4.
LA RAZZA CHIANINA E IL DISCIPLINARE IGP
4.1 I bovini: filogenesi e origine
I Bovini, Bos taurus e Bos indicus, sono allevati dall'uomo fin dalla preistoria. Un accentuato polimorfismo e la facilità di adattarsi alle diverse condizioni ambientali, ne hanno fatto una specie cosmopolita; difatti delle specie domestiche, la bovina, nel corso dei millenni, ha contribuito all'evolversi della società umana, fornendo lavoro nelle attività agricole e la produzione di carne e latte.
Nel corso dell'evoluzione, la selezione naturale e quella compiuta dall'uomo, ha determinato il miglioramento delle attitudini produttive e ha permesso la specializzazione delle razze da reddito su quelle da lavoro, contribuendo al progresso stesso dell'agricoltura con lo sviluppo dell'industria lattiero-casearia.
Alcuni autori affermano che la zona d'origine della specie bovina sia il continente Asiatico, dove in epoca pliocenica sarebbero vissute forme di
Bos namadicus, le quali espandendosi poi verso occidente, avrebbero dato
origine ai bovini allevati in Asia e nell'Egitto. I reperti preistorici ritrovati in Europa, appartengo ai bovini giunti dall'oriente che, in seguito a mutazioni e incroci, hanno generato gli antenati delle attuali razze bovine europee, le cosiddette razze podoliche: Bos brachyceros, Bos akeratos e
Bos frontosus.
Questo rappresenta un fatto importante da un punto di vista zootecnico, infatti, nel corso degli anni è cresciuta la richiesta di nuove razze Tauroindiche, formatesi dagli incroci di prima generazione, tra le razze europee da carne (sopratutto razze italiane e francesi), e le razze zebuine. Con il progresso tecnico e la crescente domanda dei prodotti zootecnici, si è reso fondamentale il miglioramento delle potenziali capacità produttive dei bovini; come successo negli ultimi due secoli in Europa, dove abbiamo assistito alla selezione di bovini specializzati per la produzione di carne (Inghilterra e Francia) e quelli specializzati per la produzione del latte (Olanda).
4.2 La consistenza bovina in Italia
In Italia la consistenza del patrimonio bovino riferita all'anno 2000 (5° e ultimo censimento generale dell'agricoltura) era circa di sei milioni di capi. La produzione bovina non è distribuita uniformemente sul territorio nazionale, essa infatti, si concentra per oltre due terzi nelle regioni del Nord, in particolare: Lombardia (26 %), Veneto (15 %), Piemonte (14 %) ed in Emilia-Romagna (10 %); di questi sei milioni di capi, circa 1,8 milioni erano rappresentati da vacche da latte (Ismea, 2003).
E' bene osservare che il patrimonio di vacche negli ultimi dieci anni (dal 1990 al 2000), è diminuito del 30% ma, più in generale, risulta drasticamente ridotto l’intero patrimonio bovino e questa riduzione dei capi allevati, è da imputare solo in parte all'introduzione delle quote di produzione per il settore lattiero (Amadei G., 2003).
I dati statistici, secondo gli ultimi due censimenti del 1990 e 2000, mostrano come le modifiche nel comparto bovino più importanti siano state fondamentalmente tre:
le aziende con bovini sono calate del 46 % in media le aziende con vacche da latte del 61 % per cento; il totale dei capi è calato del 21 % in media.
Per quanto riguarda i valori statistici che è possibile estrapolare dai censimenti, le aziende presentano, in media, 35 capi per allevamento, tra
Le cause che hanno portato al deficit quantitativo di carne bovina sono diverse, ma si può ritenere che il problema più grave in Italia sia la scarsità di risorse agricole; basti pensare che nel nostro paese la superficie agricola (SAU) pro-capite è di 0,267 ha, mentre ad esempio in Francia risulta più del doppio (Istat, 2000); questa scarsità di risorse foraggere, riduce le capacità di mantenimento del nostro patrimonio bovino.
