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IL DANNO PSICHICO

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IL DANNO PSICHICO

Dr. Sergio Bonzigli*

Danno biologico di natura psichica, danno da menomazione psichica, danno psichico, danno alla salute mentale, danno biologico psichico, non sono che alcuni dei termini utilizzati come sinonimi per indicare l'argomento in oggetto.

E' ormai acquisita la distinzione fra danno neurologico e danno psichico, il primo riferito al sistema nervoso in quanto apparato anatomico e funzionale costituito da encefalo, midollo spinale, organi di senso, nervi periferici, il secondo diretto alla psiche, al "complesso dei fenomeni e delle funzioni che consentono all'individuo di formarsi un'esperienza di sé e del mondo e di agire di conseguenza"

(Brondolo-Marigliano).

Per l'obiettivazione del danno psichico è necessario che il medico legale si rivolga allo specialista psichiatra, conoscitore della psicopatologia, che partendo dall'accurata descrizione sintomatologica giunge all'integrazione diagnostica, elementi fondamentali e di sua precipua pertinenza nel processo di analisi della lesione afferente la sfera psichica.

Il problema del danno psichico è sia di accertamento che di valutazione.

Le conseguenze psichiche dei traumi assumono un'importanza crescente, dovuta a cause diverse, tra cui l'aumento della frequenza e della gravità degli incidenti, la difficoltà via via più importante di adattamento sociale, i fattori socio-familiari e socio-professionali.

Inoltre il danno psichico ha assunto importanza anche per via dell'emancipazione della psichiatria, che cerca di posizionarsi in maniera competitiva in rapporto alla medicina somatica, ed al notevole incremento degli accertamenti paraclinici messi a disposizione del medico che hanno permesso di affinare la diagnostica.

Per quanto attiene alle sequele psichiche dei traumi cranici, un criterio di probabilità predittivo di gravità è fornito dall'intensità del trauma iniziale.

Non sono sostanzialmente note conseguenze organiche gravi dopo traumatismi cranici minimi senza perdita di conoscenza o con breve perdita, mentre, al contrario, traumi cranici importanti con sequele organiche gravi immediate possono evolvere verso miglioramenti insperati.

* Specialista in medicina Legale e delle Assicurazioni

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Vi sono d'altra parte traumi psichici "sine materia", intesa in senso somatico, per cui può essere definito come trauma psichico un evento che ha agito sulla psiche provocando alterazioni psico- patologiche, e questo senza quadri fisici specifici, potendo essere dissimili le risposte al trauma, differentemente mediate da diverse strutture psichiche, dalle molteplici personalità.

Realtà ed intensità del trauma in questo campo sono di apprezzamento delicato. Tutti gli avvenimenti fuori dal comune, vissuti come una minaccia grave ed immediata, possono essere considerati come realizzanti un trauma psichico reale e lesivamente efficace.

La nozione stessa di esperienza vissuta rende l'intensità del trauma indipendente dall'importanza materiale del fatto traumatico e, in una certa misura, dall'esistenza di lesioni fisiche o, se queste esistono, dalla loro gravità.

Nei traumi cranici gravi la durata del coma è generalmente il riflesso diretto dell'intensità del trauma, ancorché non sia un argomento sufficiente per la valutazione.

Alcuni autori peraltro (S.Brion, J.Plas, J.Guilledream) ne affermano l'importanza qualora lo stato di coma superi i 10 giorni.

La semeiotica psichiatrica rimane, a fianco della durata della perdita di coscienza, il miglior elemento per l'apprezzamento della persistenza delle turbe e dell'evoluzione delle lesioni (turbe del comportamento, deterioramento mentale, ecc.).

Il riscontro della gravità delle alterazioni posa essenzialmente sulla semeiologia resa più ardua, ad esempio, dalle turbe della memoria, che possono passare inosservate se non si hanno riscontri precisi ottenuti tramite la famiglia, che è la prima a constatare l'esistenza di una confabulazione (come nel caso di sindrome di Korsakof).

Lo stesso dicasi per i danni frontali, dove dovranno essere ricercate le alterazioni del comportamento quali l'indifferenza nella vita quotidiana e/o un'euforia inspiegabile.

