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CAPITOLO 3 LE ENERGIE RINNOVABILI

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

LE ENERGIE RINNOVABILI

3.1 FONTI RINNOVABILI DI ENERGIA

L’enorme richiesta di energia dovuta alle attività antropiche e alla continua crescita demografica, rendono necessaria la scelta di una strategia che ci allontani definitivamente dalla dipendenza nei confronti delle fonti energetiche fossili. A conti fatti, l’attuale sviluppo della società umana si basa quasi esclusivamente sul consumo di queste fonti energetiche non rinnovabili ed esauribili, poiché il tempo necessario alla ricostituzione delle scorte è infinitamente superiore a quello in cui queste vengono esaurite: esse derivano da un lentissimo processo di degrado del materiale organico (circa 100 milioni di anni), mentre vengono utilizzate ad un ritmo estremamente più veloce (circa 150 anni). Vi sono, quindi, preoccupazioni per l'esaurimento delle materie prime, anche se, seppur con forza via via minore, continuano a sopravvivere ipotesi ottimistiche che minimizzano la possibilità di esaurimento delle risorse naturali e mirano ad eliminare qualsiasi scrupolo sul loro utilizzo indiscriminato delle risorse naturali.

Un altro fatto di estrema importanza riguarda gli effetti dannosi che l’utilizzo di suddette fonti ha sull'ambiente: la combustione a fini di produzione energetica di petrolio e derivati, carbone e gas naturale, comportano l'emissione di grosse quantità di CO2 con il conseguente

incremento dell'effetto serra e quindi un’alterazione del clima non sostenibile per l'ecosistema terrestre.

Lo scenario esaminato rende evidente l'importanza assunta dalle fonti energetiche pulite e rinnovabili, in altre parole quelle forme di energia generate da fonti il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future e che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano nella scala dei tempi umani, e quindi possono essere considerate virtualmente inesauribili.

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Secondo la normativa di riferimento italiana, vengono considerate "fonti energetiche rinnovabili" o “fonti rinnovabi”:

« le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse s’intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e nella silvicoltura e delle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani » (D.lg. n. 387/2003).

Con opportune tecnologie le fonti rinnovabili di energia possono essere convertite in energia secondaria utile che può essere termica, elettrica, meccanica e chimica.

Le fonti rinnovabili di energia sono uno degli strumenti individuati a livello internazionale sia per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra previsto dal Protocollo di Kyoto che per ridurre la dipendenza economica dai paesi produttori di petrolio.

Il potenziale stimato di energia utile da fonti rinnovabili si aggira tra il 40% ed il 60% del consumo mondiale attuale. A patto di grossi sforzi politici e tecnologici, la restante parte resterebbe affidata ai combustibili fossili e nucleari finché utilizzabili, ricorrendo però sempre più fortemente alle metodiche di uso razionale dell’energia, di efficienza energetica e di risparmio energetico.

3.2 LA RISORSA SOLARE

Tra la vita sulla Terra e l’energia solare vi è un legame inscindibile, intuito dall'uomo da sempre. Non altrettanto immediato ed intuitivo è il fatto che l’energia solare è la fonte primaria di gran parte dell'energia utilizzata dall’uomo, poiché si accumula sulla Terra sotto varie forme, ed è il motore originario di altre forme energetiche, delle catene chimiche e biologiche.

Tra forme di energia "sfruttabili" e derivate più o meno direttamente dal sole, le più utilizzate sono state:

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¾ l’energia termica da combustione di legno, accumulata con la crescita delle piante;

¾ l’energia del vento e del moto ondoso, entrambe generate dall’ accumulo di calore dal riscaldamento solare entro enormi masse di aria e di acqua;

¾ l’energia idraulica, accumulata grazie al ciclo provocato dal sole con evaporazione e condensazione;

¾ l’energia termica da combustione di carbone, idrocarburi e gas naturale, che anche in questo caso è dovuta, all'origine, da energia solare che, accumulata da piante e materiale organico, viene trasformata nel corso di milioni di anni.

L’energia rilasciata dal Sole, dovuta ai processi di fusione dell’idrogeno, viene irradiata sulla Terra che sta a 143 milioni di km e che quindi riceve solo una piccola frazione di tale energia. Malgrado ciò, il Sole offre più energia in un quarto d’ora di quanta l’Uomo ne usi in un anno. L’apporto energetico supera di gran lunga perfino le riserve di combustibili fossili di cui si ha attualmente conoscenza. Tutto ciò, tradotto in cifre, significa che l’energia del Sole è di 1500 milioni di miliardi di kWh/a, quantitativo 10000 volte superiore all’attuale fabbisogno di tutto il pianeta.

FIG 3.1 : Risorse globali di energia solare. I colori indicano l'energia media che

raggiunge la terra, tenendo conto anche della copertura nuvolosa. La scala è in watt per metro quadrato. L'area

ssaria per fornire l'ener equivalente alla richiesta primaria di energia attuale è

indicata dai dischetti scuri.(www.wikipedia.org) nece gia

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La quantità di energia solare che arriva sul suolo terrestre è quindi enorme, ma poco concentrata, nel senso che è necessario raccogliere energia da aree vaste per averne quantità significative; inoltre è piuttosto difficile da convertire in energia facilmente sfruttabile con efficienze accettabili. Per il suo sfruttamento occorrono prodotti in genere di costo elevato che rendono l'energia solare notevolmente costosa rispetto ad altri metodi di generazione dell'energia. Lo sviluppo di tecnologie che possono rendere economico l'uso dell'energia solare, è quindi un settore della ricerca molto attivo.

L’Italia è definito “il paese del sole”: questo luogo comune può e deve acquisire un significato più rilevante e concreto anche dal punto di vista energetico. Esso è caratterizzato da una disponibilità della radiazione solare che, specie nelle regioni meridionali, raggiunge livelli davvero eccellenti, rendendo uno stesso dispositivo di conversione capace di generare fino al 40% di energia in più rispetto a paesi del Nord Europa. Nell’UE, nel 2006, dei 1245 MW di energia fotovoltaica installata (arrivando ad una potenza totale a fine anno di 3.418 MW), la Germania da sola ne conta 1153. La media della potenza fotovoltaica pro capite cresciuta da 4,7 Wp (Watt di picco, ovvero l'unità di misura della potenza teorica massima producibile da un generatore elettrico o viceversa la potenza teorica massima assorbibile da un carico elettrico) a 7,4 Wp, nascondeva una gran varietà di valori: mentre in Germania era di 37 Wp/abitante, in Italia era solo 1 Wp/abitante (7° posto in UE in questa classifica). Alla fine del 2006, oltre alla Germania, non erano ancora decollati mercati importanti come quello spagnolo, italiano, francese e britannico.

