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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

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Il Principato di Lucca al tempo dei Baciocchi

1.1 Criteri

di

governo

Proclamato nel 1804 l’Impero, Napoleone diede subito vita ad una politica dinastica che assegnò ai suoi parenti più stretti le più alte cariche e il controllo dei propri domini.

Elisa, sua sorella prediletta, che era sposata dal 1797 con un esponente di una nobile famiglia corsa, Felice Baciocchi, fu insignita del titolo di Principessa e Altezza Imperiale e il 17 marzo 18051 Napoleone le assegnò il Principato di Piombino. Il 24 giugno seguente2, l’Imperatore decise di affidarle anche il governo della vecchia Repubblica di Lucca, dove Elisa entrò insieme al marito il 14 luglio, insediandosi inizialmente nel palazzo Buonvisi, detto d’inverno, in via Fillungo, per spostarsi qualche mese dopo nell’ex Palazzo Pubblico.

Costituzionalmente, l’atto del 1805 che lo stesso Napoleone aveva chiamato Constitution de la République de Lucques garantiva una qualche libertà che ricordava la vecchia repubblica, ma, di fatto, il regime dei Baciocchi fu molto personale e assoluto.

Elisa si dedicò comunque al Principato di Lucca con dedizione particolare cercando di dare ad esso un’immagine che rispecchiasse la magnificenza della sua corte. Fu per questo che, fin da subito, si impegnò nell’attuazione di riforme e interventi volti a rendere Lucca funzionale al ruolo di rappresentanza. La Principessa istituì nel 1811 una Commissione di lavori che si occupasse dei principali interventi sul tessuto urbano, dalla costruzione

1 MANCINI, 1975, p. 297.

2 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 11 del 24 giugno 1805,

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dell’acquedotto all’apertura di piazza Napoleone e di Porta Elisa come nuovo accesso alla città. Il suo intento era quello di trasformare progressivamente Lucca sulla base dei modelli internazionali.

Elisa pose mano anche alla preparazione dei nuovi codici lucchesi e avrebbe studiato apposta per il Principato leggi ispirate ai modelli francesi, adattandole alle tradizioni e all’indole del paese, se Napoleone non avesse deciso di imporre il Codice già vigente nell’Impero.

Le maggiori benemerenze del governo dei Baciocchi furono nell’assistenza, nella beneficenza e nell’istruzione. Elisa si rese artefice dell’unificazione delle opere ospitaliere con il riordinamento dell’ospedale di S. Luca, dello sviluppo di istituti di assistenza, del brefotrofio, del ricovero per gli invalidi e dell’ospizio per i sacerdoti vecchi e poveri. Si dedicò, inoltre, alla completa trasformazione del sistema carcerario in rapporto anche al rinnovamento dei provvedimenti e delle leggi penali e il nuovo carcere fu trasferito nel già convento di S. Giorgio.

Fu diffusa ampliamente la cultura, con l’imposizione dell’istruzione primaria obbligatoria e la creazione dell’Istituto Elisa e del Collegio Felice per le figlie e i figli di famiglie benestanti e l’affidamento dell’istruzione femminile professionale alla Congregazione delle Suore di S. Felice. Fu inoltre curata l’istruzione superiore, aperta la Biblioteca di S. Frediano e rinnovata l’Accademia degli Oscuri che prese il nome di Accademia Napoleone e si rivolse a studi di storia patria.

1.2 La politica ecclesiastica

Per un’opera di rinnovamento così vasta e per le stesse esigenze della corte imperiale fu necessario un finanziamento adeguato. I beni ecclesiastici rappresentavano circa un terzo della ricchezza fondiaria del Paese e per questo motivo fu subito messa mano ad esso. Anche in questo caso, Elisa dovette abbandonare i progetti personali che l’avrebbero portata a prendere accordi segreti con Pio VII, per cedere alle direttive di Napoleone che, con decreto del 30 marzo 1806, dava alla sorella l’autorizzazione di riformare gli ordini

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monastici come le comunicò da Parigi, il giorno dopo, in un biglietto confidenziale3.

Elisa si oppose sin da subito a questa iniziativa e cercò di dissuadere l’Imperatore da un tale abuso sui beni della Chiesa. Solo dopo un cospicuo scambio di lettere, riuscì a convincere il fratello a dimezzare il patrimonio da indemaniare e mettere in vendita. La nuova decisione venne ancora una volta riferita alla Principessa con una lettera privata datata 28 aprile 18064.

L’11 aprile fu emesso il decreto con cui si ordinava l’apposizione dei sigilli a tutti gli archivi delle comunità religiose e l’inventariazione dei beni mobili e del denaro trovati5. Per l’incameramento dei beni fu appositamente istituita la Direzione Generale del Domanio con decreto del 14 maggio 18066, il cui direttore fu Pierangelo Guinigi.

Il giorno precedente era stato istituito anche il Gran Libro del Debito Pubblico7 in cui dovevano essere iscritti tutti gli ecclesiastici che avrebbero dovuto ricevere una pensione in conseguenza dell’incameramento dei loro beni secondo il Concordato stipulato fra Napoleone e il Papa.

I primi decreti che riguardarono direttamente gli interventi iniziali di trasformazione del patrimonio edilizio ecclesiastico furono quelli del 27 maggio8 e del 6 giugno9 1806, che decretarono la soppressione dei conventi.

3 BONGI, 1880, vol. 3, p. 385.

4 BONGI, 1880, vol. 3, p. 386: «Ma Soeur, J’ai reçu vos différentes lettres, Il est cependant

indispensable que Vous me présentiez les dispositions pour étabilir la dotation du Duc de Massa. La vente des biens des couvens vous rendra beaucoup d’argent; enfin si tout ce qu’on a demandé est exagéré, on pourra se contenter d’un arrangement, qui en assurera la moitié, mais cette partie sera absolument nécessaire. S. Cloud, le 28 Avril 1806. Votre affectionné frère NAPOLEON». (trad.: « Sorella mia, ho ricevuto le vostre svariate lettere, è però indispensabile che Voi mi esponiate le disposizioni per stabilire la dotazione del Duca di Massa. La vendita dei beni dei conventi vi renderà molto denaro; infine se tutto ciò che ho richiesto è esagerato, si potrà accontentare di un accordo, che ne assicurerà la metà, ma questa parte sarà assolutamente necessaria. S. Cloude, 28 aprile 1806. Vostro fratello affezionato Napoleone».)

5 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 43 dell’11 aprile 1806,

tomo II, pp. 92-93 citata inFILIERI, 1984, p. 161. Testo integrale in appendice.

6 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 84 del 14 maggio 1806,

tomo II, pp. 183-188 citata in MC NEIL MESCHI, 1984, p. 394. Testo integrale in appendice. 7 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 77 del 13 maggio 1806,

tomo II, pp. 166-169 citata inMC NEIL MESCHI, 1984, p. 394. Testo integrale in appendice.

