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Appendice. Il racconto anglocanadese: cenni storici.I. Introduzione

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Appendice. Il racconto anglocanadese: cenni storici.

I. Introduzione

È stato calcolato che, soltanto a partire dagli anni Ottanta fino ad oggi, in Canada sono state pubblicate più di seicento raccolte di racconti di soli autori canadesi di lingua inglese, senza contare le antologie che raccolgono periodicamente i racconti più rappresentativi del genere nonché i più apprezzati dal pubblico1. Eppure, a fronte di un simile proliferare di

materiale narrativo, lascia per lo meno perplessi l'esiguo numero di studi dedicati a quello che ad oggi è unanimemente riconosciuto come «the flagship genre of Canadian Literature»2.

Poco meno di una decina sono gli studi validi, esaurienti e ben documentati di cui è possibile avvalersi per offrire un panoramica della storia del racconto canadese in lingua inglese3. Dei

contributi italiani, l'unico a rimanere un testo di riferimento ancora attuale è la raccolta di saggi ad opera di Alfredo Rizzardi4, in cui vari studiosi propongono le loro personali chiavi di

lettura di alcuni fra gli autori di racconti più rappresentativi del panorama letterario anglocanadese nell'arco dello scorso secolo: Margaret Atwood, Alice Munro e Mavis Gallant, ovviamente; ma anche di Margaret Laurence, Timothy Findley, Gwendolyn MacEwen, Marian Engel, Sinclair Ross, Jane Urquhart, Sheila Watson. Degli autori citati, tuttavia, solo Alice Munro e Mavis Gallant si sono dedicate pressoché esclusivamente al racconto; altri, come Sinclair Ross o Margaret Atwood o Timothy Findley, annoverano fra le loro opere anche romanzi, opere di saggistica o raccolte poetiche. Spenderei un'ultima parola per inquadrare la posizione del racconto anglocanadese in Italia in base alle traduzioni. A parte alcune sporadiche edizioni presso case editrici minori, i racconti di autori anglocanadesi

1 R. Thacker, “Short Fiction”, in E.M. Kröller (ed.), The Cambridge Companion to Canadian Literature, Cambridge, Cambrige University Press, 2004, p. 191.

2 R. M. Nischik, “The Canadian Short Story: Status, Criticism, Historical Survey”, in R.M. Nischik (ed.), The Canadian Short Story. Interpretations, Rochester, Camden House, 2007.

3 Senza contare i saggi introduttivi che di volta in volta hanno accompagnato la pubblicazione delle raccolte e delle antologie di racconti anglocanadesi, basti pensare a quelli a cura di Robert Weaver o Michael Ondaatje, come risulta dalla bibliografia in calce allo studio, di seguito riportiamo i testi fondamentali per la conoscenza del genere in questione, in ordine cronologico: W. H. New, Dreams of Speech and Violence. The Art of the Short Story in Canada and New Zealand, Toronto, University of Toronto Press, 1987; M. Gadpaille, The Canadian Short Story, Oxford, Oxford University Press, 1988; S. Vauthier, Reverberations: Explorations in the Canadian Short Story, Concord, House of Anansi Press, 1993; A. Rizzardi (ed.), Moderni e post moderni. Studi sul racconto canadese, Abano Terme, Piovan Editore, 1994; G. Lynch, A.Arnold Robbeson, Dominant Impressions. Essays on the Canadian Short Story, Ottawa, University of Ottawa Press, 1999; G. Lynch, The One and the Many. English-Canadian Short Story Cycles, Toronto, University of Toronto Press, 2001; R.M. Nischik (ed.), The Canadian Short Story. Interpretations, Rochester, Camden House, 2007.

4 A. Rizzardi (ed.), Moderni e Post-moderni. Studi sul racconto canadese del Novecento, Abano Terme, Piovan Editore, 1994.

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hanno attratto l'attenzione degli editori solo di recente. Le traduzioni di Alice Munro, per citare la più conosciuta e apprezzata scrittrice di racconti nel panorama letterario anglocanadese, sono iniziate ad apparire in Italia soltanto a partire dalla metà degli anni Novanta, dapprima per La Tartaruga, poi, a partire dal volume Il sogno di mia madre5, per

Einaudi. Mi sembra opportuno rammentare, in merito, che la prima raccolta di Mavis Gallant in traduzione italiana esce nel 1989 per Bompiani, con il titolo Sospeso in un pallone. Dodici

storie parigine6. Occorre attendere il 2005 per la seconda raccolta, Al di là del ponte e altri racconti7, tradotta per Rizzoli da Giovanna Scocchera, mentre nel 2007, sempre per Rizzoli,

esce Varietà di Esilio8. Nella postfazione di quest'ultimo volume non possiamo fare a meno di

notare un grossolano errore: nel riferirsi alla casa editrice canadese McClelland&Stewart, il cognome di George Stewart, che nel 1918 prese definitivamente il posto di Frederick Goodchild, secondo socio fondatore, diventa inspiegabilmente Stuart. Recentemente, le traduzioni di tre racconti di Mavis Gallant sono state incluse nel volume Donne in viaggio9,

assieme a testi di altre scrittrici quali Jane Urquhart e Janice Kulyk Keefer.

Tuttavia, prima degli anni Ottanta, anche nel suo stesso paese d'origine il racconto anglocanadese non conosceva quella diffusione e quel prestigio che lo avrebbero ben presto reso il simbolo, la massima espressione della letteratura canadese contemporanea.

II. I precursori: il racconto anglocanadese nel XIX secolo e agli inizi del Novecento. Benché forme di narrativa breve orale – storie e miti della creazione – esistessero già in Canada ad opera delle popolazioni native, la critica concorda nell'individuare la nascita del racconto canadese in lingua inglese all'incirca negli anni Trenta dell'Ottocento, con la pubblicazione, nel 1836, di The Clockmaker; or The Sayings and Doings of Samuel Slick, of

Slickville10 di Thomas Chandler Haliburton (1796-1865). Si tratta di una serie di bozzetti

umoristici, in cui la narrazione si alterna ai dialoghi tra il narratore, proiezione diegetica dello stesso Haliburton, e Sam Slick, venditore di orologi originario del Connecticut, e riporta incontri e inconvenienti di cui sono involontariamente partecipi i due personaggi. Nasce così la tendenza ad un'espressione letteraria umoristica e ironica tipicamente anglocanadese, e forse questi racconti meritano di essere ricordati come i precursori del genere più che per le loro caratteristiche stilistiche e tematiche. Stephen Leacock (1869-1944) rielabora i motivi caratteristici del bozzetto umoristico di Haliburton e li ripropone a sua volta in brevi saggi, nei burlesque e nelle parodie che pubblica su vari periodici, e che, a partire dal 1910 con Literary

5 A. Munro, Il sogno di mia madre, trad. it. S. Basso, Einaudi, Torino, 2001.

6 M. Gallant, Sospeso in un pallone. Dodici storie parigine, Milano, Bompiani, 1989. 7 M. Gallant, Al di là del ponte e altri racconti, trad. it. G. Scocchera, Milano, Rizzoli, 2005. 8 M. Gallant, Varietà di esilio, trad. it. G. Scocchera, Milano, Rizzoli, 2007.

9 M. Gallant, J. Kulyk Keefer, J. Urquhart, Donne in viaggio. Voci femminili del Canada, Firenze, Le Lettere, 2007.

10 T. C. Haliburton, The Clockmaker; or The Sayings and Doings of Samuel Slick, of Slickville, New York, William H. Colyer, [1836] 1840.

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Lapses11, iniziano ad essere raccolti in volumi. “My Financial Career”, il bozzetto che apre la

raccolta, si allontana dalle caratteristiche stereotipate dell'aneddoto satirico o umoristico di origine inglese per approdare ad una forma espressiva originale, ed è considerato uno dei primi racconti canadesi.

Accanto ai racconti, o bozzetti, in cui i personaggi erano caratteristici di un certo luogo e di una certa compagine sociale, si sviluppa contemporaneamente quella che Gadpaille definisce la «naturalistic animal story»12. Gli autori più rappresentativi di questa tipologia di

racconto sono Sir Charles G.D. Roberts (1860-1943), Ernest Thompson Seton (1860-1946) e William Alexander Fraser (1857-1933).

Prima di procedere oltre, occorre ricordare che gli autori cui finora si è fatto cenno, non hanno lasciato solo racconti. Al contrario, la maggior parte degli scrittori che introdurremo brevemente in questo inquadramento storico non si è dedicata esclusivamente al racconto. Roberts, ad esempio, è autore di poesie, romanzi e testi di saggistica, come Seton e anche lo stesso Fraser.

