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Capitolo V LIMITE DELLA RISERVATEZZA V.1

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Capitolo V

LIMITE DELLA RISERVATEZZA

V.1

Premessa.

Il tema oggetto di analisi nel presente capitolo ha a che fare con una questione molto delicata, capace di incidere su diritti della personalità.

L'amministrazione dovrà necessariamente mediare tra

esigenze contrapposte, operando un bilanciamento di interessi tra l'esigenza di rendere accessibili taluni documenti e la tutela della privacy.

La tutela della riservatezza è caratterizzata da un'evoluzione normativa ed è riscontrabile in alcune tappe fondamentali, che susseguendosi temporalmente hanno creato un sistema in grado di fornire maggiori garanzie, rispetto al passato, ai cittadini.

V.2 Diritto di accesso prima della legge n.675 del

1996.

Nella fase antecedente all'entrata in vigore della legge 241/90, nel nostro ordinamento non vi era una specifica norma sulla privacy.

La giurisprudenza dell'epoca era concorde nell'ammettere l'ostensione dei documenti, a condizione che questa fosse

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sostenuta dalla necessaria motivazione di difendere i propri interessi, anche quando la visione riguardasse dati personali. Una, seppur lieve, forma di tutela dei dati personali era possibile riscontrarla all'art.2 Costituzione.

L'introduzione del diritto di accesso, ad opera della legge 241/90, presentò immediatamente il problema del suo contemperamento con quello della riservatezza, specie nel momento in cui si riscontrasse, all'interno del documento di cui si chiedeva l'ostensione, la presenza di dati personali di terze persone.

Il legislatore dell'epoca, aveva ritenuto prevalente il diritto alla riservatezza rispetto alla pubblicità del documento, nelle ipotesi in cui quest'ultimo fosse idoneo, anche potenzialmente, a pregiudicare la sfera intima protetta1.

Non sono mancati dei contrasti giurisprudenziali in merito. Un primo orientamento negava l'accesso tutte le volte che comportava la lesione di interessi protetti2, con conseguente limitazione dei documenti o a parti di essi connesse a tali interessi.

Un secondo indirizzo, basandosi sul caso concreto, imponeva un bilanciamento tra riservatezza e posizione giuridica (interesse legittimo o diritto soggettivo) sottesa alla richiesta.

1 Giurdanella-Puzzo, op.cit. pp 39 ss. 2 Art. 8 D.P.R.n.352/1992.

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Un altro ancora, che negava l'accesso qualora potesse incidere sulla riservatezza di terzi3; tuttavia l'accesso ad atti relativi a procedimenti amministrativi necessari per difendere interessi giuridici rilevanti, non poteva essere negato, ma si permetteva in forma meno invasiva, in quanto se ne faceva prendere visione al richiedente, senza però farne estrarre copia.

Un'ultima visione giurisprudenziale si fondava sulla lettura

dell'art. 24 comma 2 lett. d) legge 241/904, considerando

prevalente il diritto alla riservatezza rispetto al diritto di accesso, aggiungendo che i termini <<prendere visione>> ed

<<estrazione di copia>> di atti sarebbero sinonimi,

consentendo l'estrazione di copia solo a coloro che necessitassero per difendere i propri interessi, a prescindere dal fatto che i documenti contenessero dati di terzi.

V.3 L'introduzione della legge sulla privacy

La legge n.675 del 1996, più comunemente conosciuta come la legge sulla privacy, ha garantito una tutela specifica e graduata fissando dei livelli di trattamento dei dati personali

<<comuni>>, fino a spingersi a creare una soglia di tutela

intoccabile verso i dati personali <<sensibili>>.

3 Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2012. 4

Il diritto di accesso è escluso: quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono;

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La disciplina in esame muoveva dal fatto che ogni soggetto giuridico è titolare di molteplici diritti, facoltà, poteri, in merito al trattamento dei dati personali, alla loro divulgazione e

comunicazione5.

All'articolo 27, comma 3 della legge sulla privacy, in riferimento ai dati sensibili, questi potevano essere comunicati e diffusi da parte dei soggetti pubblici soltanto nelle ipotesi previste da norme di legge e regolamenti vigenti, con il conseguente loro assoggettamento alla legge 241/90.

La disciplina indicata nell'art. 22, comma 3, subordinava il trattamento dei dati sensibili all'emanazione di una disciplina normativa che specificasse, l'indicazione dei dati trattabili, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite, oltre ai relativi obblighi e prescrizioni da adottare. Il Consiglio di Stato6 in quell'occasione, laddove si fosse in presenza di dati sensibili relativi a terzi detenuti dalla P.A., ha affermato la prevalenza del diritto alla difesa su quello alla riservatezza, ma solo nel caso in cui vi sia una espressa disposizione di legge, che consenta al soggetto pubblico di rilasciare copia di un documento amministrativo contenente simili dati.

La legge n.675/96 ha il merito di aver introdotto nel nostro

5Giovagnoli-Fratini, Le nuove regole dell'azione amministrativa al vaglio della

giurisprudenza, procedimento e accesso, Giuffrè, Milano, pp 757 ss.

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sistema una differenza importante in merito ai termini

comunicazione e diffusione dei dati personali.

La prima si riferisce alla possibilità di rendere noti i dati ad un certo destinatario, mentre la seconda riguarda la volontà di rendere noti quei fatti ad un numero indefinito di soggetti, tale differenza viene poi riprodotta del tutto nel successivo D.lgs. 30 giugno 2003, n.196.

I risvolti sanzionatori alla luce dell'ultima citata disciplina sono di grande rilievo, in quanto, sia la comunicazione che la diffusione illecita dei dati designano un utilizzo abusivo delle informazioni e portano con loro rilevanti sanzioni penali.

Laddove tale illecito fosse accertato, si procederà

all'annullamento del provvedimento di accesso, con la conseguente possibilità di agire per il risarcimento del danno subito7.

V.4 Le modifiche apportate dal D.lgs. 11 maggio

1999, n. 135

Immediatamente dopo la riforma del 1996, il quadro è mutato grazie al D.lgs. 11 maggio 1999, n.135 che segnò l'automatica impossibilità all'esercizio del diritto di accesso a fronte di

7 Articolo 15, comma 1 D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196: Chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali e' tenuto al risarcimento ai sensi dell'articolo 2050 del codice civile.

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83 documenti contenenti dati sensibili8.

In particolar modo tale innovazione, ha riguardato la nuova formulazione del precedente art.22 contenuto nel D.lgs. 675/96.

