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Il Nuovo Manuale di Fotografia Analogica La fotografia analogica spiegata con un racconto Il Fotografo Venuto dal Passato

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Academic year: 2022

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Il Nuovo Manuale di Fotografia Analogica

La fotografia analogica spiegata con un racconto Il Fotografo Venuto dal Passato

Per contattare l’Autore scrivere a:

ilfotografovenutodalpassato@yahoo.com

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Prefazione __________________________________________ 6 Parte prima. Alcuni concetti fondamentali _______ 7

La fotocamera ______________________________________ 7 Le fotocamere attualmente disponibili e dove trovarle

_____________________________________________________ 9 Le fotocamere, tipi e formati ____________________ 11

Le fotocamere 35 mm ______________________________ 12 Le fotocamere per il formato 120 __________________ 12 Le fotocamere per pellicole piane __________________ 13 Le fotocamere per il formato 110 ___________________ 14 Le fotocamere per il formato 127 ___________________ 14 Le fotocamere a sviluppo istantaneo _______________ 14 Le altre differenze tra fotocamere__________________ 15 Il mirino a visione diretta o galileiano______________ 15 Il telemetro ________________________________________ 16 La fotocamera reflex _______________________________ 17 L’obiettivo della fotocamera _______________________ 24 Le caratteristiche fondamentali____________________ 26 La scelta dell’obiettivo _____________________________ 29 L’effetto delle diverse focali ________________________ 32 La pellicola fotografica__________________________ 42

La scoperta del volto della Sindone grazie al processo

fotografico negativo-positivo_______________________ 44

La scelta della sensibilità della pellicola____________ 46

L’esposizione ______________________________________ 47

La regolazione dei tempi di scatto__________________ 50

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I flash automatici con più diaframmi disponibili e i flash TTL __________________________________________ 60 Parte seconda. Marco e il Vecchio Fotografo ____ 65

La scelta della coppia di tempo e diaframma, la visita al vecchio fotografo ________________________________ 65 Il secondo giorno con il vecchio fotografo, ancora un chiarimento sui tempi di scatto e la scelta del

diaframma. ________________________________________ 68 Parte terza. Lo sviluppo della pellicola __________ 79

La lista della spesa di Marco _______________________ 79 I prodotti chimici per la fotografia in bianco e nero e la loro pericolosità _________________________________ 81 A casa del vecchio fotografo, la sua camera oscura _ 82 Alcuni oggetti che Marco ha visto nella camera oscura

____________________________________________________ 84 L’introduzione della pellicola nella spirale _________ 86 Lo sviluppo del negativo_________________________ 98

La temperatura del bagno di sviluppo _____________ 101 Il tempo e la frequenza di agitazione del bagno di sviluppo __________________________________________ 103 Arresto, fissaggio, lavaggio e asciugatura della

pellicola.__________________________________________ 107 La cioccolata, Marco conosce meglio il vecchio

fotografo__________________________________________ 110 La digitalizzazione dei negativi____________________ 112 La bobinatura delle pellicole ______________________ 118 Lo sviluppo delle pellicole a colori ________________ 128 I compiti fotografici di Marco _____________________ 132 Parte quarta. I filtri di contrasto e di conversione

_________________________________________________ 144

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L’analisi delle fotografie effettuate con i filtri colorati, il fattore filtro ____________________________________ 147 I filtri di conversione _____________________________ 159 Le fotografie con la pellicola all’infrarosso ________ 162 Parte quinta, la stampa delle fotografie in camera oscura __________________________________________ 172

La camera oscura improvvisata ___________________ 176 La stampa di un negativo nella camera oscura

improvvisata______________________________________ 182

Gli altri consigli per la stampa in bianco e nero ___ 191

La fine della storia e l’inizio della nuova __________ 196

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Prefazione

Questo libro racconta come fotografare in analogico usando uno schema mai usato prima.

In una prima parte si spiegano alcuni concetti fondamentali di fotogra- fia analogica, ma a un certo punto si abbandona il sistema che si po- trebbe definire tradizionale per passare al racconto della fotografia ana- logica.

