• Non ci sono risultati.

2- Gli Studi Societari: definizione, problematiche e rilevanza nel sistema finanziario

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2- Gli Studi Societari: definizione, problematiche e rilevanza nel sistema finanziario"

Copied!
57
0
0

Testo completo

(1)

135

2- Gli Studi Societari: definizione, problematiche e rilevanza nel sistema finanziario

In questo capitolo si esaminerà la figura dell’analista finanziario nel contesto dei mercati in cui si trova ad operare.

Nel primo paragrafo, essa verrà inquadrata a livello normativo, considerando le principali fonti legislative a riguardo e l’autoregolamentazione promossa dall’AIAF, l’associazione di categoria, e si confronterà la normativa italiana con quella americana (2.1).

In seguito, verrà descritto il processo di lavoro di un analista, sottolineando in particolare le fonti informative di cui egli si avvale e l’importanza di queste per l’efficacia del suo lavoro (2.2).

Si cercherà di definire il ruolo degli analisti all’interno dei mercati finanziari, andando ad esaminare le cause che li portano a seguire alcune società anziché altre, le determinanti della capacità informativa dei loro report e la reazione degli investitori ad essi (2.3).

Verrà ricordato come gran parte dell’attenzione sugli analisti finanziari sia dovuta ad alcuni scandali che li hanno riguardati e di conseguenza si tenterà di dare una sintesi dei numerosi conflitti di interesse e bias comportamentali che essi incontrano nella loro professione e che possono intaccare l’accuratezza delle loro analisi (2.4).

Infine, saranno forniti alcuni suggerimenti conclusivi per accrescere l’efficacia dell’impatto del lavoro degli analisti sul mercato (2.5).

2.1 Aspetti definitori e normativi

Fino a pochi anni fa, l’ordinamento giuridico italiano era privo di una definizione normativa di analista finanziario ed anche di una normativa organica che ne disciplinasse l’attività. In attesa di interventi legislativi precisi, il Tuf (Dlgs. n.

(2)

136

58/1998) e i regolamenti Consob si limitavano a disciplinare gli obblighi di

disclosure e di trasparenza presenti per tali soggetti.1

L’articolo 2 del Regolamento Banca di Italia/Consob del 29 Ottobre 2007 ha specificato al comma 1, lettera q), che deve intendersi come analista finanziario il

“soggetto rilevante che produce la parte sostanziale di ricerche in materia di

investimenti”.2 La lettera p) del medesimo comma identifica le categorie entro

cui ricadono i soggetti cosiddetti rilevanti.

L’articolo 27 riprende al comma 1 la definizione di ricerca in materia di

investimenti derivata dalla MiFID:3 “per “ricerca in materia di investimenti” si

intendono le ricerche o le altre informazioni che raccomandano o suggeriscono, esplicitamente o implicitamente, una strategia di investimento, riguardante uno o più strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari, compresi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti, destinate a canali di divulgazione o al pubblico, purché tali ricerche o informazioni:

a) vengano qualificate o descritte come ricerca in materia di investimenti o con termini analoghi, o vengano presentate come una spiegazione obiettiva o indipendente delle questioni oggetto della raccomandazione;

b) non costituiscano prestazione del servizio di consulenza4 in materia di

investimenti”.5

Con questo articolo l’analista finanziario assume una connotazione precisa e si differenzia dalla platea dei “soggetti che producono o diffondono ricerche o

1 Carozzi A., Gli obblighi di “disclosure” degli analisti finanziari”, Il Sole 24 Ore, Diritto e Società,

2006

2

Regolamento della Banca d’Italia e della Consob ai sensi dell’articolo 6, comma 2-bis, del Testo unico della finanza, 29 Ottobre 2007, art. 2, comma 1, lettera q)

3 AIAF, Associazione Italiana Analisti Finanziari, Banca d’Italia – Consob Disciplina di attuazione

dell’articolo 6, comma 2 bis, del Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n°58 - Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF). Risposta alla consultazione, Milano, 12

Ottobre 2007, p.2

4

Si consulti AIAF,12 Ottobre 2007, op.cit., p.2, per constatare la critica dell’AIAF alla specificazione presente nella lettera b) di tale articolo: secondo l’associazione, alla luce della normativa comunitaria in materia (MiFID), una raccomandazione indirizzata da un’impresa d’investimento ad un singolo cliente può essere classificata come “ricerca in materia di investimenti”, purché essa non presenti i caratteri di personalizzazione propri della consulenza. Sulla differenza tra le figure del consulente finanziario e dell’analista finanziario si veda: Di Castri S., I conflitti di interesse degli analisti finanziari: disciplina

statunitense, evoluzione della normativa comunitaria e prospettive nell’ordinamento italiano, Banca

Impresa Società, n.3, 2004, p.501-502

5 Regolamento della Banca d’Italia e della Consob ai sensi dell’articolo 6, comma 2-bis, del Testo unico

(3)

137

valutazioni, con l'esclusione delle società di rating, riguardanti gli strumenti finanziari indicati all'articolo 180, comma 1, lettera a), o gli emittenti di tali strumenti, nonché i soggetti che producono o diffondono altre informazioni che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di

divulgazione o al pubblico”, di cui all’ art 114, comma 8, del Tuf,6 modificato

dall’art. 14, comma 1, della legge sul risparmio (L. 28/12/2005, n.262).

Gli analisti finanziari si dividono comunemente in tre categorie7:

 sell side analyst  buy side analyst  indipendent analyst

“I primi tipicamente lavorano per conto di società di intermediazione, broker o dealer e la loro attività consiste nell’indirizzare le scelte di investimento dei clienti delle stesse; i secondi lavorano per conto di money manager istituzionali, ossia di soggetti che si occupano della gestione patrimoniale in monte e acquistano per conto proprio strumenti finanziari come fondi di investimento, hedge funds ecc., e la loro attività è volta a orientare le scelte di portafoglio di questi soggetti. Infine i c.d. indipendenti svolgono attività in conto proprio o per conto di soggetti che comunque non sono riconducibili a gruppi cui facciano

parte intermediari finanziari”.8

Il Regolamento emittenti della Consob, all’art. 69, detta disposizioni in materia di raccomandazioni, in particolare riguardo agli obblighi relativi alla corretta presentazione di queste e alla comunicazione di situazioni di conflitto di interesse. I soggetti devono produrre le raccomandazioni con diligenza, assicurando che:

 sia riportata in modo chiaro e visibile l'identità del soggetto responsabile della loro produzione, in particolare il nome e la funzione del soggetto che ha preparato la raccomandazione e la denominazione della persona giuridica responsabile della sua produzione. Nel caso in cui il soggetto pertinente sia un soggetto abilitato, la raccomandazione riporta l' identità

6 AIAF, 12 Ottobre 2007, op.cit., p.2

7 Carozzi A., 2006, op.cit., p.1, Di Castri S., 2004, op.cit., p.483 8

(4)

138

dell’autorità che ha rilasciato l’autorizzazione alla prestazione di servizi di investimento (art. 69)

 i fatti vengano tenuti chiaramente distinti dalle interpretazioni, dalle valutazioni e dalle opinioni

 tutte le fonti siano attendibili e qualora vi siano dubbi a riguardo, ciò venga chiaramente indicato

 le proiezioni, le previsioni e gli obiettivi di prezzo siano chiaramente indicati come tali e siano indicate le principali ipotesi formulate nell’elaborarli (art. 69-bis)

 siano indicati tutti i rapporti e le circostanze che possono essere ragionevolmente ritenuti tali da comprometterne l'obiettività, con particolare riguardo al caso in cui i soggetti pertinenti abbiano un rilevante interesse finanziario in uno o in più strumenti finanziari oggetto della raccomandazione o un rilevante conflitto di interesse derivante da rapporti con l'emittente. (art.69-quater)

