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Descrizione di un impianto solare termico per produzione di acqua calda sanitaria e metodo di calcolo della percentuale di copertura solare del carico APPENDICE B

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APPENDICE B

Descrizione di un impianto solare termico per produzione di acqua calda

sanitaria e metodo di calcolo della percentuale di copertura solare del

carico

In linea generale un impianto solare termico è un sistema in grado di convertire in modo diretto l’energia irradiata dal sole in energia termica.

Tali impianti possono essere classificati in funzione dello stato in cui si trova il fluido termovettore circolante in essi e per il campo di temperature di lavoro. Si distinguono, quindi, in:

Impianti a liquido (acqua, soluzione acquosa con anticongelante…) Impianti a gas (aria)

Impianti a basse temperature (fino a 120 °C) Impianti a medie temperature (circa 500 °C) Impianti ad alte temperature (circa 1000 °C)

Gli impianti a bassa temperatura a liquido sono le applicazioni più comuni (quella che tratterò in questo caso) e sono principalmente utilizzati per produzione di acqua calda sanitaria (ACS); con medie temperature invece è possibile anche riscaldare o raffrescare gli edifici, o utilizzare l’acqua in processi industriali di essiccamento o sterilizzazione o nei processi agricoli. Gli impianti a temperature più elevate, invece, sono utilizzati per produrre vapore, il quale viene inviato in turbina per la generazione di energia elettrica.

 Impianti ad acqua o ad aria

Il principio di funzionamento degli impianti utilizzanti aria è pressoché lo stesso di quelli utilizzanti liquido; la principale differenza tra i due risiede nelle dimensioni e nella configurazione dei condotti attraversati dal fluido, in quanto l’aria ha un coefficiente globale di scambio peggiore di quello dell’acqua. Questo aspetto comporta l’utilizzo di una portata di aria molto maggiore di quella del liquido necessaria per trasportare la stessa quantità di energia e l’introduzione di un percorso più tortuoso affinché venga assicurato un tempo di permanenza più lungo all’interno del collettore: ciò implica notevoli perdite di carico che comportano a loro volta un incremento della spesa elettrica di pompaggio. I campi d’applicazione degli impianti ad aria sono tipicamente quelli del riscaldamento di questa per la climatizzazione ambientale e, in campo industriale, per i processi di essiccamento di prodotti alimentari. Nel campo della climatizzazione ambientale il vantaggio di utilizzare gli impianti ad aria consiste nel fatto che il fluido in essi riscaldato può essere inviato direttamente all’ambiente senza scambiatori di calore intermedi; ciò permette un notevole aumento di efficienza del sistema. Restano, però, gli svantaggi prima esposti.

Inoltre, gli impianti a gas vengono utilizzati in quelle zone geografiche in cui le temperature inferiori a 0 °C sono abituali, evitando l’uso di soluzioni anticongelanti che potrebbero essere corrosive.

Certamente se lo scopo dell’applicazione è la produzione di ACS è da preferire l’utilizzo dei sistemi a liquido.

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Tutte le considerazioni e descrizioni successive saranno dunque per impianti ad liquido (miscela acqua –antigelo).

 Circuito primario e secondario

In generale, è possibile suddividere lo schema di un sistema solare in due circuiti: il primario e il secondario.

Il circuito primario, o circuito di captazione, ha come obiettivo quello di captare la radiazione solare, trasferirla al fluido termico (fenomeni che avvengono nel collettore) e trasportarla direttamente al serbatoio di accumulo (accumulatore) oppure, indirettamente, a uno scambiatore di calore collegato poi al serbatoio di accumulo (fig. B-1).

L’insieme di componenti che ha come obiettivo quello di trasportare il fluido termovettore dal serbatoio di accumulo (o dallo scambiatore d’interfaccia tra i due circuiti) al processo termico che alimenta le utenze viene denominato invece circuito secondario.

 Tipologia di circuito primario: circuito chiuso o aperto

I circuiti primari di un impianto solare possono essere di tipo chiuso (a doppio circuito) o aperto (a circuito singolo): nel primo caso il fluido termovettore che circola nei collettori cede calore al fluido d’utilizzo tramite uno scambiatore generalmente a serpentino; nel secondo caso il fluido termovettore che circola nei collettori è lo stesso del circuito di utilizzo.

