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IL PROGETTO DI UN DEPOSITO COME ESPERIENZA MUSEALE (Il caso studio della Caserma Gamerra a Venaria Reale) = THE STORAGE AS MUSEUM EXPERIENCE (The case study of the Gamerra Barracks in Venaria Reale)

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Politecnico di Torino

Laurea magistrale - Architettura per il Progetto Sostenibile

IL PROGETTO DI UN DEPOSITO COME ESPERIENZA MUSEALE

(Il caso studio della Ex Caserma Gamerra a Venaria Reale)

RELATORE:

Prof. Riccardo Pollo

CORRELATORI:

Prof. Giuseppe Roccasalva Prof. Alessandro Mazzotta

CANDIDATO:

Dario Crapisi

LUGLIO 2020

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Alla mia famiglia che spero di aver reso orgogliosa.

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INDICE

1. INTRODUZIONE 2. I DEPOSITI MUSEALI

2.1 Un patrimonio nascosto 2.2 La necessità del deposito

2.3 Il deposito come spazio di emergenza 2.4 Come ovviare ai problemi dei depositi

2.4.1 Il metodo RE – ORG

2.4.2 Accessibilità culturale e multimedialità nei depositi

2.5 L’essenziale è invisibile agli occhi (conferenza sul deposito di beni museali) 2.6 Sintesi legislativa (principali norme)

3. INDICAZIONI E PARAMETRI PER LA PROGETTAZIONE DI UN DEPOSITO MUSEALE

3.1 Conservazione preventiva 3.1.1 Cause del degrado

3.2 Condizioni climatiche negli spazi museali

3.2.1 Umidità relativa e temperatura 3.2.2 Danni

3.2.3 Parametri per la tutela 3.2.4 Illuminazione

3.2.5 Danni

3.2.6 Parametri per la tutela

3.2.7 Illuminazione naturale e artificiale negli spazi museali 3.2.8 Qualità dell’aria e ventilazione

3.3 Indicazioni generali per la progettazione di un deposito museale

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4.CASI STUDIO

4.1 Il caso studio di un deposito visitabile fuori dal museo.

Il deposito Boijmans Van Beunigen

4.1.1 L’idea 4.1.2 Il progetto

4.1.3 Accessibilità pubblica

4.2 Due casi studio di deposito visibile dentro al museo Musee du quai Branly

4.2.1 Il progetto 4.2.2 L’idea 4.2.3 Il deposito

The Broad museum

4.2.4 L’idea 4.2.5 Il progetto 4.2.6 Il deposito

4.3 Il caso studio di un deposito non visitabile fuori dal museo I frigoriferi milanesi

4.3.1 Cenni storici 4.3.2 Il progetto

4.4 Schede di sintesi

5. LA CASERMA GAMERRA TRA STORIA E FUTURO

5.1 Da Reggia a Caserma 5.2 Stato di conservazione 5.3 Vincoli urbanistici 5.4 Scenari futuri

5.5 Intervista all’Architetto Stefano Trucco

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6. IL PROGETTO

6.1 La scelta della Caserma Gamerra come caso di progetto 6.2 Venaria e principali progettualità

6.3 Tavolo di lavoro

6.4 Sistema trasporti e percorsi ciclopedonali 6.5 Interventi al muro di cinta

6.6 Anularità dei percorsi 6.7 La corte

6.8 Spazi pubblici 6.9 Concept volumetrico

6.10 Percorsi e funzioni interne: Il deposito

6.11 Percorsi e funzioi interne: Albergo e ristorazione 6.12 Piante

6.13 La vedetta 6.14 Sistema facciata 6.15 Sezioni tecnologiche 6.15 Vista prospettica

7. CONCLUSIONI 8. BIBLIOGRAFIA

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La Città di Venaria Reale con il restauro e la riapertura al pubblico della Reggia nel 2007, ha vissuto un decennio di grande sviluppo turistico, basti pensare che nel 2017 si sono contati circa 1 milione di visitatori provenienti da tutta Italia e fuori, posizionando la Reggia di Venaria al 7° posto come sito museale più visitato d’Italia.

In questi anni la città ha dovuto adattare l’offerta dei propri servizi alla crescente domanda turistica attraverso la collocazione di struttu- re ricettive di tipo alberghiero e ristorativo nel centro storico, princi- palmente nella Via storica, attraverso il potenziamento dei trasporti pubblici che da Venaria portano ai principali nuclei di distribuzione a Torino. Inoltre diversi fabbricati di valore nel centro storico sono stati dismessi in ottica di interventi a servizio della Reggia e della città, altri invece, abbandonati da anni tornano al centro del dibattito ma rimangono ancora in attesa di un futuro più dignitoso.

Venaria dunque, conta una serie di “vuoti urbani” sparsi per il centro storico, tra questi “vuoti” si prende in esame l’area sul quale sorge l’ex caserma Gamerra, costituita da due edifici posti a separazione tra i giardini reali e la città. Si proverà ad immaginare quale futuro per questo spazio, cercando di centrare alcuni obiettivi: realizzare un nuovo spazio pubblico per la città, creare una cucitura tra la città e la Reggia aprendo nuovi scenari e favorendo la permeabilità verso i giardini, in ultimo, individuare una nuova destinazione d’uso in coe- renza con gli interessi che le sovrintendenze stanno manifestando nei confronti dell’ex caserma.

Con la riqualificazione della caserma e degli spazi esterni di perti- nenza, si potrà ottenere uno spazio di accesso libero al pubblico, che possa offrire un’occasione di sosta alternativa al turismo che si dirige verso l’ingresso principale della Reggia di Venaria, ma an- che un luogo dove i cittadini possano incontrarsi, un nuovo spazio per la socialità venariese. Ad oggi, turismo, eventi, passeggiate si concentrano esclusivamente nella via storica della città, Via Andrea Mensa (originariamente Via Maestra) che nasce nel 600 come via di servizio alla Residenza di caccia e che continua ancora oggi a mantenere questa sua funzione accendendosi e spegnendosi in fun- zione della Reggia.

Tra suggestioni e proposte per la riqualificazione della caserma, spic-

1. INTRODUZIONE

1. Introduzione

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ca quella che vede riconvertiti gli ambienti interni in deposito centra- lizzato di beni museali a servizio: della Reggia in primis, considerata la vicinanza e la necessità espressa proprio dalla sovrintendenza, e poi a servizio dei musei di Torino che possono rivolgersi alla nuova struttura per archiviare i beni che non sono esposti e che non riescono più a trovare una sistemazione efficiente nei depositi propri.

Verrà inizialmente descritto come si presentano oggi i depositi musea- li analizzando specialmente la situazione in Italia ma non mancheran- no esempi internazionali, le condizioni fisiche e spaziali, le proble- matiche a cui vanno in contro le strutture museali al crescere continuo del patrimonio oggetto di tutela, destinato ragionevolmente a tacere in magazzino per l’oggettiva impossibilità di esporre tutto. In Italia, visto il grande patrimonio storico-culturale di cui dispone, la necessità di nuovi depositi museali, (meglio se centralizzati) è più incombente rispetto al resto del mondo. Questi luoghi comunemente immaginati come spazi bui e disordinati stanno seguendo un percorso di nobili- tazione che lentamente li vede emergere dagli “scantinati” per poter interagire e integrare quella che rappresenta l’esperienza museale più tradizionale legata alle mostre nelle sale espositive. A proposito di questo, l’accessibilità dei depositi diventa un aspetto cardine di cui si tratterà più approfonditamente.

In un secondo momento verranno analizzati i criteri e i parametri di progettazione di un deposito, per certi versi molto simili a quelli di uno spazio espositivo, in quanto le esigenze climatiche di un bene sono le stesse dal deposito all’esposizione; per altri versi invece, i criteri di progettazione sono diversi poiché cambiano gli scopi e le attività che si svolgono all’interno cioè la conservazione dei beni nei depositi e l’esposizione nelle sale espositive. Per cui saranno diverse le esigenze spaziali, il metodo di sistemazione e la fruibilità dei beni contenuti.

