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Linee Guida Linee Guida

AIOM 2007 AIOM 2007

Tumori del Testicolo Tumori del Testicolo

Aggiornamento: dicembre 2007

(2)

Responsabile: Giovanni Responsabile: Giovanni

Rosti Rosti

• • Estensori: Sergio Estensori: Sergio Bracarda Bracarda Ugo De

Ugo De Giorgi Giorgi

Ermanno Emiliani Ermanno Emiliani

Nicola

Nicola Nicolai Nicolai Silvia Palazzi Silvia Palazzi

Roberto

Roberto Salvioni Salvioni Silvia Tana

Silvia Tana

Ivan Matteo Tavolini

Ivan Matteo Tavolini

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Revisori indicati dalle Revisori indicati dalle

Societ

Societ à à Scientifiche: Scientifiche:

• • Stefano Maria Magrini (AIRO) Stefano Maria Magrini (AIRO)

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Linee guida pratiche sui tumori testicolari dell’adulto: a cura dell’Italian Germ cell cancer Group (IGG)

Perché queste linee guida

I tumori germinali costituiscono neoplasia rare che interessa prevalentemente giovani maschi. Circa il 99% dei pazienti con malattia localizzata al testicolo (stadio I) e l’80% di coloro con malattia avanzata possono guarire. Anche pazienti che ricadono dopo la chemioterapia possono raggiungere sopravvivenza a lungo termine e quindi essere curati in circa il 30-40% dei casi. L’obiettivo principale negli stadi precoci e nei pazienti avanzati a buona prognosi è cambiato negli ultimi anni e a fronte degli ottimi risultati terapeutici l’attenzione si è portata sulla riduzione delle tossicità a medio-lungo termine.

In pazienti a cattiva prognosi si rimarca la relazione fra l’esperienza del centro (high- volume center) e l’outcome, in particolare laddove si richieda di trattamenti medici o chirurgico-urologici particolarmente complessi. Il Gruppo Italiano per le neoplasie Germinali (Italian Germ cell cancer Group-IGG) ha stilato questa serie di raccomandazioni di pratica clinica con lo scopo di indicare e promuovere gli standard attuali nella diagnostica e nel trattamento dei tumori germinali testicolari. IGG ha proceduto alla valutazione della letteratura piu’ recente e qualificata, alle linee guida già esistenti, con un occhio al nostro Paese. Gli estensori sono tutti colleghi direttamente e da tempo impegnati sul fronte dei tumori germinali. IGG ed AIOM hanno voluto che piu’ specialisti partecipassero alla loro stesura e revisione critica: radioterapisti, chirurgi urologi ed oncologi medici. Ciò è reso necessario dalla trasversalità di questa malattia neoplastica.

IGG è particolarmente grado ad AIOM per avere voluto condividere queste linee guida di raccomandazione.

Dr Giovanni Rosti Presidente Italian Germ cell cancer Group

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Introduzione

I tumori germinali costituiscono una malattia neoplastica relativamente rara ed altamente curabile. Il perno del successo dipende sia dall’uso appropriato degli strumenti diagnostici, particolarmente nella TAC e della valutazione dei marcatori neoplastici e dall’integrazione delle strategie terapeutiche disponibili: chemioterapia, chirurgia, radioterapia. Lo standard ottimale si associa ad una corretta stadiazione ed ad un’appropriata scelta delle differenti terapie che negli stadi iniziali vengono offerte al paziente. Nella malattia avanzata il risultato si basa su una strettissima e fondamentale integrazione sequenziale polidisciplinare.

I pazienti in stadio iniziale, che spesso sono curati con intervento terapeutico minimo – od addirittura con sola sorveglianza post orchifunicolectomia- corrono il rischio di essere sovratrattati, mentre al contrario pazienti con malattia particolarmente avanzata o ricaduti o refrattari sono a rischio di ricevere una strategia terapeutica non ottimale. L’esperienza del centro riveste un ruolo fondamentale per l’outcome di questi pazienti: ciò è particolarmente vero per gli stadi avanzati e quando è necessaria una strategia multimodale (1,2). Parimenti per una diffusione delle raccomandazioni principali sono necessarie linee guida cliniche condivise da esperti di più discipline e continuativamente aggiornate. Italian Germ cell cancer Group (IGG) ha stilato le seguenti linee di raccomandazione clinica con lo scopo di identificare i momenti principali della diagnosi e del trattamenti di queste malattie. Le raccomandazioni IGG derivano da una revisione non strutturata della letteratura attraverso Medline condotta fino al dicembre 2006. Inoltre sono state valutate le più recenti linee guida internazionali disponibili (3-7). Il risultato è stato valutato dal comitato IGG preposto alle linee guida ( i cui membri figuano fra gli estensori), rivisto e ridiscusso tra tutti i membri del Consiglio Direttivo IGG. Sono poi state inviate per una valutazione alle principali società urologhe Italiane (SIU, SIURO) ed all’AIRO e condivise da AIOM. Un aspetto particolare è stato dato ai momenti decisionali più difficili in cui i pazienti potrebbero trovarsi con il rischio di deviazione dai principi guida.

Bibliografia Introduzione

1- Collette L, Sylvester RJ, Stenning SP, et al et al. Impact of the treating institution on survival of patients with "poor-prognosis" metastatic nonseminoma. European Organization for Research and Treatment of Cancer Genito-Urinary Tract Cancer

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Collaborative Group and the Medical Research Council Testicular Cancer Working Party. J Natl Cancer Inst 1999;91:839–846.

2. van Dijk MR, Steyerberg EW, Habbema JD. Survival of non-seminomatous germ cell cancer patients according to the IGCC classification: An update based on meta-analysis.

Eur J Cancer 2006; 42: 820-826.

3- Albers P, Albrecht W, Algaba F, et al. Guidelines on testicular cancer. Eur Urol 2005;

48: 885-894.

4- Schmoll HJ, Souchon R, Krege S, et al. European consensus on diagnosis and treatment of germ cell cancer: a report of the European Germ Cell Cancer Consensus Group (EGCCCG). Ann Oncol 2004; 15: 1377-1399.

5- Gori S, Porrozzi S, Roila F, Gatta G, De Giorgi U, Marangolo M. Germ cell tumours of the testis. Crit Rev Oncol Hematol. 2005; 53: 141-164.

6- National Comprehensive Cancer Network (NCCN) Clinical Practice Guidelines in

Oncology Testicular Cancer Version 1/2007.

http://www.nccn.org/professionals/physician_gls/PDF/testicular.pdf

7- National Cancer Institute - PDQ. Testicular Cancer Last Modified: March 15, 2006 http://www.cancer.gov/cancertopics/pdq/treatment/testicular/healthprofessional/

Incidenza e fattori di rischio

I tumori germinali comprendono circa 1-1,5% di tutte le neoplasie del sesso maschile, e costituiscono la più frequente forma tumorale nella fascia d’età 15-40 anni con incidenza in aumento nelle ultime decadi (1). Il tasso grezzo d’incidenza del tumore testicolare in Europa si assesta attorno al 4,8/100000 maschi/anno, con ampio range fra 7,3 in Europa Occidentale e 4,6 in quella Meridionale per 100000 maschi/anno, con zone altissima incidenza come la Scandinavia ed aree ove la malattia è estremamente ara (Nord Africa).