I racconti più rappresentativi di Roberts, a partire dal primo “Do Seek Their Meat from God”, comparvero dapprima sulla rivista Harper's nel dicembre del 1892, poi in varie raccolte, fra le quali le più apprezzate furono The Kindred of the Wild (1902) e The Haunters

of the Silence (1907)13. Gli animali che popolano le sue storie fanno affidamento sulla fortuna

e sull'istinto, e subiscono un processo di antropomorfizzazione per il quale condividono i medesime istinti negativi dell'essere umano, cupidigia, ira, odio, vendetta, ma anche la sua sensibilità, rovesciando il paradigma per il quale l'uomo è necessariamente simbolo di civiltà e l'animale di pulsioni barbare e selvagge, fuori controllo. Nei racconti di Seton, al contrario, l'istanza narrativa è decisamente umana, spesso didascalica, e l'attività animale è spesso filtrata attraverso il suo punto di vista. All'uomo sono concesse capacità di interpretare e tradurre il linguaggio ferino, tuttavia il mondo animale è reso in termini più realistici, attraverso racconti che diventano simili a cronache delle varie attività che si svolgono al suo interno. Dei due autori, Roberts è tuttavia il solo a fare largo uso dell'ironia, anticipando in un certo senso uno dei caratteri dominanti della letteratura del ventesimo secolo.

Fraser, al contrario, scrive storie di animali nella cui organizzazione del discorso narrativo è percepibile una chiara eco delle Scritture, mentre le trame rimandano alle favole di Esopo, al Parliament of Fowles di Chaucer e ai Jungle Books di Rudyard Kipling, questi ultimi pubblicati nel 1894 e 189514. Gli animali, nei suoi racconti, hanno personalità ben

delineate, dimostrano padronanza del linguaggio ed esprimono sentimenti vicini a quelli degli esseri umani, mutuandone anche l'organizzazione sociale e politica. Fraser mostra anche una

11 S. Leacock, Literary Lapses. A Book of Sketches, Whitefish, Kessinger Publishing, [1910] 2004. 12 M. Gadpaille, The Canadian Short Story, Oxford, Oxford University Press, 1988, p. 4.

13 Sir C. G. D. Roberts, The Kindred of the Wild, Toronto, Copp & Clark; Boston, Page, 1902; The Haunters of the Silence, New York, Grosset and Dunlap, 1907.

14 R. Kipling, The Jungle Books, Harmondsworth, Penguin, 1989. Il volume è in realtà una ristampa delle prime edizioni sia di The Jungle Book che di The Second Jungle Book, preceduti da un'introduzione critica a cura di Daniel Karlin.

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certa verosimiglianza nelle accurate descrizioni del paesaggio canadese e negli atteggiamenti degli animali, spesso indicati con il nome a loro attribuito dalle popolazioni native.

Contemporanei a Roberts, Seton e Fraser, altri due autori minori, Edward William Thomson (1894-1924) e Gilbert Parker (1862-1932), pubblicano racconti, generalmente bozzetti più o meno umoristici che ritraggono momenti di vita quotidiana sullo sfondo di avvenimenti storici come la Guerra civile statunitense in Thomson, o le varie fasi dell'esplorazione del territorio canadese nord-occidentale, dove Parker ambienta la maggior parte dei suoi racconti, pur non avendolo mai visitato.

Alla nascita del genere contribuiscono anche alcune scrittrici, come Isabella Valancy Crawford (1850-87) e Susie Frances Harrison (1859-1935), note tuttavia più per la loro produzione poetica che non per i racconti che entrambe hanno pubblicato. La prima scrive su periodici di Toronto, Montreal e New York soprattutto ai fini di sostenersi economicamente15,

mentre la seconda esordisce con una raccolta, Crowded Out! And Other Sketches16, sotto lo

pseudonimo di Seranus. Per quanto riguarda Harrison, si tratta soprattutto di idilli romantici i cui protagonisti sono solitamente immigrati inglesi in Canada, o turisti britannici che visitano varie parti del paese. Come è riscontrabile anche nei racconti di Valancy Crawford, lo stile e la tecnica narrativa dimostrano tuttavia la scarsa dimestichezza di entrambe con le modalità espressive della prosa breve, che si traduce in quello che Gadpaille definisce «[...] an amateurish command of structure, an extreme artficiality of language in narrative and dialogue, and a penchant for romantic twaddle»17.

Una maggiore sensibilità nei confronti di problematiche che esulano dalla tradizione del bozzetto umoristico e della “animal story” è evidente nella raccolta In the Village of

Viger18 (1896), ad opera di Duncan Campbell Scott (1862-1947), che, per Nischik, «[...] can

be seen as a turning point in the development of Canadian short fiction, foreshadowing modernism»19. Come precisa anche Gadpaille, benché le storie suggeriscano un'ambientazione

idillica in un villaggio rurale del Quebec, le tematiche e i motivi che legano i vari racconti sono del tutto diverse da quelle finora espresse dagli altri autori. Il realismo nelle storie di Scott è sottolineato dalla percezione di un imminente cambiamento dei tempi, che lascia intravedere la consistente influenza di narratori francesi a lui coevi quali Gustave Flaubert e Guy de Maupassant. Si tratta di una novità rispetto ai temi finora ricorrenti nel racconto canadese: Scott mette in evidenza il momento critico, decisivo, in cui i suoi personaggi si trovano a dover scegliere tra il vecchio corso della propria esistenza e uno nuovo, scelta non sempre libera da condizionamenti estranei alla loro volontà. I personaggi sono profondamente

15 Una scelta di sette storie di Isabella Valancy Crawford è stata curata da Penny Petrone a metà degli anni Settanta, ed è stata pubblicata con il titolo Selected Stories of Isabella Valancy Crawford. (Isabella Valancy Crawford, Selected Stories of Isabella Valancy Crawford, Ottawa, Ottawa University Press, 1975.)

16 S. F. Harrison, Crowded Out! And Other Sketches, Whitefish, Kessinger Publishing, [1886] 2005. 17 M. Gadpaille, op. cit., p. 11.

18 D. Campbell Scott, In the Village of Viger, Boston, Copeland and Day, 1896.

19 R. M. Nischik, “The Canadian Short Story: Status, Criticism, Historical Survey”, in R. M. Nischik (ed.), op. cit., p. 5.

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radicati alle abitudini e alle convenzioni sociali della loro piccola comunità, che tuttavia si trasforma sotto i loro occhi per effetto dell'urbanizzazione incalzante: i campi sono percorsi dalle nuove strade verso la città, dove anche le vedove si recano al lavoro, mentre le prime vetture a motore turbano la quiete del luogo. Scott propone un personaggio alle soglie della modernità, dinamico piuttosto che statico, plasmato dalla realtà geografica e sociale a lui contemporanea, che inizia a sperimentare quella frammentazione della personalità e della coscienza tipicamente espressa negli scritti dei modernisti.

Sono tuttavia lo stile particolarmente sofisticato e il marcato realismo tipici della narrativa di Sara Jeannette Duncan (1861-1922) ad influenzare più direttamente il racconto canadese agli inizi del Ventesimo secolo. Autrice soprattutto di romanzi, pubblica una sola raccolta di racconti nel 1903, The Pool in the Desert20; oltre ad echi della narrativa di Henry

James, Duncan deve molto alla sua attività giornalistica, che spiega l'incisività della sua voce, nonché la capacità di cogliere con sicurezza ogni dettaglio significativo di un dato contesto. Come ricorda Nischik, a questa scrittrice dobbiamo il credo realista secondo il quale la vita deve essere rappresentata per com'è, e non per come dovrebbe essere21, che esercita una

profonda influenza sulla letteratura canadese fino a tutta la prima metà del secolo. III. Il racconto anglocanadese nella prima metà del XX secolo.

Il racconto anglocanadese si trasforma in un genere dalle caratteristiche formali e tematiche proprie solo a partire dagli anni Venti, con l'avvento del racconto modernista in Europa e, successivamente, in Nordamerica. In Canada, l'attenzione alle avanguardie letterarie, e quindi un'evoluzione delle tematiche e delle forme espressive del racconto, è dovuta in gran parte a Raymond Knister (1899-1932), il quale, nel 1928, pubblica, con il titolo Canadian Short Stories22, la prima antologia in cui sono raccolti racconti di autori

canadesi. Diciassette sono i racconti inclusi, scelti a partire da duecentottanta storie di centododici diversi scrittori che, dagli anni Novanta dell'Ottocento, hanno pubblicato i propri lavori su riviste o periodici oppure in raccolte più o meno note: ad esempio, E.M. Thomson, “The Privilege of Limits” (1891); Stephen Leacock, “The Great Election in Missinaba” (1912); Duncan Campbell Scott, “Labrie's Wife” (1923); Morley Callaghan, “Last Spring They Came Over” (1929), tuttora frequentemente antologizzata. Knister scelse di escludere i propri lavori dall'antologia: le sue storie sono state riunite per la prima volta nel 1972 da Michael Gnarowski nel volume Selected Stories by Raymond Knister23, cui ha fatto seguito

quattro anni più tardi The First Day of Spring: Stories and Other Prose, a cura di Peter Stevens24.