Il 2007 è stato un anno importante per il fotovoltaico in Italia, grazie all’attivazione e la corretta applicazione del Nuovo Conto Energia che ha avuto la più efficace nuova versione. Per capire che ci lasciamo alle spalle un periodo di sviluppo molto faticoso, basti pensare che se nel 2006 la potenza installata era stata pari a 9,4 MW, nel 2007 questa è stata di 50,9 MW, in pratica si è assistito ad una crescita di oltre il 500% in un anno.

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Secondo il Gestore dei Servizi Elettrici (GSE), al 1° gennaio 2008 nell’ambito del vecchio conto energia erano stati messi in esercizio 4003 impianti per una potenza di 49,054 MW. Per il nuovo conto energia gli impianti in rete sono stati 2164 per una potenza di 11,354 MW. In totale fanno 6167 impianti. Se limitiamo i dati all’anno solare 2007 abbiamo 50,972 MW e 4775 impianti in esercizio, cioè una media di circa 400 impianti al mese.

Nel 2007, di questi 4775 impianti, 770 sono stati realizzati in Lombardia che è la regione in testa alla classifica dell’installato del fotovoltaico con una potenza, sempre nello scorso anno, pari a 5,3 MW, cioè una quota di poco superiore al 10% del totale annuale. Nella classifica regionale seguono Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana, Lazio e spicca la Puglia, prima tra le regioni meridionali. Già il 9 gennaio 2008, il GSE comunicava l'entrata in esercizio di ulteriori nuovi 140 impianti relativi al nuovo conto energia, e di altri 55 relativi al vecchio conto energia

3.3 I SISTEMI FV

3.3.1 PERCHÉ L’ENERGIA FOTOVOLTAICA

Energia Fotovoltaica (FV) significa letteralmente “elettricità prodotta dalla luce”; “foto” deriva dal greco “phos” che significa “luce”, e “Volt” dallo scienziato italiano Alessandro Volta inventore della pila.

I dispositivi fotovoltaici (FV) convertono, direttamente e istantaneamente, l’energia solare in energia elettrica senza l’uso di alcun combustibile fossile. Operando senza l’ausilio di parti meccaniche in movimento, i sistemi FV sono caratterizzati da grandi affidabilità e silenziosità e da una scarsa necessità di manutenzione.

Il pregio più evidente di tali sistemi è comunque quello di utilizzare un “combustibile”, vale a dire l’energia solare, gratuito, con una disponibilità infinita e pulito. L’impatto ambientale (chimico, acustico, termico) di questi sistemi in fase di esercizio è infatti praticamente

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nullo, con l’eccezione dei sistemi FV isolati, per i quali le batterie di accumulo devono essere periodicamente sostituite. Anche lo smaltimento del prodotto presenta scarsi problemi, con assenza di residui e di scorie. Si tratta comunque di una questione che si propone a lungo termine, essendo la durata dell’impianto stimata in oltre 20 anni.

Un altro evidente vantaggio dell’utilizzo della fonte solare è il carattere “distribuito” della risorsa energetica, poiché il sole è una risorsa accessibile a tutti e non un privilegio di pochi, come invece accade ad esempio per i combustibili fossili. Ciò permette alle nazioni un approvvigionamento energetico maggiormente indipendente dalle importazioni.

Il materiale che costituisce i moduli è il Silicio, secondo componente della crosta terrestre, il che rende evidente il vantaggio di un’enorme disponibilità.

I sistemi FV presentano, infine, un’intrinseca modularità. Le loro componenti di base possono cioè essere combinate fino ad ottenere generatori di potenza qualsiasi a seconda delle richieste degli utenti. Sono facilmente integrabili in strutture edilizie, anche già esistenti, e sono caratterizzati da semplicità di installazione ed utilizzo.

L’unico reale freno alla diffusione dei sistemi FV è stato fino ad oggi l’alto costo dell’investimento iniziale per l’acquisto del sistema. La situazione è ora in rapido cambiamento ed il mercato è finalmente pronto al tanto sospirato decollo, anche grazie alle azioni di finanziamento ed incentivazione intraprese in molti paesi europei.

3.3.2 LA RADIAZIONE SOLARE

La radiazione solare è l’energia elettromagnetica emessa dalle reazioni termonucleare di fusione dell’idrogeno contenuto nel Sole. La potenza della radiazione solare, detta costante solare, raccolta fuori dell’atmosfera su di una superficie perpendicolare ai raggi solari è di 1353 W/m2, variabile durante l’anno del ± 3,3 %, a causa dell’ eclitticità

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dell’orbita terrestre e quindi della diversa distanza Sole-Terra durante le diverse stagioni. Il valore massimo è di circa 1000 W/m2 misurato

perpendicolarmente alla superficie terrestre (a mezzogiorno) a livello del mare, in condizioni ottimali di giornata serena e sole.

Al suolo l'energia solare è concentrata nell'intervallo di lunghezza d'onda 0,2-2,5 µm:

¾ 0,2 - 0,38 µm : ultravioletto (6,4% dell'energia totale compresa nello spettro)

¾ 0,38 - 0,78 µm : visibile (48%) ¾ 0,78 - 10 µm : infrarosso (45,6%)

L'intensità e la distribuzione spettrale della radiazione solare che arriva sulla superficie terrestre dipendono non solo dalla latitudine, dall’altitudine, dalla stagione, dall’ora del giorno, ma anche dalle condizioni meteorologiche e dalla composizione dell'atmosfera. Per giungere sulla superficie, infatti, la radiazione deve attraversare la massa atmosferica, il cui spessore è di circa 12 km. Ne consegue che parte dell’energia del Sole viene assorbita, trasmessa e riflessa durante l’attraversamento dalle molecole e particelle ivi presenti.

