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Dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni.

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Università di Pisa D.E.S.T.E.C

Dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni.

Scuola di dottorato in Scienze e Metodi della città e del territorio europei

XXVII CICLO

TESI DI DOTTORATO

Indicatori economici per la rigenerazione urbana.

La rendita differenziale come strumento di analisi

Relatori

prof. ing. Valerio Cutini dott. geol. Alessandro Santucci

Candidato arch. Simone Rusci

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INDICE

INTRODUZIONE – Rigenerare la rendita………

1 PARTE PRIMA

1.1 Recupero e rigenerazione: un intreccio tra sinonimi e contrari …… pag. 3 1.2 Le scale della rigenerazione urbana………... pag. 11

1.2.1 La rigenerazione della sostituzione……….. pag. 11 1.2.2 La rigenerazione della ristrutturazione……….. pag. 16 1.2.3 La rigenerazione della manutenzione………. pag. 20 1.3 Una nuova cornice per le trasformazioni urbane……… ……… pag. 23 1.3.1 Mercato………. pag. 25 1.3.2 Perequazioni……… pag. 32 1.3.3 Consumo di Suolo……….. pag. 35 1.3.4 Fiscalità……… pag. 38 1.4 La rigenerazione nel quadro normativo italiano……… pag. 45 1.4.1 L’orizzonte nazionale………. pag. 45 1.4.2 L’orizzonte regionale………. pag. 51 1.5 Conclusioni alla prima parte……… …… pag. 58 2 PARTE SECONDA

2.1 La rendita urbana, sinergie, conflitti ed equivoci………. pag. 63 2.1.1 La rendita degli urbanisti………pag. 63 2.1.2 La rendita degli economisti………pag. 73 2.1.3 Definire la rendita………pag. 81 2.2 La rendita differenziale come indicatore urbano……… pag. 87 2.2.1 La misura della posizione: l’analisi configurazionale……… pag. 94 2.2.2 La misura della fertilità: l’analisi interazionale……… pag. 100 2.2.3 La costruzione della mappa della rendita……….. pag. 104 3 PARTE TERZA

3.1 Il caso studio………. pag. 108 3.1.1 Costruzione della base cartografica ……… pag. 109 3.1.2 Analisi dei valori immobiliari………. pag. 110 3.1.3 Posizione – Analisi configurazionale……….. pag. 119 3.1.4 Fertilità – Analisi interazionale……….. pag. 123 3.2 La costruzione della mappa della rendita………. pag. 134

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3.3 Esiti del caso studio ………. pag. 139 COCLUSIONI……… pag. 146 BIBLIOGRAFIA……….. pag. 156

Allegati

Tavole grafiche

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi

D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.

(Italo Calvino)

!

RIGENERARE LA RENDITA

Il tema rigenerazione ha acquisito nell’ultimo decennio un ruolo da protagonista nell’agenda e nel dibattito urbanistico, sia in Italia che in Europa. In assenza di una definizione chiara e dell’individuazione di strumenti dedicati, essa rischia tuttavia, analogamente a quanto successo ad altri importanti temi, di cadere nell’oblio o, più semplicemente, di essere relegata al ruolo di marchio politically correct per creare consenso attorno ai tradizionali, e non per questo deprecabili, interventi sulla città esistente.

Si parla oggi indistintamente di rigenerazione sia nei casi di piccole ristrutturazioni che nei casi di sostituzione edilizia di grandi complessi industriali, sia nel descrivere progetti pubblici che politiche sociali.

La genericità con la quale il tema viene affrontato, anche in sede normativa, costituisce forse il principale ostacolo alla definizione di strumenti e strategie per l’applicazione di una politica integrata e diffusa di interventi sul patrimonio edilizio mediante il coinvolgimento di risorse non pubbliche; vero obiettivo della rigenerazione.

Se il successo della rigenerazione urbana è stato inizialmente la risposta al forte consumo di suolo operato nell’ultimo ventennio in conseguenza delle rampanti dinamiche del mercato immobiliare, essa diventa oggi, in un tempo in cui queste dinamiche sembrano essersi affievolite, una strategia – economica ed urbanistica – per poter intervenire sulla città pubblica e su quelle parti di città dimenticate nell’euforia dell’espansione; una strategia per il mantenimento delle economie del settore edilizio sul quale, innegabilmente, si poggia oggi ogni forma di investimento pubblico urbano.

Di fronte a questo quadro i tradizionali strumenti della pianificazione, nati e cresciuti in ragione dell’espansione della città, hanno mostrato la loro fragilità e la loro debolezza.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi

Ancor più gli strumenti dell’analisi urbana, risultati poco capaci di rilevare ed assumere le forme auto-organizzative delle città (sia positive che patologiche) e di includere nel loro oggetto di analisi le componenti economiche che ne sono il fondamento. Dunque incapaci di rilevare, in ultimo, le componenti che dovrebbero essere messe in gioco in un’efficace politica di rigenerazione.

Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di individuare uno strumento operativo capace di dare una lettura organica di queste forme di organizzazione economica - ritenute fondanti dell’organismo urbano - riconoscendo la rendita urbana come indicatore delle econome di agglomerazione ed interazione che permeano la città consolidata e che ne rappresentano il “software”.

La rendita urbana è stata, come è noto, protagonista di un acceso dibattito politico- ideologico (troppo poco spesso tecnico-giuridico) che ha attraversato quasi tutto il ‘900, acuendosi negli anni della mancata riforma urbanistica per poi attenuarsi sul finire del secolo. Un dibattito che ha visto schierarsi la quasi totalità degli urbanisti e una minoranza, non silenziosa, di economisti; un dibattito complesso ed eterogeneo che non ha sempre prodotto una fusione condivisa delle posizioni ma che ha, al contrario, mantenuto ed accentuato una netta separazione tra posizioni urbanistiche e assunti economici. Un dibattito i cui esiti non hanno permesso né di sanare le disfunzioni di un sistema nel quale il public value della rendita veniva tolto alla collettività né di individuare forme collaborative tra rendita, profitto e salario.

Senza disconoscere i risultati che le battaglie urbanistiche contro la rendita hanno ottenuto - si pensi alla legge 167 del 1962 o la legge 10 del 1977 - è del resto innegabile come lo scontro ideologico abbia spesso distorto il significato e il ruolo giocato dalla rendita. Potremmo dire che il tema della ricerca è proprio la

“rigenerazione” della rendita: il tentativo di depurare il termine dal carico ideologico che ha assunto in Italia nell’ultimo secolo e trasformarlo in uno strumento di lettura e pianificazione.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi

Elaborando le diverse posizioni urbanistiche ed economiche si è qui cercato di trovare una fusione tra le definizioni e le necessità del governo urbano, in particolare della rigenerazione, assumendo la rendita come “l’oggettivizzazione in termini economici e di prezzo, e la assegnazione ad ogni specifico sito, del valore che i singoli attori economici attribuiscono esplicitamente o implicitamente ad ogni situazione territoriale nei loro processi di definizione delle scelte localizzative, produttive e residenziali”

(Camagni 1998) ovvero di assumere la rendita come marker di funzionamento dell’organismo urbano.

