Prestazioni - Invalidità civile - Extracomunitario - Requisito della permanenza stabile nel territotio italiano - Necessità
Tribunale di Genova - 24.04.2009 n. 466 - Dott.ssa Scotto – E.S.X. (Avv.
Pieri) - INPS (Avv. Fuochi) - Ministero dell’Economia e delle Finanze
Pur a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale (30 luglio 2008, n. 306 e 23 gennaio 2009, n. 11), che hanno fatto venir meno la necessità - per il riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile - della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) ove tali documenti siano stati rifiutati esclusivamente per motivi attinenti il reddito, resta fermo il requisito della permanenza stabile all'interno dello Stato italiano, sicché la prestazione non può essere riconosciuta in mancanza della prova del regolare soggiorno da almeno cinque anni.
FATTO
Con depositato in data 8 agosto 2007 la sig.ra E.S.X. esponeva:
- di essere cittadina della Repubblica Dominicana;
- di aver presentato in data 21 giugno 2006 domanda di assegno di invalidità civile;
- di essere stata riconosciuta invalida in misura pari all'80%;
- di non essere titolare di alcun reddito;
- di non avere peraltro ottenuto la liquidazione dell'assegno di invalidità, per il fatto di non essere cittadina italiana e di non essere in possesso di carta di soggiorno;
- che il rigetto della domanda era illegittimo perché in contrasto con l'art. 1 Regolamento CEE n. 859 del 2003, che imponeva l'estensione del regime di sicurezza sociale a tutti i lavoratori legalmente residenti sul territorio, a parità di trattamento.
La ricorrente conveniva pertanto in giudizio l'INPS e il Ministero dell'Economia e delle Finanze per sentirli condannare, in solido o pro parte, al pagamento in suo favore dell'assegno di invalidità civile a decorrere dalla data della domanda amministrativa, oltre rivalutazione ed interessi.
Si costituiva ritualmente in giudizio il Ministero dell'Economia e delle
Finanze eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, ai sensi del D.P.C.M. 30 marzo 2007, essendo stato il ricorso depositato l’8 agosto 2007.
Si costituiva altresì in giudizio l'INPS sostenendo che la ricorrente non era in possesso del requisito sanitario e reddituale per il riconoscimento dell'assegno di invalidità civile e chiedendo pertanto il rigetto della domanda.
La causa veniva istruita con l'acquisizione di informative presso la Questura di Genova.
All'udienza del 25 marzo 2009, dopo la discussione orale, la causa veniva quindi decisa, come da dispositivo letto in udienza.
DIRITTO
La domanda è infondata e deve essere respinta.
Si pone preliminarmente il problema della legittimazione passiva.
La causa è stata, infatti, introdotta con ricorso depositato successivamente al 1 aprile 2007 (e precisamente l’8 agosto 2007).
Deve in proposito richiamarsi l'art. 10 del D.L. n. 203/2005, convertito dalla legge n. 248/2005, che ha così disposto:
"1. L'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) subentra nell'esercizio delle funzioni residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze. Resta ferma la partecipazione nelle commissioni mediche di verifica dei medici nominati in rappresentanza dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, dell'Unione italiana dei ciechi e dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordomuti.
2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è stabilita la data di effettivo esercizio da parte dell'I.N.P.S. delle funzioni trasferite e sono individuate le risorse, umane, strumentali e finanziarie da trasferire. …
4. Fino alla data stabilita con i decreti di cui al comma 2, resta fermo, in materia processuale, quanto stabilito dall'articolo 42, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. …
6. A decorrere dalla data di effettivo esercizio da parte dell'I.N.P.S. delle funzioni trasferite, gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di
invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, nonché le sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi devono essere notificati anche all'I.N.P.S. La notifica va effettuata sia presso gli Uffici dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'articolo 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, sia presso le sedi provinciali dell'I.N.P.S. Nei procedimenti giurisdizionali di cui al presente comma l'I.N.P.S. è litisconsorte necessario ai sensi dell'articolo 102 del codice di procedura civile e, limitatamente al giudizio di primo grado, è rappresentato e difeso direttamente da propri dipendenti”.
Tale previsione è stata attuata con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 marzo 2007 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 2007), che all'art. 1 così testualmente dispone: “1. Ai sensi dell'art. 10 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, a decorrere dal 1 aprile 2007, l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) subentra nell'esercizio delle funzioni residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze. A decorrere dalla medesima data, l'I.N.P.S. subentra al Ministero dell'economia e delle finanze nei rapporti giuridici relativi alle funzioni ad esso trasferite”.
