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Se prendo una multa posso dire che avevo delle coliche renali?

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Se prendo una multa posso dire che avevo delle coliche renali?

Autore: Redazione | 07/02/2017

Con un certificato medico di pronto soccorso per ricovero per coliche renali posso ottenere l’annullamento della multa per eccesso di velocità?

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Tutte le volte in cui l’automobilista si trova in uno stato di necessità e, a causa di ciò, è costretto a violare le norme del codice della strada, l’eventuale multa può essere annullata dal giudice, dimostrando però in modo preciso e rigoroso la predetta condizione di urgenza. A volte non può bastare, quindi un semplice certificato del pronto soccorso che attesti il ricovero per coliche renali.

Questo perché, in ogni caso, è sempre necessario un bilanciamento degli interessi contrapposti: da un lato la sicurezza stradale, dall’altro la tutela della salute del conducente in una situazione per lui di emergenza.

Ebbene, proprio con riguardo a un automobilista multato per eccesso di velocità, il quale aveva lamentato agli agenti accertatori delle coliche renali dovute a calcoli, la Cassazione ha ritenuto la multa legittima [1]. Nel caso di specie l’uomo, in un tratto che consentiva la velocità a 70 km/h, è stato pizzicato a una andatura di 141 km/h. Secondo la Corte, le coliche renali non rappresentano un pericolo per la vita del conducente tale da giustificare la messa a repentaglio dei pedoni e delle altre auto, specie quando la velocità è – come nel caso di specie – così elevata.

Lo stato di necessità è una situazione che esclude la punibilità per la commissione di un reato (cosiddetta “scriminate”), ossia uno dei motivi per i quali chi ha commesso un illecito penale, può andare esente da responsabilità in quanto

“giustificato” dall’esservi stato costretto. Ma, secondo la giurisprudenza, tale scriminante si può applicare anche nell’ambito delle sanzioni di carattere amministrativo come, appunto, le multe per violazione del codice della strada.

Lo «stato di necessità» però deve essere un fatto di gravità tale da giustificare la violazione di altre leggi: si tratta cioè della necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Cosa che, secondo i giudici, non ricorre nel caso di coliche renali.

Note

[1] Cass. sent. n. 20121/2014. «In materia di sanzioni amministrative e dell'esimente dello stato di necessità, va esclusa la sussistenza di tale esimente allorchè la parte non abbia fornito una prova convincente sulla assoluta necessità di recarsi in ospedale per salvare sè o ad altri dal pericolo attuale ed immediato di

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un danno alla persona, con l'unico mezzo della commissione dell'illecito e cioè procedendo alla velocità di 140 km/h in zona abitata con limiti a 70 km/h specie a fronte di una patologia che, se grave, avrebbe seriamente potuto compromettere le capacità di guida con evidente pericolo per l'incolumità delle persone e, se non

grave, non giusticava di per sé la condotta posta in essere (nella fattispecie il ricorrente andava ad una velocità di 141 Km/H in un tratto di strada in cui vigeva il

limite di 70 Km/h, ed in prossimità di una stazione ferroviaria. Il contemperamento degli interessi in gioco, ovvero, lo stato di salute dell'appellante affetto da una

colica renale e la incolumità degli utenti della strada, esposti al potenziale pericolo di danni causati da un auto che viaggia ad una velocità di 141 Km/h, in un tratto di strada frequentata anche da pedoni, adulti e bambini, non consentivano di

dare rilevanza giuridica scriminante alla malattia del ricorrente, che nel caso di specie, non rappresentava, comunque, un pericolo per la vita)». Autore

immagine: 123rf com

Sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 24/09/2014, n. 20121 Fatto SVOLGIMENTO DEL PROCESSO B.L. impugna la sentenza n. 617/2010 emessa dal Tribunale de L'Aquila, in data 31.12.2010, non notificata, che ha rigettato il suo appello avverso

la sentenza del giudice di pace che, a sua volta, aveva rigettato il suo ricorso avverso la sanzione amministrativa per eccesso di velocità, rilevata nei pressi dell'ospedale (OMISSIS), dove si stava recando in conseguenza di una colica renale

in corso. Sia il giudice di pace che il giudice dell'appello non avevano valutato la documentazione medico-ospedaliera, che dimostrava il suo stato di malattia e che

fondava la invocata esimente di cui alla L. 689 del 1981, art. 4. Il ricorrente formula un unico articolato motivo di ricorso. Il Comune resta intimato. Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE Col primo ed unico motivo di ricorso si deduce:

"insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art.