Nel caso del circuito primario chiuso il fluido vettore è mantenuto ad una lieve pressione (circa 1-2 atm) ed è composto da una miscela di acqua e un liquido anticongelante in modo che non venga raggiunta durante i periodi notturni invernali la temperatura di solidificazione della miscela, che creerebbe rotture nei collettori o gravi danni. Il liquido anticongelante usualmente aggiunta è il glicole monopropilenico inibito (C3H8O2), non tossico. Le percentuali in volume dipendono dalla temperatura esterna minima e comunque non si può superare una percentuale massima del 50% di glicole. Riporto la relazione tra composizione della miscela e temperatura di solidificazione:

Tabella B-1 : Dati tecnici della miscela acqua-glicole

Acqua Glicole monopropilenico Temperatura di solidificazione 75% 25% -10°C 68% 32% -15°C 50% 50% -32°C

Figura B-1 : Schema di impianto solare con circuito primario chiuso

Collettore solare

Reintegro acqua di rete ß Fonte ausiliare Serbatoio di accumulo Acqua fredda Acqua calda

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Tale tipologia costruttiva ha lo svantaggio di mantenere, in caso di prolungato non utilizzo, l’acqua sanitaria stagnante nell’accumulatore, favorendo l’insorgenza di legionella o altri problemi igienici.

Un’alternativa al circuito primario chiuso può essere il circuito primario aperto. In questo caso, apparso più recentemente sul mercato, il fluido vettore, composto da semplice acqua, non è in pressione e viene fatto circolare all’interno dei collettori solamente durante la fase del trasferimento di calore; quando le condizioni favorevoli per lo scambio termico non ci sono più, le pompe di circolazione si fermano e determinano lo svuotamento dei collettori e di tutto il circuito. Quindi è necessario incorporare un serbatoio di svuotamento del fluido termico, la cui funzione sia di raccogliere il fluido. Le tubazioni che connettono questo serbatoio e la base inferiore dei collettori devono essere trattate e costruite con una leggere pendenza verso il serbatoio stesso, in modo che quando la pompa non funziona, il fluido retroceda verso il contenitore e i tubi si svuotino completamente. I collettori rimangono vuoti con l’obiettivo di eliminare il rischio di congelamento durante il periodo delle basse temperature. Inoltre, dal momento che viene usata direttamente l’acqua del circuito primario, si ha un notevole ricambio di fluido che evita problemi di stagnazione e igienici. Inoltre, il serbatoio di svuotamento è utile durante il tempo di fermata dell’installazione coincidente con una forte insolazione (fenomeno della stagnazione termica): infatti, il collettore in questo caso si riscalda fino alla temperatura massima, però, poichè non contiene fluido termovettore, dato che esso si trova nel serbatoio, non si generano temperature né pressioni alte, migliorando la sicurezza dell’installazione stessa e delle persone; l’impiantistica necessaria al circuito del fluido termico è inoltre più semplice in questi tipi di impianti.

Figura B-2: Schema di impianto solare con circuito primario aperto

Utenza Collettore solare

Reintegro acqua di rete

Serbatoio di accumulo

 Tipologia di circolazione del fluido primario: a circolazione naturale o forzata.

Nel caso della circolazione naturale, per far muovere il fluido vettore nel sistema, si sfrutta la differenza di densità tra liquido caldo, più leggero, e quello freddo, più pesante (processo convettivo). Il liquido, riscaldandosi nel pannello solare si dilata e galleggia rispetto a quello più freddo presente nello scambiatore del serbatoio di accumulo spostandosi, quindi, nello scambiatore posto più in alto rispetto al pannello solare cedendo il suo calore all’acqua sanitaria del secondario.

Questa tipologia è più semplice ed economica di quella a circolazione forzata: facile da installare e meno costosa a parità di superficie e di accumulo. Non esiste consumo elettrico dovuto alla pompa di circolazione, né possibili guasti o manutenzione. Il serbatoio viene

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disposto ad un’altezza maggiore di quella dei pannelli solari a cui è collegato, in modo che il fluido caldo possa fluire, attraverso la linea di mandata, in alto verso l’accumulo e raffreddandosi all’interno di esso, possa ridiscendere nei pannelli attraverso la linea di ritorno.

