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Impianti ultra-corti e platform switching nella riabilitazione di monoedentulie del mascellare posteriore. Caso clinico con controllo a 3 anni

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ANNO 30 • NUMERO 4 • 2014

* Odontoiatra, Specialista in Ortognatodonzia. Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.

** Professore Aggregato. Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.

*** Professore Aggregato. Università degli Studi di Foggia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.

**** Professore Ordinario - Università degli Studi di Foggia – Direttore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale – Presidente del Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria.

Indirizzo per la corrispondenza:

Graziano Montaruli

Via Rapisardi, 9 - 70033 Corato (BA) Tel./fax 080-8722744

E-mail: studiomontaruli@alice.it

IntroduzIone

Uno dei presupposti sui quali si basa il successo e la so- pravvivenza degli impianti è rappresentato dal controllo del riassorbimento dell’osso crestale periimplantare.

Secondo quanto riportato dalla Letteratura la perdita di osso verticale attorno all’impianto dovrebbe essere in- feriore a 1,5 mm nel primo anno dalla funzionalizzazione e meno di 0,2 mm per ogni anno successivo1.

Una delle cause del riassorbimento osseo periimplan- tare è il microgap presente tra impianto e abutment2,3. A livello della giunzione fixture-abutment si sviluppa infatti

Caso clinico con controllo a 3 anni

Graziano Montaruli*, Domenico Ciavarella**, Luigi Laino***, Lorenzo Lo Muzio****

obiettivi: gli Autori descrivono e analizzano la riabilitazione implanto-protesica di una monoedentulia nel mascellare posteriore per la quale è stato utilizzato un impianto ultra-corto, applicando la tecnica del platform switching, sull’abutment del quale è stata cementata una corona in disilicato di litio. Materiali e metodi: è stato selezionato un caso di monoedentulia in zona 2.6 da riabilitare implanto-protesicamente. Per la ridotta disponibilità di osso verticale è stato utilizzato un impianto super-short del diametro di 6 e della lunghezza di 6 mm, seguendo il protocollo del platform switching e, quindi, applicando una componentistica chirurgica e protesica di diametro inferiore rispetto a quello della piattaforma implantare. risultati: a 3 anni dal carico l’impianto risultava osteointegrato e il riassorbimento osseo marginale particolarmente limitato. I tessuti molli circostanti risultavano in buone condizioni di salute e trofismo. Conclusioni: entro i limiti di questo caso clinico la soluzione implanto-protesica che prevede l’adozione nei mascellari atrofici di impianti super-short e del protocollo del platform switching, associata all’utilizzo di corone in disilicato di litio, sembra rappresentare una valida alternativa a interventi di grande rialzo del seno mascellare o di innesto osseo.

Parole chiave: Riabilitazione implanto-protesica, Mascellari atrofici, Impianti ultra-corti, Platform switching, Corone in disilicato di litio.

un infiltrato infiammatorio in grado di favorire un riassor- bimento osseo attorno all’impianto3,4.

Il platform switching consiste tecnicamente nel posi- zionare una componentistica, prima chirurgica e successi- vamente protesica, di diametro inferiore rispetto a quello della piattaforma implantare in modo che la giunzione impianto-pilastro protesico risulti all’interno rispetto alla spalla dell’impianto ovvero più distante rispetto alla cresta ossea perimplantare.

In questo modo l’infiltrato infiammatorio (Inflammato- ry Cell Infiltrate o ICT), essendo contenuto al di sopra del- la piattaforma implantare, permette alla cresta ossea una maggiore protezione5.

Tale procedura sembra ridurre il riassorbimento dell’os- so crestale attorno alla fixture aumentando la possibilità di mantenere nel tempo buoni livelli di tessuto duro e molle periimplantare5.

Da tenere in debita considerazione è il fatto che il gra- do di riassorbimento dell’osso marginale è inversamente proporzionale alla differenza fra i diametri della vite e del pilastro6. Conseguentemente l’aumento della discrepan- za tra il diametro della piattaforma dell’impianto e quello del pilastro protesico può indurre una diminuzione della quantità di perdita ossea periimplantare7. Se la differenza fra il diametro dell’impianto e quello del pilastro è uguale o superiore a 0,4 mm, è possibile ottenere una migliore ri- sposta ossea6.

Il platform switching è in grado di ridurre almeno di 1/3 la perdita di osso periimplantare8.

