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1. Il ricorso di volontaria giurisdizione.

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IL PROCEDIMENTO

sommArio: 1. Il ricorso di volontaria giurisdizione. – 1.1. Il ricorso. – 1.2. Esempio di ricorso. – 2. La capacità. – 3. Il parere. – 4. Il provvedimento. – 4.1. Autorizza- zioni. – 4.1.1. Nozione. – 4.1.2. Natura giuridica. – 4.1.3. Carattere preventivo dell’autorizzazione. – 4.1.4. Rapporti fra autorizzazione e negozio. – 5. Efficacia del provvedimento. – 6. L’invalidità del provvedimento.

1. Il ricorso di volontaria giurisdizione.

I procedimenti di volontaria giurisdizione sono inclusi dal legislatore nei «procedimenti in camera di consiglio» (artt. 737 e ss. cod. proc. civ.), perché non si svolgono in udienza pubblica (come la fase istruttoria e la fase preparatoria di un processo contenzioso), bensì in forme semplifi- cate e nel segreto della camera di consiglio (1).

La segretezza del procedimento trova la sua giustificazione nella prevalenza dell’esercizio del potere del giudice, rispetto al potere di chi chiede l’emanazione del provvedimento: al ricorrente, infatti, è conferito soltanto il potere di dare impulso al processo e per questo motivo, parte della dottrina  (2), afferma che il procedimento di volontaria giurisdi- zione appartiene, nel suo schema tipo, alla categoria dei c.d. processi inquisitori.

(1) Dunque, i «procedimenti in camera di consiglio» (artt.  737 e ss. cod. proc.

civ.) non presuppongono necessariamente la collegialità dell’organo giudiziario. Anche il giudice tutelare o il tribunale in composizione monocratica possono pronunciarsi «in camera di consiglio».

(2) redenti, Diritto processuale civile, III, Padova, 1957, p. 596 ss.

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Il ricorrente, inoltre, diversamente da quanto accade nei procedi- menti ordinari, non ha adeguati poteri sullo svolgimento del procedi- mento, ove prevale invece l’attivazione d’ufficio: infatti, a differenza di quanto avviene nei procedimenti ordinari ove, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., vige il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, il giudice, nei procedimenti in camera di consiglio, ha un potere di indagine e di decisione indipendente dal contenuto della domanda.

Naturalmente, se nel corso del procedimento di volontaria giu- risdizione sorgono, ad esempio, difficoltà nella divisione ereditaria per contestazioni sui diritti dei coeredi, il procedimento si trasforma in contenzioso, con obbligo del contradditorio nei confronti di tutti i coeredi (3).

1.1. Il ricorso.

Salve le ipotesi nelle quali la legge ammette che il provvedimento in camera di consiglio possa essere emesso anche senza la domanda del soggetto interessato (artt. 336, penultimo comma, 361 e 384, 2° comma, cod. civ.), il procedimento di volontaria giurisdizione non può essere avviato se non in seguito ad una domanda (4), vale a dire all’iniziativa

(3) Cass. 12 febbraio 1988, n. 1520, in Giust. civ., 1988, 1173: «Il procedimento di volontaria giurisdizione, che il notaio, delegato alle operazioni divisionali di comunione ereditaria, promuova con ricorso al presidente del tribunale, per superare difficoltà insorte nel corso delle operazioni medesime (nella specie, rifiuto di trascrizione del relativo verbale da parte del conservatore dei registri immobiliari), si trasforma in procedimento conten- zioso, ove insorgano questioni sui diritti dei coeredi, e, pertanto, in tale evenienza, deve svolgersi in contraddittorio di tutti i condividenti e deve essere definito con sentenza, impugnabile nei modi ordinari». Cfr., Cass. 5 giugno 2018, n. 14406, in Mass. Giust. civ.

2018: «Nel giudizio di divisione di una comunione ereditaria, ove una quota abbia costituito oggetto di cessione, la qualità di litisconsorte necessario spetta ai cessionari della quota e non agli eredi cedenti».

(4) Pur essendo una manifestazione di volontà, non costituisce un negozio giuri- dico. La norma ricollega alla domanda il dovere del giudice di rispondere al richiedente, non ricomprende il dovere di emanare il provvedimento richiesto.