La circolazione naturale, rispetto a quella forzata, risulta essere più sensibile alle perdite di carico del circuito primario e vengono, quindi, realizzati sistemi kit compatti dove il serbatoio di accumulo è disposto molto vicino al pannello solare.

Un impianto a circolazione naturale con serbatoio esterno è adatto in regioni con temperature notturne non rigide ed è più appropriato a chi necessita di una quantità d’acqua relativamente modesta (uso familiare) e soprattutto per la produzione di acqua calda sanitaria.

La circolazione forzata avviene con l’aiuto di pompe solo quando nei pannelli il fluido vettore si trova ad una temperatura più elevata rispetto a quella dell’acqua contenuta nei serbatoi di accumulo.

Per regolare la circolazione ci si avvale di sensori che azionano la pompa quando la temperatura del fluido vettore nel collettore è maggiore di quella nel serbatoio di accumulo di un certo numero di gradi.

La maggior velocità del fluido vettore permette un maggior scambio termico e quindi il rendimento del pannello è leggermente superiore, a scapito di un maggior costo di installazione e di eventuale assistenza tecnica in caso di guasto di un qualsiasi apparecchio meccanico o elettrico.

Gli impianti a circolazione forzata sono comunemente usati per impianti medio-grandi.

 Tipologie di collettore solare: piano o a collettori sottovuoto

I collettori sottovuoto sono costituiti da una sequenza di cilindri in vetro al cui interno si hanno i tubi in cui scorre il fluido termovettore inseriti su una piastra captante che divide assialmente il cilindro in due parti. Tra cilindro di vetro e piastra captante viene creato il vuoto (si chiamano anche collettori a tubi evacuati) ovvero viene raggiunta una pressione di circa 10-3 bar. In tal modo le perdite per convezione vengono drasticamente ridotte. Inoltre, se si interviene sulla piastra con trattamenti selettivi anche le perdite per irraggiamento vengono ridotte. In tal modo si ha un collettore dotato di efficienza molto maggiore di quello piano e che raggiunge temperature del fluido termovettore molto maggiori (150-180°C). Quindi i maggiori vantaggi del collettore sottovuoto sono quelli di mantenere una elevata efficienza anche in presenza di ambiente esterno molto freddo o di scarso irraggiamento e di raggiungere temperature del fluido di lavoro tali da consentire il riscaldamento e il condizionamento degli edifici, o addirittura la generazione di vapore. A fronte di tali vantaggi, il costo aumenta molto e sono più delicati, nell’installazione, rispetto agli altri. Non approfondisco tale tema perché ritengo che per la semplice produzione di acqua calda, siano preferibili, o comunque più che sufficienti i tradizionali collettori piani, che descrivo meglio nel successivo paragrafo.

Il collettore solare piano

Il collettore solare, è il dispositivo principale di questa tipologia di installazione, atto alla conversione della radiazione solare (nelle sue componenti diretta, diffusa e riflessa) in energia termica e al suo trasferimento al fluido termico in esso circolante. Per i collettori piani, l’area della superficie che assorbe la radiazione è pari a quella che intercetta la

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radiazione solare.

Le temperature di processo che si possono ottenere con questa tipologia di pannello solare sono comprese tra 20 °C e 90 °C, quindi minori rispetto a quelle nel caso di utilizzo dei collettori sottovuoto.

Figura B-3 : Il collettore solare piano

Il collettore solare piano si utilizza nei settori residenziali, commerciali ed industriali. Il principale parametro di disegno dell’installazione è l’area dei collettori necessaria a produrre il calore richiesto nel processo. Tale area dipende dalla radiazione solare intercettata, dalle perdite di energia proprie del collettore, dalle perdite di energia attribuibili al resto dell’installazione e dal futuro utilizzo dell’impianto.

I pannelli solari sono dotati di staffe di fissaggio affinché possano essere bloccati sopra le tegole del tetto garantendo un buon ancoraggio al tetto stesso ed evitando infiltrazioni di acqua piovana. Più facilmente, possono essere disposti in giardino, su un terrazzo, ecc.