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ANNO 30 • NUMERO 4 • 2014 un caso destinato a una riabilitazione implantoprotesica,

le possibili soluzioni chirurgiche appaiono spesso partico- larmente complesse.

In tali condizioni la possibilità di poter inserire un im- pianto di lunghezza limitata può rappresentare una valida alternativa.

Per ciò che riguarda i settori posteriori superiori il posi- zionamento di impianti super-short, in presenza di osso re- siduo compreso fra i 4 e i 6 mm, sembra essere una buona alternativa alle procedure di sinus lift, anche se il numero di ricerche attualmente disponibili è limitato, i follow-up brevi e i risultati ad alto rischio di bias11.

Numerosi altri studi confermano che, in presenza di una quantità di osso limitata in altezza nei settori poste- riori, l’utilizzo di impianti corti rappresenti una scelta da privilegiare poiché appare essere più veloce, più semplice nella esecuzione e associata a una morbilità postoperato- ria inferiore rispetto ad altri tipi di intervento di incremento osseo12-14.

La sopravvivenza e i risultati ottenuti con impianti su- per-short15-17 sembrano essere sovrapponibili a quelli, già validi, ottenuti con impianti corti18,19.

vazione una paziente di sesso femminile di anni 26, fuma- trice (10 sigarette al giorno), in apparente stato di buona salute, lamentando la frattura di un elemento dentario.

Nulla di rilevante emergeva dall’anamnesi patologica re- mota e prossima.

All’esame obiettivo intraorale si rilevava la frattura della corona del 2.6 già sottoposto a trattamento endodontico e non recuperabile protesicamente, per la quale si proce- deva alla avulsione dello stesso.

A distanza di circa due mesi dall’avulsione alla paziente veniva prescritta una TC cone-beam del mascellare supe- riore. All’esame della TC cone-beam la densità ossea, suc- cessivamente verificata durante l’intervento, deponeva per un osso tipo D2 secondo la scala Hounsfield (Fig. 1).

Clinicamente risultava evidente la contrazione dei tes- suti nell’area sottoposta ad avulsione (Fig. 2); l’analisi della TC cone-beam del mascellare superiore tuttavia ha contri- buito in modo determinante alla elaborazione del piano di trattamento.

Si prospettava infatti alla paziente la possibilità di una riabilitazione dell’area del 2.6 mediante l’inserimento di un impianto super-short, considerando la ridotta altezza ossea

Fig. 2 Visione diretta pre-operatoria dell’area edentula. Si no- tino il deficit osseo verticale e la contrazione dell’aspetto vesti- bolare presenti.

Fig. 1 Sezione TC relativa all’area destinata a essere sot- toposta a intervento. Limitata appare l’altezza dell’osso biodi- sponibile.

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disponibile e la successiva protesizzazione dello stesso con corona in vetro-ceramica a base di disilicato di litio.

Ottenuto il consenso informato in forma scritta da par- te della paziente si procedeva alla esecuzione del piano di trattamento prospettato.

Trattamento

Previa profilassi antibiotica rappresentata da 2 gr di amoxicillina assunti un’ora prima dell’intervento chirur- gico, alla paziente è stata eseguita anestesia plessica con un’unica tubofiala di mepivacaina cloridrato con adrena- lina 1:100.000.

Utilizzando una lama da bisturi 15C è stato scolpito un lembo lineare anticipato sul palato a tutto spessore, senza operare incisioni di rilascio, in modo da aumentare dimen- sionalmente l’aspetto vestibolare dell’area sottoposta a intervento.

La preparazione del sito implantare (Fig. 3) è stata quin- di realizzata mediante l’utilizzo di frese calibrate, seguen- do le norme consigliate dalla casa produttrice della fixture.

Dopo la preparazione del sito implantare si procedeva, con un torque di inserimento di 50 Ncm, all’avvitamento dell’impianto che veniva completato manualmente.

A causa della ridotta disponibilità di osso in senso verti- cale è stato utilizzato un impianto super-short Biomet 3i™

Osseotite® 6 mm dia x 6 L (Ref: NXFOS660).

Con il mounting in situ si invitava la paziente a chiudere in Posizione di Intercuspidazione Massima (PIM) in modo da verificare il corretto posizionamento dell’impianto in senso mesio-distale (controllo effettuato più volte durante il fresaggio e l’inserimento della fixture) e rispetto all’anta- gonista (Fig. 4).

