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Premessa Origine dell’istituto della scissione

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Premessa

Origine dell’istituto della scissione

1. La scissione e il codice civile del 1942

L’istituto della scissione non era disciplinato espressamente nel codice civile del 1942 e per questo motivo è stato al centro di un acceso dibattito che si è concluso nel 1991 con il recepimento della direttiva 82/891/CEE.

Negli anni cinquanta la scissione non veniva considerata un’operazione autonoma volta al raggiungimento di specifici obiettivi, ma una particolare fattispecie di riduzione del capitale sociale con il successivo trasferimento di tale riduzione a favore di una nuova società.

Nel silenzio della legge, dottrina e giurisprudenza, ben presto, cominciarono ad interrogarsi se fosse possibile scindere una società in due o più soggetti giuridici distinti ed autonomi, e se fosse possibile scindere, da una società che avrebbe mantenuto la propria individualità, parte del patrimonio, dando origine ad una nuova società.

Le questioni che si ponevano erano principalmente due: la legittimità della scissione e la modalità di attuazione di questa operazione1.

La giurisprudenza maggioritaria e parte della dottrina sostenevano l’inammissibilità della scissione. La loro tesi era suffragata dal fatto che il trasferimento di una società ad un’altra poteva essere realizzata ricorrendo ad altre figure giuridiche:

a) la compravendita: scambio di beni con una somma di denaro;

b) la permuta di un’azienda o di un ramo d’azienda con un pacchetto azionario, di minoranza o di maggioranza, della società acquirente;

1

Cfr. Galbiati P., Conferimenti e scissioni, Ipsoa, Milano, 1995, pag. 169: Una volta appurata la legittimità della scissione, … se questa «si potesse attuare su una modifica statutaria, ovvero se la nuova società potesse nascere per partogenesi dalla vecchia».

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c) il conferimento in natura di un’azienda o ramo d’azienda.

Coloro che sostenevano l’ammissibilità della scissione facevano riferimento ad una sentenza della Corte di Appello di Genova relativa ad una operazione di scorporazione di società. In particolare, l’assemblea straordinaria di una società a responsabilità limitata aveva deciso di scorporare dalla società un’azienda dando vita ad una nuova società distinta ed autonoma e al contempo di ridurre il capitale dell’importo corrispondente alla scorporazione. La sentenza aveva ritenuto ammissibile l’operazione purché venissero posti in essere due atti: una delibera dell’assemblea di riduzione del capitale esuberante e un atto di costituzione di una nuova società con capitale sociale corrispondente a quello risultante dalla delibera di riduzione del capitale.

Il problema, quindi, non consisteva unicamente nella mancata previsione della scissione nel codice civile, ma nell’impossibilità di considerare realizzabile una separazione del capitale mediante una delibera con successiva costituzione di una o più nuove società, considerando la natura contrattuale dell’atto costitutivo nonché l’inidoneità di una deliberazione a disporre di diritti di terzi2. In questo senso andava una sentenza del Tribunale di Verona che sanciva l’illegittimità di una delibera che prevedeva la costituzione di una nuova società mediante la scorporazione di un ramo d’azienda, con attribuzione proporzionale ai soci delle quote della nuova società. Secondo il Tribunale di Verona3 tale operazione avrebbe derogato il principio in base al quale “la costituzione di una società può avvenire in base a manifestazione di volontà di due o più soggetti”.

La sentenza venne criticata da quella parte della dottrina che riteneva superabile il problema della costituzione unilaterale della società beneficiaria4. Le critiche prendevano le mosse dal fatto che la liceità dello scopo della scissione non era rinnegato nemmeno da coloro che sostenevano l’illegittimità dell’operazione di scissione, tant’è che poteva essere perseguito attraverso altre operazioni quali il

2

Buttaro L., Scissione e scorporo, in Studi in onore di Gastone Cottimo, II, Cedam, Padova, 1997, pag. 1403.

3

Tribunale di Verona, 20 febbraio 1990, Società (Le), 1990, pag. 1104, con nota di Rordorf.

4

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conferimento in natura, permuta, e compravendita. Quindi se lo scopo era lecito, anche la scissione doveva essere considerata un’operazione legittima, in primo luogo perché non vietata, in secondo luogo perché i soggetti economici dovevano essere considerati liberi di dividere il patrimonio mediante lo strumento che loro ritenevano essere il più idoneo a perseguire lo scopo5.

2. Evoluzione dottrinale

Gli studiosi progettarono due tipi di scissione, che non potevano non essere considerate legittime, in quanto anche se non regolamentate espressamente, non derogavano alcun principio del nostro ordinamento giuridico:

a) La scissione in senso stretto: che prevedeva l’estinzione della società e la successiva nascita di due o più nuove società;

b) La scorporazione6:

i) Semplice: quando, da una società che non si estingue, viene scorporato parte del patrimonio e destinato ad un’altra società, le cui quote di partecipazione al capitale sociale vengono assegnate ai soci della società scorporante;

ii) Per concentrazione: quando più società scorporano un ramo d’azienda a favore di una nuova società, o quando una società scorpora un ramo d’azienda a beneficio di una società esistente.

Il vero problema non consisteva nell’individuazione di forme di scissione legittime, quanto nel capire il modo in cui realizzarle. Una prima scuola di pensiero, fondata dalla dottrina maggioritaria, sosteneva di poter procedere alla scissione seguendo la procedura di fusione considerando le analogie esistenti tra questi due tipi di operazione. Una seconda scuola di pensiero sosteneva che la scissione fosse

5

Giancola F., La scissione, Giuffrè, Milano, 2005, pag. 5.

6

Ferri G., Le società, in trattato di diritto civile italiano fondato da Vassalli, X, Utet, Torino, 1987, pag. 980: Il fenomeno era ritenuto inverso alla concentrazione piuttosto che alla fusione per incorporazione tanto che la nuova società doveva considerarsi come un successore a titolo particolare.

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attuabile attraverso una riduzione del capitale esuberante con successivo rimborso ai soci, dopo di che quest’ultimi avrebbero stipulato singolarmente l’atto costitutivo della nuova società. Tali studiosi ritenevano che la scissione mediante la quale una società si estingue per dar vita a due o più società poteva realizzarsi attraverso l’istituto del conferimento e contemporaneamente la liquidazione ed estinzione della conferente, previa assegnazione ai suoi soci delle azioni ricevute a fronte del conferimento.

3. La sesta direttiva: 82/891/CEE

La direttiva 82/891/CEE è stata recepita nel nostro ordinamento con molto ritardo rispetto al termine ultimo del primo gennaio 1986 previsto dalla direttiva stessa. L’Italia giustificò tale ritardo sostenendo che il contenuto letterale della direttiva prevedeva l’obbligo di recepimento solo da parte degli Stati membri, i cui ordinamenti già prevedevano una regolamentazione dell’istituto.

Solo con il d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 227 è stato introdotta nel codice civile la terza sezione del Capo VIII del Titolo V intitolata: “Della scissione della società”. La scissione veniva disciplinata dagli articoli 2504 septies, octies, novies, e decies che avevano come schema di riferimento quello di un istituto speculare: la fusione. Bisogna sottolineare che l’unica forma di scissione prevista dalla direttiva era quella totale, le cui peculiarità erano:

- L’estinzione della società scissa;

- Il trasferimento del patrimonio alle società beneficiarie di nuova o preesistente costituzione;

7

Nella Relazione Ministeriale del d. lgs. 22/91, si legge: “Nell’ordinamento italiano non esiste una disciplina suddetta; astenersi dall’attuare la direttiva avrebbe significato avallare quella dottrina secondo cui la scissione delle società non sarebbe compatibile con i principi del nostro diritto societario, disattendendo l’opinione forse prevalente che è invece orientata in senso opposto e, soprattutto, privando il nostro Paese di uno strumento che potrebbe rendere utili servigi alla pratica. Si è pertanto reputato opportuno elaborare norme in materia di scissione, recependo ovviamente le regole e gli indizi fissati dalla direttiva comunitaria”.