Componenti principali di un impianto a collettori piani

Iniziamo prima di tutto col descrivere sommariamente i componenti e le caratteristiche di un collettore piano, e in seguito quelli dell’impianto a collettori piani:

 Copertura trasparente

La copertura del collettore è trasparente e ha un doppio compito: attenuare le perdite di calore del convertitore impedendo il più possibile il rilascio della radiazione che esso emette, ed evitare che l’aria esterna entri in contatto con il convertitore e provochi perdite per convezione.

L’attenuazione delle perdite di calore per radiazione dalla superficie dell’assorbitore si può ottenere sfruttando l’”effetto serra”. Questo effetto si ha quando l’ambiente interno viene protetto da quello esterno dalla superficie trasparente della copertura: la radiazione solare che arriva dall’esterno si trasmette attraverso la superficie trasparente e si propaga fino alla zona interna, dove è intercettata dalla superficie della piastra del convertitore, e fa sì che la piastra aumenti la sua temperatura. All’aumentare della propria temperatura, la piastra assorbente emette una radiazione di lunghezza d’onda maggiore (infrarosso), con

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minore energia, e questa radiazione interna non si trasmette all’esterno: di conseguenza, rimane intrappolata tra la piastra e la copertura, effetto che non permette la trasmissione della radiazione di origine termico dalla piastra verso l’esterno.

Le coperture possono essere di vetro o di plastica, anche se quest’ultimo materiale invecchia rapidamente sotto l’azione dei raggi ultravioletti ed inoltre può rigarsi facilmente, comportando una frequente sostituzione. Ciò nonostante, i materiali plastici hanno il vantaggio di un minor costo e un minor peso.

Il problema del vetro è la sua fragilità che lo rende vulnerabile agli agenti atmosferici come la grandine. Attualmente, i collettori di buona qualità utilizzano una copertura in vetro trattato capace di resistere ad urti considerevoli.

La trasmittanza, τ, del vetro è funzione della sua qualità e dell’angolo di incidenza della radiazione solare: quando i raggi solari non incidono perpendicolarmente alla superficie, essa diminuisce leggermente. Inoltre, le impurità del vetro aumentano la sua capacità di assorbimento, α.

Considerando che i raggi del Sole incidono sulla copertura con angolo variabile durante il giorno, si possono considerare come valori medi per i coefficienti di assorbimento, di trasmittanza e di riflessione (ρ) rispettivamente 2%, 88% e 10%.

La distanza di separazione consigliabile tra la copertura trasparente e l’assorbitore è dell’ordine dei 25-40 mm.

La copertura deve essere stagna affinché non possa entrare aria che porterebbe a perdite per convezione, né tanto meno polvere e umidità che provocherebbero il deterioramento del collettore diminuendo il rendimento.

La copertura può essere composta da un solo vetro, da due vetri o da tre vetri, o anche può non essere presente. Quest’ultima tipologia ha il vantaggio di essere poco costosa e di avere un ottimo rendimento in condizioni ottimali di irraggiamento quando la temperatura esterna è alta. A causa della mancanza di isolamento il loro rendimento diminuisce rapidamente all’allontanarsi dalle condizioni ottimali a causa delle perdite per convezione. Sono adatti perciò al solo uso stagionale ed esclusivamente per la produzione di acqua calda sanitaria; sono spesso impiegati nel riscaldamento delle piscine, delle docce negli stabilimenti balneari, nei campeggi, ecc… Per quanto riguarda la doppia e tripla copertura, essa permette un minore scambio termico con l’esterno, ma anche una minore captazione dell’energia radiante solare che viene assorbita da due o tre lastre di vetro e riflessa indietro in piccola parte. Quindi a valle della tripla copertura giungerà certamente una minor quota di radiazione rispetto al caso con copertura singola. In commercio, per produzione di ACS sono presenti per la maggior parte collettori a singola copertura.

 Convertitore o Assorbitore

Nel caso del collettore a liquido, l’assorbitore si compone di una piastra assorbente e di condotti per il fluido termico.

La piastra intercetta la radiazione solare trasmessa dalla copertura e la trasforma in energia termica (trasformazione fototermica); quindi la temperatura della piastra aumenta e viene ceduta al fluido che circola attraverso i condotti (se esso si trova ad una temperatura inferiore a quella della piastra).