In aggiunta alle suddette disposizioni, “qualora il soggetto pertinente sia un

analista finanziario indipendente, un soggetto abilitato, una persona giuridica collegata, un altro soggetto pertinente la cui attività principale consiste nella produzione di raccomandazioni, ovvero un loro dipendente o collaboratore, il

soggetto pertinente è tenuto ad assicurare almeno che nelle raccomandazioni”:9

 le più importanti fonti di informazione siano indicate in modo appropriato, assieme all'indicazione se la raccomandazione sia stata comunicata all'emittente e modificata a seguito di tale comunicazione prima della diffusione al pubblico;

 ogni elemento di base o ogni metodologia utilizzati per valutare uno strumento finanziario o un emittente strumenti finanziari o per fissare un obiettivo di prezzo di uno strumento finanziario venga riassunto in maniera adeguata;

 il significato di ogni raccomandazione formulata, quale "acquistare", "vendere" o "mantenere", venga adeguatamente spiegato;

9

(5)

139

 ogni eventuale rischio, ivi compresa un'analisi di sensibilità delle pertinenti ipotesi, venga segnalato in maniera appropriata;

 venga menzionata, se del caso, la prevista frequenza degli aggiornamenti della raccomandazione, nonché ogni modifica di rilievo della politica di copertura precedentemente annunciata;

 vengano indicate in modo chiaro e visibile la data in cui la raccomandazione è stata diffusa per la prima volta, nonché la data e l'ora cui si riferiscono tutti i prezzi degli strumenti finanziari menzionati;

 venga indicata in modo chiaro e visibile l’eventuale difformità con altre raccomandazioni emesse nel corso dei dodici mesi precedenti la sua pubblicazione, relative allo stesso strumento finanziario o allo stesso emittente; (art.69-ter)

Per i medesimi soggetti, l’art. 69-quinquies individua una serie di informazioni relative agli interessi ed ai conflitti di interesse, che devono essere riportate in modo chiaro e visibile all’interno delle raccomandazioni prodotte:

 la detenzione di partecipazioni significative (superiori al 2%) nell’emittente o viceversa;

 altri interessi finanziari rilevanti detenuti in rapporto all’emittente;

 se del caso, una dichiarazione dell’operatività come market maker o come

fornitore di liquidità per gli strumenti finanziari dell'emittente;

 se del caso, una dichiarazione attestante che nei precedenti dodici mesi il soggetto pertinente o le persone giuridiche collegate hanno svolto funzioni di lead-manager o di co-lead-manager nell'ambito di un'offerta pubblica di strumenti finanziari dell'emittente;

 se del caso, una dichiarazione attestante che il soggetto pertinente o le persone giuridiche collegate sono parte di un qualsiasi altro accordo con l'emittente relativo alla prestazione di servizi di finanza aziendale, ovvero relativo alla produzione della raccomandazione;

 se la remunerazione degli analisti che hanno preparato la raccomandazione sia legata ad operazioni di finanza aziendale effettuate dal soggetto pertinente o dalle persone giuridiche collegate;

(6)

140

 il prezzo al quale le azioni sono state acquistate e la data dell'acquisto, nel caso in cui tali persone abbiano ricevuto o acquistato le azioni dell'emittente prima di un' offerta pubblica di tali azioni.

Il medesimo articolo, al comma 2, prevede che i soggetti abilitati che producono raccomandazioni debbano comunicare al pubblico, attraverso il proprio sito internet, i meccanismi organizzativi e amministrativi adottati per evitare conflitti di interesse riguardo alle raccomandazioni e, a scadenza trimestrale, la percentuale delle raccomandazioni “acquistare”, “mantenere”, “vendere”, nonché per ognuna di tali categorie la percentuale degli emittenti ai quali i soggetti abilitati hanno fornito rilevanti servizi di finanza aziendale nei precedenti dodici

mesi.10

L’articolo 69-sexies disciplina il caso in cui un soggetto diffonda una raccomandazione prodotta da un terzo: l’identità di quest’ultimo dovrà essere chiaramente indicata e anche le eventuali modifiche sostanziali compiute sulla stessa. Nel caso in cui ne venga fornita soltanto una sintesi, questa dovrà essere chiara e non fuorviante, e si dovrà menzionare il documento originario e il luogo in cui esso può essere facilmente consultato.

L’art 28, comma 1, del citato Regolamento della Banca d’Italia e della Consob prevede che gli intermediari che dispongono la produzione di ricerche in materia di investimenti, che sono o potranno essere divulgate ai loro clienti o al pubblico sotto la loro responsabilità o sotto la responsabilità di un membro del loro gruppo, assicurino l’adozione di misure tali da garantire l’indipendenza degli analisti finanziari coinvolti nella produzione delle ricerche che si trovano in situazione di potenziale conflitto di interesse con coloro ai quali le ricerche sono divulgate. In particolare, ai sensi dell’art.25, comma 4, gli intermediari adottano procedure volte a:

a) impedire o controllare lo scambio di informazioni tra i soggetti rilevanti coinvolti in attività che comportano un rischio di conflitto di interesse, quando lo scambio di tali informazioni possa ledere gli interessi di uno o più clienti;

10 Norme precise in merito alla gestione e alla prevenzione dei conflitti di interesse da parte degli

intermediari sono previste dagli art. 23-26 del Regolamento della Banca d’Italia e della Consob ai sensi dell’articolo 6, comma 2-bis, del Testo unico della finanza, 29 Ottobre 2007

(7)

141

b) garantire la vigilanza separata dei soggetti rilevanti le cui principali funzioni coinvolgono interessi potenzialmente in conflitto con quelli del cliente per conto del quale un servizio è prestato;

c) eliminare ogni connessione diretta tra le retribuzioni dei soggetti rilevanti che esercitano in modo prevalente attività idonee a generare tra loro situazioni di potenziale conflitto di interesse;

d) impedire o limitare l’esercizio di un’influenza indebita sullo svolgimento, da parte di un soggetto rilevante, di servizi o attività di investimento o servizi accessori;

e) impedire o controllare la partecipazione simultanea o successiva di un soggetto rilevante a distinti servizi o attività di investimento o servizi accessori, quando tale partecipazione possa nuocere alla gestione corretta dei conflitti di interesse. L’art. 28, comma 1, di tale Regolamento non si applica agli intermediari che divulgano al pubblico o ai loro clienti una ricerca in materia di investimenti

qualora sussistano determinate condizioni.11

L’art.28, comma 2, prevede che gli intermediari di cui al comma 1 adottino procedure volte ad assicurare che:

“a) gli analisti finanziari e gli altri soggetti rilevanti non realizzino operazioni personali o eseguano ordini, relativi a strumenti finanziari oggetto di ricerca in materia di investimenti o ad essi correlati, ad eccezione di ordini non sollecitati. Gli analisti finanziari e gli altri soggetti rilevanti sono sottoposti al divieto di cui al paragrafo precedente se hanno conoscenza dei tempi o del contenuto probabili della ricerca in questione e tali notizie non sono accessibili al pubblico o ai clienti e non possono essere facilmente dedotte dalle informazioni disponibili, fino a quando i destinatari della ricerca in materia di investimenti non abbiano avuto ragionevolmente la possibilità di agire sulla base di tale ricerca;

11 Secondo l’art. 28, comma 3, di tale Regolamento, le condizioni sono le seguenti: a) il soggetto che

produce la ricerca in materia di investimenti non appartenga al proprio gruppo; b) gli intermediari non modifichino in modo rilevante le raccomandazioni contenute nella ricerca in materia di investimenti; c) gli intermediari non presentino la ricerca in materia di investimenti come propria; d) gli intermediari verifichino che l’autore della ricerca sia sottoposto ad obblighi equivalenti a quelli previsti dal presente Regolamento in relazione alla produzione di tale ricerca.