Un ulteriore passaggio prima di addentrarsi nel progetto sarà l’analisi di alcuni casi studio in cui lo spazio di deposito viene pensato come elemento caratteristico nella progettazione, ognuno di questi progetti si pone l’obiettivo di valorizzare il deposito ed ognuno di essi lo fa in modo differente e singolare. L’analisi di questi casi studio è utile come bagaglio di esperienze al quale fare riferimento per affrontare la fase di progetto.

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Con la fase di progetto, questa tesi vuole mostrare come la pro- gettazione e la realizzazione di una tipologia di spazio così poco conosciuta come quella di un deposito, possa diventare un’occasio- ne di esperienza museale per il pubblico, riutilizzando il patrimonio architettonico esistente e valorizzando un luogo abbandonato con caratteristiche uniche.

1. Introduzione

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I depositi sono uno strumento essenziale per la conservazione delle opere e dunque indispensabili per la vita di un museo. Il termine de- posito (o riserva) è entrato in uso di recente, in sostituzione del più tra- dizionale termine magazzino. Il primo evoca un ambiente idoneo e attrezzato per la conservazione e la gestione delle collezioni museali, mentre il secondo evoca piuttosto uno spazio di fortuna, inadatto e carente. Questa evoluzione di terminologia è indicativa di un percor- so di elevazione e di musealizzazione che sta interessando i depositi, di valorizzazione ma anche di esibizione di questi spazi sconosciuti che vanno gradualmente integrandosi agli spazi espositivi.

2.1 UN PATRIMONIO NASCOSTO

In un museo, come in un iceberg, tre quarti dello spazio sono som- mersi, non si vedono: sono i depositi e i servizi. Secondo un’indagine del 89’ scritta da Barry e Gail Dexter Lord: l’80% dei musei esaminati aveva l’80% dei beni in deposito, è noto anche che nel mondo ci sono circa 55.000 musei con almeno lo stesso numero di depositi e dotati di più di 1 milione di sale dedicate a quest’attività. Questi numeri indicano che la maggior parte dei musei mostra solo una pic- cola parte del patrimonio posseduto, ed essendo i depositi dei luoghi ad oggi quasi inaccessibili, si può immaginare quale sia la portata del patrimonio culturale sottratto alla pubblica fruizione. Molte opere anche di autori famosi, vengono conservate nei depositi dei musei senza venire mai fruite dai visitatori, non molti sono i casi dove il ma- teriale custodito negli archivi viene ciclicamente alternato con quello mostrato nelle sale.

Nel 2016 la rivista digitale statunitense Quartz ha pubblicato una ricerca sul patrimonio artistico conservato in venti musei di sette Paesi diversi, tra cui il Moma di New York e l’Ermitage di San Pietroburgo, la ricerca si è concentrata su più di 2.000 opere di tredici artisti fa- mosi come Cézanne, Monet e Schiele. Da questo studio, divulgato in Italia da Internazionale con il titolo “Gran parte delle opere d’arte è nascosta nei depositi dei musei” (1) , è emerso che effettivamente la maggior parte delle opere d’arte di tutto il mondo si trova nei depositi e che generalmente i grandi musei espongono appena il 5% della loro collezione. Molte opere fanno parte di “collezioni da studio” che i musei non espongono in quanto ritenute poco interessanti per i

1 Groskopf C., Museums are keeping a ton of the world’s most famous art locked away in storage, www.qz.com, 20 Gennaio 2016;

2. I DEPOSITI MUSEALI

2. I depositi museali

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Fonte immagine: Quartz

visitatori. Il pubblico infatti, è attratto dagli artisti famosi, ed è proprio questo il criterio che guida i direttori dei musei nella scelta delle opere da esporre. Come si evince dal grafico della ricerca: «I musei espon- gono a rotazione le opere più importanti, mentre le opere di nicchia potrebbero non lasciare mai i depositi.

I depositi sono stati oggetto di un articolo del 12 Marzo 2019 sul New York Times in quanto sia musei che collezioni crescono in modo esponenziale, alcuni musei hanno visto le loro collezioni crescere di dieci volte il numero di beni, in meno di cinquant’anni. Nel 60% dei casi questa crescita non è stata gestita dunque le collezioni conser- vate sono invisibili ma anche inutilizzabili. Questa crescita si spiega in primo luogo considerando che: mentre Il patrimonio immateriale si seleziona nel tempo, perché dimentichiamo oltre che ricordare, il patrimonio materiale si accumula producendo una crescita tenden- zialmente infinita, l’aumento di costi, la necessità di spazi nuovi e di intervenire con opere conservative. In secondo luogo bisogna dire che i musei di antica tradizione esponevano tutto (si ricordano per esempio le wunderkammer e le quadrerie storiche), oggi invece le opere esposte sono selezionate, diradate, collocate solo ad altezza d’uomo in modo da facilitare la visione. Questo atteggiamento, da un lato ha portato alla realizzazione di musei–capolavoro, come il Museo di Castelvecchio a Verona realizzato da Carlo Scarpa, ma nel contempo ha “prodotto” la necessità di depositi imponenti, in cui collocare le opere “scartate”.

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In Italia esiste un pregiudizio nei confronti di questi depositi, «demo- nizzati come regni di polvere, di abbandono, di oblio, di colpevole negligenza», come è scritto in un recente articolo del Corriere della sera(2) . A sostengo di questa linea di giudizio si riporta un’indagi- ne condotta dall’ ICOM(3) con l’appoggio dell’UNESCO su più di 1.500 musei e il risultato mostra che Il 25% dei musei non posseg- gono una documentazione completa, il 40% non sono supportati dall’amministrazione, il 50% non hanno immobili di dimensione suf- ficiente, il 70% con depositi completamente pieni, il 10% con furti accaduti nel deposito.

Da una parte vi è la crescita esponenziale e continua di beni museali, dall’altra l’impossibilità da parte delle strutture museali di esporre tutti i beni che di conseguenza continuano ad affollare i depositi impe- dendo la buona gestione. Questa è una realtà che tocca i primis un paese come l’Italia, tanto ricco per il patrimonio storico, culturale e artistico. I beni non esposti dunque necessitano di spazi di ricovero ampi ed organizzati, cosa che ad oggi, come si è visto, molte strut- ture museali non sono in grado di fornire in modo adeguato anche a motivo del fatto che risulta difficile che amministratori decidano di investire in strutture, che non hanno visibilità e la cui utilità è ricono- sciuta quasi solo dagli addetti ai lavori.

2.2 LA NECESSITÀ DEL DEPOSITO

La presenza di così tante opere ed oggetti nei depositi non è neces- sariamente un dato negativo: le opere in deposito infatti, hanno molte più possibilità di sopravvivere nel tempo a quelle esposte al pubblico, basti pensare che molti musei devastati e defraudati durante le guerre si sono rifatti con le opere conservate in depositi fuori sede, inoltre i beni in deposito se conservati idoneamente non saranno mai esposti a luci dannose e umidità, principali cause del degrado dell’arte, né a rischiose movimentazioni per lo spostamento di beni dal deposito verso altri luoghi. Qualsiasi bene, indipendentemente da quale sia la materia di cui è composto, è sempre soggetto al tempo, con il passare degli anni subisce un lento e costante deterioramento che non si può arrestare ma si po’ rallentare attraverso interventi periodici (conservazione preventiva) che aumentano l’aspettativa di vita degli oggetti.

2 Conti P., Dopo l’alluvione in Francia, l’arte va in deposito senza scandalo: impossi- bile esporre tutto, Il corriere della sera, 3 Giugno 2016.

3 ICOM: International Council of Museums è l’organizzazione internazionale dei mu- sei e dei professionisti museali impegnata a preservare, ad assicurare la continuità e a comunicare il valore del patrimonio culturale e naturale mondiale, attuale e futuro, materiale e immateriale. ICOM è associato all’UNESCO e gode dello status di organi- smo consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).

2. I depositi museali

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Per tali ragioni esistono opere i cui materiali costitutivi sono troppo delicati per essere esposti in permanenza, come per alcuni disegni, stampe, sete, tessuti e così via; non tutto deve o può essere esposto, ecco allora che i depositi museali di- ventano degli spazi di necessità non solo per ospitare beni di

“seconda scelta” ma per la tutela e cura di tutto il patrimonio culturale.

Inoltre il deposito museale è una grande opportunità per lo sviluppo culturale, per la produzione scientifica e per l’occu- pazione dei professionisti che si possono impiegare.