Per tenere conto degli effetti dell’atmosfera, si è definita la massa unitaria Air Mass One (AM1) come lo spessore di atmosfera standard attraversato in direzione perpendicolare alla superficie terrestre e misurato a livello del mare. Nella seguente figura viene riportata la distribuzione spettrale della radiazione solare con sole allo zenit al suolo (m=1) ed all'esterno dell'atmosfera, ovvero nelle cosiddette condizioni AM0 (m=0).

FIG 3.2 : Distribuzione spettrale della radiazione solare nelle condizioni AM0 e

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Rispetto alla condizione AM0, nello spettro AM1 si nota la presenza di alcune “buche”, dovute all’assorbimento causato dalle molecole di vapore acqueo e di aria, dal pulviscolo atmosferico e dalla riflessione nello spazio. Tenendo oltretutto conto del fatto che la Terra è una sfera che ruota, l'irraggiamento solare medio è, alle latitudini europee, di circa 200 W/m² . Moltiplicando questa potenza media per metro quadro per la superficie dell'emisfero terrestre istante per istante esposto al sole si ottiene una potenza maggiore di 50 milioni di Gw (un Gw è l'energia prodotta a pieno regime da una grande centrale elettrica a gasolio o nucleare che sia).

Di questo enorme flusso di energia che arriva sulla Terra, però, solo una parte può essere utilizzata dagli impianti FV. La quantità di energia solare che arriva sulla superficie terrestre e che può essere utilmente “raccolta” da un dispositivo fotovoltaico dipende dall’ irraggiamento del luogo, ovvero dalla quantità di energia solare incidente su una superficie unitaria in un determinato intervallo di tempo, tipicamente un giorno (kWh/m2/giorno). Il valore istantaneo della radiazione solare

incidente sull’unità di superficie viene invece denominato radianza (kW/m2). Irraggiamento e radianza dipendono, come abbiamo detto,

dalla latitudine geografica, dall’ora e dal periodo dell’anno in una località. A causa dell’inclinazione dell’asse terrestre, i giorni estivi sono più lunghi di quelli invernali ed il Sole raggiunge altezze maggiori.

La radiazione che raggiunge la superficie terrestre inoltre proviene da diverse direzioni: si distingue in diretta, diffusa e riflessa. Mentre la radiazione diretta colpisce una qualsiasi superficie con un unico e ben definito angolo di incidenza, quella diffusa incide su tale superficie con vari angoli. Occorre precisare che quando la radiazione diretta non colpisce la superficie a causa della presenza di un ostacolo, l’area ombreggiata non si trova completamente oscurata grazie al contributo della radiazione diffusa. Una superficie inclinata può inoltre ricevere la radiazione riflessa dal terreno, da specchi d’acqua o da altre superfici orizzontali.

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Le porzioni di radiazione riflessa, diffusa e diretta da una superficie dipendono :

¾ dalle condizioni meteorologiche: in una giornata nuvolosa la radiazione è pressoché totalmente diffusa; in una giornata serena con clima secco, viceversa, predomina la componente diretta, che può arrivare fino al 90% della radiazione totale;

¾ dall’inclinazione della superficie rispetto al piano orizzontale: una superficie orizzontale riceve la massima radiazione diffusa e la minima riflessa; la componente riflessa cresce al crescere dell’inclinazione del piano;

¾ dalla presenza di superfici riflettenti: il contributo maggiore è dato dalle superfici chiare; così la radiazione riflessa aumenta in inverno, per effetto della neve, e diminuisce in estate, per effetto dell’assorbimento di colori scuri quali quello dell’erba o del terreno. L’irraggiamento è, quindi, influenzato dalla morfologia del sito (orografia e copertura del suolo), dalle condizioni meteo-climatiche locali (nuvolosità, foschia ecc.), e dipende inoltre dalla latitudine del luogo (cresce cioè quanto più ci si avvicina all’equatore).

L’intensità della radiazione solare incidente su di una superficie al suolo è influenzata dall’angolo di inclinazione della radiazione stessa. È possibile massimizzare il valore dell’energia captata solo se la superficie ricevente è inclinata con una certa angolazione: la posizione ottimale si ha, quando la superficie è orientata a sud con angolo di inclinazione pari alla latitudine del sito. L’orientamento a sud massimizza la radiazione solare captata nella giornata e l’inclinazione pari alla latitudine rende minime, durante l’anno, le variazioni di energia solare ricevute dovute all’oscillazione di ±23,5° della direzione dei raggi solari rispetto alla perpendicolare alla superficie di raccolta.

L’inclinazione ottimale per i mesi estivi, sarà minore rispetto a quella dei mesi invernali, a causa dei più alti valori dell’altezza del Sole.

Al variare delle località vari inoltre il rapporto tra la radiazione solare diffusa e quella totale; poiché all’aumentare dell’inclinazione della superficie captante diminuisce la componente diffusa e aumenta quella

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riflessa, l’inclinazione che consente di massimizzare l’energia raccolta può essere differente da località a località.

Alle nostre latitudini l’inclinazione ottimale sarà di 30° per i mesi estivi (aprile-settembre) e di 50° in inverno (ottobre-marzo). In Italia, tuttavia, deviazioni di una decina di gradi rispetto all’inclinazione ottimale sono tollerabili poiché non causano riduzioni significative dell’energia raccolta. Nel nostro paese l’irraggiamento medio annuale varia dai 3,6 kWh/m2 giorno della pianura padana ai 4,7 kWh/m2 del centro Sud e ai

5,4 kWh/m2 della Sicilia. Le regioni ideali per la capacità che hanno di

sfruttare anche la radiazione diffusa, gli impianti fotovoltaici possono essere installati anche in zone meno soleggiate.

In località favorevoli è possibile raccogliere annualmente circa 2.000kWh da ogni metro quadrato di superficie, il che è l’equivalente energetico di 1,5 barili di petrolio per metro quadrato.

Per misurare la radiazione solare possono essere utilizzati solarimetri, che consentono di misurare la radiazione diretta su di una superficie, ma anche quella diffusa.

