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Lettera aperta al Presidente del Consiglio Mario Draghi

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Academic year: 2022

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Lettera aperta al Presidente del Consiglio Mario Draghi

Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,

sono passati 71 anni da quando Piero Calamandrei ebbe a definire la Scuola un

“organo costituzionale”, da annoverare nell’ordinamento dello Stato accanto alle Camere, al Presidente della Repubblica, al Governo, alla Magistratura. La Scuola, proprio in quanto strumento essenziale per la realizzazione della Costituzione, fu paragonata dal giurista toscano “a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”.

C’è da chiedersi che cosa sia rimasto di una simile visione, alta e generosa, frutto del travaglio resistenziale e delle speranze dei padri fondatori della Repubblica.

Perché, anche tralasciando i mille e mille problemi della sua storia antica e recente, ciò che della Scuola colpisce oggi, avanti a ogni altra considerazione, è che essa per lunghissimi periodi dell’ultimo anno è restata chiusa - e tuttora lo è, o è a mezzo servizio, nel suo grado secondario superiore.

Ecco, quindi, un primo nodo teorico che desta preoccupazione: può in democrazia un “organo costituzionale” essere sospeso dal suo funzionamento, e addirittura in assenza di una cornice temporale definita? Un fatto straordinario, si obietterà, come straordinaria è la pandemia in corso. Ma ben più straordinario dovrebbe apparire come sia stato proprio questo ganglio vitale della società democratica, la Scuola, ad essere individuato come l’unico sacrificabile nella lotta al morbo, l’unico resecabile, all’occorrenza, dal tessuto del paese, senza tema di riceverne eccessivi traumi e scompensi sociali. Non le fabbriche di automobili o di elettrodomestici, non gli uffici postali o le sedi delle grandi aziende private, non i bar o le tabaccherie, ma la Scuola sì: si è ritenuto di poterla mettere in pausa a tempo indeterminato e senza troppi patemi. E così è stato fatto.

Ciò ci interroga sul valore sostanziale che il nostro paese, al di là dei proclami, attribuisce oggi alla sua Scuola. E a poco vale, se non per ragioni di cortesia istituzionale nei confronti del lavoro degli insegnanti e della docile disposizione degli studenti, che il Ministro dell’Istruzione Bianchi abbia dichiarato più volte che “la Scuola in Italia non ha mai chiuso”, alludendo così alle attività della didattica a distanza (Dad). Una simile affermazione risulta sfocata e persino mistificatoria. Perché per potersi cimentare con la missione costituzionale che l’articolo 34 le assegna - l’accesso universale all’istruzione e la valorizzazione dei “capaci e meritevoli”, “anche se privi di mezzi”-, ossia per essere davvero una forza propulsiva nella realizzazione

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dell’eguaglianza dei cittadini promessa dall’articolo 3, la Scuola non può essere ridotta a un luogo virtuale, ma ha bisogno di esistere come luogo fisico aperto alle relazioni, allo scambio vivo delle idee, all’incontro plurale dei costumi e dei modelli di comportamento. E questo prim’ancora di operare come un apparato di trasmissione delle nozioni. Ma naturalmente nulla di tutto ciò potrebbe davvero essere surrogato dall’adozione di pratiche di didattica a distanza (Dad).

Contro lo stesso buon senso forse, in molti - genitori, docenti, studenti, osservatori esterni, decisori politici - abbiamo provato a lungo a credere che ciò fosse invece possibile: che una didattica di emergenza, da casa, seduti davanti al computer, avrebbe salvato la Scuola nella tempesta della pandemia. Ma ormai è necessario prenderne atto: non era vero, non poteva essere vero. Perché per “creare il sangue”

dei cittadini non basta il sistema delle videochiamate e del telelavoro, poco più che brodini tiepidi a confronto dei cibi ben più sostanziosi che servono a nutrire corpi e cervelli in crescita.