Si è sancito che, il Garante della privacy avrà il potere di individuare le rilevanti finalità di interesse pubblico rispetto alle quali il trattamento deve essere funzionale e, in assenza di prescrizione legislativa, assegnare alle P.A. il compito di fissare i dati suscettibili di trattamento e le operazione ad essi collegati.

Il Decreto in esame individua criteri cui bisogna attenersi, riguardo al trattamento dei dati sensibili e si sancisce che il trattamento di simili dati risulti il meno invasivo possibile.

Si chiarisce che quando la richiesta abbia ad oggetto dati sensibili, in particolar modo quelli idonei a rivelare informazioni relative a stato di salute o alla vita sessuale, il trattamento viene consentito <<se il diritto da far valere o difendere è di

rango almeno pari a quello dell'interessato9>>

Il Consiglio di Stato è intervenuto dicendo che la comparazione deve tenere conto degli interessi in concreto <<per evitare il

rischi di situazioni precostituite poggianti su una astratta scala

8 Giovagnoli-Fratini, op.cit. p.763. 9 Articolo 16 del D.lgs. n.135/1999.

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gerarchica dei diritti in contesa10>>.

V.5 L'introduzione del codice della privacy

Ulteriore atto normativo, seppur con le successive modifiche apportate dalla legge 15/2005 e il Dlgs. 28 maggio 2012 n.69, è l'introduzione del D.lgs. 30 giugno 2003 n.196, più comunemente conosciuto come codice della Privacy.

Il codice viene previsto su tre livelli di tutela progressiva dei privati, ai dati comuni della persona, seguono quelli sensibili11 per poi arrivare ad una categoria di atti definiti come supersensibili12.

Quando si parla di dato personale ci si riferiscea <<qualunque

informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale13>>

Si segnala in particolare l'art.19 del citato codice che fa riferimento alla comunicazione di dati comuni che la P.A. può fare ai privati o agli enti pubblici, solamente nelle ipotesi in cui

10 Consiglio di Stato, sez VI, 30 marzo 2001, n.1882. 11

Art.2 lett. d Codice della privacy, ovvero idonei a rilevare origine etnica, razziale,convinzioni religiose,opinioni politiche ecc.

12 Idonei a rilevare stato di salute o vita sessuale della persona.

13 D.lgs.196/2003, art. 4 comma 1 lett. b, così come modificata dalla L. 22 dicembre

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ciò sia previsto da una norma di legge o regolamento14.

L'art.59 invece prevede che i presupposti, le modalità, i limiti e la tutela giurisdizionale dell'accesso a documenti contenenti dati personali, restino disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, se ne deduce quindi che le modalità di ostensione si ritroveranno nell'art.25 della stessa legge.

Il riferimento è all'accesso dei dati comuni, sensibili o giudiziari, questi ultimi sono in grado di rilevare l'esistenza di provvedimenti iscritti nel casellario giudiziale, sanzioni amministrative, carichi pendenti oppure la qualità di imputato o indagato.

Essendo queste, delle informazioni particolarmente delicate il legislatore permette l'accesso, solo nei casi in cui la situazione giuridicamente rilevante da tutelare con l'ostensione sia di pari rango rispetto alla privacy, o vi sia un diritto fondamentale e inviolabile da tutelare15.

Per quanto riguarda l'ampia sfera dei dati sensibili, uno speciale trattamento è attribuito alle informazioni relative a

14 Art.19: <<Il trattamento da parte di un soggetto pubblico riguardante dati diversi

da quelli sensibili e giudiziari è consentito, fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, anche in mancanza di una norma di legge o di regolamento che lo preveda espressamente>>.

15 Art.60 D.lgs 196/2003: << Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare

lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile>>.

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stato di salute e alla vita sessuale di una persona.

Il trattamento di simili dati è stato vietato in campo internazionale e comunitario, pur consentendolo in ambito nazionale se fosse necessario per perseguire una sfera circoscritta di finalità, e solo se fondato su elevate garanzie16. L'art. 24, comma 7 legge 241/90 prevede espressamente la possibilità di accesso ai documenti sensibili o giudiziari, nei limiti in cui è strettamente indispensabile, nei termini dell'art.60 D.lgs. 196/2003 in caso di atti idonei a rivelare vita sessuale e stato di salute.

Si nota quindi che l'accesso, ex art.60 sarà previsto per documenti contenenti i cosiddetti dati supersensibili, mentre per gli atti sensibili o giudiziari l'accesso sarà limitato ai casi in cui sia <<strettamente indispensabile>>.

E' compito del soggetto istante provare l'indispensabilità dell'accesso, con allegazione dei fatti che siano in grado di appoggiarne l'istanza.

In ogni altra situazione riguardante dati supersensibili non è possibile aderire alla richiesta di accesso o di comunicazione da parte di terzi che siano subvalenti rispetto alla necessità di non ledere la riservatezza, la dignità e le libertà fondamentali dell'interessato17.

16 Direttiva comunitaria n.95/46 e Convenzione di Strasburgo n.108/1981.

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La Pubblica Amministrazione potrà individuare modalità di accesso tali da poter contemperare le ragioni di riservatezza con le esigenze dell'accesso, allo scopo di trovare un punto di equilibrio che comporti la soddisfazione dell'istanza di accesso con il minor sacrificio per la riservatezza.

Restando in materia di dati supersensibili è corretto ritenere che, il soggetto pubblico nello stabilire se il diritto che gli viene presentato dall'istanza di accesso è considerabile di pari rango rispetto a quello della persona cui si riferiscono i dati, debba utilizzare non il diritto all'azione (o alla difesa) di questo, quanto il diritto sottostante che il terzo intende far valere sulla base del materiale documentale che chiede di conoscere.

A questo si aggiungerà la valutazione ulteriore che è volta a verificare se i dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, siano <<necessari>> al fine di far valere difendere gli equivalenti diritti in sede contenziosa.

Va segnalato che per una particolare categoria di informazioni, ovvero quelle di carattere psicoattitudinale nei procedimenti selettivi, si delinea una totale inaccessibilità18 .

Sull'applicazione della normativa vigila l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, che è costituita da quattro membri, eletti due per ogni ramo del Parlamento; uno degli

p.795.

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88 eletti sarà designato presidente.

I membri devono essere scelti tra coloro che assicurino indipendenza e che siano esperti nelle materie del diritto e dell'informatica.

La durata del mandato è di quattro anni e non è rinnovabile. Il Garante ha evidenziato le principali differenze tra la disciplina dell'accesso e la privacy.

In merito all'oggetto si nota che, nell'accesso ciò che rileva sarà il documento, mentre nella privacy si richiedono informazioni o dati, che si riferiscono all'interessato.