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di un soggetto diverso da quello che emette il provvedimento (5) e che assume la seguente struttura:

a) ricorso se, come avviene normalmente, è presentata da privati;

b) richiesta, qualora provenga invece dal Pubblico Ministero.

La domanda assume dunque, di regola, la forma scritta del ricorso:

eccezionalmente essa può essere proposta in forma orale. Infatti, ex art. 43, ultimo comma, disp. att. cod. civ., «nei casi urgenti la richiesta di un provvedimento può essere fatta al giudice anche verbalmente», come dispone l’art. 316, 2° comma, cod. civ., ove «in caso di contrasto su que- stioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei».

Il ricorso deve contenere i requisiti menzionati nell’art.  125 cod.

proc. civ. e deve essere depositato presso la cancelleria del giudice com- petente. Normalmente esso non deve essere notificato, poiché il prov- vedimento richiesto concerne esclusivamente il ricorrente o i ricorrenti, nel caso di legittimazione plurima. La notificazione è, invece, necessa- ria quando il provvedimento concerne l’interesse di soggetti distinti dal ricorrente: così, ad esempio, il ricorso per l’interdizione deve essere noti- ficato all’interdicendo.

La parte può presentare il ricorso personalmente  (6) o assistita da un avvocato; se, però, intende avvalersi del patrocinio di un notaio

(5) In alcuni casi, quando si tratta di adottare provvedimenti provvisori o urgenti, il procedimento può essere avviato direttamente dal giudice che deve emettere il prov- vedimento. Il giudice tutelare, ad esempio, procede d’ufficio alla nomina del tutore e del protutore (art. 346 cod. civ.); può adottare i provvedimenti urgenti per la cura dell’inca- pace soggetto a tutela e la conservazione del suo patrimonio (art.  361 cod. civ.); può rimuovere e sospendere dall’ufficio il tutore (art. 384 cod. civ.); il tribunale può nomi- nare un curatore dell’eredità giacente (art. 528 cod. civ.), tra l’altro, anche nel caso di un provvedimento di sospensione dalla successione (art. 463-bis cod. civ.).

(6) Il ricorso, secondo la tesi prevalente, può essere sottoscritto dalla parte senza bisogno di assistenza legale. In giurisprudenza prevale la tesi secondo cui l’art. 82 cod.

proc. civ., il quale dispone che: «le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l’assistenza di un difensore», non si applica ai procedimenti in camera di consiglio, nei quali è regola l’attribuzione al giudice di poteri ufficiosi sia per la costituzione del contraddittorio tra i soggetti interessati, sia per la raccolta delle prove, sia anche per il contenuto della decisione, sicché è assai minore, rispetto ai procedimenti contenziosi, l’esigenza della difesa tecnica, tranne nell’ipotesi in cui il procedimento camerale tipico sia previsto per la tutela di situazioni sostanziali di diritti o di status, in cui è necessario

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legittimato ai sensi dell’art. 1 della legge notarile, ebbene, in tal caso, dal ricorso è buona regola che risulti l’incarico al rogito dell’atto da auto- rizzare. Alcuni Autori ritengono che debba risultare dal ricorso anche l’incarico alla presentazione del ricorso (come detto nella Parte prima, capitolo II, § 3).

1.2. Esempio di ricorso.

Ogni ricorso di volontaria giurisdizione può, in linea di massima, dividersi in sei parti (7):

1ª PArte - «Indicazione del giudice al quale è diretto il ricorso»

Esempio: «Al giudice tutelare presso il tribunale ordinario del circon- dario di ...».

2ª PArte - «Indicazione dei ricorrenti, del soggetto interessato e del domicilio o della residenza del soggetto interessato»

Quanto ai ricorrenti, è necessario riportare nel ricorso l’indica- zione dei soggetti legittimati a richiedere il provvedimento, nonché la fonte della loro legittimazione (es. genitori esercenti la responsabilità genitoriale).

Qualora il ricorso sia presentato dal notaio su incarico dei suddetti soggetti, è altresì necessaria l’indicazione dell’incarico ricevuto per la sti- pulazione dell’atto al collegato ricorso (c.d. autoattestazione).

