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INVALIDITA’ CIVILE: PROFILI NORMATIVI, DOTTRINARI, PROCEDURALI E
GIURISPRUDENZIALI.
CONSIDERAZIONI MEDICO LEGALI
Disability social support: regulatory, doctrinaire, procedural and judicial decisions
profiles. Legal medical considerations
Angelo Porrone 1
ABSTRACT
Il presente articolo scientifico vuole essere un contributo di conoscenza sul vasto argomento dell’invalidità civile.
Vengono, pertanto, passate in rassegna le varie prestazioni relative alle minorazioni civili, alla sordità e alla cecità, parziale e totale, con specifico riferimento alle leggi che ne hanno istituiti i relativi benefici, nello sforzo di comprensione sia degli aspetti burocratici – amministrativi che di quelli medico legali che ne sottintendono il riconoscimento.
Viene altresì riportato lo stato dell’arte della materia dell’invalidità civile, con riferimenti anche all’iter amministrativo che attualmente si avvale di procedure informatizzate, gestite dall’INPS.
La specifica valenza posseduta dalle varie prestazioni e dai benefici di legge concessi agli invalidi civili passa anche attraverso una rassegna dell’evoluzione storico – giuridica nel tempo, fino ai giorni nostri, per una materia tuttora in fieri e alla ricerca dei necessari ulteriori aggiustamenti sia procedurali e amministrativi che giuridici.
Il progressivo incremento delle richieste di prestazioni, in costante aumento, con un numero di domande annuali pari a circa 1 milione e ottocentomila, dipende parimenti dall’aumento del bisogno, manifestato, in senso economico e assistenziale dalle fasce più deboli e dall’incremento dell’età media della popolazione, rappresentando gli ultra65enni ormai oltre la metà dei residenti in Italia.
Di fatto il lavoro si propone di passare sinteticamente in rassegna le varie prestazioni dell’IC, per meglio comprendere le peculiarità e le finalità che le contraddistinguono, e valutare a grandi linee, la metodologia medico legale relativa all’accertamento sanitario in essere.
1 Angelo Porrone - Coordinatore Medico Centrale – Responsabile U.O.C. Area Studi, Ricerca e Procedure Medico Legali – Coordinamento Generale Medico Legale INPS - Roma
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Un ulteriore aspetto di pur notevole rilevanza è poi dato dalla conoscenza dell’intero iter amministrativo, con un notevole miglioramento intervenuto nel tempo, fornito dalla crescente informatizzazione dei processi.
L’avvio di una fase telematica dell’intero procedimento relativo all’iter della domanda dell’invalidità civile e delle fasi successive di verifica ha interamente rivoluzionato l’assetto dell’Invalidità Civile che ha però mantenuto interamente l’impianto giuridico, salvo l’introduzione del DM 2 agosto del 2007, per le patologie non soggette a revisione, ha avviato una fase di profondo rimaneggiamento della materia, con possibili ulteriori sviluppi nel futuro.
DEFINIZIONE DI INVALIDITA’ CIVILE
E’ l’art. 2 della Legge n. 118 del 1971, come modificata dal DL 509 del 1988, che introduce, che definisce la status di invalido civile, oltre, peraltro, anche a specificare il concetto di invalidità civile negli ultra65enni.
Viene qui infatti indicato: “ … omissis… Agli effetti della presente legge, si considerano mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (1).”.
Nella medesima Legge trovano, dunque, definizione, relativamente agli ultra65enni, le “difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (2).” ma solo ai fini dell’assistenza sanitaria.
Più esattamente la Legge indica al riguardo:
“Ai soli fini dell'assistenza socio-sanitaria e della concessione dell'indennità di accompagnamento, si considerano mutilati ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (2). Sono esclusi gli invalidi per cause di guerra, di lavoro, di servizio, nonché i ciechi e i sordomuti per i quali provvedono altre leggi (3).
(3b). … omissis ...”.
Trattandosi, pertanto, di soggetti in età extra - lavorativa il parametro utilizzato non può essere, nella fattispecie, rappresentato dalla capacità lavorativa generica, ma piuttosto quello delle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età anche se ai soli fini dell’assistenza sanitaria.
Da un articolo dal titolo “Servizi socio assistenziali – Invalidità Civile”, tratto da Internet, www.terzaeta.com, stampato 2013, è possibile trarre interessanti spunti di conoscenza, relativamente alla nomenclatura corrente, in senso medico legale,
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riferita ai concetti generali di invalidità, inabilità, infermità, menomazione, handicap, ecc.
Per invalidità si intende una riduzione della capacità lavorativa, di tipo generico, per l’invalidità civile, ma non ultra - generico, che non ha un reale corrispettivo fattuale di tipo applicativo.
Per inabilità si deve individuare una perdita totale e permanente della capacità lavorativa, di qualsiasi tipo.
In medicina legale è invalso anche il concetto di superinvalidità che serve per descrivere l’esistenza di oggettive e gravi difficoltà, ovvero l’impossibilità allo svolgimento per l’inabile di una vita autonoma in mancanza di assistenza ovvero dell’aiuto costante di un altro soggetto.
E’ da notare che:
• per infermità o minorazione si intende la malattia o lesione fisica o psichica, congenita o acquisita, a carico delle funzioni dei diversi organi e/o apparati;
• per menomazione o deficit la riduzione delle funzioni secondaria alle infermità o minorazioni;
• per handicap la compromissione persistente o grave della capacità del soggetto di svolgere attività di vario genere o azioni, in modo considerato normale, a prescindere dall’entità dell’invalidità verificata, al punto che la condizione patologica è tale da determinare svantaggi sia in ambito lavorativo che relazionale personale, anche in termini di possibile crescita e promozione sociale.
Una volta l’istanza veniva prodotta alla ASL di competenza in cartaceo, oggi viene rivolta direttamente all’INPS per via telematica con domanda online, tramite patronato o con certificato introduttivo del medico curante, prodotto sempre online, in formato PDF.
Se prima il verbale ASL con esito positivo veniva trasmesso alla Commissione Medica Periferica Provinciale di Verifica (CMVP) del MEF competente per territorio, con necessità e vincolo di risposta all’interessato entro e non oltre il termine massimo di 60 giorni dalla trasmissione, durata massima, quindi di tutta la procedura, salvo che la CMVP non interrompesse la procedura con chiamata a visita diretta per verifica dei requisiti, dell’interessato, ad oggi la Commissione della ASL, integrata da un medico INPS, trasmette il verbale medesimo all’INPS, prevalentemente con procedura informatizzata, in rete, quindi per via telematica, essendo rimasto il vincolo imperativo dei 60 giorni di durata massima, ma con possibilità del CML INPS di competenza territoriale di effettuare a sua volta la visita diretta, come si andrà a discutere in seguito in maniera più circostanziata.
Sia ieri che oggi, in caso di giudizio sfavorevole, si può ricorrere amministrativamente, ciò che prima era consentito al Ministero del Tesoro, oggi all’INPS, laddove in caso di ulteriore giudizio negativo e, comunque, decorsi 180 giorni dalla data di definizione del verbale ASL, in base anche al criterio silenzio – rifiuto, si può ricorrere al giudice ordinario, con le innovazioni intercorse con
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l’approvazione recente dell’ATP (accertamento tecnico preventivo), come si andrà egualmente a discutere in seguito in maniera più diffusa, ai fini della riduzione dei tempi di giudizio.