Nell'accesso inoltre si richiede come presupposto della legittimazione un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni rilevanti19, mentre nell'istanza (definita all'art. 7 del codice sulla privacy) si presuppone la sola correlazione tra dato e persona che va sottoposta a verifica e deve essere dimostrabile e con qualsiasi modalità utile.

Sulle modalità di acquisizione si nota un'altra differenza, in quanto nella disciplina sull'accesso vi sarà la soddisfazione dell'istanza con la consegna di copia del documento o ostensione dello stesso; per il diritto alla privacy avviene, procedendo ad estrazione ad opera del responsabile o degli incaricati che verranno comunicati al richiedente anche oralmente, oppure saranno visionabili mediante strumenti

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89 elettronici.

Se vi è richiesta, si provvede alla trasposizione dei dati su supporto cartaceo o informatico, ovvero alla loro trasmissione per via telematica oppure alla consegna purchè siano in forma intelligibile20.

Il comma 4 del codice della Privacy prevede la possibilità di consegna in copia di atti e documenti contenenti i dati personali richiesti, nel momento in cui l'estrazione risulta difficoltosa. Si può concludere che la Privacy è un freno al diritto di accedere a documenti che possano contenere informazioni su

terzi che potrebbero vedere leso un diritto fondamentale21.

V.6 La tutela a fronte delle richieste di terzi

Il problema principale inerente l'accesso è senza dubbio legato alla violazione che questo potrebbe comportare nei confronti di terzi.

L'art.3 del D.P.R. pone a carico dell'amministrazione destinataria della richiesta di ostensione l'obbligo di dare comunicazione ai controinteressati.

Lo scopo di tale disciplina è quella di garantire maggiore tutela al soggetto interessato dai dati riportati nel documento di cui si chiede ostensione, per tali motivi si darà una definizione più

20 Art. 10 comma 2 e 6 del D.lgs. 196/2003.

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ampia del soggetto controinteressato nell'art.22 della legge 241/90 così come modificato dalla legge 15/2005, saranno tali <<tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base

alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza>>.

Dal punto di vista processuale si prevede che il ricorso al giudice amministrativo contro il diniego di accesso, vada notificato tanto all'organo che ha emanato l'atto impugnato che al titolare della sfera riservata che viene considerato come un contraddittore necessario, in ragione del suo interesse a non consentire l'ostensione dei suoi dati22.

Le Pubbliche Amministrazioni destinatarie delle richieste di accesso sono obbligate a comunicare ai controinteressati, che i documenti contenenti i loro dati riservati sono oggetto di una pretesa di accesso da parte di altri.

La notifica dovrà avvenire a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento.

Inoltre si segnala che <<per conseguire maggiore efficienza

nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati 23>>.

22 Puzzo-Giurdanella, op.cit. pp.46 e ss.

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La norma in esame è volta ad incentivare i sistemi di digitalizzazione e informatizzazione della P.A., per rendere più immediato lo scambio di dati e informazioni.

L'utilizzo della via telematica si riferisce in particolare alla posta elettronica certificata, che è equiparata alla normale raccomandata con avviso di ricevimento, pertanto l'invio o la ricezione di documenti con simili mezzi avrà valore a tutti gli effetti.

Giova segnalare però, che la comunicazione in via telematica è permessa a quanti abbiano prestato il consenso, più correttamente a coloro che abbiano dato la disponibilità ad avvalersi del servizio di posta elettronica certificata.

Con questa comunicazione si garantisce una fase di interlocuzione tra Amministrazione e controinteressato, allo scopo di non permettere che il bilanciamento di interessi tra istanza ostensiva e riservatezza sia operato in astratto.

Il fine sarà quello di partecipare attivamente in modo tale che l'amministrazione possa decidere, prendendo in esame tutte le posizioni confliggenti.

La loro partecipazione sarà indubbiamente volta a garantire

l'imparzialità dell'azione amministrativa e la corretta

applicazione della legge.

Il controinteressato potrà far valere la propria opposizione all'ostensione motivandola; il termine entro il quale dovrà

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presentare l'opposizione sarà di dieci giorni e decorrerà dalla data di ricezione della comunicazione.

Se vi fosse un decorso infruttuoso del termine indicato allora l'Amministrazione sarà tenuta all'obbligo di provvedere all'accesso.

V.7 L'accesso e il segreto

Abbiamo già ampiamente definito cosa si intende per accesso, ora bisognerà vedere il suo rapporto in merito ad un principio fondamentale quale il segreto.

Il segreto ha avuto un'evoluzione nel corso della storia che ci permette solo oggi di darne una definizione unitaria.

La prima concezione del termine si basava sull'etimologia della parola <<secretum, da secernere, separare>>, per cui lo si poteva definire come qualcosa di isolato, per arrivare poi alla concezione di occulto o poco noto agli altri.

Il termine è stato più vote sottoposto ad interpretazioni diverse,

che vanno dalla notizia conosciuta solo da una certa persona24,

alla cosciente dissimulazione di un contenuto di esperienza25, oppure una situazione per cui una determinata notizia è

24 Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981 p. 199: << stato di fatto

conosciuto solo da una persona determinata o da una cerchia ristretta>>.

25 Crespi, La tutela penale del segreto, Palermo, 1952 p. 50: <<cosciente

dissimulazione di un contenuto di esperienza, proprio di un determinato soggetto, corrispondente ad uno stato di fatto penalmente garantito per l'interesse, vantato da lui, allo scopo che quel contenuto di esperienza non venga palesato ad altri>>.

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conosciuta da una sola persona che è interessata ad escluderne gli altri.

Tuttavia le soluzioni descritte non hanno portato a soluzioni soddisfacenti.

Va sottolineato che nel caso di dissimulazione, questa non avrà la stessa valenza nel settore penale e nel settore civile, in quanto nel primo caso la dissimulazione sarà inerente a fatti, nel secondo caso si riferirà a negozi, per cui la dissimulazione

di contenuti di esperienza sarebbe da considerarsi arbitraria26 .

Si può però affermare che il concetto di segreto ha comunque almeno una connotazione comune a tutte le definizioni, in quanto, indica che la sua sfera più interna è destinata a rimanere sconosciuta a terzi.

Va detto, che tale connotazione deve comunque confrontarsi con un principio sancito dalla nostra Costituzione all'art. 21

ovvero la libertà di pensiero ed espressione27.

Tale ultima disposizione è volta a proteggere una situazione di libertà del singolo, che tuttavia subisce delle limitazioni, laddove vi fossero in capo ad altri identiche situazioni o opposte a questa, che risultino allo stesso modo meritevoli di tutela.