Il 95% originano nel testicolo, mentre il rimanente 5% trae origine in sedi extragonadiche, soprattutto retroperitoneo e mediastino. Sedi come epifisi e l’area sacro-coccigea sono a nettissima prevalenza dell’età pediatrica. Circa il 40% sono seminomi ed il restante forme miste o non-seminomi (2).

Fattori di rischio ben definiti sono la presenza di un tumore controlaterale o di un TIN (testicular intraepithelial neoplasia), una anamnesi di criptorchidismo, la presenza di ipotrofia testicolare, la sindrome di Klinefelter. Infertilità e/o subfertilità possono giocare un

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ruolo importante nello sviluppo dei tumori germinali testicolari, ma ciò è ancora oggetto di valutazione. Storia famigliare (parenti di primo grado) viene riferita in letteratura (in genere come cluster famigliari) ed abitualmente queste rare forme circoscritte all’interno di una famiglia tendono ad avere la stessa istologia. Mancano ulteriori dati per definire i fattori di rischio all’interno dei cluster (3).

Nessun ruolo viene attribuito ad altri fattori come traumatismi scrotali.

Bibliografia incidenza e fattori di rischio

1. Parkin DM, Whelan SL, Ferlay J, Teppo L, Thomas DB. Cancer incidence in five cintinents, vol III. IARC Scientific Publications N° 155, Lyon :International Agency forResearch on Cancer, 2002

2. Gori S, Porrozzi S, Roila F, Gatta G, De Giorgi U, Marangolo M. Germ cell tumours of the testis. Crit Rev Oncol Hematol 53: 141-144, 2005

3. Dieckman KP, Pichlmeier U. The incidence of familiar testicular cancer. Cancer ; 80: 1954-1960.

Diagnosi

Il tumore testicolare viene sospettato dall’esame clinico e quindi si passa ad un’ecografia scrotale per conferma. La diagnosi d’istotipo viene eseguita sull’esame istologico della massa rimossa tramite orchifunicolectomia e non vi è indicazione a biopsia preoperatoria.

La chirurgia con preservazione dell’organo può costituire un’alternativa in casi altamente selezionati (come per malattia neoplastica bilaterale sincrona o metacrona o in un soggetto monorchide con normali livelli di testosterone) (1). In pazienti con malattia germinale extragonadica primitiva retroperitoneale, è necessaria la biopsia del didimo, ma deve essere la meno invasiva possibile e va biopsiato il testicolo con alterazioni del tipo atrofia, o ipotrofia. Nei casi di ecografia completamente nella norma si può impostare un follow-up ultrasonografico scrotale.

Laddove il paziente si presenti con malattia avanzata che metta in pericolo di vita a breve termine, l’orchifunicolectomia può essere posposta dopo l’esecuzione del primo ( o eccezionalmente) di due cicli di chemioterapia, ma va comunque condotta considerando che il testicolo è un santuario per quanto riguarda la risposta alla chemioterapia.

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La valutazione dei marcatori neoplastici (alfafetoproteina e HCG o beta subunità della HCG, LDH) deve essere disponibile al momento dell’orchifunicolectomia e deve essere ripetuta in maniera mandatoria per coloro che esprimono almeno un marcatore dopo l’intervento per definire il decadimento del marcatore, che per interventi radicali corrisponde a 5-7 giorni per l’alfafatoproteina e 1-2 giorni per beta-HCG (2). Lo staging va completato con TAC toracica ed addominale (comprendente la pelvi). In caso di seminoma stadio clinico I la TAC toracica può essere sostituita da radiografia del torace.

La valutazione dei linfonodi retroperitoneali è un punto cruciale nell’approccio a questa malattia. Il criterio convenzionale di assenza di linfonodi ingrossati all’imaging può risultare troppo generico. La TAC va esaminata da radiologi esperti in questa malattia per una maggiore definizione del reperto TAC (3-4).Per pazienti con testicoli normalmente discesi nello scroto, le aree d’interessamento linfonodale sono state chiaramente definite da studi anatomo-chirurgici (5). La cosiddetta “landing zone” per il testicolo sinistro è localizzata nell’area paraortica sinistra, definita medialmente dall’aorta, cranialmente dall’arteria renale sinistra, lateralmente dall’uretere ispilaterale, posteriormente dal muscolo psoas e caudalmente da una linea che passa a livello del carrefour aortico. Per i tumori originanti nell’emiscroto destro, la “landing zone” è più ampia, ed è rappresentata dalle aree linfonodali paraortiche destra ed iliache comuni, includendo la vena cava inferiore, definite medialmente dall’aorta, cranialmente dalla arteria renale destra, lateralmente dall’uretere destro, posteriormente dallo psoas e caudalmente da una linea che attraversa la biforcazione dei vasi iliaci comuni. Non è possibile ragionevolmente definire il volume di un linfonodo sicuramente “indenne”. La probabilità che un linfonodo alberghi cellule tumorali aumenta con l’aumentare del diametro trasversale del medesimo. Se si accetta un diametro massimo nella “landing zone” di 3 centimetri, i falsi positivi sono il 9.8% ed i falsi negativi il 46,7% (6). Nella pratica clinica, si può intendere una TAC addominale come

“negativa” se non si evidenziano linfonodi aumentati nella “landing zone” e non vi sono adenopatie oltre il centimetro nell’intero spazio retroperitoneale.

La Risonanza Magnetica e la PET non fanno parte al momento della stadiazione del tumore testicolare. L’analisi dello sperma è a raccomandarsi in tutti i pazienti. La criopreservazione va discussa con il paziente prima dell’orchifunicolectomia e va suggerita a pazienti che desiderino una paternità: il seme va criopreservato prima dell’inizio della chemioterapia o della terapia radiante o di chirurgia maggiore con significante rischio di infertilità (7).

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Bibliografia diagnosi

1) Haedenreich A, Weissbach L, Holtl W et al. German Testicular Cancer Study Group.

Organ sparing surgery for malignant germ cell tumor of the testis. J Urol; 2001;166:

2161-2165

2) Pizzocaro G, Nicolai N, Salvioni R, et al. Comparison between clinical and pathologicalstaging in low stage nonseminomatous germ cell testicular tumors. J Urol 1992; 148: 76-79

3) Albers P, Albrecht W, Algaba F, Bokemeyer C, Cohn-Cedermark G, Horwich A, Klepp O, Laguna MP, Pizzocaro G. Guidelines on testicular cancer . Eur Urol 2005;

48: 885-894

4) May M, Helke C, Nitzke T, Seehafer M, Vogler H, Hoschke B. Diagnostic value of tumor marker regression models in stage I marker-positive testicular cancer. Urol Int 2004; 73: 329-336

5) Donohue JP, Foster RS. Retroperitoneal lymphadenectomy in staging and treatment. The development of nerve sparing techniques. Urol Clin North Am 1998 ; 25: 461-468

6) Leibovich I, Foster RS, Kopecky KK, et al. Improved accuracy of computed tomography based clinical staging in low stage nonseminomatous germ cell tumor using size criteria of retroperitoneal lymph nodes. J Urol 195; 154: 1759-1763

7) Magelssen H, Haugen TB, von During V, Melve KK, Sandstad B, Fosså SD. Twenty years experience with semen cryopreservation in testicular cancer patients: who do need it? Eur Urol 2005; 779-785

Stadiazione clinica

La stadiazione secondo il TNM viene usata per definire lo stadio clinico di ogni paziente con tumore germinale testicolare (1). La condizione clinica definita stadio I include la presenza di una tumore germinale con nessuna evidenza di malattia clinica, radiologica o biochimica dopo l’orchifunicolectomia (2,3). Si definisce stadio clinico I S, l’assenza di malattia clinicamente o radiologicamente evidenziabile dopo l’orchifunicolectomia, ma con persistenza di marcatore elevato (alfafetoproteina/betaHCG).