In caso di riconoscimento dello stato di invalido civile, il soggetto interessato ha diritto genericamente a:
• benefici economici e fiscali;
• benefici relativi alle assunzioni obbligatorie.
I benefici economici variano in funzione della percentuale di IC riconosciuta, in modo tale che al 34 % spetta la concessione di protesi, al 46 % scatta il diritto al collocamento privilegiato al lavoro, al 74 % il beneficio economico dell’assegno di invalidità, al 100 %, il diritto alla pensione di inabilità.
In caso di necessità di assistenza costante con aiuto di terzi, sia nello svolgimento degli atti quotidiani e/o in caso di impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, a domanda viene concessa la cosiddetta indennità di accompagnamento, dovendo, però essere riportata sui verbali ASAN delle ASL solo una delle due voci possibili che ricorrono.
Il monitoraggio sulle prestazioni dell’IC, che prima era affidato, insieme alle altre incombenze e competenze di II° livello, alle CMVP del Ministero del Tesoro – MEF e oggi grava interamente sull’INPS, prevede l’accertamento della sussistenza dei requisiti che diedero diritto a tali benefici, nel tempo.
Il programma delle verifiche straordinarie era stato già avviato con la manovra aggiuntiva del governo nel 1996 e poi con la finanziaria del 1997, per poi essere nel tempo rinforzato.
In base a tale meccanismo i titolari di assegni di IC dovevano presentare un’autocertificazione, entro il 30 novembre di ogni anno, che attestava, relativamente al loro stato di salute, la permanenza dei requisiti medico legali necessari al riconoscimento dello stato invalidante.
A seguito di tale certificazione prodotta veniva poi effettuata dalle competenti commissioni la verifica che nel caso fosse risultata con esito sfavorevole portava alla revoca del beneficio medesimo.
Con la Legge finanziaria del 1997 è stato introdotto un identico meccanismo anche per i titolari di assegno di accompagnamento con dichiarazione di responsabilità da produrre entro il 31 marzo di ogni anno, ma relativamente all’esistenza o meno di uno stato di ricovero.
Altresì andava fatta dai titolari di assegno mensile, sempre entro il 31 marzo di ogni anno la dichiarazione della permanenza dei requisiti per il loro inserimento nelle liste speciali di collocamento.
In caso contrario si procedeva d’ufficio alla verifica sanitaria.
In tal senso una disparità di trattamento riguardava i portatori di minorazione psichica o di disabilità intellettiva che erano tenuti, sempre entro il 31 marzo del primo anno di riconoscimento, un certificato medico relativo alla loro infermità ma valido per tutto il resto della vita.
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Anche poi i ciechi civili e i sordi, unitamente agli altri invalidi civili erano tenuti a specifica dichiarazione, ancora entro la data del 31 marzo di ogni anno, laddove inseriti nel lavoro come categoria protetta, da presentare in Prefettura e al proprio datore di lavoro sempre circa la permanenza dei requisiti che avevano dato diritto all’assunzione.
Circa poi il grado di invalidità il riferimento tabellare è tuttora quello del DM 5 febbraio del 1992, in attesa di nuove tabelle di IC.
In tutti i casi la valutazione finale può fare riferimento ad una singola minorazione o a plurime minorazioni, per cui il riferimento tabellare è quello relativo ai vari organi e/o apparati compromessi, valutati, in carenza di specifica indicazione, con criterio di analogia e calcolati con la formula del calcolo riduzionistico a scalare di Balthazard, come appositamente indicata nel DM.
Quindi per i minori e per gli ultra65enni, ai fini della valutazione, vige il criterio delle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età, mentre per i soggetti di età compresa fra 18 e 65 anni una riduzione della capacità lavorativa, generica ma non ultragenerica, in misura almeno superiore ad un terzo ovvero > del 33 %, soglia minima riconoscibile.
Per tali ultimi soggetti il parametro è quello della perdita della capacità lavorativa riferita ad un’attività genericamente proficua.
E’ noto, peraltro, che nel caso dell’ultra65enne, ai soli fini dell’assistenza sanitaria, si parla di difficoltà lievi, medie e gravi, con un range nel primo caso del 33 – 66 %, nel secondo di 67 – 99 %, e nel terzo del 100 %.
Fondamentale ai fini della valutazione è poi il concetto riportato di danno funzionale permanente, condizione che si realizza per minorazioni stabilizzate ma non emendabili in tempi brevi e con esito incerto circa la emendabilità nel tempo, sia circa il “se” che circa il “quando”.
Per quanto il riferimento, infine, della capacità lavorativa quale parametro valutativo riguardi un’attività genericamente proficua, non si possono comunque trascurare, nella valutazione, le attitudini e le prerogative tecnico – professionali individuali, non potendo il giudizio di merito ricadere in una pura, illogica, astrazione.
Alla domanda andava allegato, come anche oggi, il certificato del curante o di uno specialista, ovvero di un oculista nel caso della richiesta di riconoscimento della cecità civile parziale o totale.
Per il sordomutismo, oggi derubricato come sordità, necessitava, come anche oggi, un certificato ORL, attestante, in particolare, che la sordità si era verificata prima del 12° anno di vita, ossia in epoca antecedente l’apprendimento del linguaggio.
Per i minori e gli interdetti era necessaria, come tuttora, la firma nella domanda del genitore o del tutore.
Dopo la domanda veniva fissata dalla ASL di competenza la data della visita, nel corso della quale occorreva esibire tutta la documentazione sanitaria, essendo data all’istante la facoltà di farsi assistere dal proprio medico di fiducia.
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Nel caso l’interessato fosse nell’impossibilità di presentarsi a visita ambulatoriale, per gravi motivi di salute, era possibile richiedere una visita domiciliare previo invio del certificato del curante che attestava l’impossibilità del soggetto a lasciare il proprio domicilio, in base alle proprie condizioni, ciò che anche oggi è identicamente possibile.
Da ultimo, in base al disposto della legge 118 del 1971 veniva comunicato il nominativo dell’interessato all’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili (ANMIC) anche in assenza di qualsiasi obbligo di iscrizione alla stessa associazione.
Si stabiliva che l’assegno, la pensione e l’indennità di frequenza potevano essere erogati entro determinati limiti reddituali, con facoltà di iscrizione alle liste di collocamento fra 74 e 99 % di IC.
Per quanto riguardava l’indennità di frequenza veni indicato, ed è tuttora vigente, che occorreva presentare annualmente all’INPS un certificato di frequenza scolastica o di asilo nido, ovvero di un centro di riabilitazione di carattere pubblico o convenzionato, non essendo ammessa la frequenza di strutture private.
L’indennità di Accompagnamento era, come anche oggi, non reddituale, con il solo limite del ricovero a tempo pieno dell’interessato, presso una struttura pubblica o privata, ma con corresponsione della retta dovuta a totale carico dell’ente pubblico statale.
Nel caso di aggravamento della persona già invalida si poteva e si può tuttora produrre apposita domanda di aggravamento corredata di specifica documentazione sanitaria attestante tale aggravamento di tipo specialistico e/o strumentale, con allegata fotocopia del precedente verbale.
In caso di mancato riconoscimento della prestazione IC, ci si poteva rivolgere, come anche nell’attualità, esclusivamente al tribunale, con assistenza di legale di fiducia e non alla CMVP del MEF, all’epoca deputata alle verifiche di seconda istanza, con necessità di attivazione della causa entro 6 mesi dal ricevimento della domanda, a pena di decadenza della possibilità di ricorso giudiziario e con l’obbligo di non poter presentare domande di aggravamento in corso di giudizio.