Se proprio si vuole, allora, diremo che “la Dad in Italia non ha mai chiuso”, ma non certo che “la Scuola sia stata aperta”. Non mettiamo qui neppure in conto i tre duri mesi di lockdown, tra marzo e giugno del 2020, in cui essa ha sofferto e stretto i denti come ogni altro settore sociale, ma non si può continuare a ignorare che, da quando la vita ha ricominciato il suo svolgimento al di fuori della mura domestiche, la Scuola è stata la prima e la sola istituzione a essere segnata all’indice come spazio di amplificazione potenziale del contagio e, quindi, a essere precipitosamente riposta in congelatore. Dal settembre scorso ad oggi, su circa sette mesi di lezione, gli studenti della secondaria superiore sono stati in aula per non più di 2 mesi e mezzo! In certe parti d'Italia anche meno. In Campania e in Puglia, persino i più piccoli hanno dovuto rinunciare all’ambito primario della loro formazione per la stragrande maggioranza dell’anno scolastico.

Signor Presidente del Consiglio, in conclusione molte domande urgono e, riducendole a due, ci permettiamo di farle giungere fino a Lei.

La prima. Se questi sono i fatti, che cosa concluderne circa lo stato del diritto all’istruzione nel nostro paese? Già prima della pandemia avevamo tra i più alti tassi di abbandono in Europa. Immaginiamo adesso, solo per un istante, il disastro in atto in quegli istituti frequentati in buona parte da studenti con un retaggio familiare socio-economico più debole. Prima o poi, accanto al quotidiano bollettino epidemiologico si dovrà pur cominciare a computare il bollettino della dispersione e dell’insuccesso scolastico - esiti che, come ognuno sa, non sono solo la prova del fallimento della Scuola quale ascensore sociale, ma rischiano di diventare per non pochi giovani l’anticamera della depressione o della devianza.

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La seconda. Non si è fin troppo sottovalutato l’impatto, immediato e a lungo termine, che sulla salute fisica e psicologica dei bambini e degli adolescenti, uomini e donne di domani, avrebbero determinato fasi di chiusura scolastica così prolungate?

Queste fasi, del resto, sono state associate quasi sempre a misure di restrizione o di divieto della facoltà di muoversi da casa, di frequentare amici e parenti, di svolgere attività sportive e di volontariato ecc. - decisivi ambiti complementari dell’esperienza giovanile. Ci pare insomma che vi siano pesanti costi presenti e futuri, forse difficilmente calcolabili ma chiaramente concepibili, a cui la strategia che si è fin qui scelta per la difesa dai colpi del contagio sta mettendo in conto alla salute degli intelletti e degli animi, soprattutto delle nuove generazioni. A queste generazioni, infatti, e soltanto a queste, è stato chiesto di combattere restandosene a casa, chiuse in camera, in una situazione apparentemente comoda e protetta, ma in realtà difficilissima, perché esposta alla “malattia” dell'isolamento, della noia, della demotivazione e della desistenza.

Per questi motivi, Signor Presidente del Consiglio, la esortiamo ad aver il coraggio di voltare pagina, a partire da un lucido riesame del paradigma interpretativo che vincola le chiusure e riaperture scolastiche alle “zone colorate”. Questo paradigma ci ha proposto, e riproporrà inevitabilmente ancora, il contrasto tra diritto alla salute e diritto all’istruzione, inaccettabile in una società democratica.

In altre parole, Signor Presidente del Consiglio, la esortiamo a intraprendere fin da subito azioni tali da includere nell’idea della sanità pubblica anche il benessere psico-fisico dei giovani, le loro necessità formative e la loro destinazione civile, che noi ci ostiniamo a ritenere debbano stare al centro dell’attenzione generale e debbano essere coltivate nella Scuola della Repubblica, richiamata finalmente e permanentemente alla sua vita costituzionale “in presenza”.

Noi insegnanti siamo pronti a fare la nostra parte, anche con misure straordinarie, come del resto già abbiamo dimostrato negli ultimi dodici mesi, spesi senza risparmio per riorganizzare il nostro lavoro e per sostenere gli studenti e le loro famiglie di fronte a difficoltà assolutamente nuove e imponderabili.

Le chiediamo, pertanto, di voler ascoltare la nostra voce, aprendo fin da subito un tavolo istituzionale che ci coinvolga, insieme a psicologi, pedagogisti, genitori e studenti, per progettare con coerenza e lungimiranza il mondo della Scuola “post- Covid”.

Con i migliori auguri di buon lavoro.