8 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 97 del 27 maggio 1806,

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Col primo furono presi in considerazione gli ordini maschili, fra i quali furono conservati quelli che fornivano un servizio sociale alla comunità. In particolare furono mantenuti i Chierici Regolari di S. Maria in Corteorlandini, ai quali furono riuniti gli Agostiniani, che avrebbero dovuto occuparsi della pubblica istruzione, e gli Olivetani di S. Ponziano, che avrebbero dovuto assicurare il mantenimento anche ai Domenicani provenienti dal convento di S. Romano, il primo ad essere indemaniato e sfruttato come nuova sede di vari uffici statali10. Sopravvissero inoltre i Canonici Regolari del Salvatore, che furono però trasferiti dalla loro sede di S. Maria Forisportam al monastero del Carmine. Tutti gli altri monasteri maschili e i loro beni furono riuniti al demanio nazionale (tab. 1).

Il decreto del 6 giugno, invece, ebbe per oggetto la soppressione dei conventi femminili. Fra questi, furono salvati quello delle suore di S. Francesco destinate ad occuparsi dell’istruzione pubblica; il monastero di S. Nicolao Novello, alle cui suore un decreto di poco successivo11 avrebbe assegnato lo stesso compito, avrebbe dovuto ospitare anche le monache del soppresso convento di S. Giovanetto e mantenere le suore della SS. Annunziata di Villa Basilica che sarebbero comunque rimaste nella loro sede (tab. 2).

Molti altri ordini sarebbero stati riuniti in altri conventi e il resto dei beni incamerati dallo Stato.12

Successivi trasferimenti, modifiche e soppressioni si sarebbero verificati per tutto il 1807 e il 1808, fino ad imporre addirittura l’abbandono dell’abito a tutti i religiosi claustrali, eccettuati quelli di S. Maria Corteorlandini, i Cappuccini e i Francescani.

Come risulta da un resoconto ufficiale del Ministro delle Finanze Belluomini, datato 14 maggio 1808, per lo Stato si presentò la “[…]necessità di 9 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 108 del 6 giugno 1806,

tomo II, pp. 241-244 citata inMC NEIL MESCHI, 1984, p. 395. Testo integrale in appendice. 10 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 82 del 13 maggio 1806,

tomo II, p. 178 citata inMC NEIL MESCHI, 1984, p. 395. Testo integrale in appendice.

11 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 109 del 6 giugno 1806,

tomo II, p. 245 citata inMC NEIL MESCHI, 1984, p. 395. Testo integrale in appendice. 12 BONGI, 1880, vol. 3, p. 389.

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un’utile riforma di tutte le antiche Istituzioni si civili, che Ecclesiastiche, le quali non corrispondevano più al loro primitivo oggetto”13.

L’attenzione fu rivolta alle venti parrocchie esistenti in città che furono giudicate in numero eccessivo in rapporto alla popolazione. Il decreto del 15 maggio14 le ridusse a otto (tab. 3), scegliendo di mantenere la Cattedrale e le chiese che si distinguevano per la loro architettura e a cui la pubblica devozione era maggiormente legata.

Anche la funzione di molte confraternite fu giudicata superata e fu stabilito che quelle esistenti fossero soppresse per fondarne di nuove con un’organizzazione e degli scopi più adatti ai bisogni attuali della popolazione. Per questo, in un rapporto del 20 maggio successivo, sempre il Belluomini scrive di aver ordinato al Domanio di apporre i sigilli sugli effetti di tutte confraternite esistenti a Lucca, di prendere possesso di tutti i loro beni, mobili e immobili, e di formare gli opportuni inventari; ma di escludere da questo intervento la Confraternita del Suffragio, quella della Carità e quella dei Poveri. Queste tre organizzazioni, infatti, avevano funzioni di assistenza indispensabili, in quanto esse si occupavano, rispettivamente, di celebrare le Messe, dell’espiazione e il soccorso delle anime dei defunti, e di seppellire i morti dell’ospedale e delle famiglie povere lasciando loro un’elemosina in denaro.

Alla fine del 1808 a Lucca erano stati chiusi sessanta edifici di culto fra chiese e oratori, ma il numero sarebbe ancora aumentato nei tre anni successivi. Nel 1810, un nuovo decreto emesso il 19 ottobre15 stabilì la soppressione degli ordini, dei monasteri e degli stabilimenti religiosi che si erano conservati precedentemente. I religiosi provenienti da fuori città sarebbero dovuti tornare

13 ASL, Segreteria di Stato e di Gabinetto, f. 66, fasc. 1, cc. 15-23 citata inFILIERI, 1984, p.

164.

14 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 53 del 15 maggio 1808,

tomo VI, pp. 149-155 citata in FILIERI, 1984, p. 163. Testo integrale in appendice.

15 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 39 del 19 ottobre 1810,

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nei paesi d’origine16, mentre tutti gli altri avrebbero ricevuto dallo Stato delle pensioni.

In molti casi, comunque, malgrado le disposizioni imposte, i membri delle associazioni soppresse, specialmente delle confraternite, continuarono a esercitare la loro devozione nelle chiese rimaste aperte.

1.2.1 Nuova destinazione d’uso degli edifici ecclesiastici

espropriati

La maggior parte dei grossi complessi monastici furono sfruttati dal Principato come sedi di uffici e istituti pubblici (tab. 4).

Il primo immobile ecclesiastico utilizzato per funzioni pubbliche fu, nel 1806, il monastero di S. Romano, dove vivevano i Padri Domenicani che furono trasferiti da qui al monastero di S. Agostino. Per la sua vicinanza con il palazzo dei Principi, con il quale era in diretta comunicazione, il convento di S. Romano venne scelto come nuova sede per il “Buro” del Senato, dei Ministri, il Segretariato di Stato, l’ufficio di Contabilità e la stessa Direzione Generale del Domanio.

Al fine di modificare l’immobile per la sua nuova destinazione, fu chiamato l’architetto Giovanni Lazzarini a eseguire le opportune perizie e le stime relative al restauro e alla trasformazione dell’edificio. Nel mese di agosto fu pubblicata la notificazione del piano di lavoro stabilito che fu portato a termine entro l’aprile del 1807, subendo in corso d’opera alcune varianti rispetto al progetto iniziale.