Esempio: «Il sottoscritto Dottor ..., notaio in ..., iscritto al Collegio notarile di ..., incaricato della stipula dell’atto di cui al pre- sente ricorso dai coniugi signori Tizio, ... nato a ... il ... e Tizia, ... nata a ... il ..., entrambi domiciliati in ... alla via ..., numero ..., nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale e legali rappresentanti del figlio minore Caio, nato a ... il ... Codice Fiscale ..., con loro domiciliato, e, pertanto, legittimato

il patrocinio di un avvocato legalmente esercente (cfr., Cass. 29 maggio 1990, n. 5025 e Cass. 30 luglio 1996, n. 6900).

(7) Auciello-bAdiAli-iodice-mAzzeo, La volontaria giurisdizione e il regime patri- moniale della famiglia, dalle lezioni di G. cAPozzi, p. 12. Cfr. cArbone, Formulario nota- rile commentato: Notariato e atti notarili. Atti mortis causa. Atti tra vivi. Serie operativa a cura di L. GenGhini, 2016, p. 211 ss.

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a sottoscrivere e presentare il presente ricorso ai sensi dell’art. 1 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, espone quanto segue: ...

...».

Quanto ai soggetti legittimati, normalmente è la legge stessa ad indicarli ed a tal proposito sono distinte una legittimazione esclu- siva (8) (si pensi al genitore che, per impedimento dell’altro, eserciti da solo la responsabilità genitoriale: art.  317 cod. civ.), una legitti- mazione plurima congiunta (si pensi ai genitori che, per gli atti di straordinaria amministrazione, esercitino congiuntamente la respon- sabilità genitoriale: art. 320 cod. civ.), ed una legittimazione plurima disgiuntiva (9) (si pensi ai soggetti che possono chiedere la nomina di un curatore speciale nell’ipotesi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, non possano, o non vogliano, compiere uno o più atti di straordinaria amministrazione di interesse del figlio: ex art. 321 cod. civ., tali sog- getti legittimati sono il figlio stesso, il P.M. o uno dei parenti che vi abbia interesse).

Talvolta, invece, il legislatore si limita ad indicare, come legittimati, genericamente «gli interessati». Si pensi agli artt. 48 cod. civ. e 721 cod.

proc. civ., che legittimano alla richiesta di nomina di un curatore per lo scomparso, gli «interessati», sentito il P.M. In questi casi spetta al giudice determinare la rilevanza degli interessi che permettano la presentazione

(8) Costituiscono ipotesi di legittimazione esclusiva in materia di amministra- zione dei beni della comunione legale: l’art. 181 cod. civ. secondo cui, «Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l’altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l’autorizzazione (…)»; l’art. 182 cod. civ. che altresì dispone, «In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l’altro, in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, può compiere, previa autorizzazione del giudice (…) gli atti necessari per i quali è richiesto, a norma dell’art. 180, il consenso di entrambi i coniugi».

(9) Esempi di legittimazione plurima disgiuntiva sono: l’art. 49 cod. civ. secondo cui «Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia, i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente (…) che sia dichiarata l’assenza»;

l’art. 50, 1° comma, cod. civ. secondo cui «Divenuta eseguibile la sentenza che dichiara l’assenza, il tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero, ordina l’apertura degli atti di ultima volontà dell’assente, se vi sono».

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del ricorso, indagine prevista anche nei processi di cognizione a parti contrapposte (10).

Si pone così in rilievo la nozione di soggetti interessati al provve- dimento, nella quale rientrano i soggetti nella cui sfera giuridica il provvedimento produce non soltanto effetti diretti, ma anche effetti indi- retti (11), purché di natura patrimoniale. Con l’impropria locuzione di effetti diretti (o riflessi) si intendono le conseguenze che si verificano in ordine alle posizioni giuridiche collegate a quelle immediatamente coin- volte nel provvedimento (12).

Quanto all’indicazione del soggetto interessato (nell’esempio, il figlio minore), è altresì necessario specificare il domicilio o la residenza dello stesso (nell’esempio, «con loro domiciliato») giacché la competenza ter- ritoriale è spesso connessa al domicilio del soggetto nel cui interesse il provvedimento è richiesto.

3ª PArte - «Esposizione dei fatti»

Essa, ai sensi dell’art. 125 cod. proc. civ., consiste nell’esposizione delle ragioni della domanda (c.d. narrativa).