3.4 L’IMPIANTO FOTOVOLTAICO

Un impianto fotovoltaico è essenzialmente costituito da un generatore, da un sistema di condizionamento e controllo della potenza e da un eventuale accumulatore di energia, la batteria, e naturalmente dalla struttura di sostegno.

3.4.1 IL GENERATORE FOTOVOLTAICO : LA CELLA

Il componente elementare di un generatore fotovoltaico è la cella: lì avviene la conversione della radiazione solare in corrente elettrica, grazie al cosiddetto effetto fotovoltaico. è costituita da una sottile “fetta” di un materiale semiconduttore, silicio, arseniuro di gallio, telluriurio di cadmio, diseleniuro di indio e rame. Il silicio è l’elemento più diffuso in natura dopo l’ossigeno ed è il semiconduttore più comunemente

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utilizzato. Tuttavia, per poter essere utilizzato, deve presentare un’adeguata struttura molecolare (mono-poli cristallina o amorfa) e un elevato grado di purezza, caratteristiche che non si riscontrano nei minerali in cui si trova allo stato naturale. Attualmente, il silicio mono e policristallino, impiegato nella costruzione delle celle è lo stesso utilizzato dall’industria elettronica, che richiede materiali molto puri e quindi costosi. È per questo motivo che i produttori di moduli si sono orientati sull’utilizzo degli scarti di questo settore, o comunque di silicio con un grado di purezza inferiore. Tra i due tipi il silicio policristallino è il meno costoso, ma ha rendimenti leggermente inferiori del monocristallino. Per ridurre il costo della cella vengono studiate nuove tecnologie che utilizzano il silicio amorfo e gli altri materiali policristallini sopraccitati.

La cella è costituita da una sottile “fetta” di silicio di spessore pari a circa 0,3 mm. Può essere rotonda o quadrata e può avere una superficie compresa tra i 100 e i 225 cm2. Il silicio viene “drogato” mediante

l’inserimento su una “faccia” di atomi di boro (drogaggio p) e sull’altra faccia con piccole quantità di fosforo (drogaggio n).

Nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio si determina un campo elettrico; quando la cella è esposta alla luce, per effetto fotovoltaico, si generano delle cariche elettriche e, se le due facce della cella sono collegate ad un utilizzatore, si avrà un flusso di elettroni sotto forma di corrente elettrica continua.

Una cella fotovoltaica di dimensioni 10x10 cm si comporta come una minuscola batteria, e nelle condizioni di soleggiamento tipiche dell’Italia (1kW/m2), alla temperatura di 25°C fornisce una corrente di 3A, con una tensione di 0,5V e una potenza pari a 1,5-1,7 Watt di picco (Wp). L’energia elettrica prodotta sarà, ovviamente, proporzionale all’energia solare incidente, che come sappiamo varia nel corso della giornata, al variare della stagioni, e al variare delle condizioni atmosferiche, ecc.

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3.4.2 L’EFFETTO FOTOVOLTAICO

L’effetto fotovoltaico si basa sul trasferimento di energia dai fotoni della radiazione solare al subsistema elettronico dei semiconduttori, ed al trattenimento dia tale energia prima che venga trasferita alla cella: con una barriera di potenziale interna l’energia è trattenuta e convertita in calore.

Ogni atomo di silicio dispone di quattro elettroni nell'orbitale più esterno (di valenza), attraverso i quali forma quattro legami covalenti con altri quattro atomi di silicio. Il reticolo cristallino che ne deriva è molto stabile e, fornendo una certa quantità di energia, nel nostro caso luce, gli elettroni di valenza sono in grado di saltare dalla banda di valenza alla banda di conduzione, lasciando una lacuna nel reticolo cristallino. Il risultato è un flusso di elettroni e di lacune (in realtà non sono le lacune a muoversi ma tali spazi vuoti assumono posizioni diverse a causa dello spostamento degli elettroni). In condizioni normali la continua ricombinazione di elettroni e lacune ostacola il movimento delle cariche di segno opposto e viene così prodotto calore. È necessario quindi ordinare e orientare il flusso di elettroni: si sovrappongono due strati di silicio, in ciascuno dei quali si inserisce un altro particolare elemento chimico (drogaggio), per esempio fosforo e boro. Gli atomi di fosforo hanno cinque elettroni di valenza che determinano una zona con un eccesso di elettroni di valenza non coinvolti in legami: su questo strato, denominato N, si genera una carica negativa a causa del quinto elettrone di fosforo. Gli atomi di boro invece hanno tre elettroni di valenza e quindi su questo strato, chiamato P, si viene a determinare un eccesso di lacune, e quindi un eccesso di carica positiva, quando si legano al silicio. Quando i due strati sono sovrapposti (ottenendo così una giunzione P-N), si genera un movimento di elettroni verso la zona P. Raggiunto l’equilibrio elettrostatico, si ha sullo strato N un eccesso di carica positiva, dovuto agli atomi di fosforo con un elettrone in meno; sullo strato P invece si ha eccesso di carica negativa, dovuto agli atomi migrati dalla zona N. Si ottiene così un campo elettrico di bassa entità,

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ma stabile all’interno del cristallo di materiale semiconduttore, che facilita il passaggio di elettroni verso N e ostacolandone il flusso inverso. Quando una cella di silicio drogato viene esposta ai raggi solari, i fotoni possono essere assorbiti, riflessi o attraversare la cella a seconda della loro energia. I fotoni con più bassa lunghezza d’onda sono i più energici, secondo la legge di Plank:

ε = h · (c/λ) dove:

ε = energia del fotone (J) h = 6,625 · 10-34 (Js)

c = 3 · 108 (m/s)

λ = lunghezza d’onda (m)

Se l’energia assorbita è sufficiente, gli elettroni di valenza del fosforo saltano nella banda di conduzione e migrano verso la zona N; parallelamente, le lacune si muovono verso la zona P : questo è il fenomeno detto effetto fotovoltaico.