L'aspetto demenziale non comporta difficoltà di diagnosi quando è completo e profondo, mentre i quadri dissociativi possono portare ad errori di diagnosi tra demenza e schizofrenia.

STATO ANTERIORE E PREESISTENZE

La discussione sullo stato anteriore rimane aperta su di un terreno assai precario costituito proprio dalla personalità.

Per lungo tempo, ad esempio, si è ammesso che una nevrosi traumatica non possa sopravvenire che su di una personalità predisposta e, con una forma assai vaga, si parla di personalità scompensata in occasione del trauma.

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Ma è difficile trovare una descrizione precisa di ciò che è stato scompensato, salvo dire che gli elementi compensati sono, giustamente, quelli che hanno resistito al trauma.

Oppure si parla di un trauma che appare minimo in rapporto alle complicazioni successive che possono far postulare come la personalità precedente fosse fragile.

Questo tipo di ragionamento procede in maniera contraria a quello che è il senso comune; infatti non è lo stato anteriore conosciuto che esplica la gravità del danno ma è la gravità del danno che ci fa creare in astratto uno stato anteriore che qualifichiamo come latente, scompensato, criptico, ancorché mai constatato personalmente.

Per l'esigenza di prove, la prova del danno è costituita dall'integrità e dalla solidità della personalità anteriore, ma l'osservazione clinica permette di rigettare sovente il dogma di una fragilità anteriore ad un trauma psichico.

La nozione di stato anteriore non coincide con quella a cui siamo abituati e che ci è familiare, quella di stato patologico, trascinante ed attirante verso una rottura dell'equilibrio fisico e psichico dell'individuo.

Nel caso di una nevrosi post-traumatica questo stato anteriore non è un vero e proprio stato patologico poiché al contrario, più spesso, si tratta di persone molto ben adattate alla società e che si trovano bene nella propria situazione.

Diventa pertanto difficile, quasi impossibile, tener conto di questo stato anteriore come si fa abitualmente in caso di preesistenze somatofisiche.

D’altra parte la situazione preesistente "Interrompe il nesso causale solo quando si ponga come unica ed esclusiva causa dell'evento di danno"

(Cass.Civ.-1O/11/1993n.11O87-inMass.Giust.Civ.11-1993).

Il trauma scatenante deve essere rapportato, dilatato, alla nozione di trauma psichico, il che sembra per lo meno logico per una malattia che riguarda lo psichismo, dove dovrà essere valutata l'importanza del punto di impatto, dove il valore simbolico è un elemento importante.

Con la diagnosi psichiatrica oltre all'insieme dei sintomi, che costituiscono una sindrome, va valutata anche la personalità, poiché il danno biologico di natura psichica viene ad essere provocato dalla concorrenza concausale tra l'evento lesivo ed il substrato psichico del soggetto, che deve pertanto essere analizzato.

I tratti di personalità sono i "Modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell'ambiente e di se stessi che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali".

La personalità è la "personale e particolare modalità di sentire e di interagire con il nostro ambiente e con le altre persone" (D.S.M.IV), "Il modo di essere di un individuo in relazione con se stesso e con il mondo" (Marigliano).

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La personalità, lo stato anteriore preesistente, il terreno psichico su cui agisce il trauma interagendo con il fattore biochimico, psicologico e socio-ambientale, viene ad introdurre il problema del nesso di causa.

Infatti è nota la multifattorialità del disturbo psichico per interazione di fattori biochimici, psicologici, familiari e sociali; in altre parole fattori endogeni ed esogeni con differente effetto lesivo a seconda della personalità del soggetto vittima.

Il problema del nesso causale per quanto attiene al danno psichico riveste una particolare complessità. Accertato infatti che nella persona da esaminare sussiste un danno di natura psichica, è necessario identificarne la causa e soprattutto se la stessa sia riconducibile ad un antecedente di rilevanza giuridica comportante una responsabilità civile per condotta illecita.

E se sono abbastanza pacifiche le definizioni di causa (ciò che modifica, l'antecedente necessario e sufficiente a provocare di per sé solo un determinato effetto) e concausa (l'antecedente medico legale importante, necessario ma non sufficiente da solo per produrre la modificazione peggiorativa), il tutto si complica, e non poco, quando si viene ad esaminare il concetto di causa occasionale od occasione definita da Cazzaniga e Cattebeni come "giuridicamente irrilevante, anche se biologicamente può considerarsi in senso proprio causa".