Due anni più tardi, lo stesso convento subì nuove modifiche in seguito alla decisione di trasferirvi l’Accademia Napoleone, comprendente il Collegio e il Liceo Felice, fino ad allora collocati in S. Frediano, che esigeva un ampliamento della propria sede. L’Accademia si poté trasferire nei nuovi locali nel 1813 e fra gli interventi attuati per il nuovo scopo fu deciso di chiudere il

16 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 37 del 12 ottobre 1810,

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chiostro attiguo e trasformarlo in quattro stanze adibite ad uso ordinario e a esposizioni.17

Nel 1807, un altro convento fu sfruttato per una nuova destinazione d’uso. L’archivio pubblico, che aveva sede proprio in S. Romano, esigeva uno spazio più ampio per una migliore conservazione dei documenti. Fra le possibili nuove sedi fu scelta la chiesa di S. Giovanni, indemaniata nel 1808, che, dopo la valutazione dell’architetto Lazzarini, fu sottoposta, nel 1810, a lavori di ampliamento dei quali si interessò anche l’ingegnere francese Sambucy, capo del Consiglio dei Ponti ed Argini. I due tecnici proposero due piani di lavori simili che dovettero essere considerati, però, troppo onerosi da parte del Principe e dovettero quindi essere ridimensionati. Il progetto approvato comprendeva i lavori attuati nel 1811 che consistevano nell’apertura di cinque finestre e due aperture interne. Due anni più tardi furono necessari altri interventi per risolvere il problema dell’umidità a cui si provvide con una sistemazione del tetto, la costruzione di un vespaio per tutta l’estensione della chiesa e l’apertura di sei nuove finestre. A questo si aggiunse anche la costruzione di nuovi scaffali per la conservazione dei documenti e di una scala per raggiungere il primo piano.18

Un altro grosso complesso monastico indemaniato e ristrutturato per un nuovo scopo fu il convento di S. Giorgio che ospitò il carcere, la cui vecchia sede fu abbattuta per la costruzione di piazza Napoleone.

Nel 1806, il Segretario Generale del Domanio Masseangeli, prese visione del convento, alla ricerca di un locale dove potessero essere trasferite le suore di S. Domenico che stavano per essere sfrattate dal loro convento. Ma per le cattive condizioni in cui si trovava l’edificio, Masseangeli preferì spostare le religiose nel monastero di S. Maria degli Angeli. Fu così che, essendo rimasto libero, il complesso di S. Giorgio fu adibito a carcere criminale, civile e di polizia con decreto del 23 dicembre, che indicava in dettaglio tutti gli interventi, a carico del Domanio, che si sarebbero dovuti

17 MC NEIL MESCHI, 1984, pp. 395-396. 18 MC NEIL MESCHI, 1984, pp. 396-397.

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portare a termine per la nuova destinazione d’uso dei locali. L’architetto del Principato Lazzarini fornì varie perizie e progetti che subirono continuamente delle modifiche anche in corso d’opera, fino all’agosto del 1808.19

Un’altra istituzione sociale che utilizzò come propria sede vari edifici religiosi indemaniati fu l’organizzazione degli Ospedali ed Ospizi.

Nel 1808 furono fondati due istituti di beneficenza, entrambi amministrati dal Comitato Generale degli Ospedali ed Ospizi. Il primo fu il Gran Reclusorio o Grande Ospizio di Carità, e aveva la funzione di riunire i bambini abbandonati minori di cinque anni e tutti i residenti delle istituzioni della città, fra cui la Quarquonia, l’ospizio degli Azzurrini e quello degli Orfanelli Bianchi. Il secondo fu il Grande Ospedale che raggruppò il vecchio ospedale, i manicomi, l’ospizio degli invalidi e dei bambini abbandonati. Il suo nucleo principale era costituito dall’ospedale di S. Luca al quale furono uniti gli Ospedali degli Incurabili e della SS. Trinità, nonché l’ospedale di Fregionaia e il soppresso monastero di S. Giustina.

Quest’ultimo, dopo le dovute perizie, subì i lavori di ristrutturazione e adeguamento fra il 1910 e il 1911. Come sede del Grande Reclusorio, invece, fu scelto il monastero di S. Francesco con la sua chiesa, riuniti al demanio nel 1808 e assegnati al Comitato Generale degli Ospedali ed Ospizi.20

I tre conventi di S. Maria Corteorlandini, S. Nicolao Novello e S. Francesco furono invece salvati dalla soppressione del 1806, perché i loro ordini furono incaricati di occuparsi dell’istruzione, ma successivamente anche questi subirono lo stesso destino degli altri grandi complessi di proprietà ecclesiastica.

Nel frattempo, Elisa si occupò della fondazione di tre grandi istituti per l’educazione e l’istruzione maschile e femminile con il Collegio e il Liceo Felice, l’Istituto Elisa e la Congregazione delle Suore di S. Felice.

Il primo fu collocato inizialmente nella sede del Seminario arcivescovile e poi spostato nel monastero dei Canonici di S. Frediano, dove

19 MC NEIL MESCHI, 1984, pp. 397-399. 20 MC NEIL MESCHI, 1984, p. 401.

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furono situate anche la biblioteca del Principato e l’Accademia Napoleone, trasferita in seguito in S. Romano.

L’Istituto Elisa fu sistemato nei locali dell’ex convento di S. Domenico, indemaniato nel 1806, ristrutturato e inaugurato nella sua nuova funzione l’anno successivo. Infine alla Congregazione delle Suore di S. Felice fu assegnato il monastero di S. Nicolao Novello.21

1.2.2 La vendita dei beni ecclesiastici indemaniati

Dal momento in cui i principali interventi sulle proprietà ecclesiastiche erano stati compiuti, si diede il via all’atto di vendita di tutti i beni indemaniati, rivolgendo le offerte soprattutto ai forestieri e, in particolare, agli ebrei, ai quali fu concessa, con un Dispaccio di Gabinetto e un successivo Decreto di Napoleone, la libertà di “[…] stabilirsi nel Principato, acquistarvi beni e godervi di tutti i diritti civili”22.

Mentre si cominciarono a spargere gli avvisi di vendita, il Decreto del 22 novembre 180623 ordinò la prima alienazione per un valore complessivo di tre milioni di beni nazionali che, a scanso di fraintendimenti, furono più precisamente definiti col Decreto del 7 dicembre 1806, il quale indicava, fra gli altri, “[…] tutti i beni del clero secolare, o regolare, le cui corporazioni, o stabilimenti sono stati soppressi, e degli antichi Comitati qualunque sia la loro denominazione”24.

21 MC NEIL MESCHI, 1984, pp. 402-403. 22 BONGI,1880, vol. 3, p. 387.

23 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 95 del 22 novembre 1806,

tomo III, pp. 187-194 citata in BONGI, 1880, p. 388. Testo integrale in appendice.

24 Bollettino officiale delle leggi e decreti del Principato lucchese, n. 102 del 7 dicembre 1806,

tomo III, pp. 206-211 citato in BONGI, 1880, p. 388 (testo integrale in appendice):

“Art. 1. Il Domanio Nazionale vien composto da tutti i beni fondi immobili, edifizi, molini, fabbriche, boschi, e foreste, da tutti i livelli, censi, rendite, crediti, e da tutti gli altri diritti corporali, ed incorporali provenienti, cioè

1. Dagli antichi Governi di tutti i Paesi che formano il Principato di Lucca. 2. Da tutti i beni impegnati da questi Governi.

3. Da tutti i beni del clero secolare, o regolare, le di cui corporazioni, o stabilimenti, sono stati soppressi, e dagli antichi Comitati qualunque sia la loro denominazione. 4. Dalle strade tutte che sono a carico del Governo.

