto 18 del documento approvato nell’Assemblea del 23 aprile 1999 e, anteriormente alla sua costituzione, dal Primo Presidente e dal Procuratore Generale presso la stessa Corte.

7. – Successivamente alla nomina verrà convocata una riunione di tutti i referenti e dei componenti del Comitato Scientifico con parti- colare riguardo al coordinamento tra compiti dei referenti e funzioni istituzionali dei Consigli Giudiziari in tema di formazione.

8. – Le SS.LL. sono pregate di comunicare con cortese urgenza quanto sopra ai magistrati in servizio presso i rispettivi uffici”.

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DECIMA COMMISSIONE

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Comportamenti in riferimento alle funzioni svolte dai Procura- tori distrettuali antimafia ed alle relative deleghe conferite (v.

delibera consiliare del 31 maggio 1995).

(Delibera del 12 maggio 1999)

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce ha chiesto di conoscere se al Procuratore Aggiunto competa l’esercizio delle funzioni vicarie anche nell’ambito della D.D.A..

Il Procuratore della Repubblica riteneva infatti che dette funzioni vicarie dovessero conseguire dalla delega ad altro magistrato della funzione direttiva della D.D.A., laddove il Procuratore Aggiunto dello stesso ufficio sosteneva la piena operatività dell’art. 109 O.G. in virtù del quale “in caso di mancanza o di impedimento del Procuratore…

regge l’ufficio il Procuratore Aggiunto” con la conseguenza che rientra fra queste funzioni anche quella di direzione e coordinamento della D.D.A..

Con delibera in data 31 maggio 1995 l’assemblea plenaria del C.S.M. deliberava all’unanimità di rispondere al quesito nel senso indicato nel parere dell’ufficio studi n. 41/95, nel senso cioè che al reg- gente spettano gli stessi poteri del Procuratore Distrettuale anche con riferimento al potere di modificare o revocare la delega per l’esercizio della Direzione Distrettuale Antimafia.

Con la stessa delibera il Consiglio stabiliva di richiedere alla Com- missione Riforma “di verificare i diversi comportamenti in riferimen- to alle funzioni svolte dai Procuratori Distrettuali Antimafia e alle rela- tive deleghe conferite”.

Veniva quindi effettuato un monitoraggio presso tutte le Procure Distrettuali al fine di conoscere se le attività di direzione della D.D.A.

siano svolte dal Procuratore della Repubblica o delegate ai sensi del- l’art. 70-bis 2° comma R.D. 30/1/1941 n.12, nonché chi svolga le fun- zioni di Procuratore della Repubblica, ai sensi dell’art. 109 RD citato, in caso di mancanza o di impedimento del Procuratore della Repub- blica qualora questi eserciti personalmente anche le funzioni di Pro- curatore Distrettuale Antimafia.

Il quadro delle risposte si è completato in data 20/2/1999 con la nota del Procuratore della Repubblica di Salerno la cui presa di pos- sesso è datata 14/12/1998.

Dall’esame delle risposte pervenute emerge che su 26 Procuratori, 22 esercitano personalmente l’attività di direzione della D.D.A., ad esclusione delle Procure di Milano, Reggio Calabria, Roma e Torino

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dove la delega D.D.A. risulta conferita a Procuratori della Repubblica Aggiunti.

Inoltre il Procuratore della Repubblica di Palermo pur non aven- do conferito deleghe si avvale nell’attività di D.D.A. della collaborazio- ne di due Procuratori Aggiunti quali coordinatori di due diverse aree territoriali, ed il Procuratore della Repubblica di Caltanissetta ha comunicato che pure espletando personalmente l’attività di D.D.A. si avvale a tal fine della collaborazione del Procuratore Aggiunto.

Inoltre tutte le ipotesi nelle quali non è stata conferita alcuna dele- ga per l’attività di D.D.A., il Procuratore della Repubblica viene sosti- tuito nelle proprie funzioni (D.D.A. compresa), in caso di impedimen- to, dal Procuratore Aggiunto ove presente in organico, o dal più anzia- no tra i Procuratori Aggiunti, o dal Sostituto più anziano laddove non sia previsto nessun Procuratore Aggiunto; unica eccezione è rappre- sentata dalla Procura di Venezia nella quale in caso di impedimento del Procuratore della Repubblica l’attività di direzione della D.D.A. è demandata al più anziano tra i Sostituti addetti alla D.D.A., mentre le funzioni vicarie vengono per il resto assunte dal Procuratore Aggiun- to.