FIG 3.3 : Processo di conduzione nel silicio drogato (Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

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L’energia richiesta per liberare l’elettrone è denominata energia di gap Eg. Se l’energia del fotone è minore, l’elettrone non può essere liberato e la sua energia viene dissipata in calore; se è maggiore, l’elettrone è liberato e l’eccesso di energia è convertito ancora in calore. Il silicio ha un’energia di gap pari a 1,12 eV, quindi la lunghezza d’onda massima a cui la radiazione solare produce l’effetto fotovoltaico è :

λMAX = 11,1 µm

La zona utile per le celle fotovoltaiche di silicio cristallino è pertanto quella minore di 1,11 µm: comincia a 0,35 µm fino a tutto l’IR compreso. Si nota quindi che il 23% dell’energia solare nello spettro è inefficace al fine di produrre corrente elettrica. A seconda del tipo di silicio e della tecnologia impiegati, le celle avranno diversa sensibilità alla distribuzione spettrale: le celle in silicio cristallino sono più sensibili alle onde lunghe (ordine del micron), mentre le celle a film sottile reagiscono più efficientemente alla radiazione nel campo del visibile. Le celle in silicio amorfo rispondono in modo ottimale alla radiazione nella banda delle onde corte.

3.4.3 STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DI UNA CELLA FOTOVOLTAICA CRISTALLINA

La cella presenta su entrambe le superfici, quella posteriore drogata con boro e quella anteriore di fosforo, contatti metallici che hanno la funzione di raccogliere e rendere disponibile per il circuito elettrico la corrente elettrica che si genera in virtù dell’effetto fotovoltaico: il flusso di elettroni viene convogliato all’estremità superiore della cella stessa, dove, se la cella non è collegata ad alcun carico elettrico, si misura la tensione di circuito aperto, mentre se il circuito è chiuso può circolare corrente elettrica. Il contatto sul lato posteriore è esteso a tutta la cella, mentre quello sul lato frontale, esposto alla luce, deve essere molto sottile e occupare la minor superficie possibile: viene disposto quindi a forma di griglia o con sottili ramificazioni, come compromesso tra la

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necessità di minimizzare le resistenze elettriche e quella di garantire una sufficiente trasparenza dello strato anteriore alla luce.

FIG 3.4 : Contatto frontale di una cella policristallina (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

Il fronte della cella viene ricoperto da uno strato di materiale antiriflettente, in genere ossido di titanio (TiO2). Tale strato è necessario

per ottenere che tutta la luce incidente venga raccolta dalla giunzione. Senza trattamento, le perdite per riflessione possono raggiungere anche il 30% della radiazione incidente.

3.4.4 LE PROPRIETA’ ELETTRICHE DELLA CELLA

Il comportamento elettrico di una cella può essere rappresentato all’interno di un diagramma cartesiano che correla corrente vs tensione, in cui viene tracciata la curva caratteristica delle celle fotovoltaiche, per una data temperatura della cella stessa ed un dato valore di irraggiamento solare.

È mostrato anche il valore della potenza in uscita pari al prodotto tra tensione e corrente. Essa pari al rettangolo che ha come lati l’ascissa e l’ordinata del punto di funzionamento. Esiste un punto che corrisponde alla potenza massima o anche detta nominale (MPP : Maximum Power Point) e solitamente i generatori FV possiedono un dispositivo in grado di farli funzionare nelle vicinanze di tale punto. La potenza in questo caso è espressa in Watt di picco, per indicare che è stata misurata in

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condizioni standard. Il valore ISC corrisponde alla corrente di corto

circuito. VOC è la tensione di circuito aperto.

FIG 3.5 : Curva caratteristica della cella per un dato valore di temperatura e irraggiamento (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

La curva caratteristica si modifica al variare di due parametri : l’irraggiamento e la temperatura di esercizio della cella.

Al variare dell’irraggiamento solare, varia il rapporto caratteristico V-A :

FIG 3.6 : Variazione della curva caratteristica al variare dell’irraggiamento (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

In particolare, al crescere dell’irraggiamento, la ISC aumenta

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con relazione logaritmica a valori di irraggiamento al di sotto di 100-200 W/m2.

Per quanto riguarda le variazioni della curva con la temperatura, il silicio cristallino ad una diminuzione della potenza dello 0,4-0,5% per ogni grado di t in più rispetto al valore di riferimento di 25°C .

FIG 3.7 : Variazione della curva caratteristica al variare della temperatura (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

3.4.5 EFFICIENZA

L’efficienza di una cella fotovoltaica η è calcolata come il rapporto tra la potenza di picco e la potenza irraggiata dal sole. E’ un dato che viene riportato nella scheda tecnica del modulo ed è sempre riferita alle condizioni standard (flusso solare pari a 1000 W/m2 e temperatura

delle celle di 25 °C). In tali condizioni l’efficienza è così definita: η = Pp / 1000 · A

Dove:

Pp = potenza di picco della cella (W)

1000 W/m2 = valore di riferimento dell’irraggiamento solare

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Il valore dell’efficienza della cella varia con l’irraggiamento e con la temperatura di esercizio della cella. In particolare, come è facilmente intuibile, valori di irraggiamento minori portano ad una diminuzione dell’efficienza. Per quanto riguarda invece il rapporto con la temperatura di esercizio, le celle in silicio cristallino raggiungono la massima efficienza a basse temperature, con una variazione percentuale di rendimento pari allo 0,45% per °C. ma il fattore temperatura dipende a sua volta dall’irraggiamento: con bassi valori di irraggiamento, l’effetto temperatura nelle celle cristalline è contenuto (-0,15% per °C). Diversamente, il fattore temperatura nelle celle in silicio amorfo, in condizioni di scarso irraggiamento, ha segno positivo e può arrivare fino a +1,4 % per °C.

3.4.6 TIPOLOGIE DI CELLE

Il silicio in natura si trova sottoforma di diossido di silicio (SiO2). Per

ottenere la purezza desiderata, la sabbia iene fusa insieme al polverino di carbone, ottenendo silicio con un grado di purezza del 98%. Si passa poi ulteriori step di raffinazione: riduzione, triturazione, trattamento in forno con HCl, distillazione del liquido ottenuto. Dopo aver raggiunto il grado di purezza desiderato il silicio può essere sottoposto a ulteriori trattamenti per arrivare ad avere una struttura molecolare monocristallina, policristallina o amorfa.