Le disposizioni che vigevano e vigono riguardo ai cittadini stranieri si riferiscono sia a quelli provenienti dai paesi extracomunitari che da quelli appartenenti ai paesi della UE che, avendo residenza italiana, hanno quindi gli stessi diritti dei cittadini italiani.
Pertanto i cittadini extracomunitari, sia adulti che minori, con regolare permesso di soggiorno possono, avendone diritto, usufruire delle stesse prestazioni dell’invalidità civile e possono, quindi, produrre relativa domanda.
Il semplice riconoscimento dello status di invalido civile, cieco civile o sordo da, fra l’altro diritto ai seguenti benefici:
• protesi, ortesi ed ausili erogati a domanda;
• iscrizione nelle liste speciali di collocamento;
• esenzione dalla corresponsione del ticket sanitario.
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Le prestazioni economiche relative all’IC spettano, quindi, inderogabilmente agli:
• stranieri con cittadinanza italiana;
• minori figli di stranieri con cittadinanza italiana;
• stranieri adulti in possesso della carta di soggiorno;
• minori figli di stranieri in possesso della carta di soggiorno.
La carta di soggiorno è un documento che viene rilasciato ai cittadini con regolare permesso di soggiorno da non meno di 6 anni che sia stato rilasciato per validi motivi tali da determinare un indeterminato numero di rinnovi, potendo gli stessi dimostrare di essere in possesso di un reddito sufficiente per il sostentamento di se stessi e dei propri familiari.
Ai fini previdenziali vigono particolari tutele sia per i sordi che per gli IC >
75 %, con possibilità, a richiesta, del beneficio della contribuzione figurativa di 2 mesi per ogni anno di servizio effettivamente svolto, sia presso Pubbliche Amministrazioni che presso aziende private o cooperative, a far data dal riconoscimento della prestazione relativa.
Tale beneficio è valido sia per la pensione che per l’anzianità contributiva, quindi, a tutti gli effetti.
Il limite massimo, in tal senso, è dato da 5 anni di contribuzione figurativa.
Tutto ciò vale anche identicamente per i ciechi civili parziali o totali, però con un benefico maggiorato, pari a 4 mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio.
Di identico tenore è poi un altro articolo dal titolo emblematico
“L’invalidità civile”, sempre tratto da internet, http://www.sunhope.it/invciv.pdf, stampato 2013, laddove vengono indicati i criteri e le leggi che sottendono le relative prestazioni di IC.
Dopo aver riferito, nel contributo scientifico, della legge 118 del 1971, istitutiva della definizione di invalido civile, si specifica, ad integrazione e modifica della predetta legge, che in base al D.Lgs n. 509 del 1988, all’art. 2 della legge 118 / 1971, quello che istituisce e definisce l’IC, venisse aggiunto che “Ai soli fini dell’assistenza sociosanitaria e della concessione dell’indennità di accompagnamento, si considerano mutilati ed invalidi i soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età..”, come già discusso in precedenza.
In base a ciò veniva operata la distinzione, tuttora vigente, per i soggetti ultra65enni, fra:
• difficoltà lievi, riferite ad un’invalidità compresa fra 33,3 % e 66,6 %, ai fini dell’assistenza protesica;
• difficoltà medio – gravi, riferite ad un’invalidità compresa fra 66,6 % e 99 %, ai fini dell’esenzione dal costo delle prestazioni sanitarie;
• difficoltà gravi, riferite ad un’invalidità del 100 %, ai fini dell’esenzione dal pagamento della quota fissa sulla ricetta.
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Di fatto si introduceva un parametro valutativo nuovo, non ancorato alla capacità lavorativa ma alle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età.
Volendo quindi ricapitolare lo spettro delle prestazioni di IC:
• per il minore di anni 18 era prevista l’erogazione dell’indennità di frequenza, di protesi ed ausili e dell’esenzione del ticket, ovvero dell’indennità di accompagnamento, nei casi più gravi, sempre avendo come parametro di riferimento, per il riconoscimento dello status di invalido civile, e la relativa concessione di prestazioni, le difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età;
• per il soggetto di età compresa fra i 18 e i 65 anni era prevista l’erogazione di protesi ed ausili, per la riduzione della capacità lavorativa > 1/3, la concessione dell’iscrizione nelle liste speciali di collocamento mirato al lavoro, per una riduzione della capacità lavorativa > 45 %, la concessione del Congedo per cure, per una riduzione della capacità lavorativa > 50 %, la concessione dell’esenzione dal pagamento del ticket sanitario, per una riduzione della capacità lavorativa > 2/3, e, quindi, prestazioni economiche, come l’Assegno mensile di IC, per una riduzione della capacità lavorativa pari o > 74 %, fino alla concessione della Pensione di Inabilità, per la perdita totale della capacità lavorativa, quindi del 100 % di IC, con l’erogazione ulteriore, in questo caso, anche dell’esenzione ticket sanitario; in caso infine di superinvalidità legata all’incapacità di deambulare autonomamente o di compiere gli atti quotidiani della vita, era prevista la concessione dell’indennità di accompagnamento;
• per il soggetto riconosciuto cieco parziale ventesimista, ovvero con visus residuo in OO < 1/20, la corresponsione della relativa Pensione per cieco parziale insieme ad un’indennità speciale;
• per il cieco totale la concessione della Pensione per cecità totale unitamente all’indennità di accompagnamento;
• per il sordomutismo, ovvero per la sordità prelinguale, intervenuta < 12 anno di vita, la concessione di un Assegno mensile unitamente ad una Indennità di comunicazione;
• da ultimo, per la sordità > 60 db, per le frequenze della voce di comunicazione, intervenuta nel minore di anni 18, ma senza interferenze con il linguaggio parlato o con apprezzabile riduzione o difficoltà della loquela, la concessione dell’Indennità di Frequenza, come nel caso delle difficoltà persistenti.
Si tratta, quindi di una distribuzione delle prestazioni di IC e dei relativi benefici, qui esposta sinteticamente, determinata in maniera equilibrata e graduale dal legislatore, in un crescendo progressivo legato alla gravità delle condizioni patologiche accertate o alla loro specialità, concepita in base alle ricadute sulla capacità lavorativa o sulla vita di relazione.
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Il riconoscimento della condizione di invalido civile comporta, in definitiva, vari tipi di benefici riassumibili nel modo seguente:
1. benefici economici di tipo diretto, ossia erogati direttamente all’interessato, tali l’Assegno Mensile, la Pensione di IC, la Pensione per Cecità parziale e totale, l’Indennità di Accompagnamento per IC e Ciechi Assoluti, l’Assegno per Sordomutismo, l’Indennità di Comunicazione e l’Indennità di Frequenza erogata per i minori;
2. benefici economici di tipo indiretto, ossia protesi, ausili sanitari e la quota di partecipazione alla spesa sanitaria o ticket;
3. provvidenze di carattere sociale e facilitazione per l’accesso al lavoro, con agevolazioni per favorire l’istruzione nei confronti di persone svantaggiate, modifiche strutturali di edifici, ambienti di vita e trasporti pubblici atte all’integrazione dei disabili, concessione di alloggi per le fasce deboli della popolazione, attività di recupero funzionale e di riabilitazione, agevolazioni fiscali, riqualificazione e addestramento professionale, collocamento mirato al lavoro con riserva di posti, promozione dell’assunzione e facilitazioni riguardo allo svolgimento dell’attività di lavoro, possibilità di pensionamento anticipato.