Vi sono inoltre, una serie di limiti impliciti come il buon

26 AA.VV., Il Regolamento sull'accesso, op.cit. p.6.

27 <<Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola,

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costume, l'onore, la riservatezza altrui, il diritto all'immagine, gli obblighi di segretezza penalmente sanzionati ecc...

Vi sono diverse tipologie di segreto, e ciascuno di essi presenta peculiari caratteristiche.

Cominciando dal segreto di Stato si nota come questo sia il primo caso ad essere menzionato dall'art.24 della legge 241/90, con il dovuto richiamo alla legge del 24 ottobre 1977 n.801 che all'art. 12 che ne individua le caratteristiche, atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione:

1. ad accordi internazionali;

2. alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento;

3. al libero esercizio delle funzioni degli organi

costituzionali;

4. alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi;

5. alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.

La corte costituzionale28 ha precisato che <<l'individuazione

degli atti, dei fatti, delle notizie che possono compromettere la sicurezza dello stato e che devono rimanere segreti costituisce il risultato di una valutazione ampiamente discrezionale, ed è

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vietato al potere giurisdizionale di sostituirsi al potere esecutivo e alla pubblica amministrazione, e di operare il sindacato di merito sui loro atti>> pertanto, se ne deduce che solo il

parlamento per mezzo del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica potrà decidere in merito alla secretazione.

Si precisa che in nessun caso potranno essere oggetto di segreto di Stato atti o fatti che siano eversivi dell'ordine costituzionale.

Per ciò che concerne il segreto professionale, questo ha ad oggetto notizie e documenti acquisiti in ragione del proprio stato, ufficio, professione o arte e viene tutelato in forza dell'art.622 c.p. prevedendo una sanzione.

Tali tipi di documenti seppur resi disponibili dalla P.A. non sono suscettibili di diffusione, in quanto si nota che il principio della trasparenza, in questo caso cede per salvaguardare l'interesse protetto.

Nell'ambito della professione legale si segnalano le norme contenute nel Codice deontologico forense: il dovere di segretezza e riservatezza, nell'interesse del cliente, in merito ad informazioni che siano state apprese nell'attività di assistenza o consulenza (art.13), l'obbligo di non fornire informazioni che siano coperte dal segreto di indagine (art.18), l'obbligo di mantenere il segreto e la riservatezza anche

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quando il mandato sia stato adempiuto, rinunciato o non accettato.

Agli stessi obblighi devono sottostare i praticanti, consulenti e collaboratori (art.28 comma 2, 3), prevedendo nei casi di violazione del segreto professionale vi sarà una sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da uno a tre anni (art. 28 comma 5).

Il segreto delle comunicazioni, intese come il rapporto che intercorre tra persone distanti (comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche), si applica a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati art.623 c.p.

La violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza contenuta all'art. 616 c.p., lede lo stretto legame tra corrispondenza, rapporto di confidenzialità e segretezza legata allo stesso.

Altra fattispecie invece è quella relativa al segreto bancario29 che è un istituto di diritto bancario volto a difendere la riservatezza dei clienti di una banca.

La disciplina indica che tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia, in ragione della sua attività di vigilanza, sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, individuando una deroga nei

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confronti del Ministro dell'economia e delle finanze e del Presidente del CICR30.

In ogni caso il segreto non può essere opposto all’autorità giudiziaria quando le informazioni richieste siano necessarie per le indagini o per i procedimenti relativi a violazioni sanzionabili penalmente.

I dipendenti della Banca d'Italia, in qualità di pubblici ufficiali devono sottostare al segreto d'ufficio, ed eventualmente riferire al solo Governatore le irregolarità.

Vi sono delle altre deroghe al segreto che riguardano i rapporti con altre istituzioni comunitarie.

In ultimo si affronta la disciplina relativa agli atti coperti da

segreto istruttorio in sede penale contenuta nell'art.329 c.p.p.31,

il problema sorge nel momento in cui un privato voglia

accedere ad una denuncia di reato presentata da una P.A.32.

Il Consiglio di Stato33 ha ritenuto non costituire atto coperto da

segreto istruttorio penale quindi non sottratta all'accesso, la denuncia di reato presentata dalla P.A. in quanto non ricade nell' ambito di applicazione del 329 c.p.p.

Tuttavia, quando l'amministrazione trasmette all'autorità

30 <<Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio>>.

31 Recita così: << gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia

giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari>>.

32 Giovagnoli-Fratini, Le nuove regole dell'azione amministrativa, Giuffrè, Milano,

pp. 748 e ss.

33 Consiglio di Stato sez. VI, 13 dicembre 2006, n.7391 e sez.VI, 7 aprile 2006,

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giudiziaria una notizia di reato nell'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria, attribuitele dall'ordinamento, saremo in presenza di indagini compiuti da p.g. soggette a segreto istruttorio ai sensi del 329 c.p. e sottratte, quindi, all'accesso. Nella decisione in esame l''indagine veniva condotta dall'ispettore del lavoro, il quale, rilevati illeciti amministrativi e illeciti penali, ne dava notizia all'autorità giudiziaria.

La decisione in esame ha identificato l'ispettore del lavoro come un ufficiale di polizia giudiziaria, per cui gli atti saranno sottratti al regime di accesso, in quanto rientranti nel segreto istruttorio.

Un ulteriore problema si profila in merito all'ostensione delle dichiarazioni rese da parte del lavoratore nei confronti degli ispettori e la loro accessibilità da parte dei datori di lavoro. Sottolinea il Consiglio di Stato34 che in tale situazione <<la

sottrazione all’accesso degli atti dell’attività ispettiva in materia di lavoro postula che risulti un effettivo pericolo di pregiudizio per i lavoratori sulla base di elementi di fatto concreti e non per presunzione assoluta>>.

Fino poi ad arrivare alla più attuale pronuncia35, che sostiene la prevalenza del diritto alla riservatezza dei lavoratori che hanno reso le dichiarazioni, rispetto alle ragioni fatte valere dal

34 Consiglio di Stato sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 920. 35 Consiglio di Stato sez. VI, 24 febbraio 2014, n. 863.

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99 datore36.

La tutela apprestata dall’ordinamento alle esigenze di riservatezza delle suddette dichiarazioni è inerente al fatto che la loro accessibilità potrebbe comportare, nei confronti dei lavoratori azioni discriminatorie o indebite pressioni.

V.8 Accesso a dati sanitari

Il diritto di accesso ai dati sanitari riguarda un aspetto molto delicato, in quanto l'ostensione potrebbe comportare la divulgazione di dati e documenti in grado di poter far conoscere a terzi le condizioni di salute di un soggetto.