Esempio:

«Premesso:

– che il minore Caio è pieno ed esclusivo proprietario dei seguenti immo- bili siti in ..., e precisamente: ... (descrizione, confini e dati catastali);

– che il valore dei suddetti beni è pari ad euro ..., come rilevasi dalla perizia di stima giurata redatta in data ... dall’Ing. ... e che in copia conforme al presente ricorso si allega sotto la lettera “...”;

– che detti immobili sono allo stesso pervenuti in virtù di ... (indi- cazione dei titoli di provenienza);

– che la suddescritta villa sita in ... (es., Napoli) a causa della sua vetustà, necessita di riparazioni e di interventi atti a renderla abitabile, il cui costo ammonta ad euro ..., come risulta dalla perizia di stima

(10) Si confronti ad esempio l’art. 117, 1° comma, cod. civ. che legittima a chiedere la nullità del matrimonio, in determinati casi, «tutti coloro anche abbiano per impugnarlo un interesse legittimo ed attuale».

(11) mAzzAcAne, op. cit., p. 50.

(12) Si pensi all’esempio del sub-conduttore interessato indirettamente alla nomina del curatore che rappresenti in giudizio il conduttore scomparso contro il locatore che agisce in risoluzione.

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giurata redatta in data ... dall’Ing. ... e che al presente ricorso in copia conforme si allega sotto la lettera “...”;

– che al fine di reperire i mezzi finanziari necessari all’esecuzione di detti lavori, corrispondendo il costo delle riparazioni al valore dell’apparta- mento sito in ... (es., Roma), si rende opportuno e necessario procedere alla vendita di quest’ultimo, per il prezzo minimo di euro ... (...);

– che il valore dell’appartamento sito in ... (Roma) risulta dalla perizia di stima giurata redatta in data ... dall’ing. ... e che in copia conforme al presente ricorso si allega sotto la lettera “...”;

– che detto appartamento è pervenuto al minore in virtù di ...».

4ª PArte - «Conclusioni»

Tale parte è dedicata all’indicazione del provvedimento richiesto (c.d.

petitum).

Normalmente, si richiede anche l’efficacia immediata dello stesso:

tuttavia, ai sensi dell’art.  741, 2° comma, cod. proc. civ., è necessario indicare le «ragioni d’urgenza».

Continuando con l’esempio:

«Tanto premesso chiede che la S.V. Ill.ma, – letto il presente ricorso ed i documenti allegati;

– letti gli articoli ...

– verificata la propria competenza territoriale e funzionale;

– sentito  (13) il parere del ... (Pubblico Ministero o del Giudice Tutelare);

– verificate le ragioni di necessità (o utilità evidente ed, eventualmente, di urgenza),

Voglia così provvedere:

1) autorizzare, ai sensi dell’art. 320, 3° comma, cod. civ., i signori Tizio e Tizia, nella loro qualità di genitori esercenti la responsabilità genito- riale sul figlio minore Caio, ad alienare l’appartamento sito in ... (es., Roma) per il prezzo minimo di euro ... (...), a riscuoterne il prezzo rilasciandone quietanza, ed a reimpiegare il corrispettivo suddetto per l’ese- cuzione dei lavori sopra menzionati, ordinando che temporaneamente la somma sia depositata presso ... (es. la Banca ... di ..., Filiale

(13) Si veda però quanto detto in seguito al punto c) del ricorso con riferimento all’art. 732, 2° comma, cod. proc. civ.

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n. ... in via ... n. ...). Con ciò autorizzandoli, quindi, a costi- tuirsi, nella loro qualità di legali rappresentanti del minore Caio, nel rela- tivo atto di compravendita, a rilasciare le garanzie per i vizi e l’evizione, a rinunziare all’ipoteca legale ed a stipulare tutte le clausole che all’uopo si rendano necessarie per il perfezionamento dell’atto notarile di compraven- dita, ivi comprese quelle di natura fiscale ed urbanistica;

2) attribuire al provvedimento richiesto efficacia immediata ai sensi del 2° comma dell’art. 741 cod. proc. civ.,

stanti i seguenti motivi d’urgenza ...».

5ª PArte - «Eventuali allegati» (14) Si possono allegare:

a) il certificato di residenza della persona nel cui interesse il prov- vedimento è richiesto, per l’individuazione del giudice competente per territorio;

b) il decreto di nomina a tutore, per la verifica della legittimazione del richiedente;

c) il parere del giudice tutelare ex art. 732, 2° comma, cod. proc. civ.