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Con il termine di stadio II A s’identifica la situazione in cui vi è l’evidenza di linfadenopatie retroperitoneali/pelviche con masse non superiori a 2 centimetri nel diametro maggiore.

Si definiscono rispettivamente stadio II B e II C le situazioni in cui la/le masse retroperitoneali abbiano dimensioni fra 2 e 5 centimetri e > 5 centimetri, rispettivamente.

Per pazienti con malattia avanzata (oltre il retroperitoneo) la classificazione ancora in uso è quella dell’IGCCCG (International Germ Cell Consensus Classification Group) del 1997 che prende in considerazione l’istologia, i livelli plasmatici dei marcatori, la sede primitiva (gonadica o mediastinica) e le sedi metastatiche. La classificazione IGCCCG è riportata in Tabella 1.

Bibliografia per la stadiazione

1. American Joint Committee on Cancer (AJCC). AJCC Cancer Staging Manual 6th Edition.

Springer-Verlag, New York, 2002.

2.Pizzocaro G, Nicolai N, Salvioni R. Comparison between clinical and pathological staging in low stage nonseminomatous germ cell testicular tumors. J Urol 1992; 148: 76- 84

3. Albers P, Albrecht W, Algaba F. Guidelines on testicular cancer. Eur Urol 2005; 48: 885- 894.

4. International Germ Cell Cancer Consensus Classification. A prognostic factor-based staging system for metastatic germ cell cancers. International Germ Cell Cancer Collaborative Group. J Clin Oncol 1997;15: 594-603

Neoplasia intraepiteliale (TIN)

Si definisce TIN (testicular intraepithelial neoplasia) una lesione germinale pre-invasiva e tale definizione è impiegata come sinonimo sia carcinoma in situ (CIS) o neoplasia germinale intratubulare, anche se formalmente ciò è incorretto stante il fatto che la lesione non ha le caratteristiche del tumore. Viene abitualmente accettato il dato che TIN sia il precursore comune d’ogni tipo di tumore germinale (1,2), ma il rapporto fra il TIN e lo sviluppo di un cancro testicolare resta controverso. TIN viene diagnosticato all’esame istologico del testicolo e la diagnosi viene supportata da indagini immunoistochimiche:

PLAP (fosfatasi alcalina placentare) è di solido accettata come un buon marcatore di

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questa condizione patologica (3). Non abbiamo informazioni riguardanti la prevalenza del TIN nella popolazione di giovani adulti; in Danimarca (paese in cui è stata più estesamente studiata tale alterazione) si presume che la sua prevalenza sia dell’ordine di poco meno dell’1% (il che corrisponde approssimativamente alla percentuale di rischio di un giovane Danese di sviluppare una neoplasia del testicolo nell’arco della vita). (4)

TIN viene riscontrata nello 0,5%-1% dei maschi infertili (5), nel 2%-4% dei soggetti criptorchidi (6) e nel 5% di tutti i pazienti con una neoplasia controlaterale (che supera il 30% in caso di gonade controlaterale atrofica in età inferiore a 30 anni).I soggetti con neoplasia germinale extragonadica parimenti hanno un rischio di TIN che supera il 30%

(7).

La maggior parte dei dati epidemiologici sul TIN provengono da paesi del Nord Europa (Scandinavia) ove l’incidenza di neoplasia germinale del testicolo è molto più elevata che nel resto del mondo, ed è pertanto possibile che incidenza e/o comportamento biologico del TIN differiscano nelle diverse popolazioni. In effetti una ridotta incidenza di TIN è stata descritta in paesi dell’Europa del Sud: Tabernero e collaboratori hanno descritto un’incidenza attuariale di neoplasia invasiva di circa 1% (8) ed uno studio prospettico recente non ha mostrato sviluppo di neoplasia invasiva in un gruppo di sei criptorchidi con staining positivo per PLAP ad un follow-up di 12 anni. (9)

E’ stato da alcuni autori raccomandata la biopsia controlaterale al momento dell’orchifunicolectomia per escludere la presenza di TIN (2). La bassa incidenza di TIN nei paesi dell’Europa Meridionale unitamente alla potenziale morbilità della biopsia chirurgica (edema, ematoma, infezione) fa sì che non suggeriamo tale atto diagnostico in pazienti Italiani. In Scandinavia il rischio cumulativo riportato di sviluppare una neoplasia invasiva in pazienti con TIN (70% dopo 7 anni) (10) fa propendere per proporre tale biopsia solamente a pazienti motivati ed informati ed ad alto rischio di avere un TIN controlaterale.

Quando il TIN viene accidentalmente repertato in un testicolo studiato per altre ragioni (es.

infertiltà), l’orchiectomia sembra essere l’opzione migliore per preservare la fertilità del testicolo controlaterale che la radioterapia comprometterebbe.

Nel caso TIN venga repertata nella gonade controlaterale al momento della orchifunicolectomia per tumore esistono tre possibili opzioni: l’orchiectomia, la radioterapia (18-20 Gy in frazioni di 2 Gy per cinque sedute la settimana) sono in grado di offrire un trattamento eradicante per il TIN, ma ciò porterebbe a compromettere a la fertilità; la sorveglianza è una buona scelta soprattutto per quei giovani che desiderino una paternità

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e che abbiano una spermatogenesi residua sufficiente almeno per una fertilizzazione assistita. In questo caso un’ecotomografia scotale ogni tre mesi può essere scelta condivisibile. In caso di persistenza di TIN tali pazienti vanno trattati nella maniera dianzi esposta.

Bibliografia per TIN

1) Rajpert-De Meyts E, Giwercman A, Skakkebaek NE. Carcinoma in Situ of the Testis. A Precursor of Testicular Germ Cell Cancer: Biological and Clinical Aspects. In Vogelzang NJ, Scardino PT, Shipley WU, Coffey DS, editors. Comprehensive Textbook of Genitourinary Oncology. Second Edition, Baltimore, Lippincott Williams and Wilkins. 2000, pp 897-908

2) Hoei-Hansen CE, Rajpert-De Meyts E, Daugaard G & Skakkebaek NE. Carcinoma in situ of the testis, the progenitor of testicular germ cell tumours: a clinical review. Ann.

Oncol. 2005; 16:863-868

3) Giwercman A, Cantell L, Marks A. Placental-like alkaline phosphatase as a marker of carcinoma-in-situ of the testis. Comparison with monoclonal antibodies M2A and 43-9F.

