La violenza contro le bambine e i bambini
Dott.ssa Maria Grazia Apollonio psicologa-psicoterapeuta Centro Antiviolenza GOAP – Trieste www.goap.it
- Bambine e bambini che assistono a violenza - Gli esiti post-traumatici
- Come accogliere il primo racconto dei bambini
- I falsi miti che ostacolano la rilevazione della violenza
Violenze sulle donne e sui figli/e
I bambini sono SEMPRE coinvolti nelle violenze domestiche direttamente o indirettamente, durante la convivenza e anche DOPO la separazione Tra il 40 e il 60% dei mariti violenti agiscono maltrattamenti contro i figli
(Unicef, 2003; OMS, 2010)
La violenza domestica raddoppia il rischio di agiti violenti paterni contro i figli (ONU, 2006)
Gli uomini violenti contro la compagna sono più spesso coinvolti in atti di abuso sessuale nei confronti dei figli o dei figli della compagna (OMS, 2010)
Una ricerca condotta in Italia rileva che ben 2/3 di mariti violenti sono violenti anche nei confronti dei figli (Romito, Paci, Beltramini, 2007).
La violenza assistita: bambini che assistono a violenza intra-familiare
Qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica e atti persecutori compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; di tale violenza il/la bambino/a può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti (C.I.S.M.A.I., 2005, 2017).
Orfani speciali (dal 2000 al 2014, 1.600 bambini in Italia)
Tutti i bambini che vivono in situazione di violenza domestica sono vittime di violenza assistita
Assistere a violenza produce trauma
La violenza assistita viene considerata una vera e propria forma di maltrattamento sui minori, visti gli esiti lesivi sull’equilibrio psico-fisico del minore, equiparabili a quelli della violenza direttamente subita
(C.I.S.M.A.I., 1999; O.M.S., 2002; Studio ONU, UNICEF, OMS, 2006; Save the Children, 2011).
Le conseguenze sull’equilibrio neuro- psicologico:
il child abuse è la principale causa di disturbo psicopatologico e costituisce il maggior problema di salute pubblica (OMS, 2010; Felitti et al. 1998, van der Kolk, 2010)
Danni cerebrali e a livello del sistema nervoso, endocrino,
immunitario
Danni a livello di sviluppo psico-fisico
Danni a livello del senso di sé
Danni a livello emotivo
Danni a livello cognitivo Danni a livello
relazionale Danni a livello
comportamentale
Rischio – non automatico - di
riproducibilità
Effetti del maltrattamento sullo sviluppo del cervello
Effetti sulla struttura e attività del cervello
Effetti sul
funzionamento del comportamento
sociale ed emotivo
Effetti a livello del sistema nervoso
Alterazioni funzionali del sistema di risposta allo stress
Gli stimoli vengono percepiti come pericolosi
Costante attivazione del sistema di risposta allo stress
Oppure meccanismi difensivi di evitamento, dissociazione, spegnimento.
Esiti sul comportamento
Dis-regolazione nell’espressione delle emozioni e nella modulazione degli impulsi: riposte automatiche impulsive e aggressive a stimoli percepiti come minacciosi
- Attacco e fuga
- Sistema simpatico
- Iper-reattività, scoppi di ira improvvisi e ingestibili, aggressività, oppositività, provocazione
Esiti sul comportamento
Evitamento, fuga, dissociazione
- Spegnimento di fronte a stimoli sopraffacenti - Sistema parasimpatico dorso-vagale
Ipoattività, depressione, ripiegamento su di sé,
«distrazione»
Freezing
Conseguenze a livello relazionale
Crescere in un contesto violento può rendere i legami di attaccamento insicuri
Il bambino non si sente sicuro né della relazione con il genitore percepito come aggressore e pericoloso, né della relazione con il genitore percepito come fragile e non protettivo.
Non si esprime aggressività nei confronti di chi ci fa paura.
Se un legame è percepito come instabile e pericoloso si mettono in atto strategie di adeguamento pur di preservare il legame e di
auto-proteggersi.