Se dunque la rendita differenziale rispecchia le preferenze localizzative e queste a loro volta rappresentano la risposta che i luoghi danno alla “domanda di città” - sia in termini residenziali che produttivi – è possibile utilizzare la lettura della rendita nell’individuazione delle carenze che l’organismo urbano presenta nei confronti di chi lo abita. Non solo: essendo la rendita un elemento economico, non affatto virtuale, espresso in moneta, è possibile utilizzare l’analisi della sua distribuzione sia in termini equitativi, per la distribuzione e compensazione delle differenze di condizioni, sia per la captazione pubblica dei plusvalori connessi alle trasformazioni urbane.

Il prodotto ultimo della presente ricerca è la messa a punto di un metodo analitico, oggettivo e replicabile per l’analisi e la mappatura a scala urbana della rendita differenziale.

La tesi è strutturata in tre parti: nella prima si affronta il tema della rigenerazione urbana sotto il profilo terminologico e contenutistico interrogandosi su cosa possiamo opportunamente riferire alla nozione di rigenerazione urbana e quali, su queste basi, sono le sue potenzialità. A corredo di questa riflessione è presentata una ricognizione normativa della rigenerazione nelle disposizioni nazionali e regionali vigenti.

Nella seconda parte è esaminata la rendita urbana sotto il profilo teorico ed elaborato il metodo per la mappatura (U.M.R).

Nell’ultima parte si propone un caso studio, la città di Grosseto, per la verifica della applicabilità del metodo e della sua effettiva affidabilità.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi

PARTE PRIMA

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 2

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 3 Le parole sono importanti!

(Nanni Moretti)

1.1 Recupero e rigenerazione: un intreccio tra sinonimi e contrari

Il termine Rigenerazione Urbana ha avuto negli ultimi anni, quelli successivi alla crisi economica, una rapida diffusione, suscitando l'unanime interesse da parte di urbanisti, sociologi, economisti, politici, amministratori e cittadini. Una diffusione tanto rapida e caratterizzata da così diverse figure che non ha consentito di addivenire ancora oggi ad un significato condiviso ed univoco del termine, che al contrario viene utilizzato in maniera del tutto polisemica, con connotati diversi quando non addirittura divergenti l'uno dall'altro. La rigenerazione, in questa nebulosa di opinioni, rischia di diventare una sorta di brand, di marchio utile a rinnovare e sdoganare vecchie e consolidate prassi finendo poi per per cedere il passo ad ulteriori nuovi e fortunati termini.

Non è cosa nuova che l’urbanistica sia soggetta all’avvicendamento delle “mode”

soprattutto in ambito lessicale. Se guardiamo la presenza di alcuni termini sul vasto mare magnum di internet (fig 1) appaiono piuttosto evidenti le diverse dinamiche le diverse reciproche fortune.

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2010" 2011" 2012" 2013" 2014"

rigenerazione"

sostenibilita'"

smart"city"

consumo"di"suolo"

Figura 1 - Presenza dei termini urbanistici in internet. Valori normalizzati al 2010. (Indagine dell’autore)

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 4 Affinché la rigenerazione venga strappata alla pura innovazione lessicale e divenga una reale occasione di riforma del panorama urbanistico, appare dunque necessario il tentativo di sistemizzare e codificare il termine distinguendolo da altri analoghi e di più consolidato utilizzo; ciò non al solo scopo di operare una chiarificazione meramente linguistica ma soprattutto per tracciare l'ambito di studio, individuarne i limiti e facilitare il confronto tra le diverse esperienze, ovvero rendere utile ed efficacie la rigenerazione urbanistica.

periodo 1950’ 1960’ 1970’ 1980’ 1990’

Recostruction Revitalisation Renewal Redevelopment Regeneration

Strategie Ricostruzione e espansione di aree obsolete e danneggiate

Continuazione delle politiche degli anni 50.

Crescita delle periferie.

Primi tentativi di riabilitazione funzionale

Attenzione al recupero di aree circoscritte e isolati. Prosecuzione dello sviluppo periferico

Ulteriori forme di sviluppo e recupero.

Progetti pilota al di fuori dei piani urbanistici

Tendenza verso l’integrazione tra azioni urbane e politiche.

Attori Governi nazionali e locali; imprese operanti nel settore pubblico

Tendenza ad un maggior equilibrio tra pubblico e privato

Crescita del ruolo del settore privato e decentramento dell’attività ai governi locali.

Enfasi sul settore privato e sulle agenzie speciali. Crescita delle formule partenariali.

Partnership come approccio dominante

Ambito Livello locale e puntuale

Livello territoriale Livello regionale e locale nella fase iniziale con una tendenza successiva alla delocalizzazione

All’inizio del decennio concentrazione sul livello puntuale.

Successivamente alla scala locale.

Approfondimento del livello strategico, crescita degli studi regionali.

Obiettivi economici

Investimento di fondi e risorse pubbliche

Continuazione delle azioni degli anni 50

con crescente

influenza dell’investimento privato

Ristrette risorse pubbliche e crescita dell’investimento privato

In prevalenza settore privato con fondi pubblici limitati a specifici settori

Maggior equilibrio tra pubblico, privato

e fondi di

investimento.

Contenuti sociali

Miglioramento degli standard di residenza e servizi

Miglioramento sociale e del welfare

Azioni basate sulle comunità e contrasto alla povertà.

Supporto dello stato limitato all’attivazione di processi di autorigenerazione sociale

Incremento del ruolo delle comunità

Approccio spaziale

Sostituzione di aree consolidate e sviluppo di periferie

Parziale riabilitazione delle aree esistenti

Aumento degli

interventi sulle aree urbane obsolete.

Incremento delle rilocalizzazioni e implementazione di nuovi progetti pilota.

Mantenimento degli ambiti spaziali esistenti

Approccio Ambientale

Paesaggio e aree verdi

Approccio selettivo Intensificazione delle azioni ambientali con alcune innovazioni di settore.

Approccio integrato all’ambiente

Introduzione del

concetto di

sostenibilità ambientale

Tabella 2 - L’evoluzione terminologica in Europa (Roberts, Sykes 2000)

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 5 La sostituzione terminologica che si sta compiendo in Italia non è nuova nel panorama europeo: i paesi anglosassoni, in particolare la Gran Bretagna, hanno affrontato un analogo percorso passando dal termine reconstruction, utilizzato negli anni '40 e '50 per descrivere la ricostruzione post-bellica delle città, al termine renewal ( Logan, Molotch 1987) impiegato per descrivere i primi interventi di sostituzione del patrimonio immobiliare industriale dismesso negli anni anni '60 e '70, fino alla regeneration degli anni '80 e '90 (Judd e Parkinson 1990; Fox, Goddard, de Jong 1991) coniato quando gli interventi di renewal iniziavano ad interessare parti sempre più estese di città e contemporaneamente intervenivano in maniera crescente sulla struttura sociale ed economica oltre che su quella morfologica e spaziale.