La caratteristiche delle tre tipologie di celle sono diverse. La curva caratteristica delle celle amorfe ad esempio varia considerevolmente da quelle in silicio cristallino: varia il punto di massima potenza (a circa 0,4 V) ed in generale la curva è più piatta (minore efficienza significa minore corrente). Per ottenere la medesima potenza conseguibile con una cella di dimensioni standard in silicio cristallino occorre una superficie amorfa maggiore.

L’attività di ricerca è orientata più che altro alla riduzione dei costi globali e, a tale scopo, ci si muove in tre direzioni: riduzione del materiale di partenza, riduzione del costo di fabbricazione e

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miglioramento dell’efficienza di conversione. Il costo del materiale di partenza deriva dal tipo di silicio utilizzato, in dipendenza del grado di purezza: silicio di grado elettronico ha impurezze con concentrazione di circa una parte per milione; silicio di grado solare ha impurezze di una parte su 10000; infine il silicio metallurgico possiede impurezze di circa una parte su 100. Si può mantenere basso il costo di partenza perché nelle celle non è necessario l’uso di silicio con gradi di purezza tanto elevati quanto quelli dei componenti elettronici.

3.4.6.1 LE CELLE IN SILICIO MONOCRISTALLINO

FIG. 3.8 : Cella in silicio monocristallino (Fonte : www.castellucciorappresentanze.com)

Nella struttura monocristallina gli atomi sono orientati nello stesso verso e legati, gli uni agli altri, nello stesso modo.

Il metodo Czochralski è quello più utilizzato per produrre il silicio monocristallino a partire da quello policristallino di grado elettronico. I cristalli di silicio vengono fusi in un crogiuolo di grafite, poi estratti e successivamente sottoposti a raffreddamento controllato, in modo da formare un unico cristallo ed assumere forma cilindrica (diametro 30 cm e lunghezza di diversi metri). Dopo eventuale sagomatura, vengono tagliati in fette sottili (“wafers”) spesse 0,3 mm. Si passa quindi al drogaggio e alla disposizione dei contatti. Le celle prodotte con questo metodo hanno un’efficienza del 15-18%, forma quadrata o circolare (le celle quadrate hanno resa maggiore perché si adattano meglio alla forma del modulo, ma producono più scarti di quelle circolari per la sagomatura), colore blu scuro, nero o grigio.

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3.4.6.2 LE CELLE IN SILICIO POLICRISTALLINO

FIG 3.9 : Cella in silicio policristallino (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

La tecnica maggiormente utilizzata è il casting, che produce celle fotovoltaiche a partire dagli scarti dell’industria elettronica. Il materiale subisce una minuta frammentazione, poi decapaggio per eliminare le impurità superficiali. Successivamente il silicio è fuso e colato nelle forme in cui avviene la ricristallizzazione; si procede con la squadratura dei lingotti che sono poi tagliati anch’essi in wafers di 0,3 mm. Dopodichè si effettua il drogaggio e l’applicazione dei contatti metallici e dello strato anti-riflesso. Le celle policristalline hanno un’efficienza del 13-15%, hanno forma quadrata e il colore è blu o grigio argento, entrambi cangianti per la disposizione disordinata dei cristalli di silicio. 3.4.6.3 LE CELLE IN SILICIO AMORFO

FIG 3.10 : Cella in silicio amorfo (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)

Il silicio amorfo non ha la struttura reticolare come il cristallino ed è per questo motivo che viene saturato e quindi stabilizzato con idrogeno. Il drogaggio è realizzato a partire da composti gassosi contenenti boro e fosforo.

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Il limite di queste celle risiede nei bassi valori di efficienza nominale che, peraltro, tende a diminuire nei 6-12 mesi di funzionamento. Sovrapponendo più celle si può ottimizzare l’assorbimento della radiazione e migliorare l’efficienza globale. L’efficienza si aggira attorno al 5-8%, possono assumere la forma desiderata ed il colore varia dal marrone al nero.

3.4.6.4 CELLE A FILM SOTTILE

FIG 3.11 : Esempi di celle a film sottile (Fonte : www.ape.ud.it)

Le celle a film sottile sono diventate, a partire dagli anni ’90, una realtà di grande interesse nel campo del fotovoltaico. Le celle sono formate in questo caso da strati sottilissimi di semiconduttori applicati ad un substrato di altro materiale, spesso vetro o ceramica. Si possono ottenere film di spessore totale pari a 1-2 mm. Il materiale “attivo” è disponibile in forma di gas e quindi la deposizione dello strato sottile può avvenire tramite un processo di vaporizzazione, spruzzamento catatonico o tramite un bagno elettrolitico.

I semiconduttori più utilizzati sono il silicio amorfo, diseleniuro di rame e indio e telluro di cadmio. Per l’elevata capacità di assorbire radiazione da parte di queste sostanze, per queste celle è richiesto un impiego di materiale fotosensibile molto ridotto, teoricamente anche fino ad uno spessore di 0,001 mm!

Dal punto di vista economico sono molto vantaggiose e promettenti perché usano substrati a basso costo e processi di produzione

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altamente automatizzati, quindi adatti alla produzione di massa, e contraddistinti da risparmio di energia e materiale.

Non esistono particolari vincoli riguardo la forma delle celle, mentre la porzione elettricamente attiva deve essere il più regolare possibile, per agevolare l’interconnessione in serie con le altre celle.

Per quanto riguarda l’efficienza, abbiamo visto che quella delle celle in silicio amorfo, è inferiore alle celle in silicio cristallino (i valori si aggirano attualmente tra il 5-8%). Le celle Coper Indim di Selenide (CIS) al diseleniuro di rame ed indio, hanno un’efficienza tra il 7,9-9,5%, mentre quelle in telluriuro di cadmio, tra il 6-9%.

Tuttavia, in certe condizioni, le celle a film sottile garantiscono performance migliori rispetto alle seconde: sono più sensibili alla radiazione diffusa e lavorano bene anche in condizioni di scarso irraggiamento. Inoltre, all’aumentare della temperatura di esercizio dell’impianto FV, la resa di queste celle si mantiene elevata. Infine, la loro tipologia costruttiva (strisce lunghe e strette) consente di ridurre le inefficienze dovute ad eventuali fenomeni di ombreggiamento, l’aspetto estetico gradevole li rendono particolarmente idonei per applicazioni ad alta valenza architettonica. Una tecnologia di questo tipo è flessibile ad essere utilizzata in diverse applicazioni come su una qualsiasi superficie curva, in rotoli o in strutture di forme complesse.