In ogni caso restano esclusi dai benefici e dalle prestazioni di IC, ovvero dalle agevolazioni generali, gli invalidi di guerra, del lavoro, i ciechi civili e i sordomuti, categorie per le quali già esistono altre tutele specifiche.
Tornando ai concetti generali di tipo medico legale, è noto che per “validità” si intende l’efficienza psico – fisica allo svolgimento di qualsiasi attività, utilizzabile quindi quale parametro universale di riferimento del danno.
La valutazione delle potenzialità lavorative rappresenta il passo successivo all’apprezzamento della perdita di validità, con possibile valutazione della capacità lavorativa generica, specifica o semispecifica.
Nel caso dell’invalidità civile il riferimento valutativo è relativo alla capacità lavorativa generica, ma non ultragenerica, ossia inerente all’ambito delle potenzialità lavorative residue che si possono impegnare proficuamente, secondo le attitudini, in occupazioni della sfera lavorativa considerabile, in base al bagaglio di competenze e cultura professionale possedute dal soggetto, o in ambiti similari lavorativi assai prossimi a tali competenze.
Pur volendo dedicare un capitolo specifico per ogni singolo argomento o provvidenza, occorre specificare che per cecità parziale o totale si intende sia quella
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presente dalla nascita che quella realizzatasi per malattie o infortuni, non di guerra né di servizio o lavoro.
Viene reputato, peraltro, cieco assoluto il soggetto il cui visus sia ridotto alla mera percezione di ombre e luci; per i ciechi assoluti la norma prevede, in caso di minori pluriminorati, un incremento del 45 % della prestazione economica, avendo, in ogni caso, i ciechi assoluti, diritto anche alla pensione di inabilità; anche i ciechi parziali ventesimisti hanno diritto alla pensione di inabilità.
In caso di visita e di indagine medico legale conoscitiva nei confronti dei sordomuti, occorre prima di tutto accertare sia la causa dell’infermità, per l’eziologia che l’epoca di comparsa della stessa, onde poter stabilire con certezza l’esistenza di una notevole difficoltà comunicativa che è causa di grave handicap, per i soggetti affetti, nella loro vita di relazione.
A tenore di legge, si definisce sordomuto, ovvero “sordo” nel lambito della specifica tutela, infatti, il minorato sensoriale dell’udito che abbia una sordità congenita o acquisita, ma esordita e progredita in età evolutiva, che abbia soprattutto impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato.
Le provvidenze non sono quindi riferite alla minorazione sensoriale in quanto tale ma, in particolare, alle notevoli difficoltà del linguaggio realizzatesi in una particolare fase evolutiva del soggetto, rappresentando, peraltro, il linguaggio una modalità assai importante di apprendimento e di evoluzione intellettiva.
Il sordomutismo ha anche un riferimento tabellare, con una voce fissa del 80 %, nelle tabelle di cui al DM del 1992.
Con la legge 508 del 1988, all’art. 4, viene riconosciuta ai sordomuti un’indennità speciale definita di “comunicazione”, da erogare ai minori di anni 18, già titolari dell’assegno mensile di assistenza.
Ai fini della concessione dell’indennità di comunicazione è perciò fondamentale accertare che si tratti, nel caso considerato realmente di una sordità di tipo pre – linguale.
Ai sordi può essere corrisposta l’Indennità di Frequenza dei minori che è però incompatibile con l’Indennità di Comunicazione.
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Sempre riguardo agli aspetti generali, la disabilità in Italia è tutelata grazie alla legge n. 104 del 1992.
In tal caso l’intera materia delle norme di tutela delle persone portatrici di handicap è stata riordinata grazie a tale legge.
Nella fattispecie viene anche superato il concetto di assistenzialismo puro per rivolgersi alle esigenze, aspettative e diritti delle persone handicappate.
I benefici previsti hanno lo scopo di compensare alle diverse situazioni di svantaggio per favorire la piena integrazione delle persone svantaggiate nella vita di relazione e in ambito lavorativo.
La visita medico legale e gli accertamenti a corollario hanno quindi lo scopo di valutare nell’insieme le ripercussioni conseguenti alla perdita di validità, attraverso una puntuale disamina dei seguenti fondamentali aspetti:
• effettiva gravità della perdita anatomica e funzionale, totale o parziale, non esclusa anche la motilità generale e la deambulazione;
• possibilità o meno esistente dell’applicazione di apparecchi di protesi in grado di agire in modo vicario per una determinata funzione;
• in definitiva, natura e grado dell’invalidità permanente verificata.
Esiste quindi una certa soglia di invalidità permanente, da individuare e verificare, riguardante la presenza di una certa minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva che può provocare difficoltà di apprendimento, nel minore, ovvero una difficoltà persistente nello svolgimento dei compiti e delle funzioni proprie dell’età, o, da ultimo, una difficoltà di integrazione in ambito lavorativo, tale da costituire un reale svantaggio sociale riguardo alla parità di opportunità.
Il senso della legge è quindi quello di cercare di riequilibrare tale tipo di svantaggio sociale o handicap, come dir si voglia, ovvero di possibile emarginazione, in una società basata sulla competitività.
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Un altro aspetto generale fondamentale inerente l’invalidità civile concerne la definizione di quegli atti quotidiani della vita, di carattere fondamentale ai fini della sussistenza, in modo indipendente ed autonomo, del soggetto affetto da gravi problemi di salute.
L’inquadramento degli atti fondamentali della vita ha trovato da tempo una definizione esaustiva attraverso la Circolare del Ministero del Tesoro n. 14 del 28.09.1992, inviata alle allora operanti Commissioni Mediche Periferiche di II^ istanza, laddove, il Ministero “Per atti quotidiani della vita” intende quella azioni elementari che il soggetto normale espleta quotidianamente rapportate ad un individuo medio della medesima corrispondente età.
Si tratta nella fattispecie non solo degli atti elementari in quanto tali, ma anche di azioni più complesse atta a soddisfare, in ogni caso, quelle esigenze minime di entità media della vita, non finalizzate allo svolgimento del lavoro ma al soddisfacimento delle necessità indispensabili di vita, paragonate in soggetti di età corrispondente in buone condizioni di salute.
La correlazione riguarda quindi soggetti, in termini di non autosufficienza, valutati riguardo alla sussistenza o meno di condizioni esistenziali che siano compatibili con il rispetto della dignità della persona umana.
Il complesso delle funzioni relative agli atti quotidiani riguarda un insieme diversificato di attività singole ma spesso interdipendenti, distintamente individuabili anche come complementari di una serie di bisogni che rientrano nel quadro esistenziale dell’attività quotidiana:
• l’atto di vestizione, la nutrizione, l’igiene personale, l’espletamento di atti fisiologici, l’effettuazione regolare di acquisti e rifornimenti,
• lo spostamento entro le mura domestiche, la capacità di raggiungere autonomamente il luogo di lavoro, la possibilità di accudire in modo sufficiente alle faccende domestiche,
• la conoscenza del valore del denaro, intesa non come semplice riconoscimento di banconote e monete ma come discernimento delle potenzialità intrinseche del denaro da spendere, in modo finalizzato,
• l’orientamento spazio – temporale, la capacità di attendere alle necessità di autosoccorso ovvero di chiedere soccorso, la lettura, la giusta messa in funzione di mezzi audiovisivi, la guida dell’automobile, se in possesso della patente, per le necessità di vita esigenti, ecc.