360 c.p.c., n. 5)". Rileva il ricorrente che dal referto prodotto in giudizio risultava, a seguito della ecografia effettuata, "maggiore microlitiasi rene sinistro in assenza di

ectasia calicopielica, milza leggermente ingrossata" con prescrizione "in caso di dolore Pr/LIXIDOL GOCCE: 15-20 gocce al bisogno". Secondo il ricorrente "la microlitiasi altro non è che la presenta di piccoli calcoli (ed renella), in questo caso

nel rene sinistro del parente, idonei a provocare coliche violente, e il Lixidol, il farmaco prescritto dal medico, un antidolorifico specifico per il trattamento di tali patologie". Ancora, secondo il ricorrente "la lettura del documento era, dunque, di

per sè sufficiente per affermare che il Dott. B. ... fosse in condizioni di salute oggettivamente gravi, che giustificavano la condotta di guida tenuta". Rileva di aver in appello prodotto "anche il referto di pronto soccorso n. (OMISSIS)" dal quale

risultava "Data di Arrivo (OMISSIS) ora 13:04 stato cosciente mezzo di trasporto proprio ... Riferito Dolore Fianco Sn esame obiettivo: Prestazioni Eseguite in Pronto

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guaribile in 5 giorni S.C.". Ciononostante, il Tribunale de L'Aquila rigettava l'appello, confermando la sentenza impugnata perchè "la colica renale ed il dolore

prodotto da tale patologia, sicuramente rappresentano uno stato di malattia, ma non possono integrare una ipotesi di stato di necessità di cui alla citata norma, atteso che il danno alla persona, richiesto dalla scriminante, deve essere talmente

grave da poter giustificare anche eventuali danni causati a terzi". Secondo il difensore del ricorrente, "il B., affetto da colica renale, ... trovandosi in una situazione da lui ritenuta di pericolo imminente per il proprio stato di salute, ha violato le norme del Codice della Strada per recarsi nel più breve lasso di tempo

presso il più vicino ospedale per essere ivi tempestivamente assistito e curato.

Tale stato di cose, in ossequio all'art. 54 c.p. e alla L. n. 689 del 1981, art. 4, giustificava la condotta del ricorrente, il quale agì in stato di evidente e oggettiva

necessità". Osserva poi che "quand'anche non fosse ravvisabile quello stato di grave pericolo ma, soltanto "l'erronea convinzione" e "sensazione di trovarvisi""

trovava applicazione l'esimente stante "l'erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, persuasione non colpevole in quanto provocata da circostanze oggettive (cfr., Cass. Civ., Sez. 1^, 10.1.2005, n. 287), orientamento poi ribadito anche dalla Sezione 2^ (cfr., Cass. Civ., Sez. 2^, 19.6.2009, n. 14515)". Conclude

osservando che "il pericolo per la propria salute rappresenti di per sè, indipendentemente da qualsivoglia ulteriore valutazione, ... lo stato di necessità nel senso indicato dalle norme". Il ricorso è infondato e va rigettato. 2.1 - Occorre

osservare in primo luogo che il Tribunale, dopo aver richiamato l'interpretazione consolidata dalla norma invocata, osservava che: "nella fattispecie il ricorrente andava ad una velocità di 141 Km/H in un tratto di strada in cui vigeva il limite di 70 Km/h, ed in prossimità di una stagione ferroviaria, come correttamente rilevato

dal giudice di prime cure. Il contemperamento degli interessi in gioco, ovvero, lo stato di salute dell'appellante affetto da una colica renale e la incolumità degli utenti della strada, esposti al potenziale pericolo di danni causati da un auto che

viaggia ad una velocità di 141 Km/h, in un tratto di strada frequentata anche da pedoni, adulti e bambini, non consentono di dare rilevanza giuridica scriminante, alla malattia del ricorrente, che nel caso di specie, non rappresentava, comunque,

un pericolo per la vita dell'appellante". 2.2 - La censura è avanzata solo sotto il profilo del vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). La censura proposta, nella sostanza, si riduce ad una inammissibile prospettazione da parte del ricorrente di una diversa complessiva valutazione delle risultanze probatorie.

