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Appendice D: tacharanite e tobermorite di
altre località italiane e estere
Durante lo svolgimento del lavoro di tesi di dottorato sono stati esaminati vari campioni di silicati idrati di calcio provenienti da località italiane ed estere. Spesso la qualità del materiale disponibile non ha consentito di approfondire gli studi ma riteniamo comunque interessante descrivere i dati raccolti. La tabella D.1 riporta i campioni identificati, la loro morfologia e la loro provenienza; i campioni sono stati caratterizzati con diffrattogrammi di polveri con camera Gandolfi ed analisi chimiche EDS.
Oltre ai campioni di tobermorite e clinotobermorite, sono stati studiati alcuni campioni contenenti la tacharanite; quest’ultima fase viene qui segnalata per la prima volta nelle vulcaniti terziarie della provincia magmatica veneta.
Clinotobermorite – Bazhenovskoe (Urali, Russia)
La clinotobermorite del deposito di asbesto di Bazhenovskoe (Urali, Russia) forma masserelle finemente fibrose di colore bianco; lo studio in microscopia elettronica a scansione mostra l’estrema
Tab. D.1 – Ca mpioni di tober morite “ano mala” studiati. M inerale Provenienza Descrizione
Clinotobermorite Bazhenovskoe, Urali,
Russia Aggregati fibro si bianchi
Clinotobermorite
Wessels mine, Kalahari Manganese Field , Rep ubblica sudafricana
Cristalli aciculari bianchi ricoperti da fasi manganesifere brune
Tacharanite Cava Grolla, Spagnago,
Vicenza Masse porcellanacee bianche co n tobermorite
Tacharanite Palago nia, Catania Masse porcellanacee bianche co n tobermorite, calcite e “phillipsite”
Tobermorite Buer, Tvedalen,
Norvegia Cristalli aciculari incolori
Tobermorite Palago nia, Catania Aggregati fibrosi bianchi su tacharanite con calcite, “phillipsite” e “cabasite”
Tobermorite Pian del Foco, Tiglieto, Genova
Aggregati glob ulari fibrosi bianchi con thomsonite-Ca.
262 fibrosità di questi campioni (fig. D.1). Le analisi chimiche EDS sono riportate in tabella 5.11 (analisi [38]) e corrispondono alla formula Ca4.22Si6.00O15.44(OH)1.56·5H2O, ricalcolata sulla base di (Si+Al) = 6 apfu ed assumendo la presenza di 5 molecole di H2 Il diffrattogramma di polveri (tab. D.2) mostra la probabile coesistenza di tobermorite e clinotobermorite all’interno del medesimo campione. Difatti nella regione fra 5 e 6 Å è presente un largo picco che mostra dei massimi a 5.54, 5.42 e 5.25 Å, in accordo con la presenza dei due polimorfi a 11 Å. Analogamente fra 2.95 e 3.10 Å è presente un largo ed intenso picco che presenta contributi da almeno due picchi, a 3.065 e 3.035 Å, con una asimmetria che potrebbe celare il riflesso a
2.97 Å della tobermorite. Pertanto il
campione di Bazhenovskoe presenta
una situazione analoga a quella osservata nelle
tobermoriti del Vicentino (§ 7.2),
situazione che quindi
potrebbe essere relativamente più frequente di quanto sino ad oggi riportato in letteratura.
O.
Fig. D.1 – Clinotobermorite e tobermorite del deposito di asbesto di Bazhenovskoe
(Urali, Russia).
Tab. D.2 – Diffrattogra mma di polveri della clinotobermorite di
Bazhenovsko e (Urali, Russia)
dhkl Ihkl dhkl Ihkl 11.13 vs 2.421 m 5.54 m 2.264 mw 5.42 m 2.193 vw 5.25 mw 2.147 w 3.777 w 2.082 m 3.634 vw 2.005 mw 3.541 w 1.926 mw 3.300 ms 1.884 vw 3.065 s 1.841 m 3.035 s 1.753 mw 2.798 ms 1.673 mw 2.636 m 1.600 w 2.504 w 1.544 mw
Le intensità sono stimate visivamente: vs = molto forte; s = forte; ms = medio-forte; m = medio; mw = medio-debole; w = debole; vw = molto debole.