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Da una articolo di C. Giacobini, dal titolo “L’accertamento delle minorazioni civili”, tratto da Internet, http://www.handylex.org/schede/accertaic.shtml, stampato 2009, è possibile addentrarsi nell’iter amministrativo e sanitario che governa la materia.
L’invalidità, intesa come perdita di validità, comporta una difficoltà e una riduzione nello svolgimento delle funzioni consuete della vita quotidiana e di relazione, in rapporto a determinate cause di menomazione e di deficit psichico o intellettivo, con una riduzione conseguente anche della capacità lavorativa.
Nel soggetto adulto, di età compresa fra i 18 e i 65 anni, in genere l’entità della menomazione e, in particolare, della riduzione della capacità lavorativa generica, nell’ambito dell’invalidità civile, viene espressa in termini percentuali, in base alle tabelle di cui al DM del 1992, anche con criterio di analogia e con applicazione del metodo di riduzione, vigente per le menomazioni coesistenti.
La legge di riferimento per la cecità parziale e totale è la L. 138 / 2001 che detta anche una classificazione delle disabilità visive; in questo caso le persone affette vengono distinte in:
• ciechi totali, parziali, ipovedenti gravi, medio gradi e lievi, a seconda del grado di perdita della funzione visiva.
La persona sordomuta, oggi definita semplicemente sorda, è quella affetta da una disabilità sensoriale uditiva, di natura congenita o acquisita, sviluppatasi durante l’età evolutiva, quindi prima del compimento del 12° anno di età, che abbia compromesso in modo apprezzabile il normale apprendimento del linguaggio parlato, sempre che la sordità non sia puramente psichica e non derivi da causa di guerra, di lavoro o di servizio.
Esiste quindi un’apposita Commissione ASL di I^ istanza deputata al riconoscimento dell’invalidità civile e delle diverse prestazioni esistenti che esamina la domanda e visita l’interessato.
Tale Commissione è composta per legge da un medico specialista in Medicina Legale che assume le funzioni di Presidente e da 2 altri medici di cui uno scelto fra gli specialisti in Medicina del Lavoro.
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Si tratta in tutti i casi di medici dipendenti della ASL territorialmente competente.
Tale Commissione viene di norma completata, di volta in volta dai cosiddetti medici di categoria, ossia da sanitari indicati in rappresentanza dell’ANMIC, Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili, per l’invalidità civile, dell’UIC, Unione Italiana Ciechi, per la cecità civile, dell’ENS, Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei Sordomuti, per la sordità civile, e dell’ANFFAS, Associazione Nazionale delle Famiglie dei fanciulli ed adulti Subnormali, per i minori e per gli adulti che hanno contratto evidentemente le menomazioni in età connatale o in epoche evolutive successive, ciascuno partecipante, quindi alle relative Commissioni che si devono pronunciare su soggetti appartenenti alle rispettive categorie.
La partecipazione dei medici di categoria, per quanto auspicata e consentita dalla legge, non è imperativa e l’assenza degli stessi alla Commissione, dopo regolare invito degli stessi, non può essere causa di annullamento dei relativi giudizi medico legali.
La domanda di riconoscimento dell’invalidità doveva essere presentata direttamente dall’interessato, ovvero dal rappresentante legale, genitore o tutore, o dal curatore, nel caso di soggetti inabilitati, prima alla ASL, oggi direttamente all’INPS, per via telematica, compreso il certificato introduttivo del medico curante, in allegato, attestante la diagnosi e la tipologia della menomazione, potendosi poi allegare, all’atto della visita, le Cartelle Cliniche e la documentazione sanitaria in possesso dell’istante.
I tempi stabiliti dalla legge erano 3 mesi dalla presentazione della domanda per la convocazione a visita medica.
L’impossibilità a presentarsi alla visita medica all’atto della convocazione deve essere documentata, in modo idoneo, con la presentazione di adeguata documentazione sanitaria, specie nel caso di persone allettate o per le quali gli spostamento possano essere di pregiudizio per le condizioni di salute, onde la richiesta eventuale di visita domiciliare.
La visita domiciliare può anche essere effettuata in caso di costanza di ricovero ospedaliero in reparti per lungodegenti o per riabilitazione.
Laddove l’interessato richiedente sia ricoverato presso una struttura diversa da quella di residenza, può essere effettuata dalla Commissione di altra ASL la visita medico legale per rogatoria.
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Come già detto nel corso della visita l’interessato si può fare assistere dal proprio medico curante o da altro medico di fiducia.
Nel corso della visita la Commissione ha la facoltà di richiedere accertamenti specialistici ulteriori, da acquisire agli atti successivamente prima della decisione finale.
In epoche precedenti erano le CMVP del MEF ad effettuare le verifiche di II^
istanza, con la possibilità di validare la pratica e rinviarla decisa con esito positivo alla ASL, avendo le stesse la facoltà di chiamare l’interessato a visita diretta e riformulare la diagnosi e il giudizio medico – legale di competenza, ciò che era consentito entro 60 giorni dalla trasmissione della pratica da parte della ASL e che andava ad interrompere, in ogni caso, con la sospensione, l’iter amministrativo della stessa fino all’effettuazione della visita diretta.
In caso di mancato esame preliminare della pratica da parte della CMVP periferica entro i 60 giorni stabiliti dalla legge, nell’ambito delle sedute di valutazione, si ricadeva nella regola del silenzio – assenso che rendeva immediatamente operativo il giudizio espresso dalla Commissione di I^ istanza della ASL.
Una volta completato l’iter amministrativo, con il rinvio delle pratiche esaminate e validate dalla Commissione di II^ istanza del MEF alla ASL, il verbale ASAN completo di validazione veniva finalmente inviato al cittadino che aveva fatto domanda, essendo lo stesso verbale stato validato in triplice copia onde consentirne l’archiviazione cartacea.
L’attuale iter che prevede l’invio telematico del verbale da parte della ASL all’INPS, anche possibilmente con copia degli allegati scannerizzati, verrà descritto successivamente.
Una volta trasmesso all’interessato il verbale cartaceo con il relativo esito, lo stesso poteva proporre ricorso giudiziario entro 180 giorni dalla notifica del verbale.
La fase della liquidazione delle prestazioni economiche fa capo all’INPS a far data dal 2000.
In ogni caso i benefici economici riconosciuti decorrono dal mese successivo alla data di presentazione della domanda.
In caso di decesso dell’interessato che aveva avanzato domanda prima della visita medica, la Commissione ASL, su formale istanza degli eredi, può procedere
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all’accertamento sanitario sulla sola base della documentazione medica rilasciata da strutture pubbliche o da strutture convenzionate, in epoca antecedente al decesso, tale in ogni caso da comprovare in maniera sicura l’esistenza di infermità atte a consentire la formulazione del giudizio di merito, con una diagnosi esatta e un rigoroso e motivato giudizio medico legale.
L’iter amministrativo prevedeva che nel caso di mancata effettuazione della visita medica da parte della ASL entro 3 mesi dalla domanda l’istante potesse appellarsi all’Assessorato Regionale competente che provvedeva a fissare poi la visita entro il limite di 270 giorni.
In caso di mancata ulteriore risposta, silenzio rigetto, si poteva adire il giudice ordinario con il ricorso.
Come già detto il ricorso giudiziario può essere promosso entro 6 mesi dalla notifica del verbale in caso di giudizio medico legale avverso rispetto alla prestazione richiesta e negata.