A livello comportamentale
Ambivalenza affettiva e contraddizioni comportamentali
Acquiescenza e compiacenza per timore
Il bambino cerca di «conquistare» il genitore del quale non si sente sicuro e di «tenerlo buono»
Inversione genitoriale: il bambino accudisce il genitore
«vittima» e può temere la separazione proprio perché sente di doverlo proteggere
I MOI post-traumatici
Il mondo è minaccioso,
pericoloso
Io non valgo nulla, sono
indegno
Impotenza Tradimento Stigmatizzazione
Sessualizzazione traumatica
Finkelhor e Browne (1985)
SINDROME DI ADATTAMENTO
ROLAND SUMMIT (1983)
• Segretezza rispetto a quanto subito
• Impotenza emotiva a opporsi o ribellarsi
• Intrappolamento e adattamento, “arrendersi”
e adattarsi a ciò che non si può evitare
• Svelamento ritardato e conflittuale
• Ritrattazione delle accuse qualora queste rompano equilibri e generino sofferenza.
Riconoscere la valenza traumatica di ogni forma di violenza
Riconoscere il diritto e il bisogno del bambino di ricevere protezione
Riconoscere il diritto e il bisogno del bambino di accedere a esperienze riparative
Riconoscere il diritto e il bisogno del bambino di accedere alle cure psicologiche, tempestive, specialistiche, basate su un approccio multimodale, integrato e di intelligenza emotiva
NEGARE QUESTI DIRITTI E’ UN’ULTERIORE VIOLENZA
Il racconto da parte del bambino è un elemento fondamentale per la diagnosi di violenza
Ogni racconto di violenza riferito da un bambino va tenuto in grande considerazione.
La negazione e la ritrattazione del racconto sono frequenti e non necessariamente indicano un
racconto “falso”.
Anche bambini molto piccoli sono in grado di produrre racconti attendibili e affidabili.
Come accogliere il racconto del bambino
• Attenzione, empatia, accoglienza.
• Contesto tranquillo, riservato.
• Prendersi tempo.
• Cercare il contatto visivo
• Mettersi all’altezza del bambino
• Chiamarlo per nome
• Ascoltare le proprie emozioni
• Concentrarsi sulle emozioni del bambino Attenzione al bambino
Come accogliere il racconto del bambino
In tutto il corso del racconto concentrarsi più sui
vissuti che sui fatti, con attenzione al non verbale.
«Mi sembri triste, è accaduto qualcosa che ti fa sentire così?»
«Questo mi fa preoccupare per te…capisco che mi stai raccontando una cosa difficile da vivere e da riferire…come ti senti, cosa provavi quando accadeva»
«Capisco sia difficile parlarne»
«Vedo che ti viene da piangere, che tremi…mi rendo conto sia molto dura»
«Ti ringrazio per lo sforzo che hai fatto, sei stato coraggioso»
Attenzione ai vissuti del bambino
Come accogliere il racconto del bambino
Chiedere in modo aperto
Evitare domande chiuse, domande SI/NO
Usare le parole del bambino, ripetere le sue parole
«Papà mi tocca il pisello»
«Aiutami a capire bene, solo tu puoi spiegarmi bene cosa succede»
NO: «Papà abusa di te?»
«Lo zio mi fa fare un gioco segreto…mi rende speciale»
«Mi spieghi questo gioco?»
NO: «Ti tocca, ti chiede di toccarlo?»
Come parlare con il bambino
Ripetere per capire se si ha capito
«Aiutami a capire se ricordo tutto:….»
Quanto già detto dal bambino facendo attenzione a non aggiungere nulla
Restituire l’importanza di quanto detto
«Mi hai raccontato delle cose davvero importanti, delle quali so che non è facile parlare…sei stato davvero bravo e coraggioso.
Mi hai aiutato davvero molto a capire.