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Clinotobermorite – Wessels mine (Repubblica Sudafricana)
Oltre ai campioni di tobermorite della N’Chwaning II mine, nel corso di questa tesi di dottorato abbiamo esaminato un altro campione proveniente dalla Repubblica Sudafricana ed indicato come una Mn-tobermorite. Lo studio di questi cristalli era volto a verificare il loro reale contenuto in Mn, allo scopo di valutare la possibile sostituzione Ca2+ → Mn2+ nella struttura della tobermorite. Macroscopicamente i cristalli presentano un colore brunastro ma un attento esame evidenzia che questo colore è dovuto ad una incrostazione superficiale mentre i cristalli sono invece perfettamente incolori. La fig. D.2 mostra l’abito aciculare di questi individui e la presenza di incrostazioni sulla loro superficie esterna. Il diffrattogramma di polveri ed un fotogramma Weissenberg dello strato h0l hanno mostrato trattarsi di clinotobermorite. Le analisi chimiche EDS indicano un rapporto Ca/Si prossimo a 5:6, in accordo con la composizione chimica della clinotobermorite della Wessels mine descritta in Hoffman & Armbruster (1997) e in Merlino et al. (1999, 2000) e corrispondente alla formula Ca5Si6O17·5H2
Chimicamente la composizione di questa fase è simile a quella della neotocite, un fillosilicato di composizione (Mn,Fe,Mg)SiO
O. Tuttavia la morfologia di questi cristalli è differente dai campioni studiati da Merlino et al. (1999, 2000). Mentre infatti questi ultimi hanno studiato pacchetti di
cristalli tabulari bianchi, in questo caso
la clinotobermorite forma esilissimi cristalli fortemente allungati lungo l’asse
b. La fase manganesifera
incrostante la clinotobermorite
mostrava la presenza di Si, Mn, Mg, Na e Ca quali elementi con Z>9 presenti nel campione (elencati in ordine di wt.% decrescente).
3·H2O; difatti il ricalcolo della formula sulla base di 3 O porta ad una composizione anidra (Mn0.59Mg0.23Na0.14Ca0.08)Σ=1.04Si1.02O3.
Fig. D.2 – Esilissimi cristalli aciculari di clinotobermorite ricoperti da ossidi di Mn.
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Tobermorite – Pian del Foco (Tiglieto, Genova)
La presenza di tobermorite nelle metabasiti del Gruppo di Voltri fu descritta per la prima volta da Lucchetti & Penco (1978); le vene a zeoliti sono ubicate in località Pian del Foco, nei pressi del confine interregionale fra Liguria e Piemonte. La tobermorite di Pian del Foco compare sotto forma di aggregati globulari bianchi associati a calcite e thomsonite-Ca; i cristalli sono di dimensioni micrometriche, presentandosi fibrosi persino ad altissimi ingrandimenti. La loro identificazione è stata effettuata mediante diffrattogramma di polveri con camera Gandolfi (tab. C.3); a causa delle ridotte dimensioni degli aggregati studiati i diffrattogrammi di polvere sono risultati molto deboli e pertanto si osservano soltanto pochi riflessi. Lucchetti & Penco (1978) hanno descritto, per questa tobermorite, un comportamento “anomalo”; nel
corso di questo studio non siamo riusciti ad ottenere dati attendibili riguardo la
Fig. D.3 – Tobermorite, Pian del Foco (Tiglieto,
Genova). (a) Aggregati globulari bianchi di 1 mm di diametro su thomsonite-Ca incolore con calcite gialla. (b) Immagine SEM-SE degli aggregati globulari di tobermorite su thomsonite-Ca. (c) Immagine SEM mostrante la minutissima fibrosità dei cristalli di tobermorite di Pian del Foco.
Tab. D.3 – Diffrattogra mma di polveri della to ber morite di Pian
del Foco (Tiglieto, Genova)
dhkl Ihkl dhkl Ihkl 11.3 s 2.265 m 5.43 mw 2.132 m 3.78 w 2.081 m 3.52 m 2.001 m 3.31 w 1.839 s 3.08 s 1.730 w 2.971 s 1.668 s 2.805 s 1.619 m 2.51 m 1.544 mw 2.43 m
Le intensità sono stimate visivamente: s = forte; m = medio; mw = medio-debole; w = debole.