Ai sensi di tale ultima norma, infatti, «Quando il tribunale deve pro- nunciare un provvedimento nell’interesse di minori, interdetti o inabilitati sentito il parere del giudice tutelare, il parere stesso deve essere prodotto dal ricorrente insieme col ricorso». Nella prassi, però, ciò non sempre avviene, dato che il 3° comma dello stesso articolo consente che «Qua- lora (il parere) non sia prodotto, il presidente (del tribunale) provvede a richiederlo d’ufficio». Si è soliti, infatti, leggere nei ricorsi la seguente formula: «Il sottoscritto chiede che codesto tribunale, sentito il parere del giudice tutelare, voglia così provvedere: ...»;

d) documenti comprovanti i valori dei beni: perizia di stima giurata.

Nel ricorso, proseguendo ancora con l’esempio:

«Si allegano:

A) certificato di residenza dei genitori (art. 45, 2° comma, cod. civ.: «il minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia»);

B) certificato di stato di famiglia (dal quale risulti che Caio è effettiva- mente il figlio di Tizio e Tizia);

(14) I documenti possono essere allegati, al ricorso, e in tal caso ne sono parte inte- grante; oppure possono essere esibiti separatamente dal ricorso. In caso di esibizione separata è opportuno che nel ricorso siano elencati i documenti esibiti.

(10)

C) perizia di stima giurata redatta dall’Ingegner ...;».

6ª PArte - «Data» e «Firma»

Il ricorso si chiude con l’indicazione del luogo e della data e con la firma del ricorrente o del notaio incaricato. Qualora sia stato incaricato il notaio è necessaria e sufficiente la sola sottoscrizione di quest’ultimo (e non anche della parte richiedente), munita dell’impronta del suo sigillo (da apporsi per motivi di opportunità, ma non obbligatoriamente;

infatti, l’art. 52 della legge notarile impone l’apposizione del sigillo solo con riferimento agli atti pubblici).

A fini tuzioristici, se il ricorso è composto da più fogli, devono essere apposte anche le c.d. firme marginali, al fine di rendere impossibili even- tuali fraudolente sostituzioni di fogli intermedi.

Nell’esempio, infine:

«... (indicazione del luogo e della data)

... (sottoscrizione del notaio, munita dell’impronta del sigillo)».

2. La capacità.

La legittimazione al ricorso presuppone la capacità di agire dei legittimati, altrimenti l’esercizio della relativa facoltà spetta al rappresen- tante legale.

Esistono, però, casi eccezionali in cui è sufficiente la capacità di intendere e di volere.

Si pensi ad esempio:

a) all’art. 321 cod. civ., in tema di responsabilità genitoriale: nel caso in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclu- siva la responsabilità genitoriale, non possano o non vogliano compiere uno o più atti di interesse del figlio, eccedenti l’ordinaria amministra- zione, il legislatore attribuisce la legittimazione al ricorso, tra l’altro, anche al figlio stesso (minore d’età);

b) all’art. 395 cod. civ., in tema di emancipazione: nel caso in cui il curatore «rifiuti il (proprio) consenso», il minore «può ricorrere al giudice tutelare (...)»;

c) all’art.  406, 1° comma, cod. civ., in tema di amministratore di sostegno è previsto che «il ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato».

(11)

3. Il parere.

Il parere – istituto tipico del diritto amministrativo – non è del tutto sconosciuto al diritto processuale civile e, in particolare, al campo della volontaria giurisdizione.

In molti procedimenti di volontaria giurisdizione, infatti, la pronun- zia del giudice è, spesso, preceduta dal parere  (15) espresso da deter- minati organi, tra i quali, in particolare, il Pubblico Ministero (16) ed il giudice tutelare.

In particolare, il parere può essere definito come un atto di natura sostanzialmente amministrativa a carattere ausiliario, consistente in una manifestazione di giudizio attraverso la quale gli organi giurisdi- zionali mirano a fornire consigli agli organi di amministrazione attiva (normalmente il Tribunale).

