Quali sono le
dinamiche specifiche dell’affettività nella
fascia di età 6-10
anni?
Bisogni di relazione (di appartenenza, di comunicazione, di essere con
di dialogo, di rapporto,
di “dipendenza”, di “fusione”
ecc.)
Bisogni di autonomia (di individuazione,
di sviluppo delle proprie
caratteristiche,
di essere se stessi, di costruzione della propria identità,
ecc.)
• I compiti evolutivi che
normalmente vengono assegnati a questa fase sono quelli della
scoperta delle proprie
capacità, da un punto di vista
motorio, cognitivo e sociale.
–E. Erikson (1959) definisce quest’età come “l’era industriale” dove il tema ricorrente è “io sono quello che
imparo”: esperienze positive danno al bambino un senso di industriosità, di competenza, di padroneggiamento…
–al contrario, il fallimento porta con sé un senso di inadeguatezza e
inferiorità, il sentimento di “essere
buono a nulla”
• L’esplosione di queste competenze
incoraggia i bambini ad una indagine
e scoperta quasi adulta del mondo.
• In questa fase si assiste anche a una diminuzione dell’intensità affettiva tipica dei bambini più piccoli a favore del centramento sulle proprie
capacità.
– La vita affettiva sembra più silente, quasi
“sottotraccia”, nell’attesa di una sua riesplosione nell’adolescenza.
• Non sono solo i sentimenti del
bambinetto più piccolo sembrano scomparsi:
in generale si assiste ad una
cambiamento della qualità degli affetti, che diventano più ego-sintonici, tanto
che si assiste a una diminuzione della capacità di provare empatia
(diminuzione che andrà aumentando man mano che ci avviciniamo alla
preadolescenza).
• L’industriosità del bambino e
l’apparente assenza di forti implicazioni affettive fa sì che spesso prevalgono le tendenze ad accumulare, a
controllare, a confrontare…
– Il mercato dei giocattoli e i mezzi di
comunicazione di massa hanno avuto buon gioco a fare soldi grazie alla tendenza tipica dei bambini nel periodo di latenza a
collezionare, barattare, comprare e vendere (Waddel 2000, p. 86)
Afferma Renzo Canestrari che la capacità di adattamento che il bambino mostra nei
confronti della vita sociale e del gruppo…
…appare spesso stereotipato, qualche volta
addirittura meccanico, tanto che ci sono fanciulli che trattano i coetanei con indifferenza e a volte anche con una certa durezza. In questa età si evidenzia infatti una sorprendente insensibilità per il valore dell’interiorità propria e altrui: il ragazzino cerca di piacere e di andare d’accordo un po’ con tutti;
opportunisticamente, per avere successo, prestigio e sicurezza nel gruppo di coetanei e cogli adulti,
perfeziona diverse tecniche di adeguamento sociale
Egli diventa capace di allinearsi con gli altri, di agire secondo le regole del gioco ma,
naturalmente, sempre per il proprio prestigio, merito, tornaconto: il fanciullo, nella scuola elementare, è capace, si dice, di cooperare non di collaborare, poiché collaborare
presuppone sentire l’altro come il proprio sé, sentire il ‘noi’. (Canestrari 1984, pp. 527-528)
• Abbiamo quindi un singolare commistione di realismo e
opportunismo e una parallela
mancanza di attività immaginativa e
affettiva dei bambini (a differenza di
quanto avverrà nell’adolescenza).
• la morale è spesso rozza:
buoni/cattivi; cowboy/indiani; noi/loro;
forte/debole.
• Fumetti e riviste spesso incoraggiano
questa semplicità e questa stereotipia
• Il bambino appare egocentrico e legato alle situazioni concrete, incapace di trascenderle per
percepire le qualità in sé, anche relativamente al proprio carattere.
– Ad esempio, può sostenere “sono bravo in educazione fisica e sono coraggioso”
mostrando di non saper distinguere i tratti sostanziali da quelli accidentali o
addirittura irrilevanti.
• Piaget sosteneva che il bambino dai 6/7 agli 11 anni possiede capacità di fare
connessioni causali e di ragionare – capisce la reversibilità, la categorizzazione, il
concetto di conservazione (dai 7/8 anni), usa la logica – ma non utilizzando i concetti e il linguaggio, ma operando su cose
“concrete” (stadio operatorio concreto).