In un più generale contesto europeo è possibile distribuire l’evoluzione terminologica per ciascun decennio della seconda metà ‘900 (Tabella 1) (Roberts, Sykes 2000).

Un percorso terminologico che sembra essere perfettamente parallelo rispetto agli step della trasformazione sociale e politica: gli anni ’70 caratterizzati dalla recessione economica e dalla ristrutturazione industriale; gli anni ’80 dalla globalizzazione e dalla sempre maggiore difficoltà dei partiti politici di trasmettere ed organizzare la domanda sociale (Vicari Haddok, Moulaert 2009).

Dall’inizio degli anni ’90 un’accelerazione alla diffusione del termine rigenerazione è dato dalla Commissione europea, prima con il Green Paper on the urban Environment del 1990, varato per il riuso delle aree deindustrializzate, successivamente con il programma Urban e con l’European Spatial Development Perspective del 1999.

Tuttavia tra le motivazioni più profonde del nuovo corso delle trasformazioni urbane, imperniato appunto sulla rigenerazione, è forse da rintracciarsi nel progressivo affermarsi delle agende politiche neoliberali che hanno promosso strategie per l’individuazione di più redditizi usi dei suoli urbani attraverso il coinvolgimento di fondi e soggetti privati (Swyngedouw, Moulaert, Rodriguez 2002).

La rigenerazione è supportata per marcare il passaggio dal piano urbanistico tradizionale, caratterizzato da un verticismo pubblico, alle nuove forme di cooperazione partecipata pubblico-privato.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 6 In Italia, se si esclude il termine ricostruzione, ormai desueto e utilizzato fino agli inizi degli anni '60 per descrivere, come nel caso inglese, gli interventi post-bellici, i termini di più consolidato uso che descrivono il set di strumenti di intervento sulla città esistente sono principalmente tre: la “Ristrutturazione urbanistica”, il “Recupero urbano” e la “Riqualificazione urbanistica”.

Il primo, la ristrutturazione urbanistica, è quello da più tempo legato al linguaggio normativo : la legge 1150 del 1942 e il più recente il Decreto del Presidente della Repubblica 380/2001, così definiscono quegli interventi “rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.“ A questa categoria è associabile ad esempio il progetto “Modena-ovest”

presentato in occasione di UrbanPromo 2012, dove un tessuto residenziale misto risalente agli anni '50 e '60 è sostituito da una edilizia più compatta e con caratteristiche costruttive ed energetiche innovative. Più in generale la ristrutturazione urbanistica definita come sostituzione di “tessuti” delinea interventi prevalentemente di natura infrastrutturale, sulle strade che costituiscono la trama di tali tessuti.

Il termine “recupero urbano” è utilizzato sia in un'accezione normativa e programmatica - è il caso ad esempio dei Programmi di Recupero Urbano previsti dalla legge n. 493 del 1993 - sia per individuare quegli interventi puntuali e localizzati di trasformazione e sostituzione immobiliare ed urbana. È quest'ultimo il suo significato più diffuso, utilizzato per descrivere la riconversione di strutture industriali inserite all'interno dei tessuti urbani o la ridefinizione di vuoti urbani: ex scali ferroviari, aree militari. È anche il termine che più comunemente viene associato (o meglio sarebbe dire confuso) con la rigenerazione urbana. A questa categoria possono essere infatti ricondotti molti recenti interventi, come è il caso ad esempio del recupero delle aree ferroviarie dismesse di Monaco di Baviera o di quelle de La Mina a Barcellona, che solitamente vengono citati tra gli esempi di rigenerazione.

La riqualificazione urbanistica è infine un termine solitamente legato alla progettazione urbana, meno codificato, più generico rispetto alla ristrutturazione urbanistica e al recupero urbano, utilizzato nei concorsi di progettazione per descrivere quegli interventi finalizzati al riassetto di interi quartieri o porzioni di città attraverso una

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 7 progettazione che può arrivare ad un livello architettonico di dettaglio. Rispetto al recupero urbano la riqualificazione urbanistica, pur nella indefinizione linguistica rilevata, presenta solitamente una minore incidenza in termini strategici e funzionali, operando prevalentemente sugli spazi pubblici attraverso la progettazione urbana.

Pur essendo caratterizzati da limiti tra loro sfumati e da molteplici sovrapposizioni ed intrecci, risulta possibile tracciare comunque elementi comuni:

•! localizzazione puntuale degli interventi. Intervengono su contesti circoscritti e delimitati (spesso murati): aree industriali, complessi pubblici, scali ferroviari etc;

•! contenuto numero di attori coinvolti. In maggioranza pubblici oppure sotto forma di partenariato pubblico-privato ma comunque caratterizzati dalla presenza di pochi soggetti privati strutturati (società, gruppi industriali, imprenditori etc.) e da un solo soggetto pubblico;

•! stretto controllo da parte di un soggetto decisore-pianificatore. La trasformazione opera attraverso due fasi distinte: la pianificazione e l'attuazione, all'interno di uno schema rigido e piramidale, costituito da norme e prescrizioni del tutto analoghe a quelle dei piani urbanistici convenzionali.

In questo quadro l’introduzione di un ulteriore termine – la rigenerazione - ha senso solo se attraverso di esso si riesce ad individuare una metodologia alternativa rispetto a quelle esistenti e soprattutto se rispetto ad esse riesce a porsi in maniera risolutiva nei confronti delle criticità emerse negli anni anni caratterizzati dalla crisi dei mercati immobiliari.

Le nuove politiche urbane, come vedremo, sono oggi chiamate a garantire il perseguimento degli obiettivi pubblici e il mantenimento del welfare urbano e sociale in un contesto di scarsità di risorse (pubbliche e private) senza precedenti.

Se in Europa i sistemi di acquisizione della rendita urbana hanno consentito all'investimento pubblico di essere un’integrazione di quello privato nella realizzazione dei servizi collettivi, in Italia la loro realizzazione e gestione è stata garantita unicamente dall'intervento pubblico, acuendo così le problematiche odierne derivate dalla sua riduzione.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 8 A questo si aggiunge la necessità, normativa e culturale, di garantire che tali politiche siano perseguite nella piena salvaguardia e con il coinvolgimento delle risorse naturali;

non è un caso che il tema della rigenerazione urbana, si veda il caso toscano, si sia formato attorno alle misure per il contenimento del consumo di suolo.

L'etimo del termine, derivato dal latino genus, nascita, suggerisce che la rigenerazione è un fenomeno complesso nel quale il binomio pianificazione-attuazione è sostituito da quello induzione-gestione. La rigenerazione urbana è indotta, una volta individuata la necessità e la potenzialità del contesto di riferimento, attraverso misure di pianificazione e valutazione capaci di avviare fenomeni trasformativi di natura spontanea e auto-sostenuta. Lo strumento urbanistico ne stabilisce forme e criteri generalizzati di sviluppo, limitando la pianificazione spaziale ai soli aspetti pubblici e collettivi che vengono realizzati mediante la captazione dei plusvalori originati da quelli privati. La rigenerazione urbana così definita si stende ed incide dunque non solo sui vuoti urbani e sulle aree dismesse, sarebbe altrimenti in tutto coincidente al recupero urbano, ma interessa i contesti consolidati, pubblici e privati, ancora funzionali (suscettibili di incrementi positivi delle loro prestazioni) e gli spazi pubblici di loro pertinenza, entro margini sfumati e dilatabili.

