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2

Modellazione della combustione di idrogeno in bruciatori

industriali

2.1

Introduzione

La fluidodinamica computazionale (CFD) è uno strumento che permette lo studio di sistemi che coinvolgono moto dei fluidi, scambi termici e fenomeni associati come le reazioni chimiche. Tale studio viene svolto con l’ausilio di codici di calcolo.

La CFD presenta dei vantaggi rispetto alla sperimentazione classica, in quanto consente di fare analisi e previsioni in tempi brevi costi minori; permette di eseguire lo studio di condizioni di flusso difficilmente riproducibili in laboratorio oppure di sistemi operanti in condizioni pericolose (analisi di rischio e scenari incidentali). Inoltre, il ricorso alle simulazioni numeriche consente di ottenere risultati ad alta risoluzione, in tempi molto minori e con costi ridotti rispetto alla tradizionale pratica sperimentale.

Ad oggi la CFD ha un ruolo chiave nell’ingegneria, ad esempio per l’ottimizzazione e lo sviluppo dei processi. Inoltre supporta e completa gli studi sperimentali e teorici. Ciononostante la CFD non può essere utilizzata in modo totalmente predittivo. I codici di calcolo si basano, infatti, su modellazioni e rappresentazioni semplificate delle realtà fisiche che, come tali, non garantiscono la validità assoluta del risultato. È quindi necessario affiancare alla CFD un adeguato studio sperimentale, al fine di accertare la correttezza del modello utilizzato, e verificare l’attendibilità dei risultati ottenuti.

• La CFD è potenzialmente applicabile a tutti quei processi fisici o chimico-fisici che coinvolgono il moto dei fluidi:

• Flusso di aria nei polmoni, di sangue nel cuore, arterie, vene (medicina) • Correnti oceaniche;

• Formazione di uragani;

• Dispersione di inquinati in atmosfera;

• Flussi attorno ad aeroplani, automobili, barche; • Pompe, compressori, turbine;

(3)

36 • Camere di combustione; • Cicloni; • Scambiatori di calore; • Cristallizzatori; • Reattori chimici…

2.2

Equazione di conservazione per flussi reagenti

I modelli matematici per lo studio del moto dei fluidi si fondano sulla cosiddetta ipotesi del continuo. Sulla base di tale ipotesi, un fluido viene considerato come un corpo continuo e non costituito da molecole in grado di collidere tra di loro o con corpi solidi. Ciò implica che il valore puntuale di una qualsiasi proprietà intensiva (densità, pressione, temperatura, velocità) è uguale al suo valore medio misurato in un volume elementare, δV , di fluido. Per la validità dell’ipotesi è necessario, tuttavia, che il volume di riferimento sia sufficientemente piccolo da poter essere considerato infinitesimo rispetto alle variazioni spaziali delle grandezze macroscopiche, ma grande abbastanza per contenere un numero di molecole sufficiente a rendere il valore di ciascuna grandezza statisticamente stazionario. Volendo definire, ad esempio, il valore della densità, ρ, in un punto P dello spazio, detto δV un volume di fluido di cui P è il baricentro e δM la massa di fluido in esso contenuto, si ha: 0 lim V M V δ δ ρ δ → = (2.1)

Lo studio del moto dei fluidi e dei fenomeni ad esso connessi, come lo scambio termico e le reazioni chimiche, è regolato dai principi di conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia, attraverso equazioni differenziali alle derivate parziali, che descrivono il comportamento di un volume infinitesimo di liquido sulla base dell’ipotesi del continuo.