Esso si inserisce, pertanto, anche nella materia in esame, in un vero e proprio procedimento amministrativo ed è «privo di autonomia

(15) Cfr. Auciello, La volontaria giurisdizione, in Collana Notarile di G. cAPozzi, 2015, p. 51, il quale evidenzia la necessità di «chiedersi perché, in difformità dalla sua fun- zione tipica, un giudice non sia chiamato a giudicare, ma soltanto a svolgere una funzione consultiva, tanto che il parere da taluni è stato considerato un istituto anomalo». Ebbene, la spiegazione sarebbe per lo più di ordine storico, considerato che «con il venire meno della concezione patriarcale della famiglia, fu abolito il “consiglio di famiglia”, le sue funzioni furono devolute al giudice tutelare che si ritrovò, pertanto, a svolgere, tra le proprie funzioni, anche quella di esprimere pareri preventivi rispetto alla pronunzia del tribunale in materia di tutela degli incapaci».

(16) Cass. 27 aprile 1985, n. 2742, in Giur. it., 1986, 900 (nota c. schettini, Sul ruolo del pubblico ministero nel procedimento di dichiarazione giudiziale di paternità): «il principio che quando la legge prevede l’intervento obbligatorio del P.M., è sufficiente che lo stesso sia informato del procedimento e posto in grado di parteciparvi, trova applicazione anche nel procedimento di ammissibilità dell’azione per la dichiarazione giudiziale di pater- nità o di maternità naturale, con la conseguenza che l’anzidetta esigenza è osservata quando al P.M. sia stata data comunicazione del ricorso introduttivo e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza ancorché lo stesso non intervenga alle udienze e non formuli conclusioni. Né al riguardo osta il disposto dell’art. 738, 2° comma, cod. proc. civ., il quale prevede che venga sentito il P.M. (per cui il parere del P.M. è un atto doveroso che non può essere omesso), in quanto quest’ultima disposizione (al pari di quella del successivo art. 740) pur essendo compresa fra quelle comuni ai procedimenti camerali, riguarda sol- tanto la giurisdizione volontaria e non il procedimento camerale previsto dall’art. 274 che ha natura contenziosa».

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funzionale, in quanto emesso in vista del procedimento terminale quale è l’autorizzazione» (17).

Allorché nei procedimenti dinanzi al tribunale ordinario, previsti nell’interesse di minori, interdetti od inabilitati, occorre il parere del giu- dice tutelare (art.  732, 2° comma, cod. proc. civ.), questo deve essere prodotto dal ricorrente insieme con il ricorso: in mancanza, il Presidente provvede a richiederlo d’ufficio (art. 732, 3° comma, cod. proc. civ.).

Nei casi in cui è necessario il parere del giudice tutelare, la compe- tenza territoriale dello stesso è sempre accertata in base al domicilio o alla residenza dell’incapace, anche se la competenza del tribunale ordinario deve essere stabilita in base a criteri diversi. Qualora quest’ultima sia, ad esempio, determinata con riferimento al luogo dell’aperta successione (si pensi alla vendita di beni pervenuti in eredità ad incapaci: l’art. 747 cod.

proc. civ., al 2° comma, prescrive, infatti, la necessità del parere del giudice tutelare), ebbene il parere può essere richiesto ad un giudice tutelare terri- torialmente diverso dal tribunale ordinario cui il ricorso è stato presentato.

Ciò si verifica qualora il domicilio dell’incapace non coincida con il luogo dell’aperta successione. Nella prassi il parere, spesso, non è presentato dal ricorrente unitamente al ricorso, perché preferisce avvalersi dell’iniziativa d’ufficio da parte del Presidente ex art. 732, 3° comma, cod. proc. civ.

Il parere, ogni qualvolta sia richiesto dalla legge, è obbligatorio ma non vincolante.

È obbligatorio, giacché è elemento essenziale del procedimento:

il provvedimento emesso a conclusione di un procedimento privo del prescritto parere è invalido per mancanza di un presupposto.

Precisamente, è nullo (non inesistente), poiché il difetto del parere attiene al procedimento  (18) e l’art.  159, 1° comma, cod. proc. civ.

(17) Auciello, La volontaria giurisdizione, cit., p. 52.

