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Versamento delle ritenute: chi è responsabile?

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Versamento delle ritenute: chi è responsabile?

Autore: Redazione | 14/04/2019

Cambio di interpretazione da parte delle Sezioni Unite della Cassazione:

la responsabilità solidale tra datore e lavoratore scatta quando la trattenuta sulla busta paga non viene effettuata.

Si potrebbe dire che la montagna ha partorito il topolino. Il lavoratore, che subisce la trattenuta sulla busta paga per le imposte e i contributi, è stato sino ad oggi ritenuto corresponsabile con il proprio datore di lavoro per l’omesso versamento, da parte di quest’ultimo, delle somme dovute all’erario. In pratica, il dipendente si

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trovava a ricevere l’avviso di accertamento e la cartella esattoriale per una colpa che non era sua. E difatti il lavoratore percepisce già la retribuzione al netto delle imposte e dei contributi per l’Inps, sicché alcun vantaggio ne trae da una eventuale evasione. Ora però le Sezioni Unite della Cassazione hanno correttamente interpretato la norma ripristinando l’ordine naturale delle responsabilità. La sentenza è dello scorso 12 aprile e costituisce certamente una vittoria per il lavoratore-contribuente. Ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire chi è responsabile per il versamento delle ritenute del dipendente.

Sostituto d’imposta: chi è?

Per i redditi di lavoro dipendente, il pagamento delle tasse avviene in modo diverso rispetto a gran parte degli altri contribuenti: è chi paga lo stipendio – il datore di lavoro – a fare una trattenuta sulla retribuzione, trattenuta che poi deve versare allo Stato. In pratica, le somme dovute a titolo di imposte e di contributi previdenziali non passano mai nelle mani del lavoratore che riceve già lo stipendio netto.

In questo modo, il soggetto che effettua la trattenuta (più propriamente chiamata

“trattenuta alla fonte” proprio perché fatta da parte di chi deve pagare lo stipendio) è chiamato sostituto d’imposta, in quanto sostituisce il contribuente nell’attività materiale del versamento delle tasse (Irpef) collegate alla busta paga.

Chiaramente il dipendente non poteva che chiamarsi sostituito d’imposta.

Che succede se il datore di lavoro non versa le tasse allo Stato?

Immagina ora che, dopo anni in cui hai ricevuto sempre la busta paga al netto della trattenuta alla fonte, così come previsto dalla legge, l’Agenzia delle Entrate ti invia una raccomandata con la richiesta di pagamento delle imposte degli ultimi anni. La motivazione è disarmante: l’azienda non ha mai girato allo Stato tali somme che, comunque, aveva trattenuto sul tuo stipendio.

In un’ipotesi del genere, il “cornuto e razziato” sei solo tu che, oltre a non aver mai commesso alcun illecito e ad aver ricevuto uno stipendio dimezzato a causa delle tasse, ora sei costretto a pagare ciò che il tuo datore non ha pagato (e magari s’è speso per comprare la Porche).

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Cosa puoi fare? Fino a ieri, nulla! Già, perché secondo alcuni giudici, tra cui la stessa Cassazione, tu e il tuo capo eravate corresponsabili per l’evasione commessa da quest’ultimo: si sarebbe cioè trattato di una responsabilità solidale. In buona sostanza se il datore di lavoro non versava le tasse per conto del dipendente, attraverso il meccanismo della ritenuta alla fonte, era anche quest’ultimo a doverle pagare. Leggi sul punto Senza la ritenuta alla fonte il dipendente paga due volte le tasse.

Quando c’è responsabilità solidale tra datore e dipendente

Per fortuna questo assurdo ragionamento è stato sconfessato ora dalle Sezioni Unite della Cassazione che hanno spiegato: quando il contribuente riceve il salario al netto della ritenuta d’acconto non risponde poi del mancato pagamento, da parte del sostituto d’imposta, delle tasse e delle ritenute varie. Ne risponde solo il datore che è il vero soggetto passivo dell’imposta. Difatti il dovere di versamento costituisce infatti un’obbligazione autonoma rispetto all’imposta, che la legge pone a carico del solo sostituto.

La responsabilità solidale tra datore e dipendente si verifica solo quando quest’ultimo riceve la busta paga al lordo delle imposte, ossia senza che sia stata eseguita la trattenuta alla fonte. Solo in questo caso, infatti, egli trae un vantaggio dall’evasione del proprio datore di lavoro e ne può essere a conoscenza. Ed è questo, del resto, che prevede la legge [2].