Con riferimento ad un sistema di coordinate cartesiane e utilizzando, secondo la consuetudine tensoriale, la notazione di sommatoria, le equazioni di conservazione per flussi reagenti possono essere espresse come segue:

(4)

37 • Equazione di conservazione della massa totale:

0 i i u t x ρ ρ ∂ ∂ + = ∂ ∂ (2.2)

• Equazione di conservazione della massa delle singole specie chimiche:

k i k i i i k k w x J x u Y t Y  + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ρ ρ k =1,2,...,NC (2.3)

• Equazione di conservazione della quantità di moto:

j i ij j i i j j g x x p x u u t u ρ τ ρ ρ + ∂ ∂ + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ j=1,2,3 (2.4)

• Equazione di conservazione dell’entalpia specifica:

rad i j ij i i i i Q x u Dt Dp x q x hu t h +  ∂ ∂ + + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ τ ρ ρ (2.5)

Nelle equazioni (2.2)-(2.5) l’indice i indica una componente di un vettore tridimensionale (i=1, 2, 3), mentre k denota una specie chimica (k =1, 2,…, NC). Quanto al significato dei termini:

• ρ è la densità del fluido;

u è la velocità del fluido, i.e. u= + + ; u1 u2 u3

Y è il vettore delle frazioni massiche delle specie chimiche; • h è l’entalpia specifica del fluido;

NC è il numero di specie chimiche;

p è la pressione statica del fluido;

g rappresenta una forza di volume per unità di massa; • τ è il tensore degli sforzi viscosi;

k

J è il flusso diffusivo della specie chimica k; • q è il flusso diffusivo di calore;

wk è la velocità di reazione massica del componente k;

(5)

38

2.3

Equazioni costitutive

Il sistema di equazioni (2.2)-(2.5) non è determinato, poiché il numero delle incognite è maggiore di quello delle equazioni.

Risulta evidente, quindi, la necessità di scrivere delle equazioni costitutive per dare un’espressione alla pressione p, al tensore degli sforzi viscosi τ , al flusso diffusivo delle singole specie chimiche k

J e al flusso termico diffusivo q.

Poiché i fluidi di lavoro nei processi di combustione considerati sono gas, è possibile, con buona approssimazione, ritenere valida la legge di stato dei gas perfetti e attraverso l’equazione di Dalton si può quindi ricavare un’espressione della pressione come somma delle pressioni parziali dei singoli componenti pk:

cRT RT c p p C C N k k N k k

= = = = = 1 1 (2.6)

dove R è la costante universale dei gas, T è la temperatura, ck e c sono rispettivamente la concentrazione della singola specie chimica e della miscela gassosa totale.

Nell’ipotesi di poter ritenere il fluido newtoniano, il tensore degli sforzi viscosi è espresso dall’equazione di Newton:

      ∂ ∂ −         ∂ ∂ + ∂ ∂ = i i ij i j j i ij x u x u x u µδ µ τ 3 2 (2.7)

dove µ è la viscosità del fluido e δij è il simbolo di Kronecker.

Il flusso di materia delle specie chimiche k

J generalmente si esprime attraverso la legge di Fick: i k k k i x Y Sc J ∂ ∂ − = µ (2.8)

dove Sck è il numero di Schmidt della singola specie chimica, espresso come: k k D Sc ρ µ = (2.9)

in cui Dk è la diffusività molecolare della singola specie k nella miscela. La legge di

Fick è molto utilizzata perché permette di semplificare le equazioni di bilancio. In questo modo però la somma delle frazioni massicche delle specie chimiche Yk risulta

(6)

39 diversa da 1. Per risolvere tale inconveniente si sceglie un componente, generalmente N2, e si calcola la sua frazione massica come:

2 1 1 1 C N N k k Y Y − = = −

(2.10)

Il flusso termico q può essere espresso come: 1 Pr 1 Pr C N k i k k i k i Y h q h x Sc x µ = ∂   ∂  = − + ∂ 

 (2.11)

dove Pr rappresenta il numero di Prandtl, definito come:

λ µ p c = Pr (2.12)

in cui cp è il calore specifico a pressione costante e λ è la conducibilità termica della

miscela.

Si può introdurre, a questo punto, il numero di Lewis, definito come:

k p k k D c Sc Le ρ λ = = Pr (2.13)

che rappresenta il rapporto tra il trasporto diffusivo di calore e di materia della specie k. Supponendo che si possa considerare pari a 1, l’equazione (2.11) diventa:

i i x h q ∂ ∂ − = Pr µ (2.14)

Inoltre, nella maggior parte dei problemi di combustione, è possibile trascurare le variazioni di pressione e gli effetti delle forze viscose e di volume. Sotto tali ipotesi e nel caso in cui si possa ritenere Qrad =0, le equazioni (2.3) e (2.5) risultano

formalmente identiche.

