Capitolo 3
Complicanze associate all’uso dei FSE
Una complicanza è una condizione indesiderata secondaria, che si sviluppa conseguentemente ad un processo patologico primario. Le complicazioni insorgono inaspettatamente e spesso obbligano i medici ad operare cambiamenti rispetto alla normale gestione del paziente.
Le complicazioni associate all’uso dei fissatori esterni possono riguardare l'osso ed i tessuti molli e quindi richiedere cambiamenti nel protocollo dei trattamenti concernenti il processo di guarigione. Perforazione dei tessuti molli Instabilità della struttura Infezioni Muscoli Fallimento della struttura Osteomielite
Nervi Rottura dei
chiodi
Sequestri
Tendini Perdita prematura
del Fissatore
Vasi Pullout dei
chiodi
Infezioni del foro dei chiodi
Questa classificazione è soprattutto teorica ed è utile per esporre l’argomento in modo da poter chiarire al meglio i vari aspetti del problema. In realtà, le complicazioni che possono presentarsi sono interconnesse tra i vari componenti del fissatore (incluso l'arto infortunato) e, tutti i fattori correlati, dal più grave fino a quello che può apparire più insignificante, così come tutti i fattori biologici o meccanici in atto, possono produrre perdita prematura o infezioni dei chiodi, quindi nessun particolare può essere trascurato.
Perforazione dei tessuti molli
La penetrazione di tendini, vasi o nervi durante il posizionamento dei chiodi deve essere evitata. La conoscenza dei punti di repere e dell'anatomia di ogni sezione dell'arto è essenziale al chirurgo per evitare il danneggiamento di importanti strutture molli.
I tendini trafitti attraverso l’inappropriato piazzamento dei chiodi non comportano, normalmente, la perdita totale della funzionalità, sebbene un certo grado di disagio e disturbi nell'appoggio siano conseguenze inevitabili.
Il danneggiamento dei nervi periferici, benché non sia frequente, rappresenta una grave complicanza e può accadere come risultato dell'avvolgimento del nervo stesso intorno al chiodo durante la perforazione. Usando le guide per il trapano, proteggendo i tessuti molli ed avendo una buona conoscenza della posizione anatomica dei nervi possiamo minimizzare il rischio di danni alle fibre periferiche. Tali lesioni possono essere molto gravi, essendo la combinazione di danni da schiacciamento e stiramento e con volgendo un
tratto significativo di fibre. Queste lesioni comportano raramente il miglioramento o la ripresa della funzionalità e, anche se la prognosi può variare in funzione di quale nervo è stato coinvolto, si deve agire d'urgenza per tentare il salvataggio.
La perforazione del tessuto muscolare durante la
realizzazione dei FE è inevitabile a causa della posizione stessa delle masse muscolari. Notevoli danni possono verificarsi nel caso in cui il corpo muscolare sia trafitto nella sua interezza o se un muscolo normalmente mobile viene fissato all'osso sottostante. Comunque i chiodi devono essere piazzati vicino all'origine dei capi muscolari, in questo modo si diminuisce notevolmente la possibilità di danneggiamento e la morbilità.
Emorragie
I vasi di maggior diametro dovrebbero essere incontrati solo se i chiodi vengono posizionati in aree inappropriate. Occasionalmente però questi vasi possono venir lacerati durante la trapanazione dell'osso o il posizionamento dei chiodi. In questi casi è d'obbligo intervenire immediatamente, controllando l'emorragia attraverso una pressione digitale continuativa che deve essere mantenuta per 90-120 secondi. I chiodi devono essere poi posizionati a distanza dal punto di sanguinamento. In alcune situazioni è anche necessario abbandonare la chirurgia e controllare l'emorragia attraverso bendaggi stretti e ricominciare l'intervento dopo 24- 48h.
Eventi più rari, ma comunque osservabili, sono le emorragie che si presentano tra i 7gg e le 6 settimane dopo l'intervento.
Queste sono spesso a associate alla fuoriuscita di full-pin posti attraverso la diafisi prossimale del radio. La causa è quasi certamente da ricercare nel danno da sfregamento esercitato dal chiodo sull'arteria mediana. L'emorragia può essere intensa e può anche prolungarsi per molte ore, mettendo a rischio la vita dell'animale. Il trattamento esige l'immediata rimozione del chiodo e l'applicazione di uno stretto bendaggio che deve essere rimosso soltanto dopo molte ore. A volte può essere necessario dover riaprire la ferita e fare dissezione di tessuti molli alla ricerca del vaso danneggiato per poterlo suturare. È comunque importante aggiungere che, senza la rimozione dei chiodi implicati nel processo di danneggiamento, ogni tentativo di controllare la situazione è destinato a fallire.