20 S. J. Duncan, The Pool in the Desert, New York, D. Appleton & Co., 1903. 21 R. M. Nischik, op. cit., p. 5, passim.

22 R. Knister (ed.), Canadian Short Stories, Toronto, MacMillan Company of Canada Ltd., 1928. 23 R. Knister, The Selected Stories of Raymond Knister, Ottawa, Ottawa University Press, 1972.

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Knister rifiuta le trame stereotipate, fino a quel momento caratteristica comune del racconto anglocanadese, e gli stilemi comunemente in uso: preferisce un racconto la cui trama è pressoché inesistente, per concentrarsi sull'evocazione vivida ma allo stesso tempo ambigua dei luoghi e dei personaggi, la cui vita nelle fattorie dell'Ontario sud-occidentale è evocata attraverso il ricorso ai dialoghi e all'azione, piuttosto che mediante parti descrittive. Altre storie, quelle che Nischik chiama le «state of mind stories»25 come “Elaine” oppure “The Fate

of Mrs. Lucier”, riducono ulteriormente la presenza di eventi nella trama, che da esperienza vissuta diviene simbolo della consapevolezza del reale da parte delle protagoniste.

Un terzo gruppo di racconti riflette la breve esperienza lavorativa di Knister negli Stati Uniti: storie come “Hackman's Night” e “Innocent Man” presentano tuttavia caratteristiche stilistiche e tematiche che le differenziano dalle «state of mind stories», avvicinandole alla tipologia del poliziesco. In tutto Knister ha pubblicato circa un centinaio di storie, di cui soltanto la metà è oggi disponibile a stampa, nonostante abbiano avuto il ruolo fondamentale di preparare la via al racconto modernista in Canada. I racconti di Knister, profondamente influenzati dalla poetica imagista, sono caratterizzati da un'economia espressiva che si traduce in uno stile conciso, in cui sono le immagini evocate a trasmettere sentimenti ed emozioni. In “Elaine”, soprattutto, troviamo numerosi stilemi tipicamente modernisti: sono evidenti un'ambiguità di fondo, l'allusività delle situazioni, mai chiaramente delineate, quindi il frequente ricorso ad ellissi nel discorso narrativo, e un'attenzione quasi morbosa alle profondità dell'inconscio dei personaggi. Il significato di alcuni racconti di Knister appare eccessivamente oscuro; l'esegesi è resa più ardua da uno stile non sempre impeccabile, sui cui difetti concorda la maggior parte dei critici. Nischik li riassume in questi termini: «Stylistic inconsistencies such as unclear pronoun referents, clumsy sentence rhythms, inadequate vocabulary, or awkward expressions occasionally disturb the quality of Knister's innovative stories»26.

Altri autori che appartengono a questa generazione, e che hanno offerto un contributo significativo all'evoluzione del racconto anglocanadese, sono, fra gli altri, Frederick Philip Grove (1897-1948), Morley Callaghan (1903-'90), Sinclair Ross (1908-'96), Ethel Wilson (1888-1980), Hugh Garner (1913-'79), Joyce Marshall (n. 1913) e Sheila Watson (1909-'98).

Grove, al contrario di altri suoi contemporanei orientati verso un'evoluzione in senso modernista della propria opera come lo stesso Knister e Morley Callaghan, è una figura di transizione. Lo stile e le tematiche della sua narrativa risentono ancora dell'influenza dei narratori statunitensi del diciannovesimo secolo (come Bret Harte, Mark Twain, Ambrose Bierce, Stephen Crane e Jack London); l'ambientazione nel paesaggio inospitale delle praterie canadesi che caratterizza la sua opera esercita un'influenza progressiva sui suoi eredi, tanto che Grove è ritenuto il capostipite di una corrente sviluppatasi in concomitanza con il modernismo anglocanadese e definita realismo delle praterie. L'influenza ineludibile,

25 R. M. Nischik, op. cit., p. 7. 26 R. M. Nischik, op. cit., p. 7.

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opprimente, dell'ambiente sociale e naturale; i personaggi taciturni, in lotta contro un fato già prestabilito; il ritratto attento, verosimile, dello sfondo, dei personaggi, delle loro privazioni, della trama stessa: sono tutti motivi che ritorneranno anche nelle storie di Sinclair Ross, altro autore fondamentale per comprendere la portata del realismo delle praterie nella letteratura del Canada anglofono. Grove e Ross condividono anche un curioso destino: benché entrambi resi celebri dai loro romanzi27, solo tardivamente si è compreso lo spessore letterario dei loro

racconti, che sono stati pubblicati in raccolte per la prima volta solo agli inizi degli anni Settanta. Tales from the Margin: The Selected Stories of Frederick Philip Grove28, a cura di

Desmond Pacey, è il primo volume a includere una selezione dei suoi racconti, mentre The

Lamp at Noon and Other Stories29 raccoglie alcune tra le storie di Ross antologizzate più di

frequente, come “The Lamp at Noon” e “The Painted Door”. Se l'influenza dell'opera di Grove è particolarmente evidente nello stile, nell'ambientazione e nei temi della narrativa di Ross, quest'ultimo dimostra la sua originalità soprattutto nel trasformare le praterie del Saskatchewan da sfondo documentaristico, quasi sentimentale30, a una regione della mente,

correlativo oggettivo dell'inconscio dei personaggi. Eventi e immagini della realtà esteriore diventano quindi espressione simbolica, indiretta, degli stati più intimi dell'animo umano, di solito avvilito, impotente di fronte alle privazioni economiche e alla desolazione sociale, culturale e affettiva delle praterie degli anni immediatamente successivi alla Depressione del 1929. W. O. Mitchell (1914-'98), Margaret Laurence (1926-'87), Rudy Wiebe (n.1934) e Guy Vanderhaeghe (n.1951), ovvero la generazione successiva dei “prairie writers”, risentono inequivocabilmente delle tematiche di Grove e Ross, che tuttavia adatteranno al proprio stile e alla propria poetica, come avremo modo di vedere in seguito.

La prima raccolta di Morley Callaghan, A Native Argosy31, mette in evidenza, al

contrario, alcuni tratti comuni con la produzione letteraria di Knister: toglie importanza all'intreccio a favore delle riflessioni frammentarie sui mondi interiori dei personaggi e sottolinea non gli eventi straordinari, ma quelli quotidiani, insignificanti, eppure fondamentali per i personaggi delle sue storie. Altri elementi che caratterizzano la sua prosa sono l'aperta ironia dell'istanza narrativa, l'ambiguità delle trame e del linguaggio, e, soprattutto, lo stile narrativo conciso, laconico. Nella sua prima raccolta, in particolare, Callaghan predilige figure ai margini della società, in conflitto con se stessi e con il contesto sociale in cui si trovano inseriti, personaggi di cui l'autore sottolinea la dignità, pur con un tono implicitamente moralistico. L'ambientazione è completamente diversa rispetto al realismo delle praterie: la maggior parte dei racconti è situata in complesse realtà urbane quali Toronto, New York e Montreal, oppure in centri minori dell'Ontario meridionale.

27 Mi riferisco a S. Ross, As for Me and My House, Toronto, McClelland & Stewart, [1941] 2008 e F. P. Grove, Over Prairie Trails, Whitefish, Kessinger Publishing, [1922] 2004.

28 F. P. Grove, Tales from the Margin: The Selected Stories of Frederick Philip Grove, Toronto, Ryerson Press McGraw Hill, 1971.

29 S. Ross, The Lamp at Noon and Other Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1968. 30 Si pensi alle opere di Ralph Connor (1860-1937).

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Vancouver e l'interno rurale della British Columbia sono invece i luoghi prediletti da Ethel Wilson, che offre una prospettiva sugli spazi urbani diversa da quella di Callaghan o di Garner. I suoi racconti sottolineano il contrasto tra l'identità metropolitana e gli aspetti più naturali, rurali, della città stessa: Vancouver è uno spazio liminale, di transizione e di fuga, ma anche di relazioni umane frustrate e talvolta pericolose, come in “The Window” o “Till Death Us Do Part”32, in cui l'esistenza è precaria, e i personaggi sono spesso alienati e soli. La sua

narrazione è spesso ironica, e il suo stile è caratterizzato dall'attenta cura nell'uso di parole e frasi mai ridondanti, essenziali.

Le storie di Hugh Garner sono invece più difficili da definire: ha scritto e pubblicato più di un centinaio di racconti, in cui si rispecchia la varietà del suo stile, allo stesso tempo “lowbrow”, “middlebrow” e “highbrow” secondo Paul Stewe33, e delle sue tematiche.