(8)

142

b) in ogni caso, gli analisti finanziari e gli altri soggetti rilevanti coinvolti nella produzione di ricerche in materia di investimenti non realizzino operazioni personali relative a strumenti finanziari oggetto della ricerca o ad essi correlati, che siano contrarie alle raccomandazioni correnti, salvo che in circostanze eccezionali e con la preventiva autorizzazione della funzione di controllo di conformità;

c) essi, gli analisti finanziari e gli altri soggetti rilevanti coinvolti nella produzione di ricerche in materia di investimenti non accettino incentivi da parte di persone aventi un interesse significativo nell’oggetto della ricerca in materia di investimenti, fatta eccezione per incentivi di modico valore, comunque inferiore a quanto specificamente indicato nella politica di gestione dei conflitti di interesse di cui all’articolo 25;

d) essi, gli analisti finanziari e gli altri soggetti rilevanti coinvolti nella produzione di ricerche in materia di investimenti non promettano trattamenti di favore agli emittenti degli strumenti finanziari;

e) soggetti diversi dagli analisti finanziari, inclusi gli emittenti, non siano autorizzati ad esaminare, prima della diffusione delle ricerche in materia di investimenti, le relative bozze, per verificare l'accuratezza delle asserzioni fattuali contenute in tale ricerca o per fini diversi dalla mera verifica del rispetto degli obblighi regolamentari, nel caso in cui le bozze contengano una

raccomandazione o un prezzo di riferimento”.12

La normativa in materia di raccomandazioni, nonostante si sia ampliata nel corso degli anni, rimane comunque generica e non disciplina in modo organico l’attività degli analisti.

L’associazione di categoria, AIAF (Associazione Italiana Analisti Finanziari), nel “Codice di Comportamento dei Soci AIAF”, si limita ad indicare alcuni principi che gli analisti devono adottare nella redazione di una ricerca in materia

di investimenti,13 senza fornire alcuna struttura standard da seguire:14

12

Regolamento della Banca d’Italia e della Consob ai sensi dell’articolo 6, comma 2-bis, del Testo unico della finanza, 29 Ottobre 2007, art. 28, comma 2

13 AIAF, Associazione Italiana Analisti Finanziari, Codice di comportamento dei soci Aiaf, in www.aiaf.it, 31 Marzo 2009. Per giudicare l’efficacia delle norme di autoregolamentazione predisposte dall’AIAF si consiglia di confrontare le stesse con il Code of Ethics and Standards of Professional

(9)

143

 nella formulazione di un target price o di una raccomandazione l’analista deve esplicitare i criteri e le assunzioni sui quali quel determinato valore è stato stimato, a quali condizioni essi sono validi, e i rischi relativi a tale valutazione;

 l’analista deve distinguere tra fair value (il valore dello strumento risultante da specifiche metodologie di analisi finanziaria) e target price (quotazione potenzialmente raggiungibile dal titolo in base alle condizioni del mercato nel momento in cui è stata effettuata l’analisi), esplicitando anche l’orizzonte temporale di validità del target price;

 le previsioni economico-finanziarie sulle prospettive della società sono frutto di un autonomo e soggettivo apprezzamento dei dati e delle informazioni fornite dalle società quotate. L’analista inoltre non si deve limitare ad utilizzare gli input ricevuti dalle società oggetto di analisi;  l’analista deve indicare la data in cui il giudizio è stato formulato ed il

prezzo del titolo al momento della valutazione, distinguendo tra la divulgazione di dati e la formulazione di giudizi e apprezzamenti, nonché identificando le relative fonti;

 l’analista deve indicare con chiarezza i criteri utilizzati nella determinazione delle raccomandazioni tramite una legenda standard da includere nel report;

 l’analista finanziario, sulla base del risultato derivante dalle valutazioni effettuate, deve esprimere i propri giudizi facendo ricorso all’intero spettro delle raccomandazioni previste dal sistema di rating dell’intermediario da cui dipende;

 l’analista deve dichiarare le finalità della ricerca e la sua appartenenza all’AIAF;

Conduct ed il Best Practice Guidelines Governing Analyst/Corporate Issuer Relations redatti

dall’Association of Investment Management and Research (AIMR), associazione no-profit sorta nel 1990 dalla fusione della Financial Analysts Deferation (FAF) e dell’Institute of Chartered Financial Analysts (ICFA), che conta circa 70.000 associati in tutto il mondo e provvede all’assegnazione del certificato di Chartered Financial Analyst.

14 L’AIMR, pur non prevedendo un formato standard, ha redatto un documento nel quale sono presenti

alcune categorie informative che ogni Studio Societario dovrebbe contenere, a prescindere dal livello di dettaglio di questo. CFA Institute, Equity Research Report Essentials, Agosto 2013

(10)

144

 l’analista si deve astenere dall’utilizzo di espressioni iperboliche, promissorie o denigratorie (art.21)

L’art. 22 del Codice di Comportamento dei Soci AIAF regola i rapporti tra gli analisti e le società emittenti: i primi non possono utilizzare a proprio vantaggio né comunicare a terzi, informazioni di cui sono venuti in possesso nello svolgimento della propria attività che possono influenzare sensibilmente la formazione dei prezzi di mercato, se non dopo che queste sono state rese pubbliche; essi non sono vincolati ad eventuali osservazioni da parte delle società oggetto di studio riguardo alle bozze dei loro report, le quali non devono contenere la raccomandazione sul titolo oggetto di analisi; infine, gli analisti non devono accettare regalie od omaggi da società oggetto di analisi, tali da influenzare la loro indipendenza ed oggettività di giudizio.

L’art. 23 di tale Codice disciplina il possesso e la movimentazione di titoli detenuti dagli analisti: essi devono indicare nei report l’eventuale detenzione di strumenti finanziari delle società oggetto di analisi e non devono operare sui titoli oggetto di propri report in senso contrario alle proprie raccomandazioni, fatti salvi i casi di operazioni di smobilizzo derivanti da comprovate necessità personali.

Detto Codice precisa anche che il socio deve rispettare i principi generali di lealtà, correttezza, riservatezza, trasparenza ed indipendenza e i rapporti che esso deve intrattenere con i diversi interlocutori con cui entra in contatto, quali i clienti, i colleghi, i collaboratori, il datore di lavoro, i mezzi di informazione, le

autorità di vigilanza e l’associazione.15

All’art. 5 vengono precisati i comportamenti che gli analisti devono tenere nelle potenziali situazioni di conflitto di interesse:

 se il socio AIAF ha un interesse diretto o indiretto nell’oggetto della propria analisi non deve accettare l’incarico se non prima di aver informato il cliente; se questo accetta, l’analista deve astenersi da ogni operazione che lo ponga in conflitto di interessi;

 l’analista deve anteporre l’interesse del cliente a quello personale;

15

(11)

145

 l’analista assume i propri incarichi in modo esplicito, con specificazione dell’oggetto, delle finalità, delle informazioni e collaborazioni richieste, dei tempi previsti, nonché delle competenze preventivabili; queste ultime non debbono essere in alcun modo collegate al risultato delle analisi svolte;

 sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento del nuovo incarico professionale determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro cliente, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte avvantaggi ingiustamente altro cliente

Una grave lacuna della normativa italiana è la mancanza di “un impianto sanzionatorio che disincentivi analisti ed intermediari ad assumere condotte

scorrette”,16

considerate anche le difficoltà ed i costi che incontrano gli investitori

nell’effettuare un’azione civile di responsabilità verso tali soggetti.17

Una questione molto dibattuta è quella delle prerogative necessarie per lo svolgimento dell’attività di analista finanziario, in particolare riguardo ai requisiti di professionalità richiesti, i quali potrebbero collegarsi al possesso di determinati

certificati e alla registrazione in un apposito albo degli analisti finanziari.18 Per il

momento, il legislatore comunitario non prevede la registrazione obbligatoria degli analisti subordinata al possesso di qualificazioni poiché “non esistono prove sufficienti che consentano di concludere che la mancanza di imparzialità

degli analisti sia dovuta al mancato possesso di qualificazioni”.19

L’AIAF si è mostrata contraria a questa decisione, in quanto la questione della registrazione non attiene soltanto al problema dei conflitti di interesse, ma alla garanzia di un maggior grado di tutela degli investitori attraverso un miglioramento della qualità delle ricerche in materia di investimenti. In particolare, il meccanismo di registrazione avrebbe infatti lo scopo di attestare la

16 Di Castri S., 2004, op.cit., p.510 17

Agli analisti finanziari si applicano le norme in materia di aggiotaggio (art. 2637 c.c.), di abuso di informazioni privilegiate (art. 184 Tuf) e di falso in prospetto (art. 173-bis Tuf).