L'Amministrazione obbligata all'esibizione sarà quella sanitaria che ha emesso l'atto.

L'istanza deve avere ad oggetto l'ostensione di informazioni contenute in un documento amministrativo, deve essere motivata e riferirsi a documenti esistenti al momento della richiesta.

Nel caso di istanze che coinvolgano terzi (controinteressati) sarà l'amministrazione sanitaria ad avere il compito di dare comunicazione a questi mediante raccomandata con avviso di ricevimento o per via telematica.

Entro dieci giorni dalla ricezione si dovrà presentare

36 Precisando che << anche in assenza dell’accesso alle dichiarazioni rese dai

lavoratori, la tutela degli interessi giuridici vantati dalle società medesime risulta comunque pienamente garantita dall’ordinamento>>.

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opposizione motivata all'istanza di accesso; spirato inutilmente tale termine si provvederà a dare seguito alla richiesta di ostensione.

Va detto che la legge 241/90 all'art.24 comma 2, delega alla

potestà regolamentare delle singole amministrazioni

l'individuazione delle categorie di documenti da esse redatti, esclusi dall'accesso, quindi ciò varrà anche per le

amministrazioni sanitarie, con l'unico limite di non

regolamentare ulteriori casi di esclusione alla riservatezza di terzi, in quanto ciò sarebbe possibile solo con regolamento governativo37.

L'istanza potrà essere formale o informale, con le medesime caratteristiche previste per la procedura ordinaria del diritto di accesso.

Vi potrà essere un'altra istanza che è quella per via

telematica38, ma ciò avverrà nel momento in cui vi sia la

concreta possibilità di poter verificare legalmente la provenienza dell'atto, e controllare l'autenticità della firma attraverso un sistema di posta certificata o con la firma digitale.

La richiesta potrà concludersi con il silenzio-rifiuto

dell'amministrazione quando decorrano i trenta giorni dalla presentazione della richiesta.

37 Art.24 comma 6, legge n.241 del 1990. 38 Art.13, D.P.R. n.184 del 2006.

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101

La legge sul procedimento precisa che l'accesso non potrà essere negato ove sia sufficiente il ricorso al potere di differimento.

Uno strumento informativo individuale è costituito dalla cartella clinica, finalizzata a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche significative, relative ad un paziente e ad un singolo episodio di ricovero39.

La cartella viene redatta nel momento di accettazione del paziente nella struttura e lo seguirà per tutto il percorso ospedaliero.

Questo documento deve essere compilato in modo chiaro, con puntualità e diligenza e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche40.

La cartella avrà le caratteristiche di un atto pubblico e conterrà contestualmente dati personali (comuni) e dati sanitari (sensibili), va però detto che le categorie in esame sono oggetto di discipline diverse.

I dati sensibili essendo idonei a rivelare aspetti più intimi e riservati della persona seguiranno una disciplina più restrittiva. In merito alle richieste di prendere visione o di rilascio di copia della cartella da parte di soggetti diversi dall'interessato queste

39Castiello-Tenore, Manuale di diritto sanitario, Giuffè, Milano, 2012, p.545. 40 Art.23 Codice di deontologia medica.

(25)

102

possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta

è giustificata dalla documentata necessità41 di far valere un

diritto in sede giudiziaria, che sia di pari rango a quello

dell'interessato, oppure per tutelare una situazione

giuridicamente rilevante di rango pari a quello dell'interessato. Per definire se il diritto del richiedente sia di pari rango rispetto a quello della persona a cui si riferiscono i dati, l'ente dovrà utilizzare come parametro la comparazione in concreto tra le situazioni giuridiche con riferimento agli specifici interessi perseguiti dalle parti.

A questa si aggiungerà un ulteriore valutazione, volta a verificare se tutti i dati personali oggetto della richiesta rispondano al requisito della necessità e della stretta indispensabilità.

Si garantisce all'interessato la possibilità di prendere visione e copia della propria cartella clinica in forma intelligibile, oppure i dati possono essere resi noti all'interessato o al suo rappresentante ad opera di un medico.

Per quanto invece riguarda i dati sanitari relativi a persone decedute, i diritti possono essere esercitati da chi abbia un interesse proprio o agisce a tutela dell'interessato per ragioni familiari meritevoli di protezione42.

41 Art.92 comma 2, D.lgs. n.196 del 2003. 42 Art.9,comma 3, D.lgs. 30 giugno 2003 n. 196.

(26)

103

Tale tesi viene avallata dal Tar Palermo43 che accolse un

ricorso, presentato dagli eredi legittimi di una persona deceduta, i quali chiedevano il rilascio di copia della documentazione medica e della relativa cartella clinica di ricovero della congiunta, contro il diniego opposto dall'ente sanitario.

Un'altra problematica che merita di essere esaminata è quella che scaturisce a seguito dell'emanazione delle <<linee guida in

tema di fascicolo sanitario elettronico e di dossier sanitario>> in

cui il Garante della privacy il 5 marzo 2009, definisce il F.S.E. come <<l'insieme di dati sanitari relativi di regola ad un

medesimo soggetto e riportati in più documenti elettronici tra loro collegati, condivisibili da soggetti sanitari diversi, pubblici e privati>>.

Questo insieme di dati telematici se costituito presso un solo organismo sanitario in qualità di unico titolare del trattamento, al cui interno operino più professionisti, assumerà la

43Tar Palermo sez III, 15 giugno 2007 n.1675: <<la documentazione sanitaria

relativa ad un ricovero ed eventuale intervento chirurgico con i relativi esami diagnostici rientra nell’amplissima nozione di “documento amministrativo” lettera d) dell’art. 22 della L. n. 241/1990, trattandosi di atti interni detenuti dalla struttura ospedaliera, in relazione all'attività di pubblico interesse dalla stessa svolta al fine di assicurare al cittadino una adeguata assistenza sanitaria, e così il diritto primario e fondamentale alla salute;

La documentazione sanitaria proprio perché contiene dati “sensibili” sulla salute del cittadino non può non essere portata a conoscenza del diretto interessato;Le norme

sulla trasparenza amministrativa impongono alle strutture sanitarie di consentire senz’altro “... l’accesso ai dati personali da parte dell’interessato (art. 13 legge n. 675/1996) e il rilascio di copia della cartella clinica al medesimo interessato, a persona munita di specifica delega o, in caso di decesso, a chi "ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione".

(27)

104

denominazione di dossier sanitario44.

Il fine principale del F.S.E. sarà quello di assicurare al paziente un migliore processo curativo, attraverso la ricostruzione di un insieme di eventi di rilievo clinico a lui occorsi in relazione a distinti interventi medici.