Tuttavia, motivi ricorrenti sono la rappresentazione di realtà urbane, Toronto, Montreal, e alcune cittadine del Quebec, l'attenzione a problemi come l'emarginazione sociale e il razzismo, oltre a una certa dimensione morale, talvolta sentimentale delle sue storie. Garner è tuttora conosciuto e apprezzato, soprattutto grazie alla frequente antologizzazione di racconti quali “One-Two-Three Little Indians”, “The Yellow Sweater” e “The Legs of the Lame”: “One Mile of Ice”, ad esempio, è inclusa nella recente miscellanea a cura di Jane Urquhart,

The Penguin Book of Canadian Short Stories34.

Anche i racconti di Joyce Marshall, finora raccolti in tre volumi35, esplorano gli effetti

della modernità sull'inconscio dei personaggi, che spesso lottano per trovare una propria identità mentre si confrontano con realtà urbane in continua evoluzione, come quelle di Toronto e Montreal. I suoi sono personaggi quasi esclusivamente femminili, alienati e allo stesso tempo tesi all'introspezione. Lo stile risente dell'influenza modernista, che è evidente soprattutto negli inizi in medias res, nel frequente ricorso all'allusività e a forme narrative sperimentali, come si può rinvenire nel racconto “The Heights”, incluso in Any Time at All. Qui è messa in luce da subito una dialettica interna alla giovane protagonista, manifesta nella presenza di una seconda coscienza narrativa, da lei percepita, che l'ha accompagnata lungo i vari stadi del suo processo di maturazione interiore. I personaggi delle sue storie sono spesso preda di un'acuta incertezza esistenziale, ma non perdono mai di vista il proprio scopo, cioè arrivare ad una conoscenza più profonda di sé e del contesto in cui vivono.

Sheila Watson è unanimemente considerata figura fondamentale per la transizione dal modernismo al postmoderno nell'ambito della letteratura anglocanadese. Benché il suo corpus

32 Alcuni racconti di Ethel Wilson sono raccolti nei volumi Mrs. Golightly and Other Stories, Toronto, McMillan of Canada, 1961 e D. Stouck (ed.), Ethel Wilson: Stories, Essays and Letters, Vancouver, University of British Columbia Press, 1987.

33 P. Stewe, “Hugh Garner” in R. Lecker, J. David, E. Quigley ((eds.)), Canadian Writers and Their Works, Toronto, ECW Press, 1985, p. 112.

34 J. Urquhart (ed.), The Penguin Book of Canadian Short Stories, Harmondsworth, Penguin, 2007. Si vedano anche: H. Garner, The Yellow Sweater and Other Stories, London, Collins, 1952; H. Garner, Men and Women, Toronto, Ryerson Press, 1966; H. Garner, The Legs of the Lame and Other Stories, Ottawa, Borealis Press, 1975. 35 J. Marshall, A Private Place, Ottawa, Oberon Press, 1975; Any Time at All and Other Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1993; Blood and Bone/ En chair et en os, Oakville, Mosaic Press, 1995.

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di racconti sia minimo, solo cinque storie, la cui composizione risale agli anni Cinquanta36, il

suo contributo è stato fondamentale. L'interesse principale dell'autrice è il rinnovamento dell'estetica narrativa, soprattutto attraverso il rifiuto dei paradigmi realisti e regionali largamente diffusi nella letteratura anglocanadese fino a quel momento. Watson porta all'estremo l'ambiguità del testo modernista, e realizza nelle sue storie un complesso ed ermetico sistema di sovrapposizione di significati multipli, che risulta spesso in un'oscura trama intertestuale di significati, rivolta ad un pubblico prevalentemente accademico37. I

personaggi che popolano il suo variegato sistema di allegorie e di rimandi intertestuali sono legati alla mitologia classica (Edipo, Antigone, Ismene, Dedalo), alla Bibbia, ma anche alle opere di autori quali William Shakespeare, James Joyce, Gertrude Stein, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung. Nischik definisce la prosa dei racconti di Watson in questi termini: «These extremely dense, impersonal allegories feature fragmentary plots, in which splinters of meaning from the realm of mythology and literature are superimposed in a collage-like fashion on aspects of Canada in the twentieth century, thus creating an abstract, seemingly unreal level of meaning»38.

Eppure, nella prima metà del Novecento, tutti questi autori si sono dovuti confrontare con due fattori che hanno penalizzato la diffusione dei loro racconti nel Canada anglofono: la poca stima in cui era tenuta la letteratura canadese in patria, rispetto a quelle europea e statunitense, e l'esiguo numero di case editrici locali. Scrittori come Knister, Grove e Callaghan, ma anche la stessa Mavis Gallant, e successivamente anche Margaret Atwood, si sono dovuti rivolgere al mercato estero, nordamericano e britannico perché il loro lavoro venisse accolto e pubblicato. Ad eccezione delle opere di Callaghan e Garner, i racconti e i romanzi degli altri autori hanno dovuto attendere gli anni Sessanta, e cioè il periodo conosciuto come Canadian Renaissance, del quale, nella prossima sezione, passeremo in rassegna gli autori principali fino ai giorni nostri.

IV. Il racconto anglocanadese contemporaneo.

La fioritura del racconto canadese di lingua inglese a partire dagli anni Sessanta è riconducibile a una molteplicità di fattori concomitanti. Sussidi governativi furono elargiti sia agli autori, anche per mezzo di premi letterari, che alle case editrici specializzate nella pubblicazione di letteratura canadese: House of Anansi Press, Coach House Press, Talonbooks e Oberon Press nacquero proprio in quegli anni grazie alla politica di supporto culturale del governo, che finanziò, e continua a finanziare, anche numerose riviste letterarie, veicolo fondamentale per la circolazione dei racconti. Come riporta Nischik, alla fine degli anni

36 S. Watson, Four Stories, Toronto, Coach House Press, 1979: include “Brother Oedipus”, “The Black Farm”, “Antigone”, “The Rumble Seat”; l'edizione successiva, Five Stories, Toronto, Coach House Press, 1984 si conclude con “And the Four Animals”, in aggiunta ai quattro racconti menzionati.

37 Cfr. R. M. Nischik, op. cit., pp. 14-15. 38 R. M. Nischik, op. cit., p. 15.

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Novanta, il Canada Council sovvenzionava per la somma di quattrocentomila dollari annui circa trenta riviste letterarie, per contare solo quelle in lingua inglese39. W. H. New, nel suo

studio sulla letteratura canadese, calcola che, dal 1960 al 1985, circa quattrocento nuovi scrittori hanno pubblicato le loro opere ricevendo apprezzamento di pubblico e critica40,

mentre Robert Thacker rileva circa seicento raccolte di racconti tutte a partire dal 1983, sintomo dell'innegabile rinascita che il racconto anglocanadese ha sperimentato negli ultimi due decenni del Ventesimo secolo. Thacker, per spiegarne il successo prima all'estero e poi in patria, insiste sulla brevità e la duttilità della forma del racconto, che lo hanno reso dapprima esportabile su riviste per la maggior parte statunitensi, come New Yorker, Esquire o Harper's

Bazaar, poi, in un secondo momento, adeguato alla distribuzione editoriale in Canada su

periodici letterari come Mayfair, Canadian Forum, Chatelaine, Queen's Quarterly, Tamarack

Review, University of Windsor Review, Wascana Review, Malahat Review e Lakehead Review,

al cui interno era dato ampio spazio alla pubblicazione di racconti.

Altri due fattori hanno contribuito alla rinascita del racconto anglocanadese in questo periodo. Fondamentale è stato il ruolo della Canada Broadcasting Company (CBC) già a partire dal 1953: Robert Weaver (1921-2008) è ideatore, nonché promotore fino al 1985, della trasmissione radiofonica Anthology, durante la quale ogni anno si calcola che siano stati letti fino a quaranta racconti di scrittori canadesi più o meno noti, a fronte di un pubblico medio di cinquantacinquemila ascoltatori settimanali. Oltre ad avere intuito le potenzialità radiofoniche del racconto ed averlo così promosso su scala nazionale, Weaver cura l'edizione di Canadian

Short Stories, cinque raccolte per la Oxford Unversity Press dal 1960 al 199141, oltre a due

volumi in collaborazione con Margaret Atwood, The Oxford Book of Canadian Short Stories

in English42 e The New Oxford Book of Canadian Short Stories in English43. Nel primo

volume di Canadian Short Stories, Weaver volle inserire anche tre racconti di autori francocanadesi, Anne Hébert (1916-2000), Roger Lemelin (n.1919) e Philippe Panneton,

alias Ringuet (1895-1960), in traduzione inglese, esperimento che non riproporrà.