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- L’assegnazione delle azioni o quote delle società beneficiarie ai soci della società scissa.

Tra i componenti la Commissione Ministeriale istituita allo scopo di verificare i presupposti al fine del recepimento della direttiva 82/891/CEE, vi erano coloro che sostenevano l’incompatibilità della scissione con alcuni principi vigenti nel nostro ordinamento. Nonostante ciò, al termine dei lavori, ha prevalso la volontà di legittimare questo istituto. Anzi, il legislatore italiano ha introdotto una disciplina più completa rispetto a quella prevista dalla direttiva, perché ha previsto accanto alla scissione totale, anche quella parziale, per la quale non vi era necessità di arrivare all’estinzione della società scissa8. L’originario art. 2504 septies citava: “La scissione di una società si esegue mediante trasferimenti dell’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, e assegnazione delle azioni o quote ai soci delle prime; la scissione di una società può eseguirsi altresì mediante trasferimento di parte del suo patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, e assegnazione delle loro azioni o quote ai soci della prima. La partecipazione alla scissione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsuali né a quelle in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”.

Il nostro legislatore, inoltre, con il d.lgs. 16 gennaio 1991 n. 22, ha ampliato l’ambito soggettivo di applicazione di questo istituto, rispetto a quello dettato dalla

8

Oppo G., Fusione e scissione delle società secondo il d. leg. 1991, n. 22: profili generali, in Rivista di diritto civile , 1991, fasc. 5, pt. 2, pag. 502 e ss.: “Secondo l’opinione prevalente presso di noi, la scissione non era «permessa» nel nostro diritto per ragioni che non è il caso qui di richiamare: “dirò solo che non basta constatare (come fa la Relazione allo schema di decreto delegato) che la legge non vietava giacché è difficile intendere – sia pure in omaggio all’autonomia privata – il silenzio della legge come «permissione» in una materia complessa e incidente su più interessi che abbisognerebbero di regolamento e conciliazione. Non potrebbe dirsi che comunque il Governo è stato delegato dalla legge (art. 2.1) ad esercitare le opzioni previste dalla Direttiva: qui non è questione di scelta tra soluzioni normative proposte dalla stessa Direttiva ma di esistenza (preesistenza) di una scelta autonoma dello Stato membro. Il dubbio di eccesso dalla delega è tuttavia, sul punto in esame, altrimenti superabile. Se il potere di introdurre il potere della scissione non discende da quello di attuare la Direttiva, sta di fatto che di scissione parla la stessa legge delega la quale, nel formulare i “principi e i criteri direttivi”, mette sempre insieme fusione e scissione. Vero è che le disposizioni di detta legge non sono formulate in modo da legittimare l’introduzione del nuovo istituto ma piuttosto in modo da darlo presupposto. Ma allora una delle due: o si ritiene che anche in questi termini la volontà del legislatore si sia a sufficienza manifestata nel senso di legittimare la scissione, oppure si ritiene che il legislatore delegato abbia condiviso la tesi (minoritaria) che già ammetteva la scissione medesima […]”.

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Direttiva Comunitaria, consentendo di ricorrere a questo strumento, non solo alle società per azioni, ma a tutti i tipi di società lucrative e cooperative. I motivi che hanno spinto il legislatore nazionale ad ampliare il perimetro soggettivo sono, probabilmente, da ricercarsi nella volontà di garantire una parità di trattamento che prescinda dalla forma organizzativa. Restano esclusi di conseguenza solo gli organismi diversi dalle società come ad esempio consorzi e associazioni.

Grazie all’attuazione della sesta direttiva anche nel nostro ordinamento venivano introdotte forme di organizzazione che avrebbero rappresentato il preludio delle nuove teorie del diritto societario.

4. La scissione prima e dopo la riforma del diritto societario

Il d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 6, entrato in vigore il 1° gennaio 2004, ha modificato quella parte del codice civile relativa alla disciplina delle società di capitali e cooperative. La scissione, dopo la riforma, è regolata dagli articoli 2506, 2506 bis, 2506 ter e 2506 quater. Le nuove norme hanno modificato l’operazione di scissione sfruttando quegli spazi lasciati dalla direttiva 82/891/CEE e cioè estendendo alla scissione le semplificazioni introdotte in tema di fusione, grazie alla tecnica del rinvio, e integrando le particolarità della scissione.

La legge delega 3 ottobre 2001 n. 366 (Delega al governo per la riforma del diritto societario) all’art. 79 prevedeva che, in materia di operazioni straordinarie d’impresa, la riforma si sostanziasse in interventi volti a semplificare il procedimento, lasciando pressoché immutato l’impianto normativo di tali istituti.

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Art. 7 “Trasformazione, fusione, scissione – La riforma della disciplina della trasformazione, fusione e scissione è ispirata ai seguenti principi e criteri direttivi: a) semplificare e precisare il procedimento, nel rispetto, per quanto concerne le società di capitali, delle direttive comunitarie; b) disciplinare possibilità, condizioni e limiti della trasformazioni e delle fusioni eterogenee; c) disciplinare i criteri di formazione del primo bilancio successivo alle operazioni di fusione e di scissione; d) prevedere che le fusioni tra le società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra, non comportano violazione del divieto di acquisto e di sottoscrizione di azioni proprie, di cui, rispettivamente, agli artt. 2357 e 2357-quater c.c., e del divieto di accordare prestiti e di fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, di cui all’art. 2358 c.c.; e) introdurre disposizioni dirette a semplificare e favorire la trasformazione delle società di perone in società di capitali”.

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L’art. 2506 c.c. rubricato “Forme di scissione”, l’originario 2504 septies, non dà una definizione dell’operazione, ma indica le forme attraverso le quali la scissione può realizzarsi. Il primo comma dell’art. 2506, anche se più contenuto rispetto al primo comma dell’art. 2504 septies, presenta un’unica differenza, che apparentemente, potrebbe sembrare una differenza terminologica10, infatti viene usato il termine assegnare anziché trasferire con riferimento al patrimonio. L’uso di questo termine potrebbe essere interpretato nella condivisione, da parte del legislatore della riforma, di quella tesi che ritiene la scissione una modifica prettamente statutaria e non una vicenda traslativa dei patrimoni11. Secondo questa teoria sarebbe sufficiente una delibera della maggioranza dell’assemblea della società scissa per la legittima costituzione delle nuove società beneficiarie, senza, quindi, la partecipazione, all’atto costitutivo, dei soci della nuova società. Infatti se il termine “trasferimento” poteva indurre ad applicare all’operazione di scissione le regole proprie dei trasferimenti di beni, con il termine “assegnazione”12 si rafforza quella tesi dottrinaria e giurisprudenziale che attribuisce alla scissione effetti modificativi dell’originario contratto sociale. E’ ormai opinione prevalente che la scissione, così come la fusione, non rappresenti una vicenda estintiva della società scissa, così come non deve essere attribuito alla società beneficiaria, nessun effetto novativo, anche nella circostanza in cui questa venga ad esistere per effetto della scissione stessa.

E’ con l’introduzione del secondo e del terzo comma che possiamo apprezzare le novità apportate dalla riforma. Il secondo comma, oltre, a permettere di poter effettuare un conguaglio in denaro, purché non superiore al 10% del valore nominale delle azioni o quote, prevede la possibilità di non assegnare, ad alcuni soci, azioni o quote delle società beneficiarie, bensì azioni o quote della società che si scinde.

10

Come tra l’altro è stato rilevato da Caruso C., Trasformazione, fusione, scissione e scioglimento, in Rivista delle società, 7, 2004, pag. 1271 e Cavanna M., Scissione di società e criteri di individuazione dei patrimoni trasferiti, in Giurisprudenza italiana, 2003, fasc. 5, pag. 963.