Alessandra Mottola Molfino, storica dell’arte e membro della direzione ICOM Italia sostiene che i depositi siano i luoghi in cui gli storici dell’arte fanno le loro più interessanti scoperte.

Nel suo libro “il libro dei musei” scrive così a proposito dei depositi museali: “servono come i libri di una biblioteca di consultazione per confronti e riferimenti: ma i libri si possono anche leggere nelle riproduzioni, le opere vanno consultate dal vero. Se non ci fossero opere di seconda e terza scelta con le quali confrontarsi quotidianamente, non si saprebbe nemmeno quali sono quelle di prima scelta. Le opere con- servate nei musei, maggiori o minori che siano, esposte o in deposito, non si vendono perché sono documenti storici. E lo sono due volte: in quanto testimonianze dell’epoca in cui sono state prodotte e in quanto oggetto che concorre a defi- nire l’identità delle collezioni di un museo, che è tale proprio per le vicende di accumulazione di oggetti-documento” (4). La riserva, costituisce un fondo importantissimo al quale at- tingere per le varie attività del museo, come prestiti, mostre, attività per il pubblico. Un caso esemplare è la Galleria degli Uffizi di Firenze, dove la riserva, appunto, è attrezzata come una galleria parallela, in cui i dipinti sono sistemati come se fossero in una quadreria nobile, tutti chiaramente leggibili.

4 Mottola Molfino A., Il libro dei musei, Torino, Allemandi, 1991, p. 135

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2.3 IL DEPOSITO COME SPAZIO DI EMERGENZA

Oltre alla funzione di ricovero di beni non esposti, si può pensare al deposito museale come un luogo capace di rispondere alla necessità di riparo in situazioni di emergenza, per esempio nel caso di sisma e alluvioni.

Nel 2012 il sisma del 20 e 29 Maggio ha colpito l’Emilia Romagna nelle zone di Modena, Ferrara e Bologna. Il territorio Emiliano è stato colpito nel patrimonio culturale, soprattutto nelle chiese all’interno del quale le opere sono rimaste intrappolate, per essere prelevate solo dopo alcuni giorni con interventi mirati.

Sotto l’urgenza della necessità di ricoverare le opere colpite dal si- sma, la Direzione regionale dell’Emilia Romagna (MiBAC) ha rea- lizzato dentro la Reggia di Sassuolo un deposito e un laboratorio di restauro al servizio dell’area terremotata.

Parte di questi beni, una volta prelevati sono stati quindi portati a Sas- suolo, all’interno della Reggia, e sistemati in un ampio spazio libero al piano terra, presente a motivo di un precedente uso militare che ha cancellato le varie partizioni interne e le decorazioni modificando profondamente la disposizione originale.

La reggia è stata acquisita dalla soprintendenza più di venti anni fa, è stata avviata una campagna di restauri periodici grazie al quale nel corso degli anni, si è recuperato come possibile il piano terreno, oggi divenuto deposito temporaneo di opere d’arte. Si tratta quindi di uno spazio di proprietà demaniale, fuori dall’area di cratere dei terremoti del 2012, che possiede un’ampia superficie, di facile ac- cessibilità e di buona manutenzione.

Mentre si avviavano d’urgenza le prime operazioni di ritiro delle opere dai siti più danneggiati, è stato contestualmente messo a punto un ampio progetto di adeguamento e di allestimento degli spazi del Palazzo per le attività di deposito, per la messa in sicurezza delle opere e di primo intervento conservativo. Sono state messe quindi in atto tutte le operazioni necessarie per la sicurezza attiva e passiva dei beni e degli ambienti, la realizzazione di tutti gli impianti tecni- ci necessari per le attività previste, la predisposizione di specifiche strutture di deposito per le varie tipologie di beni e la progettazione di spazi di lavoro destinati all’attività degli operatori tecnici. Dentro la Reggia di Sassuolo sono state ricoverate quasi la metà di tutte le

2. I depositi museali

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opere danneggiate.

Il deposito è stato inaugurato il 5 Settembre del 2012 grazie al finanziamento locale della fondazione cassa di risparmio, concluso nel 2015 ed affidato alla soprintendenza archeologia e belle arti di Sassuolo.

Il deposito occupa una superficie di 1.600 mq di cui un terzo desti- nato a luogo per il cantiere di restauro, il numero delle opere arrivate è di 2.200 di cui una grossa quantità arrivata durante primi mesi dopo il sisma, e la restante parte arrivata nel Luglio del 2013 dopo la messa in sicurezza di altre chiese e quindi con la possibilità di estrarne i beni all’interno imprigionati. Il deposito è stato organizzato dall’ingresso, alla registrazione, al riscontro con le schedature proce- dendo con la messa in sicurezza e stoccaggio definitivo.

In seguito alla messa in sicurezza delle opere, sono state favorite le visite guidate non solo di studenti ma anche visite parrocchiali, dioce- sane, enti proprietari e comuni per vedere e verificare le operazioni di stoccaggio e messa in sicurezza delle opere(5).

I depositi di emergenza non sono indispensabili solo nel caso di terremoti o alluvioni, si prende come esempio l’intervento di restauro di Palazzo Madama a Torino in cui è stato previsto lo sgombero dei beni contenuti all’interno, lo sgombero è avvenuto prima attraverso l’inserimento dei beni in dei container e poi con il trasferimento di questi ultimi nei magazzini di Gondrand, spazi appositamente pre- disposti per il ricovero di opere d’arte e affittabili per il periodo di tempo necessario. Anche in questo caso si tratta di una soluzione di emergenza, che può essere adottabile da qualsiasi struttura museale considerando anche il numero sempre crescente di musei che cicli- camente, prima o dopo dovranno sottoporsi ad opere di restauro o ristrutturazione.

5 Casciu S., Oltre l’emergenza’. A Palazzo Ducale Sassuolo in mostra l’attività del Centro di Raccolta e del cantiere di primo intervento per il sisma 2012, www. Sas- suolo2000.it, 15 Ottobre 2013;

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2.4 COME OVVIARE AI PROBLEMI DEI DEPOSITI

Può essere utile riassumere brevemente nei seguenti punti alcuni dati che interessano i depositi museali:

• Da recenti studi di UNESCO e ICCROM(6) a livello mondiale oltre l’80% degli oggetti museali risultano conservati nei depositi;

• Il 60% degli spazi destinati ai depositi sono insufficienti e/o inade- guati dal punto di vista della conservazione e della sicurezza, spesso non sono accessibili al pubblico o lo sono difficilmente;

• Questa situazione alimenta una visione negativa dei depositi per- cepiti come luoghi polverosi, sconosciuti, inaccessibili e che sottrag- gono le opere alla fruizione pubblica;

Un ulteriore considerazione va fatta riguardo la diversità di gestione e trattamento tra depositi e spazi espositivi o più semplicemente tra spazi invisibili e visibili; ciò che è invisibile infatti, è tendenzialmente considerato di minore rilevanza rispetto a ciò che è visibile, nonostan- te sia chiaro specialmente a chi lavora nell’ambito, quanto i depositi siano essenziali per la vita del museo. Dunque per migliorare la con- dizione dei depositi è necessario iniziare a considerare tutto il patri- monio museale in osmosi fra esposizione e depositi e socializzarne il valore. Si possono indicare tre modi di agire:

• Rendere evidente e trasparente nel percorso museale il deposito, con gli oggetti ben ordinati e collocati. Basti pensare all’impatto stra- ordinario che ha sui visitatori il deposito vetrato circolare di reperti etnografici, collocato all’ingresso del museo parigino du Quai Branly dell’architetto Jean Nouvel (di cui si tratterà più approfonditamente nel Capitolo 3). Ciò che non si vede è come se non esistesse, bisogna dunque abbattere il “muro” che divide l’esposizione permanente dai depositi e lo si può fare ad esempio promuovendo aperture straordi- narie dei depositi, con visite guidate e visite a tema: depositi aperti, come fa da alcuni anni la Galleria Borghese di Roma.

• Organizzare delle mostre di museo, che valorizzino le opere dei depositi, in simbiosi perché no, con altre opere e documenti prove- nienti da altri musei, biblioteche, archivi, raccolte private.