Palmieri e Zangani a loro volta la interpretano come "la circostanza od il complesso delle circostanze che hanno favorito l'entrata in azione della causa ... non indifferente nella produzione dell'evento ma (che) compartecipa chiaramente seppure subordinatamente a promuoverla".

Tale "momento sciogliente" si caratterizza per "l'esiguità del fatto rispetto all'evento, l'essere l'ultimo degli antecedenti all'evento, la sua sostituibilità teorica e quindi la sua genericità, l'essere sprovvisto di capacità lesiva rispetto all'uomo sano e normale, la sua equiparabilità quantitativa agli atti ordinari fisiologici della vita vegetativa e di relazione".

Il Fiori però ribadisce che "A stretto rigore condizionalistico, se un fattore causale (momento) produce un effetto nel senso di sciogliere una condizione di potenzialità lesiva (per esempio la rottura di un aneurisma) traducendolo in dannosità attuale, ha sul piano naturalistico un'autentica funzione causale, pur richiedendo il concorso, quantitativamente e qualitativamente preponderante, di fattori causali concorrenti. Pertanto si deve parlare sempre di cause e di concause tralasciando ogni altro termine".

Il Castiglioni, da parte sua, conferma come "in tema di danno psichico non ha senso parlare di cause ma si deve discutere solo di concause" e rifiuta "concetti ambigui come quello di causa occasionale" ritenendola "una vera e propria invenzione medico legale" una "mostruosità sul piano giuridico...non avendo senso parlare di occasione che favorisce lo scompenso ma che non è causa o

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concausa" avendo ciascuno "diritto all'integrità della propria salute psicofisica così com'è, sia che goda della proverbiale salute "di ferro" sia che soffra di più fragile equilibrio psichico".

In effetti se il risarcimento ha da essere personalizzato ed esaustivo del diritto leso non sarebbe corretto che chi, statisticamente minoritario, con un equilibrio psicofisico labile, venga per la sua condizione ad avere meno diritti del maggioritario.

Ovviamente di nessuna rilevanza giuridica e medico legale la coincidenza: "il complesso indifferente di circostanze, di luogo e tempo, nelle quali la causa agisce e l'evento si produce e quindi privo di qualsiasi dignità causale ... il rapporto puramente cronologico e/o topografico tra i due fenomeni"(Palmieri-Zangani).

Alla luce del concetto di personalità e della teoria della causalità, ne consegue come non sia possibile che un solo evento traumatico provochi un disturbo psichico, qualunque ne sia l'entità, mentre è possibile che un trauma, anche contenuto, in concorrenza con altri fattori ed interagendo con gli stessi, provochi concausalmente conseguenze psicopatologiche.

Della criteriologia medico legale classica non risulta pertanto utilizzabile il criterio topografico (coincidenza tra sede del trauma e fatti morbosi) e risultano estremamente sfumati quello di esclusione di altre cause, di continuità fenomenologica e di adeguatezza lesiva, qualitativa e quantitativa.

Il criterio topografico non è sempre valutabile (lesione sine materia, non vi è una sede, può essere indipendente dal disturbo encefalico parenchimale o dipendere da una sofferenza altrui).

L'adeguatezza quantitativa, il rapporto tra lo stimolo traumatico e la risposta patologica, viene ad essere parzialmente filtrata dalla personalità e dalle preesistenze della vittima.

Rimane da rispettare il criterio cronologico, per cui l'evento stressante deve essere antecedente al danno e quello della continuità fenomenologica, ricordandosi però della possibilità di reazioni ritardate rispetto al trauma.

Nell'esclusione di altre cause si deve tener conto della concausalità del danno psichico per la multifattorialità della psicopatologia, con difficoltà a stabilire il limite tra labilità psichica e patologia. Ne deriva l'estrema complessità dell'accertamento del nesso di causa in ambito di danno psichico e la necessità di un estremo rigore di ricerca nell'accertamento psichiatrico, la cui difficoltà sta nella sostanziale minore ripetibilità del fenomeno psichico sviluppato da un soggetto rispetto ad altri individui.