Come è noto, il corpo caratterizzato da maggior assorbimento è il corpo nero; per questo motivo conviene che la piastra assorbente tenda a comportarsi come tale. Essa deve avere quindi un coefficiente di assorbimento (α) molto alto e un coefficiente di riflessione (o emissività) molto basso. Quest’ultimo è particolarmente importante perchè la piastra raggiunge temperature tra 40 °C e 100 °C e si converte in un emettitore di raggi infrarossi diretti verso la copertura trasparente. Per i collettori in commercio, i valori di α sono

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dell’ordine di 90-95%, mentre quelli di ε sono circa 5-10%. Per avere questi valori di emissività vengono utilizzate coperture selettive, le quali possiedono un grande coefficiente di assorbimento ed un basso potere emissivo per i raggi infrarossi emessi dalla piastra. Tali superfici sono formate da un sottile strato di ossido metallico, di color nero, disposto sopra un metallo che ha funzione di base: gli strati selettivi possono essere ottenuti con procedimento galvanico (cromo, alluminio con pigmentazione al nichel) oppure applicati sottovuoto (per esempio Tinox o Cermet). La superficie selettiva con cui sono stati raggiunti i migliori risultati è quella formata da uno strato di ossido di cromo estremamente fine posato sopra uno strato di nichel, poggiato a sua volta sopra l’assorbitore: tale superficie ha un coefficiente di assorbimento α prossimo al 95% nel range della lunghezza d’onda della radiazione solare e un’emissività ε minore del 10% nelle lunghezze d’onda della radiazione termica.

I materiali comunemente utilizzati per costruire la piastra e i tubi sono il rame e l’acciaio inossidabile.

I tubi possono essere disposti in serie o in parallelo; nel primo caso tutto il fluido termico circola in un unico tubo che si dispone a serpentina sopra la piastra, nel secondo caso, i tubi sono installi in modo da formare una griglia tra due tubi perpendicolari di diametro maggiore anch’essi denominati collettori di liquido. Il fluido entra nel collettore inferiore e si distribuisce nei tubi della griglia.

Il fluido circolante deve stare direttamente in contatto con l’assorbitore in modo che il trasferimento di calore dalla piastra al fluido si realizzi nelle migliori condizioni.

I tubi nei quali circola il liquido e la piastra sono solitamente saldati, per tutta la lunghezza del tubo o per punti; è importante che la saldatura sia metallica affinché lo scambio termico si realizzi attraverso una superficie di alta conduttività termica. Se tra il tubo e la piastra esistono zone di contatto inefficienti, per esempio se è presente uno strato di aria tra i due, il passaggio di calore viene effettuato per convezione anziché per conduzione; la convezione genera una resistenza termica maggiore e per questo il trasferimento è reso più difficile.

 Isolamento termico

Il convertitore si trova ad una temperatura maggiore di quella ambiente e, per questo motivo, trasferisce spontaneamente calore all’atmosfera che lo circonda. Per ridurre l’emissione del calore dalla faccia posteriore, è installata una lamina di isolante termico, di 4-5 cm di spessore, tra la faccia e la cassa.

Per impedire la dispersione di energia termica, sono importanti le proprietà fisiche dell’isolante, come la conduttività termica, la densità, la temperatura massima di servizio, il comportamento con il contatto con l’umidità, la stabilità chimica, il prezzo, ecc.

Un isolante molto impiegato è la lana di vetro, che oltre ad avere un basso coefficiente di conduttività termica, è economico e resiste a temperature dell’ordine dei 150 °C. Tuttavia, ha l’inconveniente di perdere la capacità di isolamento in contatto con l’umidità, pertanto l’unione dei componenti con la cassa deve essere completamente stagna.