Le risorse sono individuate prevalentemente in seno ai soggetti attuatori che nella valorizzazione dei propri valori immobiliari contribuiscono al miglioramento e alla ridefinizione della città pubblica.

La rigenerazione opera dunque in maniera diffusa (Galluzzi, Vitillo 2008) attraverso un insieme di interventi di varia natura: da quelli micro-trasformativi (ad esempio quelli finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici o quelli finalizzati alla realizzazione di reti dati) a quelli macro trasformativi volti alla sostituzione di interi complessi urbani.

Lo spettro dei soggetti coinvolti risulta ampliato e diversificato, caratterizzato dalla compresenza dei tradizionali operatori economici strutturati (imprese, gruppi immobiliari etc) e da singoli privati o piccole imprese che devono tra loro interagire verso obiettivi comuni resi tra loro compatibili.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 9 Il binomio pianificazione/attuazione operante attraverso il progetto, che abbiamo visto caratterizzare i tradizionali interventi di recupero e riqualificazione, appare alla luce di tali considerazioni inadeguato a gestire e controllare tale complessità.

Ciò che distingue la rigenerazione dalle forme consuete di intervento sul patrimonio esistente è dunque la sua natura processuale e sistemica orientata ad innescare fenomeni di trasformazione diversificati e spontanei caratterizzati da interazioni tra soggetti di diversa natura. Una politica, e non un progetto, nella quale vengono coinvolte misure di intervento urbanistiche, fiscali, sociali, culturali ed economiche.

La rigenerazione, definita in relazione alle esigenze del contesto socio culturale sul quale essa interviene, dovrebbe essere caratterizzata da:

•! diffusione e multiscalarità degli interventi.

•! coinvolgimento di numerosi ed eterogenei soggetti.

•! ricorso a capitali a prevalenza privata.

•! natura processuale delle previsioni. Politica e non progetto

Approfondendo il paragone con le scienze biologiche, dalle quali il termine rigenerazione è stato originariamente mutuato, gli interventi tradizionali (ristrutturazione, recupero e riqualificazione) possono essere assimilati a quella che è definita rigenerazione per “epimorfosi”, ovvero per ricrescita. Il tessuto danneggiato è sostituito da un nuovo tessuto cellulare che si origina a partire da cellule indifferenziate (blastema rigenerativo) che prolificano e successivamente si differenziano. È questa una rigenerazione che prescinde dai tessuti esistenti, ai quali sostituisce un nuovo tessuto organico. In modo del tutto simile, in ambito urbano, le metodologie tradizionali di intervento operano attraverso la cancellazione delle strutture e dei tessuti esistenti creando successivamente un nuovo organismo urbano su un'area resa inedificata e defunzionalizzata. Le risorse con le quali tali interventi vengono operati sono risorse pubbliche (cellule indifferenziate) chiamate a “differenziarsi” nelle diverse strutture previste dal progetto.

Al contrario la rigenerazione urbana così come sopra delineata può paragonarsi alla rigenerazione detta in ambito biologico “morfallassi” o per riorganizzazione, ovvero quella rigenerazione che coinvolge le strutture cellulari esistenti attraverso un ciclo di

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 10 de-differenziazione, migrazione, ri-differenziazione delle cellule: dalle cellule esistenti vengono prodotte cellule indifferenziate che successivamente vengono trasferite e specializzate. In ambito urbanistico sono le parti esistenti e ancora funzionali che generano le risorse (cellule indifferenziate) destinate a specializzarsi e a ricoinvolgere le parti esistenti stesse.

Un ruolo, quello della rigenerazione così interpretata (fig 2) che non ha strumenti ed effetti paragonabili a quelli già presenti nella cassetta degli strumenti dell’urbanista e che dunque può adempire ad un ruolo proattivo negli attuali scenari, tolta dal limitante ruolo di sinonimo.

Figura 2 - Modelli di rigenerazione a confronto. A sinistra la rigenerazione “del recupero, a destra la rigenerazione diffusa.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 11 1.2 Le scale della rigenerazione urbana

Per comprendere il ruolo svolto fino ad oggi dalla rigenerazione è utile esaminare alcuni interventi ritenuti paradigmatici dei diversi approcci riconosciuti in ambito internazionale.

Solitamente essi vengono categorizzati in base al contributo disciplinare prevalente:

rigenerazione fisica, quella di architetti ed urbanisti; rigenerazione economica, quella degli economisti e più in generale del settore pubblico; rigenerazione sociale e culturale, quella dei sociologi e degli operatori sociali.

Si è tuttavia diffusa, a partire dagli anni ’90, la convinzione che la rigenerazione debba necessariamente ricomprendere una serie di interventi integrati: fisici, economici e sociali. Una convinzione che è stata assunta anche in ambito europeo e che si rispecchia nei diversi programmi integrati varati dall’Unione, un esempio per tutti: le due edizioni del programma Urban.

Appare semmai interessante per l’obiettivo della ricerca esaminare e riflettere sulla dimensione della rigenerazione urbana e soprattutto sulla scala degli interventi che la connotano; per questo motivo si è scelto di ordinare la breve analisi qui proposta secondo le categorie che definiscono gli interventi edilizi. Per semplicità - e con qualche intento provocatorio - sono dunque individuate tre classi di rigenerazione:

-! la rigenerazione della sostituzione -! la rigenerazione della ristrutturazione -! la rigenerazione della manutenzione

1.2.1 La rigenerazione della sostituzione

Parafrasando la normativa edilizia, definiremo così quegli interventi che sostituiscono un tessuto urbano esistente con uno con caratteri del tutto nuovi. Questo tipo di intervento, o meglio questa scala, è quella che più frequentemente (ed impropriamente) viene associata agli interventi di rigenerazione. In realtà essa ha caratteristiche difficilmente riconducibili agli interventi sull’esistente, proprio perché fa della sua eliminazione l’operazione propedeutica.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 12 Quella della rigenerazione della sostituzione è dunque in tutto assimilabile ad una nuova edificazione, alla costruzione fisica e funzionale di un nuovo sub-organismo urbano, che prescinde in molti casi dall’operare in un contesto consolidato.

Numerosissimi sono in questo ambito gli esempi. A questa categoria appartiene uno dei progetti bandiera della sostenibilità e della rigenerazione a scala urbana: il quartiere Vauban a Freiburg.

Si tratta di un’area poco inferiore ai 40 ettari (figure 3 e 4) sulla quale dal 1938 era ospitata una caserma militare dismessa nel 1992 dopo il ritiro delle truppe francesi dalla Germania, ed acquisita successivamente nel 1994 dall’amministrazione pubblica.