Si immaginano due personaggi, Marco giovane fotografo che vuole im- parare a fotografare in analogico e il Vecchio Fotografo, un personaggio che sembra uscito dall’800 che guiderà Marco nella conoscenza della fotografia.

L’espediente narrativo ha in realtà uno scopo didattico, perché questo è un manuale di fotografia analogica, ma non vuole cadere nell’errore di tanti altri manuali scritti in passato.

Il primo errore è stato quello di approfondire concetti tecnici relativi al- la fotografia analogica che, in realtà, dovrebbero abbracciare approfon- ditamente la fisica, l’ottica, la chimica, l’informatica.

Ci sono stati fior di scienziati che si sono occupati di questi problemi e hanno permesso a tutti noi di fotografare con semplicità, ma non è ne- cessario conoscere tutte queste nozioni per fotografare, come non è ne- cessario conoscere approfonditamente il funzionamento di una auto- mobile per guidarla correttamente.

Per questi motivi si esporranno solo i concetti tecnici basilari per far comprendere un argomento, come per esempio la formazione dell’immagine su un negativo, rimandando per gli approfondimenti alle letture specializzate in chimica fotografica.

Il secondo errore è stato di usare tante fotografie all’interno delle pagine del libro collegate al testo: sembra una buona tecnica ma in realtà con- fonde e distrae dal significato del testo. In questo libro vi saranno le fo- tografie collegate al testo ma solo se indispensabili per la sua migliore comprensione.

Il terzo errore è stato di usare un linguaggio astruso, complicato, noioso, tanto che difficilmente uno di questi manuali spesso infarciti di nozioni inutili e complicate, è letto fino in fondo. In genere si cercano degli ar- gomenti si dà uno sguardo e poi il libro rimane lì a prendere polvere.

Ricorrendo all’espediente del racconto si cerca di catturare l’attenzione del lettore dall’inizio fino alla fine, e giunti all’ultima pagina del libro si potrà fotografare in analogico quasi senza accorgersene.

Il Fotografo Venuto dal Passato

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In quelli accoppiati, la rotazione della ghiera di messa a fuoco dell’obiettivo fa funzionare anche il telemetro.

In quelli non accoppiati la regolazione dell’obiettivo è indipendente dal telemetro. Bisognerà quindi regolare prima il telemetro, leggere la di- stanza e riportarla sull’obiettivo.

Una serie famosa di fotocamere con il telemetro accoppiato è stata quel- la delle Zeiss Super Ikonta, che per questo motivo erano dette “automa- tiche”.

Il sistema del telemetro è certamente di grande aiuto nella messa a fuo- co, ma non è in grado di fare miracoli, funziona bene sui soggetti con linee ben definite, o anche per i ritratti, ma diventa problematico per i soggetti complessi, come i rami degli alberi.

Molte persone hanno serie difficoltà a mettere a fuoco con il telemetro.

Si osserva, infine, che conta sulla precisione del telemetro la distanza tra i due specchietti.

Più sarà elevata, più sarà accurata la messa a fuoco.

In una fotocamera a ottiche intercambiabili il telemetro è di solito effi- cace fino alle focali di 135 mm, ma c’è il caso della Contax (I e II) che a- vendo una notevole base telemetrica erano in grado di garantire la mes- sa fuoco grazie al telemetro anche con obiettivi di 180 mm senza ricor- rere a sistemi aggiuntivi.

La fotocamera reflex

Avrete capito che parlando di fotocamere e fotografia ci riferiremo solo a quella analogica, lasciando a internet il compito di informare quelli che hanno fretta sulla fotografia digitale.

Questo non vuol dire che si disprezzi la fotografia digitale, ma solo av- vertire che per quel tipo di fotografia non è questo il posto.

Il dilettante che vuole fotografare deve necessariamente procurarsi una fotocamera, e si trova di fronte a una vasta scelta, una scelta “vintage” e non può essere diversamente perché praticamente non si producono più fotocamere analogiche.

Certo, diranno i più informati, e le Leica, e le usa e getta?

Come no, è come se si dicesse che la produzione automobilistica di au- tomobili a motore a scoppio esiste ancora poiché si producono solo Rolls Royce e Ape Piaggio.