In Italia la superficie a foraggere permanenti è di oltre 4,5 milioni di ha, di cui però solo circa un quarto del totale ha una certa produttività; il rimanente è costituito da prati e pascoli naturali poco produttivi e modeste risultano anche le superfici a foraggere avvicendate, in prevalenza erba medica (1,3 milioni ha), e gli di erbai (1 milione ha).
L’allevamento del vitello a carne bianca, non è dipendente dalla superficie aziendale, in quanto si alleva soprattutto con polvere di latte; per il vitellone leggero, invece c’è una sensibile dipendenza, legata all’uso di insilato di mais, dove però si ricorre anche al concentrato. La linea vacca-vitello, invece, è strettamente dipendente dal fattore terra, quindi dai foraggi disponibili per il pascolamento.
La produzione del vitellone risulta, comunque, il sistema di allevamento più diffuso in Italia per produrre carne, infatti, su un totale di 1.131.000 t. di carne prodotte in Italia, il 73,7 % proviene da questo tipo di filiera (833.000 t.); i vitelli rappresentano una quota del 13,8 % (157.000 t.); le vacche il 10,9% (123.000 t.) ed i tori/buoi 1,6 % (18.000 t.). (Ismea, 2003)
4.3 L'I.G.P.
"Vitellone
Bianco dell'Appennino Centrale"
4.3.1 Il disciplinare di produzione
L'Indicazione Geografica Protetta (I.G.P.) "Vitellone Bianco
dell'Appennino Centrale" è riservata alle carni prodotte da allevamento
bovino, che risponde alle condizioni ed ai requisiti illustrati nel presente Disciplinare, ai sensi del Regolamento 2081/92.
L'area geografica di produzione ricadente nell'I.G.P. "Vitellone Bianco
dell'Appennino Centrale", e' rappresentata dal territorio delle province
collocate lungo la dorsale appenninica del Centro-Italia; più precisamente la zona di produzione e' rappresentata dai territori delle seguenti province: Bologna, Ravenna, Forli', Rimini, Pesaro, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Teramo, Pescara, Chieti, L'Aquila, Campobasso, Isernia, Benevento, Avellino, Frosinone, Rieti, Viterbo, Terni, Perugia, Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Livorno, Pisa.
La carne di "Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale" e' prodotta da bovini, maschi e femmine, di pura razza Chianina, Marchigiana, Romagnola, di età compresa tra i 12 e i 24 mesi.
Il bestiame deve essere nato da allevamenti in selezione, regolarmente iscritto alla nascita al Registro Genealogico del Giovane Bestiame, e presentare i relativi contrassegni identificativi, previsti dalla normativa. Dalla nascita allo svezzamento e' consentito l'uso dei seguenti sistemi di allevamento: pascolo, stabulazione libera, stabulazione fissa, e nelle fasi successive allo svezzamento fino alla macellazione, i soggetti devono
permesso l'uso di mangimi concentrati semplici o composti, e l'addizione con integratori minerali e vitaminici. La razione deve essere calcolata in modo da assicurare livelli nutritivi alti, o medio alti (maggiori di 0.8 U.F./Kg di SS), ed una quota proteica compresa tra il 13 % ed il 18 %, in funzione dello stadio di sviluppo dell'animale.
Nei quattro mesi che precedono la macellazione, non è permesso alimentare il bestiame con foraggi insilati e sottoprodotti dell'industria. La macellazione deve avvenire in mattatoi idonei, situati all'interno della zona di produzione; particolare cura va prestata al trasporto ed alla sosta. Prima della macellazione si deve evitare l'utilizzo di mezzi cruenti per il carico e lo scarico degli animali, al fine di evitare l'instaurarsi di fenomeni di stress, così come va evitata la promiscuità di animali provenienti da allevamenti diversi.
