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Medici, Direttiva Ue sugli orari di lavoro: No a proroghe o accordi spot. Rispettare scadenza 25 novembre. Concreto il rischio di allungamento delle liste d’attesa”

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Medici, Direttiva Ue sugli orari di lavoro: No a proroghe o accordi spot. Rispettare scadenza 25 novembre. Concreto il rischio di allungamento delle liste d’attesa”

Il segretario del sindacato dice no a proroghe e ad un decreto per attuare la legge che recepisce la direttiva Ue sugli orari di lavoro. “Bisogna aprire la trattativa per il rinnovo dei contratti e la questione deve rientrare al suo interno”. E poi avverte: “Sono a rischio servizi ed probabile che liste d’attesa si allungheranno”.

“Noi chiediamo che la legge come previsto entri in vigore il 25 novembre e che sia applicata sic et simpliciter la normativa europea. Il tutto però, deve essere discusso all’interno della trattativa sul rinnovo del contratto”. Parole del segretario della Fp Cgil Medici, Massimo Cozza che in quest’intervista interviene sul dibattito sull’attuazione della legge 161/2014 (la cui entrata in vigore è prevista per il 25 novembre) che recepisce la direttiva Ue sugli orari di lavoro.

Ma Cozza parla anche dei rischi qualora non si riuscisse a chiudere la partita nei tempi previsti. “È alto il pericolo di riduzione dell’offerta nei piccoli ospedali dove c’è meno possibilità di accorpare i turni di guardia. C’è poi il rischio di chiusura degli ambulatori perché i medici che fanno il turno di notte non potranno andare in laboratorio la mattina. Si potrebbero creare problemi anche in alcune aree chirurgiche e in anestesia con un inevitabile allungamento delle liste d’attesa. Rischi ci sono poi anche per alcuni servizi h24 territoriali”.

Segretario l’Aran vi ha convocato per il 10 novembreper discutere dell’entrata in vigore e attuazione della legge che recepisce la direttiva Ue sugli orari di lavoro. Con che spirito andrete alla riunione?

Chiariamoci subito, la questione deve rientrare all’interno della trattativa per il rinnovo dei contratti di lavoro che sono bloccati da 6 anni. E vanno riaperti come ha detto anche la Corte costituzionale. Per questa ragione diciamo no ad accordi spot. Si deve riaprire il tavolo sul rinnovo del contratto. E poi mi faccia dire che è quantomeno paradossale questa convocazione che arriva a pochi giorni dall’entrata in vigore della legge. C’è stato un anno di tempo e Governo e Regioni non hanno fatto nulla, nemmeno hanno fatto una verifica sulla necessità di nuovo personale per far fronte alla questione.

Le Regioni hanno chiesto una proroga all’entrata in vigore della misura. Come la valuta?

Le ripeto. Siamo contrari. Noi chiediamo che la legge come previsto entri in vigore il 25 novembre e che sia applicata sic et simpliciter la normativa europea. Il tutto però, deve essere discusso all’interno della trattativa sul rinnovo. Guardi la questione è molto seria e all’interno della categoria, come può vedere anche lei dall’ampio dibattito, c’è veramente molta preoccupazione.

E qual è il rischio qualora la scadenza non fosse rispettata? Del resto è dietro l’angolo.

I rischi sono plurimi e vi potranno essere anche ripercussioni sui servizi. Dopo anni di tagli e blocchi al turnover è alto, per esempio, il pericolo di riduzione dell’offerta nei piccoli ospedali dove c’è meno possibilità di accorpare turni di guardia. C’è poi il rischio di chiusura degli ambulatori perché i medici che fanno il turno di notte non potranno andare in laboratorio la mattina. Si potrebbero creare problemi anche in alcune aree chirurgiche e in anestesia con un inevitabile allungamento delle liste d’attesa.

Rischi ci sono poi anche per alcuni servizi h24 territoriali.

In merito invece alla bozza di direttiva per l’applicazione della legge del Comitato di Settore Sanità?

Ribadito che non siamo d’accordo sul decreto per l’attuazione della legge perché questo va fatto nella trattativa per il rinnovo contrattuale ci sono poi anche alcune questioni che ci lasciano perplessi e che riguardano le deroghe. Ipotizziamo che un medico ha il turno di sera alle 20. Anche in deroga non potr à lavorare nelle 8 ore precedenti. Quindi volendo potrebbe lavorare la mattina, per esempio dalle 8 fino alle 12. Ebbene, la normativa Ue prevede che i tempi di riposo sottratti dalle deroghe debbano però essere recuperati. Ecco nella direttiva non se ne fa cenno con il rischio di accumulare deroghe su deroghe, per non cambiare nulla. E poi siamo contrari alla regolamentazione nella contrattazione aziendale. Tutto deve essere disciplinato all’interno del contratto nazionale.

L.F.

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