Quindi il dilettante che non ha i soldi per comprarsi una Rolls Royce e non vuole andare sul tre ruote dovrà necessariamente rivolgersi al mer- cato dell’usato che offre un’enorme scelta, ed è una fortuna!

È infatti accaduto che i produttori di fotocamere del passato le facevano talmente bene da sfidare i decenni se non i secoli.

L’autore di questo libro usa con soddisfazione fotocamere del 1920 sen- za problemi, semmai sarà necessario verificare se la fotocamera è in buone condizioni e se ha bisogno di manutenzione.

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Ciò specificato passiamo a vedere quale fotocamera è ideale per il foto- grafo e la risposta è una sola: la reflex da 35 mm a ottiche intercambia- bili.

Non c’è fotocamera migliore, versatile, completa, espandibile quasi all’infinito.

Per ogni reflex di marca le case costruttrici preparavano una serie di ot- tiche in grado di affrontare tutte le situazioni fotografiche, dalla ripresa di una formica a quella di un pianeta.

Come se non bastasse esistevano una serie sterminata di accessori, che costituiscono la vera ossessione del fotografo, dai filtri ai tubi prolunga, dai flash ai cavalletti, dagli schermi intercambiabili ai mirini speciali.

Esiste un libro, il libro degli accessori fotografici e video della Rowi: un centinaio e più di pagine di vera perversione fotografica dedicate per la maggior parte alle fotocamere reflex.

Ma perché la reflex 35 mm ha conquistato il campo sbaragliando tutti gli altri tipi di fotocamere?

I motivi sono tanti, ma ce ne sono due fondamentali.

L’uso della pellicola da 35 mm con fotogrammi di formato 24x36 mm.

La visione reflex.

L’uso della pellicola da 35 mm permette di costruire apparecchi piccoli che potrebbero essere usati anche con una sola mano; il fotogramma di formato 24x36 mm è ideale perché simula efficacemente la visione dell’occhio umano che è più lunga che alta.

L’altro motivo è la visione reflex, e qui dovremo soffermarci un po’ di più.

Una fotocamera, quale che sia, ha bisogno di un obiettivo, a meno che non si voglia optare per il foro stenopeico, ma una buona fotografia non può essere ottenuta con il foro stenopeico, ci vuole una lente che con- centri i raggi luminosi in un punto determinato.

Ci sono però dei problemi.

L’immagine prodotta da un obiettivo non è uguale a come la vediamo, perché è capovolta, e con i lati invertiti, anche se... in effetti è proprio come la vediamo!

L’occhio umano, infatti, si comporta come un sofisticatissimo obiettivo fotografico, mettendo a fuoco l’immagine sulla retina che a sua volta la rimanda al cervello, solo che l’immagine percepita dall’occhio è capovol- ta e con i lati invertiti, ma il cervello istantaneamente la raddrizza e in- verte i lati e ci permette di vedere le cose come sono.

Tuttavia l’obiettivo non ha dietro un cervello ma l’interno di una foto- camera, la sua camera oscura, quella che fu ideata per primo da Giovan Battista della Porta nel ‘600.

Questi, infatti, costruì una camera oscura di grandi dimensioni con

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A dire il vero ci sono alcuni che ritengono che il primo non fu Giovan Battista della Porta e si fanno tanti nomi, da Leonardo Da Vinci a Ari- stotele o Socrate, a no, Socrate no; può darsi, di certo il buon Giovan Battista rischiò grosso per la sua passione scientifica, come Galileo, que- sto lo vogliamo riconoscere?

Quanti di voi sfiderebbero la Santa Inquisizione per una fotocamera, per una camera oscura?

Ciò detto l’immagine restituita dall’obiettivo è capovolta con i lati inver- titi, per comprendere meglio vediamo questa fotografia nella pagina che segue (fotografia che è troppo grande per farla entrare in questa pagi- na).

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È una finestra, ma vediamola in quest’altra fotografia.