11

Giancola F., La scissione, Giuffrè, Milano, 2005, pag. 17

12

L’attuale formulazione della disposizione prevede, al comma 1, che “Con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società e le relative azioni o quote ai suoi soci”.

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Come è comprensibile ciò permette di realizzare una divisione dei soci con la partecipazione di alcuni nelle società beneficiarie e il rafforzamento della posizione di altri nella società che si scinde. Tale operazione prevede il consenso unanime dei soci13.

Il terzo comma cita: “La società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività”. L’interpretazione più logica di questo comma suggerisce che in caso di scissione totale, la società si sciolga senza passare attraverso la fase della liquidazione in quanto non esiste più un patrimonio da liquidare, e in caso di scissione parziale non si renda necessaria la fase della liquidazione considerato che la società scissa continua l’attività con un patrimonio ridotto. Ma l’uso del verbo può da parte del legislatore lascia aperta la porta ad una interpretazione che rimette alla volontà dei soci, in caso di scissione parziale, la possibilità di passare attraverso la fase di liquidazione14.

Il quarto comma dell’art. 2506 prevede nella nuova formulazione la possibilità di partecipare ad operazioni di scissione anche alle società sottoposte a procedure concorsuali15.

Il confronto tra l’articolo 2506 bis e l’originario 2504 octies evidenzia al terzo comma come la responsabilità solidale delle società beneficiarie sia limitata al valore del patrimonio netto attivo assegnato16. Mentre il quarto comma introduce la novità relativa alla possibilità di attribuzione ai soci di una partecipazione non proporzionale rispetto a quella originaria. In questa ipotesi il progetto di scissione deve prevedere il diritto dei soci dissenzienti a far acquistare le proprie

13

Belluzzo U., Le fusioni e le scissioni, Gruppo Euroconference, Verona, 2003, pag. 182.

14

Giancola F., La scissione, Giuffrè, Milano, 2005, pag. 19

15

Giancola F., La scissione, Giuffrè, Milano, 2005, pag. 20: La vecchia formulazione prevedeva che le società sottoposte a procedure concorsuali non potessero essere scisse. “Tale principio era ispirato dall’esigenza di nono nuocere alla par condicio credito rum poiché si riteneva che la scissione poteva in qualche modo impoverire l’asse patrimoniale a danno dei creditori. Non si voleva, quindi, privilegiare una specifica destinazione dell’attivo potenzialmente idonea ad arrecare un qualche pregiudizio a taluni interlocutori della società ancorchè sottoposta a procedura concorsuale.

16

Fimmanò F., Scissione e responsabilità «sussidiaria» per i debiti sociali non soddisfatti , in Le società. 2002, fasc. II, pag 1379 e ss..

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partecipazioni ad un corrispettivo determinato con gli stessi criteri previsti nell’ipotesi di recesso. Infine il quinto comma reintroduce l’obbligo di pubblicazione del progetto di scissione nel registro delle imprese, obbligo che era stato abrogato con la L. 24/11/2000 n. 340.

Il parallelo tra l’articolo 2506 ter e l’originario 2504 novies mette in risalto, al quarto comma, l’introduzione di una semplificazione procedurale che consente all’organo amministrativo di essere esonerato dalla redazione della situazione patrimoniale nonché della relazione illustrativa della scissione quando vi sia il consenso unanime dei soci o dei possessori di altri strumenti finanziari.

L’articolo 2506 quater, cioè l’originario 2504 decies, stabilisce la data dalla quale la scissione produce i suoi effetti. La nuova norma prevede al secondo comma la facoltà per qualsiasi società beneficiaria di effettuare gli adempimenti pubblicitari. Mentre al terzo comma la norma non introduce alcun elemento di novità, ma ribadisce la responsabilità solidale delle società partecipanti alla scissione nei limiti del valore effettivo trasferito o rimasto in capo alla scissa.

5. Analisi storico comparativa: la scissione nell’ordinamento francese

L’istituto della scissione viene disciplinato, per la prima volta, con la legge 24 julliet 1966, n. 66-537. La norma oltre a riformare la disciplina delle sociètès commerciales, riconosce l’istituto della scissione17 nell’ordinamento francese. La disposizione rappresenta uno spartiacque tra il periodo pre-riforma, caratterizzato dall’avversione nei confronti dello sviluppo della prassi dell’istituto, e il periodo successivo al 1966, in cui si guarda con favore alla sua regolamentazione.

La Francia è un paese in cui storicamente è riconosciuto un ampio spazio all’autonomia organizzativa dei privati, tant’è che già prima del 1966 era considerata ammissibile giuridicamente una ristrutturazione riconducibile ad una scissione,

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anche se sotto forma di fusione parziale18. L’assenza di una disciplina, quindi, non precludeva la legittimità dell’operazione purché interessasse solo parte dell’organizzazione.

Ai sensi della legge 24 julliet 1867, fusione e scissione sono istituti, che pur non essendo disciplinati, possono essere utilizzati dall’operatore economico, ed eventualmente riconosciuti dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Vengono considerate aggregazioni complesse di altre operazioni: scioglimento, liquidazione e costituzione di società, da cui si ricava la disciplina. In particolare la scissione viene intesa come l’apporto simultaneo di tutti i beni alle beneficiarie, con contestuale acquisizione di tutti gli elementi passivi, e attribuzione delle quote di partecipazione delle stesse ai soci della scindenda19.

La fusione ottiene il riconoscimento legislativo nel 1902 con la legge del 9 julliet. La disciplina fiscale introduce un’imposizione unica, che si sostituisce a tutte le incombenze tributarie previste precedentemente, al fine di favorire l’utilizzo di questa operazione di revisione organizzativa.

Al contrario, la scissione, fino agli anni ’5020 (periodo in cui vengono meno le restrizioni normative applicate all’istituto in questione), non rappresenta uno strumento appetibile, a causa dei costi proibitivi che scoraggiano il ricorso a questo istituto (veniva applicata la disciplina prevista per i conferimenti in natura con conseguente divieto di negoziabilità delle azioni emesse dalle beneficiarie per almeno due anni ex art 3, l. 24 julliet 1867).

La disciplina legislativa della scissione viene introdotta nel 1966 con la l. 24 julliet. La norma viene considerata applicabile a tutte quelle fattispecie caratterizzate da un trasferimento patrimoniale parziale di attivo, senza attribuzione di azioni o quote in concambio; cioè a quelle fattispecie a cui precedentemente era applicata la disciplina del conferimento di beni in natura o d’azienda. La motivazione di ciò va ricercata nella maggiore tutela offerta dalla disciplina della scissione sia agli interessi degli

18

Lyon C.- Renault L., Traité de droit commercial, II, Paris, 1929, pag. 289

19

Hèrmard J, - Terrè F. – Mabilat P., Societès commerciales, t. III, Paris, 1978, pag. 600

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azionisti che a quelli dei creditori. A tutela di primi viene prevista la necessità della delibera assembleare, delle valutazioni contenute nella relazione degli esperti e l’obbligo di pubblicazione del progetto di scissione a carico degli amministratori, per i secondi viene statuita la responsabilità solidale delle società coinvolte per i debiti della scissa nonché il diritto di opposizione.

Il legislatore francese ripropone il modello garantistisco introdotto nel 1902 per la fusione e prevede l’estensione dell’applicabilità della norma anche agli apports parctiel d’actif, senza attribuzione alcuna di azioni o quote di concambio, in considerazione delle lacune presenti nella disciplina del conferimento e del trasferimento d’azienda per quanto concerne la tutela degli interessi coinvolti. Inoltre, laddove la disciplina della scissione dovesse presentare lacune normative viene resa possibile l’applicazione delle norme dettate specificamente in materia di conferimento di beni in natura e circolazione d’azienda.