APMIS. 1991;99:586-594

4) Giwercman A, Müller J, Skakkebaek NE. Prevalence of carcinoma in situ and other histopathological abnormalities in testes from 399 men who died suddenly and unespectedly J. Urol. 1991;145:77-80

5) Gouveia Brazao CA, Pierik FH, Oosterhuis JW, et al. Bilateral testicular microlithiasis predicts the presence of the precursor of testicular germ cell tumors in subfertile men. J.

Urol. 2004; 171:158-160

6) Giwercman A, Bruun E, Frimodt-Moller C, Skakkebaek NE. Prevalence of carcinoma in situ and other histopathological abnormalities in testes of men with a history of cryptorchidism. J. Urol. 1989;142:998-1002

7) Harland SJ, Cook PA, Fosså SD, et al. Intratubular germ cell neoplasia of controlateral testis in testicular cancer: defining high risk group. J. Urol. 1998; 160 1353-1357

8) Tabernero J, Paz-Ares L, Salazar R. Incidence of contralateral germ cell testicular tumors in South Europe: report of the experience at 2 Spanish university hospitals and review of the literature. J. Urol. 2004;171:164-167

9) Tavolini IM, Bettella A, Boscolo Berto R, Bassi P, Longo R, et al. Immunostaining for placental alcaline phosphatase on fine-needle aspiration specimen to detect noninvasive

(13)

testicular cancer: a prospective evaluation in cryptorchid men. BJU Intern.2006; 97: 950- 954.

10) Skakkebaek NE, Berthelsen JG, Müller J. Carcinoma in situ of the undescended testis.

Urol. Clin. North Am. 1982; 9:377-385.

Seminoma - Stadio I

La prognosi in questa situazione è ottima, con sopravvivenza attorno al 100%.Tre scelte possono essere proposte: la sorveglianza, la radioterapia e la chemioterapia.

Sorveglianza

Circa il 15%-20% dei pazienti con seminoma in primo stadio clinico sono portatori di metastasi subcliniche, quasi invariabilmente nel retroperitoneo. Una strategia di sorveglianza evita un sovra-trattamento in oltre l’80% dei pazienti, ma rende necessario un percorso costoso e stressante (per alcuni pazienti) di follow-up. Una meta-analisi retrospettiva di pazienti sottoposti a sorveglianza, ha permesso l’identificazione di fattori prognostici negativi come le dimensioni del tumore oltre i 4 centimetri di diametro e l’invasione della rete testis. Il rischio di ripresa di malattia è oltre tre volte superiore rispetto ai pazienti che non abbiano tali fattori clinico-patologici. Nessuna condizione è oggi in grado di predire un rischio di ricaduta uguale a 0%, infatti anche i pazienti senza invasione della rete e con tumori piccoli hanno un rischio di ricadere; tale rischio è dell’ordine del 6%-12%. (1,10).

Radioterapia

La terapia radiante adiuvante ai linfonodi paraortici e iliaci ipsilaterali (campo cosiddetto dog leg) è stato il trattamento del seminoma primo stadio per oltre sessanta anni. Con tale strategia il rischio di ricadute è dell’ordine del 1%-3% (1) e il tasso di cura globale sfiora il 100%.Tale trattamento è gravato comunque da una tossicità gonadica e dal rischio di sviluppare un secondo tumore non germinale (2).

Huddart (3) e Zagars (4) hanno riportato un rischio cardiovascolare associato a radioterapia sottodiaframmatica, ma in uno studio più recente, con un numero maggiore di pazienti ed un follow-up piu’ lungo, tale rischio si palesato solo in caso d’irradiazione del mediastino (metodica che non viene più impiegata nel primo stadio) (5).

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In base ai risultati di un grosso studio del Medical Research Council (MRC) – che confrontava la radioterapia paraortica (PA) verso la strategia dog leg, la Fosså (6) ed altri raccomandano la radioterapia solo alla sede paraortica (PA) come trattamento standard per pazienti affetti da seminoma primo stadio clinico, T1, T2 con normali vie di drenaggio linfatico (si ricorda che un’alterazione della via linfatica può essere causata da intervento per ernia, orchipessia o chirurgia scrotale). La radioterapia confinata alle stazioni PA è associata a ridotta tossicità gastroenterica, ematologia e gonadica, a fronte di un aumento del tasso di ricadute alla pelvi: la DFS a 3 anni è del 96 % nel braccio PA verso il 96,6%

nel braccio con campi a dog leg.

Uno studio multicentrico dello stesso MRC ha poi confrontato la dose ridotta di 20 Gy verso quella standard di 30 Gy (PA e dog leg possibili in entrambi i bracci) e non ha mostrato differenza in outcome in base alla dose erogata (7). Pertanto 20 Gy è attualmente la dose consigliata. Negli ultimi 20 anni le tecniche di radioterapia sono migliorate, la dose ed il volume si sono ridotti e si presuppone una ulteriore riduzione della tossicità a medio-lungo termine.

Chemioterapia

Un grosso studio di fase III randomizzato condotto dal MRC in collaborazione con l’EORTC ha confrontato la radioterapia verso un solo ciclo di Carboplatino AUC 7. Ad un follow-up di circa quattro anni la sopravvivenza libera da malattia è stata del 94,8% nel braccio chemioterapia verso il 95,9% nel braccio radioterapia (8). Con il ciclo unico di chemioterapia il periodo di trattamento si riduce nettamente , la tossicità acuta quasi annullata e si è osservato pure un rischio nettamente ridotto di sviluppare secondi tumori non germinali. Questi dati nel MRC/EORTC sono comunque gravati da un follow-up al momento ancora breve, anche se l’opzione carboplatino AUC 5 può e deve essere inclusa fra le scelte proponibili.

Il Gruppo Spagnolo per i Tumori Germinali (9), ha recentemente proposto un modello basato su fattori di rischio: due cicli di carboplatino nei pazienti ad alto rischio (tumore > 4 centimetri e/o invasione della rete testis) e sorveglianza in assenza di tali fattori prognostici. Con un follow-up mediano di tre anni il tasso globale di ripresa di malattia è stato del 3% e del 6% rispettivamente nel braccio chemioterapia e sorveglianza. La sopravvivenza stimata a 5 anni è del 100% in entrambi i bracci.

In conclusione vi sono tre opzioni ognuna delle quali va adattata al singolo caso clinico tenendo presente anche le preferenze del paziente.

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Conclusioni

Il trattamento radiante è tradizionalmente l’opzione maggiormente scelta per il seminoma primo stadio clinico.

Occorre tenere conto di precedenti interventi chirurgici scrotale prima di scegliere il campo più indicato. Nella pianificazione del trattamento radiante occorre di poi valutare la facilità dell’accesso geografico del paziente alla struttura più vicina. Nei pazienti a basso rischio la sorveglianza è una valida opzione. Nei pazienti ad alto rischio, la chemioterapia con il solo carboplatino è un’opzione giustificata, sebbene non disponga di dati di follow-up a lungo termine. Sorveglianza nel caso di paziente a rischio maggiore solo in strutture con competenza nel follow-up di pazienti con neoplasia del testicolo.

Al patologo è chiesto di fornire dettagli sulle dimensioni del tumore (4 cm pare essere dimensione critica per il rischio) e invasione della rete testis. Con tali semplici paramenti può essere impostata una terapia basata sul rischio.