Costituisce, infatti, principio costantemente affermato da questa Corte quello secondo il quale il motivo di ricorso per cassazione, con il quale si facciano valere

vizi della sentenza impugnata a norma dell'art. 360 c.p.c., n. 5), deve articolarsi con la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni in cui sia

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incorso il giudice di merito, ovvero con la specificazione di illogicità consistenti nell'attribuire agli elementi di giudizio un significato estraneo al senso comune, od

ancora nell'indicazione della mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte e quindi dell'assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e dell'insanabile

contrasto degli stessi. Con detto motivo non può, invece, farsi valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al convincimento della parte ed in particolare non può proporsi un preteso migliore e

più appagante coordinamento dei dati acquisti, poichè tali aspetti di giudizio, essendo interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice

e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento, di modo che sono estranei al suddetto motivo di ricorso, che altrimenti si risolverebbe in una istanza

di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito (cfr. Cass.

1999 n. 11121; Cass. 2006 n. 3881). 2.3 - Tanto precisato, vai la pena ancora di osservare che il giudice dell'appello ha correttamente applicato i principi affermati da questa Corte al riguardo dell'applicabilità, in materia di sanzioni amministrative,

delle cosiddette esimenti, e in particolare dello stato di necessità. Al riguardo, questa Corte ha già avuto occasione di affermare il condiviso principio secondo il

quale: "in tema di opposizione a sanzione amministrativa irrogata a seguito di violazione dell'art. 142 C.d.S., comma 9, non vale ad escludere la responsabilità

del conducente l'invocato stato di necessità dovuto all'esigenza di rispettare i tempi di una consultazione medica conseguente ad un malore lamentato da un

passeggero, qualora l'opponente non abbia provato - essendone onerato per effetto dell'applicazione delle regole penalistiche sullo stato di necessità, alle quali

occorre fare riferimento anche ai fini previsti dalla L. n. 689 del 1981, art. 4 - l'imminente pericolo di vita del passeggero medesimo e l'impossibilità di provvedere diversamente alla salvezza di quest'ultimo" (Cass. n. 14286 del 2010,

rv. 613449). Nonchè il seguente "in tema di sanzioni amministrative, la responsabilità dell'autore dell'illecito può essere esclusa anche in caso di erronea

supposizione della sussistenza degli elementi concretizzanti una causa di esclusione della responsabilità, in quanto la L. n. 689 del 1981, art. 3, esclude la responsabilità quando la violazione e commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche l'erroneo convincimento della sussistenza di una causa di giustificazione. Qualora, però, l'interessato deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell'operatività di un'esimente reale o putativa deve provarne la

sussistenza, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio probatorio (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza

impugnata che aveva escluso la sussistenza dell'invocato stato di necessità, effettivo o putativo, per avere l'interessato dedotto l'assoluta necessità di recarsi in ospedale per eseguire degli accertamenti clinici, in quanto non era stata provata

la necessità di salvare sè o ad altri dal pericolo attuale ed immediato di un danno

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alla persona, con l'unico mezzo della commissione dell'illecito)" (Cass. n. 15195 del 2008, Rv. 603581). Tali chiari principi sono stati applicati al caso di specie, non

essendo riuscito il ricorrente a fornire una prova convincente sulla "assoluta necessità di recarsi in ospedale per ... salvare sè o ad altri dal pericolo attuale ed

immediato di un danno alla persona, con l'unico mezzo della commissione dell'illecito" e cioè procedendo alla velocità di 140 km/h in zona abitata con limiti a 70 km/h specie a fronte di una patologia che, se grave, avrebbe seriamente potuto

compromettere le capacità di guida con evidente pericolo per l'incolumità delle persone e, se non grave, non giustificava di per sè la condotta posta in essere.

3.Non avendo la parte intimata svolto attività in questa sede, non v'è da provvedere sulle spese. PQM La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella

Camera di consiglio, il 11 aprile 2014. Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2014

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