In definitiva l’organizzazione dei vari uffici di Procura con riferi- mento al conferimento delle deleghe D.D.A. e più in generale all’orga- nizzazione del lavoro nelle D.D.A. risulta corretta avuto riguardo sia all’art. 5 della L. n. 8 del 1992 sia alla circolare di questo Consiglio n.

25/93 del 1993. Anche la particolare ipotesi della Procura di Venezia appare accettabile trattandosi di esercizio del potere di delega limita- to temporalmente alle ipotesi di impedimento del Procuratore della Repubblica e dunque non limitato nel contenuto della delega ma sol- tanto ancorato a precisi presupposti temporali; si tratta in sostanza di un temporaneo scorporo delle funzioni di direzione della D.D.A., senza limitazione, dalle altre funzioni proprie del Procuratore Distret- tuale che passano ritualmente al Procuratore Aggiunto; tale soluzione per quanto peculiare non appare in contrasto con alcuna norma legi- slativa o regolamentare rispondendo a particolari esigenze di organiz- zazione del lavoro.

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DODICESIMA COMMISSIONE

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Attribuzione alla Seconda Commissione consiliare delle compe- tenze in ordine alle situazioni di incompatibilità derivanti da

“stabile convivenza”.

(Delibera del 20 gennaio 1999)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 20 gen- naio 1999, ha adottato la seguente deliberazione:

“Il 17.2.97 un componente del precedente Consiglio inviava una nota al Comitato di Presidenza, nella quale rappresentava che la tabel- la A allegata al regolamento interno, concernente le attribuzioni delle commissioni consiliari, assegnava alla competenza della seconda commissione “l’accertamento dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario approvato con R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 nonché di eventuali situazioni di incompatibilità originate dal rapporto di coniugio e relative procedure ai sensi dell’art.

2 R.d.Lg. 31 maggio 1946 n. 511”; le incompatibilità derivanti da con- vivenza more uxorio, venivano invece assegnate, secondo la prassi interpretativa, alla prima commissione in quanto competente per le procedure ex art. 2 L.G..

Si sottolineava la conseguente incongrua attribuzione a due com- missioni diverse, la prima e la seconda, di situazioni sostanzialmente identiche quali la incompatibilità originata da rapporti di coniugio e quella originata da convivenza more uxorio.

Questo Consiglio procedeva, preliminarmente, ad una ricognizio- ne volta ad accertare l’esatta portata del fenomeno, in particolare il numero dei procedimenti pendenti nella prima e nella seconda com- missione relativi a situazioni di incompatibilità derivanti da coniugio o da convivenza more uxorio. Si chiariva così che in prima commis- sione erano state trattate sei pratiche relative a situazioni di incompa- tibilità per convivenza more uxorio delle quali tre tuttora pendenti e tre invece archiviate (non essendovi provvedimenti di competenza del consiglio da adottare).

Analogo accertamento svolto presso la seconda commissione, con- duceva a verificare la definizione di diciassette pratiche e l’attuale pen- denza di ulteriori quattordici aventi sempre il medesimo oggetto e cioè eventuale incompatibilità originata da situazioni di convivenza more uxorio. Tutte le pratiche nascevano da segnalazione dei magistrati interessati e quasi tutte, (fatta eccezione per i fascicoli n. 1877/ 2°

comm., n. 378/97 R 1° comm., n. 181/97 R 1° comm.), traevano origi-

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ne dalla risposta al questionario inviato ai magistrati in ottemperanza alle disposizioni della circolare di questo Consiglio n. 19071 dell’11 dicembre 1996.

Il questionario redatto dalla Seconda commissione per la rileva- zione dei dati attinenti alla incompatibilità ex artt. 18 e 19 ord. giud., prevedeva, infatti, per le ipotesi riconducibili a tali norme, che i magi- strati destinatari della rilevazione comunicassero “notizie e precisa- zioni anche in ordine alla eventuale esistenza di rapporto di conviven- za stabile con esercenti la professione legale”.