I fiumi, e le riviere navigabili, o capaci da trasporto, le sponde, e le spiaggie del mare, i porti, e generalmente tutte le porzioni del Territorio Nazionale, che non sono suscettibili di una privata proprietà, sono considerate come pertinenze del Demanio pubblico.

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Dall’elenco dei primi acquirenti25 risulta che pochi furono i forestieri e tanto meno i lucchesi che parteciparono agli incanti. Molti furono i casi di vendite nulle perché non pagate e ancora maggiori gli atti di acquisto di beni per conto della Corte stessa. I beni mobili e molti pezzi dell’arredo furono venduti per poco prezzo, trasferiti in altre chiesi o nei palazzi della Corte o, peggio ancora, dispersi senza alcuna cura del loro valore. Le canne degli organi furono fuse per farne piatti e i quadri nascosti nel Palazzo Reale e riportati nelle loro sedi originali solo dopo il ritrovamento nel 1814.

I libri stampati e manoscritti dei monasteri furono riuniti nella Biblioteca Pubblica; degli archivi delle istituzioni soppresse furono salvati soltanto i documenti riguardanti l’amministrazione, mentre furono quasi completamente dispersi quelli di interesse storico.

Oltre a questi, al momento della caduta del Governo Baciocchi, fu distrutto un altro importante documento che ci avrebbe permesso di ricostruire in modo più esatto l’entità delle vendite e dei guadagni ricavati e cioè i libri della Cassa dello Straordinario che avrebbe dovuto riportare i fondi reali dell’operazione. Ma, nonostante le effettive manomissioni, la destinazione di gran parte della massa demaniale alla dotazione immobiliare della Corona, l’affrancazione dei censi e dei livelli per destinarne il prodotto alla beneficenza e la cessione degli stessi possessi al posto di pensioni e la scarsità dei compratori, fortunatamente ci permette di calcolare che solo una piccola parte del blocco andò distrutto. E, soprattutto, la vendita non riguardò praticamente in nessun caso l’alienazione degli stabili che comprendevano le chiese o gli oratori. Quello che interessava in via prioritaria furono i benefici che producevano una rendita.

Tutti i beni vacanti, e senza padrone, e quelli delle persone che muovono senza eredi, o le di cui successioni sono abbandonate, appartengono allo Stato.

I porti, mari, fosse, e bastioni delle piazze da guerra, e delle fortezze fanno egualmente parte del Domanio pubblico.

Lo stesso può dirsi dei terreni, delle fortificazioni, e bastioni di quelle piazze, che non sono, o più non saranno piazze da guerra: Questi appartengono allo Stato qualora non sia stata contro di lui prescritta. (Articoli 538. 539. 540. 541., e 542. del Codice Napoleone.)”.

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Ordine convento Chiesa e di residenza Destino dopo il decreto 27 maggio 1806

Nuovo alloggio Destino

successivo alloggio Nuovo

Chierici Regolari della Madre

di Dio

S. Maria

Corteorlandini Mantenuti - Soppressi 1810.

Agostiniani S. Agostino Soppressi Corteorlandini, S. Maria insieme ai Chierici Regolari

di S. Maria

Olivetani S. Ponziano Mantenuti - 1808.

Soppressi S. Maria dei Servi

Domenicani S. Romano Soppressi S. Agostino 1808.

Trasferiti

S. Maria dei Servi Canonici

Regolari del

Salvatore Forisportam S. Maria Mantenuti - Soppressi 1808. -

Carmelitani Carmine Soppressi Forisportam, S. M. insieme ai

Canonici Regolari del

Salvatore Certosini Certosa di

Farneta Soppressi S. Cerbone

Servi di

Maria S. Maria dei Servi Soppressi -

S. Cerbone S. Cerbone Soppressi vari conventi

francescani

Francescani S. Francesco Mantenuti - Trasferiti 1808.

1810. Soppressi

S. Lazzaro di Camaiore Altri ordini

mendicanti Propri conventi Soppressi -

Tabella 1. Ordini religiosi maschili presenti a Lucca nell’Ottocento. Il loro destino dal decreto

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Ordine convento Chiesa e di residenza Destino dopo il decreto 6 giugno 1806 Nuovo

alloggio successivo Destino alloggio Nuovo

Suore di S.

Francesco S. Ponziano Mantenute -

1808. Trasferite 1810. Soppresse S. Maria dei Servi Monache di S.

Giovannetto S. Maria del Soccorso Soppresse S. Nicolao Novello Monache di

S. Nicolao

Novello S. Nicolao Novello Mantenute - Soppresse 1810.

Domenicane S. Domenico Soppresse Monastero

dell’Angelo

Domenicane S. Giorgio Soppresse Monastero

dell’Angelo

Domenicane S. Caterina Soppresse Monastero

dell’Angelo Monache di S.

Giustina S. Giustina Soppresse - Trasferite 1808. S. Ponziano

Monache di S.

Giuseppe S. Giuseppe Soppresse S. Giustina Trasferite 1808. S. Ponziano

S. Chiara S. Chiara Soppresse -

Francescane S. Micheletto Soppresse -

Francescane Monastero

dell’Angelo Soppresse S. Micheletto Suore dei Servi S. Maria dei

Servi Mantenute - Soppresse 1810.

Cappuccine Proprio

monastero Mantenute - Soppresse 1810.

Tabella 2. Ordini religiosi femminili presenti a Lucca nell’Ottocento. Il loro destino dal

decreto di soppressione del 6 giugno 1806 al 1810.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Parrocchie esistenti prima del decreto di soppressione

del 15 maggio 1808

Destino successivo

1. S. Martino * Mantenuta come parrocchia principale

2. S. Giovanni Riunita alla parrocchia di S. Martino

3. S. Paolino * Mantenuta come parrocchia principale

4. S. Pellegrino Riunita alla parrocchia di S. Paolino

5. S. Ansano Riunita alla parrocchia di S. Paolino

6. S. Michele * Mantenuta come parrocchia principale

7. S. Matteo Riunita alla parrocchia di S. Michele

8. S. Salvatore Riunita alla parrocchia di S. MIchele

9. S. Frediano * Mantenuta come parrocchia principale

10. S. Leonardo Riunita alla parrocchia di S. Frediano

11. S. Alessandro * Parrocchia succursale per S. Paolino

12. S. Pietro Maggiore Riunita alla parrocchia di S. Alessandro 13. S. Maria Forisportam * Parrocchia succursale per S. Martino

(nel 1812 chiusa e sostituita da S. Maria dei Servi col nuovo nome di S. Maria Annunziata)

14. S. Ponziano Riunita alla parrocchia di S. Maria Forisportam

15. S. Pietro Somaldi * Parrocchia succursale per S. Frediano 16. S. Jacopo alla Tomba Riunita alla parrocchia di S. Pietro Somaldi