265
composizione chimica di questi campioni, probabilmente per la presenza di una fase contenente Mg, Al e Si strettamente associata ai minutissimi cristalli di tobermorite.
Tobermorite – Buer (Bjørkedalen, Telemark, Norvegia)
La presenza di tobermorite all’interno di rocce sienitiche risulta quanto meno inconsueta. Andersen
et al. (1996) descrivono la presenza di tobermorite nelle pegmatiti sienitiche derivanti dai lavori
condotti nel 1962 per la costruzione di un acquedotto; questo sito è la località tipo della gadolinite-(Ce) (Segalstad & Larsen, 1978). La tobermorite compare in aggregati raggiati grandi fino a 3 mm, di colore giallo brillante fino a giallo arancio, raramente incolori, associati ad albite, aegirina, calcite, helvite, titanite, zircone e “clorite”. L’inusuale associazione mineralogica all’interno della quale si trovano questi cristalli di tobermorite ci ha indotto a studiarli.
Fig. D.4 – Tobermorite, Buer (Bjørkedalen, Telemark, Norvegia). (a) Aggregato di cristalli aciculari incolori irradiantisi da un nucleo di colore giallo, con titanite. (b). Immagine SEM-SE di un aggregato di cristalli aciculari. (c) Particolare della immagine precedente mostrante la morfologia dei cristalli studiati.
266 Nei campioni studiati nel corso di questa tesi di dottorato erano presenti cristalli aciculari di colore da bianco a giallo, associati a titanite, grandi fino a 0.5 mm per pochi micron di spessore (fig. D.4). Lo studio in microscopia elettronica a scansione ha mostrato la sezione rombica dei cristalli di questa fase; l’analisi chimica EDS effettuata su cristalli non lucidati mostrava la presenza di Si, Ca, Al e Y quali elementi con Z>9; in alcune analisi sono presenti anche piccole quantità di Fe e Na. La presenza di Y in una tobermorite naturale potrebbe rappresentare una caratteristica interessante per poter valutare la distribuzione di Y e REE nelle fasi del gruppo della
tobermorite; è stato già descritto come Ferreira et al. (2003) abbiano sintetizzato fasi con struttura tipo tobermorite contenenti REE. Tuttavia, l’insolita giacitura e la presenza di Y richiede ulteriori approfondimenti sui campioni di Buer. La morfologia dei cristalli osservata al microscopio elettronico a scansione suggeriva la possibilità di trovarsi di fronte ad individui utilizzabili per studi strutturali con tecniche di cristallo singolo. Le piccole dimensioni degli stessi non consentivano un utilizzo di tecniche convenzionali e pertanto si è ricorsi all’utilizzo di radiazione di sincrotrone presso il laboratorio Elettra di Basovizza (Trieste). Nonostante l’alta brillanza del fascio di raggi X utilizzato, i cristalli testati non hanno originato alcun effetto di diffrazione, probabilmente a causa delle ridottissime dimensioni. Pertanto si è tentato di raccogliere un diffrattogramma di polveri con camera Gandolfi (tab. D.4) su un aggregato di cristalli aciculari, effettuando una esposizione della durata di 72 ore. Nonostante una esposizione così lunga, gli effetti di diffrazione sono comunque deboli e l’interpretazione del diffrattogramma non risulta chiara. Sicuramente è presente un riflesso a 11 Å ma la restante parte del diffrattogramma è piuttosto differente da quella di una tobermorite. Al momento non è stato possibile identificare con certezza i cristalli studiati; campioni di miglior qualità saranno necessari per poter stabilire se i cristalli aciculari descritti come tobermorite da Andersen et al. (1996) siano una tobermorite contenente Y o piuttosto un’altra specie mineralogica.
Tab. D.4 – Diffrattogra mma di polveri della to ber morite di B uer (Bjørkeda len, Telemark, Norvegia)
dhkl Ihkl dhkl Ihkl 11.13 s 2.568 vw 5.41 vw 2.504 w 4.14 w 2.435 w 3.82 vw 2.281 m 3.69 w 2.141 vw 3.58 w 2.093 w 3.32 vw 2.01 w 3.12 w 1.915 m 3.03 vs 1.877 w 2.80 w 1.838 w 2.675 vw
Le intensità sono stimate visivamente: vs = molto forte; s = forte; ms = medio-forte; m = medio; w = debole; vw = molto debole.