 Cassa

La cassa alloggia l’insieme dei componenti che costituiscono il collettore e la sua funzione principale è assicurare l’impermeabilità di esso. Se l’aria riuscisse ad entrare attraverso la cassa, si riscalderebbe al contatto con l’assorbitore e uscendo provocherebbe perdite di calore difficilmente stimabili; inoltre, trasporterebbe all’interno del pannello contaminanti

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e vapore d’acqua. I primi corroderebbero la piastra, mentre il vapor d’acqua condenserebbe al momento del raffreddamento dell’assorbitore, si depositerebbe sulla superficie inferiore della copertura in forma di gocce che cadrebbero successivamente sulla piastra del convertitore. Quando il collettore torna a scaldarsi, le goccioline evaporerebbero appannando la superficie interna della copertura, diminuendo la trasmittanza del vetro e riducendo il flusso di radiazione, causando tre effetti negativi: minor captazione di radiazione, minor calore trasferito al fluido termico e minor rendimento del collettore. La cassa deve sopportare il passare del tempo con il minimo deterioramento possibile: ciò esige una qualità sufficiente dei materiali utilizzati, i quali devo resistere all’azione dell’atmosfera e alle tensioni termiche originate dalle variazioni di temperatura continue. Si costruisce, cosi, con acciaio trattato ed è sconsigliato l’utilizzo sia del legno, facilmente deformabile, che di materiali plastici, i quali si degradano per l’azione della radiazione ultravioletta.

 Serbatoio di accumulo

Il serbatoio di accumulo, ha come finalità, nei limiti possibili, quella di compensare lo sfasamento esistente tra la disponibilità di energia solare e la domanda di energia da parte dell’utenza. Quando la potenza utile (trasferita dal collettore al fluido termovettore) è maggiore del carico termico istantaneo, l’eccesso di energia viene immagazzinato nell’accumulatore, che fornisce invece energia all’utenza nei periodi di mancanza o insufficienza dell’energia solare; è necessaria però una integrazione mediante una fonte ausiliaria.

Nei sistemi solari in genere l’energia termica viene accumulata in virtù dell’aumento della temperatura del materiale di accumulo (generalmente acqua).

L’accumulo deve essere progettato nel contesto del sistema solare utilizzato, ossia considerando il fluido vettore in uso, le temperature di lavoro, e altri parametri.

I materiali comunemente adoperati per la costruzione di un serbatoio di accumulo sono l’acciaio inossidabile e, come isolante, il poliuretano.

La capacità ottimale di un serbatoio è influenzata dalla variazione temporale attesa della radiazione solare, dalla variazione temporale della domanda (acqua calda sanitaria, riscaldamento o raffrescamento), dal grado di affidabilità richiesto, dalla somministrazione ausiliaria di energia, ecc… Come si vedrà più avanti, nello studio del metodo Carta-f, vi sono alcuni valori empirici del volume di accumulo in funzione dell’area collettrice, che sono ritenuti accettabili.

Il mezzo di accumulo più comune è l’acqua: è la sostanza più conosciuta, ha buone qualità, ha un’alta capacità termica e rimane allo stato liquido nel range abituale delle temperature utilizzate nei collettori piani, ha proprietà di trasporto eccellenti (viscosità, conduttività termica, densità...), non è tossica né infiammabile, è molto economica. Inoltre, per impianti a circuito aperto, è l’unico fluido utilizzabile a fini sanitari. Presenta comunque degli inconvenienti, come per esempio favorisce la corrosione elettrolitica quando si usano materiali distinti, congela a 0 °C e si espande nel farlo, bolle a 100 °C a pressione ambiente, è un buon solvente per l’ossigeno favorendo l’ossidazione.

All’interno dei serbatoi di accumulo attualmente in commercio è presente il fenomeno della stratificazione, cioè si ha la formazione di livelli di temperatura ben differenziati, con la parte superiore più calda di quella inferiore, a causa della differenza di densità. Questo processo risulta essere molto utile dato che si vuole inviare ai servizi acqua più calda possibile e trasmettere ai collettori acqua più fredda possibile per aumentare il loro rendimento. Un procedimento per conseguire la stratificazione consiste nel fare uso di bassi valori di portate, in modo che si abbiano piccole entrate ed uscite di fluido in

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confronto al volume di accumulo e a basse velocità. Inoltre, bisogna scegliere attentamente i punti di immissione ed emissione del fluido, usando distributori appositamente disegnati. Esistono quattro tipologie principali di serbatoi di accumulo ad acqua: quello dotato di uno o due scambiatori interni, quello senza scambiatore interno, quello ad intercapedine e infine il doppio serbatoio.