Per tali motivi l'F.S.E. sarà di supporto ai processi di cura poichè, rende fruibile la storia clinica del paziente, permette al medico di potergli prestare le migliori cure in caso di emergenza/urgenza in quanto il paziente è a lui sconosciuto, inoltre garantisce la collaborazione e lo scambio di informazioni tra operatori sanitari.

I referti, verbali, lettere di dimissioni e il profilo sanitario sintetico sono il contenuto essenziale del Fascicolo Sanitario Elettronico, a questi si aggiungono, prescrizioni farmaceutiche, bilanci di salute, assistenza domiciliare ecc..

Considerando l'estrema delicatezza dei dati che potrebbero risultare compromessi, l'Autorità Garante ha previsto un controllo molto incisivo sui sistemi informatici che li conterranno.

A tal proposito si prevedono dei sistemi autorizzativi e autentificativi per gli operatori, con sistemi di verifica periodica e di tracciabilità degli accessi e delle relative operazioni.

Appare doveroso fare un accenno agli strumenti che

(28)

105

permettono la fruizione e l'accesso ai servizi di cui sopra previa

autentificazione informatica, ovvero la carta d'identità

elettronica45, e la carta nazionale dei servizi.

V.9 Accesso alle informazioni ambientali

L'argomento in esame ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi anni a seguito di una corposa attività legislativa nazionale e di recepimento comunitario.

Si è parlato per la prima volta di accesso alle informazioni ambientali nella legge 8 luglio 1986 n.349, che prevedeva l'istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale.

In particolare nella citata legge si diede rilievo alla pubblicità delle informazioni ambientali46 in merito alla loro accessibilità da parte di tutti i cittadini, alla valutazione dell'impatto

ambientale47 e alla comunicazione preventiva al Ministero,

nell'eventualità della presentazione di progetti che potessero comportare rilevanti modificazioni dell'ambiente.

L'istituto è stato fortemente influenzato dall'emanazione della direttiva 90/313/CEE del 7 giugno 1990 che si componeva di 10 articoli individuandone gli scopi, i caratteri della richiesta di

45

Art.1 comma 1 lett.c d.lgs. 7 marzo 2005, n.82: <<strumento con finalità identificative contente i dati anagrafici del titolare, rilasciato dall'amministrazione comunale>>.

46 Art. 14 legge 8 luglio 1986 n.349. 47 Art. 6 legge 8 luglio 1986 n.349.

(29)

106

accesso, le esclusioni, la tutela e i costi della richiesta.

Va segnalato in materia di accesso l'art.3 della citata direttiva, che lo riconosce e lo garantisce a <<qualsiasi persona fisica o

giuridica che ne faccia richiesta senza che questa debba dimostrare il proprio interesse>>.

Si cominciò a pensare alle informazioni ambientali in una visione di legittimazione diffusa per incrementare e migliorare la tutela dell'ambiente naturale48.

Occorre precisare che la direttiva viene recepita nel 1997 con il D.lgs n. 39, puntualizzando che questo non avesse lo scopo di abrogare la disciplina del 1986.

Il decreto individuò, l'oggetto nelle informazioni relative

all'ambiente, il soggetto passivo nell'autorità pubblica e il

soggetto attivo in qualunque cittadino, il diniego all'accesso in caso di pericolo all'ambiente o per salvaguardia di interessi oppure l'ipotesi di silenzio-diniego nel decorso infruttuoso dei 30 giorni dalla richiesta, contro cui si poteva opporre ricorso in sede giurisdizionale.

Nel 1999 viene siglata la convenzione di Aarhus, entrata in vigore nel 2001, con l'obiettivo di coinvolgere e sensibilizzare i cittadini su problematiche ambientali stabilendo tre tipi di interventi:

I. assicurare l'accesso alle informazioni detenute dalle

(30)

107 autorità pubbliche;

II. favorire la partecipazione dei cittadini alle attività

decisionali aventi effetti sull'ambiente;

III. estendere le condizioni per l'accesso alla giustizia in

materia ambientale.

In attuazione del primo dei tre punti viene emanata la Direttiva Comunitaria n.4 del 2003, che ha sostituito la precedente del 1990, con l'obiettivo di portare avanti il processo di trasformazione iniziato.

La direttiva si compone di 13 artt., in particolare all'art. 2 si nota

la definizione di informazione ambientale49, all'art. 3 si sancisce

che l'informazione ambientale deve essere messa a disposizione subito o al massimo entro un mese dalla richiesta. Contro un eventuale rifiuto ingiustificato è prevista la possibilità di riesame da parte dei richiedenti, o in alternativa il ricorso in sede giurisdizionale.

In ambito nazionale va necessariamente segnalato il D.lgs.

49Si intende informazione ambientale <<qualsiasi informazione disponibile in forma

scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente: lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria e l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, nonché le interazioni tra questi elementi; fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente di cui alla lettera;

le misure politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui sopra nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi; le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche usate nell'ambito delle misure e attività;

lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell'ambiente.

(31)

108

195/2005 che, recependo la direttiva 2003/4, precisa l'obiettivo garantire l'accesso con una disciplina articolata e di rendere l'informazione ambientale più facilmente fruibile grazie ai più recenti mezzi di comunicazione informatici.

Si fornisce una definizione dell'informazione ambientale50 molto

ampia, fino a coinvolgere anche misure e strumenti politici, amministrativi idonei a incidere sui fattori ambientali; quindi si rivolge a qualunque atto, suscettibile di incidere negativamente su uno dei settori ambientali compresi nella direttiva51.

E' necessario operare un confronto, tra la disciplina contenuta nella legge 241/90 e il d.lgs 195/2005, in ordine ad alcuni aspetti.

In primis la legittimazione ad accedere, in quanto si nota una deroga alle disposizioni della legge 241/90 sui soggetti, prevedendo la facoltà di ottenere informazioni a chiunque senza la necessità di motivare l'istanza, non è quindi necessario dimostrare un proprio qualificato interesse, in quanto l'accesso è consentito in base al criterio puramente oggettivo della pertinenza dell'informazione alla materia ambientale52.

L'oggetto dell'informazione ambientale è costituito non già da

50

Art.2 comma 1, n.6 d.lgs. 195/05.

51Giovagnoli-Fratini, Le nuove regole dell'azione amministrativa al vaglio della

giurisprudenza, Giuffrè, Milano, 2007, p.791.

52 Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi con atto del 24 giugno

(32)

109

documenti, ma da informazioni in qualunque modo disponibili (scritto, sonoro,visivo elettronico e qualunque altra forma ex art. 2).