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Tab. D.6 – Diffrattogra mma di polveri della tobermorite di Palagonia (Cata nia)
dhkl Ihkl dhkl Ihkl 11.3 s 2.446 vw 5.42 mw 2.310 w 3.529 mw 2.287 w 3.380 mw 2.148 vw 3.075 ms 2.087 vw 2.977 m 2.005 vw 2.806 m 1.847 w 2.699 w 1.673 w 2.516 w 1.621 vw
Le intensità sono stimate visivamente : s = forte; ms = medio-forte; m = medio; mw = medio-debole; w = debole; vw = molto debole.
Tacharanite e tobermorite – Palagonia (Catania)
La presenza di zeoliti nelle rocce vulcaniche terziarie del plateau ibleo è nota da tempo; particolarmente interessante da un punto di vista mineralogico è la formazione di Monte Caliella
costituita da basalti tholeiitici legati ad effusioni sottomarine datate al Pliocene superiore (Schmincke et
al., 1997). Queste rocce sono state
soggette a processi di alterazione idrotermale responsabili della formazione di associazioni a zeoliti e silicati idrati di calcio. La prima descrizione di minerali
nell’area di Palagonia si deve a Maravigna (1830); recentemente Sicurella et al. (2010) hanno descritto nuovamente i minerali
della formazione di Monte Caliella, descrivendo la presenza di tobermorite e tacharanite. Queste due specie sono state raccolte in abbondanti campioni all’interno dei vacuoli delle rocce basaltiche e del tufo palagonitico del Monte Caliella.
La tacharanite è un minerale descritto da Sweet et al. (1961) su campioni provenienti da Portree (Scozia); Cliff et al. (1975) hanno riesaminato questa fase proponendo la formula Ca12Al2Si18O69H36
Tab. D.5 – Diffrattogra mma di polveri della tacharanite e
, con una cella pseudo-monoclina A
centrata caratterizzata da parametri di cella a 17.07, b 3.65, c 27.9 Å, β di Pa lagonia (Catania) dhkl Ihkl dhkl Ihkl 15.4 w 2.364 vw 12.6 vs 2.283 vw 8.35 w 2.234 vw 7.07 vw 2.177 vw 6.4 vw 2.125 vw 5.66 w 2.098 vw 5.18 mw 2.056 vw 3.846 vw 1.991 vw 3.735 vw 1.949 vw 3.391 w 1.921 vw 3.177 w 1.907 vw 3.044 ms 1.869 vw 2.876 mw 1.824 w 2.773 mw 1.739 vw 2.689 vw 1.678 vw 2.574 vw 1.644 w 2.497 w 1.608 vw 2.434 w
Le intensità sono stimate visivamente: vs = molto forte; ms = medio-forte; mw = medio-debole; w = debole; vw = molto debole.
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Fig. D.5 – Tacharanite, Palagonia (Catania). (a) Aggregati
mammellonari all’interno di una cavità del basalto; dimensioni del campione: 12x7x5 cm. (b) Aggregati globulari bianchi su “phillipsite” azzurra; area inquadrata: 8x4 cm.
114.1°. Questi autori suggeriscono la possibilità di definire una sottocella con a 5.69, b 3.65, c 12.7 Å, β 90.2°, simile alla sottocella ortorombica della tobermorite. Ad oggi la struttura della tacharanite è irrisolta, nonostante che
Organova et al. (2007) ne abbiano proposto un modello strutturale. Gli studi in diffrazione elettronica mostrano la presenza di streaks più o meno continui per k = 2n+1, assumendo una cella con una periodicità b = 7.3 Å, tipica delle fasi con catene tipo wollastonite (Organova et al., 2007). Questo fatto induce ad ipotizzare la possibile natura OD della tacharanite. A Palagonia la tacharanite compare all’interno delle cavità delle rocce vulcaniche, in masse porcellanacee o in aggregati globulari bianchi (fig. D.5), associati a “phillipsite”, calcite e tobermorite. Quest’ultima è stata osservata in minute fibre bianche, impiantate su tacharanite ed associate a cristalli tabulari bianchi di cabasite-Na (fig. D.6). L’identificazione di queste fasi è stata condotta mediante diffrattogrammi di polvere con camera Gandolfi (tab. D.5, tab. D.6). Nei campioni di Palagonia si osserva una sequenza di cristallizzazione che vede la presenza di aggregati globulari di “phillipsite” al nucleo di masse porcellanacee compatte di tacharanite. Quest’ultima può essere talvolta ricoperta da un sottile tappetto di cristalli fibrosi
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Fig. D.6 – Tobermorite, fibre micrometriche. Palagonia, Catania.