Fallimento della struttura
Con il concetto di "adeguata stabilità" può essere definito il controllo di tutte le forze che possono interferire con il processo di guarigione e riduzione della frattura. L'adeguata stabilità, infatti, non sempre denota una stabilità assoluta, anzi, una piccola possibilità di micromovimenti non solo è ben tollerata, ma è stato dimostrato che comporta benefici. L'adeguata stabilità non può essere né evitata né predeterminata, ma cambia in base al modo in cui il chirurgo decide di effettuare la riduzione della frattura ed in base all’azione delle forze esercitate dal carico d'appoggio. Teoricamente il chirurgo può mantenere il controllo del fissatore durante l'intero processo di riparazione dell'osso, ma
modificazione della struttura del fissatore e quindi al mantenimento dell’adeguata stabilità. Comunque è accertato che buoni risultati clinici sono stati ottenuti anche a dispetto di perdita prematura dei chiodi o alterata rigidità del fissatore.
Il fallimento delle strutture è quasi sempre il risultato di un errore tecnico, anche se può essere associato ad una eccessiva vivacità del paziente. Una costruzione troppo piccola o non sufficientemente resistente e rigida non riesce ad opporsi alle forze che gravano su di essa durante la riparazione della frattura e questo determina inevitabilmente problemi e complicazioni. Per prevenire fallimento i chirurghi hanno sviluppato fissatori sempre più forti e rigidi, ma questo non sempre risolve i problemi.
Usando chiodi che hanno misure appropriate rispetto al diametro dell'osso, le rotture dei fissatori sono diventate un'eventualità più rara. I chiodi a filettatura negativa, o "cut-in", però sembrano essere particolarmente predisposti al fallimento attraverso la rottura che avviene nella loro porzione centrale, cioè tra la parte filettatura e quella non filtrata.
Questa porzione risulta particolarmente soggetta a
concentrazione di stress che porta il chiodo ad un maggiore affaticamento e conseguente rottura. I chiodi a filettatura positiva non presentano questi difetti ed il loro uso ha nettamente surclassato quello dei chiodi a filettatura negativa, anche se un certo grado di controversia resta per quanto riguarda l'uso dei chiodi di Ellis in ortopedia veterinaria, infatti, alcuni chirurghi ne fanno uso di routine senza mai aver avuto alcun problema.
Quando un fissatore si rompe si deve rimuovere il chiodo, questo non è sempre semplice dato che spesso la testa del chiodo rimane all'interno della corticale. In questi casi la testa può essere lasciata in situ senza ulteriori complicazioni. Conseguentemente il chirurgo deve rivedere la rigidità del fissatore e capire il motivo del fallimento; la modifica portata al fissatore deve essere attenta, in modo da evitare altri problemi.
Un'altra complicazione può essere data dall'espulsione prematura dei chiodi, questo succede soprattutto se si utilizzano chiodi lisci. Un accorgimento di ordine tecnico è rappresentato dal piazzamento dei chiodi in maniera adeguata: questo tipo di chiodi non devono essere inseriti nell'osso parallelamente tra loro, ma posti con angoli divergenti o convergenti. Ignorando un così importante principio sarà inevitabile approdare ad un fallimento. L'uso dei fissatori con chiodi filettati ha portato comunque alla riduzione del "pullout".
Non sempre però, le fiches di un fissatore rimangono salde all'interno dell’osso fino a quando il chirurgo decide che è il momento di rimuoverle, alcuni chiodi possono staccarsi prematuramente. Questa è una complicazione frequente e molte fratture continuano il processo di guarigione nonostante che il fissatore possieda uno o due chiodi in meno, per questo alcuni chirurghi tendono a minimizzarne le conseguenze. Altri invece credono che i fattori che contribuiscono alla perdita prematura dei chiodi siano complessi ed interconnessi e che sia una scadente tecnica di
costruzione della struttura a dare inizio ad un processo a cascata.
