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... e nel giro di quindici giorni la mini-crisi sui bond è diventata una "mini-crisi con pettegolezzi sulle Banche".

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Academic year: 2022

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11 febbraio 2018 – E quelli stavano a pensare ai problemi di bitcoin...

SOMMARIO Euro a 1.2247 contro dollaro e 133.28 contro yen. Dollaro/yen 108.83, yen/euro 133.28. Oro 1,316.65, rame 6712, indice GSCI 428.53, greggio 59.20. T-Bond 144.16, rendimento 3.16%. Euribor tre mesi -0.26%, Bund 158.04, rendimento 0.75%. Dow Jones 24191. Milano 22167. Indice Banche tedesche 58.76.

Cosa facevi nell'inverno del 2017, subito prima di...?

Ah, ero molto occupato a discutere dell'impatto di bitcoin sul futuro dell'Industria 4.0, e se i Cinquestelle siano libertari camuffati, fascisti inconsapevoli o radicali in costume - e in che modo questo li collochi rispetto alla guerra civile scatenata da Trump in America. Ah, Trump!

E com'è andata a finire?

Be'... E' finita che un gruppo delle principali Banche globali, quelle che prima del 2008 avevano in carico derivati che davano per scontato che il mercato dei mutui sarebbe rimasto per sempre fermo e stabile,

stavolta aveva venduto allo scoperto derivati scommettendo che la volatilità, azzerata ormai da anni grazie ai tassi zero, sarebbe rimasta per sempre ai minimi storici.

Quindici giorni di calo delle Borse e dei bond però hanno fatto esplodere l'indice VIX (dal 9% al 50% in tre settimane), quei derivati sono andati in picchiata, provocando pesanti perdite su obbligazioni strutturate [...

... e nel giro di quindici giorni la mini-crisi sui bond è diventata una

"mini-crisi con pettegolezzi sulle Banche".

E, con i timori di ulteriori danni al sistema bancario, la terza settimana è diventata un tonfo.

BORSE:

Borse generaliste:

Dow Jones -5.21% a 24191, ancora alta nonostante i 330 punti persi in 15 giorni (-12%). Tengo 24000 come primo segnale di possibili gravi conseguenze di lungo termine, e solo 22000 avvierebbe una correzione destinata a durare a lungo.

Francoforte -5.30% a 12107, Londra -4.72% a 7092, Brasile -3.74% a 80899,

Tokyo -8.13% a 21383, lo "yen forte" morde malamente.

Cina: Shanghai -9.60% a 3130.

Il fatto che la crisi arrivi a toccare duramente i titoli cinesi merita la massima attenzione. E' un paese creditore, detentore/esportatore di capitali e produttore di profitti. Quindi, dovrebbe essere la tipologia di Paese meglio protetta da una crisi da stretta del credito. E tuttavia...

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3000 è l'"allarme rosso" da tenere presente a giorni. Lì sopra Shanghai ha retto per tutto il 2016/2017, dopo il crollo (6000-->3000) del 2015. Senza recuperare, ma finora senza minacciare di riavviare il ribasso.

Le materie prime lo sentirebbero, eccome.

I grandi debitori internazionali, anche.

Banche:

Germania (-9.00% a 58.76), Europa (-4.57% a 176.20), Inghilterra (-2.63% a 156) America (-5.80% a 458.95),

Fondi immobiliari USA (-4.18% a 320.75), erano da tempo in preallarme (345/335), teniamo 300 come allarme di scenario.

Italia (-4.46% a 22167), intacca 23000 che è uno storico allarme.

Giappone (-8.79% a 252.81).

Non manca all'appello nessuno degli indicatori di scenario che seguiamo più attentamente: Banche tedesche, fondi immobiliari USA, Cina.

Il problema di un impatto globale, non solo americano, del rialzo dei tassi, quindi, c'è.

"Trump", un par de ciufoli.