Dall’analisi della disciplina francese emerge che l’emanazione della norma che ha riconosciuto l’istituto della scissione nell’ordinamento francese è avvenuta per rimediare all’inadeguatezza della disciplina del conferimento e del trasferimento.

Ma non viene esclusa l’applicazione analogica della disciplina del

trasferimento/conferimento in presenza di lacune normative della scissione.

6. La scissione nell’ordinamento tedesco

L’esperienza tedesca è molto più vicina a quella italiana, infatti l’istituto della scissione è stato disciplinato solo recentemente in seguito all’attuazione della sesta direttiva CEE. La legge 28 ottobre 1994 ha riformato tutta la normativa sulle modifiche statutarie e contiene anche la disciplina della scissione di società: spaltung.

La norma prevede tre forme di scissione: quella totale aufspaltung, e due parziali abspaltung e ausgliederung.

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Una particolarità della scissione parziale ausgliederung è la mancata attribuzione delle partecipazioni delle beneficiarie ai soci della scissa21. Questo ci permette di affermare che ai fini della definizione di spaltung l’elemento rilevante è che il corrispettivo dell’apporto della scissione consista in partecipazioni nelle società beneficiarie, ma a prescindere dal soggetto a cui vengono imputate22.

In Germania, come in Italia, le vicende modificative delle strutture societarie erano tipizzate e rappresentavano un limite invalicabile per l’ammissibilità di un’operazione, già di per sé eccezionale rispetto alle altre23.

A nulla servirono le elaborazioni dottrinali24 volte a superare il problema mediante l’applicazione analogica di altre discipline a causa della complessità dell’operazione straordinaria.

Il ritardo nell’attuazione della disciplina della scissione sembra essere stato una scelta consapevole del legislatore tedesco, che era contrario alla tipizzazione di ristrutturazioni organizzative idonee al frazionamento di apparati produttivi25.

Solo negli anni novanta, con il crollo del muro di Berlino a la riunificazione delle due Germanie, si è sentita l’esigenza di una regolamentazione dei processi disgregativi e riorganizzativi di grandi complessi aziendali ciò anche in seguito alle privatizzazioni delle Treunbandstalten della ex Repubblica Democratica Tedesca.

21

Come anche del resto fa la disciplina Lusitana che, ex art. 118. LSC, prescinde dall’attribuzione delle partecipazioni delle beneficiarie ai soci della scissa, e individua la cisào esclusivamente nella frammentazione patrimoniale.

22

Cfr. Dehemer H., Umwandlungsgesetz. Umwandlungssteuergesetz, Munchen, 1996, sub 123 Umwgb, RN.4.

23

Di Bartolo E.M., La scissione di società, in Diritto & Diritti- Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet

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Tali elaborazioni ipotizzavano la Grundungspaltung, cioè una scissione di fatto con la quale una società, mediante lo scorporo della totalità dei suoi beni, costituisce un’altra società con la medesima compagine sociale, per poi sciogliersi e dare in liquidazione ai propri soci le quote della neo costituita, oppure successivamente allo scioglimento i soci, in ottemperanza ad un patto parasociale che imponeva loro l’obbligo del conferimento delle quote liquidata, costituivano la nuova società. Un’altra operazione ipotizzata era la Batriebspaltung che era caratterizzata dalla frammentazione patrimoniale dell’azienda e del capitale. La frammentazione aziendale avveniva mediante il conferimento in natura in una società di capitali, che proseguiva l’attività con diritto d’usufrutto del capitale produttivo; il capitale restava all’interno del patrimonio sociale di una società di persone, che acquisiva come corrispettivo della cessione d’azienda le quote della conferitaria.

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Il regolamento della Sptrug26 prevede una scissione che, derogando alla disciplina prevista per la cessione di singoli beni e diritti, prevede un procedimento semplificato e celere del trasferimento patrimoniale, anche se allo stesso tempo vengono mantenute inalterate le cautele previste ai fini della tutela dell’integrità del capitale sociale.

L’interesse nei confronti della scissione, però, si era già manifestato in seguito alla dichiarazione di invalidità di una fusione di società, per cui per il ritorno allo status quo ante, una delle soluzioni possibili, era rappresentata dalla spaltung intesa come conferimento di entità patrimoniali27.

L’introduzione della scissione nell’ordinamento tedesco coincide con il momento in cui gli strumenti esistenti, quali il trasferimento e il conferimento d’azienda, risultano essere inadeguati alle nuove esigenze espresse dagli operatori economici. Il legislatore tedesco nel 1994 disciplina l’operazione di scissione e prende come modello procedimentale di riferimento quello precedentemente delineato per fusione. Nonostante ciò vengono fatte salve alcune norme dettate in tema di conferimento come quella sulla valutazione degli esperti da effettuare nel caso di scissione mediante incorporazione con aumento di capitale sociale e quella che prevede la redazione di una relazione sulla costituzione, a carico dei soci fondatori, nel caso di scissione in senso stretto, con beneficiarie di nuova costituzione.

Nella scissione, infatti, a differenza di quanto accade nella fusione, l’assegnazione alla beneficiarie di elementi patrimoniali con un valore inferiore a quello reale determina un maggior rischio di subire una lesione del principio dell’integrità del patrimonio in sede di formazione del capitale sociale.

Nonostante la disciplina dell’istituto preveda la responsabilità solidale di tutte le società partecipanti all’operazione viene fatto rinvio alla disciplina del trasferimento d’azienda, sulla responsabilità solidale dell’acquirente per i debiti contratti

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Legge sulla ripartizione della società Treuhandanstalt.

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Di Bartolo E.M., La scissione di società, in Diritto & Diritti- Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet

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dell’alienante, per evitare una separazione degli elementi patrimoniali attivi e passivi relativi ad uno stesso ramo d’azienda e quindi determinare il vantaggio di alcune beneficiarie e la lesione di altre28.

Da quanto analizzato, possiamo concludere, evidenziando che, anche in Germania, la disciplina della scissione nasce dall’esigenza di superare i problemi scaturenti dalla tipizzazione di operazioni societarie ormai desuete. Anche in questo paese la disciplina prevede un procedimento modellato su quello della fusione e la necessità di rinviare ad alcune norme dettate in tema di conferimento e trasferimento d’azienda per colmare eventuali lacune.

7. Altre esperienze comunitarie

Per completezza d’indagine, analizziamo la disciplina della scissione presente in Spagna, Portogallo e Belgio, stati membri della Comunità Europea, e diretti destinatari della sesta direttiva.

Nell’ordinamento spagnolo l’istituto è disciplinato dall’art. 252 e ss., TRLSA29, e per scission si intende la frammentazione di una o più parti del patrimonio con attribuzione delle azioni delle beneficiarie agli azionisti della società scissa.

La particolarità consiste nel fatto che, ex art. 253, TRLSA, è prevista la possibilità di realizzare una scission parcial a condizione che la parte frazionata costituisca almeno un’unidad economica, e le società interessate esercitino distinte attività economiche pluriempresariales.

Secondo la dottrina prevalente, ciò riflette la ratio legis di non consentire l’utilizzo dello strumento della ristrutturazione a fini elusivi, con disgregazione di apparati aziendali senza l’operatività del meccanismo della successione universale nei trasferimenti di scarsa entità. Secondo l’art. 253.2, TRLSA, infatti solo se l’apporto

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Di Bartolo E.M., La scissione di società, in Diritto & Diritti- Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet

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di scissione costituisce un’empresa o establecimiento commerciale potranno essere attribuiti alle beneficiarie i debiti contratti per l’organizzazione che se trapasa30. La disciplina della scissione contenuta nell’art. 118, LSC, dell’ordinamento lusitano ha un contenuto identico a quanto previsto dall’art. 252, TRLSA. L’unica differenza consiste nel fatto che la cisao è intesa solo come suddivisione del patrimonio sociale e, come in Germania, prescinde dalla considerazione dell’attribuzione delle azioni o quote delle beneficiarie ai soci della scissa.