Ti ringrazio»
Come parlare con il bambino
Non fare promesse e non creare aspettative
Mai dire:
«non lo racconterò a nessuno»
«se mi racconti poi non dovrai parlarne mai più»
«se mi racconti finisce tutto»
«lui andrà in carcere»
«Questa cosa che mi stai raccontando è molto importante, ti fa stare male e ti mette a rischio, io voglio proteggerti, cercare di
aiutarti e per farlo ho bisogno di parlarne con….., di fare….»
«Secondo te ora cosa sarebbe giusto che accadesse, tu cosa ti aspetti, cosa desideri….»
Piuttosto
Come parlare con il bambino
Se il bambino non parla o si blocca
Attendere
Autorizzarci al silenzio insieme a lui
«So che è difficile parlare di questa cosa, so che fai fatica, che è doloroso»
«A volte i bambini, ma anche i grandi, si vergognano a raccontare qualcosa che proprio non vorremmo fosse accaduto»
«Chissà se te la senti di superare la vergogna e di raccontarmi…»
Cosa non fare…
• Fare finta di non vedere
• Avere reazioni brusche, di spavento, di disgusto…
• Sgridare il bambino
• Fare sentire il suo comportamento “sporco”,
“vergognoso”…
• Prenderlo in giro
• Distrarlo immediatamente proponendo altre attività
Suggestione negativa
Spinta a rinunciare alla
rivelazione, rinforzo del segreto.
Reazioni di spavento Reazioni di incredulità Reazioni di disgusto
“Fughe” dell’adulto
Domande “fredde”, poco attente alle emozioni del bambino
Suggestione positiva
Indurre con domande direttive e suggestive il bambino a rivelare abusi non avvenuti o ad
introdurre nel racconto elementi falsi
Introdurre particolari non già riferiti dal minore, attraverso domande o affermazioni
Ripetizione della stessa domanda Possibile, ma rara, suggestione intenzionale da parte di un
adulto.
Ma cosa rende la violenza invisibile?
La tendenza delle vittime a mantenere il segreto per i vissuti e le paure indotte dalla violenza stessa.
La scarsa formazione degli operatori.
Le emozioni post-traumatiche attivate in chi ascolta storie di violenza/abuso
I falsi miti scientifici.
- Contro-transfert traumatico: il trauma è
«contagioso», l’operatore tende a provare le stesse emozioni provate dalla vittima.
- Fatica a confrontarsi con la realtà del «mondo cattivo», con la pericolosità anche a livello familiare e con la propria vulnerabilità.
In che modo le emozioni possono trasformarsi da ostacolo a risorsa
• Confronto con i colleghi
• Consulenze
• Supervisioni
• Formazione ed aggiornamento
Riconoscere le proprie emozioni, la loro normalità e legittimità, non vergognarsene, parlarne.
Non affrontare le situazioni di violenza/abuso da soli.
Conseguenze sul bambino
La mancata attivazione dell’intervento o un intervento inadeguato, equivalgono per il bambino ad una traumatizzazione secondaria, in cui, non sentendosi riconosciuto e compreso nella propria verità, subisce una diversa forma di abuso.
I falsi miti scientifici
Negazione, mistificazione della violenza in conflitto
Mito delle false denunce
Mito delle false testimonianze Mito dei falsi ricordi
Alienazione parentale
Mito delle false denunce
Ricerche evidenziano che: (Thoennes e Tjaden , 1990; Trocmè e Bala, 2005)
-le denunce di abuso o di maltrattamento fatte nel corso dei procedimenti per la custodia dei figli sono infrequenti e non superiori alle denunce presentate in fasi diverse della vita;
- la percentuale di false denunce è limitata;
- buona parte delle denunce presentate (anche in fase di separazione coniugale) si rivela fondata.
Mito delle false denunce
Falsa denuncia o erronea denuncia?
- E’ presente una certa percentuale di denunce non provate mosse da fraintendimento.
- E’ alta la percentuale di denunce non provate, ovvero tutte quelle denunce mosse sulla base di un autentico e sincero sospetto, ma che non riescono a venir provate nel corso dell’iter giudiziario (FALSI NEGATIVI).