(subito dopo trasformata ad uso di filatoio) 17. S. Pier Cigoli Riunita alla parrocchia di S. S. Pietro Somaldi 18. S. Maria Corteorlandini * Parrocchia succursale per S. Michele 19. S. Agostino Riunita alla parrocchia di S. Maria Corteorlandini 20. S. Tommaso Riunita alla parrocchia di S. Maria Corteorlandini

Tabella 3. Trasformazione delle parrocchie in seguito al decreto del 15 maggio 1808 che le

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Complessi monastici

indemaniati Funzione pubblica a cui furono destinati gli immobili

Monastero di S. Romano 1806. Uffici del Senato, dei Ministri, Segreteria di Stato, Contabilità e Direzione generale del Demanio

1809. Sede dell’Accademia Napoleone, trasferitasi da S. Frediano

Monastero di S. Giorgio 1806. Carceri criminali, civili e di polizia

Monastero di S. Domenico 1807. Archivio di Stato, poi sede dell’Istituto Elisa Chiesa di S. Giovanni Settembre 1807. Archivio di Stato

Convento di S. Giustina 1809. Ospedale Monastero di S. Francesco 1808. Gran Reclusorio Monastero dei Canonici di S.

Frediano

1809. Collegio e Liceo di S. Felice

Complesso della Quarquonia 1810. Ospedale, poi carcere, poi immobile per attività artigianali

Tabella 4. Complessi monastici indemaniati e destinati a funzione pubblica fra il 1806 e il

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

2 La caduta del Governo Baciocchi: i Governi

Provvisori

Il 10 dicembre del 1813, durante un’assenza dei principi da Lucca, i soldati inglesi guidati da Lord Bentink sbarcarono a Viareggio ed entrarono in città senza trovare alcuna resistenza. Furono anzi accolti pacificamente, previa assicurazione che rispettassero la vita e gli averi dei cittadini, la sovranità e le proprietà dei principi. La loro permanenza durò però pochissimo, perché, temendo un arrivo di truppe francesi, Bentink diede ordine ai suoi uomini di ripartire il giorno successivo.

Rientrata da Firenze, Elisa fece condannare alla prigione a vita il comandante della piazzaforte di Viareggio per la mancata resistenza e si mostrò molto adirata con il Consiglio di Stato che reggeva Lucca in assenza del principe.

Ma nel gennaio 1814, Gioacchino Murat, staccatosi da Napoleone, giunse in Toscana minacciando Elisa a cui non rimase che contare in una resurrezione di Napoleone in extremis o nella possibile protezione dell’Austria. Questa, infatti, secondo il Trattato di Presburgo, aveva riconosciuto nominativamente il Principato dei Baciocchi nello stato di Lucca, il quale aveva secolari tradizioni di fedeltà all’Impero. Le speranze di Elisa, però, si rivelarono vane e la principessa fu costretta a fuggire a Genova, tuttavia raccomandando al governo che l’avrebbe sostituita di rispettare la sua opera in favore di Lucca e senza comunque nascondere la propria fiducia in un possibile ritorno.

Dal 14 marzo 1814 Lucca fu governata dal Governo Provvisorio degli Stati Lucchesi, costituitosi in nome di Murat, che fu trasformato il mese successivo in Amministrazione Superiore provvisoria dello Stato di Lucca. Sotto la presidenza dell’Arcivescovo Filippo Sardi si riunì il Senato e fu nominata una commissione provvisoria di governo composta da nove cittadini tutti favorevoli al ripristino repubblicano, rispecchiando in questo il desiderio del popolo.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Il 5 maggio, mentre i soldati napoletani lasciavano Lucca, in città si insediò in nome dell’Imperatore d’Austria il generale conte Antonio di Starhemberg. Egli inizialmente lasciò sussistere la Commissione Provvisoria dello Stato di Lucca e mantenne le funzioni del Senato che abrogò subito gli articoli dei codici napoleonici che erano in conflitto con le tradizioni e la disciplina ecclesiastica. In seguito lo Starhemberg cominciò ad emettere propri decreti, accentuando la reazione al regime e all’opera del Principato, assecondando in questo il volere del popolo, e ordinò il sequestro delle proprietà dei Baciocchi a garanzia di eventuali loro debiti nei confronti dello Stato.

In poco tempo nacquero però dei dissidi fra lo Starhemberg e il Senato, che portarono il Governo a sostituirlo, con la scusa di dover alleviare le spese, con il tenente colonnello Giuseppe Werklein.

L’atteggiamento del Werklein, militare austriaco, fu di tipo assolutista e i suoi interventi non furono affatto condizionati dal carattere temporaneo che aveva il suo governo. Abolì il Senato avocando a sé il potere legislativo e risollevò l’economia sostituendo una regola molto rigida alla leggerezza che avevano usato i Baciocchi in materia finanziaria. Ma soprattutto si oppose ai bonapartisti .

Il suo governo durò fino al 10 giugno 1817. Il 22 novembre dello stesso anno lasciò definitivamente Lucca.26

2.1 L’atteggiamento dei Governi Provvisori nella politica

ecclesiastica

Nel 1814, caduto il Principato dei Baciocchi e insediatosi il Governo Provvisorio a Lucca, il Senato prese subito in considerazione l’abolizione del Domanio e la restituzione dei beni alla Chiesa, nel tentativo di trovare una via di accordo con essa.

26 MANCINI, 1975, pp. 312-318.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Ma lo Starhemberg si impose affinchè le vendite fossero portate a termine e il Domanio fosse mantenuto continuando a beneficiare dei frutti di questi beni, secondo le direttive che arrivavano dall’Austria.

Non mancarono acuti dissidi fra le due parti e, in questo momento di generale incertezza, molte delle vecchie associazioni si ricostituirono e rioccuparono le chiese e gli oratori.

Ma il Governo provvisorio successivo, soprattutto sotto il Werklein e in seguito con il Tinagli, fu particolarmente rigido e non evitò di pretendere ancora riscossioni demaniali o di alienare altri beni. Werklein inoltre abolì il tribunale ecclesiastico già soppresso dai Baciocchi ma ristabilito dal Governo nel giugno del 1814.27

Un ritorno a dei buoni rapporti con la Chiesa si vide solo con l’arrivo a Lucca di Maria Luisa di Borbone.

27 MANCINI, 1975, pp. 314-318.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

3

Il Ducato borbonico

3.1 Maria Luisa

Fin dal 9 aprile 1815 il Congresso di Vienna aveva stabilito che l’imperatrice Maria Luigia, seconda moglie di Napoleone, avesse la sovranità vitalizia senza diritto di successione sul Ducato di Parma e Piacenza e che Lucca sarebbe spettata con titolo di Ducato a Maria Luisa Infanta di Spagna, antica Regina d’Etruria, e in linea diretta e maschile ai suoi discendenti; mancando questi, Lucca sarebbe stata riunita al Granducato di Toscana.