Il successivo art. 5 precisa che “L'I.N.P.S. subentra al Ministero dell'economia e delle finanze nelle controversie instaurate a decorrere dalla data del 1° aprile 2007, ancorché riferite a rapporti sorti anteriormente alla medesima data”.
Poiché tutte le residue funzioni in materia del Ministero dell'Economia e delle Finanze sono state trasferite all'INPS, ne consegue il sopravvenuto difetto di legittimazione passiva del Ministero.
Infatti, a seguito del trasferimento all'INPS della competenza sostanziale, vi è oggi coincidenza tra legittimazione processuale e legittimazione sostanziale sia in fase di accertamento del requisito sanitario, sia in fase di erogazione delle provvidenze (anche se l'ASL rimane competente per le visite e l'INPS opera un controllo sanitario soltanto successivo).
Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, attualmente privo di ogni competenza amministrativa, perde anche la legittimazione passiva per effetto del venir meno della disciplina stabilita dall'art. 42, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre
2003, n. 326.
I commi 4° e 5° dell'art. 10 D. L. n. 203/2005 disciplinano la fase transitoria tra l'entrata in vigore della novella del 2005 e il D.P.C.M. di effettivo trasferimento delle commissioni di verifica.
II 6° comma della medesima disposizione disciplina ipotesi residuali, riferite a giudizi nei quali non fosse in precedenza prevista la legittimazione passiva dell'INPS (ad esempio giudizi per handicap e disabilità), stabilendo per i giudizi in corso che “le sentenze e ogni altro provvedimento reso in detti giudizi”
devono essere notificati anche all'INPS, il quale diventa litisconsorte necessario, e che in futuro per gli atti introduttivi di detti giudizi legittimato passivo è anche l'INPS.
Il Ministero dell'Economia e Finanze resta legittimato passivo nei soli giudizi in corso alla data del 1 aprile 2007, giudizi nei quali, ai sensi dell'art. 10 co. 6° D. L. n. 203/2005 le notifiche devono avvenire quanto al Ministero presso l'Avvocatura dello Stato e quanto all'INPS presso le sedi territoriali.
Unico soggetto legittimato passivo nel presente giudizio è dunque l'INPS.
La novità della modifica legislativa relativa alla legittimazione passiva giustifica la compensazione integrale delle spese tra parte ricorrente e il Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Nel merito la domanda è peraltro infondata.
La ricorrente agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento dell'assegno di invalidità civile, richiesto con domanda amministrativa presentata in data 21 giugno 2006.
La ricorrente è stata, in effetti, riconosciuta invalida all'80% dalla competente commissione medica.
La ricorrente è stata altresì ritenuta non collocabile al lavoro nella competente sede medica.
Dalla documentazione dell'Agenzia delle Entrate la ricorrente risulta altresì priva di redditi.
L'INPS ha peraltro negato alla ricorrente la prestazione richiesta perché la ricorrente, cittadina dominicana, non è titolare di carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo).
E', in effetti, pacifico tra le parti che la ricorrente, pur coniugata con un cittadino italiano dal 6 ottobre 2005, non sia titolare di carta di soggiorno (oggi
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo).
Non consta, né è stato dedotto, che la ricorrente, pur se - come si è detto - coniugata con un cittadino italiano, abbia ottenuto e/o richiesto la cittadinanza italiana.
Come è noto, l’art. 80, comma 19° legge 23 dicembre 2000 n. 388 (applicabile ratione temporis, dato che la domanda amministrativa è stata presentata in data 21 giugno 2006) dispone che “ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani è consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni”.
L'art. 41 D.Lgs. 286/1998 dispone a sua volta che “gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti”.
Il raccordo tra le due norme rende palese che la finalità perseguita dal legislatore è stata quella di innovare il quadro normativo previgente, riducendo la platea dei beneficiari delle prestazioni assistenziali e limitandola ai soli titolari di carta di soggiorno.
La ricorrente sostiene che la norma sarebbe in contrasto con l'art. 1 Regolamento CE n. 859/2003 del 14 maggio 2003 che dispone che le disposizioni del Regolamento CE 1408/71 e del Regolamento CE 574/72 si applichino anche ai cittadini dei paesi terzi ed ai loro familiari purché “siano in situazione di soggiorno legale nel territorio di uno stato membro”.
Il Regolamento CEE n. 1408/71 del 14 giugno 1971, di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nazionale, si applica, secondo quanto indicato
dall'articolo 4, paragrafo 1, alle legislazioni concernenti le prestazioni per invalidità, vecchiaia e superstiti, alle prestazioni di malattia e maternità, alle prestazioni familiari e per disoccupazione, agli assegni per morte nonché alle prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali.