Mito dei falsi ricordi
Un’accurata revisione della letteratura internazionale:
- non si è mai riusciti a dimostrare in chiave sperimentale la possibilità di instillare un falso ricordo se non riguardante un episodio in qualche modo plausibile, familiare per il soggetto,
- “non esistono evidenze empiriche sulla possibilità di impiantare falsi ricordi concernenti esperienze emozionali stressanti, traumatiche o croniche”.
Molte critiche sono state fatte agli studi relativi al falso ricordo, sia in termini di metodo, sia in termini di risultati raggiunti che di etica.
Revisioni della letteratura scientifica internazionale (Di Blasio et al. 2004, 2012) concludono che:
- le domande suggestive possono indurre errori solamente nella memoria dei dettagli periferici (il tempo, le caratteristiche dell’ambiente circostante…), mentre non possono impiantare un falso ricordo ex novo (cioè non hanno il potere di determinare un falso ricordo di un evento traumatico);
- anche l’alterazione degli elementi marginali del racconto viene riscontrata solo nel 25% dei soggetti studiati;
- la suggestione può interessare eventi plausibili, potenzialmente comuni nella vita e nell’esperienza di un bambino, mentre non esistono prove a sostegno della capacità suggestiva rispetto a esperienze “sconosciute e rare” nella vita di un bambino ed emozionalmente stressanti e traumatiche;
- il potere suggestivo è minimo o addirittura non dimostrato per gli eventi che si caratterizzano per coinvolgimento personale e valenza negativa.
Sindrome di Alienazione parentale
Richard Gardner (1985)
Un disordine che si manifesta soprattutto nel contesto di procedimenti per la custodia dei figli”, una patologia nella quale un genitore mette il figlio contro l’altro genitore utilizzando tecniche di manipolazione emotiva tali da indurlo ad escludere o a voler escludere il genitore “alienato”.
Dubbi sulla figura di Gardner (espulso dalla Columbia University, si auto-pubblicava gli articoli mai sottoposti a validazione…)
Richard Gardner, Sex Abuse Isteria , Creative Terapeutics, N.J., 1991,:
i bambini sono dei perversi polimorfi inclini a mentire (pag. 110), privi di senso di colpa e di morale (pag. 149), vendicativi ed in grado di usare le accuse di abuso sessuale come potente strumento di vendetta (pag. 149) o per ottenere “notorietà” (pag. 150);
gli operatori coinvolti nella tutela all’infanzia ricevono gratificazioni indirette dei loro stessi impulsi pedofili (pag. 41) e quando denunciano un abuso in realtà gratificano il loro desiderio di impegnarsi nelle attività in cui è coinvolto l’abusante (pag. 49). Anche i pubblici ministeri durante le arringhe in realtà accrescono il loro desiderio sessuale (pag.54) e i giudici, nell’emettere una condanna, cercano di tenere a bada i loro istinti pedofili (pag. 123);
le campagne contro la pedofilia sarebbero la manifestazione della repressione di naturali istinti pedofili e dell’invidia provata dai moralisti verso coloro che si concedono una maggior libertà di espressione sessuale (pag. 133);
una madre inibita sessualmente spinge il padre a rivolgere le attenzioni sessuali sulla figlia, permettendogli così di gratificare al meglio i suoi bisogni primitivi, tenendolo rabbonito (pag. 59).
Richard Gardner, True and False Accusations of Child Sex Abuse, , Creative Terapeutics , 1992:
il padre pedofilo deve essere aiutato a capire che la pedofilia è una pratica diffusa ed accettata ancora oggi da miliardi di persone (pag. 593) e che non c’è nulla di cui sentirsi in colpa (pag. 594);
i bambini possono apprezzare le esperienze sessuali e rimanere traumatizzati non dall’esperienza in sé ma dalla reazione esagerata da parte della società (pag. 595) e dalle reazioni isteriche della madre (pag. 584-585);
la pedofilia può rivelarsi utile per la sopravvivenza della specie, incrementando il generale livello di eccitazione sessuale e aumentando, quindi, la probabilità che le persone si coinvolgano in attività che contribuiscono al processo riproduttivo (pag. 19-20). Inoltre, un bambino precocemente sessualizzato ha maggiori probabilità di essere attivo sessualmente dopo la pubertà e, quindi, di trasmettere precocemente i suoi geni (pag. 24).