La Spagna, che non tollerava l’esclusione dei Borbone dal trono di Parma, negò la sua ratifica a tale decisione e l’Austria ne approfittò per riprendere la tesi dell’annessione di Lucca alla Toscana. La controversia fu chiusa con un atto addizionale del Congresso che stabilì che i Borbone sarebbero tornati a Parma alla morte di Maria Luigia d’Austria e Lucca sarebbe stata riunita allora alla Toscana.

Il 22 novembre 1817, l’ambasciatore spagnolo a Torino prese dunque la consegna del Ducato di Lucca in nome del re Ferdinando VII che ben accettava la Duchessa. Il Werklein lasciò la città e fu istituito il governo provvisorio presieduto da Giacomo Cittadella che rimase in carica fino al 22 gennaio.

Maria Luisa di Borbone fece il suo ingresso il 7 dicembre accolta festosamente dai cittadini e il nuovo governo fu insediato il 13 gennaio 1818.28

Primo, se non unico, desiderio della duchessa Maria Luisa fu la restituzione al clero di tutti i suoi privilegi. Ma proprio questo aspetto della sua politica provocò dei contrasti con Ferdinando III di Toscana, che fecero probabilmente cadere anche il progetto di matrimonio fra i due, in previsione della riunione di Lucca al Granducato. Ferdinando, che seguiva tutt’altro orientamento, si preoccupava infatti delle conseguenze che avrebbe potuto avere la politica di ecclesiastica della duchessa sul bilancio dello Stato.

28 MANCINI, 1975, pp. 321-323.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

3.1.1 La restaurazione dei beni ecclesiastici

Da un compendio del Prospetto dimostrativo i Fondi caduti al tempo

degli ex Principi nell’Amministrazione Generale del Domanio non compresa Massa, Carrara e Castelnuovo, loro Provenienza, Natura ed Esito29, risultava che, su un totale pari a 27,208,641.19.8 di Lire lucchesi di beni ecclesiastici indemaniati, quelli alienati corrispondevano a 19,166,609.17.5.

Maria Luisa decise subito, in accordo con l’Arcivescovo, di restituire la differenza dei beni non alienati alla Chiesa, aggiungendo a questi anche quelli che erano pervenuti alla Lista Civile e che lei rifiutò. Con il decreto del 17 dicembre 1817 veniva soppressa l’Amministrazione del Domanio30.

Con un tale atteggiamento la Duchessa voleva dimostrare la propria estraneità e la disapprovazione all’atteggiamento che era stato tenuto in materia dal Governo precedente. Ma l’operazione non fu facile. Vennero a nascere laboriose questioni giuridiche fra la Commissione che rappresentava il patrimonio ecclesiastico e la Finanza Ducale, i cui contrasti vennero risolti con una sentenza di un tribunale d’arbitri nel 182431, quando Maria Luisa era morta da qualche mese32. Il lodo decise una rifusione dei beni a vantaggio dello Stato a cui furono retrocessi vari fondi che poi vendette a suo beneficio33. La definitiva sistemazione del patrimonio ecclesiastico fu conclusa con il Breve

Summus Pontifex di papa Gregorio XVI del 21 giugno 183334.

I privati che avevano acquistato beni ecclesiastici chiesero e ottennero sanatorie, offrendo in cambio alla Chiesa donativi in beni o in denaro che vennero usati per accrescere il patrimonio ecclesiastico o per risollevare le chiese parrocchiali più povere.

29 ASL, Direzione Generale delle Finanze, f. 775 citato in BONGI, 1880, p. 393.

30 Bollettino delle leggi del Ducato lucchese, n. 16 del 17 dicembre 1817, tomo I, pp. 27-28

citato in BONGI, 1880, p. 395.

31 ASL, Direzione Generale delle Finanze, ff. 772 e 773 citato in BONGI, 1880, p. 396. 32 MANCINI, 1975, p. 324.

33ASL, Direzione Generale delle Finanze, ff. 776 e 777citato in BONGI, 1880, p. 396. 34 BONGI, 1880, vol. 3, p. 396.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

3.2 Carlo

Ludovico

A Maria Luisa succedette nel trono lucchese l’infante Carlo Ludovico, principe ereditario di Parma e, per breve tempo, re d’Etruria.

Uomo mite e colto, ma stravagante nei modi, fu rigido per educazione e per indole personale. Dimostrò di essere molto legato alla religione, fondò a proprie spese il convento dei Passionisti dell’Angelo e fu molto devoto ai santi Teodoro e Paolino, ma si interessò anche alla religione protestante.

Politicamente ebbe riguardo per gli emigrati politici e fu incuriosito in qualche modo dalla Carboneria, motivo che destò, peraltro, apprensione da parte dell’Austria. Instaurò un governo assolutista, ma in una forma molto personale, cedendo anche alle tradizioni culturali e al buon senso e rimanendo comunque lontano sia dalla linea spagnola che da quella austriaca.

Visse a lungo all’estero ed è difficile distinguere in modo chiaro quali furono le sue iniziative realmente personali rispetto alle decisioni prese per lui dai suoi ministri, Ascanio Mansi e Antonio Mazzarosa in particolare. Al primo si deve la politica seguita negli affari interni ed economici che tentò di uniformare il più possibile la legislazione lucchese a quella toscana, sicuramente in previsione della futura unione dei due stati e forse anche per i rapporti cordiali che Carlo Ludovico aveva con il Granduca. Il Mazzarosa si dedicò invece alle questioni riguardanti l’istruzione e l’agricoltura.

La grande questione del patrimonio ecclesiastico al tempo di Carlo era ormai risolta, anche se gli atti di sanzione caddero tutti sotto il suo regno.

In quegli anni Lucca godette, nel complesso, di una buona economia e di una certa quiete: fu applicata una politica di sgravi fiscali per diretta volontà del Duca, l’affrancazione delle rendite e delle tasse perpetue spettanti alle comunità rese liberi i fondi e fu portata a termine la riforma catastale.35

35 MANCINI, 1975, pp. 329-333.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Fu lui, inoltre, a decretare nel 1828 l’esecuzione di lavori di abbellimento alla città36, imponendo a tutti i cittadini precise regole riguardo agli interventi da effettuare sulle proprie abitazioni e istituendo un’apposita commissione comunale con il compito di considerare i progetti di costruzione e le proposte di modifiche agli edifici e deliberare su di essi. La commissione presieduta dal Gonfaloniere di Lucca, incaricata della vigilanza e direzione generale dei lavori alle fabbriche della città, prese il nome di Deputazione degli Edili e operò dal 19 aprile 1828, data in cui fu nominata con ufficiale decreto37, fino al 1855.

36 Bollettino delle leggi del Ducato lucchese, n. 6 del 19 aprile 1828, tomo XIV, pp. 10-15. 37 Bollettino delle leggi del Ducato lucchese, n. 7 del 19 aprile 1828, tomo XIV, p. 16.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

4

L’annessione di Lucca al Granducato di Toscana

fino all’unione al Regno d’Italia

Carlo Ludovico fu spesso completamente assente dal suo stato e alla morte del marchese Ascanio Mansi, che occupava diverse cariche e fu il più autorevole consigliere del Duca, la cura del governo fu affidata ad una schiera di consiglieri scelti non solo fra la nobiltà e la borghesia colta lucchese, ma provenienti anche da altre parti d’Italia e dall’estero, secondo il volere di Vienna. Furono questi a portare il Duca a cambiare la politica in senso più reazionario.