Il cambio di rotta contraddice quindi l’interpretazione opposta dell’Agenzia delle Entrate. Finora la responsabilità solidale è stata affermata sul rilievo che l’obbligazione del versamento dell’acconto sarebbe unica e quindi tale da vincolare fin dall’origine il lavoratore. Ma attenzione: sostituzione e solidarietà dell’imposta sono istituti distinti. Il vero soggetto passivo dell’imposta resta il sostituto, ossia il datore di lavoro. E soltanto su di quest’ultimo grava l’onere della ritenuta d’acconto.

Sarebbe del tutto contraddittorio, secondo le Sezioni Unite, da un lato il riconoscimento dello scomputo e, dall’altro, l’assoggettamento dello stesso sostituito, in via solidale, alla riscossione delle somme scomputate. Da qui l’enunciazione del principio in base al quale se il sostituto omette di versare le

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somme, per le quali ha operato le ritenute, il sostituito non è tenuto al pagamento in solido, in quanto la responsabilità solidale è espressamente condizionata all’omessa effettuazione delle ritenute stesse.

Note

[1] Cass. S.U. sent. n. 10378/19 del 12.04.2019. [2] Cass. ord. n. 12113/2017 del 16.05.2017. Autore immagine datore di lavoro coi dipendenti altalena di

nuvolanevicata

Sentenza

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 26 marzo – 12 aprile 2019, n. 10378 Presidente Curzio – Relatore Bruschetta Fatti di causa 1. Con

l’impugnata sentenza la Regionale della Puglia, rigettato l’appello dell’Agenzia, confermava la prima decisione che aveva accolto il ricorso promosso da A.I.

avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 ter, per la riscossione delle somme che il suo

sostituto d’imposta non aveva provveduto a versare, pur avendo operato le ritenute d’acconto. 2. La Regionale, dopo aver rilevato che il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 22 riconosceva al sostituito il diritto allo scomputo delle ritenute d’acconto effettuate dal sostituto, spiegava che nel caso pervenuto all’esame non poteva trovare applicazione il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 35, perché

quest’ultimo prevedeva la solidarietà del sostituito solamente in ipotesi di

"omissione sia della ritenuta sia del versamento relativo". 3. L’ufficio ricorreva per un unico motivo, mentre il contribuente resisteva con controricorso. 4. La sezione semplice, reputato che al suo interno fosse insorto contrasto sulla questione della esistenza della solidarietà in parola, rimetteva la controversia al Primo Presidente,

il quale disponeva che sul ricorso la Corte pronunciasse a sezioni unite. 5. Il contribuente depositava memoria; la Procura Generale depositava note scritte. 6.

All’esito della pubblica discussione, la difesa erariale dichiarava di voler rinunciare la ricorso; il difensore del contribuente, che a sua volta dichiarava di aderire, chiedeva che fossero comunque riconosciute le spese di lite; il pubblico ministero domandava alla Corte di enunciare, nell’interesse della legge, il principio di diritto.

Ragioni della decisione 1. Ai sensi dell’art. 390 c.p.c., comma 1, la rinuncia erariale al ricorso non ha efficacia, perché la stessa è intervenuta dopo la relazione del giudice incaricato. 1.1. Il ricorso deve essere però dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse, quest’ultima chiaramente manifestata dalla difesa dell’amministrazione attraverso la rinuncia (Cass. sez. VI n. 5698 del 2013).

1.2. Ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, valutando la questione di particolare importanza, la Corte intende tuttavia avvalersi del potere di pronunciare il principio

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di diritto. 2. Con l’unico motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’ufficio addebitava alla Regionale di essere caduta in errore laddove aveva ritenuto che il contribuente, avendo ricevuto il corrispettivo al netto della ritenuta

d’acconto, dovesse considerarsi "liberato da qualsiasi responsabilità in ordine al versamento della stessa"; secondo l’ufficio, infatti, "permanendo la responsabilità

solidale con il sostituto", la CTR era incorsa nella violazione dell’art. 35 D.P.R. n.

602 cit.. 3. Come anticipato, la sezione semplice ha ravvisato un contrasto tra talune anteriori decisioni, che avrebbero escluso l’esistenza della solidarietà tra sostituto e sostituito (segnatamente, Cass. sez. I n. 13664 del 1999; Cass. sez. I n.