6 ICROM: Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali. Unica al mondo nel suo genere, è un’organizzazione attiva e di piccole dimensioni, queste caratteristiche le consentono di rispondere prontamente alle esi- genze dei propri Stati membri per sostenerli nella tutela del patrimonio all’interno e all’esterno dei loro confini.

2. I depositi museali

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L’importante è il progetto culturale, per cui queste mostre costano poco e rendono molto in termini di crescita culturale e civile.

• Optare per l’esposizione a rotazione delle collezioni nelle sale per- manenti. Fermo restando che i capi d’opera e le opere più importanti restino esposte in permanenza, bisogna attrezzare gli allestimenti in modo che possano accogliere con periodicità il rinnovamento dell’e- sposizione. Così il museo può diventare dinamico sia in senso scien- tifico che di comunicazione e rinnovare la sua offerta alla comunità e ai visitatori.

2.4.1 IL METODO RE-ORG

Viste le condizioni in cui versano molte riserve museali, l’UNESCO e l’ICCROM hanno sviluppato una metodologia chiamata RE-ORG, per la salvaguardia e la riorganizzazione di depositi museali di piccole istituzioni con un quantitativo di oggetti minore ai 10.000, con risor- se e personale specializzato limitato. Va precisato che questo metodo costituisce uno strumento unico nel suo genere per assistere in modo concreto i musei di piccole e medie dimensioni nella gestione delle proprie collezioni e non di singoli oggetti. Prima di procedere alla riorganizzazione è possibile effettuare un’autoanalisi di valutazione per identificare la condizione attuale della propria istituzione, il me- todo vero e proprio si compone di quattro fasi guidate e si concentra su quattro sezioni o aree di responsabilità: management, edificio e spazi, collezione, mobilio e attrezzature. Ogni area di responsabilità viene illustrata descrivendone l’importanza, gli obiettivi e l’impatto finale, i materiali richiesti, consigli e suggerimenti vari.

Di seguito sono indicate quattro fasi di sviluppo del metodo:

1. Preparazione: creare le migliori condizioni possibili per la realiz- zazione di un progetto di riorganizzazione dei depositi;

2. Condition report: documentare lo stato attuale del deposito al fine di identificare le principali minacce che interessano la collezione museale;

3. Piano di azione: definire le attività necessarie e stabilire le tempi- stiche del progetto;

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4. Realizzazione: mettere in atto il piano di azione e garantire un monitoraggio costante.

Tutte le linea guida, i moduli e le tabelle di cui i musei avranno bisogno per la realizzazione del progetto RE-ORG sono inclusi nei seguenti strumenti reperibili dal sito ufficiale del ICCROM:

• Lo strumento di Autovalutazione, che come è stato detto, offre un’i- stantanea sulle problematiche principali che potrebbero nuocere alla funzionalità dei vostri depositi museali.

• Il Manuale, che contiene tutte le istruzioni passo-passo per la rea- lizzazione della maggior parte dei progetti RE-ORG.

• I Fogli di Lavoro, che contengono le tabelle e i formulari per la raccolta di tutte informazioni essenziali in preparazione al progetto di riorganizzazione dei depositi.

• Le Risorse Aggiuntive, che racchiude ulteriori strumenti e direttive per casi specifici.

2.4.2 ACCESSIBILITÀ CULTURALE E MULTIMEDIALITÀ NEI DEPOSITI Il deposito museale può essere concepito come centro di sviluppo culturale utile anche per favorire nuove forme di occupazione, pen- sando al deposito come il luogo dove molti professionisti si occupano del patrimonio ma anche come uno spazio che svolga una funzione espositiva temporanea, di laboratorio di restauro, anch’esso visibile e visitabile dal pubblico, rendendo così visibili tutti quegli interventi di restauro che interessano i beni museali, si possono immaginare all’interno del deposito degli spazi per la socialità dove le persone possono usufruire si una sala lettura o dove possono svolgere altre attività.

Presa l’occasione di avere dei depositi visitabili, c’è la necessità di costituirli come luoghi di ricerca e soprattutto che nella catalogazione dei beni, questi vengano digitalizzati per renderli disponibili ad una fruizione molto più ampia rispetto a quella che si ha con una visione diretta di questi beni.

2. I depositi museali

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Alcune di queste soluzioni sono state attivate in due musei del Moli- se: il museo archeologico di Venafro e il museo Sannitico di Campo Basso ai quali si deve l’iniziativa di far lavorare i ragazzi delle scuole superiori, in alternanza scuola lavoro, su alcuni reperti che non fosse- ro sensibili o particolarmente delicati come ceramica comune e ce- ramica di impasto, intervenendo attraverso i lavaggi di questi reperti e piccoli restauri di incollature. Al termine delle attività, con l’aiuto di archeologi e restauratori si sono allestite delle piccole vetrine per rendere fruibile al pubblico il lavoro di restauro svolto dagli studenti con l’appoggio dei professionisti del museo, e delle conferenze pub- bliche con genitori e comunità per raccontare queste esperienze.

Per rendere fruibile ciò che è nascosto nei depositi si richiama un mega progetto chiamato il Molise M.A.C.R.O. (Multimedialità per l’Accessibilità Culturale e Reti Open-source) che tra i vari propositi pone particolare attenzione all’accessibilità universale nei musei e la multimedialità attraverso il progetto Hydria, che prende vita nel 2018 in collaborazione con il dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione dell’UniMol. Il progetto Hydria consiste nell’acquisizione dei reperti esposti nei musei statali molisani tramite fotogrammetria o laser scanner per scopi di tutela, creazione di copie 3d per le sostituire i beni originali in caso si prestito, creazione di database virtuali e digitali, realizzazione di un museo virtuale allestito dalle acquisizioni tridimensionali di reperti esposti ma anche di quelli in fase di restauro nei depositi, realizzando un potente strumento me- diatico che incentivi il pubblico a recarsi al museo per vedere i beni nella realtà e allo stesso tempo che permetta la fruibilità dei beni che non possono essere esposti e quindi invisibili al pubblico(7).

Il museo di antichità di Torino ha dei depositi locati all’interno della struttura, si compongono di un’area “magazzino” interna e di stoc- caggio materiali organizzata per armadi e vetrine, un’area di la- vaggio e asciugatura dei materiali che provengono dagli scavi ar- cheologici, un’area di consultazione studio in quanto i depositi sono aperti un giorno e mezzo a settimana per ospitare tesisti, studiosi interni, funzionari delle soprintendenze che consultano i materiali, un laboratorio fotografico ed un laboratorio di restauro. La quantità di materiale presente nei depositi di questo museo è di circa 1.000 mc e proviene da diverse fonti: le collezioni sabaude formate dal Seicento in poi, donazioni di vari collezionisti, materiali provenienti dalle indagini

7 Direzione generale musei Molise, www.musei.molise.beniculturali.it

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archeologiche, sequestri e confische in quanto i materiali ritirati ven- gono conferiti nel deposito dei musei reali in attesa di una delibera del tribunale, depositi da parte di altri musei o privati che per ragioni di tutela e conservazione lasciano parte del loro patrimonio. Da que- sta situazione deriva una proprietà ibrida di materiali presenti all’in- terno dei depositi, una grossa mole di materiale che viene conservata in vario modo in uno spazio di 1.600 mq, all’interno di un padiglio- ne scavato nel fossato del palazzo reale e di in un’area esterna di 1.200 mq. Tutto questo materiale è stato gestito attraverso un data- base affiancato da una parte più descrittiva relativa a localizzazioni e quantificazioni di questi materiali, quantificazione sia numerica che volumetrica. Dall’autunno del 2017 si è deciso di realizzare un Gis dei depositi di antichità, realizzando una planimetria di dettaglio di tutte le strutture dei depositi che forsnisse informazioni riguardo la locazione geografica del singolo deposito e del contenuto all’interno di esso in modo tale da raggiungere qualsiasi reperto in pochi minuti.