Fra loro, particolare predominanza nella Corte e nel Governo ebbe l’inglese Tommaso Ward. Egli non fu ministro dello stato lucchese ma si adoperò in tutti i modi negli interessi del Duca, portando avanti un progetto abbandonato di rivendicazioni di diritti dei Borboni sull’erario lucchese.

Nel 1818 l’Austria era riuscita ad ottenere da Maria Luisa la rinuncia agli assegni di 500.000 franchi annui che le spettavano dal 10 giugno 1815, data della sua nomina al trono di Lucca, al 21 novembre 1817, momento dell’effettiva presa di possesso della carica, in cambio di una somma di 300.000 franchi e della cessione dei diritti che l’Austria accampava di poter disporre di tutti i soldi e gli averi appartenenti allo Stato lucchese dal 15 marzo 1814 al 9 giugno 1815. Né Maria Luisa né Carlo Ludovico avevano mai fatto valere questa pretesa, ma ora, secondo il Ward, era l’unica speranza per le finanze del Duca che egli stesso aveva finito con lo sperperare. Il progetto trovò la ferma opposizione del Granduca di Toscana, resistenza che fu superata grazie all’avvio di seri accordi segreti per anticipare, con la rinuncia al Ducato, l’annessione di Lucca alla Toscana.38

La parte liberale lucchese cominciò ad appoggiare questo disegno e lo stesso Carlo Ludovico non lo dovette disdegnare al pensiero di liberarsi delle difficoltà di cui si trovava costretto a farsi carico.

38 MANCINI, 1975, pp. 340-345.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Il Consiglio di Stato però, nel tentativo di evitare un simile esito, propose al Duca una linea di temperate riforme che inizialmente egli accettò ma che ritrattò in un secondo tempo. Il suo timore di dover fare nuove concessioni e la pressione dell’Austria e di altri principi, lo portarono ad affrettare la cessione del Ducato.

Il 9 settembre 1847 Carlo lasciò Lucca e non vi fece più ritorno. Il 4 ottobre successivo, i plenipotenziari Tommaso Ward e Luigi Serristori stipularono a Firenze il trattato fra Carlo Ludovico, con il concorso e l’adesione del principe ereditario Ferdinando, e il Granduca di Toscana per l’anticipata annessione di Lucca. Carlo conservò il diritto di godere dei beni allodiali nel lucchese e dell’assegno annuo di £ 500.000 accresciuto di 9000 scudi al mese fino all’assunzione del Ducato di Parma alla morte di Maria Luigia d’Austria il 17 dicembre.39

Il 5 ottobre 1847, con la reversione del Ducato, Lucca fu annessa al Granducato di Toscana. Da quel momento fino al 1849 il governo della città fu affidato al prefetto Nicolao Giorgini e Lucca divenne Capoluogo di Dipartimento fino al 1859.

La cessione di Lucca al Granducato di Toscana ebbe un significato rilevante nella storia della città ed ebbe dei riflessi anche nell’assetto territoriale. Questo fatto non segnò solo la fine della sua autonomia politica, ma anche la fine di quel processo attivo e positivo di trasformazione delle sue strutture urbanistiche che aveva contrassegnato tutta la prima metà dell’Ottocento. Quando la città perse la sua modesta ma equilibrata struttura autonoma, entrando a far parte di un sistema più vasto, le sue condizioni economiche si aggravarono. Le funzioni governative che l’avevano configurata come una piccola capitale e, con esse, tutta una serie di funzioni politiche come le rappresentanze estere, il tribunale supremo e anche le attività culturali, come l’università o i teatri, la cura e l’amministrazione della città, anche come struttura fisica, vennero a dipendere da uffici subalterni a Firenze e in quegli

39 MANCINI, 1975, pp. 346-347.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

anni non venne attuata nessuna opera di pubblica utilità, ne di edilizia, né di urbanistica40.

4.1 Le soppressioni ecclesiastiche degli anni Sessanta nel

Regno d’Italia

Con il plebiscito dell’11 e 12 marzo 1860 la Toscana decise la propria annessione al Regno di Vittorio Emanuele II che, nel 1861, con l’unione delle altre regioni, divenne Regno d’Italia.

Sin dalla formazione del Regno di Sardegna, la questione della proprietà ecclesiastica fu per il Governo un tema centrale ampiamente dibattuto41. Le spese ecclesiastiche gravavano sul bilancio dello Stato e l’esigenza di risolvere il problema si faceva incalzante sia per l’opinione pubblica che per il Parlamento, il quale prese in considerazioni diverse proposte di legge riguardo alla proprietà degli enti ecclesiastici, alla soppressione delle decime e delle congrue parrocchiali. I vari progetti, emendamenti e proposte esposti, spesso anche molto contrastanti, portarono alla legge del 29 maggio 185542 per la soppressione di comunità e stabilimenti religiosi, in accordo con la diffusa idea che dovessero essere le corporazioni religiose a ricoprire con i propri beni le spese che avevano pesato fino a quel momento sull’economia nazionale. La legge, all’epoca, non riguardò ovviamente Lucca che, all’interno del Granducato di Toscana, non faceva ancora parte del Regno di Sardegna.

Ma dopo la data di annessione, il problema del riordinamento della proprietà ecclesiastica fu ripreso e nuove leggi furono approvate per tutto il Regno nella seconda metà degli anni Sessanta.

Il 7 luglio 1866 fu emesso un decreto regio per la soppressione delle corporazioni religiose. Secondo l’articolo 1 di tale provvedimento non furono

40 BEDINI-SANTINI, 1977, p. 42.

41 Un’analisi approfondita della questione in Italia è svolta da Arturo Carlo Jemolo in La

questione della proprietà ecclesiastica nel Regno di Sardegna e nel Regno d’Italia (1848-1888), Bologna, 1974.

42 Raccolta ufficiale Leggi e Decreti del Piemonte, n. 878 del 29 maggio 1855 citata in

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

più riconosciuti nello Stato “[…] gli Ordini, le Corporazioni e le Congregazioni religiose regolari e secolari, ed i Conservatorii e Ritiri, i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico. Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini, alle Corporazioni ed ai Conservatorii e Ritiri anzidetti sono soppressi.”43. Ad ognuno dei sodalizi colpiti dalla legge venne assicurato un assegnamento annuo secondo le proporzioni elencate nell’art. 3 dello stesso decreto.