Il comportamento del chirurgo di fronte alla perdita prematura dei chiodi di un fissatore esterno varia a seconda del caso specifico: quando soltanto uno o due chiodi si staccano dall'osso, ma il processo di cicatrizzazione della frattura e la formazione del callo osseo sono ben progrediti, è possibile rimuovere soltanto i chiodi interessati senza ulteriori complicazioni, ma di solito viene rimosso l'intero fissatore; quando la perdita ,invece, avviene in una struttura ancora non adeguatamente stabile un approccio aggressivo è da evitare. In questi casi tutti i chiodi che si sono allentati devono essere rimossi e la struttura del fissatore rivista e rimodellata. Di solito è necessario inserire barre di connessione supplementari, nuovi chiodi ed anche un maggior numero di morsetti per aumentare la stabilità del FE. Le infezioni sono state osservate frequentemente in associazione con la perdita prematura dei chiodi ed è importante ricordare che le infezioni non si risolvono se i chiodi danneggiati vengono lasciati in situ: chiodi allentati o/e infetti devono essere rimossi.
Complicazioni conseguenti alle infezioni
Osteomielite
L'osteomielite è una flogosi sostenuta da germi patogeni o, meno comunemente, da miceti in un segmento osseo costituito da una corticale ed uno spazio midollare.
L'osteomielite non è tra le complicanze più comuni associate ai fissatori esterni, anche se talvolta può essere associata alla prematura perdita dei chiodi.
Le cause più frequenti di osteomielite cronica sono le fratture esposte e le complicazioni settiche post-operatorie. Dal punto di vista istologico l'evoluzione del quadro flogistico verso una
forma attenuata o recidivata assume i caratteri
dell'osteomielite cronica: zone di osteolisi colme di tessuto di granulazione edematoso e di pus. Le cavità possono contenere grossi sequestri, rappresentati da masse di osso spongioso o da lunghe irregolari schegge di corticale. Il sequestro è detto "cassa da morto" ed è circondato da tessuto di granulazione e pus, che lo isolano dall'osso circostante, rendendolo facilmente enucleabile. Attorno alle cavità ed ai sequestri, l'osso è ispessito, in parte compatto ed eburneo. All'interno ed all'esterno dell'osso infiammato il connettivo si addensa e forma un tessuto sodo, compatto, biancastro ed edematoso.
Un sequestro ad anello può essere associato, come specifica complicazione, ai fissatori esterni. Questo si presenta come il
risultato di una necrosi derivante da danni da
surriscaldamento dell'osso durante il posizionamento di chiodi. La necrosi da surriscaldamento è chiaramente il
risultato di una tecnica errata, solitamente associata all'uso di trapani ad altro numero di giri e di fronte a corticali eccessivamente stressate. Il trattamento per questo tipo di sequestri prevede la rimozione urgente dei chiodi implicati (che verrebbero comunque inevitabilmente perduti), seguita da un accurato curettage del tratto in cui era alloggiato il chiodo. La cute non deve essere suturata, il foro deve essere lasciato drenare liberamente e la ferita deve cicatrizzare per
seconda intenzione. Solo occasionalmente il foro
d'alloggiamento del chiodo non cicatrizza, in questo caso il chirurgo deve intervenire attraverso innesti di tessuto spongioso autologo. Questo tessuto può essere immesso dopo 4-7gg di curettage, in modo da permettere il controllo delle infezioni e la formazione di un buon tessuto di granulazione. È chiaro che quando subentra questo tipo di infezione dobbiamo urgentemente rivedere il tipo di tecnica utilizzata. Le maggiori infezioni associate al foro in cui viene alloggiato il chiodo sono caratterizzate da:
- colonizzazione batterica del sito di contatto tra chiodo e
cute
- dolore
- scolo purulento intorno al chiodo
- allentamento e perdita prematura del chiodo.
Le maggiori infezioni avvengono apparentemente più di frequente quando sembra che siano stati commessi un numero minore di errori tecnici.
Oltre alla rapida rimozione dei chiodi coinvolti è importante associare terapia antibiotica e rivedere la rigidità della struttura del fissatore esterno, potrebbe inoltre essere
necessario aggiungere altri componenti per aumentarne la stabilità ed evitare di compromettere il processo di guarigione.
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 1° Trim. 2° Trim. 3° Trim. 4° Trim. Est Ovest Nord