Anche in Portogallo è presente il limite qualitativo, ex art 124, LSC, nel caso di cisao simples, nel senso che la frammentazione deve riguardare necessariamente un insieme di beni della società de modo formarem un’unidade economica, in caso contrario non è ipotizzabile un trasferimento alle nuove beneficiarie delle passività connesse alle unità economiche cedute31.

L’ordinamento Belga ha dato attuazione alla sesta direttiva solo nel 1993 inserendo nelle lois cordonne una nuova sezione contenente la disciplina della scissione. La norma riporta in modo pedissequo quanto previsto dal dettato comunitario.

La scissione viene intesa come l’operazione mediante la quale una società trasferisce a più società l’integralitè de son patrimoine32.

Da sottolineare che il legislatore belga, tra le varianti offerte dalla direttiva 82/891 in tema di regime d’invalidità, ha scelto di adottare un termine di decadenza semestrale per promuovere l’azione di nullità, facendo salvi i diritti acquisiti in buona fede dai terzi, mediante la responsabilità solidale delle società partecipanti.

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Cfr. Rojo A., La scission de sociedades, in AA.VV., « la reforma del derecho espanol de sociedades de capital », Madrid, 1995, pag. 626 e ss..

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Di Bartolo E.M., La scissione di società, in Diritto & Diritti- Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet.

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Capitolo 1

Profilo civilistico della scissione

1. Definizione e perimetro soggettivo della scissione

Abbiamo già avuto modo di osservare come il codice civile non fornisca una definizione diretta della scissione, ma si limiti a descrivere le modalità attraverso le quali tale operazione può essere attuata.

Una definizione di scissione la troviamo all’art. 2 lett. b) della direttiva CEE 23/07/1990 n. 434 che la descrive come “un’operazione mediante la quale una società trasferisce, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del proprio patrimonio, attivamente e passivamente, a due o più società preesistenti o nuove, mediante l’assegnazione ai propri soci, secondo un criterio proporzionale, di titoli rappresentativi del capitale sociale delle società beneficiarie del conferimento, ed eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale, della parità contabile di tali titoli”33.

La direttiva comunitaria non prevede tutte le tipologie di scissione societaria descritte nell’art. 2506 del c.c.. Il legislatore nazionale, infatti, ha introdotto anche le ipotesi di scissione parziale e scissione non proporzionale. Per cui nell’art. 2506 possiamo distinguere le seguenti forme di scissione:

scissione totale proporzionale: attraverso la quale la società scissa trasferisce l’intero suo patrimonio a più società beneficiarie, preesistenti o di nuova costituzione, e le relative azioni o quote ai suoi soci in misura proporzionale alla percentuale di partecipazione al capitale sociale della scissa;

scissione totale non proporzionale: attraverso la quale la società scissa trasferisce l’intero suo patrimonio a più società preesistenti o di nuova costituzione, e le relative azioni o quote ai suoi soci in misura non proporzionale alla loro percentuale di partecipazione al capitale sociale della scissa;

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scissione parziale proporzionale: attraverso la quale la società che si scinde trasferisce solo parte del suo patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, e le relative azioni o quote ai suoi soci in misura proporzionale alla loro percentuale di partecipazione al capitale sociale della scissa;

scissione parziale non proporzionale: attraverso la quale la società che si scinde assegna solo parte del suo patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, e le relative azioni o quote ai suoi soci in misura non proporzionale alla loro percentuale di partecipazione al capitale sociale della società scissa.

E’ chiaro che tutte le tipologie di scissione determinino un depauperamento del patrimonio aziendale della società scissa, perché in tutti i casi si attua un trasferimento di beni e/o diritti dalla società che si scinde a favore della società beneficiaria, che di conseguenza incrementerà il proprio patrimonio aziendale. Il corrispettivo di tale trasferimento è rappresentato dall’assegnazione ai soci della società scissa, di azioni o quote della società beneficiaria34. Da ciò si deduce che la caratteristica principale dell’operazione di scissione è rappresentata dal fatto che la società scissa non riceve nulla in seguito al trasferimento del patrimonio, ma saranno i suoi soci a ricevere azioni o quote della società beneficiaria.

Se è indiscutibile che con la scissione parziale la società che si scinde continui ad esistere e ad operare, non è altrettanto certo che la scissione totale determini necessariamente l’estinzione della società scissa. In realtà il terzo comma dell’art. 2506 dispone che “la società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione…”. Una interpretazione di questa norma considera la possibilità di lasciare in vita la società scissa anche in caso di scissione totale. Questa tesi35 sostiene che l’assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa

34

Buono D., Carrara S., Giannone A., Vaschetto E., Fusioni e scissioni, Ipsoa, Milano, 2008, pag. 288.

35

Cfr. M. Tamburini, Il nuovo diritto delle società a cura A. Maffei Alberti, vol. IV, Padova, 2005, pag. 2587, il quale sostiene che “con diverso approccio, si potrebbe tuttavia sostenere che il legislatore abbia voluto disporre nel senso che lo scioglimento senza liquidazione sia conseguenza non necessaria ma solamente eventuale , della scissione totale. In altri termini, una lettura più costruttiva della norma in esame potrebbe attribuire il significato di consentire ai soci della scissa, di prevedere, in caso di scissione totale, che la società scissa “sopravviva”, e continui la sua attività nonostante l’integrale assegnazione del proprio patrimonio alle

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non determini la sua estinzione nella circostanza in cui i soci della stessa procedano alla ricapitalizzazione della società per avviare nuove attività imprenditoriali. Una interpretazione più razionale permette di affermare che la scissione totale determini l’estinzione della società scissa, seppure senza liquidazione, in quanto l’operazione di scissione presenta aspetti di similitudine con l’operazione di fusione, per la quale è presupposto obbligatorio e necessario l’estinzione senza liquidazione della società incorporata.

Con riferimento alla scissione parziale, ci si interroga sull’interpretazione da dare al concetto di “parte del patrimonio”. Anche in questo caso la dottrina si divide: parte di essa sostiene che la scissione societaria possa avere ad oggetto anche un singolo bene o diritto, tesi rinvenibile anche nella relazione del d.lgs. 6/2003 che chiarisce che oggetto della scissione possano essere anche singoli beni.

Altra parte della dottrina36 sostiene che oggetto della scissione debba essere un’azienda o un ramo d’azienda. In verità, nell’art. 2506 non esiste alcun accenno al concetto di azienda o di ramo d’azienda, la norma, infatti, fa riferimento “all’intero suo patrimonio…o a parte del suo patrimonio”. Per cui l’interpretazione più logica è quella di ammettere la legittimità di operazioni di scissione che abbiano ad oggetto singoli beni o elementi del patrimonio della società scissa.

La VI Direttiva distingue inoltre tra scissione in senso stretto e scissione per incorporazione. La scissione in senso stretto è quella che avviene a favore di società beneficiarie di nuova costituzione, nella scissione per incorporazione le società beneficiarie sono entità preesistenti. Quando la scissione avviene in favore di società

beneficiarie, beninteso a patto di una ricapitalizzazione , contestuale all’atto di scissione, che ricostituisca il capitale quantomeno al minimo legale”.

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Cfr. F. Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Padova 2003 pag. 533 e ss. “Con la scissione ciascun ramo d’azienda farà capo ad una distinta società, con il conseguente vantaggio della diversificazione dei rischi delle diverse attività economiche. Poiché questa è la funzione della scissione, si deve ritenere che il “patrimonio” trasferibile alle società risultanti dalla scissione non può consistere in un singolo bene, di per sé inidoneo allo svolgimento di un’attività economica , ma deve consistere quanto meno in un ramo d’azienda, idoneo a dar vita ad un’attività imprenditoriale. Non si può perciò utilizzare la scissione come mezzo alternativo alla vendita di un bene sociale, ossia trasferire il bene alla società risultante dalla scissione e, quindi, vendere le azioni o quote di questa società. Un simile espediente potrebbe essere qualificato, agli effetti fiscali, come elusivo e colpito dalle norme sulla elusione fiscale”.