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3.4.7 I MODULI FOTOVOLTAICI

Per ottenere un modulo fotovoltaico si collegano tra loro le celle, che singolarmente hanno una potenza molto bassa, in serie tramite saldatura dei contatti metallici (in rame). Tale collegamento avviene, a livello industriale, tramite un processo automatizzato mentre, per moduli speciali prodotti in piccole quantità, le celle sono spesso saldate a mano.

Le celle vengono quindi collegate a formare lunghe stringhe, utilizzando appositi tracciati di saldatura: i moduli fotovoltaici più diffusi sono costituiti da 36 celle disposte su 4 file parallele collegate in serie, per una superficie che và da 0,5 a 1 m2. Successivamente le celle vengono

incapsulate all’interno di materiale trasparente che ha la funzione di isolarle elettricamente, proteggerle da stress meccanici, agenti atmosferici e umidità. L’incapsulamento può essere effettuato con tre tipi di materiale: vinilacetato di etilene (EVA), Teflon oppure resina. Per dar loro stabilità strutturale, le celle incapsulate vengono applicate ad una cornice che può essere in vetro, plastica o metallo: requisito fondamentale è un certo grado di trasparenza per il lato esposto alla luce (il vetro temprato-meccanicamente o chimicamente-risulta ovviamente il materiale più indicato), ma devono comunque permettere al modulo di conservare le sue caratteristiche di leggerezza. Un modulo fotovoltaico avrà una sua efficienza di produzione, ηMOD.

Più moduli collegati in serie formano un pannello, ovvero una struttura comune ancorabile al suolo o ad un edificio. Più pannelli collegati in serie costituiscono una stringa. Più stringhe, collegate generalmente in parallelo per fornire la potenza richiesta, costituiscono il generatore fotovoltaico. La quantità di energia prodotta da un generatore fotovoltaico varia nel corso dell’anno e dipende da una serie di fattori come la latitudine e l’altitudine del sito, l’orientamento e l’inclinazione della superficie dei moduli, e le caratteristiche di assorbimento e riflessività del territorio circostante.

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FIG 3.13 : Schema di un generatore fotovoltaico (Fonte : ENEAfotovoltaico)

A titolo indicativo alle latitudini dell’Italia centro-meridionale un metro quadrato di moduli può produrre in media 0,3-0,4kWh al giorno nel periodo invernale, e 0,6-0,8kWh in quello estivo. La tabella seguente dà un’indicazione di massima della “capacità produttiva” di un impianto fotovoltaico connesso alla rete. Vengono indicati, per tre localizzazioni diverse, i kWh elettrici generati mediamente in un anno e immessi in rete, per ogni metro quadrato di moduli in silicio monocristallino e in silicio policristallino, per un impianto di potenza nominale pari ad 1kWp (si tenga conto che esso corrisponde a circa 8 m2 di moduli in silicio

cristallino e a 10 m2 di quelli in silicio policristallino).

CAPACITA’ PRODUTTIVA DI UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO Localizzazione dell’impianto Moduli in silicio monocristallino Moduli in silicio policristallino

Energia utile per kWp installato kWh/m2 anno kWh/m2 anno kWh/m2 anno

NORD 150 130 1080

CENTRO 190 160 1350

SUD 210 190 1500

TAB 3.1 : Capacità produttiva delle varie tipologie di impianti fotovoltaici nelle diverse località (Fonte : www.ct.infn.it)

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Dal punto di vista elettrico non ci sono praticamente limiti alla produzione di potenza da sistemi fotovoltaici, perché il collegamento in parallelo di più file di moduli, consente di ottenere potenze elettriche di qualunque valore. Il trasferimento dell’energia dal sistema fotovoltaico all’utenza avviene attraverso ulteriori dispositivi necessari a trasformare la corrente continua prodotta in corrente alterna, adattandola alle esigenze dell’utenza finale.

3.4.8 L’INVERTER

L’inverter è il componente che interfaccia il generatore fotovoltaico al carico o alla rete in corrente alternata: converte la corrente da continua in alternata secondo le specifiche richieste dell’utilizzatore. A seconda del loro utilizzo, si hanno inverter per sistemi stand-alone che per sistemi grid-connected: i primi immettono automaticamente tutta l’energia prodotta in rete, mentre gli altri alimentano in via prioritaria i carichi domestici, per poi immettere il surplus in rete.

Anche gli inverter avranno i loro parametri e proprietà caratteristiche, tra cui l’efficienza di conversione ηCON, che tiene conto delle perdite che

si realizzano durante la conversione da corrente continua ad alternata nel trasformatore, nei dispositivi di controllo della potenza, etc.

Il rapporto tra la taglia del generatore e quella dell’inverter ad esso associato è di 1 a 1. Tale rapporto viene utilizzato come riferimento, ma non rispettato completamente: un range accettabile sarà il seguente:

0,7 · PpFV < PINV < 1,2 · PpFV

In generale, è preferibile scegliere un inverter con potenza leggermente inferiore a quella del generatore, anche se si devono verificare i livelli di sovraccarico tollerati.

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3.4.9 NUMERO MASSIMO DI MODULI CONNESSI IN SERIE IN UNA STRIGA

Il numero massimo di moduli che è possibile connettere in serie viene ricavato dal rapporto tra tensione massima in ingresso all’inverter (VMAX (INV)) e tensione di corto circuito per moduli operanti a -10°C (VOC (-10°C)).

nMAX = VMAX (INV) / VOC (-10°C)

Questo perché a temperature basse la tensione del modulo cresce, ed il valore più elevato che può essere raggiunto è dato dalla tensione di corto circuito. Tale tensione deve essere inferiore della tensione massima sopportabile in ingresso all’inverter, per evitare corto circuiti dell’impianto.

La tensione VOC (-10°C) non è sempre specificata tra i dati forniti dal

costruttore, ma può essere calcolata.