2.4

Risoluzione delle equazioni di conservazione

Le equazioni (2.2)-(2.5) vengono generalmente indicate come equazioni di Navier-Stokes e la loro soluzione diretta (DNS1) è possibile solo nel caso di flussi con bassi

numeri di Reynolds. Tale condizione non si verifica, però, nei casi in esame trattandosi essi di flussi turbolenti. La DNS necessita di una discretizzazione spaziale

(7)

40 e temporale tale da risolvere modo tutti fenomeni in gioco. Nel caso di flussi turbolenti devono essere risolti i vortici di più piccola scala (scala di Kolmogorov, vedi teoria della cascata di energia in Richardson 1922, Pope 2001), e ciò rende rende computazionalmente proibitiva la DNS già a numeri di Reynolds di poche migliaia. La DNS applicata a flussi reagenti, inoltre, è particolarmente complessa per via della forte non-linearità dei termini di generazione delle specie chimiche, e all’esistenza di scale spaziali e temporali molto più piccole rispetto a quelle tipiche del campo di moto.

Nell’ambito delle applicazioni ingegneristiche si fa, quindi, riferimento ad una risoluzione semplificata delle equazioni di Navier-Stokes, basata su loro filtraggio (LES2) oppure su medie spaziali e temporali (RANS3 o FANS4).

2.5

Equazioni di Navier-Stokes mediate secondo Favre

I processi di combustione sono caratterizzati da forti variazioni di densità. Tale caratteristica deve essere considerata nella descrizione solita di un flusso turbolento, utilizzando le medie temporali. Questo si fa introducendo la cosiddetta media di Favre:

ρ ρf

f = (2.15)

dove la grandezza f può essere decomposta in una media e una fluttuazione:

'' f f

f = + (2.16)

Moltiplicando la (2.16) per la densità e mediando si ottiene:

(

''

)

'' '' f f f f f f f ρ ρ ρ ρ ρ ρ = + = + = + (2.17) Applicando la (2.15) si ottiene: 0 '' = f ρ (2.18)

Applicando, a questo punto, la (2.15) alle equazioni (2.2)-(2.5) si ottiene: • Equazione di conservazione della massa totale:

2 Large Eddy Simulation

3 Reynolds-averaged Navier Stokes 4 Favre-averaged Navier Stokes equations

(8)

41 0 = ∂ ∂ + ∂ ∂ i i x u t ρ ρ (2.19)

• Equazione di conservazione della massa delle singole specie chimiche:

k i k i i i k i i k k w x J x u Y x u Y t Y  + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ '' '' ρ ρ ρ 1, 2,..., C k= N (2.20)

• Equazione di conservazione della quantità di moto:

j i ij j i i j i i j j g x x p x u u x u u t u ρ τ ρ ρ ρ + ∂ ∂ + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ '' '' 1, 2, 3 j= (2.21)

• Equazione di conservazione dell’entalpia specifica:

rad i j ij i k i i i i i Q x u Dt p D x J x u h x u h t h  + ∂ ∂ + + ∂ ∂ − ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ τ ρ ρ ρ '' '' (2.22)

A questo punto, il problema risulta essere non chiuso, in quanto a fronte di 5+k equazioni, si hanno oltre alle (5+k) grandezze medie incognite ρ , uj , h e Yk ,

anche dei termini aggiuntivi non determinati. Occorre quindi esprimere tali termini in funzione delle grandezze medie per rendere “chiuso” il problema. Tali termini sono:

• Il tensore degli sforzi (stress) di Reynolds, '' ''

i

ju

u , espresso utilizzando i modelli di turbolenza (Pope 2001).