Di fatto risultava, quindi, (alla data della emanazione di questa circolare), già attribuito alla seconda commissione il potere di verifi- care eventuali incompatibilità derivanti appunto da “convivenza sta- bile” con esercenti la professione legale, senza peraltro escludere, stante la disposizione regolamentare, la competenza della prima com- missione a valutare le stesse situazioni.

Questa situazione di confusione merita perciò di essere chiarita individuando quale sia la commissione su cui concentrare la compe- tenza a valutare le situazioni di incompatibilità derivanti da coniugio e da convivenza more uxorio, al fine di completare l’opera di rivisita- zione della ripartizione delle competenze delle commissioni elaborata nella scorsa consiliatura.

Nel 1996, infatti, la commissione per il regolamento interno, nel porsi il compito di razionalizzare il sistema delle commissioni, al fine di consentire il migliore svolgimento delle attività consiliari, aveva modificato alcune attribuzioni delle competenze delle commissioni.

In particolare, concentrando sulla quarta commissione la delicata funzione consiliare di valutazione e controllo della professionalità dei magistrati, tale commissione veniva alleggerita delle attribuzioni atti- nenti alle incompatibilità (e magistrati onorari), che già allora rappre- sentavano una quota notevole del suo carico di lavoro.

La competenza a valutare tutte le incompatibilità di cui agli artt.

16, 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario, con relative procedure di tra- sferimento d’ufficio veniva perciò, in tale occasione, attribuita alla seconda commissione (insieme alla omogenea competenza relativa agli incarichi extragiudiziari).

Coerentemente ed in relazione alla mancata previsione ordina- mentale del rapporto di coniugio, si attribuiva sempre alla seconda commissione anche l’accertamento dei medesimi casi di incompatibi- lità individuati dagli artt. 18 e 19, ma originati da rapporto di coniu- gio e, in assenza di specifica previsione normativa si inquadrava espressamente nell’art. 2 della legge sulle Guarentigie in regime di

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trattazione di tali questioni di incompatibilità. La complessiva attri- buzione alla seconda commissione dell’intera materia in tema di incompatibilità, veniva così connotata da una significativa omoge- neità in materia di salvaguardia della imparzialità con conseguente beneficio non solo della funzionalità della struttura amministrativa, ma soprattutto, della uniformità dei parametri di giudizio.

Sorprendentemente non veniva fatto alcun riferimento alla incompatibilità derivante dalla “convivenza di fatto”, nonostante que- sta fosse già allora ipotizzabile, cosicché la sua valutazione doveva essere conseguentemente e necessariamente ricompresa nelle attribu- zioni della prima commissione all’interno delle situazioni di incompa- tibilità ambientale di cui all’art. 2 L.G., demandata alla cognizione della prima commissione.

Si realizzò così da un lato l’esclusione della trattazione da parte della prima commissione delle incompatibilità per coniugio con le relative procedure di trasferimento d’ufficio, e dall’altro la loro attri- buzione alla seconda commissione.

In questa situazione il Consiglio emanava la citata circolare n.

19071 dell’11 dicembre 1996 e, senza intervenire sul regolamento, individuava nella seconda, la commissione competente a valutare anche le incompatibilità derivanti da “stabile convivenza”.

Si verificava di fatto, perciò, una attribuzione di competenza a commissione diversa da quella indicata nel regolamento.

Si giustifica così l’esito della ricognizione indicata in premessa che accertava la trattazione di pratiche relative alla convivenza more uxorio sia nella prima che nella seconda commissione.

Questo Consiglio, dopo ampia discussione sul significato di “sta- bile convivenza”, anche con riferimento alla pluralità di casi astratta- mente ipotizzabili e riconducibili a tale concetto, ritiene indispensabi- le questo intervento volto a radicare in un unica commissione la valu- tazione di situazioni omogenee.