18 Di Castri S., 2004, op.cit., p.504

19 Ciò è stato sostenuto da un gruppo di discussione della Commissione Europea in una comunicazione

(12)

146

preparazione professionale dell’analista, il suo livello di esperienza e competenza

e l’osservanza di principi deontologici e codici di condotta.20

L’AIAF sottolinea come tali meccanismi di registrazione siano presenti in alcuni

paesi europei ed in particolare negli Stati Uniti.21 Quest’ultimo paese rappresenta

un caso esemplare di normativa pervasiva in materia di conflitti di interesse degli analisti finanziari: in seguito a numerosi scandali e frodi finanziarie, nel 2002 è stato approvato il Sarbanes-Oxley Act, un provvedimento di riforma organica in materia di corporate governance, che è intervenuto sui diversi punti critici emersi dalle recenti vicende ed ha dedicato a tale tema un intero titolo (Analyst conflicts

of interest), composto da un unico articolo.22

La SEC (Securities and Exchange Commission)23 ha provveduto all’attuazione

del provvedimento, modificando alcuni regolamenti precedenti, i quali adesso prevedono obblighi di disclosure più stringenti per gli analisti finanziari, in particolare riguardo una loro maggiore indipendenza dall’investment banking

department dell’intermediario per cui lavorano.

In particolare, si fa divieto ai dealer e ai broker associati al NASD (National

Association of Securities Dealers)24 ed alle loro associated person, di sottoporre

gli analisti finanziari al controllo e alla supervisione dell’investment banking department, di assoggettare lo studio al controllo preventivo dell’emittente o dell’investment banking department e di collegare la remunerazione dell’analista a determinate transazioni.

Agli analisti è vietato: pubblicare ricerche su un’emittente di cui l’intermediario per cui lavora abbia sottoscritto titoli per un quiet period successivo ad una IPO o ad una secondary offering - 40 giorni nel primo caso e 10 nel secondo-; l’acquisto o la vendita di azioni prima di un’emissione se la società appartiene ad un settore coperto in modo regolare; effettuare operazioni su titoli posseduti nei

20 AIAF, 12 Ottobre 2007, op.cit., p.5 21 AIAF, 12 Ottobre 2007, op.cit., p.5-6 22 Di Castri S., 2004, op.cit., p.488 23

La SEC è l'ente federale statunitense preposto alla vigilanza della Borsa Valori, analogo all'italiana Consob. (http://it.wikipedia.org/wiki/Securities_and_Exchange_Commission)

24 Negli Stati Uniti la FINRA (Financial Industry Regulatory Authority) dispone un obbligo di

registrazione presso la NASD per i soggetti che svolgono research analyst alle dipendenze di uno dei suoi membri. (AIAF, 12 Ottobre 2007, op.cit., p.6)

(13)

147

30 giorni precedenti e nei 5 successivi la pubblicazione di uno studio; operare in senso contrario alle proprie raccomandazioni.

Gli analisti e gli intermediari associati al NASD non possono partecipare ad incontri pubblici senza evidenziare l’interesse finanziario dell’analista nell’emittente oggetto di raccomandazioni o il possesso di titoli dell’emittente in

percentuale pari o superiore all’1% o altri conflitti di interesse.25

Oltre alle modifiche nella regolamentazione, il NASD si è impegnato molto nell’educazione finanziaria degli investitori, pubblicando una guida ed un glossario dedicati a fornire una maggior comprensione delle ricerche condotte dagli analisti. A tale finalità, si collega la previsione per cui i giudizi degli analisti devono essere corredati da informazioni che rendano chiari i metodi di

valutazione utilizzati e accrescano la comprensibilità degli stessi.26

L’intermediario è inoltre tenuto ad istituire un comitato27 che verifichi e approvi

le modalità con cui vengono determinati i compensi degli analisti e valuti la qualità del servizio del singolo analista, anche in rapporto all’effettivo valore dei

titoli sui mercati e ai giudizi espressi dagli altri analisti.28

Sono previsti ulteriori quiet period: gli analisti non possono esprimere o reiterare

dei giudizi buy in prossimità della scadenza di un accordo di lock up29 e

l’intermediario deve astenersi dal diffondere analisi per 25 giorni qualora partecipi ad un IPO in qualità di sottoscrittore o dealer, intervallo durante il quale

ai suoi analisti è proibito partecipare ad incontri pubblici inerenti l’operazione.30

Nell’Aprile del 2003 la SEC ha approvato la Regulation Analyst Certification, che prescrive agli analisti di specificare in tutte le raccomandazioni che le opinioni contenute nelle ricerche riflettono accuratamente il proprio punto di

25 Carozzi A., 2006, op.cit., p.4, Di Castri S., 2004, op.cit., p.490 26 Di Castri S., 2004, op.cit., p.491

27 All’interno di tale comitato non deve essere presente nessun membro dell’investment banking,

dipartimento cui è proibito in alcun modo influenzare la retribuzione degli analisti e dal cui business la stessa deve essere slegata. Tale dipartimento non può effettuare alcun tipo di ritorsione nei confronti degli analisti, ma ciò non preclude la possibilità che questi vengano licenziati dall’intermediario per motivi diversi dalla diffusione di una raccomandazione negativa su un’emittente che intrattiene rapporti con l’investment banking department. ( Di Castri S., 2004, op.cit., p.491)

28 Carozzi A., 2006, op.cit., p.3, Di Castri S., 2004, op.cit., p.491

29 Clausola che impegna i principali azionisti o investitori di una società quotata a non vendere i titoli in

proprio possesso per un determinato periodo di tempo.

(14)

148

vista e sono veritiere e l’eventuale percezione di un compenso connesso alla raccomandazione, precisandone l’ammontare e la fonte. Nel caso in cui tali obblighi non vengano assolti, ciò viene riportato in ogni studio curato dall’analista nei 120 giorni successivi alla comunicazione alle autorità di tale

inadempienza.31

Il legislatore italiano si sta muovendo in linea con le indicazioni provenienti da organismi europei quali l’International of Securities Commissions (Iosco) e lo European Forum Group, che hanno stabilito regole in materia di trasparenza comportamentale nell’attività di un analista finanziario, in particolare riguardo

alle situazioni di conflitto di interessi in cui questi può trovarsi.32 Nonostante ciò,

allo stato attuale, l’ordinamento italiano non presenta ancora una normativa organica che disciplini l’attività degli analisti finanziari e gli obblighi di disclosure vigenti sono poco efficaci ed eccessivamente generici.

In molti si auspicano che l’Italia segua l’esempio virtuoso degli Stati Uniti, che con il Sarbanes-Oxley Act del 2002, hanno profondamente ed incisivamente modificato tale disciplina, rispondendo con autorevolezza ai precedenti scandali finanziari che avevano coinvolto tra l’altro anche l’attività di produzione di ricerche da parte degli analisti.

Un altro notevole elemento che differenzia il mercato italiano delle ricerche in materia di investimenti da quello statunitense riguarda il diverso regime di accessibilità alle stesse da parte del pubblico degli investitori. Nell’Aprile del 2001 il nostro legislatore ha imposto a tutte le banche di investimento con sede

legale in Italia che emettono Studi Societari33 relativi a società quotate nel listino

italiano, di presentare gli stessi alla Consob e a Borsa Italiana: alla prima nello

stesso giorno della loro emissione, mentre alla seconda entro 60 giorni.34 Una

volta che questi sono stati ricevuti, Borsa Italiana ha l’obbligo di pubblicarli

31 Di Castri S., 2004, op.cit., p.492, Carozzi A., 2006, op.cit., p.3 32 Di Castri S., 2004, op.cit., p.486, Carozzi A., 2006, op.cit., p.2

33 I report prodotti dagli analisti sulle società quotate nel listino italiano sono fruibili sul sito di Borsa

Italiana con il nome di Studi Societari, la cui traduzione inglese è Equity Research. Nel seguito del lavoro questi termini saranno utilizzati con lo stesso significato.