(18) Cass. S.U. 16 febbraio 1952, n. 417: «Il parere del giudice nel caso di alienazione di un bene dotale di una minore emancipata per effetto del matrimonio, costituisce un elemento essenziale del procedimento di autorizzazione; il vizio del procedimento per la mancanza del parere non importa l’inesistenza giuridica del provvedimento autorizza- tivo, ma rende soltanto annullabile l’atto, e tale invalidazione non incide sul diritto degli acquirenti in buona fede, che abbiano contrattato sul fondamento di una situazione appa- rentemente legittima. Per la citata disposizione, identificandosi la buona fede nell’igno- ranza del vizio del provvedimento autorizzativo, essa non è resa inopponibile dal carattere imperativo della norma violata, sempre che con una norma imperativa non sia in contrasto il contenuto del provvedimento».

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estende la nullità di un atto anche agli atti successivi che ne siano dipendenti (19).

Il parere, poi, non è di regola vincolante: la pronuncia dell’organo deliberante può, cioè, essere conforme, o no, ad esso.

Come ha rilevato la giurisprudenza di legittimità (20), il solo parere non è sufficiente «a rimuovere il limite all’esercizio del potere dispositivo», essendo a tal fine necessaria la autorizzazione del giudice competente.

In particolare, oltre alle sue funzioni di amministrazione attiva, al giudice tutelare sono attribuite specifiche funzioni consultive con riguardo alle seguenti autorizzazioni: a) autorizzazione a «continuare»

l’esercizio dell’impresa commerciale da parte di un minore sottopo- sto alla responsabilità genitoriale (art.  320, 5° comma, cod. civ.); b) autorizzazione per gli atti del curatore speciale eccedenti l’ordinaria amministrazione dei beni donati o lasciati ad un minore, se «il donante o il testatore non ha disposto altrimenti» (art. 356, 2° comma, cod. civ.);

c) autorizzazione al tutore per compiere gli atti di cui all’art. 375 cod.

civ.; d) autorizzazione al curatore dell’emancipato («se curatore non è il genitore») o dell’inabilitato a compiere gli atti di cui all’art.  375

(19) Così si argomenta a contrario dal disposto dell’art. 159 cod. proc. civ. che, nel dettare la regola della c.d. estensione della nullità, dispone: «La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti».

(20) Per fattispecie anteriori alla riforma del diritto di famiglia, cfr. Cass. 9 agosto 1963, n. 2255, in Monit. Trib., 1964, 690, nota di F. GAlliAno: «in tema di volonta- ria giurisdizione, quando un atto di alienazione deve essere autorizzato dal tribunale su parere del giudice tutelare, le funzioni dei due organi devono essere tenute distinte, risolvendosi l’una, quella del giudice tutelare, nell’espressione di un semplice parere, essendo l’altra, quella del tribunale, veramente integrativa della capacità dispositiva della parte e indispensabile per la formazione del negozio». Cass. 29 giugno 1981, n. 4211, in Foro it., 1982, 2008: «qualora, nella procedura prevista dall’art. 747 cod. proc. civ., per la vendita di immobili ereditari appartenenti a minore soggetto a potestà (nella specie, prima della riforma del diritto di famiglia introdotta dalla legge 19 maggio 1975, n. 151), intervenga il parere favorevole del giudice tutelare, ma non anche la prescritta autoriz- zazione del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, tale parere non è idoneo a rimuovere il limite all’esercizio del potere dispositivo sui detti beni, non potendo ritenersi equipollente della autorizzazione del medesimo giudice tutelare, ai sensi ed agli effetti dell’art. 320 cod. civ., tenuto conto che il primo integra un atto meramente interno, consultivo e preparatorio, mentre la seconda traduce la valutazione degli interessi del minore in un provvedimento con rilevanza esterna, diretto alla rimozione di un limite allo esercizio di diritti».

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cod. civ. richiesta dall’art. 394, 3° comma, cod. civ.; e) autorizzazione (e la revoca della stessa) al minore emancipato a «esercitare» l’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore (art. 397, 1° e 2° comma, cod. civ.); f) alcune autorizzazioni al tutore dell’interdetto o al curatore dell’inabilitato (art. 424, 1° comma, cod. civ.); g) autorizzazione all’ina- bilitato a «continuare» l’esercizio dell’impresa commerciale (art.  425 cod. civ.); h) autorizzazione per la partecipazione di un incapace ad una società in nome collettivo (s.n.c.) (art. 2294 cod. civ.); i) autoriz- zazione a vendere beni ereditari di incapaci (art. 747, 1° e 2° comma, cod. proc. civ.).