La diffusione di un crescente numero di antologie di racconti anglocanadesi è l'altro fattore determinante per il successo del genere. La prima, a cura di Raymond Knister, risale al 192844; nel 1947 esce, a cura di Desmond Pacey, A Book of Canadian Stories45,

nell'introduzione al quale lo stesso Pacey attribuisce alla mancanza di un pubblico realmente interessato a pagare per racconti seri, e di un certo spessore letterario, la scarsa diffusione del

39 R. M. Nischik, op. cit., p. 16.

40 W. H. New, A History of Canadian Literature, Houndmills, Macmillan Education Ltd, [1989] 1991, p. 214. 41 R. Weaver (ed.), Canadian Short Stories,Oxford, Oxford University Press, 1960; Canadian Short Stories. Second Series, Oxford, Oxford University Press, 1968; Canadian Short Stories. Third Series, Oxford, Oxford University Press, 1978; Canadian Short Stories. Fourth Series, Oxford, Oxford University Press, 1978; Canadian Short Stories. Fifth Series, Oxford, Oxford University Press, 1991.

42 M. Atwood, R. Weaver (eds.), The Oxford Book of Canadian Short Stories in English, Oxford, Oxford University Press, 1986.

43 M. Atwood, R. Weaver (eds.), The New Oxford Book of Canadian Short Stories in English, Oxford, Oxford University Press, 1995.

44 Cfr. nota 15.

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racconto in Canada in quegli anni. Oltre alle antologie a cura di Weaver, ricordiamo anche la serie pubblicata dalla Oberon Press a partire dal 1977, Best Canadian Stories, curata da editori fra i quali ricordiamo John Metcalf, Clark Blaise, Leon Rooke e David Helwig. Grazie alla selezione operata all'interno delle varie antologie, è possibile rilevare idee diverse sulle caratteristiche prescrittive del racconto anglocanadese. George Bowering e Geoff Hancock hanno un intento volutamente non conservativo: selezionano infatti testi di altri autori che propongono modelli narrativi diversi dalla tradizione realista e modernista46. Nelle parole di

Gadpaille: «Hancock, Bowering, and other editors value a fiction of broken rules and boundaries – its essence is best captured in such terms as 'anti-fiction', 'sur-fiction', 'trans-fiction' – that, unlike modernist offerings of the more conservative anthologies, has links to myth, dream, magic, and to the older traditions of oral fiction»47. Altre antologie sono state

compilate tentando una raccolta tematica delle storie, ad esempio a seconda della loro ambientazione48, oppure tenendo conto dell'appartenenza di genere, come nelle antologie

dedicate alle scrittrici canadesi49.

Sono inoltre da ricordare le antologie pensate per una fruizione scolastica e universitaria, come alcune di quelle curate da John Metcalf50, Michael Ondaatje51 e W. H.

New52. La più recente, pubblicata nei primi mesi del 2008 a cura da Jane Urquhart53,

suddivide i testi non secondo un criterio di organizzazione cronologica, ma in base a cinque tematiche diverse, riassunte dal titolo del racconto che inaugura ogni sezione: “Part 1: The Wiew From Castle Rock”; “Part 2: This All Happened”; “Part 3: Lunch Conversation”; “Part 4: Paper Shadows”; “Part 5: My Grandfather's House”.

Di seguito forniremo un breve excursus degli autori più rappresentativi del periodo in questione e cercheremo di raggrupparli attorno a caratteri comuni, di modo da delineare un orientamento generale del racconto anglocanadese dagli anni Sessanta ad oggi.

L'unico gruppo di scrittori costituitosi con uno scopo preciso furono i “Montreal Story Teller Fiction Performance Group”, i quali diedero un contributo fondamentale allo sviluppo del racconto in Canada. Fondato da John Metcalf (n. 1938), comprendeva anche Clark Blaise (n. 1940), Hugh Hood (1928-2000), Ray Smith (n. 1941) e Raymond Fraser (n. 1941). Convinti che il racconto, forse ancor più della poesia, si prestasse alla lettura in pubblico,

46 Cfr. G. Bowering (ed.), Fiction of Contemporary Canada, Toronto, Coach House Press, 1980; G. Hancock (ed.), Illusion: Fables, Fantasies and Metafiction: An Anthology, Toronto, Aya Press, 1982, 2 voll. e Moving Off the Map: From 'Story to Fiction'. An Anthology of Contemporary Short Fiction, Windsor, Black Moss Press, 1986.

47 M. Gadpaille, op. cit., p 118.

48 Cfr. fra gli altri D. Daymond, M. Wolfe (eds.), Toronto Short Stories, New York, Doubleday, 1977, oppure A. Schroeder, R. Wiebe (eds.), Stories from Pacific & Arctic Canada: A Selection, Toronto, Macmillan, 1974. 49 Cfr. R. Sullivan (ed.), Stories by Canadian Women, Oxford, Oxford University Press, 1984 e R. Sullivan (ed.), More Stories by Canadian Women, Oxford, Oxford University Press, 1987.

50 J. Metcalf (ed.), The Narrative Voice, Toronto, McGraw-Hill Ryerson, 1972 e Making It New. Contemporary Canadian Stories, London, Methuen, 1982.

51 M. Ondaatje, Personal Fictions. Stories by Munro, Wiebe, Thomas and Blaise, Oxford, Oxford University Press, 1977.

52 W. H. New, Canadian Short Fiction: From Myth to Modern, Scarborough, Prentice Hall, 1986. 53 J. Urquhart, op. cit.

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trasformavano ogni lettura in un evento, sia che si tenesse in un'aula scolastica o universitaria, sia che fosse rivolta al pubblico presente nelle varie librerie di Montreal. Benché questi scrittori siano originari di regioni diverse del Canada, le loro storie sono tutte ambientate nel contesto urbano e sociale di Montreal, anche se ogni autore conserva la specificità della propria voce. John Metcalf, il più influente del gruppo anche per l’impulso dato alla divulgazione del racconto canadese, insiste sulla necessità di un’eccellenza letteraria come mezzo perché la letteratura del suo paese occupi un posto di rilievo nel panorama internazionale; rimane tuttavia fedele alla tradizione modernista, rifiutando ogni innovazione stilistica di tipo postmoderno, che, il più delle volte, assume ai suoi occhi la funzione di giustificare una scrittura scialba, priva di spessore, di scarsa qualità letteraria. Nelle sei raccolte pubblicate54, Metcalf mostra un particolare interesse verso i racconti satirici, come ad

esempio in “The Teeth of My Father”, “The Years in Exile” e “The Strange Aberration of Mr. Ken Smythe”, e verso quelli d’iniziazione, come “Early Morning Rabbits” o “Keys and Watercress”. In particolare, in “The Years in Exile”, Metcalf si confronta con un tema ricorrente nelle sue opere, lo scrittore come esule non solo geograficamente, ma anche secondo da un punto di vista cronologico e mentale. Il protagonista di questo racconto che, come Metcalf, ha lasciato l’Inghilterra per perseguire la sua carriera in Canada, ormai anziano, si ritrova di nuovo in esilio dalla vita attiva, dai valori della nuova generazione e dalla sua stessa attività di scrittore. Ciò che gli resta è la possibilità di tornare, con l’immaginazione, alla sua infanzia inglese, che, solo adesso gli è chiaro, è stata per lui fonte d’ispirazione lungo tutti i suoi anni oltremare.

Clark Blaise, marito della scrittrice di origine indiana Bharati Mukherjee (b.1940), è forse la personalità più cosmopolita del gruppo: nato nel Nord Dakota, e quindi cittadino americano, figlio di madre anglo-canadese e padre franco-canadese, frequenta venticinque scuole diverse a causa dell’esistenza nomade dei genitori e dei loro continui spostamenti tra Canada e Stati Uniti. Con la moglie risiede a Montreal dal 1966 fino al 1978, prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti. Ha pubblicato finora diverse raccolte di racconti55,

in cui, come accade nelle storie di Metcalf, i personaggi osservano i vari luoghi in cui si trovano attraverso la molteplice prospettiva dell’esule, dell’estraneo, costantemente di passaggio, mai stanziale. Dislocamento geografico, senso di alienazione, identità problematica e precaria sono quindi motivi ricorrenti, talvolta messi in evidenza a partire dal titolo della raccolta, come nel caso di Resident Alien, che include quattro delle sue storie che hanno per protagonista la famiglia ‘Porter/Carrier’: simbolo della mancanza di radici, il loro cognome cambia ogni volta in concomitanza con l’attraversamento della frontiera tra Canada e Stati

54 Ricordiamo ad esempio J. Metcalf, The Teeth of My Father, Ottawa, Oberon Press, 1975, Girl in Gingham, Ottawa, Oberon Press, 1978 e Adult Entertainment, Macmillan of Canada, Toronto, 1982.