34 Tale ampio marginale temporale consentiva agli analisti di inviare lo Studio Societario a Borsa Italiana

alla scadenza del tempo previsto, quando ormai le informazioni in esso contenute risultavano datate e dunque avevano scarso valore (contatto telefonico dell’autore con un analista finanziario con esperienza pluriennale di copertura sui titoli quotati in Italia).

(15)

149

immediatamente sul proprio sito. Da questo momento, essi diventano liberamente

disponibili per tutti gli investitori.35

Tale obbligo è stato modificato nel corso del tempo e al momento attuale gli unici Studi Societari che devono essere necessariamente pubblicati sul sito di Borsa Italiana sono quelli prodotti dallo specialist delle società quotate nel

segmento STAR,36 il quale, secondo il regolamento di Borsa Italiana, ha

l’obbligo di redigere almeno due Studi Societari ogni anno e di promuovere almeno due incontri annuali tra gli investitori istituzionali e il management della

società.37

In molti altri paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, ciò non è possibile, poiché

tali lavori sono disponibili soltanto tramite database a pagamento.38 Tali database

talvolta presentano dei problemi che possono determinare degli errori nell’interpretazione dei risultati.

Alcuni autori che hanno svolto studi di questo genere sul mercato statunitense hanno sottolineato la non corretta datazione dei report, la quale può causare non pochi disagi se la ricerca è fortemente incentrata su tale dato temporale, per esempio quando si vuole valutare la reazione del mercato ai differenti tipi di raccomandazione oppure se si intende misurare l’accuratezza dei metodi di valutazione utilizzati o della suddetta raccomandazione.

Altro evidente limite di tali database commerciali è il fatto che essi contengono soltanto una ridotta proporzione dell’informativa che può essere presente in una

35

Cavezzali E., Essays on sell-side analyst industry, Unpublished Doctoral thesis, City University London, Dicembre 2012, p. 68. Prima dell’Aprile del 2001, il regime di pubblicità di tali Studi era differenziato in funzione del soggetto destinatario. Se questi erano indirizzati ai soli soci dell’emittente o ai soli clienti di questo, il loro deposito presso Borsa Italiana doveva avvenire entro 15 giorni dall’inizio della loro diffusione. ( Fabrizio S.,Gli «studi» prodotti dagli analisti finanziari. Conflitti di interessi,

prime evidenze empiriche, Banca Impresa Società, 19 (2), 2000, p.191-194)

36 Più precisamente, tale obbligo sussiste per i due Studi Societari annuali che lo specialist deve produrre

nei confronti della società seguita. Ciò non esclude che possa pubblicarne altri né che possano essere pubblicati Studi Societari prodotti da altri soggetti che non sono specialist della società (contatto telefonico dell’autore con un dipendente di Borsa Italiana)

37 Cervellati E. M., Della Bina A. C. F., Analisti finanziari: conflitti d’interesse o eccessivo ottimismo.

Evidenza empirica dal mercato italiano delle IPO, Banca Impresa Società, n.2, 2004, p.379

38 Ad esempio I/B/E/S di Datastream e First Call della Northwestern University (Cavezzali, 2012, op.cit.,

p.68). Gli analisti inviano le Equity Research ai loro clienti (solitamente investitori istituzionali) mentre chi non è cliente può giungerne a conoscenza soltanto per vie traverse o consultando tali banche dati specializzate. “L’informazione contenuta in uno studio è quindi quasi privata”. (Barucci E., Bianchi C., Mancini S L’effetto degli studi degli analisti finanziari sui prezzi delle azioni e sui volumi scambiati, Bancaria, n.12, 2003 p.54)

(16)

150

Equity Research. Solitamente essi catalogano in elementi base le informazioni contenute nei report, come ad esempio ‘earnings forecast’, ‘target prices’ e

‘analyst recommendations’, ma non forniscono alcun elemento addizionale per

capire il processo valutativo svolto dall’analista. Al contrario, l’intero testo del report contiene spesso tali informazioni addizionali utilizzate dall’analista e anche ulteriori giustificazioni alla raccomandazione fornita. L’unico modo per trovare tali informazioni è la lettura dell’intero testo del report e la codifica di

propria mano del suo contenuto.39

L’unico problema evidente del mercato italiano è il ridotto numero di attori nel mercato dei report e la forte concentrazione di questi. Si rileva inoltre che i soggetti che possiedono le quote maggiori di tale mercato sono anche quelli che risultano essere attivi su un numero maggiore di società e che tra queste ultime, quelle per cui è disponibile un maggior numero di report sono quelle che risultano essere osservate da un numero più elevato di analisti.

I suddetti fattori conferiscono ancor più rilevanza alle problematiche connesse ad eventuali comportamenti devianti da parte dei soggetti che occupano posizioni preminenti nel settore dell’intermediazione finanziaria, in particolare agli analisti. Tutto ciò non fa che aumentare il rischio di conflitti di interesse, il quale è destinato ad acuirsi per le Equity Research che hanno ad oggetto società poco studiate, per le quali quindi è più difficile (se non impossibile) operare un

confronto tra le diverse raccomandazioni.40

Non essendo presente né una normativa né un regolamento dell’AIAF che indichi una struttura standard per la redazione degli Studi Societari, la quale agevolerebbe la comparazione di questi da parte degli investitori, non rimane che indagare le fonti informative utilizzate dagli analisti nella loro attività e i bias ed i conflitti di interesse a cui sono soggetti.

39 Cavezzali, 2012, op.cit., p.68 40

(17)

151

2.2 Le fonti informative degli analisti finanziari

L’attività principale di un analista finanziario consiste nella produzione di Equity Research, nelle quali vengono fornite previsioni sugli utili ed una valutazione sul valore delle azioni di una determinata società accompagnata da una raccomandazione sulle medesime. Per condurre al meglio questo compito,

l’analista raccoglie ed elabora un’ampia base informativa,41

che gli permette di effettuare previsioni sulle performance future dell’impresa, in modo tale da

fornire una raccomandazione ed un target price corretti.42

È doveroso precisare che, per il buon esito del processo valutativo, un analista deve essere ben informato su tre differenti categorie informative, ognuna delle quali si rivela importante nella seguente formulazione delle ipotesi che stanno alla base delle formule valutative: ipotesi sulla dinamica economico-generale;

sulla dinamica settoriale; sulla dinamica specifica della società analizzata.43

“La base informativa è l’elemento indispensabile (la materia prima necessaria) al fine di tradurre, per il tramite dell’analisi fondamentale, i modelli, le formule e i

multipli in strumenti capaci di cogliere i fattori (“le leve”44) determinanti del

valore, esprimendo infine un giudizio quantitativo affidabile e dimostrabile. Senza un’idonea base informativa, modelli, formule e multipli sono strumenti vuoti. Tuttavia, a sua volta, anche la più ricca e ampia delle basi informative sarebbe una massa inerte di dati e di notizie se un’accurata ed efficace analisi fondamentale non sapesse organizzare le informazioni, selezionarle, interpretarle, elaborarle, trarne gli elementi essenziali, comporre eventuali contraddizioni, colmare (per quanto possibile) i vuoti e ridurre i vuoti e le incertezze sul

futuro”.45

41 Per un approfondimento sulla base informativa nella valutazione d’azienda si veda: Guatri L., Il

Giudizio Integrato di Valutazione, Università Bocconi Editore, Milano, 2000, p.45-79

42 Cavezzali E., 2012, op.cit., p.22 43

Gonnella E., Logiche e metodologie di valutazione d’azienda. Valutazioni stand-alone, Plus, Pisa, 2008, p.73-76

44 Per approfondimenti sulle leve del valore nella valutazione d’azienda si veda: Guatri L., Sicca L.,

Strategie Leve del Valore Valutazione delle Aziende, Università Bocconi Editore, Milano, 2000

45

(18)