L’idea, allora pionieristica, fu quella di creare un nuovo quartiere che fosse in linea con gli indirizzi della sostenibilità ambientale, caratterizzato da un’alta efficienza energetica, dall’utilizzo di fonti rinnovabili, da una diffusa infrastrutturazione pubblica e dall’applicazione di modelli di progettazione partecipata.

figura 3 - La caserma Vauban agli inizi degli anni ‘90

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 13 Alla preesistente caserma viene sostituito un quartiere con una densità edilizia medio- alta dotato di ampi spazi verdi e aree pubbliche, suddiviso in lotti di differenti dimensioni (dai 162 mq ai 5400mq) per garantire una diversità dell’offerta abitativa ed una migliore partecipazione dei soggetti privati all’intervento.

figura 4 - Il quartiere Vauban oggi.

Il Vauban diventa rapidamente un modello di integrazione tra le diverse scale della sostenibilità: tecnologica, architettonica ed urbana, oltre che il modello di un nuovorapporto tra residenza e viabilità.

Divine rapidamente anche un’efficace vetrina capace di dimostrare le potenzialità della riconversione di aree urbane e di come questa possa prefigurare nuove e più rispettose forme di urbanizzazione. Il Vauban apre e sperimenta un più articolato ruolo della riconversione urbana, non più teso al semplice completamento di un vuoto quanto alla definizione di un modello di riconversione dell’intero organismo urbano.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 14 figura 5 - La tipologia edilizia del quartiere Vauban

Alla stessa scala urbana si collocano altri due progetti associati frequentemente alle politiche di rigenerazione: l’Ørestad a Copenhagen e la più recente riconversione dell’area Michelin a Trento.

Il primo caso rappresenta (fig. 6) un intervento di rigenerazione finalizzato alla costruzione di un nuovo driver per lo sviluppo della regione dell’Øresund, divenuta nel tempo un importante centro direzionale. In questo caso il corpus degli interventi, sviluppato quasi interamente su di un’area inedificata, svolge la propria funzione

“rigeneratrice” ad una scala sensibilmente più ampia. Gli interventi di nuova edificazione previsti sono infatti destinati a coprire il costo di realizzazione della nuova linea della metropolitana: un completamento del Finger Planen del 1947, e a riattivare e riqualificare i quartieri residenziali limitrofi. L’ Ørestad, insieme al Klimakvarter di St.

Kjeld, rientra nel programma Kvarterløft, finalizzato a recuperare cinque quartieri della inner city. Una peculiarità interessante è il ruolo attribuito agli interventi di

“rigenerazione” nella gestione del ciclo delle acque: sia l’ Ørestad che il Klimakvarter di

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 15 St. Kjeld prevedono l’incremento della capacità drenante finalizzata al controllo degli allagamenti dovuti all’aumento delle precipitazioni.

figura 6 - il quartiere Ørestad a Copenhagen

La riconversione dell’area Michelin a Trento (fig 7) con la realizzazione del quartiere residenziale “Le Albere” - con annesso il Museo delle Scienze (entrambi su progetto di RPBW) – è un intervento tipico di recupero di un’area industriale dismessa. Anche in questo caso il termine rigenerazione urbana, che frequentemente lo descrive, appare quanto mai improprio. L’area si estende per circa 12 ettari, sui quali fino al 1998 era insediato lo stabilimento industriale della Michelin; a partire dallo stesso anno l’area viene acquisita da una società pubblico-privata che ne sviluppa il masterplan, la progettazione e la realizzazione, ultimata nel 2013. Lo stabilimento industriale è completamente sostituito da un nuovo quartiere residenziale, realizzato con elevate caratteristiche architettoniche e tecnologiche. Anche qui come nell’ Ørestad, la rigenerazione urbana interessa non tanto l’area degli interventi, assimilabile in tutto alla nuova costruzione, quanto l’intorno urbano, con il quale il nuovo quartiere è urbanisticamente connesso.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 16 figura 7 - L’area Michelin durante la costruzione del quartiere “Le Albere”

La rigenerazione urbana alla scala degli interventi brevemente sopra esaminati appare del tutto analoga ai tradizionali interventi di recupero edilizio che hanno caratterizzato le città industriali a partire dagli anni 80. Se da una parte è indubbio l’effetto rigenerativo che tali interventi manifestano alla scala urbana e territoriale, è pur vero che l’attribuzione del termine “rigenerazione” si configura più come una scelta di marketing che come una reale connotazione delle forme di intervento utilizzate.

1.2.2 La rigenerazione della ristrutturazione

Sotto questa famiglia possono essere raggruppati quegli interventi che modificano in maniera sostanziale alcune parti di città senza tuttavia prevedere l’eliminazione delle strutture fisiche ed organizzative già presenti. Nel panorama europeo sono numericamente più ridotti ma appaiono assai più aderenti alla filosofia della rigenerazione tracciata in precedenza. Le strategie più ricorrenti sono quelle della densificazione, della diversificazione tipologica e della diversificazione funzionale.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 17 Alcuni degli esempi paradigmatici di questa scala sono quelli francesi nati all’interno dei programmi di riqualificazione dei grand ensembles popolari degli anni cinquanta e sessanta. Nel corso degli anni questi quartieri monofunzionali, nati sulla scia del razionalismo, dell’industrializzazione edilizia e dello zoning, hanno manifestato rilevanti fenomeni di degrado fisico e sociale; i primi derivati dalle scadenti tecnologie costruttive e tipologiche e i secondi dalla segregazione sociale e dall’assenza di una identità urbana.

L’impossibilità di sostituire completamente l’edificato - data dall’assenza di risorse e soprattutto dalla permanenza degli abitanti– ha fatto sì che si individuassero forme di intervento parziali, realizzabili a stralci e con il coinvolgimento della popolazione residente.

Figura 8 - Gli interventi di rigenerazione del quartiere de Les flamants. (Antoine Grumbach associates)

È quello che è successo nel quartiere de Les flamants, a Marsiglia (fig 8), un quartiere di edilizia popolare realizzato nel 1970 e articolato in 6 blocchi residenziali per un totale di 600 appartamenti. L’intervento di rigenerazione ha previsto l’abbattimento di uno dei blocchi e la riqualificazione – esterna ed interna – di quelli rimanenti (fig 9 e 10); nelle

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 18 aree liberate sono state costruite tipologie residenziali meno intensive e un tessuto di servizi e negozi.

Figura 9 - Gli interventi di demolizione del quartiere de Les flamants. (Antoine Grumbach associates)

Figura 10 - Progetto del quartiere de Les flamants. (Antoine Grumbach associates)

Le aree verdi sono state riqualificate e gli spazi condominiali sono stati trasformati in strade e piazze pubbliche. Da un punto di vista architettonico gli edifici sono stati diversificati e caratterizzati, rompendo la rigida impostazione razionalista.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 19 Con gli stessi obiettivi sono i progetti per il recupero della ZUP di Perseigne ad Aleçon, il recupero della ZUP di Béthoncourt e il progetto per il recupero dei quartieri prefabbricati di Hellersdorf vicino a Berlino, tutti curati dal belga Lucien Kroll.

