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Qual è lo stato di salute della filosofia italiana oggi? È questa la domanda cui tenta di rispondere il volume curato da

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Academic year: 2022

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Qual è lo stato di salute della filosofia italiana oggi? È questa la domanda cui tenta di rispondere il volume curato da Gaspare Polizzi, La filosofia italiana del Novecento. Autori e metodi (ETS 2019, pp. 108).

Ripercorrendo autori italiani significativi del XX secolo, il libro intende altresì

«valorizzare quei comuni tratti filosofici che – nella storia della filosofia moderna e

contemporanea – permettono di riconoscere la filosofia italiana nel mondo» (G. Polizzi, Introduzione, p. 13). Questa raccolta di saggi ha, dunque, una duplice natura: da un lato si presenta come un’efficace sintesi del pensiero di importanti filosofi italiani del recente passato (Croce, Gentile, Gramsci, Bobbio, Luporini), dall’altro si sofferma sulle ragioni di fondo che rendono l’Italian Thought uno dei vettori speculativi più fecondi dell’attuale panorama intellettuale. E Polizzi – nell’affermare che «il tratto principale di riconoscimento e di apprezzamento della filosofia italiana nel mondo afferisce alla cultura etico-politica e alla storiografia filosofica» (p.

13) – sembra suggerirci che il successo globale del pensiero italiano sia dovuto proprio ai caratteri specifici di una tradizione che l’Italian Thought continua e, allo stesso tempo, rinnova profondamente.

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Su questa linea si muove, ad esempio, il contributo di Marcello Mustè, secondo il quale Croce e Gentile «hanno esercitato una notevole influenza, che arriva fino a noi e che ha contribuito in maniera sostanziale a formare il carattere della filosofia italiana» (p. 27). Analogamente, Giuseppe Guida – nel mettere in luce opportunamente l’influenza di Bergson su Gramsci e richiamandosi alle tesi avanzate da Roberto Esposito in Pensiero vivente – sostiene come sia la categoria di “vita” a costituire il «perno di rotazione dell’intera filosofia italiana» (p. 50). Ma Croce, Gentile e Gramsci non sono i soli a ripensare originalmente la tradizione italiana. Lo mostra efficacemente Sergio Filippo Magni nel suo saggio – in particolare quando ricorda la vicinanza «della concezione marxista di Luporini alla linea togliattiana di collegamento con la tradizione culturale nazionale» (p. 76).

Linea, questa, che sposò anche il Garin delle Cronache e che intendeva – nel nome di Bertrando Spaventa, posto da Labriola alle origini del marxismo italiano e definito dallo stesso Togliatti il più grande filosofo italiano dell’Ottocento – rigenerare l’Italia del secondo dopoguerra riprendendo la tradizione nazionale di carattere laico. Naturalmente non solo il marxismo intendeva ripensare la tradizione laica italiana, ma anche il neoilluminismo e, in particolare, Bobbio cui è dedicato il contributo di Mario Quaranta. Ma per Bobbio – diversamente da Togliatti – non occorre

tanto richiamarsi all’idealismo di Spaventa, bensì all’empirismo di Cattaneo. Come noto, l’esperienza neoilluminista non durò a lungo e, per molto tempo, la cultura filosofica italiana fu percepita come debole e provinciale. Una cultura che, tuttavia, proprio oggi – secondo quanto scrivono Carlo Gabbani ed Elena Pulcini nei due capitoli che chiudono il libro – mostra decisi segnali di ripresa. In particolare, Pulcini – sottolineando i meriti dell’Italian Thought – afferma che la filosofia italiana, se «vuol essere davvero in presa diretta con gli eventi del mondo

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e le trasformazioni epocali che costellano la nostra contemporaneità, non può esimersi dal confrontarsi con la sfida inedita alla vita e con la chance comunitaria che da questa sfida può scaturire» (p. 108).

Vita, conflitto, comunità. Sono queste, in conclusione, le categorie che l’Italian Thought – nella prospettiva di un’ontologia dell’attualità – ha rimesso al centro dei dibattiti filosofici. Ma non solo. Il libro curato da Polizzi ha il merito di mostrare un altro tratto che accomuna i pur diversi autori analizzati. Da Croce a Gentile, fino a Gramsci e all’odierno Italian Thought è evidente come una delle specificità della filosofia italiana sia

proprio quella di pensare attraverso – con e oltre – la tradizione «per dare al passato non una sopravvivenza, che è la forma ipocrita dell’oblio, ma l’efficacia della ripresa o della ripetizione» (Merleau-Ponty).

Corrado Claverini

Università di Salerno c.claverini@gmail.com

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