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PERMANENZA E CONSOLIDAZIONE

Un ulteriore accertamento da effettuare è quello relativo alla permanenza della sindrome di carattere psichico od almeno alla sua persistenza, con reale condizione menomativa del soggetto.

Infatti il disturbo psichico non è di per sé invariabile ma, al pari della psiche, caratterizzato da sviluppi e trasformazioni, da un continuo incessante divenire e ciò sia in prospettiva storica, medico - interpretativa, che individuale, con alternanza di sintomatologia e di ripercussione della stessa nella vita quotidiana e sulla validità.

E' comunque ritenuto che l'osservazione di un caso si debba protrarre per almeno due anni, anche se ciò non significa che il quadro possa ritenersi stabilizzato al termine.

Una previsione del danno non potrà essere avanzata prima di 9 mesi, indicando come l'eventuale recupero successivo potrebbe essere lento, limitato e non considerabile come definitivo appunto prima dei dueanni, nei casi più gravi tre anni, lasso di tempo al di là del quale non ci si dovrebbe più aspettare recuperi spontanei.

In tutti i casi dovrà essere atteso il reinserimento sociale e lavorativo, che potrà ridurre, se possibile, l'handicap funzionale.

E' importante la ricostruzione della storia clinica dell'evento lesivo ed i suoi risvolti psichici, ad esempio la morte di un passeggero, soprattutto se un parente, l'iter clinico successivo, i risultati e le difficoltà della rieducazione e del reinserimento, l'anamnesi cronologica della giornata del leso.

Il disinserimento professionale dei traumi cranici gravi viene ad essere condizionato dal fatto che il periodo di rieducazione del trauma cranico è spesso seguito da un periodo di abbandono e d’inattività prolungata.

Le valutazioni a 12–18 mesi che spesso vengono fatte in materia di sindrome funzionale post- commotiva, non tengono conto delle modificazioni tardive, meglio conosciute dopo qualche anno, e della possibilità di deterioramento successivo (aggravamento dell'irritabilità, implicazioni affettive) a comparsa tra il secondo ed il quinto anno.

Ne consegue che in campo psichiatrico il concetto di permanenza è molto relativo, per cui si parlerà più di stabilizzazione che di consolidazione.

La stabilizzazione, infatti, non è un momento in cui le sequele si sono fissate ma piuttosto quello in cui le oscillazioni della sintomatologia restano identiche per un certo periodo.

Bisognerà sempre domandarsi ed avere un'idea del potenziale evolutivo della psicopatologia: ad esempio in una nevrosi chiedersi in che senso procede, con controlli ogni sei mesi, per cui dopo due anni si potranno avere tre bilanci anteriori.

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Dovranno essere controllati i certificati del curante, anche se è possibile che il periodo iniziale dei disturbi non sia attestato nelle immediate adiacenze cronologiche dell'evento lesivo.

Soprattutto in materia di nevrosi la nozione di consolidazione è sfumata nei suoi criteri ed imprecisa nei tempi.

VALUTAZIONE

Il rigore clinico e metodologico è la chiave non solo dell'esame neuropsichiatrico ma anche della successiva valutazione medico-legale.

Solo un esame attento e completo permette di apprezzare i sintomi, organizzarli in sindromi, ricercare lo stato anteriore ed analizzare il ruolo del trauma.

Per le turbe neuropsicologiche l'approccio psicometrico fatto da una terza persona non è da trascurare, ma è solamente la prova clinica che permette di integrare gli effetti dell'evento lesivo nella globalità di quell'individuo.

Per operare una valutazione va considerata la funzionalità del leso nei settori specifici psicologico, sociale e lavorativo; la funzionalità psicologica è il modo di essere del soggetto dovuto al rapporto tra le proprie esperienze, le componenti soggettive e gli stimoli ambientali, la sociale è l'espressione di quella psicologica.

La prima può essere descritta dal paziente e costituisce l'anamnesi, la seconda è invece l'obiettivazione comportamentale.

Sono da studiare, a riguardo, un certo numero di parametri.

E' ovvio che le conseguenze che valutiamo devono costituire una malattia "vera", che deve essere documentata, richiedere od avere richiesto cure, con uno stato premorboso nei limiti della norma ed un evento psicotraumatizzante improvviso, con effetto devastante.