55 Fra le altre, C. Blaise, A North American Education, Toronto, Doubleday Canada, 1973; Resident Alien, Harmondsworth, Penguin, 1986; Man and His World, Erin, Porcupine's Quill, 1992. Dal 2000 Porcupine’s Quill Press ha pubblicato un opera in quattro volumi, The Selected Stories of Clark Blaise, che raccoglie storie inedite e non, organizzate a seconda delle aree geografiche in cui sono ambientate: Southern Stories, 2000; Pittsburgh Stories, 2001; Montreal Stories, 2003; World Body, 2006.

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Uniti.

Le storie di Hood56, al contrario, uniscono realismo e allegoria: a partire da un mondo

evocato nei suoi dettagli quotidiani, Hood approda a un universo simbolico in cui in ogni azione deve essere colto un influsso divino. I racconti che compongono la sequenza, o ciclo,

Around the Mountain, ad esempio, sono organizzati secondo un ben preciso ordine geografico

e allegorico. Come suggerisce Gadpaille, «[e]xploiting the topography of Montreal – mountain, river, parks – he constructs a paean of praise to a diverse city and its people. […] Like Margaret Atwood, Hood evokes our almost subconscious awareness of the fairy-tale patterns of our lives, and uses them here to subvert ordinary notions of determinism and free will»57.

L'opera narrativa di Ray Smith è senza dubbio la più sperimentale degli altri membri del gruppo. Le sue storie58, fra le quali le più conosciute e antologizzate sono “The Princess,

the Boeing, and the Hot Pastrami Sandwich” e “Cape Breton Is the Thought-Control Centre of Canada”, esemplificano la tendenza, tipica degli anni Sessanta in Canada, a mettere in discussione convenzioni narrative e letterarie. “Cape Breton” si compone in tutto di trentun frammenti ripartiti fra dialoghi, riflessioni, aforismi e microstorie. Come ricorda Nischik, «[i]nsofar as thematic threads are still discernible, these fragments deal with the precarious National identity of postcolonial Canada at the time of Canadian Renaissance, especially in connection with the economic threat posed by the USA, with writing and art, and with love and relationships»59. La frammentazione cui è sottoposto il testo rifiuta ogni senso della fine,

per chiudersi invece con un paragrafo di chiara matrice anti-americana, un invito rivolto al pubblico canadese: spedire all’allora presidente Lyndon B. Johnson l’orecchio di un turista americano in una scatola di fiammiferi. Ovviamente, senza preoccuparsi del francobollo.

Un altro gruppo piuttosto eterogeneo è composto dalla seconda generazione di scrittori della prateria: William Ormond Mitchell, Margaret Laurence, Rudy Wiebe e Guy Vanderhaeghe rinnovano la tradizione ereditata da F. P. Grove e Sinclair Ross, e la adattano al mutato contesto sociale e ai nuovi paradigmi culturali. I racconti di Mitchell (1914-’98), benché ricordato soprattutto per i suoi romanzi, fra cui Who Has Seen the Wind60, hanno

seguito un percorso insolito prima di divenire conosciuti al largo pubblico: inizialmente pubblicati su riviste canadesi, riscritti dallo stesso Mitchell per varie trasmissioni radiofoniche della CBC, dal 1950 al 1956, sono infine riadattati per la messa in onda televisiva. Solo in seguito i testi sono stati pubblicati sotto forma di sequenze di racconti nei volumi Jake and

56 Fra le altre raccolte, ricordiamo qui le più significative: H. Hood, Flying a Red Kite, Toronto, Ryerson Press, 1962; Around the Mountain, Toronto, Peter Martin Associates, 1967; None Genuine Without This Signature, Downsview, ECW Press, 1980; August Nights, Toronto, Stoddart, 1985.

57 M. Gadpaille, op. cit., pp. 101-02.

58 R. Smith, Cape Breton Is the Thought-Control Centre of Canada, Toronto, Anansi Press, 1969; Century, Toronto, Stoddart, 1986; da aggiungere anche la sequenza di racconti Lord Nelson Tavern, Toronto, McClelland & Stewart, 1974.

59 R. M. Nischik, op. cit., p. 23.

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the Kid61 e According to Jake and the Kid: A Collection of New Stories62. Le storie di Mitchell

sembrano rivolgersi ad un pubblico più giovane: il microcosmo della prateria è visto attraverso un’ottica diversa, meno tetra, più umoristica. La comicità un po’ grossolana, tipica della tradizione orale, l’enfasi su situazioni tipiche di contesti minori, come le piccole cittadine rurali, il punto di vista del narratore-bambino contribuiscono a dare a questo sottogenere del racconto canadese un nuovo impulso, e un orientamento diverso dal pessimismo tipico della narrativa di Ross, ad esempio.

Rudy Wiebe (n. 1934), cresciuto fra il Saskatchewan e l'Alberta, è noto soprattutto per i romanzi in cui narra le vicende dei mennoniti nel Nuovo Mondo, ma anche di indiani, inuit e meticci. Membro della minoranza mennonita, avendo dovuto subire discriminazioni per il suo credo, Wiebe ha particolarmente a cuore la revisione della storiografia ufficiale: spesso nelle sue opere ricrea eventi e personaggi chiave della storia delle praterie canadesi, di solito prendendo le parti dei gruppi minoritari, e recuperandone la voce dall'oblio. Wiebe ha curato anche l'edizione di numerose antologie di racconti canadesi a partire dal 1970, e ha pubblicato alcune delle sue storie in tre raccolte: Where Is the Voice Coming From?, The Angel of the Tar

Sands and Other Stories, River of Stone: Fiction and Memories63. Il racconto che dà il titolo

alla prima raccolta, ad esempio, presenta già due temi chiave della poetica dell'autore: la difficoltà di scrivere, e riscrivere, la storia, e la riflessione sulla complessità prospettica nel processo di rappresentazione narrativa, dato che i due argomenti sono spesso correlati. In particolare, Wiebe suggerisce di dare maggior credito alla finzione narrativa qualora riguardi episodi in cui sono coinvolte minoranze di vario genere, dato che la storiografia ufficiale è distorta dalla sua stessa prospettiva, espressione del punto di vista dei gruppi colonizzatori e dominanti.

Guy Vanderhaeghe (n. 1951) appartiene ad una generazione successiva di scrittori della prateria, la cui realtà descrive da un'ottica prevalentemente maschile. L'uomo della prateria, nei suoi racconti, è spiritualmente prosciugato, in crisi con il suo ruolo convenzionale, debole e inadatto ad affrontare le asperità del suo contesto esistenziale, com'è evidente ad esempio nei racconti “Man Descending” e “Cages”, inclusi nella raccolta Man

Descending: Selected Stories64, che gli valse il Governor General's Award for English

Language Fiction nel 1982, l'anno successivo all'assegnazione dello stesso premio a Mavis Gallant. Altre racconti in cui l'autore esplora questa tematica sono raccolti in The Trouble

With Heroes: And Other Stories e Things As They Are? Short Stories65. L'autore si è in seguito

dedicato con notevole successo prevalentemente al romanzo, per sviluppare motivi e temi già

61 W. O. Mitchell, Jake and the Kid, Toronto, Macmillan of Canada, 1961.

62 W. O. Mitchell, According to Jake and The Kid: A Collection of New Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1989.

63 R. Wiebe, Where Is the Voice Coming From?, Toronto, McClelland & Stewart, 1974; The Angel of the Tar Sands and Other Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1982; River of Stone: Fictions and Memories, London, Vintage Books, 1995.

64 G. Vanderhaeghe, Man Descending: Selected Stories, Toronto, Macmillan of Canada, 1982.

65 G. Vanderhaeghe, The Trouble With Heroes: And Other Stories, Ottawa, Borealis Press, 1983; Things As They Are? Short Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1992.

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presenti nelle raccolte: The Englishman's Boy66 gli è valso il Governor General's Award for

Fiction del 1996, nello stesso anno della sua pubblicazione, mentre l'ultimo, The Last

Crossing67, bestseller in Canada, ha vinto altri numerosi premi, fra i quali il Canadian

Booksellers Association Libris Award - Fiction Book of the Year 2003.