Nel primo caso, l’accumulatore ha al suo interno due scambiatori a serpentino, l’uno che provvede a trasferire il calore dal circuito primario al liquido contenuto nel serbatoio e l’altro che invece fornisce l’energia ausiliaria generata o da una caldaia o da una resistenza elettrica (fig.B-1).

Nel secondo caso, invece è presente uno scambiatore esterno al serbatoio attraversato dal fluido circolante per il collettore (circuito primario) e dal liquido che immagazzina calore contenuto direttamente nell’accumulatore (circuito secondario) e da esso viene trasportato fino ai dispositivi sanitari. E’ principalmente utilizzato per impianti medio-grandi ed è schematizzato in fig. B-3.

Al contrario la terza tipologia è utilizzata specialmente per piccoli impianti: il fluido del circuito primario scorre in una intercapedine esterna al serbatoio di accumulo (fig.B-4). Nel quarto caso si hanno due serbatoi di accumulo: quello solare, che alloggia il serpentino di scambio col circuito primario del collettore; e quello secondario, cui giunge l’acqua dal serbatoio primario e che alloggia il serpentino di scambio della caldaia (fig.B-5).

Il serbatoio di accumulo lavora a una temperatura superiore a quella dell’ambiente che lo circonda, quindi perde calore e tende a raffreddarsi. A differenza degli altri componenti del circuito, l’accumulatore può lavorare anche 24 ore al giorno quindi deve essere ben isolato termicamente per evitare ingenti perdite di calore.

La terza tipologia di accumulo, quella a doppio serbatoio, consente di sfruttare al meglio l’energia termica dei collettori, sebbene sia più ingombrante: infatti, il riscaldamento integrativo attuato direttamente nel serbatoio d’accumulo fa crescere la temperatura di tutta l’acqua contenuta nel serbatoio stesso, fatto che può limitare la quantità di calore

scambiabile fra i pannelli e l’accumulo.

Tali perdite dipendono anche dall’area esterna del serbatoio in contatto con l’aria: se l’area necessaria per immagazzinare un determinato volume di liquido è minima, la perdita di calore diminuisce.

L’accumulatore deve essere progettato in modo da potervi incorporare gli strumenti di misura di temperatura e pressione e che disponga di un accesso per la pulizia e lo svuotamento.

Tipicamente, l’accumulo di calore viene effettuato con un obiettivo temporale di sfruttamento breve, ossia in termini di ore, al massimo giorni.

Ogni singolo serbatoio dovrà essere dotato di: -sfiato aria automatico;

-vaso di espansione a membrana intercambiabile di tipo alimentare; -valvola di sicurezza e scarico termico;

-indicatore temperatura dell’acqua calda sanitaria;

-manometro per l'indicazione della pressione di rete e, qualora necessario, un riduttore di pressione.

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Figura B-4; B-5: Serbatoio con scambiatore esterno e ad intercapedine

Figura B-6: Schema di impianto solare a doppio serbatoio

 Pompa di circolazione

Tale macchina è usata sia nel circuito primario che nel secondario. Nel circuito primario permette la circolazione del fluido termovettore dal collettore fino al serbatoio di accumulo, realizzando quindi una circolazione forzata e non naturale. Il suo utilizzo origina un miglioramento del trasferimento di calore dal collettore al serbatoio, causando la diminuzione della temperatura della piastra assorbente e migliorando la conversione da radiazione solare a calore.

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sanitario in tutti i dispositivi di erogazione. Inoltre vi è la pompa di circolazione del riscaldamento ausiliario. Per stabilire quale pompa utilizzare è necessario conoscere la portata del fluido che circola nell’installazione, la differenza di pressione che deve vincere, la potenza del motore elettrico che la aziona, la temperatura del fluido e la sua composizione chimica in maniera da prevenire la corrosione.

In caso di utilizzo di una pompa di circolazione, si ha un aumento del costo dell’installazione e un consumo addizionale di elettricità, compensati da un aumento di rendimento dell’intero sistema.

 Sistema di controllo

La funzione del sistema di controllo è mettere in moto le pompe dei circuiti primario e secondario, assicurando il trasferimento di calore dal collettore solare allo scambiatore e dal serbatoio di accumulo al carico termico. Esiste un sistema di controllo per il circuito primario e uno per il secondario.