Il comune di Milano, Partendo dalla GAM (Galleria di arte moderna) ha attivato delle iniziative di valorizzazione attraverso la visitabili- tà dei depositi museali presenti sul territorio: il Museo delle culture (MUDEC) realizzato recentemente e attrezzato appositamente con impianti che permettessero la visibilità dei depositi almeno una volta a settimana, ha istituzionalizzato questa attività in quanto il 70% del patrimonio del museo è all’interno del deposito. L’esposizione semi- permanente viene allestita per avere una durata di circa cinque anni (anche se i beni più fragili vengono alternati con alti beni simili ogni tre mesi), per cui molti oggetti collocati in deposito non avrebbero visibilità per lunghi periodi se non fosse possibile appunto visitare il deposito.

Gli oggetti all’interno delle sale espositive e dentro il deposito sono stati sistemati secondo due criteri differenti: si tratta di una scelta inu- suale per un istituto museale in quanto l’esposizione semipermanente è organizzata come la presentazione di una serie di tematiche al pubblico, invece nei depositi gli oggetti del museo sono distribuiti secondo un criterio di tipo geografico, per cui esistono sezioni de- dicate al Giappone, Cina, Africa, Americhe e Oceania. Il deposito rappresenta un’occasione per fare un salto nel mondo più segreto del museo, quello della conservazione delle opere in cui si vedono in che modo gli oggetti riposano ma anche in che modo gli oggetti si rinnovano durante i restauri. Per cui si tratta di una visita che offre

2. I depositi museali

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un’altra modalità di fruizione delle collezioni e che si è dimostrata molto interessante per il pubblico. La riserva del Mudec oltre ad of- frire un servizio per il pubblico svolge altri due fondamentali servizi:

uno specialistico per gli studiosi che approfittano dell’accessibilità per studiare direttamente in loco determinate tipologie di oggetti, l’altro è un servizio dedicato a studenti che si recano in deposito per apprendere una serie di nozioni sugli oggetti o proprio per seguire lezioni universitarie specifiche che si tengono appunto all’interno del deposito. Queste attività sono possibili perché il deposito è strutturato in modo tale che le opere siano sistemate in sicurezza e che vi siano gli spazi necessari per permettere gli spostamenti di persone all’inter- no, garantendo così la fruibilità del patrimonio conservato.

Il Mudec riceve costantemente donazioni di oggetti d’arte e comoda- ti, cioè oggetti di proprietà privata che vengono depositati all’istituto per un periodo minimo di dieci anni, che vengono trattati esattamente come fossero delle donazioni entrando effettivamente a far parte, an- che se per un periodo ridotto, del patrimonio del comune di Milano.

Fin dall’inizio il deposito è stato progettato sovradimensionando gli spazi in modo tale da poter inserire armadi, che dispongano di spazi liberi per la sistemazione dei nuovi oggetti che arriveranno in futuro.

Tutti gli oggetti che entrano a far parte del demanio pubblico del Comune di Milano e quindi del museo, sono oggetti che per sempre rimarranno legati al museo, considerando che in Italia non è possibile cedere le opere d’arte, dunque il museo potrà solamente crescere di patrimonio e non diminuire(8).

2.5 L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI (conferenza sul deposito museale)

Il 15 marzo 2019 si è tenuta a Matera, a Palazzo Lanfranchi, un’im- portante giornata di studi intitolata “L’essenziale è invisibile agli oc- chi”, dedicata ai depositi museali, organizzata da ICOM Italia in collaborazione con il Polo museale regionale della Basilicata Mi- nistero per i Beni e le Attività Culturali. Il programma, articolato in tre sezioni, ha affrontato nella parte introduttiva il ruolo dei depositi nella museologia contemporanea con alcune esperienze europee ed internazionali, nella seconda le esperienze italiane, per proseguire nella terza con la presentazione di esempi di attività dedicati alla conservazione e alla valorizzazione dei depositi museali.

8 Casro M., Conselvan E., Conti F., Guidotti F., Mauri I., L’arte nascosta: viaggio nei depositi milanesi del Mudec e delle Gallerie d’Italia, “www. Medium.com”,15 Dicem- bre 2016;

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La giornata di studi ha confermato la fondamentale importanza dei depositi museali come:

• Luoghi di custodia di beni: più vulnerabili per i quali non è possibile un’esposizione prolungata; di beni che pur essendo testimonianze importanti nel percorso di conoscenza non possono essere esposti per ragioni conservative; di beni in attesa o in corso di studio o da sottoporre ad indagini conoscitive e/o restauro;

• Luoghi espositivi di beni non utilizzabili in un momento specifico dell’allestimento museale, ma disponibili per allestimenti futuri, esposi- zioni temporanee, laboratori e programmi educativi;

• “Risorse invisibili” del percorso museale e degli spazi espositivi aperti al pubblico;

• Nodi cruciali della prassi museale attuale, la cui importanza è anco- ra poco compresa e considerata dai decisori politici, opportunità per l’innovazione della museografia e della museologia contemporanea;

• Occasioni per operare in una logica patrimoniale e interdisciplinare;

• Spazi di studio e ricerca;

• Presidi di tutela attiva nei confronti delle comunità di riferimento;

• Luoghi in cui le nuove professionalità museali possono trovare pos- sibilità occupazionali.

Inoltre per una gestione sostenibile del patrimonio in deposito vengo- no incentivati i depositi centralizzati; le responsabilità nell’assicurare la perfetta conservazione dei beni museali in rapporto: alle proble- matiche di contesto ambientale (naturale ed antropico), alle differenti esigenze microclimatiche dei materiali, alla necessità di compatta- mento spaziale, dovrebbe condurre a valutare forme diverse di or- ganizzazione dei depositi ipotizzando la centralizzazione, laddove possibile, dei patrimoni anche attraverso forme di cooperazione tra le istituzioni. Tale approccio tende a superare i contesti territoriali e pro- prietari, e favorisce l’organizzazione degli oggetti in relazione alle problematiche fisiche, dimensionali, di caratterizzazione materica e di relative esigenze conservative. I depositi centralizzati, operando

2. I depositi museali

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in una logica di economia di scala e di scopo, consentono spazi di servizio comune per lo studio, la corretta movimentazione e imballo delle opere, il restauro, spazi dedicati ad attività di esposizione, fruizione pubblica, partecipazione culturale delle comunità limitrofe o dei territori di provenienza degli oggetti.

2..6 SINTESI LEGISLATIVA (principali norme)

In materia di legislatura e standard di qualità dei musei vanno men- zionati i seguenti testi di riferimento:

• DM 10 Maggio 2001

Atto di indirizzo sui criteri tecnico – Scientifici e sugli standard di fun- zionamento e sviluppo dei musei.

Tra i risultati principali di questo complesso lavoro si possono indica- re, con estrema sintesi, otto parti definite «ambiti» di riferimento per la definizione degli standard.

In particolare, si evidenzia l’ambito VI, in cui si tratta della gestione e cura delle collezioni.

La gestione e la cura dei beni sono attività di primaria importanza, che qualsiasi struttura museale deve svolgere al fine di garantire alle collezioni:

“- l’inalienabilità, salvo casi eccezionali, previsti dalla legislazione vigente e secondo procedure particolari;

- la conservazione, la gestione e la cura: assicurando loro un’ade- guata collocazione in spazi sufficienti, idonei e sicuri e dotandosi di personale qualificato e sufficiente in relazione alle dimensioni e alle tipologie di beni conservati;

- preservandone l’integrità, mediante definite misure di prevenzione dai rischi a cui esse possono trovarsi sottoposte e adeguate modalità di intervento in casi di emergenza;

- curando in via permanente l’inventariazione, la catalogazione e la documentazione dei beni;

- promuovendone la conoscenza, l’ordinamento, l’interpretazione;

- sviluppando, a partire dalle collezioni e dalla missione e dal mandato del museo, lo studio e la ricerca;

- la piena accessibilità, fisica e intellettuale:

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Soprattutto attraverso la loro pubblica esposizione, in via permanente o temporanea, ma anche assicurando la consultazione dei beni non esposti, e la comunicazione delle collezioni e delle conoscenze con i mezzi più opportuni.”(9)

La gestione delle collezioni museali deve prevedere come elemento imprescindibile il perseguimento di obiettivi di qualità in merito a:

Conservazione e restauro.

“Devono essere osservati precisi criteri di conservazione preventiva, attraverso il monitoraggio delle condizioni ambientali, e secondo principi di restauro e di manutenzione, al fine di garantire la sicurez- za e la piena fruibilità dei manufatti. Tali operazioni devono preve- dere una scheda conservativa e la presenza di personale altamente specializzato, l’esistenza di un laboratorio di restauro o comunque la possibilità di accedere a laboratori esterni alla struttura museale.