L’anno successivo, la legge per la liquidazione dell’asse ecclesiastico del 15 agosto elencava gli enti morali non più riconosciuti come tali, stabilendo che tutti i beni di qualunque specie a loro appartenenti passassero al Demanio dello Stato. Nello stesso decreto, l’art. 1, nell’ultimo ultimo capoverso del punto n. 6, decideva tuttavia di mantenere in vita alcune opere “[…] perché destinate alla conservazione di monumenti […]” e di salvare alcuni “[…] edifici sacri da conservarsi al culto […]”44, tramite designazione con Decreto Reale da pubblicarsi entro un anno dalla promulgazione della legge.

Nelle tabelle 5 e 6 riportate di seguito a questo paragrafo sono indicati i dati riferiti alla Toscana riguardanti il numero di corporazioni ecclesiastiche e altri enti soppressi dalle due leggi e l’ammontare del valore dei loro beni e il destino di quelli indemaniati e venduti.

Anche a Lucca, naturalmente fu applicata la stessa legislazione. A testimonianza, resta conservata presso l’Archivio Storico Comunale di Lucca, una circolare del Procuratore del Re al Sindaco di Lucca, inviata il 24 luglio del 1868, con la richiesta di stilare l’elenco delle chiese del comune colpite dalla soppressione e che meritavano di conservarsi aperte al culto, sia per bisogno di sussidio alla parrocchia, sia perché legate a particolari circostanze di devozione o per altre ragioni attendibili tra cui la conservazione di opere artistiche.

43 Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, n. 3036 del 7 luglio 1866, tomo

XV, pp. 1015-1035 citata in JEMOLO, 1974, p. 126. Testo integrale in appendice.

44 Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, n. 3848 del 15 agosto 1867,

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

Nella risposta del Sindaco è indicato quanto segue: “Tutte le chiese della parte rurale del Comune sono sussidiarie alle rispettive parrocchie per le chiese che si trovano entro la città. S. Francesco era stata già giudicata tempio monumentale e chiesa vasta per ospitare la popolazione, ma questi motivi non avevano convinto il R. Governo che aveva considerato inutile quella chiesa, pur essendo, oltre a quelle parrocchiali, la più adatta ai bisogni religiosi. Non volendo tenere aperta questa, almeno si salvi quella vicina dei Cappuccini che anche se non è tanto vasta, potrà supplire ai bisogni. […] Per il pregio della loro architettura, sebbene attualmente deturpate ma facilmente riportabili al loro stato primitivo si segnalano: S. Cristoforo, S. Giusto di stile longobardo, S. Giulia e la Madonna della Rosa che sono in stile gotico, S. Anastasio unico avanzo della città in stile bizantino […]”; per sussidio alle parrocchie: “[…] S. Giovanni per S. Martino, S. Romano per S. Alessandro, SS. Crocifisso dei Bianchi per S. Paolino (anche perché si venera in questa chiesa un simulacro che per antica memoria è oggi di devozione), i Servi per S. Maria Forisportam, la chiesa del Gonfalone per S. Leonardo, S. Simo per S. Pietro Somaldi, la chiesa del Salvatore per S. Michele e per la confraternita della Misericordia, S. Frediano ha già unita a sé la chiesa del Soccorso per cui non ha bisogno di altro. Le altre parrocchie sono poco numerose e pur non avendo chiese prossime possono bastare da sole.” 45.

Se ne deduce che queste nuove leggi di soppressione ridussero ulteriormente e ancora in modo significativo a Lucca il numero di chiese e oratori, già fortemente limitato e trasformato durante tutto il secolo con l’alternarsi di soppressioni e ripristini.

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Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

TOSCANA

Numero delle corporazioni 266

Rendita dei beni immobili 1.186.561

CORPORAZIONI

RELIGIOSE SOPPRESSE

Rendita dei beni mobili 787.203

Numero degli enti 6545

Rendita dei beni immobili 689.026

ALTRI ENTI ECCLESIASTICI SOPPRESSI

Rendita dei beni mobili 1.415.273

Numero degli enti 485

Rendita dei beni immobili 717.091

ENTI ECCLESIASTICI CONSERVATI E ASSOGGETTATI ALLA CONVERSIONE DEI BENI IMMOBILI

Rendita dei beni mobili 826.283

Tabella 5. Enti morali ecclesiastici in Toscana e loro beni assoggettati alle leggi 7 luglio 1866

e 15 agosto 1867 fino a tutto il 1877 (rielaborata da JEMOLO, 1974, tav. 4, pp. 222 -223).

(28)

Storia di Lucca nella prima metà dell’Ottocento

TOSCANA

BENI IMMOBILI PRESI IN POSSESSO DAL DEMANIO

A TUTTO IL 1817 67.018.180

BENI ECCETTUATI PER LEGGE DALLA

CONVERSIONE IN RENDITA PUBBLICA 1.657.218 BENI RICONOSCIUTI DI ENTI ECCLESIASTICI GIA’

SOPPRESSI DALLE LEGGI ANTERIORI A QUELLA DEL 15 AGOSTO 1867 O DESTINATI A SCOPI DI BENEFICENZA

-

BENI RIVENDICATI O SVINCOLATI DAI LORO PATRONI LAICALI PRIVATI E BENEFICI E CAPPELLANIE SOPPRESSI DALLA LEGGE 15 AGOSTO 1867

9.818.964

FABBRICATI MONASTICI CONCESSI A COMUNI E PROVINCIE PER SCOPI DI UTILITA’ PUBBLICA AI

SENSI DELL’ART. 20 DELLA LEGGE 7 LUGLIO 1866 1.644.068 BENI SOTTRATTI ALLA VENDITA E CONCESSI IN

USO AD AMMINISTRAZIONI GOVERNATIVE 4.593.419

BENI CONCESSI IN ENFITEUSI NELL’INTERESSE

DEL DEMANIO -

VALORE CAPITALE

BENI CEDUTI DAL DEMANIO IN SEGUITO A TRANSAZIONI E AD ESPROPRIAZIONI PER CAUSA

DI UTILITA’ PUBBLICA 468.302

AI PUBBLICI INCANTI AI SENSI DELLA LEGGE 15

AGOSTO 1867 46.823.715

A PRIVATE TRATTATIVE AI SENSI DELLE LEGGI 20

MAGGIO 1872 E 30 GIUGNO 1876 52.913 VALORE CAPITALE

DEI BENI VENDUTI

PREVIO SPERIMENTO D’ASTA

46.876.628

Tabella 6. Destinazione data dal Demanio ai beni immobili ecclesiastici in Toscana secondo le

leggi 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867 fino a tutto il 1877 (rielaborata da JEMOLO, 1974, tav. 5, pp. 224 -225).

Figura

Tabella 1. Ordini religiosi maschili presenti a Lucca nell’Ottocento. Il loro destino dal decreto
Tabella 2. Ordini religiosi femminili presenti a Lucca nell’Ottocento. Il loro destino dal
Tabella 3. Trasformazione delle parrocchie in seguito al decreto del 15 maggio 1808 che le
Tabella 4. Complessi monastici indemaniati e destinati a funzione pubblica fra il 1806 e il
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