152

L’analista è tenuto ad analizzare la base informativa di cui è in possesso con il necessario spirito critico, verificando che sia formata dai migliori elementi, ragionevolmente attendibili e plausibili in base alla propria conoscenza ed esperienza. Per quanto possibile, deve garantire la completezza della base informativa, raccogliendo tutta l’informazione ragionevolmente reperibile. Il

costo di acquisizione di quest’ultima non è ragione sufficiente per escluderla.46

La base informativa ha due funzioni principali: una diretta e l’altra di supporto

alle formule valutative e alla scelta dei multipli da applicare.47 La prima ha lo

scopo di predisporre ed interpretare una serie d’informazioni riguardo la storia della società, l’ambiente in cui opera, le sue risorse e le strategie che ne guidano l’azione in modo tale da esprimere un fondato giudizio di valore sugli elementi che, seppur significativi, non sono compresi - o lo sono solo in parte - nelle formule valutative, limitando la discrezionalità e l’indimostrabilità di questi ed integrando il giudizio finale di valutazione con ulteriori informazioni deliberatamente escluse da alcune formule. La funzione di supporto alle formule valutative ha l’obiettivo di migliorare la qualità e la dimostrabilità dei flussi attesi e dei tassi di attualizzazione, mentre riguardo ai multipli essa assicura l’effettiva omogeneità nella scelta dei campioni di società comparabili.

Per capire i processi decisionali degli analisti, e di conseguenza anche la significatività delle raccomandazioni da essi fornite, è dunque fondamentale conoscere le loro fonti informative e l’utilizzo che di queste viene fatto.

Tra di esse, le principali sono le seguenti: l’informativa obbligatoria da parte delle società; l’informativa volontaria eventualmente fornita dalle società; i report prodotti da altri analisti finanziari; il contatto diretto con il management; il

sito internet aziendale48; la stampa finanziaria.

L’informativa obbligatoria ha l’obiettivo di fornire un minimo comune conoscitivo sulla società ai suoi diversi stakeholder, in modo credibile -attraverso regolamenti, sanzioni per le trasgressioni e controlli periodici da parte di professionisti esterni e soggetti pubblici- riducendo così l’asimmetria informativa

46 OIV (Organismo Italiano di Valutazione), Exposure draft, 2013, p.13 47 Guatri L., Bini M., 2009, op. cit., p.69, Guatri L., 2000, op.cit., p.45 48

(19)

153

tra la società e il mercato, in modo tale da garantire una più efficiente allocazione dei capitali.49

Riguardo alle società quotate, essa può essere suddivisa in base alla ricorrenza

temporale in tre tipologie:50

 informativa iniziale  informativa periodica  informativa episodica

La prima si riferisce al prospetto informativo che le società devono pubblicare per l’ammissione alla quotazione in Borsa; la seconda comprende il bilancio d’esercizio- obbligo esistente per tutte le società-, il bilancio consolidato qualora la società sia a capo di un gruppo, la relazione semestrale e la relazione trimestrale; la terza infine fa riferimento a particolari operazioni aziendali, costituite in gran parte da operazioni di finanza straordinaria e ai cosiddetti “fatti rilevanti”, come disciplinato dall’art. 114 del Tuf, il quale prevede che “gli emittenti quotati comunicano al pubblico, senza indugio, le informazioni privilegiate di cui all’articolo 181 che riguardano direttamente detti emittenti e le società controllate”.

Per “informazione privilegiata”, l’articolo 181 intende “un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari”.

La regolamentazione di tali comunicati è regolata dall’art. 66 del Regolamento Emittenti Consob e dall’art. 114 del Tuf: le società sono tenute a comunicare i fatti non di pubblico dominio riconducibili alla propria sfera di attività e con una significativa rilevanza probabile sui prezzi di mercato, alla Consob, a Borsa Italiana e ad almeno due agenzie di stampa in una forma idonea a consentire una

49 Quagli A., Comunicare il futuro. L’informativa economico-finanziaria di tipo previsionale delle

società quotate italiane, Franco Angeli, Milano, 2004, p. 44-46

50 Quagli A., 2004, op.cit., p.47-53, Corvi E., Comunicazione d’impresa e Investor Relation. La gestione

(20)

154

valutazione completa e corretta degli effetti che essi possono produrre sul prezzo degli strumenti finanziari.

Il secondo principio della “Guida per l’informazione al mercato” disciplina gli

eventi price sensitive,51 cioè le indiscrezioni sui rendiconti annuali o infrannuali

qualora siano state comunicate a soggetti esterni e le approvazioni da parte del consiglio di amministrazione dei progetti di tali rendiconti.

Un altro principio della suddetta Guida, prevede che qualora vi siano dei rumors, ovvero delle notizie di dominio pubblico non comunicate al mercato e idonee a influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari, la società valuti l’opportunità di informare il pubblico riguardo la veridicità di queste, integrandone o correggendone il contenuto, in modo tale da ripristinare una

condizione di correttezza informativa.52

Fino a qualche decennio fa, la domanda di informazioni economico-finanziarie da parte dei diversi stakeholder di una società si condensava nel solo bilancio

d’esercizio,53

il quale aveva l’obiettivo di fornire nel modo più efficiente possibile “il minimo comune denominatore” delle informazioni di potenziale

interesse per tutti i soggetti interessati.54

Con il tempo, anche a causa delle numerose evoluzioni nell’ambiente

economico,55 sempre più autori si sono accorti dei limiti informativi del

bilancio56 in rapporto soprattutto al ruolo sempre più rilevante dei mercati

finanziari. In particolare, ai fini della valutazione d’azienda, i limiti del bilancio sono riconducibili ai seguenti fattori:

 “i risultati di bilancio sono pesantemente condizionati da regole giuridico-formali

51 La “Guida per l’informazione al mercato”, pubblicata nel 2002 dal Forum Ref., associazione costituita

tra Aiaf, Assogestioni, Assonime, Borsa Italiana e Ref., tenta di definire analiticamente gli eventi che possono qualificarsi come “price sensitive” in tale Principio. (Quagli A., 2004, op.cit., p.51-52; Borsa Italiana, Guida per l’informazione al mercato, 2002, p.15-20)

52 Fumagalli M., 2004, op.cit., p.29; Borsa Italiana, 2002, op.cit., p.45-46

53 Per approfondimenti sulle finalità e i postulati del bilancio d’esercizio si consulti: OIC, Organizzazione

Italiana Contabile, Principio Contabile n. 11, in www.oic.it, 2005

54 Quagli A, La domanda di informazioni economico-finanziarie nei mercati mobiliari: analisi degli studi

empirici e spunti per un modello interpretativo, Rivista dei Dottori Commercialisti, 2002, p.655-661

55 Cfr. 1.2.10 56

(21)

155

 i risultati di bilancio sono uno strumento utilizzato dalle imprese al fine di comporre contrapposti o almeno non coincidenti interessi di varie

categorie di stakeholder57

 i risultati contabili, per ragioni in parte cautelative e in parte legate alla

carenza di metodologie standardizzate di calcolo, trascurano

sostanzialmente la dinamica dei beni immateriali

 i risultati contabili sono inevitabilmente orientati al passato. Essi ben difficilmente tengono conto di prospettive future, della possibilità di mutamenti che possono sconvolgere equilibri del passato

 infine, i risultati contabili non scontano le modificazioni che avvengono nei rischi che gravano sull’impresa e sui suoi flussi reddituali. In altri termini, lo stesso risultato contabile può essere ottenuto in differenti condizioni di rischio. Eppure ciò non influenza in alcun modo il risultato,

che è ‘neutrale’ rispetto a tale fenomeno”58

L’OIC (Organismo Italiano Contabile) ribadisce tale concetto con un postulato di bilancio che prevede l’“incompatibilità delle finalità del bilancio di esercizio con

l'inclusione delle valutazioni prospettiche dell'investitore”.59

Per quanto attiene all’informativa volontaria, essa ha diversi obiettivi:60

 la ricerca di un maggior tasso di diffusione del valore creato dalla società

nei prezzi di Borsa,61 attraverso la divulgazione di informazioni non

comprese negli stretti limiti di formali dell’informativa obbligatoria;