– Ad esempio se gli si dice: “non prendere in giro Caio perché è grasso. Cosa penseresti se lo facessero con te?”, il bambino risponderà: “Ma io non sono grasso!”.
• Piaget, per il quale il giudizio morale
dipende dallo sviluppo cognitivo, ritiene che fino a 8/9 anni il bambino sia realista anche in tema morale.
– Rompere 15 tazze per errore è considerato più grave del romperne una intenzionalmente.
Come il bambino intende la morale (Piaget)?
– Le azioni sono giuste o sbagliate e a definirle tali è un’autorità (morale eteronoma).
– La disobbedienza è una rottura dei rapporti normali coi genitori che manifestano la giusta collera.
– L’accettazione delle punizioni rappresenta il modo naturale di “riparare”, tramite l’espiazione, al torto arrecato.
– Ogni trasgressione deve essere punita in modo
severo, punizione che verrà dalle persone o dai fatti (giustizia immanente).
• Dai 9 anni il bambini è in grado di adottare una morale autonoma, che si sviluppa dal
consenso reciproco e non dipende da un’autorità esterna.
– Tale reciprocità, inizialmente legata ad aspetti
contingenti e personali, assume via via un carattere più universalistico e si è in grado di comprendere una reciprocità non solo di fatto ma anche di diritto.
– La bugia, allora, diventa cattiva in sé, e non più
perché può comportare punizioni, e più tardi ancora diventa negativa perché danneggia la fiducia
reciproca.
– Viene data importanza alle intenzioni dei soggetti…
• Per Piaget fra i 6 e gli 11 anni vige l’agonismo e ognuno vuole vincere.
• L’esigenza di cooperare per codificare le
regole si pone per dire chi sono i vincitori e i vinti.
• Solo dopo gli 11 anni le regole assumono un significato collettivo e ben definito che tutti conoscono. Si acquisisce la consapevolezza che per cambiare le regole è necessario
l’accordo di tutti
• Però… attenzione!
Un conto è la capacità che i
bambini hanno di ragionare sulla loro esperienza morale, altro è la
comprensione morale, che invece si
sviluppa assai precocemente.
• Dunn (1984) evidenzia l’importanza
delle emozioni nell’acquisizione di
regole: nelle famiglie in cui vi è una
relazione calda e affettuosa tra fratelli
persino i bambini di 2 anni riescono a
prendere parte ai giochi e a rispettare
le regole.
• Occorre pertanto permettere ai bambini esperienze che consentano un contatto autentico con le loro emozioni
(e non solamente di esperienze che
fanno agire la loro sete di conoscenza solo sul versante della competizione e della gerarchia fine a se stessa, o della collezione fine a se stessa di figurine, di scatole, fiammiferi, tappi di bottiglia
ecc., del desiderio di
“padroneggiamento” e di superiorità…)
• I bambini di questa fascia di età, si diceva, sentono di non essere più
vincolati a quella complessa trama di affetti e sentimenti, riferita alle figure genitoriali, che caratterizzava la fase precedente
essi avvertono di possedere una
loro individualità
• La possibilità di vivere e di prendere contatto con questo Sé autentico
permette di vivere esperienze
luminose e pregnanti , esperienze in
cui il Sé sperimenta un rapporto così
diretto e pieno con le cose e con la
realtà.
• Queste esperienze dense di senso rappresentano vere e proprie
articolazioni del Sé e possono
permanere, indimenticate, per tutto il resto della vita agendo come vere e proprie matrici di senso dell’identità adulta.
• Il gioco non è un semplice “giocare”, ma
un modo di esistere nella realtà.
• Infatti l’esperienza delle cose e del
proprio Sé del bambino ha una singolare immediatezza, è diretta.
• La concretezza, che aveva messo in luce Piaget relativamente al ragionamento,
rappresenta l’occasione di una presa di contatto diretta e “epifanica” col mondo.
– Fromm ricorda come un bambino possa guardare per ore il rimbalzare di una palla per il semplice fatto che sta rimbalzando.