In effetti dal 1° gennaio 2005 non è consentito il ricorso amministrativo.
In caso di ricorso giudiziario è possibile farsi assistere da un patronato o da un’associazione di categoria.
Dopo il riconoscimento dell’invalidità civile e di una delle prestazioni, ovvero dopo la formulazione del giudizio medico legale di merito, può essere proposta istanza di aggravamento, nel qual caso va sempre allegato un certificato medico che descriva in modo puntuale e dettagliato le nuove infermità e menomazioni nel frattempo intercorse, atte alla variazione del giudizio e all’incremento dei benefici già ottenuti.
Nel caso fosse stato in atto già un ricorso gerarchico, non era comunque possibile proporre istanza di aggravamento, prima dell’esaurimento dell’iter del ricorso medesimo.
E’ sempre da un articolo tratto dal sito Handylex di Internet, dal titolo “La visita medica e il relativo verbale” , stampato 2009, che si possono assumere ulteriori indicazioni pratiche relativamente all’accertamento sanitario per il riconoscimento dell’invalidità civile.
Una volta fissata la data della visita presso la ASL, l’interessato si può fare assistere nel corso della stessa dal medico curante o da un medico fiduciario, per fare illustrare alla Commissione il proprio stato di salute in rapporto al beneficio richiesto.
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Nel caso in cui lo stesso cittadino sia nell’impossibilità a presentarsi ambulatorialmente a visita, in virtù delle proprie condizioni menomate, è tenuto ad inviare un certificato del curante che attesti tale impossibilità a lasciare il proprio domicilio per il possibili rischio di ulteriore peggioramento dello stato di salute legato agli spostamenti.
Dal 2007 in poi la pratica relativa al verbale di I^ istanza, che prima andava trasmesso alla competente commissione di II^ istanza periferica del MEF, ex CMVP del MEF, competente per territorio, va invece inviata all’INPS che provvede tramite i propri Centri Medico Legali a valutare l’appropriatezza di tale certificazione, ad invitare identicamente a visita diretta l’interessato o a chiedere ulteriore documentazione sanitaria per la validazione della stessa.
Una volta validato dall’INPS il verbale viene di nuovo inviato alla ASL che a sua volta provvederà a recapitarlo al cittadino.
Da notare che dal 2010 in poi la ASL è tenuta all’invio dei verbali di I^ istanza all’INPS per via telematica, seguita dal carteggio della pratica, con possibilità anche dell’invio della documentazione sanitaria scannerizzata.
E’ bene poi sottolineare che è stata data la facoltà alle vecchie CMVP del MEF di chiudere i verbali restanti e di completarne l’iter, fino e non oltre la data del 1° aprile 2007, essendo le competenze del MEF state interamente devolute all’INPS da tale data dopo apposito DPCM attuativo del 31 marzo 2007.
In ogni caso, sia in base alla vecchia procedura che alla nuova, il verbale ASAN reca il giudizio medico legale di merito, con uno specifico codice che varia a seconda della prestazione riconosciuta, sulla scorta della domanda inoltrata a suo tempo dall’interessato, quindi con riferimento del giudizio alla data della domanda e non successivamente.
Sarà poi l’INPS, in funzione della prestazione economica eventualmente riconosciuta, a provvedere ad acquisire in procedura i dati relativi al beneficio ottenuto, in base a quanto comunicato dalla ASL dopo la visita, ovvero dal CML INPS dopo eventuale effettuazione della visita diretta, senza quindi che il cittadino ne faccia espressamente ulteriore istanza.
A questo punto è dunque l’INPS a seguire direttamente la pratica per l’erogazione economica, provvedendo a richiedere, ove necessiti, ulteriore documentazione non sanitaria al cittadino per il perfezionamento dell’iter burocratico.
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In ogni caso sia l’Assegno Mensile che la Pensione che anche l’indennità di frequenza sono erogabili solo se il reddito del cittadino interessato non supera un certo limite annuale stabilito per legge.
Altro requisito essenziale per avere diritto all’assegno mensile è l’iscrizione da parte dell’interessato, invalido civile con una percentuale riconosciuta variabile fra il 74 e il 99 %, nelle liste speciali di collocamento, ciò che rende esattamente l’idea della natura dell’assegno medesimo come integrativo dell’eventuale reddito da lavoro mancante.
Diversamente nel caso di concessione dell’Indennità di Frequenza ad un minore, occorre che il genitore o il tutore dell’interessato presentino annualmente un certificato di frequenza scolastica o di asilo nido, ovvero di frequenza di un centro di riabilitazione pubblico o convenzionato regionale pubblico, trattandosi di un beneficio concesso proprio a favore di una frequenza scolastica o di centro riabilitativo, atto al processo di integrazione scolastica o reintegrazione funzionale del minore con difficoltà persistenti.
Da ultimo occorre invece precisare che tanto l’erogazione dell’indennità di accompagnamento, sia per invalidi civili che per ciechi assoluti, che l’indennità speciale per la cecità parziale che anche l’indennità di comunicazione per i sordi sono concesse a prescindere dall’età e dal reddito individuale dell’interessato, trattandosi, quindi, a tutti gli effetti, di benefici totalmente non reddituali, concessi, quindi a mero titolo di supporto economico alla minorazione.
Nel caso però della concessione dell’Indennità di Accompagnamento per invalidi civili, la prestazione economica non spetta nel caso in cui l’interessato sia ricoverato a tempo pieno presso una struttura pubblica o privata, come già accennato in precedenza, la cui retta sia interamente a carico dell’Ente Pubblico.
Ulteriori delucidazioni sull’argomento si possono dedurre da un articolo dal titolo “Tutela assistenziale degli invalidi civili” tratto da Internet, digilander.iol.it, stampato 2009.
Viene qui rappresentato un interessante excursus storico, con le prime iniziative nate già nel ‘400 da parte di corporazioni atte alla collocazione in attività compatibili di lavoratori vecchie e malati o per la reintegrazione economica di danni intervenuti con perdita di segmenti corporei.
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In Italia la prima legge promulgata a titolo di beneficio in forma di assistenza risale al 1862 a favore, a da parte di congregazioni di carità, nei confronti di:
• minorati fisici, psichici, congeniti o acquisiti di varia tipologia;
• portatori di malattie croniche o acute invalidanti;
• soggetti invalidi per motivi di lavoro.
Nel 1890 le Opere Pie furono trasformate, per legge, in istituzioni pubbliche di beneficenza, con ulteriori modifiche legislative intervenute nel 1937.
Ma è nel 1962 che venne per la prima volta che fu utilizzato il termine di mutilato ed invalido civile, per poter distinguere tali tipi di soggetti infermi dagli invalidi di guerra, per causa di servizio, o del lavoro, per i quali già esistevano delle forme di tutela e la cui nomenclatura era già contemplata e codificata.
Seguivano, quindi, la Legge n. 482 del 1968, con la definizione di invalido civile e con l’indicazione delle procedure operative e le misure per il collocamento obbligatorio, la ben nota Legge 118/1971, che oltre a ridefinire l’invalido civile istituiva l’assegno mensile di invalidità e la pensione di inabilità, la Legge 18 del 1980, che istituiva l’indennità di accompagnamento per gli invalidi civili già risultati totalmente inabili ma con necessità di assistenza per gli atti quotidiano o non in grado di deambulare autonomamente senza l’ausilio permanente di un accompagnatore.