Si tratta della stessa finestra riprodotta su un vetro smerigliato di una

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Questa immagine è stata formata dall’obiettivo della Fkd (uno Zeiss 90 mm) senza che vi fosse anteposto uno specchio o un prisma e rappre- senta quello che vede l’obiettivo.

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Si nota subito che l’immagine è capovolta e se anche provassimo rad- drizzarla, cosa che è possibile anteponendo alla visione dell’immagine uno specchio, la troveremo con i lati invertiti, come si può vedere di se- guito dove si riprende la stessa finestra ma con fotocamera biottica, una Seagull, dove è stato anteposto, all’obiettivo di visione, uno specchio in modo da raddrizzare l’immagine.

Ora va decisamente meglio, ma c’è un problema, l’immagine è diritta tuttavia i lati sono invertiti, per rendersene conto basta guardare di nuovo la finestra nella pagina seguente messa a confronto con l’immagine che si è formata sul vetro smerigliato della biottica.

A sinistra l’immagine formata sul vetro smerigliato a desta l’immagine reale della finestra.

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Parte seconda. Marco e il Vecchio Fotografo

La scelta della coppia di tempo e diaframma, la visita al vec- chio fotografo

Come abbiamo visto il fotografo si affida all’esposimetro per determina- re la corretta esposizione.

Facciamo questa ipotesi: siamo in un pomeriggio invernale, la luce non è molta, ma nemmeno poca e l’esposimetro suggerisce una lettura di 1\4 di secondo f. 11.

Con questi valori il nostro fotografo munito di una reflex con ottica di 50 mm scatta una serie di fotografie sempre con lo stesso tempo e dia- framma visto che le condizioni di luminosità non cambiano; fotografa dei fiori e una sua amica che si è improvvisata modella.

Finito il rullino lo porta a sviluppare certo del risultato, ma quando vi- sualizza le fotografie si rende conto di aver sbagliato tutto; nonostante l’esposimetro tutti i soggetti sono venuti strani, mossi, non ne parliamo poi della ragazza; il suo volto è come una sorta di scarabocchio. Cosa è successo? Eppure i valori erano esatti.

Il nostro fotografo non si capacita di cosa sia accaduto e le sue ricerche su internet non fanno che aumentare la confusione.

Potrebbe rinunciare alla fotografia analogica e tornare al buon vecchio digitale che non sbaglia un colpo, ma non ne ha proprio l’intenzione.

Parla del problema a un suo amico e questi gli dice che nel suo antico palazzo dell’800 vive all’ultimo piano un vecchio fotografo; parla poco, ma è sempre gentile con tutti.

Veste sempre abiti di colore scuro ha i capelli bianchi e tutte le mattine lo vede al bar a fare colazione con un’immancabile fotocamera a soffiet- to.

Incuriosito il nostro fotografo chiede all’amico se glielo può presentare, ma lui gli dice che non è in tali rapporti da chiedere una cosa del genere, tuttavia può andare al bar e avvicinarlo, tutte le mattine alle 10 in punto il vecchio fotografo è lì con la sua fotocamera a soffietto.

Non vi ho detto che il nostro giovane fotografo si chiama Marco, ed è deciso a imparare anche a costo di una brutta figura. Per farsi notare si porta appresso la sua fotocamera reflex meccanica, una Praktica MTL 5 che era di suo padre prematuramente scomparso.

Finalmente è giorno, Marco si reca al bar frequentato dal vecchio foto- grafo e alle 9 e 30 è già lì.

Venire più presto non è stata proprio una scelta azzeccata, è inverno e fa freddo e come se non bastasse una leggera nebbia avvolge la strada, ma niente, nemmeno una tempesta, gli farebbe cambiare idea.

Marco aspetta e alle 10 meno 5 vede avvicinarsi nella nebbia un uomo anziano di forse ottant’anni che lentamente procede verso il bar.

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Indossa cappotto e cappello scuri e si nota una tracolla con una borsetta di cuoio, è la custodia della fotocamera a soffietto! È lui!

Il vecchio fotografo entra nel bar, si siede al tavolino e senza che dica nulla il barista gli porta “il solito” un cappuccino bollente e un cornetto.