• La conquista di una (relativa) autonomia affettiva non significa che il bambino
debba vivere solo sul versante “cognitivo”
e delle performances (coraggio, esibizione di sé, raggiungimento di risultati ecc.), ma anche su quello affettivo, coltivando
quell’immaginazione e quelle dimensioni della fantasia e del pensiero artistico che permettono di dare spessore e senso
all’affettività.
• La letteratura per ragazzi più creativa si svincola dalle categorie più
semplicistiche, proponendo un contatto col mondo degli affetti: ci sono, allora, metafore del “mondo di dentro” come
giardini segreti (Burnett), castelli, mondi
incantati, capanne (ad es. Hucklenberry
Finn), principesse…
• C’è così posto anche per l’ambivalenza degli affetti e per i sentimenti più
raffinati che altrimenti rischiano di
perdersi nella mentalità un po’ rigida e stereotipata dei ragazzi di questa età, poco inclini ad affrontare impulsi
misteriosi e contraddittori.
• La riscoperta del proprio Sé
immaginativo permette al ragazzino di essere maggiormente a contatto con se stesso e di percepire la potenza
creativa dei propri affetti e della propria bontà. I bambini ne hanno molto
bisogno, perché ciò li fa sentire se stessi.
• Rainer Maria Rilke suggeriva all’adulto di
risalire alla “vostra infanzia, questa preziosa, questa regale ricchezza, questo tesoro dei ricordi”
• Giovanni Pascoli: il “fanciullino”
• Gianni Rodari: la visione magica del mondo dei bambini, la stretta connessione fra
infanzia e poesia vissuta
• Romanticismo: il bambino come “mago” e come “poeta”
• A livello psicodinamico si può osservare che i bambini non sono ancora entrati in
quel secondo risveglio dell’affettività e della vita immaginativa (il primo è avvenuto con la prima infanzia) che contraddistinguerà in maniera prepotente l’età adolescenziale.
Essi non padroneggiano un proprio
mondo immaginativo dove poter rielaborare le emozioni, gli affetti, le sensazioni. Hanno bisogno del sostegno educativo di un
adulto.
• Riassumendo: abbiamo visto come la dimensione affettivo/immaginativa
permetta un’esperienza vivida e diretta del mondo di cui i bambini hanno molto bisogno, ma anche come possa essere sopraffatta da una “cognitività” che
occulta la potenza degli affetti.
Inoltre, occorre tenere sempre presente che ogni “individuazione” implica sempre un
difficile distacco e una “separazione” da dimensioni di appartenenza che danno
sicurezza
il fatto che i “luoghi segreti” come le capanne, i giardini segreti, i rifugi, le soffitte siano spesso ricavati nell’ambito di spazi condivisi con adulti indica il profondo bisogno di sicurezza e di appartenenza che i bambini provano, anche se non espresso e neppure cosciente, che va rispettato.
• Il modo più corretto per rispettare questo desiderio di sicurezza è un “sapere a
distanza”, non intrusivo ma consapevole, un essere disponibile alle richieste di
affetto del bambino, senza farsi
manipolare.
• Questa separazione da una dimensione di appartenenza verso una maggiore
individuazione comporta maggiore autonomia ma anche più solitudine e minor sicurezza.
– Essa può essere considerata un asse evolutivo fondamentale che caratterizza tutte le fasi dello sviluppo umano. Ad esempio:
• Il bambino di 2 anni vive il cosiddetto “momento del no”, ma inconsciamente ha intenso bisogno della mamma;
• l’adolescente deve “negare” la morale genitoriale per separarsi, ma contemporaneamente ha molto bisogno del loro sostegno e della loro stima.
• Nel bambino di 6-10 anni, la mancanza di raffinatezza affettiva e l’apparente
retrocedere delle emozioni pare necessario per consentire l’esercizio di forze psichiche più orientate allo sviluppo dell’autonomia, per apprendere a crescere, per “diventare
grande”.
– Una bambina di sei anni scrisse: «da grande voglio essere una “dulto”» (Waddel, 2000)
• La scarsa empatia, la rozzezza dei
sentimenti ecc. di cui abbiamo parlato possono essere interpretate come un
arretramento della competenza emotiva per lasciare spazio ai compiti verso
l’individuazione
• Il bambino che vivesse troppo intensamente la propria affettività e i propri bisogni di
dipendenza avrebbe meno energie per il proprio percorso di individuazione.