Seguivano quindi le leggi n. 508 del 1988, con norme integrative per l’indennità di accompagnamento e che dettava la possibilità di effettuazione del lavoro, ovvero la non incompatibilità dello svolgimento delle attività di lavoro per i soggetti ai quali fosse stata concessa l’indennità di accompagnamento, e la legge 509 del 1988, che modificava la soglia di invalidità, innalzandola, sia per il diritto al collocamento obbligatorio, portandola dal 34 al 46 %, che per l’assegno di invalidità mensile, portandola, in questo caso, dai 2/3 di invalidità al 74 % di invalidità civile, introducendo anche il concetto delle attività confacenti (alle attitudini); la stessa ultima legge introduceva altresì il parametro di riferimento valutativo per il soggetto ultra65enne, relativo alle difficoltà persistenti allo svolgimento dei compiti e delle funzioni proprie dell’età, ma solo ai fini dell’assistenza sanitaria.
Era poi la legge 289 del 1990 che istituiva l’indennità di frequenza dei minori di anni 18, da concedere ai soggetti minorenni, in sostituzione dell’assegno di accompagnamento previgente per i minori, con difficoltà persistenti allo svolgimento dei compiti e delle funzioni proprie dell’età, ma subordinandola alla frequenza
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scolastica o di centri specializzati pubblici o convenzionati, dediti alla riabilitazione e al reintegro dei minori portatori di deficit ed handicap.
Nel 1992 veniva promulgato il DM del Ministero della Sanità indicante la nuova tabella delle percentuali di invalidità relative alle minorazioni ed infermità ascritte, tuttora vigente.
Si arriva poi all’emanazione della Lege 104 del 1992, legge quadro relativa all’assistenza, integrazione sociale e tutela dei diritti delle persone portatrici di handicap, ovvero legge sulla disabilità.
Si è già riferito in precedenza della definizione di invalido civile, quale cittadino affetto da una minorazione, congenita o acquisita, comprensiva anche degli esiti permanenti fisiche e/o psichiche o sensoriali determinanti un danno funzionale permanente, anche di carattere progressivo, che riguarda sia soggetti minori, che adulti o ultra65enni.
In pratica per i soggetti adulti, di età compresa fra i 18 e i 65 anni, il parametro di valutazione è dato dalla riduzione permanente della capacità lavorativa, in misura non inferiore ad un terzo, 34 %, per avere diritto a dei benefici, mentre per il minore e per l’ultra65enne il riferimento valutativo è dato difficoltà persistenti allo svolgimento dei compiti e delle funzioni proprie dell’età, ma ai soli fini dell’assistenza sanitaria, per l’utra65enne.
Tale parametro si utilizza identicamente nell’ultra65enne anche per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.
Molto interessanti, soprattutto ai fini medico legali, appaiono le indicazioni valutative riportate nel D.Lgs. n. 509 del 1988, laddove è previsto che:
• la diagnosi debba essere formulata con chiarezza e precisione, quindi con indicazione accertata sotto il profilo nosologico delle patologie in essere e riferimento adeguato allo loro entità e diffusione, e grado di emendabilità nel tempo, specie sotto il profilo disfunzionale;
• la quantificazione della percentuale di riduzione della capacità lavorativa si debba fondare sia sulla gravità maggiore o minore della perdita anatomica e funzionale di determinati organi od apparati che sulla possibilità o meno dell’applicazione efficace di protesi, che, da ultimo, sulla rilevanza che
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nell’ambito dell’attività lavorativa, misurata in rapporto alle attitudini confacenti, può avere l’organo o l’apparato compromesso.
Tale percentuale di invalidità va computata sulla base delle Tabelle di cui al DM del 5 febbraio 1992, anche con criterio di analogia e con l’utilizzo della formula riduzionistica, per le menomazioni coesistenti, con una variazione in più o in meno del 5 %, in rapporto alle ripercussioni sulla capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle attitudini, correttivo che appare comunque rilevante.
Interessante appare poi la valutazione dei compiti e delle funzioni proprie dell’età che per quanto non stabiliti per legge, si possono, in modo relativamente approssimativo e orientativamente indicare nel modo seguente:
Prima infanzia:
• motilità, linguaggio, deambulazione;
Seconda infanzia e fasi appena successive:
• frequenza scolastica in maniera proficua;
• gioco collettivo, integrazione interpersonale con i coetanei;
• capacità di svolgimento di attività sportiva non agonistica;
Età evolutiva:
• relazioni sociali.
Di fatto, al di fuori dei casi di reale arresto dello sviluppo, è relativamente difficile apprezzare i reali deficit motori, sensoriali e del linguaggio prima dei 2 anni di età, ciò che diventa progressivamente più manifesto con il progredire dello sviluppo nel tempo, specie per ciò che concerne la deambulazione, il linguaggio, l’andamento scolastico e la vita di relazione, sicuramente con un migliore apprezzamento da parte dell’osservatore.
Molto appropriato per lo studio della tematica in parola, relativa alla valutazione del minore nell’ambito dell’invalidità civile si rivela un articolo dal titolo “Valutazione Medico Legale”, tratto dal sito di Internet, www.crohnworld.com, stampato 2013.
In effetti nel caso dei minori la valutazione medico legale si basa sul confronto fra la gravità delle menomazioni e delle infermità riferite all’epoca dell’accrescimento e
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dello sviluppo normale, che può presentare o meno arresti, rallentamenti o riduzioni importanti.
Fondamentale appare, quindi, la nozione riferita alle principali tappe evolutive dell’infante, in modo da avare una piena consapevolezza di quel che si intende per difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età.
Volendo sintetizzare le varie tappe dello sviluppo motorio, sensoriale, intellettuale e della sfera emotiva del bambino, è possibile verificare, a grandi linee, quanto segue, anche considerando che ciascun soggetto presenta dei ritmi di accrescimento alquanto personalizzati e non interamente standardizzati:
• all’età di 1 mese è in grado di rivolgere lo sguardo alla madre e alle persone familiari, rivolgere le proprie attenzioni nella direzione di melodie, suoni e rumori, puntare l’osservazione su qualche oggetto;
• all’età di 2 mesi manifesta i primi sorrisi e pronuncia qualche vocale;
• dopo 4-5 mesi prende in mano degli oggetti portandoli in bocca, si rivolge nella direzione di un interlocutore, è in grado di sorridere;
• verso i 6 mesi assume autonomamente la posizione assisa, utilizza le mani separatamente, colpisce il tavolo con un oggetto tavolo per fare rumore;
• verso 1 anno di vita o poco più comincia a camminare, in genere dopo aver
“gattonato”, inizia a pronunciare parole più o meno incomprensibili, sa utilizzare lo specchio e poco dopo è capace di riconoscervisi, può cercare qualche giocattolo, comincia a giocare con gli oggetti che è in grado di avvicinare e porre uno sull’altro, usa la palla insieme ad un'altra persona;
• dopo i 3 anni sviluppa attività complesse, come disegnare, giocare da solo, mangiare da solo, provare a vestirsi; è in grado di fare differenza fra oggetti diversi, ascoltare racconti interpellando e interrompendo con osservazioni. Ilo linguaggio comincia ad essere comprensibile e abbastanza strutturato;
• intorno ai 4 - 6 anni sviluppa la fantasia e un’attività ludica decisamente più evoluta, utilizzando le macchinine e i mattoncini delle costruzioni in plastica, muta e stabilizza umori e comportamenti, possiede già un buon vocabolario di parole che può utilizzare per fare domande, rivolge finalmente il dialogo nei confronti degli altri, potendo, al fine, verso i 6 anni, lavarsi e vestirsi da solo;
• con l’inizio dell’età scolare sviluppa il ragionamento logico e la capacità di astrazione, appare più disciplinato e pronto alla vita di relazione, abbandonando in buona misura il proprio universo dell’io, è in grado di utilizzare le esperienze precedenti, si prepara a comportarsi da adulto; migliora la comunicazione, può diventare ansioso per lo svolgimento delle attività di studio e di gioco, inizia ad esprimere le proprie opinioni;
• all’età di 8 anni è in grado di sviluppare il comportamento morale, con distinzione fra il bene e il male, anche se è ancora dominato da una visione
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fantastica e dimensione magica delle cose, cominciando a leggere libri, dapprima pieni di figure e, poi, via via più complessi.