Seminoma stadio IIA/B

Stadio IIA

Il trattamento standard del seminoma stadio IIA è la radioterapia alla dose di 30 Gy sulla regione paraortica e iliaca ipsilaterale (dog leg). Con tale trattamento a 6 anni la relapse- free survival è del 95% e la sopravvivenza globale prossima al 100%.(10)

Stadio IIB

Nello stadio IIB la radioterapia (30 Gy a campo dog leg più boost fno a 36-38 Gy) permette di ottenere una relapse-free survival del 89% (11). Tre cicli di chemioterapia secondo lo schema PEB o quattro cicli secondo lo schema PE sono valida alternativa particolarmente i pazienti con masse multiple o localizzate in prossimità del rene, anche se la tossicità acuta può essere talora peggiore di quella da radioterapia (12). Uno studio retrospettivo su 59 pazienti ha mostrato in pazienti con masse di oltre 3 centimetri un importante tasso di ricadute dopo radioterapia. Questo dato merita una conferma in trial prospettici (13).

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Bibliografia seminoma Stadio I e II

1 Warde P, Specht L, Horwich A, Oliver T, Panzarella T, Gospodarowicz M, von der Maase. Prognostic factors for relapse in stage I seminoma managed by surveillance: a pooled analysis. J Clin Oncol 2002;20:4448-4452.

2. Travis LB, Curtis RE, Storm H et al Risk of second malignant neoplasm among long- term survivors of testicular cancer J Natl Cancer Inst 1997; 89:1429-1439.

3 Huddart RA, Norman A, Shahidi M et al Cardiovascular disease as a long-term complication of treatment for testicular cancer, J Clin Oncol 2003;21:1513-1523.

4. Zagars GK, Ballo MT, Lee AK et al Mortality after cure of testicular seminoma J Clin Oncol 2004; 22:640-647

5. Fosså SD, Horwich A, Russell JM, et al., Optimal planning target volume for stage I testicular seminoma: a Medical Research Council randomized trial. J Clin Oncol 1999;17:1146–1154.

6. Taylor MB, Carrington BM, Livsey JE, Logue JP The effect of radiotherapy changes on sites of relapse in stage I testicular seminoma Clin Radiol 2001; 56: 116-119..

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Stadio I non seminoma

La prognosi dei pazienti con neoplasia nonseminomatosa in stadio I è ottima con sopravvivenza globale attorno al 99%. Pertanto l’obiettivo è divenuto in questi ultimi anni non tanto l’outcome, ma la tollerabilità dei trattamenti e gli effetti collaterali da terapia.

L’identificazione di fattori prognostici ha permesso lo sviluppo di trattamenti diversificati in base al rischio e sia chirurgia che chemioterapia sono state impiegate nel trattamento adiuvante di pazienti a rischio elevato con stadio clinico I, mentre la sorveglianza resta opzione prima in pazienti a basso rischio. Fino alla metà circa dei pazienti con stadio clinico I hanno malattia microscopica in maggior parte retroperitoneale ( medialmente 30%) Il principale fattore predittivo di ricaduta consiste nell’evidenza d’invasione tumorale vascolare (sia venosa che linfatica). Altri fattori identificati sono una preponderanza d’elementi di carcinoma embrionario nel tumore primitivo, elevata espressione di Ki67 misurato con MIB-1, e con minore forza d’evidenza presenza d’elementi di yolk sac tumor (1,2). A differenza del seminoma l’invasione della rete testis non riveste nel non seminoma alcun ruolo prognostico.

Il referto istopatologico deve comprendere dettagli riguardo alla invasione vascolare, la percentuale dei differenti istotipi, e l’estensione della malattia. Tale informazione permette di mettere in atto un trattamento adattato al rischio. La stratificazione attuale in vigore è molto semplice e basata sull’invasione vascolare o meno (linfatica e/o venosa).

Non seminoma stadio clinico Stadio I a basso rischio (assenza di invasione vascolare)

La sorveglianza può essere adottata come prima opzione. Con tale approccio il 78%-86%

dei pazienti non necessita di alcun ulteriore trattamento. In caso di ricaduta (quasi sempre nel retroperitoneo) durante sorveglianza, la chemioterapia (PEB) permette di ottenere una guarigione attorno al 100%. In caso di difficoltà ad impostare un follow-up clinico-

(18)

strumentale stretto, o per inaccettazione psicologica del paziente (spada di Damocle) può essere messa in atto chemioterapia adiuvante con due cicli di PEB ogni 21 giorni . Nessuna altra combinazione beve essere impiegata né numero diverso di cicli rispetto a 2.

Non abbiamo ancora informazioni adeguate infatti sulla reale efficacia di un solo ciclo di PEB in tale situazione. La linfadenectomia retroperitonale (RPLND) può essere un’opzione (una volta escluse sorveglianza e chemioterapia), ma deve essere condotta in un centro adeguato con grossa esperienza nel trattamento di neoplasie germinali. Nel basso rischio la incidenza di metastasi è del 20%, in particolare 15% a livello retroperitoneale e in un ulteriore 5% la ripresa avviene in sede extraddominale durante il follow-up (1,3-6).Il trattamento della malattia retroperitoneale viene descritto più oltre.

Non seminoma stadio clinico I ad alto rischio (presenza d’invasione linfatica)

La chemioterapia con due cicli di PEB ogni 21 giorni e la RPLND possono essere considerate opzioni di scelta, mentre in questo caso la sorveglianza costituisce una strategia solo laddove le prime due modalità siano per vari motivi improponibili. In caso di chemioterapia ci si può attendere un tasso di ricadute dell’ordine del 2-3%. Il salvataggio dei pazienti ricaduti è complesso (7,8). In caso di chirurgia retroperitoneale metastasi linfonodali sono riscontrate in circa il 35% ed un ulteriore 15% ricade durante il follow-up (1,3,6). Circa 80% delle ricadute occorrono nei primi 12 mesi di follow-up, 12% nel secondo anno e 6% nel terzo, scendendo a valori attorno all’1% nel quarto e quinto anno.

Eccezionali riprese di malattia a distanza maggiore (9) Circa un terzo dei pazienti con malattia in ripresa non ha marcatori neoplastici elevati. Se la RPLND viene eseguita senza valutazione dei rischio , circa il 20% dei pazienti hanno metastasi retroperitoneali ; in caso d’assenza di malattia vitale alla campionatura linfonodale retroperitoneale non oltre 10%

di questi pazienti è destinato a ricadere.

Tossicità dei trattamenti per lo stadio clinico I

Sorveglianza. I pazienti vengono seguiti con uno stretto follow-up il che può indurre difficoltà piscologiche , e così alcuni giovani pazienti corrono in rischio di non presentarsi con regolarità alle valutazioni programmate. I pazienti che ricadono dopo sorveglianza tendono a ricevere maggior chemioterapia (3 o 4 cicli di PEB) e anche chirurgia maggiore rispetto a coloro cui viene da subito impostato un programma di RPLND.(4,5,9). I pazienti

(19)

che vengano sottoposti a RPLND post-chemioterapia vanno incontro ad un maggior rischio di perdita della eiaculazione rispetto a coloro che vengono sottoposti d’embleé a RPLND monolaterale nerve sparing. Paradossalmente si può correre il rischio di osservare alla lunga maggior tasso di eiaculazione retrograda in pazienti con sorveglianza rispetto a coloro con trattamento attivo da subito. L’altro aspetto della questione è comunque con la sorveglianza nel basso rischio si evita un trattamento chirurgico o chemoterapico a quell’

80% che non ne avrà mai bisogno.