Nella metodologia valutativa vanno inoltre ricordate:

1)L'esame della documentazione.

2)La raccolta dell'anamnesi, di testimonianze sullo stato antecedente, descrizione e valutazione della personalità premorbosa, della fragilità, vulnerabilità individuale nella maniera più precisa possibile, con le caratteristiche della personalità di base del soggetto ed un'anamnesi relazionale.

3)L'effettuazione di una diagnosi di malattia, preceduta ovviamente dalla rilevazione semeiotica dei segni spontanei forniti dal paziente.

4)L'adesione scrupolosa ai criteri diagnostici.

5)Nell'inquadramento diagnostico, la relazione, il rapporto tra trauma e danno.

6)L'indagine statistica.

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7)L'esclusione di simulazioni.

8)L'esame della terapia e dei suoi risultati.

9)Infine il parere medico-legale.

Ai gradi estremi si avrà un'influenza tanto più pesante nella personalità quanto minore risulti l'efficienza lesiva del traumatismo e viceversa.

Per operare una valutazione risulta indispensabile un'attenta, precisa, meticolosa descrizione della sintomatologia presentata dal soggetto, l'estrinsecazione della patologia di cui è affetto, la ripercussione di questi sintomi sull'attività quotidiana dello stesso (iniziativa, inter-relazione individuale, attività, risposta a situazioni lavorati vedi stress).

Dovrà essere fatta una rilevazione dei segni spontanei forniti dal paziente nell'ambito della semeiotica psichiatrica ed un'obiettivazione clinica che porti ad un giudizio tecnico-diagnostico attendibile, basato su di una rigorosa metodologia clinica. Inoltre al centro del campo di indagine vi sarà non solo il sintomo ma la persona con il suo modo di esistere nel mondo.

Questa descrizione sintomatologica sarà preceduta dalla descrizione dell'evento traumatico stressante, delle sue qualità, della sua tipologia, avendo di fronte le due caratteristiche di evento e lesioni, quello classico, successivo ad un traumatismo cranico, e quello secondario ad uno stress emotivo a sua volta innescante dinamiche intrapsichiche di autosvalutazione dell'immagine del sè.

Deve precedere la valutazione, l'analisi di un certo numero di parametri.

1)L'autonomia negli atti della vita quotidiana, lo studio dello svolgimento della giornata (alimentazione, autonomia, abbigliamento, toeletta).

2)Il lavoro, che è un riflesso essenziale dell'autonomia, il livello di responsabilità assunta, la ripresa del lavoro anteriore, o di un altro a livello inferiore, ad esempio di tipo protetto.

3)La coesione familiare.

4)Le attività extralavorative(sport, turismo, hobby).

5)L'entourage sociale, eventuali eccessi alcolici, psicomanie, comportamento asociale, perdita di amicizie.

E' indispensabile precisare la natura delle turbe con un esame analitico dei deficit, valutando le capacità residue, il grado di recupero dell'autonomia personale, le attività di aiuto di una terza persona, l'handicap familiare, sociale e professionale, comparando la situazione attuale alla situazione anteriore all'incidente.

La valutazione delle turbe intellettuali comporta uno studio del livello culturale e scolare, della vigilanza e dell'attenzione, delle funzioni strumentali, le prove di un mini mental test, l'apprezzamento di una diminuzione del flusso verbale, di turbe gnosiche e prassiche, di funzioni

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intellettuali complesse, turbe della memoria, dell'apprendimento, di un deficit intellettuale globale, turbe affettive comportamentali.

E' ovvio a questo punto, per la complessità degli elementi descritti, che l'inquadramento clinico della condizione del soggetto dovrà essere effettuato sempre in collaborazione con un neuropsichiatra, procedendo poi all'esclusione differenziale di situazioni inquinanti.

Questa metodologia di raccolta dei dati dovrà essere finalizzata "a ridurre per quanto possibile al minimo i margini della superficialità e dell'approssimazione affinchè il medico legale non fornisca un'ulteriore contributo a quell'anarchia giurisprudenziale che oggi è presente nelle aule giudiziarie.