Le esperienze, le evoluzioni, le emozioni e i cambiamenti lo porteranno sempre di più a sviluppare il proprio carattere nella vita adulta e poi nella maturità.
Tornando al tema della valutazione medico legale nell’IC, dopo i 15 anni è, peraltro, anche possibile stabilire una riduzione della capacità lavorativa in attitudini confacenti, onde la necessità di stabilire una percentuale di invalidità al di là della concessione dell’Indennità di Frequenza.
Ad ulteriore conforto, riguardo ai soggetti ultra65enni, è intervenuta anche una circolare del Ministero della sanità, la n. 500.6/AG/19/58/115 del 24 febbraio 1997, a ribadire che per i medesimi non è possibile avvalersi nella valutazione, della riduzione percentuale della capacità lavorativa, ma solo esprimersi relativamente al citato parametro delle difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età, ma solo ai fini dell’assistenza sanitaria e della concessione dell’indennità di accompagnamento.
In effetti nell’ultra65enne è possibile valutare solo le azioni che non siano legate alla svolgimento di attività lavorative, rapportando, invece, il giudizio unicamente al soddisfacimento delle esigenze medie di vita, legate, ad es., alla guida dell’automobile, per i patentati, all’utilizzo di mezzi pubblici, alla capacità di leggere o usare mezzi audiovisivi, alla facoltà di effettuare autonomamente acquisti, prepararsi i cibi, attendere alle faccende domestiche, conoscere il valore intrinseco del denaro, svolgere attività ricreative, ecc..
Il soggetto può risultare Invalido o Non Invalido ai sensi dell’art. 6 del D.L.gs. n.
509 del 1988, oppure nelle condizioni di cui alla Legge 18 del 1980 e L. 508 del 1988, art. 1, punto 2, lettera b, ciò che da diritto all’Indennità di Accompagnamento.
L’Assegno mensile rappresenta il primo livello delle prestazioni assistenziali dell’IC per i soggetti senza collocazione lavorativa.
Si tratta di una forma di carattere integrativo economico in caso di mancata prestazione lavorativa, di carattere evidentemente temporaneo laddove lo stesso può essere revocato ove risulti, su segnalazione degli Uffici Prov.li del Lavoro e della massima occupazione, che il soggetto interessato non sia inserito negli appositi elenchi
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di collocamento e che non abbia volutamente accesso a posti di lavoro idonei per le condizioni fisiche pur menomate.
L’Assegno è riservato pertanto a soggetti in età lavorativa e non collocati al lavoro e con un determinato limite reddituale, che non abbiano già diritto alla pensione minima INPS di vecchiaia o all’assegno di invalidità art. 1 Legge 222 del 1984.
La Pensione di Inabilità, identicamente destinata ai soggetti della fascia lavorativa d’età dell’Assegno, viene corrisposta per un’invalidità del 100 % ma non è incompatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa, essendo anche cumulabile con un reddito, compresa una rendita previdenziale.
Dopo una disputa giurisprudenziale è stato chiarito che la Pensione non spetta ai soggetti ultra65enni e che al 65° anno di età si trasforma in Pensione Sociale con i limiti di reddito più favorevoli destinati ai soggetti risultati in precedenza inabili.
L’istituzione dell’Indennità di Accompagnamento trova la sua giustificazione nel riassetto delle potenzialità assistenziali della struttura familiare.
Infatti dopo il periodo del boom economico tipico degli anni ‘60 e inizio ’70 si è succeduta una profonda crisi economico – sociale, sempre di maggiore rilevanza nel prosieguo, che perdura fino ai giorni nostri e che ha richiesto un intervento del legislatore, nell’ambito di una riprogettazione dell’erogazione dei servizi pubblici, sia per potenziare gli effetti della solidarietà sociale e del volontariato che per indennizzare le famiglie che si facevano carico dei compiti di assistenza dei soggetti divenuti nel tempo non autosufficienti o portatori di gravi handicap, in un contesto globale caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione generale.
I requisiti essenziali, ben noti, per il riconoscimento del beneficio e l’erogazione della corrispondente prestazione economica sono datti nell’ordine da:
1. la presenza di una totale inabilità, almeno per i soggetti in età lavorativa;
2. l’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
3. in alternativa al punto 2), la necessità di un’assistenza continua, non essendo il soggetto in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Anche l’indennità di accompagnamento, come l’inabilità, non è incompatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa, mentre è incompatibile con prestazioni analoghe che dipendono da menomazioni causate da cause di guerra, di lavoro o di servizio, onde evitare duplicazione delle prestazioni per identici motivi.
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Viene precisato poi dal Ministero della Sanità con apposita circolare del 1981(circ. n. 500.6/AG.927/58 – 1449) che la prestazione è destinata a coloro “che si trovano nell’impossibilità di deambulare”, ossia “gli invalidi che non deambulano neppure con l’aiuto di presidi ortopedici”.
La stessa circolare poi specifica che “per atti quotidiani della vita si intendono quelle funzioni elementari che espleta quotidianamente un soggetto normale di corrispondente età e che rendono il minorato, che non è in grado di compierle, bisognevole di assistenza”.
Con l’art. 6 della Legge 509 del 1988 viene poi introdotto, come già accennato, il parametro delle difficoltà persistente a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età valido per i soggetti ultra65enni ma ai soli fini dell’assistenza sanitaria.
Ma è in particolare la circolare n. 14 del 1992 del Ministero del Tesoro a precisare i compiti e le funzioni di tali soggetti, identificandoli con gli atti quotidiani della vita, ciò che rende esattamente l’idea dell’utilità del predetto parametro anche ai fini della concessione dell’indennità di accompagnamento.
Si tratta di atti quotidiani della vita di tipo non lavorativo quali, nell’ordine, ad es.,:
• l’atto di vestirsi;
• l’atto di alimentarsi;
• la cura dell’igiene personale;
• il normale espletamento dei bisogni fisiologici corporei;
• la continenza degli sfinteri;
• l’orientamento temporo – spaziale;
• la capacità di muoversi autonomamente, da solo, anche con l’ausilio di protesi, ovvero la necessità di aiuto di terzi, ecc..
Secondo, quindi, il disposto della circolare in parola, “la mancanza deve esercitarsi su un insieme di funzioni e di attività, tale che risulti alterato ogni rapporto concreto con la realtà quotidiana”.
Ciò si può facilmente verificare anche in caso di grave deterioramento delle funzioni psichiche o del controllo delle stesse.
Un problema che è stato considerato è quello del possibile svolgimento di qualsivoglia attività lavorativa da parte di soggetti inabili.