Questi ultimi tre progetti – i primi due realizzati – caratterizzati da un’architettura eclettica e fortemente provocatoria, mirano alla riqualificazione attraverso forme vernacolari dei quartieri funzionalisti francesi e tedeschi. La rigenerazione parte dalla scala architettonica per arrivare a quella urbana: la riduzione degli spazi geometrici in strade e piccole piazze, l’articolazione prospettica con passaggi in quota e terrazze, la modifica della geometria delle coperture contribuiscono alla formazione di un’edilizia riconoscibile e familiare, costruita con la partecipazione degli abitanti.

In particolare l’ultimo, il recupero dei quartieri prefabbricati di Hellersdorf, prevede l’avvio di un processo di rigenerazione distribuito su un arco temporale di oltre 20 anni nei quali i singoli abitanti possono costruire con sistemi modulari le addizioni previste dal progetto.

Figura 11 - Schema progettuale per il recupero dei quartieri di Hellersdorf, Berlino ( Lucien Kroll).

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 20 Il coinvolgimento dei soggetti privati, la varietà della scala degli interventi, oltre al vasto spettro delle discipline coinvolte, ascrive questi esempi a quelli tra i più significativi per una più complessa declinazione della rigenerazione urbana. Prescindendo dallo specifico linguaggio architettonico queste forme di intervento rivestono notevole interesse perché incidono diffusamente sulla qualificazione e sulla valorizzazione immobiliare, che è come vedremo uno dei temi più attinenti alla presente ricerca.

1.2.3 La rigenerazione della manutenzione

Esiste infine un’ultima scala della rigenerazione che è quella definibile come

“manutentiva” ovvero che incide solo sullo stato di conservazione degli immobili e delle dotazioni pubbliche senza comportare modifiche alla loro consistenza strutturale.

Vedremo più avanti come anche lo stato di conservazione del singolo edificio possa incidere sulla valorizzazione di quelli circostanti e come un programma diffuso di interventi manutentivi possa portare ad un intervento organico di rigenerazione fisica, sociale ed economica. Gli esempi di rigenerazione manutentiva sono molti, anche se molto spesso non ricondotti, almeno da un punto di vista lessicale, alla rigenerazione.

Uno dei più noti e storicamente consolidati è il Piano PEEP per il centro storico di Bologna elaborato nel 1973.

Questo piano, specificazione del piano del centro storico del 1969, utilizza gli strumenti messi a disposizione dalla legge 865 del 1971, in particolare l’esproprio per pubblica utilità, per realizzare interventi di edilizia residenziale pubblica e convenzionata all’interno di contesti privati ritenuti degradati. L’azione messa in atto è sostanzialmente quella del recupero per comparti attraverso la ridefinizione delle tipologie edilizie e la redistribuzione della popolazione già insediata in unità abitative adeguate e assegnate a canoni d’affitto concordati. Prima che un piano edilizio-urbanistico, il PEEP di Bologna assume il carattere di un programma sociale per il mantenimento delle fasce di popolazione debole all’interno dei centri storici (De Angelis 2013), sottolineando la valenza sociale e culturale del recupero. Il piano è spesso associato agli interventi di restauro e recupero urbano ma la sua valenza strategica e la complessità delle azioni messe in gioco delinea un intervento di rigenerazione urbana ante litteram.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 21 Figura 12 - I cinque comparti scelti per il Piano per l’edilizia economica e popolare (PEEP –Centro Storico) 1973.

Alla stessa scala di intervento si pongono gli interventi attuati negli ultimi 30 anni sui Sassi di Matera: in questo caso gli interventi di manutenzione e recupero, avviati definitivamente con la legge 771 del 1986 e con i successivi piani biennali, hanno consentito la riattivazione di un circuito turistico e culturale culminato con l’assegnazione del titolo di Capitale europea della cultura per il 2019 e dunque una rigenerazione urbana puntuale m con un ampio spettro di effetti.

Anche in Europa non mancano esempi nei quali la riqualificazione urbana è stata ottenuta mediante la qualificazione del patrimonio edilizio senza particolari interventi sulla struttura della città pubblica. Molti riguardano i quartieri di edilizia popolare nati secondo la logica formale e organizzativa del funzionalismo.

Un esempio noto è quello della riqualificazione del Complex 50 en 117 ad Amsterdam Osdorp, nel quale lungo le facciate sono state realizzate nuove pertinenze (balconi e logge) e sulla copertura nuovi alloggi duplex o quello edifici sulla Goethstrasse nei quali la trasformazione tipologica da edificio a blocco ad edificio a schiera ha permesso

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 22 la reintroduzione di fasce di popolazione a più alto reddito ed una complessiva riqualificazione del quartiere.

Figura 13 – Riqualificazione del complex 50 en 117 Amsterdam Osdorp (Van Shagen Architekten)

Figura 14 – Riqualificazione del complesso residenziale in Goethestrasse, Leinefelde (Forster)

Ciò che interessa evidenziare è come la rigenerazione possa intervenire radicalmente non solo nelle aree dismesse ed abbandonate ma anche in contesti consolidati ed ancora funzionali. È anzi in questi ultimi, che costituiscono la maggioranza del patrimonio immobiliare urbano, che una nuova forma di rigenerazione può rivestire un ruolo economicamente rilevante ed alternativo alla nuova edificazione.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 23 1.3 UNA NUOVA CORNICE PER LE TRASFORMAZIONI URBANE

Il tema della rigenerazione urbana ha guadagnato uno spazio all’interno del dibattitto urbanistico in ragione dei mutamenti che hanno caratterizzato il panorama economico, sociale e culturale degli ultimi 30 anni.

La premessa a tutto è stata l’evoluzione ed il consolidamento di una consapevolezza ambientale, non più rivolta ad isolati temi (i rifiuti, l’inquinamento dell’aria, la salvaguardia delle specie animali etc) ma sempre più attenta alla natura sistemica dell’ambiente, naturale ed umano. Alla lettura ecologica della sostenibilità si sono sostituite interpretazioni multidimensionali della sostenibilità (Giaoutzi, Nijkamp 1993) comprendenti gli aspetti economici e sociali.

Questo ha permesso di passare da una logica della “mitigazione” degli effetti ad una logica cooperativa tra intervento umano ed ecosistema ambientale, operante non più ex post rispetto alle trasformazioni ma ex ante nella fase progettuale e strategica.

Figura 15 - Le dimensioni della sostenibilità. (Giaoutzi, Nijkamp 1993)

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 24 L’ambito urbanistico, inizialmente estraneo al dibattito sulla sostenibilità, ha presto guadagnato una posizione preminente nelle riflessioni, e nelle imputazioni, sui nuovi modelli di consumo ambientale. L’iniziale attenzione ai costi energetici della città in relazione alla qualità edilizia dei manufatti si è negli ultimi decenni spostata verso i costi complessivi dei modelli urbani (Gibelli 2006; Fregolent, Tonin 2011) ricercando nuove forme di gestione e controllo (Fregolent 2005)

Tra gli effetti della trasformazione urbana, indotti da dinamiche di mercato in costante crescita dagli anni ’70 fino al 2006, quello dal maggior impatto in termini visuali oltre che sistemici è stato senza dubbio il consumo di suolo, ovvero la crescita degli usi urbani a scapito delle aree agricole e naturali.