La disciplina del Regolamento 1408/71 è stata ampliata dal Regolamento CE 647/05 del 13 aprile 2005, in vigore dal 5 maggio 2005 (e dunque applicabile ratione temporis alla fattispecie).
L'art. 1 co. 2° e 5° del regolamento CE n. 647/2005 ha previsto una nuova disciplina in materia di prestazioni speciali in denaro non contributive secondo l'orientamento espresso al riguardo dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nelle sentenze Jauch dell'8 marzo 2001 nella causa C-215/99 e Leclere, Deaconescu del 31 maggio 2001 nella causa C-43/99.
Tale nuova disciplina assimila l'assegno per l'assistenza personale e continuativa al titolare di pensione di inabilità ad una prestazione per malattia in denaro, con la conseguenza che detto assegno deve essere corrisposto - ove ne sussistano i presupposti - al beneficiario, titolare di pensione di inabilità, anche se residente in uno Stato membro diverso.
L'art. 1 del regolamento CE n. 859/2003 del 14 maggio 2003 invocato dalla ricorrente estende effettivamente le previsioni dei regolamenti CEE 1408/71 e 574/72 (ed oggi del regolamento CE 547/05) ai cittadini di paesi terzi e ai loro familiari e superstiti, cui tali disposizioni non siano applicabili unicamente in ragione della loro nazionalità e che si trovino in situazione di soggiorno legale nel territorio di uno Stato membro.
Il medesimo articolo esclude peraltro espressamente tale estensione per le situazioni in cui non tutti gli elementi si collochino all'interno dello Stato medesimo.
La portata della previsione è chiarita dal dodicesimo considerando, in cui si ribadisce che non opera l'estensione in una situazione i cui elementi si collochino tutti all'interno di uno Stato membro e in cui la situazione del cittadino di un paese terzo presenta unicamente legami con un paese terzo e uno Stato membro.
I regolamenti comunitari invocati dalla ricorrente non possono dunque trovare applicazione alla presente fattispecie, perché, a quanto consta, la situazione della ricorrente non presenta legami con altri paesi dell'Unione
Europea.
La ricorrente invoca poi le recenti pronunce della Corte Costituzionale 30 luglio 2008, n. 306(1) e 23 gennaio 2009 n. 11(2).
Con la prima pronuncia la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 80 co. 19° legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, co.
1° D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 9, co. 1° legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, co. 1° d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludevano che l'indennità di accompagnamento, di cui all'art. 1 legge 11 febbraio 1980, n. 18 potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Con la seconda pronuncia la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionale dell'art. 80 co. 19° legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, co.
1° D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 9, co. 1° legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, co. 1° D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludevano che la pensione di inabilità, di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non risultavano in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del D.Lgs. n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Le due sentenze hanno fatto venir meno la necessità - per il riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile - della titolarità della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) ove tali documenti siano stati rifiutati esclusivamente per motivi attinenti al reddito.
Le due pronunce non hanno peraltro minimamente toccato la previsione che condiziona il riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile ad un cittadino extracomunitario ad una permanenza stabile all'interno dello Stato italiano.
In particolare nella sentenza 30 luglio 2008 n. 308 la Corte Costituzionale ha affermato che “al legislatore italiano è certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l'ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (da ultimo, sentenza n. 148 del 2008). E' possibile, inoltre, subordinare, non
irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza - alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini.
Le disposizioni censurate sono, pertanto, illegittime nella parte in cui - oltre ai requisiti sanitari e di durata del soggiorno in Italia e comunque attinenti alla persona, già stabiliti per il rilascio della carta di soggiorno ed ora (per effetto del D.Lgs. n. 3 del 2007) del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, non sospettati di illegittimità dal remittente - esigono, ai fini dell'attribuzione dell'indennità di accompagnamento, anche requisiti reddituali, ivi compresa la disponibilità di un alloggio, avente le caratteristiche indicate dal nuovo testo dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 286 del 1998".
Nella specie sulla base delle informazioni acquisite presso la Questura di Genova la ricorrente non risulta in possesso né di carta di soggiorno, né - oggi - di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, perché non è soggiornante sul territorio nazionale da almeno 5 anni, avendo richiesto il primo permesso di soggiorno in data 24 ottobre 2005.
In mancanza del periodo di soggiorno minimo nel territorio nazionale, legittimamente richiesto dallo Stato italiano per il riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile, la domanda non può pertanto trovare accoglimento.
La natura della controversia e l'esistenza di precedenti in senso favorevole alla ricorrente giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite.
(Omissis) _________
(1) V. in q. Riv., 2008, p. 714 (2) Idem, 2009, p. 120