Ed è opportuno che sia la seconda commissione (e non la prima) a valutare le eventuali incompatibilità derivanti da “stabile conviven- za” sia per le evidenti ragioni di economia e funzionalità che avevano ispirato il precedente del Consiglio, sia perché comunque l’eventuale assegnazione alla prima commissione non verrebbe a superare la diversificazione procedimentale attinente alle diverse tipologie di incompatibilità, sulle quali è opportuno richiamare l’attenzione del legislatore, l’unico competente a porre in essere un intervento diretto ad omogenizzare l’aspetto procedimentale.

La Seconda commissione dovrà quindi occuparsi, secondo le

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modalità previste dall’art. 2 L.G. per il rapporto di coniugio, anche delle incompatibilità derivanti da stabile convivenza, per la sostanzia- le parificazione dei fenomeni – coniugio e stabile convivenza – che impongono unitarietà dell’organo competente a valutarli.

L’intervento in questione comporta la modifica non solo dell’alle- gato al Regolamento Interno ma anche dell’art. 34 del Regolamento, comma 11, laddove il rapporto di parentela o coniugio viene indicato come elemento di assegnazione della pratica alla seconda commissio- ne, dovendosi contemplare altresì la stabile convivenza.

Pertanto nel quadro logico di distribuzione organica delle attribu- zioni, così come sopra individuato, il Consiglio, delibera all’unanimità di sottoporre all’attenzione del Presidente della Repubblica la valutazio- ne delle seguenti modifiche dell’allegato al regolamento interno, nella parte dedicata alle attribuzioni della Seconda Commissione (Commis- sione per gli incarichi extragiudiziari e le incompatibilità):

– aggiungere nella lettera b) dopo la parola “coniugio” le seguenti “o comunque da stabile convivenza”.

– aggiungere all’art. 34, comma 11, dopo le parole “derivanti da rap- porti di parentela o coniugio”, le seguenti “o comunque da stabile convi- venza”; sostituire la “o” che precede la parola “coniugio”, con la virgola.

Pertanto si delibera che, per effetto di tale modifica, il testo del comma 11 dell’art. 34 risulti così formulato:

– “È competente la seconda commissione per le ipotesi in cui l’espo- sto, il rapporto, la segnalazione prospettino una situazione di incompa- tibilità nella quale, insieme a fattori derivanti da rapporti di parentela, coniugio o stabile convivenza, concorrano fattori di incompatibilità ambientale o funzionale di altro tipo»

e, il testo della lettera b) del citato allegato risulti così formulato:

– b) accertamento dei casi di incompatibilità previsti dagli artt. 16, 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario approvato con R.D. 30 gennaio 1941 n. 12 nonché di eventuali situazioni di incompatibilità originate da rapporto di coniugio o comunque da stabile convivenza, e relative pro- cedure ai sensi dell’art. 2 R.D.Lgs. 31 maggio 1946 n. 511”.

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VARIE

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Rimborso delle spese di viaggio per la partecipazione ad incon- tri di studio o seminari organizzati dal Consiglio Superiore della Magistratura e per convocazione da parte del Consiglio medesi- mo.

(Circolare del 22 maggio 1996)

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta pomeridia- na del 22 maggio 1996, ha approvato la circolare in oggetto, che di seguito si riporta.

“Il Consiglio Superiore della Magistratura,

rilevato che in materia di rimborso delle spese di viaggio alle per- sone convocate dal Consiglio Superiore e per la partecipazione agli incontri di studio o seminari organizzati dal Consiglio medesimo sono intervenute numerose delibere dell’assemblea plenaria e del Comitato;

ritenuto opportuno dettare una disciplina completa ed organica della materia, che tenga anche conto di situazioni ed esigenze soprav- venute;

vista la normativa in tema di rimborso delle spese di viaggio e di trattamento di missione per il personale delle Amministrazioni dello Stato;

delibera quanto segue

Per raggiungere la sede del Consiglio Superiore della Magistratu- ra a seguito di convocazione da parte del Consiglio stesso, ovvero le sedi ove si devono svolgere incontri di studio o seminari organizzati dal Consiglio, o comunque vi è stata convocazione da parte di que- st’ultimo, le persone convocate o i partecipanti potranno utilizzare, al fine di ottenere il rimborso delle spese, i mezzi di trasporto in appres- so indicati, attenendosi alle disposizioni ad essi relative.

A) Mezzi pubblici ferroviari e stradali.