• I flussi turbolenti di materia, '' ''

i

ku

Y , e di calore, h''ui'' . Questi termini sono generalmente modellati ricorrendo all’ipotesi del trasporto del gradiente:

i k t k t i k x Y Sc u Y ∂ ∂ − = µ ρ '' '' (2.23) i t t i x h u h ∂ ∂ − = Pr '' '' µ ρ (2.24)

dove µ è la viscosità turbolenta, valutata a mezzo del modello di turbolenza, t

mentre Sckte Prt rappresentano, rispettivamente, il numero di Schmidt

(9)

42 • I flussi molecolari di materia, k

J , e di calore, q. Nel caso di elevati numeri di Reynolds, questi termini sono generalmente trascurabili rispetto a quelli di trasporto turbolento.

• La velocità di reazione delle specie chimiche, wk , valutate con opportuni

modelli di combustione (Poinsot e Venante, 2001; Parente, a.a. 2003-2004; Lenzi, a.a. 2004-2005).

• Il flusso di calore radiante, Qrad , valutato con i modelli di radiazione (Modest,

2003).

2.6

Modelli di combustione

Il termine che esprime la velocità di reazione delle specie chimiche wk rappresenta

un problema chiave nella modellazione dei flussi reagenti, poiché è una funzione fortemente non lineare della temperatura. I modelli di combustione sono utilizzati proprio per esprimere wk. Si faccia riferimento a Poinsot and Veynante (2001) o

Peters (2000).

Concettualmente, infatti, tale parametro dipende da: • Efficienza di miscelamento dei reagenti. • Cinetica di reazione vera e propria.

L’importanza relativa dei due fenomeni è valutabile con il numero di Damkhöler:

turb chem

Da τ

τ

= (2.25)

dove τturb e τchem sono rispettivamente i tempi del miscelamento turbolento e della

cinetica chimica. Esistono modelli sviluppati per cinetica delle reazioni di combustione infinitamente veloci (Da>>1). In questo caso il fenomeno controllante

la velocità globale del processo di combustione è il miscelamento turbolento (Modello Eddy Break-up). La velocità di reazione media, wk , è presa proporzionale al

(10)

43 Magnussen e Hjertanger (1976) hanno sviluppato un modello (Eddy Dissipation) che è un estensione del modello Eddy Break-up applicato alle fiamme non premiscelate (Tesi di laurea Lenzi a.a. 2004-2005).

Esistono alcune varianti del modello Eddy Dissipation che permettono di considerare gli effetti di una cinetica non infinitamente veloce (Eddy Dissipation/Finite Rate Chemistry). Questo approccio è valido solo nel caso di elevati numeri di Reynolds (Re>>1) e bassi numeri di Damkhöler (Da≈1).

Il modello Eddy Dissipation/Finite Rate Chemistry calcola sia una velocità di miscelamento in modo simile al modello Eddy Dissipation (quindi proporzionale a

/

k ε ) sia una velocità di cinetica chimica da correlazioni di tipo Arrhenius e confronta le due. La velocità di reazione effettiva è presa essere uguale alla minore delle due velocità. Nel caso di meccanismi di reazioni costituiti da più steps, il confronto viene effettuato per ogni step di reazione. Le prestazioni del modello risultano numericamente instabili nel caso di un numero di steps di reazione maggiore di 3-4.

2.7

Modello di radiazione

La valutazione del flusso di calore radiante, Qrad , assorbito ed emesso da una

fiamma risulta particolarmente importante nella simulazione numerica della combustione turbolenta. È noto, infatti, che la radiazione costituisce il meccanismo di scambio termico dominante nelle applicazioni di combustione, a causa delle elevate temperature in gioco.

Teoricamente, Qrad potrebbe essere calcolato dalla conoscenza della distribuzione di

temperatura nel sistema in esame. Tuttavia la temperatura costituisce un’incognita del problema e viene fornita come risultato delle simulazioni numeriche. Di conseguenza, il calcolo dello scambio termico radiativo risulta accoppiato alla risoluzione dell’equazione di bilancio energetico.

(11)

44 • Metodo delle armoniche sferiche: detto anche metodo PN, in cui l’equazione di

trasporto dell’energia termica radiante (RTE5) viene semplificata esprimendo

l’intensità della radiazione emessa, Iv, come una serie di prodotti di funzioni

angolari e spaziali.