Già nel rapporto dell’European Environmental Agency (EEA) del 2005 “The European Environment. State and Outlook” sono individuati tra le ragioni dell’espansione urbana alcuni aspetti riconducibili ai valori agricoli e, come vedremo nel capitolo 2 alla rendita urbana: “..il prezzo estremamente basso dei suoli agricoli comparati a quelli dei suoli già urbanizzati o di aree industriali dismesse, rappresenta un ulteriore fattore che alimenta lo sprawl urbano. In molti progetti di sviluppo il costo per l’acquisizione di suoli agricoli è relativamente basso e consente di realizzare profitti più elevati rispetto all’uso di aree già urbanizzate o di siti industriali dismessi, anche quando non ne sia richiesta la bonifica”

La consapevolezza degli impatti e dei costi collettivi del modello disperso, unitamente alla disponibilità di un patrimonio edilizio residuo della deindustrializzazione, ha permesso in Italia, e precedentemente nei paesi europei più industrializzati, la diffusione del tema della rigenerazione come alternativa al consumo di suolo.

In ultima analisi la rigenerazione è apparsa, almeno fino ad oggi, legata alle ragioni della sostenibilità ambientale e declinata come strumento per il contenimento del consumo di suolo.

Il ruolo della rigenerazione urbana appare oggi profondamente mutato in conseguenza del nuovo contesto economico scaturito dalla crisi economico-finanziaria nata proprio in seno al mercato immobiliare statunitense. Essa non è più chiamata ad essere esclusivamente un’alternativa alla nuova edificazione, finalizzata al contenimento del

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 25 consumo di suolo ma, come vedremo, si configura sempre di più come una misura strategica per il mantenimento dell’investimento urbano pubblico e privato.

1.3.1 Mercato

Gli effetti della crisi economica in campo immobiliare, da alcuni anni registrati con chiarezza e ridondanza di dati, hanno comportato conseguenze sottili e profonde su ambiti diversi, così da modificare il quadro complessivo delle dinamiche insediative e investendo il processo di pianificazione.

Non si può negare che ormai da oltre vent’anni esigenze e scelte di natura economica abbiano assunto un rilievo pressoché totalizzante, di fatto imponendo temi e problemi all’agenda del dibattito urbanistico, e che questa loro decisiva influenza risulta addirittura ingigantita, dal 2008 in poi, in conseguenza della crisi. Basti pensare al processo di finanziarizzazione della produzione edilizia - progressivamente sottratta fino dai primi anni ’90 all’obiettivo del soddisfacimento di una domanda effettiva di beni di utilizzo e consumo e massicciamente alimentata da strategie e attese di remunerazione finanziaria, o alla più recente evaporazione di queste attese e al conseguente crollo degli investimenti nel settore immobiliare.

La tesi secondo cui negli ultimi anni fattori di natura economica abbiano determinato conseguenze epocali in ambito urbanistico e pianificatorio suggerisce di indagare sul principale anello di trasmissione fra l’attività di produzione edilizia e la pianificazione delle espansioni urbane, ovvero sul valore economico dei terreni edificabili. È infatti nella destinazione del suolo rurale all’utilizzazione urbana che avviene la sua elevazione a risorsa limitata, tale da generarne la remunerazione in forma di rendita.

A questo va aggiunto che il valore delle aree edificabili è stato fino ad oggi, e lo sarà in futuro, l’elemento che connota l’espansione urbana come competitor della rigenerazione. Un attivo mercato delle aree edificabili, ovvero la formazione di extraprofitti derivanti dalla conversione di terreni agricoli in terreni edificabili, si configura nei fatti come caratteristica economica resistente alla rigenerazione urbana.

Osservare il profilo economico dell’utilizzazione di una porzione di suolo per l’edificazione comporta la sua assunzione come bene strumentale per la realizzazione di fabbricati, e in tale veste il suo inserimento all’interno della filiera della produzione

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 26 edilizia. Come per ogni altro fattore di produzione, è quindi corretto determinarne il valore assumendo come criterio di stima il suo valore di trasformazione, definito come il valore di mercato del bene prodotto (l’edificio), depurato dall’insieme degli altri costi di produzione e dall’importo corrispondente al profitto dell’imprenditore. In una visione economica classica, una simile assunzione corrisponde al riconoscimento al valore del suolo di una natura residuale, pari cioè all’importo residuo che lo stesso imprenditore è in condizione di pagare al proprietario del suolo per la sua disponibilità, dopo aver sottratto al ricavo della vendita degli edifici i costi della loro realizzazione ed il suo normale profitto. In forma analitica:

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nella quale Pv è il prezzo di vendita di ciascuna unità immobiliare, Zp il profitto del promotore l’intervento di realizzazione, Ourb l’insieme dei oneri concessori, Curb il costo di realizzazione delle stesse opere di urbanizzazione, Cc il costo di costruzione dei fabbricati, St le spese tecniche e di progettazione, Scom le spese di commercializzazione, Imp l’importo complessivo delle imposte ed I l’ammontare degli interessi.

L’osservazione dell’andamento delle variabili che concorrono alla determinazione del valore di trasformazione del suolo, dalla metà del decennio scorso fino al momento attuale, è attesa fornire indicazioni utili a comprendere la dinamica esaminata.

Ormai da alcuni anni i dati dei prezzi di vendita delle unità immobiliari con destinazione residenziale mostrano con evidenza un andamento costantemente negativo, registrato con attenzione e preoccupazione da parte degli operatori, all’andamento negli ultimi 30 anni del reddito delle famiglie è qui sovrapposta l’andamento del mercato immobiliare, rappresentato dal complesso degli investimenti nelle costruzioni edilizie e dal numero delle transazioni normalizzate, assumendo come base di riferimento, per ciascuno di tali indicatori, il valore rispettivamente registrato nel 1985. Esula dalle finalità della presente ricerca la discussione ed il commento di tali dati, desunti da rilevamenti Istat e dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare; emerge tuttavia con evidenza come

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 27 nell’arco temporale di un trentennio, il reddito reale delle famiglie italiane abbia conosciuto una misurata ma costante crescita fino al 2007, anno di inversione della tendenza positiva.

Figura 16 - Andamento del mercato immobiliare in Italia fra il 1985 ed il 2013 (elaborazione su dati ISTAT e OMI – valori 1985 = 100)

L’andamento del numero delle transazioni normalizzate (ovvero ponderate rispetto all’effettiva quota di proprietà oggetto di compravendita) segue ed enfatizza quello degli investimenti immobiliari: ha un punto di massimo nel 1991 (558.000 NTN) ed uno, ben più elevato, nel 2006, quando il numero delle transazioni sfiora le 900.000, ben oltre il doppio del risultato del 2013. Rispetto all’andamento del numero delle transazioni, che riproduce fedelmente la vivacità del mercato immobiliare, quello dei prezzi delle abitazioni risulta evidentemente correlato e temporalmente sfalsato, riproducendone ed enfatizzandone le tendenze con un ritardo di circa due anni; i momenti di picco dei prezzi medi appaiono il 1993 ed il 2008, punto di massimo assoluto della curva. Dal 2008 al 2013 i prezzi nominali risultano costantemente in ripida discesa, con un calo complessivo quantificabile oltre al 20 %.