Andranno inoltre stabilite precise modalità per le condizioni di espo- sizione, immagazzinaggio e movimentazione.”(10)

Esposizioni permanenti e temporanee e prestiti.

“Nella regolamentazione dell’esposizione permanente e temporanea e dei prestiti, vanno previsti i criteri in base ai quali selezionare e ordinare gli oggetti destinati alle sale espositive; immagazzinare gli oggetti destinati ai depositi e renderli consultabili con le dovute ga- ranzie; programmare e organizzare le mostre; decidere e gestire i prestiti da concedere o ricevere. Questi criteri devono tendere a conseguire la massima fruibilità da parte del pubblico con il minimo rischio per le opere e devono essere coerenti con le caratteristiche e la missione del museo.”(11)

Viene inoltre normata specificatamente la gestione delle collezioni:

“La gestione delle collezioni museali deve fondarsi su idonee politi- che volte a garantire la prevenzione dei rischi di degrado che posso- no interessare le collezioni stesse, affinché esse

possano essere trasmesse alle future generazioni. Il museo deve esse- re dotato di un idoneo piano di prevenzione nei confronti dei fattori umani, ambientali e strutturali che possono generare rischi per la con- servazione dei manufatti. Tale piano deve riguardare tutte le possibili

situazioni in cui le opere vengono esposte temporaneamente o per- manentemente al pubblico, conservate nei depositi, soggette ad inter-

9 DM 10 Maggio 2001 Atto di indirizzo sui criteri tecnico – Scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, Ambito VI-Gestione e cura delle collezioni.

10 Ibidem 11 Ibidem

2. I depositi museali

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venti di restauro o movimentate all’interno e all’esterno del museo.”(12) Riguardo le condizioni ambientali:

“Data l’importanza dei fattori ambientali ai fini della conservazione dei manufatti, il museo deve procedere al periodico rilevamento delle condizioni termoigrometriche, luminose e di qualità dell’aria degli ambienti in cui si trovano i manufatti stessi, dotandosi di strumen- tazioni di misura fisse o mobili oppure affidando il servizio a terzi responsabili.”(13)

• DM 21 Febbraio 2018

Adozione dei livelli minimi uniformi di qualità per i musei e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica e attivazione del sistema mu- seale nazionale.

• Codice etico dell’ICOM per i musei.

12 DM 10 Maggio 2001 Atto di indirizzo sui criteri tecnico – Scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei, Ambito VI-Gestione e cura delle collezioni.

13 DM 10 Maggio 2001 Atto di indirizzo sui criteri tecnico – Scientifici e sugli stan- dard di funzionamento e sviluppo dei musei, Ambito VI - Sottoambito I - Norme per la conservazione e il restauro comprendenti l’esposizione e la movimentazione.

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(28)

Alessandra Mottola Molfino nel suo celebre il libro dei musei: “Per molti architetti il rapporto tra contenuto e contenitore, tra opere ed edificio, si risolve in un soliloquio del secondo, cioè dell’opera archi- tettonica. Le altre opere tacciano pure. È invece solo nel dialogo tra queste diverse presenze che si formula una nuova opera d’arte”(1). É necessario conoscere quali opere saranno contenute nella struttura museale per individuare le soluzioni progettuali più corrette e per fornire una risposta più esaustiva all’esigenza di trasmettere al meglio il messaggio dell’arte, con questa consapevolezza l’architetto o il museologo definiscono e dispongono gli spazi, per le esposizioni ma anche di conservazione e restauro.

Oltre a diffondere l’arte e la storia attraverso gli oggetti, tra i princi- pali compiti del museo vi è la conservazione, condizione senza la quale i beni non potrebbero essere esposti. Gli spazi espositivi rap- presentano appunto, l’espressione finale dell’attività di conservazione ma raccontano poco riguardo i passaggi e le modalità attraverso il quale essa sia stata o verrà condotta. I depositi sono quindi degli spazi unici dove avviene la conservazione, dove si svolgono attività uniche volte a rallentare il più possibile il degrado di un bene ed attività di analisi e studio delle opere da parte di conservatori e ricer- catori. Dunque non si può più considerare tali spazi come contenitori passivi o ambienti di valore secondario rispetto alle sale espositive, ma si deve pensare ad una nuova forma di musealità dove i deposi- ti possano essere integrati permanentemente o occasionalmente nei percorsi di visita, e raccontare come gli oggetti vengono mantenuti.

3.1 CONSERVAZIONE PREVENTIVA

Qualsiasi bene subisce nel tempo, un naturale processo di deteriora- mento la cui rapidità dipende in qualche modo dal materiale di cui è costituito e da fattori ambientali. Parlando di beni museali: si è detto che tra le funzioni principali di una struttura museale si annovera la conservazione del patrimonio le cui attività mirano a rallentare il più possibile, data l’impossibilità di arrestarlo definitivamente, il processo di deterioramento, aumentando in questo modo l’aspettativa di vita degli oggetti.

1 A.M. Molfino, Il libro dei musei, Allemandi, 2006, p.130

3.INDICAZIONI E PARAMETRI PER LA PROGETTAZIONE DI UN DEPOSITO MUSEALE

3. Indicazioni e parametri

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Il comitato ICOM-CC(2) ha adottato i seguenti termini: “conservazio- ne preventiva”, “conservazione curativa” e “restauro” che insieme costituiscono la “conservazione” del patrimonio culturale tangibile.

Questi termini si distinguono in base agli obiettivi delle misure e delle azioni che racchiudono.

• Conservazione preventiva: tutte le misure e azioni volte a ridurre al minimo il deterioramento di un bene e quindi l’eventuale futura perdi- ta. Tali attività non interferiscono con materiali e struttura degli oggetti quindi non modificano il loro aspetto ma intervengono nel contesto e nell’ambiente che li circonda, indipendentemente dalla loro età e condizione. Esempi di conservazione preventiva sono le misure e le azioni appropriate per la registrazione, lo stoccaggio, la manipola- zione, l’imballaggio e il trasporto, la sicurezza, il controllo ambien- tale (luce, umidità, inquinamento e infestazione), la pianificazione di emergenza, la formazione del personale, la consapevolezza del pubblico, la conformità alle norme giuridiche(3).

• Conservazione curativa: tutte le azioni direttamente applicate a un oggetto o a un gruppo di oggetti allo scopo di arrestare i processi di danneggiamento attuali o rafforzare la loro struttura. Queste azioni vengono eseguite solo quando gli articoli si presentano in condizioni di grande fragilità o si deteriorano ad un ritmo eccessivamente rapi- do. Si tratta di attività che possono modificare l’aspetto degli oggetti.

Esempi di conservazione correttiva sono la disinfestazione dei mate- riali tessili, la desalinizzazione della ceramica, la disacidificazione dei materiali cartacei, la disidratazione dei materiali archeologici umidi, la stabilizzazione dei metalli corrosi, il consolidamento di pit- ture murali, la rimozione delle piante infestanti dai mosaici(4).

• Restauro: tutte le azioni applicate direttamente a un singolo ogget- to in condizioni di stabilità, volte a facilitarne l’apprezzamento, la comprensione e l’uso. Queste azioni vengono eseguite solo quando l’oggetto ha perso parte del suo significato o funzione a causa di alterazioni o deterioramenti passati. Si tratta i interventi che si basa- no sullo studio dell’aspetto originario del bene e che mirano, even- tualmente modificando l’aspetto odierno dell’oggetto, a ripristinare quello originale. Esempi di restauro sono il ritocco di un dipinto, il riassemblaggio di frammenti scultorei, il riempimento dei vuoti di un vaso di vetro(5).