Marco entra anche lui nel bar e ordina un caffè al banco mettendosi vi- cino al tavolino occupato dal fotografo, ma come fare per avvicinarlo?

Mentre è lì si sente osservato, e infatti il vecchio fotografo lo guarda, an- zi guarda la sua fotocamera, lo ha riconosciuto.

A questo punto Marco prende coraggio e si avvicina al tavolino e dice la prima cosa che gli viene in mente:” Mi scusi, è la custodia di una foto- camera a soffietto quella che vedo?”.

Il vecchio fotografo si mostra sorpreso e di rimando: “E quella che vedo è una Praktica? “.

“Sì- fa Marco- era di mio padre che purtroppo ora non c’è più”.

“Siediti e prendi un cornetto con me- risponde il vecchio fotografo- sei anche tu un fotografo”.

Marco non se lo fa ripetere, si siede e comincia a parlare con il vecchio fotografo e gli espone anche il suo problema con le fotografie venute tut- te strane pur seguendo le indicazioni dell’esposimetro.

Il vecchio lo ascolta e lo invita a casa sua per spiegarli dove ha sbagliato.

Poco dopo sono nella casa del vecchio fotografo all’ultimo piano del pa- lazzo antico e sembra essere tornati nell’800.

I mobili antichi, un grande camino e fotografie in bianco e nero appese alle pareti di volti di donna di tanti anni fa; si notano poi sui loro trep- piedi in legno due grosse fotocamere a soffietto anch’esse di legno e del- le vetrine dove vi sono oggetti che Marco non ha mai visto, strani oggetti in legno con due lenti, e altri che sembrano maschere in alluminio, forse dei visori, obiettivi, bacinelle di metallo, e altro che non riesce proprio a identificare, ma erano tutte cose bellissime.

Il vecchio fotografo accende il camino, e ci voleva, perché di mattina i riscaldamenti sono spenti, si siede sulla poltrona e invita Marco a seder- si.

Marco si siede sul divano di fronte alla poltrona e posto vicino al camino dove arde un bel fuoco scoppiettante.

Il vecchio fotografo comincia a parlare, Marco pende dalle sue labbra:”

Vedi Marco hai commesso un errore abbastanza comune tra i princi- pianti, hai scattato senza riflettere affidandoti solo all’esposimetro.

Lo strumento ti dà delle indicazioni che devi interpretare, sei tu quello che deve pensare non l’esposimetro.

Certamente l’esposizione era corretta ma sbagliata nel caso specifico.

Come sai puoi scegliere una serie di tempi di scatto da accoppiare a un certo diaframma e diverse coppie di tempi e diaframmi possono essere

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I tempi lenti con un obiettivo di 50 mm sono quelli che vanno da un se- condo a 1\30 di secondo tutti gli altri sono veloci…lenti veloci ma per cosa ti starai chiedendo? Per evitare il mosso.

Anche se non te ne accorgi la tua mano pure quando sembra assolu- tamente ferma è soggetta a un leggero tremolio, e questo vale, più o meno, per tutti gli uomini.

Se usi un tempo di scatto al di sotto di 1\60 di secondo il tremolio della mano si trasmette alla fotocamera e l’immagine registrata sulla pelli- cola incomincia a danzare su questa.

Come conseguenza non si vedrà sulla fotografia un’immagine netta ma indefinita, con più contorni e più basso sarà il tempo di scatto im- piegato e più l’immagine sarà indefinita.

Mi hai detto che hai usato il tempo di 1\4 di secondo, un tempo molto lento e in questo quarto di secondo la tua mano si è mossa chissà quan- te volte e questo movimento si è trasmesso alla fotocamera che l’ha trasmesso al negativo ed ecco spiegato il risultato.

Quindi invece di scegliere la coppia di 1\4 f. 11 dovevi scegliere 1\60 f.

2,8.

L’esposizione di 1\4 f. 11 è equivalente a 1\60 2,8 ma così non ottieni fotografie mosse”.