• Metodo delle ordinate discrete: o metodo SN, anch’esso basato sulla dipendenza

angolare dell’intensità della radiazione emessa, in cui viene discretizzato l’intero angolo solido Ω, utilizzando un numero finito di direzioni, a ciascuna delle quali è associato un fattore peso.

• Metodo a zone: basato sulla suddivisione del sistema in un numero finito di superfici e volumi all’interno dei quali la temperatura e le proprietà radiative si considerano costanti.

• Metodo Monte Carlo: metodo puramente statistico, che simula le interazioni tra i fotoni, responsabili del trasporto dell’energia radiante, e l’ambiente che li circonda. Il metodo Monte Carlo può fornire soluzioni che si avvicinano molto a quella esatta della RTE, anche se è soggetto a fluttuazioni statistiche e a tempi computazionali molto elevati.

Inoltre occorre disporre di modelli per la determinazione delle proprietà radiative del mezzo (emissività, assorbività…). La RTE evidenzia che l’intensità della radiazione, Iv, varia nello spettro delle frequenze. Per cercare di valutare tale di

pendenza, problema molto complesso, si fa ricorso ai modelli spettrali:

 Gray: le proprietà radiative del mezzo si suppongono costanti in tutto lo spettro.

 Weighted Sum of Gray Gases (WSGG): le proprietà vengono calcolate come somma pesata delle proprietà di N gas grigi, che hanno proprietà radiative costanti.

 Multiband: suddivide lo spettro in N bande di ampiezza finita all’interno delle quali le proprietà radiative possono essere considerate quasi costanti e mediate senza perdita di accuratezza.

(12)

45

2.8

Struttura di un codice di calcolo CFD

I principali elementi che compongono un codice di calcolo sono: • Il modello matematico;

• Il modello numerico; • L’algoritmo di risoluzione; • I criteri di convergenza.

2.8.1 Il modello matematico

Il modello matematico è costituito dalle equazioni differenziali, dalle relazioni costitutive e dai modelli di turbolenza, di combustione e di radiazione impiegati per la rappresentazione del sistema fisico considerato. La scelta del modello matematico non è univocamente determinata, ma deve essere effettuata caso per caso, in base al problema in esame.

Per avere una soluzione del modello matematico che sia il più verosimile possibile, inoltre, è necessario determinare le condizioni al contorno delle equazioni di Navier-Stokes. I contorni di un dominio di calcolo possono essere di cinque tipi: Inlet, contorni con flusso entrante, in cui devono essere assegnate portata, velocità, temperatura e composizione del fluido, mentre i flussi diffusivi sono posti a zero o opportunamente approssimati; Outlet, contorni con flusso uscente, in cui, di solito, non sono note le caratteristiche del flusso uscente e viene quindi assegnato il valore della pressione sul confine; Wall, contorni non interessati dal passaggio di fluido, in cui devono essere specificate le condizioni di parete (no slip, free slip) e i flussi di calore (conduzione, convezione, irraggiamento); Symmetry, si applica ad un piano in cui la velocità ad esso normale si pone pari a zero e i gradienti delle grandezza scalari normali alla parete sono posti uguali a zero; Opening, in base alle condizioni normali di pressione il codice valuta se si ha ingresso o uscita dal boundary.

(13)

46 2.8.2 Modello numerico

La risoluzione delle equazioni differenziali utilizzate viene fatta numericamente, sfruttando il concetto di discretizzazione: esso consiste nel definire dei punti, nodi, all’interno del dominio di calcolo in cui valutare tutte le grandezze incognite. Nel Metodo ai Volumi Finiti (FVM) i nodi individuano il centro dei volumi, celle, in cui è suddiviso il dominio di calcolo. L’insieme di nodi e celle costituisce la griglia di calcolo. Esistono tre diversi tipi di griglia:

• Griglie strutturate cartesiane: formate da famiglie di rette parallele mutuamente ortogonali tra loro. In questo modo si identificano, univocamente, i volumi di controllo, dati dall’intersezioni di tali rette e individuati da una terna di indici (i,j,k). In questo modo il dominio risulta costituito da un insieme di rettangoli bidimensionali e parallelepipedi tridimensionali. In realtà, però, le griglie strutturate sono poco flessibili.