57 Per approfondimenti sulle politiche di bilancio si consulti: Verona R., Le politiche di bilancio.

Motivazioni e riflessi economico-aziendali, Giuffrè, Milano, 2006

58 Guatri L., Sicca L., Strategie Leve del Valore Valutazione delle Aziende, Università Bocconi Editore,

Milano, 2000, p.47

59

OIC, 2005, op.cit., p.9

60 Quagli A., 2004, op.cit., p.59-60; Università degli studi di Parma, Comunicazione

economico-finanziaria e bilancio di esercizio. L’informativa volontaria, p.2-3; Eccles R. G., Lupone L., Alla ricerca del valore: il divario informativo tra società e mercato: il caso italiano, in Guatri L., Eccles R. G. (a cura

di), Informazione e valore. Il caso italiano, Egea, Milano, 2000, p.25-27, Corvi E., Economia e gestione

della comunicazione economico-finanziaria d’impresa, Egea, Milano, 1997, p.28

61 Per approfondimenti sulla nozione di ‘diffusione del valore’ si consulti Guatri L., Massari M., 1992,

op.cit., p. 217: secondo gli autori, tale diffusione può e deve essere perseguita, oltre che con una comunicazione finanziaria corretta, tempestiva e non fuorviante, anche mediante interventi ad hoc delle società sul mercato dei propri titoli

(22)

156

 l’attuazione di una comunicazione mirata verso le diverse categorie di stakeholder, che rafforzi la stabilità dei rapporti con essi e di conseguenza l’immagine aziendale e il consenso intorno alla società;

 la riduzione dell’asimmetria informativa62

con i propri investitori, i quali di conseguenza percepiranno in essa un minor rischio provocando la diminuzione del costo del capitale e della volatilità delle azioni, che risulteranno più liquide;

 il miglioramento dell’immagine e della credibilità63 del management;

 l’ampliamento della platea dei soggetti interessati alla società, così da poter ricorrere anche ad una maggior base di investitori in caso di

bisogno;64

 il rafforzamento dell’informazione derivata, che attiva un vero e proprio

moltiplicatore informativo65

L’offerta di informativa volontaria è condizionata da alcuni fattori, quali la dimensione della società, l’eventualità di emissioni azionarie e l’inadeguatezza dell’informativa obbligatoria nel rappresentare il valore delle performance

future.66

Oltre ai costi diretti in termini di tempo e di risorse impiegate per la raccolta delle informazioni e la diffusione dei documenti, le società incontrano altri tipi di

vincoli nella decisione se fornire o meno un’informativa volontaria:67

 costi competitivi, dovuti agli effetti negativi del rendere noti ai concorrenti fatti importanti relativi alla gestione aziendale;

62 A stento di equivoci, è bene ricordare come in taluni casi l’asimmetria informativa sia necessaria ed

inevitabile: si pensi ad esempio alle trattative in corso non ancora giunte a compimento, alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e allo studio di operazioni di finanza straordinaria ( Guatri L., Massari M., 1992, op.cit., p.79)

63

Solo se l’azienda è solita comunicare informazioni di tipo volontario anche nei momenti negativi (Quagli A., 2004, op.cit., p. 61)

64 Una maggior informativa volontaria facilita l’attrazione di investitori con orizzonti temporali di lungo

periodo. (Eccles R. G., Herz R. H., Keagan M. E., Philips D. M. H., The value reporting revolution, Wiley & sons, New York, 2001, p.190-191)

65

Lang, e M. H., Lundholm, R. J., Corporate disclosure policy and analyst behaviour. The accounting review, 71 (4), 1996

66 Quagli A., 2004, op.cit., p.62

67 Quagli A., 2004, op.cit., p70-72, Università degli studi di Parma, Comunicazione

(23)

157

 costi dovuti alla potenziale perdita di potere contrattuale verso fornitori, dipendenti e clienti, in seguito alle informazioni fornite;

 costi legati alle possibili cause giudiziarie intentate da soggetti che hanno assunto decisioni di investimento in base ad informazioni erronee;

 costi legati alla necessità di continuità dell’informativa volontaria, che per risultare credibile deve essere fornita con una certa costanza nel tempo anche qualora non tratti notizie positive

Di fronte all’informativa volontaria le società devono dunque attuare un’attenta valutazione del rapporto costi/benefici e ricercare un corretto equilibrio tra il diritto alla riservatezza e alla cautela dell’informazione da una parte, per difendere i propri vantaggi competitivi ed evitare il rischio di comunicare

informazioni affrettate, incomplete o addirittura erronee;68 e dall’altra il diritto

dell’azionista effettivo o potenziale, di tutta la comunità finanziaria, dell’opinione pubblica e della stampa, ad una informazione completa e

tempestiva.69

Qualora alcune notizie vengano ritenute necessarie per l’informazione del pubblico, la Consob, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni a questo fornite, può, anche in via generale, richiedere alle società che rendano pubbliche notizie e documenti, assumere notizie da alcuni suoi esponenti ed effettuare ispezioni. Borsa Italiana può anch’essa richiedere la diffusione di dati

alle società, evitando sovrapposizioni con la Consob.70

In una visone generale, l’informativa volontaria si muove lungo tre principali direzioni, strettamente correlate tra loro, ognuna volta a superare i limiti del

bilancio d’esercizio:71

 l’approfondimento delle cause degli andamenti economici e finanziari della gestione, che si concretizza nella divulgazione di una serie di

indicatori tecnico-fisici, utilizzati solitamente dal controllo di gestione;72

68 “La necessità della riservatezza e della cautela non deve diventare un alibi per negare informazioni

possibili e dovute, e tanto meno per atteggiamenti sprezzanti, che alla fine mal dispongono gli azionisti ed in genere la comunità finanziaria, deteriorando senza ragione i rapporti di fiducia e di credibilità” (Guatri L., Massari M., 1992 ,op.cit., p.80)

69 Guatri L., Massari M., 1992, op. cit., p.81

70 Tuf, art.114-115, Fumagalli M., 2004, op.cit., p.11-15 71

(24)

158

 l’informazione sugli aspetti non strettamente economico-finanziari della società, attinenti alla sua struttura organizzativa, alle sue procedure di corporate governance ed in particolar modo ai suoi impatti sociali ed ambientali, che talvolta conduce alla redazione di appositi documenti, quali il bilancio sociale, il bilancio ambientale e quello di sostenibilità, nel quale la società fornisce una visione d’insieme delle sue performance

economiche e socio-ambientali;73

 informativa prospettica circa l’evoluzione futura della gestione

aziendale,74 in particolare riguardo nuovi piani strategici o industriali per

lo sviluppo di nuovi vantaggi competitivi e per suscitare il coinvolgimento e l’adesione dei vari stakeholder nei progetti aziendali: tali notizie sono le più richieste dagli investitori e dagli analisti finanziari, in quanto il rendimento dei titoli posseduti dipenderà dalle performance future della società.