Margaret Laurence (1926-'87) ha pubblicato solo due raccolte di racconti: The

Tomorrow-Tamer nel 1963 e A Bird in the House68 sette anni più tardi. La prima riunisce le

storie ispirate all'autrice dal suo lungo soggiorno in Africa dal 1950 al '57, fra le quali “The Rain Child”, “A Gourdful of Glory”, “Godman's Master”: il tema principale è la libertà, personale, politica e sociale, esemplificata attraverso la rappresentazione della lotta africana per l'indipendenza. Il ciclo, o sequenza, di racconti A Bird in the House è invece parte della serie di Manawaka, la fittizia cittadina del Manitoba creata dall'autrice a partire dalla sua Neepawa, in cui è ambientato il ciclo di romanzi di cui fanno parte, fra gli altri, A Jest of God, vincitore del Governor General's Award for Fiction nel 1967, The Stone Angel e The

Diviners69. Si tratta di otto storie in cui è ripercorsa l'evoluzione che porta la protagonista,

Vanessa MacLeod, ad emanciparsi dal ruolo subalterno riservato alle donne nella sua famiglia e nella sua piccola comunità, e a diventare una scrittrice affermata. Come riassume Nischik: «The text delivers a realistic evocation of small-town life and social structures in the Canadian prairie, subtle character sketches, and a gradual thematic buildup in the manner of a Bildungsroman»70. Liberarsi dalle limitazioni imposte attraverso le convenienze sociali è un

tema ricorrente nell'opera dell'autrice, soprattutto in misura direttamente proporzionale all'altro motivo, la graduale ma irreversibile affermazione della donna nella società canadese. Questa sua raccolta è paradigmatica all'interno della narrativa anglocanadese dal punto di vista di quella che Nischik definisce «gender-conscious writing»71. Margaret Laurence è

infatti fra le prime la cui narrativa delinea il processo di emancipazione psicologica, emotiva e intellettuale del personaggio femminile all'interno di una società organizzata secondo una gerarchia esclusivamente patriarcale, come appunto Manawaka, metafora di molti altri centri delle province canadesi.

Altre scrittrici hanno sviluppato questo stesso tema nei loro racconti, romanzi e poesie, come Marian Engel, Jane Rule, Audrey Thomas e Carol Shields, ed è evidente il contributo che la scrittura femminile ha portato alla letteratura canadese: non è un caso se gli esponenti più rappresentativi dell'eccellenza del panorama letterario del Canada anglofono, non solo dal punto di vista della narrativa breve, sono proprio tre donne, Alice Munro, Margaret Atwood e Mavis Gallant.

66 G. Vanderhaeghe, The Englishman's Boy, Toronto, McClelland & Stewart, 1996. 67 G. Vanderhaeghe, The Last Crossing, Toronto, McClelland & Stewart, 2002.

68 M. Laurence, The Tomorrow-Tamer, London, Macmillan, 1963; A Bird in the House, Toronto, McClelland & Stewart, 1970.

69 M. Laurence, The Stone Angel, New York, Knopf, 1964; A Jest of God, New York, Knopf, 1966; The Diviners, Toronto, McClelland & Stewart, 1974.

70 R. M. Nischik, op. cit., p. 28. 71 R. M. Nischik, op. cit., p. 32.

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Marian Engel (1933-'85), benché più conosciuta per il suo romanzo Bear72, ha

pubblicato anche due raccolte, Inside the Easter Egg e The Tattoed Woman73. Nei suoi

racconti, l'autrice si sofferma su temi che coinvolgono da vicino le protagoniste, solitamente donne di mezz'età: il processo di socializzazione tra donne, anche giovani, mediante il quale definiscono il loro io in relazione all'altro con cui si mettono a confronto; le conseguenze della maturità, dell'invecchiamento, della chirurgia sul corpo e sulla psiche femminile. Esempio di queste tematiche è il racconto “The Tattoed Woman”, in cui la protagonista, dopo la confessione della relazione extra-coniugale del marito, sceglie di trasformare il proprio corpo, non più giovanile come quello dell'amante, ornandolo di una complicata rete di tatuaggi. La sua pelle diventa così un'opera d'arte, attraverso la quale la protagonista riacquista fiducia, oltre alla consapevolezza del suo essere donna e artista al tempo stesso, e di possedere una bellezza diversa, che restituisce ai suoi occhi un'immagine di sé del tutto nuova, di cui si compiace.

Jane Rule (1931-2007) nasce nel New Jersey, ma si stabilisce a Vancouver a partire dal 1956. Pubblica il suo primo romanzo, Desert of the Heart74,nel 1964, in cui l'amore saffico fra

le due protagoniste è tema centrale; il volume ottiene un successo immediato, che rende l'autrice portavoce nelle lotte per i diritti omosessuali. Come Timothy Findley (1930-2002), Rule ribadisce che l'importanza del suo lavoro è da ricercare al di là della tematica omoerotica, e del suo orientamento sessuale. Le sue storie affrontano questioni legate alle problematiche femminili in modo sentito, non dogmatico, e con un'apertura mentale non comune in quegli anni. Alcuni esempi sono inclusi nelle sue tre raccolte: Theme for Diverse

Instruments: Stories, Outlander: Short Stories and Essays, in cui compaiono “Lillian” e

“Outlander”, e Inland Passage and Other Stories75. Nella prima, in particolare, sono incluse

alcune storie che si servono dell'immagine della casa come metafora dell'edificio creato dalle regole e dalle aspettative della società in cui vivono i suoi personaggi, e dalla quale spesso cercano una via di fuga: “House”, “ In the Basement of the House”, “The Furniture of Home” e “Housekeeper”. “Slogans”, pubblicato nella raccolta del 1985, è invece espressione della sua fase più matura e riflessiva: tre donne hanno modo di ritrovarsi dopo un lungo periodo, e mentre Nancy ed Ann formano da tempo una coppia solida e appagata, Jessica, malata di tumore, non riesce a parlare se non di matrimoni in frantumi, del suo e di quello delle sue ex-compagne di classe.

Come Jane Rule, anche Audrey Thomas (n. 1935) e Carol Shields (1935-2003) sono nate negli Stati Uniti e hanno poi ottenuto la cittadinanza canadese. Thomas è autrice di numerosi racconti riuniti in sette volumi, il primo dei quali, Ten Green Bottles76, pubblicato 72 M. Engel, Bear, New York, Atheneum, 1976.

73 M. Engel, Inside the Easter Egg, Toronto, Anansi, 1975 e The Tattoed Woman, Harmondsworth, Penguin, 1985.

74 J. Rule, Desert of the Heart, Toronto, Macmillan, 1964.

75 J. Rule, Theme for Diverse Instruments: Stories, Vancouver, Talonbooks, 1975; Outlander: Short Stories and Essays, Tallahassee, Naiad Press, 1981; Inland Passage and Other Stories, Tallahassee, Naiad Press, 1985. 76 A. Thomas, Ten Green Bottles: Short Stories, Indianapolis, Bobbs-Merril, 1967.

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nel 1967. Il suo contributo è stato fondamentale per la letteratura canadese, poiché è stata la prima a ritrarre esperienze femminili da un punto di vista autobiografico radicalmente diverso rispetto alla tradizione in cui si inserisce. Una delle sue prime storie, “One Green Bottle”, affronta la delicata questione dell'aborto attraverso l'uso sapiente e controllato del flusso di coscienza, con il quale ritrae l'esperienza del ricovero della protagonista in un ospedale africano in vista dell'interruzione di gravidanza. Thomas, come Margaret Laurence, ha trascorso alcuni anni in Africa, la cui influenza è evidente anche in storie come “Xanadu”, “Two in the Bush” e “Out in the Midday Sun”. In raccolte successive, come Goodbye,

Harold, Good Luck77 e Ladies and Escorts78, l'autrice continua a servirsi di tecniche

metanarrative per tracciare il rapporto tra vita e arte, sottoponendo il linguaggio a un attento e perspicace scrutinio, attraverso il quale fonde etimologie documentate e non per sovvertire i significati comunemente accettati delle parole, soprattutto dei termini chiave ai fini della sua narrazione. Thomas, come ricorda Gadpaille, si appropria di stilemi post-moderni, quali sequenze temporali smembrate e aderenza alla fabula più che all'intreccio79, ma le impiega

come uno strumento per esplorare una realtà femminile peculiare, mai banale e, soprattutto, salda nell'affermazione di sé. Altri temi esplorati dall'autrice sono il rapporto tra madre e figlia, oltre ai legami famigliari in genere, il confine tra stati mentali sani e distorti, o, più in generale, tra mondo reale e mondo onirico.

Carol Shields è nota soprattutto per i suoi romanzi, fra i quali Swann: A Mystery80 e

The Stone Diaries81: quest'ultimo ha ottenuto il Governor General's Award for English Fiction

nel 1993, lo stesso anno della sua pubblicazione. È tuttavia nelle sue raccolte di racconti,

Various Miracles82, The Orange Fish83 e Dressing Up for the Carnival84, che l'autrice dimostra

di essere orientata anche verso scelte stilistiche e tematiche più vicine al postmoderno. L'attenzione all'esperienza femminile dell'ambiente domestico è uno dei motivi ricorrenti nella sua narrativa, mentre l'ambiente accademico torna più volte, spesso oggetto d'ironia o di distorsione parodica, come nei racconti “The Metaphor Is Dead – Pass It On” o “Mrs. Turner Cutting the Grass”, entrambi inclusi in Various Miracles, o come in “Our Men and Women”, “Ilk” e “A Scarf”. Shields si occupa spesso anche di questioni riguardanti l'ambito più strettamente famigliare: le dinamiche di coppia, il rapporto tra madre e figlia, l'amore ma anche l'esperienza dell'invecchiamento.