TITOLI DI STATO (cioè, TASSI D'INTERESSE di mercato a lungo termine):

(teniamo conto che, con borse che segnano -5%, i bond comunque dovrebbero servire da "rifugio" e rimbalzare almeno di un 2%. Che perdano addirittura significa che il mercato... ha meno soldi "da mettere al sicuro". Cioè che il ribasso intacca il credito):

Titoli di Stato globali (indicatore dei tassi d'interesse di mercato):

T-Bond americani [30 anni] -0.43% a 144.16, rendimento 3.16%; tentano di annullare l'allarme di 148, falliscono, e ricadono anche sotto l'allarme da crollo di 145.

Tecnicamente, se sganciano 145 il ribasso di medio e lungo termine sarà iniziato in pieno (obiettivi a 140 poi calo poliennale).

T-Note americane [2 anni], invariate a 106.77, rendimento 2.07%;

A questo punto bisogna calcolare il rischio di un decollo globale dei tassi. Tengo come allarmi specifici:

156/154 per i Bund tedeschi, che segnano +0.11% a 158.04, rendimento 0.75%;

151/150 per gli OAT francesi, che segnano +0.2% a 152.62, rendimento 0.99%;

134 per i BTP italiani, che segnano -0.13% a 135.65, rendimento 2.05%;

Erano invece già in allarme ribassista i Bonos spagnoli, invariati a 122, rendimento 1.48%;

così pure, da 123, le Gilt inglesi, che segnano -0.18% a 121.12, rendimento 1.57%.

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I JGB giapponesi (invariati a 150.50, rendimento 0.07%) sono in tutt'altra situazione. Nessuno li può vendere, visto che sono tutti in mano, direttamente o indirettamente, a Banca del Giappone. Ma soprattutto: a chi li venderebbe?

I tassi sono quindi in compatto e globale rialzo, con il rischio di accelerare molto al di là delle aspettative degli operatori.

Ma QUANTO questa stretta contagia le MONETE (= credito + commercio internazionale) e le materie prime (= attività manifatturiera, commercio internazionale, ciclo economico, emergenti)?

Sul fronte monetario, il clima "asciutto" frena decisamente il calo del dollaro, ma non riporta ancora la moneta USA a dinamiche di "forza da scarsità". Continua però a alimentare le minacce di rialzo dello yen e, in misura minore, del franco svizzero.

In settimana abbiamo quindi tutt'e tre le "monete da deflazione" in rialzo non definitivo.

Dollar index +1.39% a 90.44, mantiene l'allarme rosso di 91; 88/85 sarebbero segnali di netto ribasso del dollaro. Ma in questa "debolezza" pesa molto il calo di dollaro/yen, che è un segnale di forza dello yen (deflattiva), non di "abbondanza di dollari". E infatti:

Dollaro/yen -1.22% a 108.83: torna a cadere verso 108 (segnale rialzista per lo yen, con piena conferma a 105). In serio preallarme rialzista per lo yen.

Sposto posizioni d'investimento da dollaro a yen, soprattutto se legate a operazioni in Asia.

Dollaro/euro +1.73% a 1.2247; rimbalza decisamente via da 1.25 (segnale di ribasso del dollaro, che però blocca l'euro da anni). E riavvicina (non riaggancia) 1.22: dove abbiamo predisposto coperture a breve termine, e sopra il quale (meglio 1.20) l'allarme sul dollaro cesserebbe del tutto.

Solo il ritorno del dollaro sopra 1.22/1.20 permetterebbe di abbandonare cautela e protezioni.

L'euro perde ancora contro franco svizzero (franco +0.91% a 1.1502 contro euro). Sarebbe "debole" soltanto sotto 1.15/1.13, ma il recupero degli ultimi mesi si è piantato.

Sterlina/dollaro -2.15% a 1.3815, frena il recente deciso recupero, lo abortirebbe sotto 1.37/1.35,

mentre sterlina/euro (-0.52% a 0.8869) resta vicina a livelli (0.88/0.85) che potrebbero dare il via a un rimbalzo di medio termine.

Non li aggancia ancora. Tengo 0.88 come allarme, 0.85 come conferma.

Australiano -1.50% a 0.7812; torna sotto 0.80 e avvicina 0.78 raffreddando un importante allarme da "dollaro debole". E resta debole contro svizzero.

Solo 0.75 rilancerebbe un "dollaro forte". Canadese -1.29% a 1.2589.

Rand sudafricano +0.5% a 12.03; real brasiliano -2.55% a 3.301.