Un’analisi chimica semi-quantitativa in modalità EDS sulla tacharanite di Palagonia conduce alla formula Na1.42K0.33Ca11.57(Si17.31Al2.62)O51·18H2O, ricalcolata sulla base di 51 ossigeni, assumendo la presenza di 18 molecole di H2O. Rispetto alla formula ideale che vede il rapporto Si/Al pari a 18/2, si ha una maggiore quantità di Al che sembra correlata con un maggior contenuto in Ca e soprattutto con la presenza di Na. Difatti la somma dei cationi tetraedrici (19.93 apfu) è vicina al valore di 20 apfu previsto dalla formula teorica mentre si ha un eccesso di cationi a coordinazione maggiore; mentre nella formula della tacharanite sono previsti 12 Ca pfu, in questo caso abbiamo una somma (Ca+Na+K) = 13.32 apfu, con quindi un eccesso di 1.32 cationi. L’eccesso di cariche
potrebbe essere parzialmente bilanciato
dalla sostituzione Ca2+ → (Na,K)+ e dalla sostituzione Si4+ → Al3+. Eccessi di cationi sono stati rilevati anche nelle tacharaniti di Bramburg (Germania) e di Huntly (Scozia; Cliff et al., 1975). Questo fatto potrebbe suggerire l’esistenza di cavità strutturali in grado di ospitare cationi alcalini, cationi la cui introduzione sarebbe bilanciata da sostituzioni Si/Al nelle catene tetraedriche. Lo studio di ulteriori esemplari di tacharanite è dunque necessario per confermare o meno questa ipotesi.
Tacharanite – Cava Grolla (Vicenza)
I campioni di tobermorite descritti in § 7.2 e provenienti dalla cava Grolla (Spagnago, Vicenza) sono strettamente associati ad una fase di aspetto porcellanaceo e di colore bianco. Le indagini diffrattometriche hanno mostrato trattarsi di tacharanite (tab. D.7). La tacharanite compare all’interno delle cavità delle rocce basaltiche, riempiendo talvolta i vacuoli presenti; nelle cavità beanti è talvolta coperta da un sottile strato fibroso di tobermorite. La fig.D.7 evidenzia questa relazione, mostrando come la tacharanite cresca al di sopra degli aggregati raggiati incolori di thomsonite-Ca. Si tratta di relazioni paragenetiche già osservate nei campioni di Palagonia. La
270
Fig. D.7 – Masserella porcellanacea di tacharanite, ricoperta da
tobermorite fibrosa, su thomsonite-Ca. Campione MB680, cava Grolla, Spagnano, Vicenza.
presente identificazione rappresenta la prima segnalazione di tacharanite nelle rocce della provincia magmatica veneta.
Tab. D.7 – Diffrattogramma di polveri della tacharanite e di cava Grolla (Vicenza )
dhkl Ihkl dhkl Ihkl 12.8 vs 2.428 w 8.27 w 2.369 vw 6.98 vw 2.234 vw 6.40 vw 2.182 w 5.66 vw 2.124 w 5.17 w 2.064 vw 3.719 vw 1.997 w 3.394 w 1.946 w 3.157 vw 1.913 vw 3.034 m 1.846 vw 2.872 w 1.819 w 2.775 w 1.731 w 2.716 vw 1.677 vw 2.553 vw 1.648 w 2.496 vw
Le intensità sono stimate visivamente: vs = molto forte; ms =medio-forte; mw = medio-debole; w = debole; vw = molto debole.