Marco ascoltava con attenzione, non aveva pensato che la scelta di una coppia di tempo e diaframma rispetto ad un’altra non era indifferente, ma subito un dubbio…se le cose stanno così tempi inferiori a 1\60 non devono essere mai usati, e quelli superiori possono essere sempre im- piegati. Espone il suo dubbio al vecchio fotografo che così gli risponde:

“Non è che non devono mai usati, non devono essere usati a mano libe- ra; ci sono delle situazioni in cui la luce è talmente poca che pur a- prendo al massimo il diaframma si è costretti a usare tempi inferiori a 1\60; ma si più fare avendo un punto di appoggio per la fotocamera.

L’ideale è usare un treppiedi, ma si tratta di uno di quegli accessori che difficilmente ci si porta appresso, se non quando si pensa sia davvero indispensabile.

È come l’’ombrello, se la mattina il cielo è nuvoloso si pensa che non pioverà lasciando a casa l’ombrello, e magari si finisce sotto un ac- quazzone.

Se invece già piove si esce con l’ombrello, ma si tratta di un oggetto scomodo, come il treppiedi, per questo si tende a non usarlo.

Mancando il treppiedi ci si può arrangiare appoggiandosi a un muro o a un albero, insomma a qualsiasi cosa che possa servire da sostegno e tenendo ferma la fotocamera, magari usando l’autoscatto, fermarla con entrambe le mani e quindi evitare le vibrazioni provocate dalla pressione sul pulsante di scatto.

E poi, e poi anche 1\60 di secondo potrebbe non andare bene; se si usa un teleobiettivo le vibrazioni della mano si trasmettono alla fotografia in maniera ancora più evidente.

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Hai mai provato a usare un binocolo?

Accade che più è potente più è difficile usarlo a mano libera perché l’immagine a causa del tremolio della mano risulta sempre più confu- sa; se il binocolo è di sette ingrandimenti, come un classico 7x50, si può ancora usare a mano libera, ma già a 10 diventa difficile, più di 10 di- venta praticamente impossibile e sarà necessario il treppiedi o un sup- porto.

Una buona regola con i teleobiettivi è quella di usare un tempo di scat- to minimo grosso modo equivalente alla focale dell’obbiettivo che in definitiva influisce sugli ingrandimenti come un cannocchiale.

Quindi se si usa un 135 mm il tempo di scatto minimo sarà di 1\125 di secondo, se si usa un 200mm sarà di 1\250 se invece è di 500 mm il tempo minimo sarà di 1\500 di secondo, stando comunque attenti per teleobiettivi così spinti a tenere la fotocamera quanto più ferma possi- bile, anzi in questi casi sarebbe sempre meglio usare il treppiedi”.

Marco sarebbe stato a sentire per delle ore, ma il vecchio fotografo gli dice che ora deve sviluppare dei negativi, ma che il giorno successivo potevano continuare la loro chiacchierata su un punto molto importan- te, la scelta del diaframma.

“Marco, ora ci dobbiamo lasciare, ma domani possiamo continuare, in realtà ci sono ancora tante cose da dire.

Se domani mattina non hai impegni vieni al solito bar alle 10, faremo colazione insieme e verremo qui per la nostra chiacchierata.

Ho visto le previsioni e purtroppo il tempo non sarà diverso da quello di oggi, ma staremo comunque comodi e al caldo perché accenderò il camino, non dimenticare di portare la Praktica, ci servirà.”

“Verrò certamente- ribatte Marco -a domani”.

E così finisce il primo incontro con il vecchio fotografo. Marco scende le scale dell’antico palazzo e solo ora si rende conto che non conosce il nome del vecchio fotografo che però scoprirà in seguito.

Il secondo giorno con il vecchio fotografo, ancora un chiari- mento sui tempi di scatto e la scelta del diaframma.

Alle 9 e 50 del mattino Marco si trova davanti al bar frequentato dal vecchio fotografo, e la giornata non è migliore di quella precedente, fa freddo, piove e c’è anche una leggera nebbia, in fondo è normale siamo al sette di gennaio.

Passano cinque minuti e nella nebbiolina mista a pioggia si comincia a distinguere la figura del vecchio fotografo.

Marco lo vede, lo saluta e insieme entrano nel bar. Si siedono togliendo- si i soprabiti e prendono cappuccini e cornetti.

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