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beneficiaria preesistente si configura una situazione assimilabile all’operazione di fusione.

Le caratteristiche della scissione permettono di evidenziare elementi di similitudine con altre istituti quali il conferimento e la fusione. In particolare, prima che la scissione fosse disciplinata dal nostro ordinamento giuridico, gli operatori economici, spesso ricorrevano all’operazione di conferimento, con la quale si possono realizzare gli stessi scopi. Ciò che differenzia le due operazioni, è che nel conferimento, la società conferente continua ad esistere e nel proprio bilancio verrà iscritta la partecipazione ottenuta in seguito al conferimento attuato. Nella scissione, le azioni o quote delle società beneficiarie vengono assegnate ai soci della società scissa, con la conseguenza che in caso di scissione totale la società scissa sarà destinata ad estinguersi, e in caso di scissione parziale rimarrà in vita con un patrimonio ridotto. La scissione permette, quindi, a differenza del conferimento, di perseguire lo scopo di realizzare nuovi assetti societari. Altra differenza non trascurabile è che la scissione deve essere deliberata dall’assemblea straordinaria dei soci, mentre la decisione in ordine al conferimento è di spettanza del consiglio di amministrazione salvo i casi previsti dall’art. 2436 del c.c. (o 2480 per le S.r.l.) riguardanti le modificazioni dello statuto37.

Per quanto riguarda i soggetti legittimati a porre in essere una scissione, la norma limita l’accesso a questo strumento ai soli soggetti societari. restando escluse le imprese individuali, le associazioni, le fondazioni e altri enti.

E’ stato il nostro legislatore ad ampliare il perimetro soggettivo di applicabilità della scissione, infatti la disciplina comunitaria circoscriveva tale ambito alle sole società azionarie.

37

Cfr. M. Confalonieri, Trasformazione, fusione, conferimento, scissione e liquidazione delle società, XXIV ed., Milano, Il Sole 24 ore, 2009., pag. 525 e ss.

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Purtroppo la norma non prevede un procedimento semplificato per le società di persone, per cui l’unica differenza è relativa al regime di pubblicità delle delibere assembleari e dell’atto di scissione.

L’art. 2545 novies del c.c. prevede che anche le società cooperative possano partecipare ad operazione di fusione e di scissione. Mentre è fuori discussione la possibilità di compiere tali operazioni, quando a parteciparvi siano solo società cooperative, qualche dubbio si pone quando siano interessate anche società lucrative. In questi casi per stabilire la legittimità della scissione si prende come riferimento la disciplina della trasformazione. Quindi se è legittima la trasformazione di una società lucrativa in una società cooperativa, sarà altrettanto legittima la scissione di una società lucrativa in una società cooperativa. E’ illegittima la scissione di una società cooperativa in società lucrative, in quanto trasgredisce l’art. 2500 octies del c.c. dettato in tema di trasformazioni, e l’art. 14 della L. 127 del 17/01/1971, cosiddetta legge Basevi38, che pone il divieto per le società cooperative di trasformarsi in società ordinarie anche se la trasformazione è deliberata all’unanimità. Il legislatore ha previsto un vincolo di destinazione per i patrimoni che si sono formati, in capo alle società cooperative, grazie a norme agevolative, impedendo, così, che venissero trasferiti a società lucrative, per le quali tali norme non operano39. Questa disciplina non trova applicazione quando la scissa sia una società cooperativa a mutualità non prevalente, coerentemente con le previsioni in

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In accordo anche la giurisprudenza: Cass., 14 luglio 1997, n. 6349, secondo cui “il divieto sancito dall’art. 14 della legge 17 febbraio 1971, n. 127 , concerne solo la trasformazione (e la scissione) delle società cooperative in società ordinarie e non anche l’ipotesi inversa. Infatti la sua ragione ispiratrice è da ricercare nell’intento di prevenire possibili forme fraudolente di accesso ai benefici previsti per l’esercizio di attività mutualistiche da parte di chi, dopo averli conseguiti, voglia destinarli ad una attività lucrativa. Da tale disposizione non può quindi trarsi in argomento per dubitare dell’incorporazione di una società ordinaria in una cooperativa, sempre che i soci della prima abbiano i requisiti soggettivi richiesti e che la loro partecipazione di capitale rientri nei limiti consentiti dall’art. 2521 del c.c.”.

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materia di trasformazione e dell’art. 2545 decies, anche se il legislatore non abbia espressamente previsto tale forma di scissione40.

40

In tal senso l’orientamento espresso dal Consiglio notarile di Milano con la massima n. 52 in merito alla combinazione del procedimento di scissione e di trasformazione eterogenea, secondo cui “E’ legittima la combinazione del procedimento di scissione (o fusione) con quello di trasformazione eterogenea a condizione che, nell’ambito del procedimento complesso che in tal modo si pone in essere, sia verificata la ricorrenza dei presupposti e sia data puntuale esecuzione agli adempimenti pubblicitari stabiliti tanto per la trasformazione quanto per la scissione (o fusione)”.

Più precisamente tale orientamento nasce dalla seguente motivazione, riportata integralmente:

“Ogni volta che ad una scissione (o fusione) partecipa un soggetto avente forma diversa da quella del soggetto (o da uno dei soggetti) risultante dall’operazione, ciò implica la sua trasformazione (se del caso parziale). Nella ricerca dei confini entro cui tale fenomeno può considerarsi legittimo, è ragionevole affermare che, in linea di principio, la scissione (o la fusione) tra soggetti diversi è ammessa nella misura in cui è ammessa la trasformazione. Sul piano pratico, peraltro, fusione e scissione trasformative perseguono scopi apprezzabili. Realizzano un’economia, in quanto sono alternative alla sequenza procedimentale, sicuramente tacita, che vede la trasformazione precedere la scissione (o la fusione) e realizzano l’opportunità di consentire al soggetto, che dalla scissione (o fusione) uscirà trasformato, di mantenere, fino al compimento della vicenda, la propria forma. Sui confini delle fusioni/scissioni trasformative la riforma ha inciso in modo significativo. Nel vigore della legislazione previgente, infatti, il requisito della eterogeneità, estraneo alla trasformazione, era normalmente riferito a operazioni di fusione e scissione cui partecipassero: società costituite secondo tipi diversi (società di capitali e società di persone); società causalmente diverse (società lucrative, società consortili, società cooperative). Nel codice novellato l’aggettivo eterogeneo è riferito (artt. 2500-septies, 2500-octies e 2500-novies c.c.) alla trasformazione (di consorzi, società consortili, associazioni, fondazioni, comunioni d’azienda in società ordinarie e viceversa). Ne consegue che, dopo la riforma, la categoria delle fusioni e scissioni eterogenee si presta ad essere articolata in tre gruppi: 1. fusioni e scissioni cui partecipano società costituite secondo tipi diversi; 2. fusioni e scissioni cui partecipano società causalmente diverse; 3. Fusioni e scissioni cui partecipano, insieme a società ordinarie, enti diverse dalle stesse. La ammissibilità di fusioni e scissioni appartenenti al primo gruppo, per cui peraltro in passato non si dubitava, trova ora puntuale conferma in norme nuove quali: l’art. 2501-sexies, ultimo comma c.c., (previsione della redazione di stima di stima ex art. 2343 c.c. in ipotesi di fusione cui partecipino società di persone), l’art. 2504-bis, ultimo comma, c.c. (necessità del consenso dei creditori ai fini della liberazione dei soci dalla responsabilità illimitata cui fossero in precedenza soggetti). La ammissibilità di fusioni e scissioni pertinenti al secondo gruppo, pur in assenza di esplicita previsione normativa, è indotta da norme, parimenti nuove (art. 2545-decies e 2500-septies c.c.), che consentono, per il tramite di decisione da assumersi a maggioranza, il superamento della cd. barriera causale. Quanto a scissioni e fusioni facenti parte del terzo gruppo (quelle che vedono partecipare, con le società, enti da queste diversi), ancorché la loro ammissibilità possa essere a sua volta dedotta dalle nuove norme (artt. 2500-septies e 2500-octies) che ammettono la reciproca trasformabilità, occorre peraltro superare una ulteriore obiezione che, formulata in passato in relazione alla partecipazione a fusione/scissione di società irregolari, pienamente si attaglia alle fusioni eterogenee del tipo qui considerato: quella della compatibilità del procedimento di fusione scissione con la partecipazione ad esso di enti estranei al sistema di pubblicità legale delle imprese. Invero, poiché gli adempimenti pubblicitari, in quanto disposti nell’interesse sia dei soci sia dei terzi, costituiscono snodo essenziale del procedimento di fusione/scissione, pare francamente inammissibile che da essi si possa prescindere in occasione della partecipazione di soggetti diversi dalle società. Né vale la considerazione che solo per taluni degli enti coinvolti tali adempimenti verrebbero meno. E’ evidente, infatti, che il socio chiamato a deliberare la fusione (o il creditore interessato a valutare se opporsi ad essa) è tutelato dalla esecuzione degli adempimenti pubblicitari non solo da parte della società cui partecipa (o d cui è creditore) ma anche da parte delle altre società ed enti che partecipano alla fusione/scissione. E’ questa la ragione (apparentemente relativa a risvolti di ordina pratico, in realtà volta al rispetto degli interessi sostanziali coinvolti) per cui, nella massima, si afferma che la legittimità della fusione/scissione eterogenea è subordinata alla ricorrenza dei presupposti e alla rituale esecuzione agli adempimenti pubblicitari stabiliti tanto per la trasformazione quanto per la fusione (scissione). Ciò comporta, in primo luogo (ricorrenza dei presupposti), la esclusione dal novero delle fusioni/scissioni trasformative praticabili dei casi nei quali si determinerebbero i medesimi effetti di una trasformazione vietata. Tale sarebbe,