Yuan cinese 6.303: rallenta il rialzo, resta forte.... aspetta di vedere i Cinesi cosa faranno se Shanghai sfonda 3000... rubinetti aperti...

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Won coreano -1.12% a 1,092.07: arretra leggermente da livelli già molto alti. Solo ben sotto 1120/1140 segnalerebbe un dollaro in recupero.

L'Asia resta il fronte sul quale il dollaro rischia di più.

Pesanti ma non compatte né irreversibili le perdite sulle MATERIE PRIME:

L'oro frena ma non segna ancora una inversione di tendenza:

contro dollaro segna -1.26% a 1,316.65, ancora sopra 1300;

contro yen -2.81% a 4573, ancora sopra il primo minimo allarme di 4500;

contro euro segna +0.49% a 1,075.08, ancora ben sopra 1050 - alla faccia dell'"euro forte".

C'è invece da registrare il ritorno del greggio sotto 60, che contribuisce a una frenata che le commodities avevano comunque già iniziato:

indice GSCI della materie prime -6.13% a 428.53, greggio -9.55% 59.20,

metano -9.47% a 2.58,

rame -4.17% a 6712, intacca l'allerta di 6800, facciamo attenzione a 6500;

nickel -3.49% a 12933, alluminio -4.03% a 2121, zinco -3.89% a 3412,

acciaio cinese -0.31% a 3918, noli: +2.74% a 1125.

Non ci sono allarmi da crollo irreversibili, ma c'è la conferma di una generale vulnerabilità del comparto, che non data da oggi.

Teniamo come allarmi 6800/6500 del rame e 420/400 dell'indice GSCI.

A che punto siamo, perciò, con lo scenario?

Una gelata globale ha preso di sorpresa gli operatori e i commentatori, che ancora due settimane fa ipotizzavano un ritorno agli scenari di

"dollaro debole", "credito facile", "reflazione" (quindi: Borse in decollo, materie prime in recupero, credito accessibile a bassi tassi reali).

Dimenticarsi quell'allerta come se non fosse mai esistita, e con il dollaro ancora sotto pressione, sarebbe imprudente.

Ma la direzione dei tassi USA è però chiara, e il rapido e pesante coinvolgimento delle Borse e soprattutto delle Banche nel ribasso conferma la possibilità di un nuovo "deleveraging".

Allora, io:

mantengo ovviamente la raccomandazione ribassista sui titoli di Stato USA [con avvertimento su possibili rimbalzi a breve e breve/medio. Il tonfo delle Borse potrebbe essere usata sia dalla Politica sia dalla Professione come pretesto per sostenere i bond].

Valuto ora l'apertura di posizioni ribassiste sui bond europei. Ho fornito sopra i segnali di allarme.

Sto alla larga da Borse e commodities.

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La situazione più complessa è quella delle valute:

il dollaro si era indebolito fino a livelli che segnalavano una possibile mini-crisi quantomeno a breve termine. E ancora oggi non torna forte.

Se questa calma del dollaro è effettivamente sintomo di un attacco di sfiducia sulla capacità americana di servire il debito, essa potrebbe ridiventare debolezza vera e propria.

Solo in uno scenario del genere il calo del dollaro rappresenta un rischio di lungo termine,

e in quel caso il rischio si estenderebbe rapidamente ai Paesi debitori (emergenti, area-euro).

Quindi procedo così:

* operando da area-euro, ho protetto a breve termine (settimane) le posizioni in dollari acquistando dei put dollaro sulle basi 1.22, 1.23 e 1.25.

Serve a coprire le posizioni export o creditorie verso dollaro.

Ritengo che a lungo/lunghissimo termine non ci siano ancora indicazioni di un recupero dell'euro contro dollaro.

* Invece, per i portafogli d'investimento, gestione di tesoreria o speculazione, preferisco spostare le posizioni dal dollaro allo yen (restando comunque fuori dall'euro), se nei prossimi giorni il dollaro intaccherà anche 108.

Il segnale definitivo di ribasso del dollaro sarà a 105.

Può anche essere utile, in alternativa, acquistare dei put dollaro 105 a breve scadenza (venti giorni).

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