Alienazione parentale
Si rileva nei contenziosi legali di separazione.
Impossibilità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra genitore e figlio a causa dei comportamenti devianti dell’altro genitore che tendono a svalorizzare le capacità di comprensione e decisione del figlio fino a provocare un vero e proprio rifiuto di quest’ultimo nei confronti del genitore succube.
Negazione del diritto del figlio alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione.
«…quando le valutazioni svolte convergono nell’avvalorare l’ipotesi che tali problemi derivino da un legame fusionale totalizzante ed esclusivo con uno dei due genitori, si potrà provvedere ad una temporanea
“parentectomia”, allontanando il figlio dal genitore con il quale si sia instaurato un rapporto patologico e collocandolo per il tempo necessario in un luogo
“neutro”» (Camerini, 2014).
Nei casi in cui «il bambino non può essere trasferito nella residenza del padre poiché su quest’ultimo pende l’accusa (da dimostrare) di violenza sessuale nei confronti del figlio…una soluzione, la più drastica, potrebbe essere quella di trasferire temporaneamente il minore presso una struttura dedicata in cui poter effettuare visite protette con entrambi i genitori»
(Camerini, 2014)
L’ AP non è inserita in alcun manuale diagnostico (DSM-5, ICD-11)
Istituto Superiore di Sanità, 2012 Ministero della Salute, 2020
ONU: una violazione dei diritti e del principio di superiore interesse del minore.
American Psychological Association (APA, 1996): “Sebbene non ci siano dati che sostengano il fenomeno della cosiddetta sindrome da AP, in cui le madri vengono biasimate perché interferirebbero con l’attaccamento dei figli al padre, il termine viene tuttora usato da alcuni periti e dai tribunali per ignorare le paure dei bambini in situazioni ostili e di abuso psicologico”. “I tribunali frequentemente minimizzano il danno che ha per i bambini assistere alla violenza tra i loro genitori e a volte sono riluttanti a credere alle madri.”
Incostituzionalità – Procura della Cassazione
«non si può escludere che una significativa quota della sofferenza presentata dal minore (e quindi del suo rifiuto) sia il risultato dell’esposizione (diretta e indiretta) a scene drammatiche di aggressione/violenza intraconiugale»
«la capacità protettiva paterna è estremamente carente nei confronti del figlio, esposto (in maniera sia diretta sia indiretta) a scene drammatiche di aggressione/violenza intraconiugale.»
«non è escluso che il minore possa essere stato soggetto a violenza, ma appare fondato il
convincimento, sulla base delle varie relazioni e dal complessivo quadro probatorio, che essa abbia riguardato i rapporti tra i coniugi e non direttamente il minore.»
Inserimento in comunità, con interruzione di ogni contatto con la madre e con l’intera famiglia materna per l’intera permanenza in struttura.
Al termine della permanenza in struttura, affido super-esclusivo e collocamento presso il padre.
Ripresa graduale dei contatti con la madre in via inizialmente protetta e tutelata al fine di verificare e arginare ogni possibile ulteriore inquinamento.
Forzare e imporre il rapporto con un genitore non fa altro che rendere più rigidi e stabili nel tempo il rifiuto stesso e i vissuti di rabbia ed astio.
Esiti dannosi di tali provvedimenti forzati sul benessere e sulla salute dei bambini (vissuti di impotenza, sintomi di ansia, depressione, dissociazione, PTSD, fughe,
autolesionismo e suicidio).
Dallam S. & Silberg JL., 2006, 2016 Johnston JR & Goldman JR., 2010