77 A. Thomas, Goodbye, Harold, Good Luck, Toronto; New York, Viking, 1986. 78 A. Thomas, Ladies and Escorts, Ottawa, Oberon Press, 1977.

79 «Thomas also harnesses the post-modern techniques of fabulation (“The Princess and the Zucchini”) and of metafiction (“The Man With Clam Eyes”) to remake words and stories from a female perspective. She is not therefore purely a post-modern writer. Although Thomas borrows techniques (disrupted temporal sequences, elements of fantasy, and obedience to fable rather than to plot) from the American post-modernists Coover, Gass and Barth, she, like Atwood, transforms them into tools for exploring a particularly female reality whose significance and solidity are never in question», M. Gadpaille, op. cit., p. 107.

80 C. Shields, Swann: A Mystery, Toronto, Stoddart, 1987. 81 C. Shields, The Stone Diaries, Harmondsworth, Penguin, 1995. 82 C. Shields, Various Miracles, Toronto, Stoddart, 1985.

83 C. Shields, The Orange Fish, Toronto, Random House Canada, 1989.

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Molte altre sono le scrittrici canadesi i cui racconti sono apprezzati e conosciuti e all'estero; della generazione successiva ricordiamo Sandra Birdsell (n. 1942), Isabel Huggan (n. 1943), Katherine Govier (n. 1948) e Diane Schoemperlen (n. 1954). Birdsell, nata e cresciuta tra Manitoba e Saskatchewan, è stata largamente influenzata dai luoghi delle praterie e dai loro abitanti. Le sue due raccolte Night Travellers85 e Ladies of the House86 sono state

successivamente unite in un volume unico, Agassiz Stories87: Agassiz è il nome di un luogo

immaginario nel Manitoba, sfondo per la storia del clan dei Lafreniere, che l'autrice dipana lungo tre generazioni, a partire dal padre meticcio e dalla madre mennonita da cui ha avuto origine. Attraverso la marginalità, la mancanza di indipendenza delle donne della famiglia, in parte auto-inflitta, e la denuncia della situazione lavorativa delle minoranze etniche, Birdsell fa riferimento alle sovrastrutture che impongono esclusione, isolamento e repressione nei confronti delle minoranze discriminate. La sua narrativa non contempla la possibilità di un mutamento in senso positivo di queste condizioni esistenziali, soprattutto dal punto di vista della situazione femminile, come è evidente nelle storie “Flowers for Weddings and Funerals”, “Keepsakes”, “Night Travellers” e “The Man From Mars”, quest'ultima inclusa nella raccolta The Two-Headed Calf88.

In questo contesto così variegato emergono le tre autrici internazionalmente ritenute i cardini della letteratura canadese di lingua inglese: Margaret Atwood (n. 1939), Alice Munro (n. 1931) e Mavis Gallant (n. 1922). Di quest'ultima è già stato dato un inquadramento biografico e cronologico nei primi capitoli del presente studio, in cui sono state fornite le principali notizie riguardanti anche il corpus della sua produzione narrativa, che, lo rammentiamo, conta più di un centinaio di racconti, pubblicati quasi tutti sul New Yorker lungo cinque decadi, oltre ad articoli, saggi, recensioni, due romanzi e un'opera teatrale. Tuttavia, essendo una scrittrice espatriata in Europa, Gallant è poco conosciuta in Canada, per via delle sporadiche pubblicazioni nella sua patria d'origine, fino almeno ai tardi anni Settanta. Motivo ricorrente nella sua opera è l'esilio, vivere da stranieri, o da estranei, in un altra cultura. L'inizio della sua carriera letteraria, come già ricordato, risale al 1944, sul periodico letterario canadese Preview, mentre nel 1951 pubblica il primo racconto sul New

Yorker. Nello stesso anno, Alice Laidlaw, da sposata Munro, vende la sua prima storia, “The

Strangers”, a Robert Weaver, per il suo programma radiofonico sulla CBC, Anthology. Nel 1996, Munro e Gallant pubblicano entrambe un volume di Selected Stories89, che per

entrambe copre circa cinque decenni di attività letteraria. Alice Munro inizia però solo nel 1977 con “Royal Beatings” la sua collaborazione con il New Yorker, dove fino ad ora sono apparsi circa cinquanta suoi racconti, di cui tre nel solo 2008: “Free Radicals”, “Deep-Holes”

85 S. Birdsell, Night Travellers, Winnipeg, Turnstone Press, 1982. 86 S. Birdsell, Ladies of the House, Winnipeg, Turnstone Press, 1984. 87 S. Birdsell, Agassiz Stories, Winnipeg, Turnstone Press, 1987.

88 S. Birdsell, The Two-Headed Calf, Toronto, McClelland & Stewart, 1997.

89 M. Gallant, Selected Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1996; A. Munro, Selected Stories, Toronto, McClelland & Stewart, 1996.

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e l'ultimo, “Face”, sul primo numero del mese di settembre.

Alice Munro incontra da subito il favore della critica canadese: la sua prima raccolta,

Dance of the Happy Shades90, ottiene, nello stesso anno della pubblicazione, il Governor

General's Award for English Language Fiction, ben tredici anni prima che lo stesso riconoscimento sia tributato a Home Truths di Mavis Gallant. Tuttavia, come ricorda anche Thacker, il volume non riceve la stessa attenzione da parte del pubblico canadese: «[...] despite its glowing critical reception, Dance of the Happy Shades, was not a commercial success; in 1972, four years after its publication, the publisher was still meeting orders from the first printing of 2,675 copies»91. I racconti di Alice Munro sono considerati capolavori

della narrativa breve canadese: l'unica a dedicarsi unicamente a questo genere, ha pubblicato dodici raccolte e due volumi di Selected Stories92 dal 1968 al 2006. Di questi, Lives of Girls and Women93 e Who Do You Think You Are?94 sono cicli, o sequenze, di racconti, collegati da

medesimi personaggi e identica ambientazione, di solito cittadine dell'Ontario occidentale. L'autrice esplora vari temi nelle sue storie, fra i quali le costrizioni imposte al ruolo che le donne devono avere nei piccoli centri rurali e nelle campagne dell'Ontario, i complessi rapporti generazionali tra madre e figlia, le discriminazioni in ambito lavorativo dal punto di vista femminile, la dipendenza nelle relazioni amorose, i tradimenti, le difficoltà che uomini e donne incontrano reciprocamente nella comunicazione, e, non ultimo, le trasformazioni che il corpo e la mente subiscono con la vecchiaia. I temi tuttavia non bastano a spiegare l'attrazione che i suoi racconti esercitano sul lettore: il suo stile presenta delle caratteristiche uniche. Piuttosto frequente è il ricorso a procedimenti metanarrativi, con i quali Munro sposta l'attenzione del lettore sul rapporto tra arte e vita, come in “Material”: qui, il narratore riflette sui procedimenti tecnici e le implicazioni etiche del processo diegetico attraverso il quale si attua la trasformazione del materiale tratto dalla vita quotidiana in veicolo per l'espressione artistica. L'autrice si serve di oggetti, documenti, e, in particolar modo, di fotografie per accedere al passato dei suoi personaggi, creando così movimenti prospettici multipli la cui somma interpreta gli eventi chiave, più o meno prossimi nel tempo, delle loro famiglie. In alcune storie, come ad esempio “Images”, sono presenti momenti rivelatori simili alle epifanie joyciane, che Munro trasforma in un processo più articolato, in cui il personaggio rivela consapevolezze nascoste, e coinvolge anche il lettore in questo processo di disseppellimento del rimosso, di manifestazione delle verità interiori fino a quel momento sopite. L'abilità dell'autrice di provocare nel lettore risposte e sensazioni simili a quelle del personaggio da lei rappresentato è uno dei tratti che rende unica la sua narrativa, insieme alla dote di saper cogliere e rappresentare i sentimenti profondi, l'essenza vitale delle sue creature letterarie. Il suo discorso narrativo procede secondo una struttura non lineare, come ricorda anche

90 A. Munro, Dance of the Happy Shades, Toronto, Ryerson Press, 1968. 91 R. Thacker, op. cit., p. 178.

92 Oltre al già citato Selected Stories del 1996, ricordiamo A. Munro, Vintage Munro, New York, Vintage, 2004. 93 A. Munro, Lives of Girls and Women, New York, McGraw Hill- Ryerson 1971.

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