3.4.10 PRODUCIBILITA’ DELL’IMPIANTO

Il quantitativo ideale di energia ottenibile dal generatore fotovoltaico è in genere pari a:

EIDEALE = Erad · A · ηMOD

Dove:

Erad = irradianza, ovvero radiazione disponibile per unità di superficie

nella località d’interesse (kWh/m2)

A = superficie del modulo ηMOD = rendimento dei moduli

tuttavia, ai fini di ottenere una previsione quanto più corretta della produttività di un impianto, è necessario fare riferimento a parametri che tengono conto del funzionamento del sistema e dei dati climatici-meteorolgici del sito di installazione.

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L’efficienza di Balance Of System (BOS) ηBOS è un parametro

complessivo che tiene conto dei fattori di perdita medi che causano perdite associate alle restanti parti del sistema (cavi, batterie, inverter, etc.) e delle condizioni climatiche della zona (irraggiamento < 1000 W/m2, sporcamente dei moduli, ombreggiamento, etc.). Tale parametro

è utilizzato per tenere conto delle riduzioni del valore di EIDEALE per

ottenere il valore di EREALE.

3.4.11 LE APPLICAZIONI DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI

Secondo il tipo di applicazione a cui l’impianto è destinato, le condizioni di installazione, le scelte impiantistiche, il grado di integrazione nella struttura edilizia con cui si interfaccia, si distinguono varie tipologie di impianto.

3.4.11.1 IMPIANTI ISOLATI (STAND-ALONE)

Sono impianti non collegati alla rete elettrica e sono costituiti dai moduli fotovoltaici, dal regolatore di carica e da un sistema di batterie che garantisce l’erogazione di corrente anche nelle ore di minore illuminazione o di buio. La corrente generata dall’impianto è continua. Se l’utenza è costituita da apparecchiature che prevedono una alimentazione in corrente alternata è necessario anche un convertitore, l’inverter. Questi impianti risultano tecnicamente ed economicamente vantaggiosi nei casi in cui la rete elettrica è assente o difficilmente raggiungibile. Infatti, spesso costituiscono i gruppi elettrogeni.

In Italia sono stati realizzati molti impianti fotovoltaici di elettrificazione rurale e montana soprattutto nel Sud, nelle isole e sull’arco alpino. Attualmente le applicazioni più diffuse servono ad alimentare:

¾ apparecchiature per il pompaggio dell’acqua, soprattutto in agricoltura;

¾ ripetitori radio, stazioni di rilevamento e trasmissione dati (meteorologici e sismici);

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¾ apparecchi di refrigerazione, specie per il trasporto medicinali; ¾ sistemi di illuminazione;

¾ segnaletica sulle strade, nei porti e negli aeroporti; ¾ alimentazione dei servizi nei camper;

¾ impianti pubblicitari, ecc.

3.4.11.2 IMPIANTI COLLEGATI ALLA RETE (GRID-CONNECTED)

Sono impianti stabilmente collegati alla rete elettrica. Nelle ore in cui il generatore fotovoltaico non è in grado di produrre l’energia necessaria a coprire la domanda di elettricità, la rete fornisce l’energia richiesta. Viceversa, se il sistema fotovoltaico produce energia elettrica in più, il surplus può essere trasferito alla rete o accumulato. Un inverter trasforma la corrente continua prodotta dal sistema fotovoltaico in corrente alternata.

I sistemi connessi alla rete, ovviamente, non hanno bisogno di batterie perché la rete di distribuzione sopperisce alla fornitura di energia elettrica nei momenti di indisponibilità della radiazione solare.

Attualmente si vanno sempre più diffondendo, grazie anche agli incentivi pubblici, piccoli sistemi distribuiti sul territorio con potenza non superiore a 20 kWp. Gli impianti più diffusi hanno potenze tra 1,5 e 3 kWp. Questi impianti vengono installati sui tetti o sulle facciate degli edifici, e contribuiscono a soddisfare la domanda di energia elettrica degli utenti.

3.4.11.3 IMPIANTI INTEGRATI NEGLI EDIFICI

Essi costituiscono una delle più promettenti applicazioni del fotovoltaico. Si tratta di sistemi che vengono installati su costruzioni civili o industriali per essere collegati alla rete elettrica di distribuzione in bassa tensione.

La corrente continua generata istantaneamente dai moduli viene trasformata in corrente alternata e immessa nella rete interna

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In questo modo può essere, a seconda dei casi, consumata dall’utenza locale oppure ceduta, per la quota eccedente al fabbisogno, alla rete stessa.

I moduli fotovoltaici possono essere utilizzati come elementi di rivestimento degli edifici anche in sostituzione di componenti tradizionali. A questo scopo l’industria fotovoltaica e quella del settore edile hanno messo a punto moduli architettonici integrabili nella struttura dell’edificio che trovano sempre maggiore applicazione nelle facciate e nelle coperture delle costruzioni. La possibilità di integrare i moduli fotovoltaici nelle architetture e di trasformarli in componenti edili ha notevolmente ampliato gli orizzonti di applicazione del fotovoltaico e quelli dell’architettura che sfrutta questa forma di energia. Un impiego di particolare interesse è rappresentato, infatti, dalle “facciate fotovoltaiche”. I moduli per facciata sono composti da due lastre di vetro fra le quali sono interposte celle di silicio tenute insieme da fogli di resina. La dimensione di questi moduli può variare da 50 x 50 cm a 210 x 350 cm. Inoltre, dal momento che tanto più bassa è la temperatura dei moduli fotovoltaici durante l’irraggiamento solare, maggiore è il loro rendimento energetico, le facciate fotovoltaiche trovano la loro migliore applicazione nelle zone “fredde” delle facciate (parapetti, corpi ascensore e altre superfici opache) sempre che siano orientati verso Sud-Est o Sud-Ovest e non si trovino in una zona ombreggiata.

L’impiego di tali moduli fotovoltaici può essere di grande utilità come schermi frangisole o per ombreggiare ampie zone nel caso delle coperture.

Figura

FIG 3.1 : Risorse globali di  energia solare. I colori  indicano l'energia media che
FIG 3.2 : Distribuzione spettrale della  radiazione solare nelle condizioni AM0 e
FIG 3.3 : Processo di conduzione nel silicio drogato  (Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori; ISESITALIA)
FIG 3.4 : Contatto frontale di una cella policristallina (Fonte : Fotovoltaico, guida per progettisti e  installatori; ISESITALIA)
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