In merito alla prima direzione che è stata appena delineata, negli ultimi anni ha assunto particolare importanza il dibattito sull’informativa riguardo i beni

intangibili delle società, che con l’avvento della knowledge economy75 stanno

crescendo di importanza nella determinazione del capitale economico delle società e allo stesso tempo non trovano adeguata rilevazione nel bilancio

d’esercizio.76

Da parte degli analisti, si pone l’esigenza di incrementare le proprie competenze professionali, poiché il possesso e la capacità di valutare in maniera adeguata informazioni relative ai beni intangibili può rappresentare un vero e proprio

vantaggio competitivo nella professione.77

72 Si vedano ad esempio i key performance indicators e i soft indicator indicati rispettivamente a p.22 e a

p.24 in: IRDCEC, Istituto di Ricerca dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, La relazione

sulla gestione. Alcune considerazioni, Documento n.1, Ottobre 2008

73 Università degli Studi di Parma, op.cit., p.5 e seguenti 74 Per approfondimenti: Quagli A., 2004, op.cit., p.81 e seguenti 75 Si confronti il con il paragrafo 1.2.10

76 Guatri L., 2000, op.cit., p.63-70, AIAF, Gli incontri con la comunità finanziaria. AIAF Filo Diretto:

una guida ragionata, in www.aiaf.it, 2009, p.17-23, Dossena G., Un campione ristretto: principali

risultati, in Guatri L., Eccles R. G. (a cura di), Informazione e valore. Il caso italiano, Egea, Milano,

2000, p.42-48

77 Gasperini A., “Mission Intangibles”, Il valore delle linee guida della GRI per gli analisti finanziari,

(25)

159

Le informazioni obbligatorie e volontarie78 comunicate dalle società

rappresentano certamente la maggior parte della mole quantitativa di dati utilizzata dagli analisti, i quali non disdegnano però altre fonti informative esterne alla società, come ad esempio la stampa finanziaria o i report di altri

analisti,79 ed assegnano un valore primario alle informazioni ottenute

direttamente da esponenti interni alla società, quali l’Investor Relation o ancor

meglio un membro del management.80

Il contatto diretto dell’analista con uno o più soggetti della società può avvenire su due livelli: il primo è quello puramente informativo, per cui l’analista richiede dati e notizie aggiuntive rispetto a quelle disponibili pubblicamente, tentando di ottenere un vantaggio informativo sul resto del mercato, pur nei limiti imposti dalla normativa sulla fair disclosure; il secondo livello è più evoluto e consiste in un supporto interpretativo richiesto dall’analista, il quale ricerca conferme

riguardo le interpretazioni che ha dato delle strategie aziendali.81

In termini più generali, la domanda di informazioni economico-finanziarie da

parte degli analisti è influenzata da alcuni fattori di contesto:82

 livello di rischio sistematico83. Quando questo risulta elevato, la

disponibilità di informazioni relative a singole aziende ha una rilevanza minore rispetto alle variabili macroeconomiche, che hanno un maggior impatto nei modelli di valutazione. Ciò è dimostrato dai numerosi casi di

78 Per approfondimenti sull’informativa volontaria nel contesto italiano si rimanda a: Quaglia A., 2004,

op.cit; Corvi E., 2000, op.cit.; Corvi E., 1997, op.cit.; Quagli A., Teodori C. (a cura di), L’informativa

volontaria per settori di attività, Franco Angeli, Milano, 2005. Per una panoramica internazionale si

rimanda invece ai lavori di alcune prestigiose associazioni di categoria: AICPA, American Institute of Certified Public Accountants, Improving Business Reporting – A customer focus: A comprehensive report

of the special committe on financial reporting, New York, 1994; FASB, Financial Accounting Standards

Board, Improving Business Reporting: insights into enhancing voluntary disclosure. Steering committee

report, Business report research project, 2001; ICAEW – Institute of Chartered Accountants of England

and Wales, New Reporting models for business, Londra, 2003; IASB- International Accounting Standards Board, IFRS Practice Statement Management Commentary, 2010; e ai seguenti paper che le riassumono in modo molto efficace: Bendotti G., IFRS Practice Statement Management Commentary: profili teorici,

finalità, caratteristiche, contenuto, Università degli studi di Brescia, dipartimento di Economia

Aziendale, paper numero 128, Ottobre 2012; Quagli A., 2002, op.cit., p.661-681

79 Nel paragrafo 2.4 verrà trattata l’ampia letteratura a riguardo. 80 Cavezzali, 2012, op.cit., p.13, Quagli A., 2002, op.cit., p.687 81

Quagli A., 2002, op.cit., p.687-688

82 Quagli A., 2002, op.cit., p.692 e seguenti

83 Bini M., Informazione societaria volontaria in Italia: le specificità e le prospettive di cambiamento, in

Guatri L., Eccles R. G. (a cura di), Informazione e valore. Il caso italiano, Egea, Milano, 2000, p.50 e seguenti

(26)

160

sottovalutazioni di titoli azionari di aziende dai fondamentali solidi durante fasi recessive e viceversa.

 il grado di maturità e stabilità del settore industriale in cui operano le

aziende. Al crescere di tali fattori, la domanda informativa relativa alle

singole società diminuirà poiché queste ultime tenderanno a riprodurre comportamenti passati, con una maggior prevedibilità dei risultati futuri. A ciò si aggiunge il fatto che difficilmente nuovi analisti si interesseranno a tali società, visto che la loro attenzione si rivolge in gran parte ai settori dinamici da cui è lecito attendersi rapide evoluzione dei corsi azionari e dunque guadagni speculativi.

 grado di sofisticazione raggiunto dall’informativa dovuta. Al crescere di questo fattore, la domanda informativa dovrebbe ridursi, in quanto esso potrebbe essere di per sé sufficiente a soddisfare i bisogni conoscitivi degli utenti. Ciò potrebbe non accadere se si considera la volontà da parte degli analisti di ottenere in ogni caso un vantaggio informativo rispetto ai suoi colleghi

 grado di sviluppo complessivo del mercato dei capitali. Tale fattore influenza positivamente l’affidabilità delle informazioni circolanti nel mercato, aumentandone dunque la domanda

 le innovazioni nell’offerta di informazioni da parte delle aziende. La domanda informativa può non solo incoraggiare l’offerta, ma in alcuni casi può ricevere a sua volta degli stimoli da un’offerta innovativa di informazioni. Qualora alcune società forniscano informazioni nuove- nel tipo o nel modo- gli analisti potrebbero di conseguenza iniziare a richiederle anche alle altre società, generando una nuova domanda.

Le informazioni fornite dalle società dovranno seguire determinati criteri per risultare efficaci: correttezza; chiarezza; parità di accesso per gli investitori (divieto di selective disclosure); tempestività; affidabilità; disaggregazione dei

(27)

161

dati; connotazione prospettica dei dati; comprensibilità; comparabilità e

attendibilità.84

2.3 Il ruolo e l’importanza degli analisti all’interno del sistema finanziario

Gli anni Novanta sono stati denominati dalla stampa finanziaria americana l’“era degli analisti”, a causa dell’importanza che essi hanno avuto sia nei confronti della vasta platea degli investitori che verso gli intermediari presso cui erano

impiegati.85

In tali anni il rilievo delle loro indicazioni è sensibilmente aumentato in quanto si sono affacciati al mondo degli investimenti finanziari molti soggetti inesperti, per cui l’informazione primaria delle società risultava troppo vasta e tecnica, sì da rendere necessaria l’interposizione di una documentazione più chiara e sintetica.86

Gli analisti sono degli specialisti dell’informazione derivata: essi filtrano le informazioni economico-finanziarie fornite dalle società e le elaborano ottenendo

dati di maggior interesse per gli investitori,87 grazie alle loro maggiori

competenze, per le quali risultano più abili ad interpretare tali informazioni.88

L’aspetto qualificante del loro lavoro consiste nell’analiticità dei dati che riescono ad ottenere dalle imprese e nella tempestività che caratterizza tale

processo di approvvigionamento delle informazioni.89

Tipicamente lavorano presso prestigiose banche d’investimento, società di

consulenza o di ricerca, la cui elevata reputazione influisce sugli investitori.90

84 Quagli A., 2004 op.cit., p.140-142, Fumagalli M., 2004, op.cit., p.16-19, Quagli A., 2002, op.cit.,

p.682-686

85

Hong H., Kubik J. D., Analyzing the analysts: career concerns and biased earnings forecasts, The journal of finance, vol.58, 2003, p.313

86 Di Castri S., 2004, op.cit., p.483 87 Quagli A., 2002, op.cit., p.658

88 Ramnath S., Rock S., Sane P., The financial analyst forecasting literature: a taxonomy with

suggestions for further research, International Journal of Forecasting, 2008, p.53, Marhfor A., M’zali B.,

Charest G., Stock price informativeness and analyst coverage, University of Québec at Montréal, p.3

89 Corvi E., 2000, op.cit., p.166

90 Bonini S., Zanetti L, Bianchini R., The predictive powe of analysts’ target prices, Università

Riferimenti

Documenti correlati