12991 del 1999); e la successiva giurisprudenza, che avrebbe invece

costantemente affermato un principio opposto (Cass. sez. VI-T n. 12076 del 2016;

Cass. sez. VI-T n. 9933 del 2015; Cass. sez. trib. n. 19580 del 2014; Cass. sez. trib.

n. 23121 del 2013; Cass. sez. trib. n. 8653 del 2011; Cass. sez. trib. n. 14033 del 2006). 3.1. Deve essere tuttavia precisato che le sentenze del 1999 come del resto

anche Cass. sez. trib. n. 19580 cit., Cass. sez. trib. 23121 cit. e Cass. sez. trib. n.

8653 cit. - hanno pronunciato sulla diversa fattispecie in cui il sostituto aveva integralmente pagato il corrispettivo senza operare le ritenute, sulla diversa fattispecie in cui il reddito percepito non era stato dichiarato per essere stato corrisposto "in nero" e sull’ulteriore diversa fattispecie in cui la solidarietà era stata

affermata con riguardo all’accertamento dell’imposta. 3.2. Le sezioni unite sono invece qui chiamate a decidere se, nel caso in cui il sostituto non abbia versato l’acconto, ma abbia però operato le ritenute sul corrispettivo, il sostituito sia o meno tenuto in solido con il sostituto a subire gli effetti della riscossione in forza

dell’art. 35 D.P.R. n. 602 cit.. 3.3. A riguardo deve essere evidenziato che la concreta fattispecie, come appena identificata, è sempre stata risolta dalla Corte nel senso della esistenza della solidarietà tra sostituto e sostituito (Cass. sez. VI-T

n. 12076 cit.; Cass. sez. VI-T n. 9933 cit.; Cass. sez. trib. n. 14033 cit.); per l’essenziale, la soluzione è stata tradizionalmente fondata sul presupposto che l’obbligazione del versamento dell’acconto fosse unica, sia per il sostituto, sia per il

sostituito; e che, alla stessa, fosse perciò "in origine" tenuto in via solidale anche il sostituito, in applicazione dell’art. 1294 c.c.; ma, questo orientamento, non può

essere condiviso. 4. È utile premettere che la sostituzione - e la solidarietà nell’imposta - sono istituti distinti. 4.1. L’art. 64, comma 2, D.P.R. n. 600 cit., che disciplina il giudizio di accertamento dell’imposta nel caso di sostituzione, dimostra

difatti che il soggetto passivo della stessa rimane il sostituito, atteso che al sostituto è soltanto riconosciuta una eccezionale facoltà di intervenire nel processo; di qui la fondamentale illazione per cui il dovere di versamento della

ritenuta d’acconto costituisce un’obbligazione autonoma, rispetto all’imposta;

un’obbligazione che la legge ha posto solamente a carico del sostituto, a mezzo degli artt. 23 ss. D.P.R. n. 600 cit.; e che trova la sua causa nel corrispondente obbligo di rivalsa stabilito dall’art. 64, comma 1, D.P.R. n. 600 cit.. 4.2. La lettura

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appare coerente con l’art. 35 D.P.R. n. 602 cit., che prevede la solidarietà soltanto quando il sostituto non abbia versato l’acconto; con ciò chiaramente escludendo

che, fuori dell’ipotesi di inadempimento del sostituto, il sostituito possa in via solidale essere tenuto al pagamento dell’acconto d’imposta; venendosi così a confermare l’assunto che l’autonoma obbligazione di versamento dell’acconto è stata, dai rammentati artt. 23 ss. D.P.R. n. 600 cit., posta unicamente a carico del

sostituto. 4.3. Peraltro, la speciale fattispecie di solidarietà del sostituito per l’obbligazione di versamento dell’acconto d’imposta, in caso di inadempimento del

sostituto, viene dall’art. 35 D.P.R. n. 602 cit. espressamente condizionata alla circostanza che non siano state operate le ritenute. 4.4. L’appena veduta condizione è in perfetta coerenza con quanto previsto dall’art. 22 D.P.R. n. 917 cit.

che, in modo esattamente speculare, riconosce al sostituito il contrapposto diritto allo scomputo delle ritenute operate dal primo; in effetti, sarebbe stato legislativamente contraddittorio riconoscere il diritto allo scomputo, ma assoggettare il sostituito in via solidale alla riscossione delle somme scomputate.

4.5. Da tutto quanto, è pertanto facilmente ricavabile il seguente principio: "Nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso

che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 D.P.R. n. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le

ritenute". 5. Il precedente contrario orientamento, giustifica l’integrale compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

compensa integralmente le spese.

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