Infatti il medico legale non può venir meno al suo rigore metodologico abbandonando definitivamente il criterio del "non si può escludere" ch è stato definito dall'Intronacome "criterio assolutamente estraneo alla medicina legale" e dal Barni "il nulla concettuale e soprattutto giuridico" (G.C.Bruno).

Dal punto di vista percentualistico, da più parti si è indicata la sostanziale improspettabilità di un parametro numerico, privilegiando l'aspetto descrittivo dello stato attuale del soggetto e del mutamento peggiorativo del suo modo di essere in rapporto allo stato anteriore.

Nel caso di cessazione-riduzione di attività lavorativa specifica, la stessa potrebbe scaturire non già come effettivo impaccio, impedimento ma come una perdita di stimolo e motivazione.

Il Marigliano suggerisce una tara del 1O%, paragonabile in ambito ORL ad una socioacusia, per le naturali oscillazioni della personalità di base, riferibili al modo di essere peculiare di ciascuno, quella che i citati Autori hanno definito come "la carta di identità della persona".

Potranno poi essere elaborate successive fasce, scansioni, indicative invia di massima e genericamente.

Non emergono praticamente mai problemi per la valutazione delle patologie importanti, comportanti elevate percentuali di invalidità, quali i disturbi maggiori (sindrome prefrontale psico- organica, deterioramento mentale, demenza), difficoltà che invece si presentano soprattutto per i disturbi minori ed in particolare per il disturbo post-traumatico da stress, i disturbi somatoformi e la neurastenia, la sindrome soggettiva post-traumatica, con valutazioni generalmente contenute entro il 1O%.

Si tratta di solito di sequele di traumi in cui la componente nettamente fisica è estremamente contenuta o nulla, con forti componenti endogene.

E' in questa micropermanente psichica che si gioca la maggior parte della diatribe, che si sviluppano i contenziosi,che si dovranno affinare le armi valutative.

Ma la soluzione di escluderli "tout court" da un risarcimento operando una sorta di franchigia non appare tecnicamente percorribile.

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Al criterio della suddivisione in larghe fasce (5) aderisce l'American Medical Association (1993) con un approccio di natura sostanzialmente descrittiva ed analisi in quattro settori di funzionamento, la vita quotidiana e le sue attività, le relazioni sociali interattive, la concentrazione lavorativa e la risposta di adattamento.

Per il Melennec sempre cinque classi contengono, riportati descrittivamente, sintomi tanto di area nevrotica che psicotica, nonché post-cranio-traumatica.

Sia il Marigliano-Brondolo che la Guida Orientativa per la valutazione del danno biologico permanente della S.I.M.L.A., si riferiscono invece prevalentamente al D.S.M.IV.

Le tabelle di Invalidità Civile si basano su di un criterio nosologico di sindromi ben determinate, non viene lasciato spazio all'estesa serie di "disturbi" che non siano catalogabili come specifiche infermità.

Ci si può anche riferire a scale di valutazione neuropsicologiche che richiedono ore di lavoro da parte di uno specialista del settore, quali ad esempio la "Glasgow Houtcome-Scale", da non confondersi con l'omonima in cinquepunti, più semplice, di utilizzazione statistica, insufficiente per stabilire un danno residuato ad un trauma cranico, e la "Neurobehavioral rating scale" di Levin, con scopo di valutare le turbe cognitive affettive e comportamentali dei traumi cranici, esplorante i processi cognitivi, l'energia psichica, le attività frontali, l'ansietà ed i fattori somatici.

Entrambe queste scale non sono però state studiate nell'ottica medico-legale.

Indispensabile pertanto, per una corretta valutazione, appare sia l'adesione ad un sistema descrittivo dei disturbi, della sintomatologia, che il riferimento a sistemi diagnostici classificativi D.S.M. ed I.C.D., elaborati peraltro in una prospettiva per un uso clinico e non peritale, identificando inoltre, quando possibile, la gravità dell'evento stressante.

Da questi elementi, caratteristiche dello stressor, del tipo cioè di fatto psicosociale stressante, accurata descrizione delle conseguenze patite e dei disturbi residuati, classificazione secondo sistemi diagnostici, non potrà che derivare una quantificazione del danno biologico di natura psichica più precisa, più giustificata e quindi, in ultima analisi, più giusta.

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