• Griglie strutturate curvilinee: analoghe alle cartesiane ma caratterizzate da più blocchi contigui, questo consente una maggiore flessibilità geometrica, ma anche un maggior costo computazionale.

• Griglie non strutturate: il dominio è suddiviso in elementi di forma arbitraria (tetraedri, esaedri), che rendono tale configurazione la più adatta alle geometrie più complesse di interesse industriale. Tali elementi possono essere addensati nelle zone di maggiore interesse. Lo svantaggio è dato dall’elevato costo computazionale e dalla maggiore complessità nell’implementazione. In generale, il calcolo risulta più accurato all’aumentare dell’accuratezza della griglia utilizzata. Bisogna fare attenzione però a non utilizzare sistemi troppo dettagliati e fini perché questo comporta un aumento, anche notevole, dei tempi computazionali e può compromettere il buon esito della soluzione. Il primo passo da fare è quindi quello di trovare il miglior accordo possibile tra la definizione della griglia e il costo computazionale.

(14)

47 2.8.3 Algoritmo di risoluzione

La trasformazione delle equazioni differenziali dalla forma continua a quella discreta ha come risultato finale l'ottenimento di un sistema di equazioni algebriche in cui le incognite sono i valori delle grandezze di interesse nei nodi. Il sistema da risolvere può essere indicato come:

b

Aϕ= (2.26)

dove A è la matrice dei coefficienti, b è il vettore dei termini noti ϕ è il vettore delle incognite. Il sistema (2.26) viene risolto con un opportuno metodo iterativo che produce una sequenza di vettori n

ϕ convergenti al vettore ϕ del sistema iniziale.

2.8.4 Criteri di convergenza

Il metodo più comune per valutare la convergenza di una simulazione numerica è monitorare l’andamento dei residui, definiti come:

n n

A b

r = − ϕ (2.27)

In genere i criteri di convergenza vengono applicati ai residui normalizzati: ϕ ∆ = P n n a r r~ (2.28)

dove aP è un coefficiente caratteristico del volume di controllo considerato e ϕ∆

indica l’intervallo di variabilità di ϕ nel dominio. Una soluzione si considera convergente se le componenti del vettore n

r sono tutte inferiori ad un valore prefissato, che nelle applicazioni ingegneristiche corrisponde a 5

1 10−

⋅ .

2.9

Il codice di calcolo CFX-5.7

Il codice di calcolo CFX-5.7 è un codice di calcolo CFD commerciale, ampiamente utilizzato nell’industria per l’analisi termofluidodinamica di sistemi complessi.

Il codice è costituito da un insieme di moduli (Figura 2.1) che consentono di effettuare un efficiente pre e post-processamento del problema con un interfaccia utente di tipo user-friendly.

(15)

48

ICEM-CFX

Mesh Generation Software

CFX-Pre Physics Pre-Processor CFX-Solver Solver CFX-Post Post-Processor

Figura 2.1 – Struttura modulare del codice di calcolo CFX – 5.7

Il preprocessore, CFX-Pre, permette di importare griglie (anche multiple), realizzate con il software ICEM-CFX. In tal modo si può scegliere, per ciascuna sezione, la griglia di calcolo più adatta a caratterizzazione localmente il sistema. In base alle caratteristiche del sistema in esame, è possibile scegliere tra mesh tetraedriche, prismatiche ed esaedriche, strutturate6 (geometrie semplici) e non strutturate

(geometrie complesse). Come già detto, la scelta della griglia di calcolo è fondamentale per la buona convergenza della soluzione.