• Ciò non toglie che il bambino continui ad
avere estremo bisogno del sostegno affettivo che gli viene dall’ambiente (casi di furto,
enuresi ecc. in questa fascia di età spesso stanno a indicare inconsce richieste di aiuto)
occorre sempre avere presente questo comportamento “bivalente”, che
contemporaneamente ricerca l’autonomia e la sicurezza nella relazione
• La mancanza di empatia ha interessanti
implicazioni col fenomeno bullismo (e con le sue possibili scongiurabili evoluzioni in un consolidamento dell’atteggiamento
violento nella fascia adolescenziale).
• In tutte le letterature per ragazzi è presente la figura del “monello”,
scarsamente capace di provare empatia e rimorso.
“ho spesso la crudeltà del fanciullo, che con un sasso tappa la buca del formicaio” (Pirandello, Dialoghi fra il Gran Me e il piccolo me)
• Rabbia e aggressività vanno intese come forze a vantaggio del percorso di
individuazione e a sostegno del Sé.
• Ogni “separazione” contiene sempre una
“fantasia aggressiva”.
– Così, l’adolescente, per crescere e conquistare la propria individualità, “deve” negare la morale genitoriale provando odio e rabbia verso di essa;
il bambino di 2 anni deve reagire alle intrusioni degli adulti sui propri piani di azione ribellandosi e dicendo “no”; così il bambino di 8 anni deve essere egocentrico per poter vivere la propria autonomia…
• L’aggressività è un modo che il bambino (e ciascuno di noi) usa per uscire
dall’appartenenza infantile, per non sentirsi piccolo e debole, ma forte e capace
• contemporaneamente, egli ha bisogno di sicurezza e di affetto, ma secondo una
modalità “adulta”, che non solleciti i
sentimenti più infantili (che ancora ci sono!).
• È fondamentale che l’ambiente educativo contempli la possibilità di reggere gli
attacchi aggressivi (“contenimento”) senza farsi mettere in discussione, né facendosi
“corrompere”, ma senza neanche ritorsioni, restituendo la possibilità di compiere
un’esperienza più ampia e integrata.
• Concludendo…
L’educazione alle emozioni
appare pertanto un fuoco centrale, dal quale si possono sviluppare
molti fili di approfondimento, densi
di conseguenze.
Non è possibile che questa sia la mia casa.
Questo è un incubo. Certo ho sognato uno dei
sogni più assurdi. Quasi per averne la prova, vado a guardarmi a uno specchio appeso alla parete
dirimpetto, e subito ho l’impressione d’annegare, atterrito, in uno smarrimento senza fine. Da quale remota lontananza i miei occhi, quelli che mi par d’avere avuti da bambino, guardano ora, sbarrati dal terrore, senza potersene persuadere, questo viso di vecchio? Io, già vecchio? Così subito? E com’è possibile? (Pirandello, Una giornata)
Hayao Miyazaki
Ponyo sulla scogliera (2008)
• «In Ponyo racconto del coraggio di un bimbo e di una bimba, dell’amore, della
responsabilità e della vita. Con semplicità.
Così ho voluto offrire la mia risposta alle afflizioni e alle incertezze dei nostri tempi»
(Miyazaki).
• Sosuke e Ponyo scelgono l’impegno e la
responsabilità del loro rapporto. Infatti, Ponyo deve perdere i propri poteri magici per
diventare umana e stare con Sosuke
• Ciò non li sottrae dal confronto con le
difficoltà della vita che spetta a chiunque cerchi la verità
• Il loro sforzo viene premiato: inconscio e coscienza entrano in comunicazione,
l’esperienza della vita si arricchisce e la
“Gran Mammare” – la mamma di Ponyo – interviene per tranquillizzare i bambini
«È un bene che ci sia qualcuno che dica che Ponyo è infantile. Ho proprio cercato di fare in tutti i modi un film che potesse essere
compreso da un bambino di cinque anni. I bambini amano istintivamente il
soprannaturale, perché in un certo senso
conoscono i segreti del mondo. Mentre sono gli adulti che li hanno dimenticati» (H. Miyazaki).
Un uomo libero (R. Tagore)
Ero giovane, e mi sentivo forte. Quella mattina di primavera uscii di casa e gridai: «Io sono a disposizione di chi mi vuole. Chi mi prende?».