RPLND. La morbilità della RPLND anche in centri qualificati non è assente del tutto, anche se bassa. La mortalità legata a tale procedura è invece enormemente inferiore a quella che segue una chirurgia addominale generale e quasi anedottica. Il rischio di reintervento per complicanze acute post-chirurgiche è < 1% nei centri cosiddetti ad alto volume (elevato numero di pazienti con neoplasia germinale trattati). Il rischio d’eiaculazione retrograda è fra 1% e 2%, e resta comunque la necessità di un follow-up relativamente stretto e anche in questo caso i pazienti che dovessero ricadere riceveranno più chemioterapia di coloro cui la chemioterapia viene offerta dopo la orchifunicolectomia (6,11)

Chemioterapia adiuvante. Il 50% ed oltre dei pazienti ad alto rischio ricevono una chemioterapia inutile perché già guariti con la sola chirurgia sul testicolo. Sebbene sia oggi ben tollerata rispetto ad un tempo, tossicità severa può essere talora riscontrata a seguito di due cicli di chemioterapia (8) con PEB. Tossicità cardiovascolare a lungo termine, e così pure tossicità metabolica (metabolic syndrome) e secondi tumori sono argomenti di valutazione al momento (12). La percentuale di pazienti che ricade dopo chemioterapia adiuvante è modesta, ma comprende sia pazienti con vera malattia refrattaria, e teratoma (growing teratoma syndrome- GTS). Tali situazioni in specie la GTS necessitano di chirurgia specialistica.

Non seminoma stadio clinico I con marcatori positivi (stadio clinici I S)

Questi pazienti hanno malattia metastatica, sovente disseminata anche se “clinicamente invisibile”, e vanno trattati con chemioterapia in base alla categoria di rischio; di solito si

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configura il good risk (13). La RPLND rappresenta un’opzione secondaria in pazienti che non desiderino o non possano (evento estremamente raro) ricevere chemioterapia.

L’esplorazione chirurga del retroperitoneo può indubbiamente portare ad un’accuratezza maggiore di stadiazione, e la RPLND è in grado di dimostrare che oltre l’85% di tali pazienti ha malattia retroperitoneale nonostante la TAC negativa (14). In questi pazienti, se si assiste ad un ottimale decadimento dei marcatori, si può omettere la chemioterapia in toto o solo praticare due cicli . Va ricordato che prima di stabilire che un paziente abbia uno stadio I S occorre dare il tempo ai marcatori di assestarsi in base al tempo di dimezzamento che per l’alfafetoproteina è di 5-7 giorni e per la HCG di 48-72 ore.

Non seminoma stadio II A/B

Circa il 95-98% di questi pazienti è curabile. Una chiara distinzione viene fatta se vi è o meno produzione di marcatori.

Stadio clinico IIA/B marcatori negativi. Si tratta di una situazione abbastanza rara, ma non eccezionale e costituisce al momento forse la situazione più difficile. Si definisce stadio IIA marcatori negativi (anche se postivi prima dell’orchifunicolectomia) il caso in cui pur a fronte di dati bioumorali nella norma, alla TAC si nota la presenza di malattia retroperitoneale con diametro traverso massimo inferiore ai due centimetri. Possono essere prese in considerazione due ipotesi.

RPLND: dal 10% ad oltre il 40% di tali pazienti avrà linfonodi negativi all’esame istologico (1,15). In tali casi nessuna ulteriore terapia è indicata e il rischio di ricaduta è simile agli stadi I patologici (attorno al 10%).

Valutazione a breve termine: dal momento che non è possibile distinguere fra chi ha e chi non ha malattia metastatica si raccomanda un periodo di circa sei settimane prima di procedere ad un’ulteriore rivalutazione TAC e dei marcatori. Se le stazioni retroperitoneali mostrano un aumento delle dimensioni o i marcatori raggiungono valori patologici, va messa in atto una chemioterapia in base alla categoria di rischio per la malattia avanzata.

La PET non trova ragione di essere in stadio IIA, anche alla luce dell’incapacità di distinguere tessuto teratomatoso. Se alla rivalutazione le dimensioni delle lesioni retroperitoneali diminuiscono ( sempre a marcatori nella norma) il paziente viene assimilato allo stadio clinico I (1).

(21)

La chemioterapia in base alla classificazione IGCCCG può essere presa in considerazione in caso di carcinoma embrionale puro nel tumore primario e in tutti i casi in cui né la sorveglianza a breve termine né la RPLND possano essere perseguite.

Alcuni autori suggeriscono un’agobiopsia delle lesioni retroperitoneali ed in caso di presenza di cellule tumorali tre cicli di PEB.

Il panel degli estensori di queste linee guida non raccomandano tale approccio anche per la frequenza di falsi negativi e la relativa difficoltà ad eseguire l’indagine.

Stadio clinico IIA marcatori postivi e stadio clinico IIB

Si definisce non seminoma stadio clinico IIA marcatori positivi il caso in cui si abbia evidenza di lesioni linfonodali retroperitoneali del diametro massimo trasversale di 2 centimetri ed elevazione dei marcatori. Stadio IIB è dato dalla evidenza di lesioni retroperitoneali con diametro traverso > 2 e < 5 centimetri (1,3). (i casi di stadio IIB marcatori negativi sono molto rari e vanno assimilati nel trattamento agli stadi clinici IIA marcatori positivi). Dopo l’orchifunicolectomia i pazienti con stadio IIA marcatori postivi e stadio IIB sono candidati a 3-4 cicli di chemioterapia con schema PEB in base alla classificazione internazionale IGCCCG (16). Una restadiazione è da farsi dopo 3-4 settimane dal termine della chemioterapia e vanno pure ripetute le valutazioni dei marcatori alfafetoproteina, HCG, LDH (dopo ogni ciclo) e va ripetuta TAC toraco- addominale. Tale indagine d’imaging va valutata e discussa insieme da radiolologi e clinici (Urologo/Oncologo Medico) e confrontata con il dato precedente l’inizio del trattamento sistemico. I marcatori devono essere normalizzati. In rari casi di persistenza di marcatori (specie se in aumento) si raccomanda chemioterapia di salvataggio. Remissione clinica completa viene definita l’assenza di malattia alla TAC e normalizzazione dei marcatori e paziente inizia il follow-up. In caso di marcatori negativizzati e persistenza di residuo alla TAC la RPLND è mandatoria.