L’interfaccia grafica avanzata del software CFX-Pre permette di definire, con semplicità, i modelli fisici e le condizioni al contorno necessarie alla caratterizzazione del problema oggetto di studio. In Tabella 2.1 si riporta una quadro riassuntivo dei tipi di flusso che possono essere simulati e dei modelli fisici disponibili nel codice di calcolo CFX 5.7. Le condizioni al contorno utilizzabili e i parametri richiesti per la loro definizione sono, invece, elencati in Tabella 2.2.

(16)

49

Tabella 2.1 – Tipi di flusso e modelli fisici disponibili nel codice di calcolo CFX 5.7

Stazionario / Transitorio Laminare / Turbolento

Subsonico / Transonico / Supersonico Monofase / Multifase

Isotermo / Non isotermo Inerte / Reattivo

Fluidi Newtoniani / Non Newtoniani Tipo di flusso

Sistemi di riferimento stazionari / Non stazionari Zero Equation k-ε, RNG k-ε k-ω RSM LES, Modelli di turbolenza DES Funzioni di parete Flusso alla parete

Modelli a basso numero di Reynolds Eddy Dissipation

Finite Rate Chemistry

Eddy Dissipation / Finite Rate Chemistry Modelli di combustione

Flamelet Metodo Rosseland

Metodo delle armoniche sferiche Metodo del trasferimento discreto Modelli di radiazione

(17)

50

Tabella 2.2 – Condizioni al contorno disponibili nel codice di calcolo CFX 5.7 e parametri richiesti per la loro definizione.

Velocità / Portata / Pressione statica Direzione del flusso

Temperatura Ingresso (Inlet)

Composizione

Uscita (Outlet) Pressione statica / Velocità / Portata Velocità alla parete

Rugosità

Scambio termico conduttivo Parete (Wall)

Scambio termico per irraggiamento Pressione statica / Velocità

Direzione del flusso Temperatura Pareti “aperte” (Opening)

Composizione

Piani di simmetria -

Il codice CFX 5.7 si serve di un solutore avanzato, CFX-Solver, di tipo multigrid. Ciò implica che le equazioni discretizzate vengono risolte, inizialmente, su una griglia più fine e, quindi, su griglie virtuali sempre più grossolane, all’aumentare del numero di iterazioni (Figura 2.2Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Questo approccio permette di ridurre in modo significativo la velocità di convergenza e il tempo di elaborazione (CPU Time). Quanto alla procedura di risoluzione (Figura 2.3Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.), le equazioni algebriche vengono prima linearizzate e, quindi, risolte con un approccio di tipo coupled, in cui le equazioni idrodinamiche (per la pressione e le componenti di velocità) vengono considerate come appartenenti ad un unico sistema.

Il post-processamento dei risultati dalle simulazioni numeriche viene realizzato con il postprocessore CFX-Post. Esso consente di visualizzare facilmente la distribuzione delle variabili di interesse nel dominio oggetto di studio attraverso la generazione di

(18)

51 contour plot, vector plot, grafici e filmati, oltre logicamente a permettere l’esportazione numerica dei dati in files di tipo testo.

(19)

52

(20)

53 1Equation Section 2... 34

(21)

54

2 Modellazione della combustione di idrogeno in bruciatori industriali... 35

2.1 Introduzione... 35

2.2 Equazione di conservazione per flussi reagenti... 36

2.3 Equazioni costitutive... 38

2.4 Risoluzione delle equazioni di conservazione ... 39

2.5 Equazioni di Navier-Stokes mediate secondo Favre... 40

2.6 Modelli di combustione ... 42

2.7 Modello di radiazione ... 43

2.8 Struttura di un codice di calcolo CFD... 45

2.8.1 Il modello matematico... 45

2.8.2 Modello numerico... 46

2.8.3 Algoritmo di risoluzione... 47

2.8.4 Criteri di convergenza... 47

Figura

Figura 2.1 – Struttura modulare del codice di calcolo CFX – 5.7
Tabella 2.1 – Tipi di flusso e modelli fisici disponibili nel codice di calcolo CFX 5.7
Tabella 2.2 – Condizioni al contorno disponibili nel codice di calcolo CFX 5.7  e parametri richiesti per la loro definizione
Figura 2.2 - Trasformazione della griglia di calcolo nel corso della soluzione
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