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L’art. 2506 comma 4 vieta la partecipazione all’operazione di scissione per le società in liquidazione che abbiano già iniziato la distribuzione dell’attivo. Questo significa che società che si trovino in fase di liquidazione ai sensi dell’art. 2484 del c.c., possono partecipare ad operazioni di scissione senza dover procedere preventivamente o contestualmente alla revoca dello stato di liquidazione, a condizione che non abbiano intrapreso azioni o assunto decisioni che consentono la distribuzione dell’attivo. In particolare, il rapporto tra la procedura di liquidazione e quella di scissione può dare luogo alle seguenti situazioni:

• La scissione parziale potrebbe risolvere in maniera automatica le cause di scioglimento di cui all’art. 2484 c.c.41, che hanno determinato lo stato di liquidazione: in questo caso la delibera di scissione dovrebbe prevedere, contestualmente, l’eliminazione della causa di scioglimento e la revoca dello stato di liquidazione, senza alcuna necessità di una delibera ex art. 2487 ter c.c..

ad esempio, l’incorporazione in una società lucrativa di una cooperativa a mutualità prevalente (art. 2545-decies, comma 1, c.c.) o la scissione a favor di una società, di parte del patrimonio di una associazione che abbia ricevuto contributi pubblici (art. 2500-octies, comma 3, c.c.). Quanto agli adempimenti pubblicitari che, nel procedimento di scissione e di fusione delineato dal codice civile, devono essere attuati per il tramite del registro delle imprese, dopo aver affermato che la loro esecuzione secondo le regole ordinarie resta condizione imprescindibile per la praticabilità delle fusioni/scissioni eterogenee, va ulteriormente osservato: a) nessun problema si pone per tutti i soggetti che, ancorché diversi dalle società, sono comunque tenuti all’iscrizione nel registro (per esempio i consorzi con attività esterna: art 2612 c.c.); b) la pubblicità nel registro delle imprese non può essere preclusa a quei soggetti (per esempio associazioni e fondazioni) che, sebbene non tenuti di per sé all’iscrizione, vi sono obbligati in quanto esercenti attività commerciale; c) poiché, in ogni caso di fusione /scissione eterogenea, non può essere omesso l’obbligo di eseguire, ai sensi dell’art. 2500, comma 3, c.c., la pubblicità propria della trasformazione che essa implica, tale adempimento costituisce mezzo ineludibile per eseguire, nello stesso tempo, la pubblicità richiesta per la deliberazione di fusione/scissione. Quest’ultima considerazione permette infine di sottolineare come la coincidenza dei termini stabiliti dall’art. 2500-novies c.c. (per l’opposizione dei creditori alla trasformazione) e dall’art. 2503 c.c. (per l’opposizione dei creditori alla fusione/scissione), consente di fare collimare la stipulazione dell’atto di fusione/scissione con l’efficacia della trasformazione eterogenea che, come più volte detto nella fusione (o scissione) eterogenea è implicita”.

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Art. 2484 c.c. commi 1 e 2: “Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono: 1) per il decorso del termine; 2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, all’uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie; 3) per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea; 4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli artt. 2447 e 2482-ter; 5) nelle ipotesi previste dagli artt. 2437-quater e 2473; 6) per deliberazione dell’assemblea; 7) per le altre cause previste dall’atto costitutivo o dallo statuto. La società inoltre si scioglie per le altre cause previste dalla legge; in queste ipotesi le disposizioni dei seguenti articoli si applicano in quanto compatibili”.

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• La scissione parziale potrebbe far permanere in capo alla società scissa lo stato di liquidazione, mentre la società beneficiaria si troverebbe in una fase ordinaria e naturale di esercizio dell’attività d’impresa.

• Con la scissione totale lo stato di liquidazione della società scissa è automaticamente risolto, in quanto proprio attraverso l’operazione di scissione, la società scissa ha realizzato il proprio scioglimento. In tale fattispecie si accelera la liquidazione, portandola a termine con un solo atto, appunto, di assegnazione di tutto il patrimonio alle società beneficiarie42. Non è più previsto il divieto di partecipare ad operazioni di scissione per le società sottoposte a procedure concorsuali.

Non è possibile procedere ad una operazione di scissione che veda coinvolte società irregolari o di fatto. Tali società non essendo registrate non possono attuare alcuna forma pubblicitaria dell’operazione. Si renderebbe, quindi, necessario regolare la loro posizione mediante l’iscrizione nel registro delle imprese.

In linea con tale posizione, veniva negata per analogia anche la possibilità di procedere ad una scissione che coinvolgesse una società semplice. Per questo tipo di società, solo in una fase successiva è stato introdotto il regime di pubblicità43. L’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese in apposita sezione speciale è stato introdotto, per la società semplice, dall’art. 8 comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580. Ciò permette di rispettare gli obblighi di pubblicità previsti dalle norme sulla scissione e più in generale dalle norme sulle operazioni straordinarie. La conferma, che le società semplici possono partecipare legittimamente ad operazioni di scissione, la troviamo anche nel testo del d.lgs. 6/2003 che non fa riferimento a società che hanno ad oggetto attività commerciali.

42

Buono D., Carrara S., Giannone A., Vaschetto E., Fusioni e scissioni, Ipsoa, Milano, 2008, pag 298.

43

A ben vedere, l’iscrizione delle società semplici nella sezione speciale del registro delle imprese è funzionale a finalità di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, non potendo produrre effetti giuridici ulteriori; non può in altre parole determinare gli effetti tipici della pubblicità dichiarativa, cioè rendere opponibile ai terzi il fatto iscritto.