Non seminoma stadio patologico II

Dopo la chirurgia retroperitoneale, i marcatori si attendono negativizzati. ( e questo vale anche per i pazienti in stadio clinico I S). In caso contrario (molto raro in verità) ulteriore

(22)

chemioterapia va pianificata ( mai con lo stesso schema di prima linea). In casi peraltro eccezionali di pN3 o stadio IIC patologico) in cui vi siano grosse masse tumorali si suggerisce chemioterapia adiuvante e due-tre cicli potrebbe essere un’scelta, ma non vi sono dati sufficienti). In caso di piccoli depositi metastatici (stadi II/A e IIB patologici) sono possibili due opzioni:

Sorveglianza . Circa il 70% di questi pazienti sono guariti dalla sola chirurgia e il 30% che andrà incontro a ricaduta verrà al momento opportuno trattato con PEB. Questo atteggiamento va messo in atto in pazienti con buona “compliance” ad uno stretto follow- up. Con tale scelta di sola osservazione si evita chemioterapia a circa tre quarti dei pazienti (che non la necessiterebbero) (1,3,16,18).

Chemioterapia adiuvante. Due cicli di chemioterapia basata sul cisplatino (PEB) rappresenta lo standard . Tale scelta va preferita nei pazienti non complianti poiché evita controlli ravvicinati ed evita ulteriore chemioterapia quasi annullando le riprese di malattia.

(1,3,16,19,20).

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Malattia avanzata

I pazienti con malattia avanzata con stadio TMN uguale o superiore allo stadio IIC vengono classificati in base all’International Germ Cell Cancer Collaborative Group (IGCCCG), che è un sistema di stadiazione basato su fattori prognostici (vedasi Tabella 1).

In esso sono incluse tre categorie definite a buona, intermedia e cattiva prognosi. (1) Nel seminoma II C la chemioterapia è la prima opzione di trattamento considerando l’alto tasso di ricadute con sola radioterapia (dell’ordine del 20-30%) (2,3). Lo standard internazionale per i pazienti con seminoma metastatico consiste in tre o quattro cicli di PEB (cisplatino, etoposide e bleomicina). Il numero di cicli è definito dalla categoria di rischio in base alla classificazione IGCCCG. Per i seminomi esistono solamente la categoria a buona prognosi e intermedia, non configurandosi al momento una categoria di seminoma a cattiva prognosi.

Per i tumori non seminomatosi il trattamento di prima linea è costituito da tre o quattro cicli di PEB in base alla stadiazione IGCCCG (Tabella 1). Nel caso dei pazienti a buona prognosi il trattamento standard consiste in tre soli cicli di PEB. Simile efficacia è data anche da quattro trattamenti con solo Cisplatino ed Etoposide (PE). In caso i prognosi intermedia i cicli di PEB devono essere quattro e così pure nel caso di cattiva prognosi.

Quattro cicli di PEI (schema comprendente il cisplatino, l’etoposide e l’ifosfamide) hanno la stessa efficacia antitumorale di altrettanti di PEB, ma il trattamento risulta piu’ tossico e possono essere suggeriti solo nel caso in cui la bleomicina non sia indicata.. Nel caso di chirurgia sul torace maggiore le ultime due dosi di bleomicina vanno omesse (in totale 10 dosi) per diminuire il rischio di danno polmonare da tale farmaco. Si precisa comunque che lo standard prevede quattro cicli di PEB con bleomicina per dodici somministrazioni e

(25)

che l’etoposide deve essere somministrato alla dose di 500 mg/mq a cicli (cosiddetto PEB all’Americana). Nel caso di pazienti a buona prognosi può essere istaurata la opzione PEB-3 giorni ogni ventuno giorni consistente in cisplatino 50 mg/mq nei giorni 1 e 2, etoposide 165 mg/mq nei giorni 1-3 e bleomicina alla schedala standard (4,5). Come conseguenza di questa semplice schematizzazione in base all’IGCCCG il numero di cicli è determinato prima dell’inizio della terapia e non durante il trattamento stesso (salvo ovviamente aggiustamenti dovuti a tossicità). In nessun caso è indicato procedere oltre i quattro cicli di PEB .

Non esistono specifiche raccomandazioni per pazienti con performance status scadente (Karnosfki < 50%) o con massiva infiltrazione del fegato o polmonare bilaterale. Per mantenere la intensità di dose del programma ed evitare dilazioni del riciclo dovute a neutropenia, può essere presa in considerazione la somministrazione profilattica di G- CSF (6).

Malattia residua

In pazienti con seminoma avanzato la PET costituisce un’indagine valida per valutare il residuo tumorale (7,8). Tuttavia sebbene una PET negativa indichi una molto improbabile presenza di malattia tumorale, un’indagine positiva non si traduce in un’analoga probabilità di seminoma persistente (valore predittivo del risultato positivo non ottimale) (9).

In malattia non seminomatosa con masse residue e normalizzazione dei marcatori tumorali, la chirurgia del residuo è mandatoria (10,11). L’indagine PET non offre alcun valore aggiunto. Laddove il residuo imponga un trattamento sul polmone, i pazienti vanno valutati con particolare attenzione compresa l’esecuzione di spirometria con diffusione alveolare di ossigeno e durante l’intervento è necessario mantenere una concentrazione di ossigeno non superiore al 25%. Se all’esame istologico si rinviene solo necrosi o fibrosi non si procede con alcun ulteriore trattamento. In caso di presenza di cellule vitali (malattia peraltro completamente resecata – cioè remissione patologica chirurgica o pCR- due ulteriori cicli di chemioterapia contenente platino possono essere indicati in sottogruppi a cattiva prognosi come indicato da Fizazi recentemente (12,13): in particolare nel caso in cui la percentuale di cellule vitali sia < 10% e con malattia a cattiva prognosi alla diagnosi.

Non tutti gli autori concordano comunque su tale procedura.

(26)

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Pazienti ricaduti/refrattari

Il trattamento di salvataggio comprendente il cisplatino è in grado di ottenere remissioni a lungo termine in circa il 50% dei pazienti con seminoma che ricadano dopo la prima linea (1) e in circa 20%-50% in caso di non seminoma dipendentemente dalla presenza di fattori prognostici di rischio. Non vi è consenso riguardo alla stratificazione di rischio per pazienti refrattari o ricaduti dopo la prima linea di chemioterapia. Ciò ha determinato eterogeneità di risultati fra i vari autori. Secondi i criteri della Fosså i maggiori fattori prognostici negatici sono: intervallo dalla progressione inferiore ai due anni, non remissione completa con la prima linea di trattamento, elevato livello dei marcatori neoplastici (alfafetoproteina > 100 ng/ml o HCG > 100 UI). Nessuno dei pazienti con tutti i tre fattori prognostici negativi presenti è sopravvissuto (2) Secondo il Memorial Sloan Kettering Cancer Center i pazienti ricaduti con prognosi peggiore sono quelli con malattia extragonadica, ricaduti dopo sei cicli di cisplatino, senza precedente remissione completa e remissione parziale con marcatori negativi o quelli con durata della risposta inferiore a sei mesi (3).

I regimi di scelta per la malattia refrattaria/ricaduta sono PEI/VIP (cipslatino, etoposide, ifosfamide) o VeIP (vinblastina, ifosfamide, cisplatino) per quattro cicli o eguale numero di cicli di TIP (paclitaxel, ifosfamide, cisplatino). Quest’ultimo regime potrebbe essere preferibile nei pazienti a ricaduta con buona prognosi.