2 ICOM-CC (international council of museum – committee for conservation) “è il più grande dei comitati internazionali di ICOM con oltre 2.600 membri in tutto il mondo provenienti da ogni ramo del museo e della conservazione (intesa come atti- vità professionale. ICOM–CC mira a promuovere la conservazione di opere cultural- mente e storicamente significative e a promuovere gli obiettivi della professione del conservatore.”www.icom-cc.org

3 http://www.icom-italia.org 4 Ibidem

5 Ibidem

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La conservazione preventiva è una materia che si sviluppa a partire dagli anni Sessanta attraverso un’intensa attività di studio e di ricerca promossa da associazioni culturali e scientifiche internazionali come ICCROM, ICOM, IIC e di analoghe associazioni nazionali come l’Istituto superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma (ISCR), L’opificio delle Pietre Dure di Firenze (OPD), il Centro Nazionale di Ricerca (CNR), spesso affiancati da istituti universitari.

L’ambito dentro il quale opera la conservazione preventiva è conte- stuale all’oggetto tutelato, cioè non riguarda interventi sul bene fisico ma si concentra su ciò che succede nell’intorno di esso, per chiarire meglio la materia si riportano alcune definizioni fondamentali:

• La prevenzione, riguarda “il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto”(6)

• La manutenzione, ossia “il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al manteni- mento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti”(7).

• Il restauro, un momento straordinario nella vita di qualsiasi bene, che in interviene solo nei casi in cui è presente un danno certo nel contesto. Nel codice dei beni culturali si tratta nello specifico di re- stauro preventivo inteso come il complesso di attività mirate a garan- tire la conservazione del bene, con lo specifico riferimento a perico- losità presenti nell’ambiente in cui si trova.

• Il monitoraggio, è considerato come attività prioritaria nell’ambito della conservazione preventiva. Si tratta della registrazione periodi- ca di dati e parametri significativi la cui analisi permette di stabilire l’idoneità della gestione delle collezioni e dell’ambiente in cui sono conservate o di individuare la presenza di criticità.

Noti i valori specifici degli ambienti di conservazione, l’atteggiamen- to preventivo impone di intervenire preliminarmente in modo indiretto per stabilizzare tali valori e quindi ridurre l’incidenza del potenziale danno. Solo nel caso in cui le misure passive non risultino essere sufficienti si può progettare il condizionamento di uno o più ambienti, diversificando se necessario la temperatura in base ai diversi mate- riali conservati.

6 Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 42/2004, sezione II, Misure di conservazione, articolo 29 “Conservazione”).

7 Ibidem

3. Indicazioni e parametri

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(31)

3.1.1 LE CAUSE DEL DEGRADO

Una delle prime azioni della conservazione preventiva sta nel saper riconoscere le cause che portano un bene a degradarsi, per questa ragione è fondamentale individuare quali fattori causino il danneg- giamento di un oggetto. Tali fattori possono essere indicati in tre categorie:

• Danni biologici: provocati da insetti o da muffe che indeboliscono la struttura del bene;

• Danni fisici: causati da sforzi meccanici che possono verificarsi durante le attività di deposito, per esempio abrasioni e rotture;

• Danni di natura chimica: dovuti alla reazione tra il materiale di cui è costituito il bene e gli agenti esterni, per esempio luce e calore, acqua o agenti inquinanti(8).

3.2 CONDIZIONI CLIMATICHE NEGLI SPAZI MUSEALI

La conservazione dei beni museali dipende in parte da agenti esterni che incidono notevolmente sulle condizioni “microclimatiche” degli ambienti interni. Perché le condizioni di archiviazione di un bene siano favorevoli alla conservazione è necessario che il microclima in- terno alle varie sale dei deposti (ma anche della struttura museale più in generale) sia appropriato alla tipologia del bene ma soprattutto si caratterizzi di valori il più possibile costanti nel tempo.

I principali fattori ambientali che influiscono sulla conservazione dei beni culturali, causando danni spesso irreversibili, sono l’umidità rela- tiva (UR), la temperatura dell’aria (T), l’illuminazione e l’inquinamento atmosferico.

3.2.1 UMIDITÀ RELATIVA E TEMPERATURA

I parametri fisici fondamentali per l’analisi termoigrometrica di un un’ambiente confinato sono: la temperatura (T), l’umidità specifica (Us), l’umidità relativa (Ur) dell’aria e l’entalpia specifica (h). Tali gran- dezze dette psicometriche sono legate alle proprietà fisiche dell’aria umida, una miscela composta da due gas perfetti quali aria secca e

8 Manoli F., Manuale di gestione e cura delle collezioni museali, Milano, Le Mon- nier Università, 2015, pp 27-28.

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(32)

vapore acqueo.

L’aria secca a sua volta è una miscela di altri gas che nelle trasforma- zioni del condizionamento ambientale mantengono costante la loro concentrazione. L’aria secca è composta da: 78% azoto (N2), 21%

l’ossigeno (O2), 3% anidride carbonica (CO2), e per la restante porzione da altri gas.

L’umidità è il fattore che più di tutti influenza la conservazione de- gli oggetti, prima di proseguire quindi, è utile definire due gran- dezze, l’umidità relativa (Ur), l’umidità specifica (Us) e fare alcune considerazioni:

• L’umidità specifica (o titolo) è il rapporto tra massa di vapore con- tenuto all’interno della miscela (mv) e la massa di aria secca (ms) espressa come:

Us = mv / ms [kgv / kgs ]

• L’umidità relativa è il rapporto tra massa di vapore (mv) e massa di vapore alla saturazione a pari temperatura (mvs), espressa come:

Ur = mv / mvs [%]

L’umidità relativa è una grandezza che varia a seconda della tempe- ratura e dell’umidità specifica: aumenta al crescere di Us e decresce all’aumentare di T, questo è legato al fatto che l’aria secca espande o si comprime in funzione dell’aumento o della diminuzione della temperatura. L’umidità relativa pari al 100% indicherà quindi, il rag- giungimento della saturazione di vapore nell’aria che si verifica ad una temperatura specifica detta temperatura di rugiada.

3.2.2 DANNI

Molte opere conservate nei musei (come legno e tessili), sono costi- tuite da materiale organico fortemente igroscopico, quindi capace di assorbire o cedere l’umidità relativa a seconda delle condizioni che vi sono nell’ambiente circostante. I materiali organici, per la loro elasticità intrinseca si adattano meglio di altri a piccole variazioni di umidità, se queste variazioni invece, avvengono in un breve lasso di tempo e si caratterizzano di valori di umidità molto distanti tra loro allora l’adattamento repentino del materiale potrebbe causare la rottura di equilibri interni che potrebbero diventare visibili all’esterno

3. Indicazioni e parametri

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anche ad occhio nudo. Le rotture sono dovute al fatto che l’assorbi- mento e la cessione di vapore acqueo dall’ambiente causa rigonfia- menti o disidratazione delle fibre e di conseguenza delle modifiche volumetriche. Queste alterazioni, riportando l’esempio dei dipinti su tavola, possono causare dei movimenti del supporto traducibili in de- formazioni e fessurazioni del legno e quindi nel distacco degli strati pittorici.

L’umidità relativa con valori oltre il 60% è pericolosa per gli oggetti in quanto favorisce la proliferazione di muffe e batteri, inoltre dal momento in cui viene assorbita o ceduta dai materiali, essa diventa il veicolo attraverso cui sali e agenti inquinanti penetrano nella materia innescando processi di degrado, la corrosione nel caso dei metalli.

Anche l’eccessiva secchezza può causare problemi: l’imbarcamento delle tavole e più in generale deformazioni di opere lignee, ossa e avorio; nei materiali tessili, carta, cuoio e pergamena, la mancanza di umidità provoca l’indebolimento delle fibre rendendo questi mate- riali molto fragili.

Un innalzamento o abbassamento della temperatura in ambiente si è detto che incide indirettamente sulla conservazione di un bene a motivo delle variazioni di umidità relativa che ne conseguono. Ogni materia in base a caratteristiche proprie come calore specifico e capacità termica, cede o acquista calore dall’ambiente, un trasfe- rimento troppo rapido e/o troppo grande potrebbe provocare dei danneggiamenti. Fatta questa considerazione si può dire a ragion veduta che la temperatura dell’ambiente incide anche direttamen- te sulla conservazione del bene, perché considerando che i flussi di calore si spostano da elementi caldi verso elementi meno caldi, temperature troppo alte provocheranno l’aumento della temperatura dell’oggetto o la diminuzione nel caso di temperature più basse.

Si riporta l’esempio dei metalli che con l’aumento della temperatura si dilatano causando il distacco o il danneggiamento di materiali ad essi abbinati (9).

