I
Appendice
II
P. Bruegel, Combattimento fra Carnevale e Quaresima (1559), Vienna, Kunsthistorisches Museum; intero e particolare.
Come si può notare, Carnevale e Quaresima, in primo piano, sono incarnati da due personaggi fisicamente opposti: Carnevale è un uomo grasso, cavalca una botte su cui è infilzato un prosciutto tenuto da un coltello, e per arma ha uno spiedo con maiale, pollo e salsicce. La botte è posata su una specie di slitta azzurra come fosse una barca, e riprende l’insegna dell’osteria.
Tutta la parte sinistra del quadro presenta scene di vita carnevalesca. Quaresima è invece
rappresentata da una donna magra ed emaciata, che porta un’arnia in testa (il miele era un tipico
cibo quaresimale), ha una croce di cenere sulla fronte (come si usava il mercoledì delle Ceneri) e
brandisce una pala con due aringhe, mentre dietro di lei si svolgono le attività quaresimali.
III
Il mondo alla rovescia, stampa popolare toscana del XIX secolo
Insieme di riquadri con relativa didascalia. Nell’ordine:
Questi prima scannava, ora è scannato. Folle colui che vuole ragion del fato.
Ecco la fine di chi non sa nel corso del superbo destrier reggere il morso.
Spesso mirasi in oggi ad altrui spasso l’Asino in alto, e il Galantuomo in basso.
Per non sentir delle disgrazie il fondo, come un giuoco pigliar dèvesi il Mondo.
Molte sarebbe queste scene spesse se ognun la propria forza conoscesse.
Le case in aria, il Sol di sotto è bello non vi è chi i piedi tien dov’ha il cervello.
Sovente l’uomo inviluppato resta nella rete ch’ei altrui barbaro appresta.
O quanti in rimirar quel ch’è qui fatto a se stessi diran: ‘è il mio ritratto’.
Deve esser un dolor che non ha pari servire a chi si usava comandare.
Le botte son per li asini: imparate, maestri o voi, che soltanto frustate.
Se dimostrasse ognun l’interno affanno, quei farìan pietà, che invidia fanno.
Pochi son quelli che la barba fanno, che stile e mano da porco non hanno.
La stampa si chiude con “Niente più, niente men che marionette in un castel di burattini siamo;
di tutto quel che Mondo a noi permette, quando cala il sipario, e che stringiamo?”
IV
sopra, stampa italiana: Così va il mondo alla riversa (seconda metà del ‘500?): il regno animale prende il sopravvento su quello umano (il cavallo cavalca l’uomo, il bue fa tirare il carro ad un uomo) e si scambiano i ruoli tra animali, la padrona lava la biancheria e la serva sta a guardare, e al centro, una donna imponente e armata domina la scena;
nelle pagine seguenti: stampa olandese della fine del secolo diciottesimo: Il nuovo mondo alla rovescia: l’uomo cavalca il gallo, l’elefante equilibrista, lo zoppo porta il sano, il pesce pesca l’uomo, l’aratro tirato da due contadini, i pesci volano, gli uccelli nuotano, la nave corre sui monti, il coniglio caccia il cacciatore, ecc. Se possono accadere questi capovolgimenti, è possibile che avvengano anche all’interno della società.
stampa fiamminga della fine del secolo diciottesimo
1: tra gli altri motivi, il bambino insegna alla madre e batte il padre, il re a piedi e lo scudiero a cavallo, la donna in calzoni, col fucile o con la pipa, il nobile mendica, gli animali dominano l’uomo.
1Tutte le immagini sul mondo alla rovescia sono tratte da G. Cocchiara, Il mondo alla rovescia, cit.
V
VI
VII
Il mondo alla riversa, stampa italiana del XVII sec., intero e particolari
“Sempre non sta Sorte, ove si pone “Hor che’l villan è in sella el re a piedi anco il villan zappar fa il suo padrone” come si cangia la fortuna vedi”
VIII
F. Goya, Il funerale della sardina 1815-1820 , Madrid, Real Académia de Bellas Artes de San Fernando . La tela raffigura una processione del martedì grasso o del mercoledì delle Ceneri, che culminava con la sepoltura di una sardina, in segno della fine del Carnevale e dell’inizio della Quaresima. Essa fa parte delle cerimonie sulla morte del Carnevale, in realtà pare infatti che ad essere sotterrata non fosse una sardina bensì un mezzo maiale a cui si dava la forma di sardina, così che veniva a crearsi tutto un gioco di ironie e antitesi con funzione augurale e col risultato di un trionfo del principio “grasso” su quello magro quaresimale. La scena è dominata da una situazione di disordine, di maschere, di danze, e da uno stendardo che ride sardonico, come fosse di un “carnevale che non vuole saperne di morire”
2.
2 V. I. Stoichita, A. M. Coderch, op. cit., p.41