Si aggiunge che alla richiesta di accesso ambientale l'Amministrazione, diversamente da quanto accade per l'accesso ai documenti, può anche essere tenuta ad un'attività di acquisizione ed elaborazione dati, al fine di fornire una risposta53.

Non servirà nemmeno una puntuale indicazione degli atti che si intendono conoscere, in quanto risulterà sufficiente la generica richiesta di informazioni in merito ad un determinato ambito ambientale che va specificato, fatte salve le ipotesi dei fini meramente ispettivi54.

Non servirà un interesse diretto, concreto e attuale in quanto basterà invocare il principio di tutela oggettiva dell'ambiente. I soggetti passivi saranno le autorità pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici, ogni persona che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali55.

L'art.3 della legge 195/2005 reca una disciplina inerente la richiesta e la tempistica entro cui va consentita.

La richiesta è praticabile nei confronti di informazioni detenute

53 Tar Veneto, sez.III, 7 febbraio 2007, n.294. 54 Garofoli-Ferrari, op.cit. p.648.

(33)

110

dalla pubblica autorità che devono essere messe a disposizione <<entro 30 giorni dalla data di ricevimento della

richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l'entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentirne il soddisfacimento entro i predetti 30 giorni>>.

L'amministrazione si riserva entro 30 giorni dal ricevimento dell'istanza, di richiedere la specificazione dei dati richiesti. La Corte Costituzionale56 ha precisato che la disciplina delle informazioni in tema di ambiente pur non appartenendo alla materia <<tutela ambiente>>, di competenza esclusiva statale57, si inserisce nell'ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi, che attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ex art Art.117, comma 2 lett. s) Costituzione.

L'art.22 comma 2, della l.241/90 in merito alla potestà delle regioni e degli enti locali garantisce livelli ulteriori di tutela nell'ambito delle rispettive competenze.

In ultima analisi la Corte affermerà che spetta allo Stato dare attuazione alla direttiva 2003/4 CE in materia di informazione ambientale, poichè su questo incombe l'obbligo di fissare i livelli essenziali di tutela validi per l'intero territorio nazionale. I casi di esclusione dell'accesso sono tutti dettagliatamente

56 Corte Costituzionale 1 dicembre 2006, n.399. 57 Art.117, comma 2 lett. s) Costituzione.

(34)

111 elencati all'art.5 legge 195/2005.

L'accesso all'informazione ambientale e' negato nel caso in cui: a) l'informazione richiesta non e' detenuta dall'autorità pubblica alla quale e' rivolta la richiesta di accesso. In tale caso l'autorità pubblica, se conosce quale autorità

detiene l'informazione, trasmette rapidamente la

richiesta a quest'ultima e ne informa il richiedente ovvero comunica allo stesso quale sia l'autorità pubblica dalla quale e' possibile ottenere l'informazione richiesta; b) la richiesta e' manifestamente irragionevole oppure e'

espressa in termini eccessivamente generici;

c) la richiesta concerne materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento. In tale caso, l'autorità pubblica informa il richiedente circa l'autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile;

d) la richiesta riguarda comunicazioni interne, tenuto conto dell'interesse pubblico tutelato dal diritto di accesso. Il secondo comma invece prevede ipotesi di tutela del segreto o della riservatezza di soggetti pubblici e privati.

E' negato quando la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio:

a) alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, secondo quanto stabilito dalle disposizioni

(35)

112 vigenti in materia;

b) alle relazioni internazionali, all'ordine e alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale;

c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l'autorità pubblica di svolgere indagini per l'accertamento di illeciti;

d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonche' ai diritti di proprietà industriale;

e) ai diritti di proprietà intellettuale;

f) alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica, nel caso in cui essa non abbia acconsentito alla divulgazione dell'informazione al pubblico, tenuto conto di quanto stabilito dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

g) agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito di sua volontà le informazioni richieste, in assenza di un obbligo di legge, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione;

(36)

113

l'informazione, come nel caso dell'ubicazione di specie rare.

Per quanto riguarda la tutela, questa è approntata in forza dell'art.7 della stessa legge che fa un espresso richiamo all'art.25 commi 5 e 5 bis e 6 legge 241/90, oltre la possibilità di ricorrere al difensore civico o alla commissione per l'accesso. Va tenuto in considerazione che il D.lgs n.104/2010 recante il Codice del Processo Amministrativo, abroga i commi 5 bis e 6 e si nota come il comma 5 dell'art.25 sia sostituito da un rinvio al rito previsto all'art.116 C.P.A.

In merito alla diffusione delle informazioni ambientali si segnalano gli artt.8 e 9 del decreto, che prevedono un piano per rendere il dato ambientale sempre più accessibile e banche dati da aggiornare annualmente e l'indicazione al loro interno di un contenuto minimo di testi ed informazioni inerenti l'ambiente.

Lo scopo sarà quello di garantire maggior trasparenza ed accessibilità alle informazioni ambientali, con il compito di vigilanza affidato al Ministero dell'ambiente tramite L'Agenzia di protezione dell'ambiente58.

Inoltre si aggiunge la previsione all'art.10 di relazioni periodiche poste dalle autorità in ottemperanza degli obblighi di garanzia della collettività.

(37)

114

Inoltre il D.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, in G.U. 5 aprile 2013, n. 80, riguardante il <<Riordino della disciplina riguardante gli

obblighi di pubblicità trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni>> all'art. 40 prevede che,

le amministrazioni pubblichino sui propri siti istituzionali le informazioni ambientali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto 195/2005 e che detengano un'apposita sezione detta «Informazioni ambientali>>.

V.10 Accesso agli atti degli enti locali

La disciplina in esame pone le sue basi nella legge 8 giugno 1990 n.142, nella quale si prevedevano due istituti che regolavano l'accesso, in primis l'art 7 rubricato <<Azione

popolare, diritti d'accesso e di informazione dei cittadini>> in

particolare ai successivi comma quarto e quinto59.

Sempre nella medesima legge si segnala l'art.31 che legittima

all'accesso i consiglieri comunali e provinciali per

l'espletamento del mandato.

L'entrata in vigore del D.lgs. n.267 del 2000, conosciuto anche come T.U.E.L. riprende la disciplina affrontata dalla legge 142/90 e fornisce una disciplina finalizzata a rendere più trasparente l'azione amministrativa riscontrabile in particolar

59 <<riconoscendo il diritto di accesso a tutti i cittadini singoli e associati, e i

assicura l'accesso a servizi e strutture, agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni>>.