L’utilizzazione del mezzo pubblico ferroviario o stradale è consen- tito senza necessità di specifica autorizzazione, con la tipologia di ser- vizi (classe, ecc.) prevista dalla normativa in materia di rimborso delle spese di viaggio per il personale delle Amministrazioni dello Stato.

B) Mezzo aereo.

L’uso del mezzo aereo è consentito – senza necessità di specifica

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autorizzazione – per distanze, calcolate sulla tratta ferroviaria, tra la sede di servizio e quella consiliare, ovvero il luogo di convocazione o la sede dell’incontro o del seminario, superiori a 500 chilometri; è altresì consentito per coloro che provengono dai distretti delle Corti di appello di Bari, Genova e Venezia, nonché dal circondario di Matera (imbarco dall’aeroporto di Bari), a condizione che la distanza della sede di servizio sia comunque superiore a 450 chilometri, e per coloro che provengono dalle isole.

Il rimborso sarà, comunque, limitato all’importo corrispondente alle tariffe in classe economica praticate dalle compagnie aeree Alita- lia e Meridiana, ridotte del 30% in base alla convenzione attualmente in vigore con dette compagnie. L’anzidetta agevolazione è ottenibile previa presentazione di dichiarazione dell’ufficio di appartenenza che si tratta di viaggio per motivi di servizio.

Il Comitato di Presidenza, in presenza di documentate situazioni particolari, potrà autorizzare l’uso del mezzo aereo anche al di fuori delle predette ipotesi.

C) Mezzo proprio.

Può farsi ricorso all’uso del mezzo proprio, che costituisce un’ipo- tesi residuale, in presenza di specifiche e dettagliate situazioni che evi- denzino da un lato la convenienza economica del Consiglio a consen- tire l’uso di tale mezzo e dall’altro l’impossibilità di utilizzare, per qualsiasi ragione, i mezzi di trasporto di cui ai punti precedenti.

In ogni caso l’uso del mezzo proprio deve essere preventivamente autorizzato dal Comitato di Presidenza e la relativa istanza, oltre la indicazione dei necessari elementi di valutazione e degli estremi del veicolo utilizzato, deve contenere una espressa dichiarazione di eso- nero di ogni responsabilità per l’Amministrazione in conseguenza del- l’uso del detto mezzo, nonché l’indicazione della distanza chilometri- ca esistente tra la sede di provenienza e la sede di convocazione o di svolgimento dell’incontro o del seminario.

Ai fini della valutazione della convenienza economica sarà consi- derata l’eventuale utilizzazione di un unico veicolo per più parteci- panti, che dovranno essere nominativamente indicati nell’istanza di autorizzazione e che dovranno sottoscrivere per quanto riguarda l’e- sonero dell’Amministrazione da ogni responsabilità.

I relatori e i coordinatori di incontri di studio o gruppi di lavoro potranno far uso del mezzo proprio, previa dichiarazione che l’uso di tale mezzo è necessario per rendere compatibile lo svolgimento del-

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l’incarico con i propri impegni d’ufficio, e sempre con espressa dichia- razione di esonero di ogni responsabilità per l’Amministrazione.

D) Mezzi di trasporto noleggiati.

L’uso di auto pubbliche di piazza o di altri mezzi di trasporto noleggiati può essere autorizzato in caso di mancanza di servizi di linea o di particolare necessità di raggiungere rapidamente la sede di convocazione o di svolgimento dell’incontro o del seminario, e gli eventi che hanno determinato l’assenza di altri mezzi di trasporto o l’urgenza di raggiungere la sede di convocazione o di svolgimento del- l’incontro non siano prevedibili od ovviabili.

E) L’autorizzazione all’uso di uno specifico mezzo di trasporto, ove necessaria, deve essere richiesto in via preventiva, al Comitato di Presidenza, e, in caso di urgenza, l’autorizzazione predetta è concessa dal Vice Presidente e, in sua assenza, dal Segretario Generale, salva, in ogni caso, la ratifica del Comitato di Presidenza.

F) L’autorizzazione predetta potrà essere concessa dal Comitato di Presidenza, in via di sanatoria, in presenza di situazioni eccezionali che non abbiano consentito la richiesta preventiva”.

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