Dopo aver verificato strumentalmente la buona stabi- lità primaria della fixture, mediante l’utilizzo di una chiave chirurgica di controllo del torque (Biomet 3i™ H-Tirw), una volta smontato il mounting (Fig. 5), si procedeva al posizio- namento simultaneo di una vite di guarigione. In questo caso è stato applicato il protocollo del platform switching e, quindi, già al momento della chirurgia è stata adottata una componentistica di diametro inferiore rispetto a quello del- la piattaforma implantare e quindi una vite di guarigione di diametro 5 mm (Fig. 6). Al termine dell’intervento è sta- ta eseguita una sutura a materassaio verticale in materiale non riassorbibile per la stabilizzazione del lembo (Fig. 7) ed è stata effettuata una prima Rx endorale di controllo.

La paziente ha successivamente assunto 100 mg di ni- mesulide ogni 8 ore per tre somministrazioni consecutive Fig. 3 Preparazione del sito implantare ottenuto con l’utilizzo

di frese calibrate secondo le indicazioni della ditta produttrice della fixture.

Fig. 4 Con il mounting in situ si verifica il corretto posiziona- mento dell’impianto in senso mesio-distale e rispetto all’anta- gonista.

Fig. 5 L’impianto super-short di diametro 6 e altezza 6 mm

appena inserito. Fig. 6 Posizionamento della vite di guarigione di diametro

5 mm straight. È a questo punto che si avviano le procedure che porteranno all’esecuzione del platform switching.

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ANNO 30 • NUMERO 4 • 2014 al termine di un pasto. La stessa ha quindi ricevuto una se-

rie di istruzioni, espresse in forma verbale e scritta, volte a un’adeguata gestione domiciliare del sito di intervento.

La paziente è stata quindi sottoposta a follow-up clinico che prevedeva una serie di appuntamenti successivi all’in- tervento chirurgico, e al carico protesico, volti al controllo igienico e occlusale dei pazienti sottoposti a trattamento implanto-protesico20. Ciò allo scopo di prevenire patologie

causate dall’accumulo di placca o danni alla fixture deter- minati da sovraccarico occlusale.

Eseguiti i controlli radiografici e igienici programmati, nel mese di Aprile 2011 (Fig. 8), verificate le ottime condi- zioni di salute e trofismo dei tessuti periimplantari (Fig. 9), si procedeva al rilievo di impronte di precisione in polie- tere utilizzando un coping pick-up dello stesso diametro della vite di guarigione.

Fig. 7 L’area sottoposta a intervento. Sono state utilizzate del- le suture non riassorbibili in seta a bloccare il lembo riportato vestibolarmente.

Fig. 8 A guarigione avvenuta si noti l’incremento degli spesso- ri dei tessuti molli rispetto alla situazione di partenza.

Fig. 9 Al momento della consegna i tessuti appaiono in buone condizioni di salute e trofismo. Si evidenzia l’immagine clinica della riduzione della piattaforma implantare.

Fig. 10 L’abutment in titanio fresato in laboratorio e posiziona- to in zona 2.6 è stato connesso alla fixture con una vite in oro avvitata a 35 Ncm.

Fig. 11 Corona protesica in vetro-ceramica a base di disilicato

di litio eseguita in laboratorio con la tecnica della pressatura. Fig. 12 La corona cementata sull’abutment si integra in modo apprezzabile ai tessuti circostanti.

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Si procedeva quindi, con la fase protesica definitiva ap- plicando un abutment in titanio fresato in laboratorio con- nesso alla fixture con una vite Gold-Tite™ (Biomet 3i™ Unihg) avvitata con chiave dinamometrica a 35 Ncm (Fig. 10).

Sull’abutment veniva cementata una corona realiz- zata in vetro-ceramica a base di disilicato di litio (Fig. 11) ottenuta con la tecnica della pressatura e il cui spessore è stato accuratamente definito in laboratorio con l’ausilio di mascherine in silicone, allo scopo di garantirne le diverse proprietà meccaniche atte a contrastare le forze applicabili ad essa.

La corona in disilicato di litio si integrava in modo ot- timale alla mucosa periimplantare (Fig. 12). Al momento della consegna venivano accuratamente controllati i con- tatti con carta di articolazione da 20 micron e Shimstock Foil (8 micron).

Per valutare il livello dell’osso crestale periimplantare sono state eseguite delle radiografie periapicali nelle se- guenti fasi: al momento della chirurgia, al momento della consegna protesica, a 12 mesi ed a 36 mesi dalla funziona- lizzazione.