In base all'articolo 5 del disciplinare, le carcasse in base alla griglia comunitaria di valutazione, devono rientrare nei seguenti valori: la conformazione non deve risultare inferiore ad R, lo stato di ingrassamento escluso 1 e non superiore a 3, il colore delle parti carnose e della carcassa non devono presentare colorazioni anomale; il colore del grasso visibile non deve tendere al giallo cinerino, ne' deve avere venature tendenti al giallo carico.
Per quanto riguarda i parametri qualitativi le carni "Bianco dell'Appennino
Centrale" devono presentare le seguenti caratteristiche
qualitative-nutrizionali:
pH fra 5.2 e 5.8
estratto etereo (sul t.q.) inferiore al 3% ceneri (sul t.q.) inferiore al 2%
proteine (sul t.q.) maggiore del 20% colesterolo inferiore a 50 mg/100 g
calo a fresco minore del 3% calo alla cottura minore del 35%
grado di durezza (crudo) minore di 3.5 Kg/cmq grado di durezza (cotto) minore di 2.5 Kg/cmq
La carne deve essere immessa al consumo provvista di particolare contrassegno, a garanzia dell'origine e dell'identificazione del prodotto; il contrassegno e' costituito dal logo riportato e recante la scritta "Vitellone
Bianco dell'Appennino Centrale". Il logo riporta al centro un bovino
stilizzato, con un 5 formante la testa, e con gambe composte da una R ripetuta quattro volte semisovrapposta. Il marchio deve essere apposto con caratteri chiari ed indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguito dalla menzione Indicazione Geografica Protetta. La marchiatura deve essere effettuata al mattatoio, da un esperto incaricato dall'organismo di controllo. Il marchio deve essere conservabile, in tutte le fasi della distribuzione, la carne è posta in vendita al taglio o confezionata in punti vendita appositamente convenzionati, i quali, dietro l'impegno sottoscritto a vendere esclusivamente carne di bovino timbrata con il marchio, vengono sottoposti a specifici controlli e possono pertanto pubblicizzare tale condizione.
La carne confezionate, porzionata, fresca o surgelata, e' posta in vendita solo in confezioni sigillate. Il confezionamento può avvenire solo in laboratori abilitati, e sotto il controllo dell'organo preposto, che consente la stampigliatura del marchio della Indicazione Geografica Protetta sulle singole confezioni. La vigilanza per l'applicazione delle disposizioni del
4.3.2 Il Disciplinare per l’Etichettatura delle carni bovine
Il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ha approvato il Disciplinare per l'etichettatura carne bovina etichettata dal Consorzio C.C.B.I., essendo uno strumento essenziale di informazione ai consumatori sull'origine e provenienza delle carni bovine derivanti da capi di razza Chianina di età inferiore a 24 mesi.
Il Disciplinare prevede di istituire gli elenchi degli allevamenti, dei bovini, dei trasportatori, dei mattatoi e dei punti vendita. A tali elenchi vengono iscritti gli operatori della filiera, che ne fanno richiesta, per aderire al citato disciplinare e che hanno i requisiti previsti dallo stesso.
L'esperto incaricato dal Consorzio, provvede in fase di macellazione, a verificare la rispondenza degli identificativi dell'animale sui documenti e la loro esattezza, a completarne la compilazione, a convalidare il documento di macellazione e a trasmetterne copia al Consorzio e all'allevatore. Accertata la regolarità e la rispondenza dei documenti, le carcasse sono marchiate con l'apposizione dei talloncini sui singoli sesti, l'esperto incaricato, è dotato di apposito software fornito dal Consorzio, per effettuare le verifiche necessarie ed aggiornare l'elenco dei capi marchiati. I punti vendita o i laboratori di sezionamento, devono essere convenzionati con il Consorzio, e dotati delle apparecchiature previste per l'etichettatura.
Essi ricevono le mezzene insieme con un supporto informatico, che contiene tutte le informazioni relative alle carcasse, e al bovino da cui derivano, necessarie per l'etichettatura.
L'aggiornamento in carico avviene per via informatica diretta da parte del Consorzio, o con supporto informatico, che accompagna il documento cartaceo prodotto al mattatoio.