Una terapia di terza linea comprendente il cisplatino potrebbe essere proposta a coloro che in seconda linea avevavo mostrato sensibilità al trattamento. La chemioterapia ad alte dosi è stata a lungo impiegata nei pazienti con neoplasia germinale (4, 5). In caso di

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pazienti refrattari due cicli di chemioterapia ad alte dosi (cosiddetto tandem) appare come una possibile opzione con remissioni a lungo termine del 37% (escluso i casi di neoplasia germinale primitiva del mediastino) (6) . Una trattamento di late intensification dopo tre o quattro cicli di terapia standard non ha mostrato essere migliore della chemioterapia (7) La prognosi di pazienti con malattia cisplatino refrattaria (true refractory) è ominosa e regimi a base di cisplatino possono indurre remissioni a lungo termine in non più del 5%

dei casi. In tali pazienti sono state sperimentate nuove strategie di trattamento con nuovi farmaci come la gemcitabina, il paclitaxel e l’oxaliplatino (8,9,10,11). Non è al momento possibile raccomandare una schedula unica di trattamento di terza linea con questi farmaci. La malattia residua dopo seconda od ulteriore linea di trattamento deve andare incontro a resezione entro 4-6 settimane dopo normalizzazione dei marcatori o al momento del raggiungimento di un plateau dei medesimi. In caso di ripresa ulteriore dei marcatori dopo seconda/terza linea di terapia può e talquando deve essere presa in considerazione l’opzione chirurgia se fattibile in maniera radicale (circa 20% di tali pazienti possono giovarsi di tale trattamento (12).

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5. Rosti G, De Giorgi U, Salvioni R, et al. Salvage high-dose chemotherapy in patients with germ cell tumors: an Italian experience with 84 patients. Cancer; 2002; 95: 309-315

(29)

6. Vaena DA, Abonour R, Einhorn LH. Long-term survival after high-dose salvage chemotherapy for germ cell malignancies with adverse prognostic variables. J Clin Oncol;

2003;21: 4100-4104

7) Pico JL, Rosti G, Kramar A, et al. A randomised trial of high-dose chemotherapy in the salvage treatment of patients failing first –line platinum chemotherapy for advanced germ cell tumours. Ann Oncol; 2005; 16: 1152-1159

8) Hinton S, Catalano P, Einhorn LH, et al. Phase II study of paclitaxel plus gemcitabine in refractory germ cell tumors (E9897): a trial of the Eastern Cooperative Oncology Group. J Clin Oncol ; 2002; 20: 1859-1863

10). De Giorgi U, Rosti G, Aieta M, et al. Phase II study of oxaliplatin and gemcitabine salvage chemotherapy in patients with cisplatin-refractory nonseminomatous germ cell tumor. Eur Urol; 2006; 50:1032-1038

11) Kollmannsberger C, Beyer J, Liersch R, et al. Combination chemotherapy with gemcitabine plus oxaliplatin in patients with intensively pretreated or refractory germ cell cancer: a study of the German Testicular Cancer Study Group. J Clin Oncol; 22:108-114, 200412

12). P. Albers, A. Ganz, E. Hanning, W.D. Miersch and S.C. Muller, Salvage surgery of chemorefractory germ cell tumors with elevated tumor markers, J Urol; 2000; 164: 381–

384

Follow-up

Esistono ancora controversie sulla migliore strategia di follow-up nelle varie categorie di rischio e di stadio per pazienti con neoplasia germinale del testicolo. Non possono essere raccomandata fisse raccomandazioni al riguardo. L’intensità del follow-up deve essere modulata in base al rischio presunto di ricaduta (tenendo in considerazione stadio, fattori prognostici, trattamento ricevuto e istologia (1). Le seguenti considerazioni generali possono essere considerate nella pianificazione del follow-up. i risultati della terapia sono dipendenti dalla quantità e diffusione della malattia stessa, pertanto in soggetti a cattiva prognosi in remissione completa un follow-up stretto è giustificabile ; dopo RPLND, negli stadi primi ricadute addominali sono rare e tendono a preferire i polmoni. La TAC del torace deve essere eseguita poiché ha un valore predittivo molto superiore alla radiografia del torace. Va tenuto presnete che la maggioranza delle ricadute avviene nei primi 24

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mesi dal termine del trattamento. Pertanto i primi due anni sono quelli in cui il follow-up deve essere più stretto, poi controlli annuali quinto al quinto anno.(2). Negli ultimi anni sono emersi rapporti d’aumento di complicanze cardiovascolari, metaboliche, audiologiche e gonadiche in pazienti sopravvissuti a lungo termine largamente influenzate dal tipo di trattamento (3-5).Nel futuro monitoraggio a lungo termine (non è dato sapere quanto lungo) di tali complicanze va impostato specie per colore che hanno ricevuto un carico di cisplatino ed etoposide elevato. IGG ha recentemente creato un Working Group per definire linee guida di consenso sulle strategie di follow-up a lungo termine per questi pazienti.

Bibliografia follow-up

1- De Giorgi U, Tana S, Rosti G. Follow-up strategy of germ cell tumour patients. Ann Oncol; 2006; 17: 529-530

2- Albers P, Albrecht W, Algaba F. . Guidelines on testicular cancer. Eur Urol; 2005; 48:

885-894.

3- Fizazi K, Chen I, Logothetis CJ. Germ-cell tumor survivors: the price for cure. Ann Oncol; 2005; 13:187-189

4- Huddart RA, Norman A, Moynihan C et al. Fertility, gonadal and sexual function in survivors of testicular cancer. Br J Cancer; 2005; 93: 200-207

5- Sagstuen H, Aass N, Fosså SD, et al. Blood pressure and body mass index in long-term survivors of testicular cancer. J Clin Oncol; 2005; 23: 4980-4990

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Tabella 1

Classificazione IGCCCG

Prognosi Favorevole Sopravvivenza a 5 anni = 90%

Non-Seminoma Tumore primitive del testicolo o retroperitoneale e

bassi livelli dei marker e assenza di metastasi viscerali non polmonari.

"Bassi livelli dei marker": AFP < 1000 ng/ml, ß-HCG < 5000 IU/l e LDH < 1,5 x normale livello.

Seminoma

Qualunque localizzazione primitiva del tumore e livello dei marcatori e assenza di metastasi viscerali non polmonari.

Prognosi Intermedia Sopravvivenza a 5 anni = 75%

Non-Seminoma

Tumore primitivo del testicolo o retroperitoneale e intermedi livelli dei marker e assenza di metastasi viscerali non polmonari.

"Intermedi livelli dei marker": AFP 1000- 10000 ng/ml o ß-HCG 5000-50000 IU/l o LDH 1,5 – 10 x normale livello.

Seminoma

Qualunque localizzazione primitiva del tumore e livello dei marcatori e presenza di metastasi viscerali non polmonari (es. fegato, SNC, scheletro)

Prognosi Sfavorevole Sopravvivenza a 5 anni = 50%

Non-Seminoma

Tumore primitivo del mediastino o tumore primitivo del testicolo o retroperitoneale e alti livelli dei marker o presenza di metastasi viscerali non polmonari (es. fegato, SNC, scheletro)

"Alti livelli dei marker": AFP > 10000 ng/ml, ß-HCG > 50000 U/l o LDH > 10 x normale livello.

N.B.: Per il seminoma non esiste la classificazione a prognosi sfavorevole.

Riferimenti

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