Le radiografie endorali sono state eseguite modifican- do il bite-block con resina acrilica in modo da renderle ripetibili. Le misurazioni dei livelli di osso sono state ese- guite usando un computer aided design software (Auto- CAD) calcolando la I-MBL (Initial-Margin Bone Level) e la F–MBL (Final-Margin Bone Level) sia sulla spalla mesiale che su quella distale degli impianti.

La paziente, inserita in un programma di richiamo di igiene professionale semestrale, ha quindi eseguito una Rx endorale di controllo a tre anni di distanza dal carico protesico (Aprile 2014) utilizzando il medesimo bite-block individualizzato.

Nel caso descritto è stata calcolata la differenza fra i va- lori I-MBL ed F-MBL ottenuti a T0 (tempo al momento del carico protesico) (Fig. 13) e T1 (tempo a tre anni di distanza dal carico protesico) (Fig. 14).

rIsuLtAtI

A tre anni dal carico l’impianto risultava osteointegrato ed il riassorbimento osseo marginale particolarmente limi- tato. I tessuti molli circostanti risultavano in buone condi- zioni di salute e trofismo.

Se a T0 i valori di I-MBL risultavano di 5,96 e 4,95 mm, rispettivamente a mesiale e a distale dell’impianto inserito (della lunghezza di 6 mm), a T1 i valori risultavano di 5,58 e 4,91 mm, con una maggiore riduzione dei livelli ossei mesiali.

Nel caso clinico descritto i valori delle misurazioni otte- nute dalle analisi radiografiche ha dimostrato che sull’im- pianto testato (Biomet 3i™ Osseotite® 6 dia x 6 mm L) il riassorbimento osseo periimplantare a distanza di tre anni dal carico protesico risultava di 0,045 mm a livello della spalla distale e 0,38 mm a livello della spalla mesiale (me- dia 0,212 mm).

dIsCussIone

I risultati ottenuti sono in linea con le buone perfor- mance a medio termine degli impianti ultra-corti e del protocollo del platform switching applicato agli stessi. Nel caso trattato il riassorbimento mesiale è stato superiore ri- spetto a quello verificatosi sulla spalla distale dell’impianto inserito in arcata, considerando anche che a T0 il livello os- seo distalmente risultava già ridotto a 4,95 mm rispetto ad una lunghezza implantare di 6 mm.

Le misurazioni effettuate, ripetute dallo stesso operato- re in diversi momenti con risultati sovrapponibili fra di loro, sono state eseguite in modo accurato dando una affidabi- lità elevata ai valori ottenuti.

Gli stessi sono stati confrontati con i dati disponibili in Letteratura e con misurazioni effettuate dagli Autori su diversi casi di riabilitazione implanto-protesica di mono- Fig. 13 Rx endorale eseguita al momento del carico protesico

(T0) e sulla quale è stata misurata la I-MBL (Initial-Margin Bone Level).

Fig. 14 Rx endorale eseguita a tre anni dalla funzionalizzazio- ne (T1) e sulla quale è stata misurata la F-MBL (Final-Margin Bone Level).

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ConCLusIonI

La ridotta biodisponibilità di osso in senso verticale può essere superata dall’inserimento di impianti corti o ul- tra-corti i cui risultati clinici possono essere considerati so- vrapponibili a quelli degli impianti di maggiore lunghezza.

Tenendo conto del fatto che tali impianti super-short sono disponibili prevalentemente in diametri larghi, il chi- rurgo ha a disposizione delle superfici di contatto osso- impianto di estensione rilevante.

Se a questo si affianca la possibilità di poter utilizzare la tecnica del platform switching, si è in grado anche di preservare in modo sicuro e predicibile la cresta ossea pe- riimplantare da rapidi ed importanti processi di riassorbi- mento.

Il risultato estetico può considerarsi altrettanto impor- tante con una ottima integrazione tissutale delle corone in disilicato di litio.

Gli interessanti risultati clinici ottenuti nel caso preso in considerazione, e in numerosi altri da noi sottoposti allo stesso protocollo e attualmente oggetto di valutazione, meritano tuttavia un follow-up di medio e lungo termine.

In particolare merita un ulteriore approfondimento la va- lutazione nel tempo della tenuta e della resistenza delle corone in disilicato di litio nei settori posteriori.

rInGrAzIAMentI

Gli Autori ringraziano gli odontotecnici Giuseppe Solda- no e Danilo Altamura per la loro preziosa collaborazione.

BIBLIoGrAFIA

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