(38)

115 modo all'art.10 e all'art.43.

Già nel comma 1 dell'art.10 si garantisce un fondamentale

principio di pubblicità in merito a tutti gli atti

dell'amministrazione, salvo gli atti che sono riservati per motivata dichiarazione del sindaco in quanto potrebbero ledere un diritto alla riservatezza di persone, gruppi e imprese.

Inoltre si prevede nel regolamento la possibilità di accesso ai cittadini, singoli e associati, oltre all'eventuale rilascio di copie e di atti previo pagamento di una tariffa per copertura dei costi. Si individuano, a seguire, le norme di organizzazione degli uffici e dei servizi e i responsabili dei procedimenti, si dettano le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti, delle procedure e sull'ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino, assicurando il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l'amministrazione come previsto dal comma 2 art.10.

Inoltre va segnalata la posizione del Consiglio di Stato60 che ribadisce l'impossibilità di identificare l'accesso ai documenti come uno strumento di <<ispezione popolare>>.

Va detto che il Consiglio di Stato61 in un'atra occasione, ha definito l'art. 10 come una disposizione integrativa rispetto a

60 Consiglio di Stato sez. VI, 1° marzo 2000, n.122 e Consiglio di Stato sez. V

n.5873/2004.

(39)

116

quella generale contenuta nella legge 241/90 all'art.22, con la precisazione che le norme di quest'ultima varranno all'interno degli ordinamenti locali quando non vi sono precetti che regolino la materia con carattere di specialità.

Bisogna a questo punto esaminare le differenze che intercorrono tra il T.U.E.L. e la legge 241/90.

Iniziando dalla legittimazione attiva si nota come nella disciplina del 2000 la si individua in capo ai cittadini62 mentre nella disciplina contenuta nella legge 241/90 si parla di interessati.

Proseguendo con l'interesse, si può constatare come la legge 241/90 prevede che sia diretto concreto e attuale collegato ad una situazione giuridicamente tutelata, mentre il T.U.E.L. non pone limiti al riguardo, considerando però il vincolo che questa non debba configurare un'azione popolare, a condizione che il

richiedente deve avere un interesse comunque differenziato63.

In merito all'oggetto, la legge del 1990 parla di documenti amministrativi, mentre quella del 2000 parla di atti amministrativi e informazioni, con la precisazione che l'informazione può trovarsi anche non incorporata in un documento.

La motivazione della richiesta nella legge 241/90 è

62 Con esclusione di stranieri e apolidi.

63 AA.VV. Il regolamento sull'accesso agli atti amministrativi, Giuffrè, Milano

(40)

117

fondamentale per valutare la sussistenza dell'interesse richiesto, mentre nell'art. 10 T.U.E.L. questa non è richiesta. Per quanto concerne i limiti la legge 241/90 li trova in forza dell'art.24 e successivi commi, mentre il T.U.E.L. prevede l'esclusione all'accesso agli atti riservati per espressa previsione di legge, oppure il differimento all'accesso con motivazione del sindaco per ragioni di tutela della riservatezza di persone, gruppi e imprese.

Si nota per le modalità di esercizio dell'accesso che il T.U.E.L. rinvia integralmente al regolamento dell'Amministrazione locale con un contenuto organizzativo dell'ente finalizzato alla circolazione di dati, in merito alle procedure per l'adozione delle richieste e sulla diffusione delle informazioni.

Altro punto sul quale bisogna soffermarsi è quello inerente la legittimazione del consigliere comunale art.43 T.U.E.L.

Giova ricordare che l'accesso da parte del consigliere viene considerato come espressione del principio democratico di rappresentanza degli interessi della collettività, in quanto l'esercizio dell'accesso sarà finalizzato, da parte sua, alla cura dell'interesse pubblico.

All'art.43 comma 2 si nota una peculiarità, in quanto l'accesso è incondizionato, difatti <<I consiglieri comunali e provinciali

hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti

(41)

118

dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato>>.

Lo scopo sarà quello di poter espletare il proprio mandato e di compiere scelte all'interno del consiglio comunale, avendo la piena cognizione di tutti gli atti.

Una notevole differenza è relativa alla disciplina dell'art.22 comma 4 legge 241/90, che prevede la non accessibilità ad atti che non abbiano forma documentale; il consigliere invece, ha possibilità di accedere ad informazioni e notizie anche se non sono in forma documentale.

Per tali motivi al consigliere comunale non può essere opposto

alcun diniego (salvo casi eccezionali, da motivare

puntualmente, e il divieto a perseguire fini personali e condotte emulative), in quanto si potrebbe determinare un illegittimo

ostacolo all'esercizio del munus pubblico64.

Il consigliere non dovrà specificare le ragioni sottese all'istanza di accesso, ma semmai dovrà indicare puntualmente gli atti a cui vorrà avere accesso.

Per ciò che concerne i limiti all'esercizio del diritto, l'art.43 comma 2 individua l'obbligo, per il consigliere comunale, di segretezza nei casi previsti dalla legge, spostando quindi la responsabilità della divulgazione dei dati su di lui.

E' necessario a questo punto riprendere una sentenza della

(42)

119

Corte di Cassazione65 riguardo all'ostensibilità degli atti ai consiglieri comunali.

In particolare ci si chiede se integra il reato di omissione di atti d'ufficio la condotta del segretario comunale, che ometta di fornire le informazioni a seguito di una richiesta da parte del consiglio comunale.

Il segretario comunale, veniva quindi ritenuto responsabile del reato di omissione di atti di ufficio, questi si difese affermando che la richiesta esulasse dalle materie di competenza del consiglio comunale e continuava considerando, che i consiglieri hanno diritto a conoscere solamente le notizie e le informazioni utili per l'espletamento del mandato e quindi di conseguenza, le sole materie di competenza consiliare.

La Cassazione facendo leva sull'ampiezza della facoltà di accesso prevista dall'art.43 del T.U.E.L., ha ritenuto infondato il motivo relativo alla falsa applicazione dell'art.328 comma 2 del codice penale.

In ultimo si deve segnalare un recente parere da parte della

Commissione per l'accesso ai documenti66, laddove indica che

<<tutti i consiglieri comunali hanno gli stessi poteri di accesso

ai documenti amministrativi ed alle notizie in possesso degli uffici comunali e devono fruire di un'identica collaborazione da

65 Corte di Cassazione, sez VI, 8 aprile 2009, n.21163.

(43)

120

parte di tali uffici>>.

Per tale motivo sarebbe illegittimo discriminare i consiglieri comunali a seconda che siano appartenenti o meno al raggruppamento di maggioranza o di minoranza.

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