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“Presidio primaverile per una Scuola a scuola” – Liceo Leonardo Da Vinci – Casalecchio di Reno (BO)

Elena Fanti, Barbara Rabbi, Lorenzo Morri, Chiara Stancari, Chiara Frezzotti, Maria Sortino, Giovanna D’Onofrio, Maria Carla Ponzi, Mariella Turra, Cristina Fantoni, Gaia Pierpaoli, Daniela Marconi, Enza Casini, Maddalena Montella, Giuliana Piattella, Doriana Russo, Francesco Genovesi

Hanno sottoscritto la lettera:

Franco Bassanini, professore di Diritto Costituzionale all’Università La Sapienza di Roma Andrea Canevaro, educatore e professore emerito di Pedagogia speciale dell’Università di Bologna

Don Luigi Ciotti, presidente del “Gruppo Abele” e di “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie”

Don Antonio Mazzi, educatore, fondatore del “Progetto Exodus”

Anna Oliverio Ferraris, professore di Psicologia dello sviluppo all’Università La Sapienza di Roma

Michele Gagliardo, “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” - responsabile del Settore Formazione nazionale

Daniele Borghi, “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” - Coordinatore Emilia Romagna

Andrea Giagnorio, “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” - Coordinatore Bologna

Franco Ronconi, “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” - Coordinatore Forlì e Cesena

Chiara Quadrelli, maestra IC 6 SILVIO ZAVATTI di Forlì’

Sara Donini, Università della strada-Gruppo Abele e Settore formazione Libera Emilia Romagna

PRESIDIO DOCENTI DI LIBERA BOLOGNA “BURGIO SANDRI”

Anna Grazia Zampiccinini, docente ISI Keynes di Castelmaggiore (BO)

Cristina Liberatore, docente Istituto Piercrescenzi-Pacinotti-Sirani di Bologna Incoronata Vocale, docente IPSAS Aldrovandi Rubbiani di Bologna

Cinzia Secchiero, docente I.I.S. EINAUDI di Ferrara

Giacomo Ciacci, docente Liceo Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno

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Raffaella Rondelli, docente Liceo Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno Maria Ragagni, docente Liceo Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno Giulio Di Furia, docente Liceo Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno Andrea Lederi, docente Liceo Leonardo Da Vinci di Casalecchio di Reno Lucia Bianco, responsabile progetto Genitori e figli del “Gruppo Abele”

Laura Carletti, educatrice professionale e pedagogista, redazione “Animazione Sociale”

Roberto Camarlinghi, giornalista “Animazione Sociale”

Francesco D’Angella, psicosociologo “Animazione Sociale”

Angela Lagioia, presidente Università della strada “Gruppo Abele”

Ezio Farinetti, psicologo Università della strada “Gruppo Abele”

Marika Demaria, referente comunicazione Università della strada “Gruppo Abele”

Marzia Perrone, psicologa formatrice Università della strada “Gruppo Abele”

Simona Baracco, psicologa formatrice Università della strada “Gruppo Abele”

Ivan Severi, psicologa formatrice Università della strada “Gruppo Abele”

Vittoria Miola, sorella di una maestra “Gruppo Abele”

Antonello Castellano, addetto stampa “Gruppo Abele”

Sabrina Sanfilippo, educatrice di strada “GRUPPO ABELE”

Salvatore Ingui, direttore Ufficio servizi sociali minori di Palermo Sabina De Marco, pensionata disabile

Daniela Donini, nonna e psicomotricista di Boschi di Baricella (Bologna) Kristian Caiazza, genitore di Torino

Roberta Caldin, docente di Pedagogia Speciale all’Università di Bologna

Elena Luppi, professoressa di Pedagogia sperimentale all’Università di Bologna Luisa Zaghi, educatrice in pensione

Paolo Ognibene Elisabetta Martignoni

Don Paolo Bacigalupo, parroco della parrocchia di S. Giovanni Battista in Chiavari (GE) Daniela Benvenuti

Cristina Bosi

Massimo Campedelli

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Antonella Candela

Alessandra Cavallini in Prodi Sara Chiodini

Michele Chiusoli

Flavia de Angelis Mastrolilli Cinzia De franceschi

Letizia De Santis Roberto Dingi Anna Rosa Fughelli

Don Giancarlo Leonardi (parroco di Castenaso) Raffaele Mignone

Francesca Prati Don Matteo Prodi Alessandra Rispoli Raffaella Scabbia Ramona Vignoli

Riferimenti

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