Un caso particolare di parere vincolante, espresso con decreto motivato, è quello previsto dall’art. 274 cod. civ. in ordine alla ammis- sibilità della proposta azione per la dichiarazione giudiziale della pater- nità o maternità; come stabilito dal 2° comma, «sull’ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato su ricorso di chi intende promuovere l’azione, sentito il P.M. e le parti, e assunte le informazioni del caso». Il 3° comma, poi, precisa che «l’inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta». La ratio della norma era generalmente individuata nell’esigenza di tutelare il preteso padre e la sua famiglia dal discredito derivante da eventuali iniziative pretestuose o temera- rie promosse dalla madre di figli nati al di fuori del matrimonio. Per questo, prima di mettere in crisi la famiglia con una causa nella quale si discute della paternità sorta fuori del matrimonio, si richiedeva una valutazione preventiva degli elementi posti a fondamento della pretesa in un giudizio preliminare a carattere segreto. Questo istituto, nato con caratteristiche di volontaria giurisdizione, nel tempo si è trasformato in procedimento contenzioso.

Infine, la Corte Costituzionale  (21) ha ritenuto irragionevoli e non giustificati gli ostacoli posti dall’art. 274 cod. civ. all’accertamento del rapporto di filiazione al di fuori del matrimonio ed ha conseguentemente dichiarato la illegittimità della norma anticipando i principî successiva- mente accolti con la Riforma della filiazione (l. 10 dicembre 2012, n. 293 e d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154).

(21) Sent. 10 febbraio 2006, n. 50.

(15)

4. Il provvedimento.

La decisione di accoglimento o di rigetto del ricorso assume, di regola, la forma del decreto (art. 737 cod. proc. civ.). Esso è scritto in calce al ricorso (art. 135, 2° comma, cod. proc. civ.); è datato ed è sottoscritto dal giudice o, quando questo è collegiale, dal Presidente (art. 135, ultimo comma, cod. proc. civ.). Il decreto deve essere altresì

«motivato» (22) (art. 737 cod. proc. civ.), con l’esposizione dei motivi in fatto ed in diritto della decisione, salvo che la legge disponga diversamente.

Eccezionalmente la decisione del giudice assume la forma dell’ordi- nanza (ad es.: nei provvedimenti in materia successoria per la fissazione del termine, ex art. 749 cod. proc. civ.) o della sentenza (per la dichiara- zione di assenza, ex art. 728 cod. proc. civ.).

Spesso il provvedimento è soggetto a determinate forme di pubbli- cità: i provvedimenti emanati dal tribunale per i minorenni, ai sensi degli artt. 252, 262, 279, 316, 317 bis, 330, 332, 333, 334 e 335 cod.

civ. sono annotati, in capitoli speciali per ciascun minore, nel registro delle tutele (art. 51 disp. att. cod. civ.); il decreto che pronuncia l’ado- zione e la sentenza che revoca la medesima devono essere iscritti in apposito registro a cura del cancelliere (art. 314 cod. civ.); il decreto di nomina e di rimozione del tutore e la sentenza di interdizione o di inabilitazione sono immediatamente annotati, a cura del cancelliere, nell’apposito registro (artt. 389 cod. civ., 48 e 49 disp. att. cod. civ.); il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno (art. 405 cod. civ.), le successive modifiche dello stesso (art. 407, 4° comma, cod. civ.) e la revoca (art. 413 cod. civ.) si devono annotare a cura del cancelliere nell’apposito registro delle amministrazioni di sostegno (art.  49 bis disp. att. cod. civ.).

(22) La motivazione del decreto non deve essere ampia come quella della sen- tenza, né succinta come quella dell’ordinanza, ma può ben essere sommaria, nel senso che il giudice, senza ritrascriverli nel decreto, può limitarsi ad indicare quali elementi, tra quelli indicati nell’istanza, lo abbiano convinto ad assumere il provvedi- mento richiesto (in tal senso, Cass. 8 luglio 2005, n. 14390). Il provvedimento emesso dal tribunale nella forma del decreto, anche se di natura contenziosa, va sottoscritto dal solo presidente, non essendo necessaria la firma del relatore (in tal senso, Cass. 3 marzo 2000, n. 2381).

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