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 28 È da osservare che il decremento risulterebbe ancora più macroscopico se si prendessero in considerazione i prezzi reali di compravendita, computati al netto della (pur modesta) inflazione degli ultimi anni. Qui è stata tuttavia riportata la curva dei prezzi nominali allo scopo di agevolarne la sovrapposizione ed il confronto con l’andamento dei costi di costruzione (fra i quali rientrano evidentemente anche i costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione), anch’essi disponibili al lordo degli effetti dell’inflazione. Nello stesso arco di tempo trentennale, questi mostrano un incremento pressoché costante, così da apparire, anche dopo il 2007, sostanzialmente indifferenti rispetto all’andamento congiunturale del mercato immobiliare.

Figura 17 - Mercato immobiliare, prezzi nominali e costi di costruzione in Italia fra il 1985 ed il 2013 (elaborazione su dati ISTAT e OMI – valori 1985 = 100), confrontati con l’andamento del PIL pro-capite

Per quanto riguarda i cosiddetti contributi concessori (dal DPR 380/2001 più propriamente denominati contributi di costruzione), recenti e dettagliati studi (Agnoletti, Ferretti, 2014) hanno evidenziato come anche la loro entità sia andata lievitando nel corso negli ultimi anni. In particolare, la quota proporzionale ai costi sostenuti per l’edificazione segue ovviamente le variazioni dei costi effettivi di costruzione, e non stupisce quindi che il suo trend corrisponda sotto il profilo qualitativo all’andamento già

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 29 menzionato al punto precedente, tendenzialmente costantemente in crescita. Per di più, si rileva come anche negli anni di crisi il contributo di costruzione risulti in sensibile aumento anche con riferimento ai valori unitari, ovvero per unità di volume autorizzato:

nel triennio 2009/2011 in Italia sono stati imposti valori medi del contributo di costruzione pari a 13,9 €/mc, rispetto ai 10,2 €/mc registrati nel triennio 2003/2005 (Agnoletti, Ferretti, 2014).

L’andamento diacronico della variabile che riproduce il peso dell’imposizione fiscale ha naturalmente caratteristiche di discontinuità, in ragione dell’introduzione, della presenza e della modulazione nel tempo dei diversi contributi. È d’altra parte significativo – ancorché evidentemente prevedibile - che gli anni di introduzione delle principali imposte sugli immobili, ovvero rispettivamente il 1993 per l’ICI (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) ed il 2012 per l’IMU (D.Lgs. 6 dicembre 2011, n. 201) corrispondano in effetti (lo si osserva con chiarezza nelle figure precedenti) a momenti di flessione del mercato immobiliare, attestati dal crollo del numero delle compravendite (NTN). Per quanto riguarda la base imponibile ai fini del calcolo dell’IMU, il riferimento per i fabbricati è la rendita catastale, in aumento a seguito delle rivalutazioni introdotte dalle leggi 662/1996 e 214/2011; ed è evidente che l’incremento del carico fiscale che ne consegue risulta fra i fattori della contrazione della appetibilità e della domanda degli immobili sul mercato; ciò che concorre, in definitiva, al calo del loro prezzo di vendita, già osservato in precedenza. Per quanto invece si riferisce ai terreni edificabili, la base imponibile è per legge il “valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione” (art. 5 L. 214/2011); al riguardo, si rileva che molti comuni hanno emanato specifiche delibere di indicazione di tali valori di riferimento, anche se è da osservare che gran parte dei valori indicati appaiono in effetti ancorati alla situazione del mercato immobiliare antecedente alla crisi, tanto da risultare sensibilmente sovrastimati rispetto alla situazione attuale e tali da condurre ad importi IMU più elevati.

Tuttavia, l’aspetto che pare meritare una particolare sottolineatura, fra le caratteristiche del carico impositivo, è la sua natura costante nel tempo, tale da gravare sulla filiera edilizia con continuità, distribuito sull’intero arco temporale della trasformazione territoriale. L’incremento del carico impositivo e la sua proporzionalità, come onere

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Indicatori economici per la rigenerazione urbana. La rendita differenziale come strumento di analisi 30 complessivo, rispetto alla durata dell’intervento di trasformazione fanno sì che alla variabile temporale debba essere riconosciuta una rilevanza decisiva: il protrarsi dei tempi, dal riconoscimento della edificabilità del suolo fino alla commercializzazione dei manufatti, non può infatti che erodere sensibilmente i margini di remuneratività degli interventi. Questo processo di erosione e la conseguente determinante importanza della variabile tempo sono stati di fatto incrementati dagli esiti del dibattito giurisprudenziale che si è sviluppato attorno alla definizione di area edificabile (Rusci 2015) contenuta nel D.lgs 504/1992. L'orientamento uscito come prevalente (sentenza della Corte di Cassazione n. 25506/2006), definito in letteratura “sostanzialistico”

(Morano, Manganelli 2014), riconosce che l'incremento di valore di un'area si manifesta con la sola previsione di trasformazione del piano generale adottato. A questo momento deve dunque risalire il passaggio dalla logica impositiva del reddito dominicale a quella del valore venale. In sostanza questo orientamento riconosce alla previsione strategica un ruolo conformativo in termini economici, nonostante questo stesso ruolo gli sia negato dal punto di vista urbanistico, essendo l’edificabilità possibile solo dopo l'approvazione dello strumento operativo o, dove necessario, di quello attuativo. In sostanza, il semplice avvio del procedimento amministrativo di trasformazione urbanistica di un terreno determina per lo stesso terreno anche l’avvio del parallelo processo di trasformazione economica, che ne comporta l’assoggettabilità alle stesse misure fiscali di un terreno effettivamente edificabile. Se si considera che nelle molte regioni in cui la normativa urbanistica distingue un piano strutturale da un piano operativo (variamente denominato), la stessa assunzione comporta che il riconoscimento della nozione di edificabilità a fini fiscali avviene con l’entrata in vigore del piano strutturale (piano strategico e non conformativo): ecco allora che il timer economico dell’operazione di trasformazione del suolo risulta spostato indietro, con il conseguente incremento di tempi e oneri. Non è qui la sede per una discussione critica di questa interpretazione, già curata altrove (Bisulli, Micelli, 2014), anche in riferimento alla corretta distinzione fra la fase strategica della pianificazione ed il suo momento conformativo della proprietà dei suoli; ciò che qui interessa è rilevare come questa comporti di fatto una rilevante dilatazione nei tempi economici dell’operazione di trasformazione del suolo. Una misura di tale dilatazione è fornita dall’esempio della

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