2.2.3 I PARAMETRI PER LA TUTELA

La tutela delle collezioni museali è legata all’ottenimento di un inter- vallo di valori ammissibili relativi alle grandezze psicometriche, in particolare di T e Ur. Generalmente per i beni che si trovano in un buono stato di conservazione, sono considerati accettabili valori di

9 Manoli F., Manuale di gestione e cura delle collezioni museali, Milano, Le Mon- nier Università, 2015, pp. 29-30.

33

(34)

Ur compresi tra il 45% e il 55% e valori di T compresi tra i 14 e 24 °C. Sono parametri indicativi che vanno ovviamente adattati alle caratteristiche specifiche della struttura museale e vengono stabiliti tenendo conto di alcuni fattori:

• Contesto geografico;

• Requisiti dell’edificio (per esempio la presenza o meno di impianti per la climatizzazione il cui buon utilizzo dipende anche da una buona coibentazione dell’edificio, dall’inerzia termica delle chiusure verticali, dalla tipologia di serramenti);

• Specifiche esigenze dovute alla natura beni conservati o derivate dal contesto ambientale nel quale si sono mantenute nei secoli;

• Benessere umano.

Nella tabella(10) che segue vengono indicati per tipologia di materia- le, i valori termoigrometrici idonei per assicurare le condizioni ottimali per la conservazione.

Valori termoigrometrici consigliati per assicurare le condizioni ottimali di conserva- zione chimico–fisica dei manufatti

Manufatti Umidità relativa

(%) Temperatura

(°C)

Armature in ferro, armi <40

Bronzo 45 - 65 19 - 24

Carta, cartapesta 50 - 60 19 - 24

Collezioni anatomiche 40 - 60 19 - 24

Collezioni mineralogi- che, marmi e pietre

Cuoio, pelli, pergamena 50 - 60

Dischi, nastri magnetici 40 - 60 10 - 21

Erbari e collezioni

botaniche 40 - 60

Film 30 - 50 -5 - +15*

10 Tabella tratta dall’Atto di indirizzo, Ambito VI, Sottoambito 1, in Appendice alle Norme per la conservazione e il restauro, comprendenti l’esportazione e la movi- mentazione.

3. Indicazioni e parametri

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Fotografie (b/n) 20 - 30 2 – 20**

Insetti e scatole

entomologiche 40 - 60 19 - 24

Lacche orientali 50 - 60 19 - 24

Legno 40 - 65 19 - 24

Legno dipinto, sculture

policrome 45 - 65 19 - 24

Libri, manoscritti 50 – 60 19 - 24

Materiale etnografico 40 - 60 19 - 24

Materiale organico in

genere 50 - 65 19 - 24

Materie plastiche 30 - 50

Metalli e leghe levigati, ottone, argento, peltro,

piombo, rame

<45

Mobili con intarsi e

lacche 50 - 60 19 - 24

Mosaici e pitture murali 45 - 60 Min 6 °C (inverno) Max 25 °C (estate)

Max Δ giornaliero1.5°C/h

Oro <45

Papiri 35 - 50 19 - 24

Pastelli, acquerelli, dise-

gni, stampe 50 - 60 19 - 24

Pellicce, piume 45 - 60 15 - 21

Pitture su tela 35 - 50 19 - 24

Porcellane, cerami-

che***, gres, terracotta 20 - 60

Seta 50 - 60

Tessuti, tappeti, arazzi,

tappezzeria in stoffa 40 - 60 Vetri e vetrate stabili 25 - 60

* In funzione della sensibilità delle pellicole.

** L’intervallo è valido per fotografie con supporti in carta, materiale plastico, vetro.

Invece per supporti a base di nitrato e per vetri con emulsione al collodio sono consigliate temperature più basse.

*** Per particolari manufatti ceramici cotti a temperatura piuttosto bassa il valore dell’UR deve essere <45%.

35

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La conservazione dei materiali organici in particolare, deve confron- tarsi anche con l’eventualità di attacchi microbiologici, significa che questi materiali se necessario possono essere conservati secondo parametri che non coincidono con quelli definiti per il benessere chi- mico-fisico. In questi casi i valori di riferimento da adottare saranno scelti in base alla situazione specifica ricorrendo nel caso ad involu- cri differentemente climatizzati.

Nella tabella(11) seguente vengono indicati i valori termoigrometrici per la prevenzione di attacchi microbiologici.

Valori termoigrometrici per la prevenzione di attacchi microbiologici su materiali organici.

Manufatti

organici Umidità relativa

(%)

Max Δ giornaliero

(Ur)

Temperatura

(°C) Max Δ

giornaliero (T)

Dipinti su tela 40 - 45 6 19 - 24 1,5

Dipinti su

tavola 50 - 60 2 19 - 24 1,5

Legno 50 - 60 2 19 - 24 1,5

Legno

archeologico 50 - 60 2 19 - 24 1,5

Legno

bagnato - <4*

Carta pastelli

acquerelli < 65 < 10

Libri e

manoscritti 45 - 55 5 < 21 3

Materiale

grafico 45 - 55 5 < 21 3

Cuoi pelli e

pergamene 40 - 55 5 4 - 10 1,5

Tessuti di natu-

ra celluosica 30 - 50 6 19 - 24 1,5

Tessuti di natu-

ra proteica < 50 - 55 19 - 24 1,5

Collezioni

etnografiche 20 - 35 5 15 - 23 2

Materiali

stabili 20 - 65 -30

* La temperatura non deve raggiungere 0°C.

11 Tabella è tratta dall’Atto di indirizzo, Ambito VI, Sottoambito 1, in Appendice alle Norme per la conservazione e il restauro, comprendenti l’esportazione e la movi- mentazione.

3. Indicazioni e parametri

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(37)

Dal punto di vista pratico l’applicazione dei valori ideali riportati nelle due tabelle sopra scritte e il loro mantenimento costante nell’ambien- te può risultare particolarmente complesso, Soprattutto se si tratta di ambienti in edifici storici, nei quali è difficile e vincolata l’istallazione di impianti di climatizzazione e dentro i quali possibilmente si conser- vano collezioni miste. Inoltre è importante considerare che seppure in minima parte, gli spazi interni di un edificio sono inevitabilmente influenzati dalle condizioni climatiche esterne. Umidità e temperatura variano continuamente con l’arrivo di perturbazioni atmosferiche e per effetto dell’irraggiamento solare, tra giorno e notte, tra una sta- gione e l’altra, agendo sull’involucro dell’edificio che ha il compito di mitigare, insieme agli impianti, l’effetto che queste variazioni avreb- bero all’interno dei musei o dei depositi.

Infine non si deve trascurare la presenza umana come fattore capace di alterare il microclima interno, gruppi numerosi di utenti causano un’alterazione dei valori di T e Ur per il semplice fatto che ogni corpo emana vapore acqueo o per esempio nel caso in cui si introduca dell’acqua che si deposita sugli indumenti in una giornata piovosa. A tal proposito è buona norma prevedere per i visitatori spazi per il de- posito di borse, ombrelli e guardaroba che si incontrano ragionevol- mente prima di accedere ai luoghi di conservazione o esposizione.

Data la molteplice presenza di fattori in grado di alterare le condizio- ni climatiche interne è chiaro il motivo per cui si deve fare riferimento ad un intervallo di valori microclimatici ammissibili piuttosto che un unico valore che risulterebbe appunto facilmente perturbabile(12) .

3.2.4 ILLUMINAZIONE

Le strutture museali vengono dotate generalmente di un sistema di illuminazione artificiale combinato a luce naturale, studiato apposi- tamente in base alle caratteristiche dell’architettura e alle esigenze espositive e conservative dei beni tutelati. Quando si tratta di luce e illuminazione è necessario partire dalla definizione di energia elettro- magnetica: un’energia raggiante emessa in quantità discrete (dette quanti di energia o fotoni) la cui propagazione avviene per onde elettromagnetiche. L’insieme delle radiazioni elettromagnetiche cono- sciute è rappresentato nello spettro elettromagnetico, che risulta non totalmente visibile all’occhio umano non in grado di percepire tutte le

12 Manoli F., Manuale di gestione e cura delle collezioni museali, Milano, Le Mon- nier Università, 2015, pp 30-34.

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