Mi lanciai sulla strada selciata. Ritto sul suo cocchio, con la spada in mano e seguito da mille guerrieri, passava il Re.
«Io ti prendo al mio servizio», disse fermando il corteo. «E in compenso ti metterò a parte la mia potenza».
Ma io della sua potenza non sapevo che farmene. E lo lasciai andare. «Io sono a disposizione di tutti. Chi mi vuole?».
Nel pomeriggio assolato un vecchio pensieroso mi fermò, e disse: «Ti assumo io, per i miei affari. E ti compenserò a suon di rupie sonanti».
E cominciò a snocciolarmi le sue monete d'oro. Ma io dei suoi quattrini non sapevo che farmene. E mi voltai dall'altra parte.
La sera arrivai nei pressi di un casolare. Si affacciò una graziosa fanciulla e mi disse:
«Ti prendo io. E ti compenserò con il mio sorriso».
Io rimasi perplesso. Quanto dura un sorriso? Frattanto quello si spense, e la fanciulla si dileguò nell'ombra.
Passai la notte disteso sull'erba, e al mattino ero madido di rugiada.
«Io sono a disposizione... Chi mi vuole?»
Il sole scintillava già sulla sabbia, quando scorsi un fanciullo che, seduto sulla spiaggia, giocava con tre conchiglie. Al vedermi alzò la testa e sorrise, come se mi riconoscesse.
«Ti prendo io”, disse. «E in cambio non ti darò niente».
Accettai il contratto e cominciai a giocare con lui. Alla gente che passava e chiedeva di me, rispondevo: «Non posso. Sono impegnato».
I bambini s’incontrano
Sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Sopra di loro il cielo è immobile Nella sua immensità
Ma l’acqua del mare che non conosce riposo Si agita tempestosa.
I bambini s’incontrano con grida e danze Sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Costruiscono castelli di sabbia E giocano con conchiglie vuole.
Con foglie secche intessono barchette E sorridendo le fanno galleggiare
Sulla superficie ampia del mare.
I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi.
Non sanno nuotare
Né sanno gettare le reti.
I pescatori di perle si tuffano per cercare I mercanti navigano sulle loro navi
I bambini raccolgono sassolini E poi li gettano di nuovo nel mare.
Non cercano tesori nascosti Non sanno gettare le reti.
Ride il mare increspandosi
Ride la spiaggia luccicando pallidamente.
Le onde portatrici di morte
Cantano ai bambini cantilene senza senso Come fa la madre
Quando dondola la culla del suo bimbo.
Il mare gioca con i bambini
E la spiaggia ride luccicando pallidamente.
I bambini s’incontrano
Sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Nel cielo senza sentieri vaga la tempesta Nel mare senza sentieri naufragano le navi La morte è in giro e i bambini giocano.
Sulla spiaggia di mondi sconfinati C’è un grande convegno di bambini.
Tagore (Gitanjali)
Come bambino – P.G.R
Come bambino credo la verità del cuore come bambino godo soffro l'amore
tendo la fionda ai lampioni che s'oppongono alla luna
miro i prepotenti e i coglioni
tiro alle ombre che intralciano la fortuna come bambino vedo la politica un gioco da poco
si gioca per amore, obbligato
da tenere sotto controllo come il fuoco sto sdraiato nei campi nelle ore più belle a pancia in su o giù a rimirar le stelle mi commuovono i vecchi, muove qualcosa dentro
cammino volentieri contromano e controvento
tengo le mani in tasca, gli occhi bassi scatto alla meraviglia, i passi che
seguono i passi
a pancia in su o giù a rimirar le stelle
un giorno dopo l'altro ho molto da imparare
come bambino non come giovanotto che
gioca i giochini, passa il suo tempo a spasso, spera nel lotto come bambino so sentirmi
offeso,
ma tiro avanti senza dargli peso non sempre so dire chi, perché ma cosa pretendete da un bimbo come me?
miro ai lampioni che s'oppongono alla luna
miro i prepotenti miro i coglioni miro l' ombra che intralcia la fortuna
sto sdraiato nei campi nelle ore più belle
a pancia in su o giù a rimirar le stelle
sto sdraiato nei campi nelle ore