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2. Procedimento di scissione

La normativa civilistica prevede alcuni adempimenti da rispettare nell’ambito del procedimento di scissione. L’analisi del procedimento permette di evidenziare le similitudini che tale operazione presenta rispetto all’operazione di fusione, come è confermato dai numerosi rinvii alle disposizioni codicistiche che disciplinano tale operazione.

Le principali fasi del procedimento di scissione si possono distinguere in:  Adempimenti antecedenti la delibera di scissione:

- Progetto di scissione; - Situazione patrimoniale;

- Relazione degli amministratori - Relazione degli esperti

 Delibera di scissione e adempimenti successivi: - Atto di scissione.

La redazione dei documenti che precedono la delibera di scissione ha la finalità di informare l’assemblea dei soci, nonché altri soggetti interessati, quali creditori e obbligazionisti, sui motivi, le aspettative e i rischi che l’operazione può comportare.

2.1. Progetto di scissione

Il progetto di scissione rappresenta la prima tappa degli adempimenti procedurali previsti dal Codice Civile. Con il progetto di scissione, l’organo amministrativo ha come scopo principale quello di illustrare gli aspetti economici dell’operazione. Il progetto di scissione è unico per tutte le società che partecipano all’operazione e la sua stesura è a carico dell’organo amministrativo di ciascuna società partecipante, senza possibilità di delegare tale compito a singoli suoi componenti o a un comitato esecutivo. Laddove le società beneficiarie siano di nuova costituzione, è ovvio che il documento sarà stilato esclusivamente dall’organo amministrativo della società

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scissa. L’obbligo di redigere questo documento è previsto dall’art. 2506 bis del c.c., che nel prevedere il contenuto minimo rinvia all’art. 2501 ter dettato in tema di fusioni:

• Il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla scissione;

• L’atto costitutivo e lo statuto delle società beneficiarie;

• Il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l’eventuale conguaglio in denaro;

• Le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote delle società beneficiarie ai soci della società scissa;

• La data a decorrere dalla quale tali azioni o quote partecipano agli utili;

• La data a decorrere dalla quale le operazioni della società scissa si considerano, dal punto di vista contabile, compiute per conto di una o dell’altra società beneficiaria;

• Il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di soci e ai possessori di titoli diversi dalle azioni;

• I vantaggi particolari eventualmente proposti a favore degli amministratori delle società partecipanti alla scissione.

L’esigenza di includere nel progetto di scissione gli statuti delle società beneficiarie è strumentale alla funzione informativa svolta da questo documento, soprattutto nei confronti dei soci che, successivamente, saranno tenuti a deliberare l’operazione straordinaria de qua44. I soci hanno infatti diritto a conoscere i vincoli derivanti dalle nuove regole societarie. Nulla viene detto con riferimento allo statuto della società scissa in caso di scissione parziale. In questo caso, viene ritenuto necessario riferire le modifiche che l’operazione apporterà allo statuto45.

44

Buono D., Carrara S., Giannone A., Vaschetto E., Fusioni e scissioni, Ipsoa, Milano, 2008, pag. 300

45

Cusa E., Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano, Giuffrè, 1992, pag. 89. L’autore giustifica tale necessità in quanto “essendo la delibera di scissione prima di tutto lo strumento giuridico necessario per attuare una modifica statutaria, non si vede come i soci possano modificare l’originario contratto sociale senza che compaia ciò che sarà il risultato della loro decisione di ristrutturazione aziendale”

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Il progetto di scissione deve indicare, oltre a quanto previsto dall’art. 2501 ter, “l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna società beneficiaria”. Si tratta di una precisazione che concorre a mettere in risalto la finalità informativa del progetto discissione. Quindi, l’organo amministrativo dovrà fornire una dettagliata indicazione di ciascun elemento che viene separato dal patrimonio della scissa per essere assegnato alla società beneficiaria. Ciò permetterà ai soggetti interessati di avere a disposizione un quadro informativo completo e funzionale a fornire tutti gli elementi necessari per decidere in ordine all’operazione straordinaria che si intende porre in essere. Si rende necessario precisare che tali informazioni dovranno essere vagliate, oltre che dai soci della scissa, anche dai soci della società beneficiaria se preesistente, atteso che gli elementi patrimoniali oggetto di scissione confluiranno nel patrimonio della stessa beneficiaria46.

La finalità informativa del progetto di scissione è confermato dall’obbligo di pubblicità del progetto di scissione come previsto dal comma 5 dell’art. 2506 bis c.c.. Il progetto di scissione deve essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti alla scissione.

Il secondo comma dell’art. 2506 bis stabilisce il comportamento da tenere nell’ipotesi in cui dal progetto di scissione non emerga l’attribuzione alle società beneficiarie di elementi dell’attivo. In questo caso bisogna distinguere l’ipotesi in cui si intenda compiere una scissione parziale rispetto a quello in cui si intenda compiere una scissione totale.

Nell’ipotesi di scissione parziale, la norma prevede che l’elemento dell’attivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto di scissione, deve rimanere in capo alla società scissa. Mentre, in ipotesi di scissione totale, lo stesso elemento dell’attivo deve essere assegnato alle società beneficiarie in proporzione alla quota di patrimonio netto trasferito, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio. Si considera, cioè, un criterio che prescinde dal patrimonio netto

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contabile, e fa, invece riferimento ai valori economici effettivi. La stima dei patrimoni netti effettivi avviene, sia da parte degli amministratori che dagli esperti, senza tener conto degli elementi attivi non desumibili dal progetto di scissione. Ciò permette di comprendere il tenore della norma, che prevede in caso di scissione parziale che tali elementi rimangano in capo alla scissa e in caso di scissione parziale vengano attribuiti alle società beneficiarie47.

La norma in esame trova la sua ragione d’essere in quelle realtà aziendali caratterizzate da un elevato dinamismo. Il patrimonio aziendale non è formato unicamente da beni materiali che in linea di principio possono essere considerarsi statici, ma anche da rapporti attivi e passivi (crediti, debiti, rimanenze di magazzino) soggetti a continui mutamenti.

L’intervallo che intercorre tra la redazione del progetto di scissione e la data di efficacia giuridica della scissione stessa, permette di giustificare i motivi per cui gli amministratori possono decidere volontariamente di non includere nel progetto di scissione alcuni elementi dell’attivo e rimandare tale decisione al momento in cui potranno stabilire con certezza il loro valore. Deve essere segnalato che gli elementi dell’attivo la cui destinazione non è desumibile dal progetto d scissione non devono rappresentare elementi significativi ai fini della realizzazione della scissione stessa48. Con riferimento agli elementi del passivo la cui destinazione non è desumibile dal progetto di scissione, il comma 3 dell’art. 2506 bis c.c. non stabilisce un criterio di assegnazione sostitutivo, ma prevede una responsabilità solidale delle società partecipanti alla scissione, allo scopo di tutelare gli interessi dei creditori societari. La responsabilità solidale è limitata al valore del patrimonio netto effettivo attribuito a ciascuna società beneficiaria. Questo ultimo inciso, introdotto dal

47

Buono D., Carrara S., Giannone A., Vaschetto E., Fusioni e scissioni, Ipsoa, Milano, 2008, pag. 308.

48

In tal senso, si veda M. Tamburini, op. cit., che precisa come “la realtà aziendale, tuttavia, è spesso assai complessa e non è infrequente il caso in cui i redattori del progetto non vogliano (o non possano) attribuire con precisione tutte le attività e passività della scissa. In questi casi il progetto di scissione si limita a stabilire le modalità di attribuzione di quegli elementi patrimoniali che rivestono un carattere di necessità rispetto al piano di riassetto aziendale sotteso all’operazione di scissione, lasciando, per contro, indeterminata la ripartizione di elementi patrimoniali accessori, fungibili e, in quanto tali, non necessariamente connaturati all’attività aziendale oggetto di scissione (tipicamente, ma non solo, la liquidità e i debiti tributari)”.

Riferimenti

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