Nel caso del primario, il regime di funzionamento della pompa deve essere tale che vi possa essere trasferimento di calore dal collettore al serbatoio, o comunque dal collettore allo scambiatore d’interfaccia, ma non vi sia mai uno scambio termico nel senso inverso: ponendo una termoresistenza all’uscita del collettore e un’altra nel serbatoio, vengono misurate le temperature locali del fluido e attraverso il termostato viene calcolata la differenza tra le due: se tale differenza è maggiore di zero, la pompa viene messa in funzione, se invece è minore di zero, il termostato mantiene inattiva la pompa per evitare il trasferimento di calore dal serbatoio al collettore. Vi è un ulteriore dispositivo, la valvola di ritegno, che, azionata da un termostato differenziale, impedisce anche la circolazione naturale del fluido dal serbatoio al collettore, fatto che si verifica se il collettore si trova più in alto rispetto al serbatoio, sia in caso di scarsa insolazione sia nel periodo notturno. Per quanto riguarda il circuito secondario, la temperatura dell’acqua sanitaria richiesta viene mantenuta costante attraverso un termostato differenziale che mette in azione o meno la pompa di circolazione del circuito di riscaldamento ausiliario.

 Fonte ausiliaria di energia

Quando il calore utile ottenuto dalla radiazione incidente sull’assorbitore è minore del carico termico del processo, è necessario utilizzare una fonte di energia convenzionale, denominata fonte ausiliaria, alimentata da combustibile fossile o di altra provenienza. La fonte ausiliaria più comune è costituita dalla caldaia presente nell’edificio e la sua funzione è quella di integrare il carico termico prodotto dall’impianto solare quando la radiazione solare non sia sufficiente a fornire acqua calda sanitaria alla temperatura stabilita.

L’apporto ausiliare di energia con la caldaia si realizza o tramite una valvola deviatrice o tramite un riscaldamento integrativo entro il serbatoio di accumulo solare stesso. La prima soluzione fa sì che l’acqua, con temperatura inferiore a quella richiesta, venga deviata e inviata alla caldaia murale o all’accumulo della caldaia a basamento. La seconda soluzione invece prevede un riscaldamento integrativo in parallelo tramite serpentino aggiuntivo entro il serbatoio di accumulo solare (fig. B-1): se l’acqua entro il serbatoio scende al di sotto di una temperatura soglia allora viene attivata la pompa di riscaldamento integrativo. Inoltre, la caldaia può essere anche utilizzata, effettuando un riscaldamento aggiuntivo al giorno, per distruggere i batteri, come la legionella.

Un altro modo per riscaldare ulteriormente il fluido entro il serbatoio se la temperatura non è sufficiente è inserire una resistenza elettrica nella parte superiore del serbatoio: lo schema dell’impianto risulta inalterato (fig. B-1).

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Bilancio di energia e rendimento del collettore piano

Attraverso metodi sperimentali, è possibile ricavare l’espressione del calore utile, qu [W/m2], cioè la parte sfruttabile del calore ottenuto dalla conversione della radiazione solare, esprimendolo in funzione della portata di fluido termico e delle sue temperature, quella d’ingresso e quella di uscita dal collettore, tutte variabili misurabili:

) ( out,c in,c p

u mc T T

q = −

Il collettore piano intercetta la radiazione solare totale, Gtot [W/m2], e la converte in calore, di cui la parte successivamente sfruttabile, Qu [W], viene trasferita al fluido termico che circola per le tubazioni saldate alla piastra; questa operazione si realizza nel convertitore. La funzione del resto dei componenti del collettore è quella di proteggere il convertitore, facilitare la trasmissione del flusso radiante, diminuire le perdite e assicurare il funzionamento per molto tempo.

Si può cosi definire il rendimento istantaneo del collettore ηc come il rapporto tra il calore utile e la radiazione incidente:

u c tot c Q G A η =

dove Ac è l’area del collettore esposta alla radiazione.

Nel funzionamento di un collettore intervengono, oltre alla fonte di energia, la geometria e i materiali, con le loro proprietà ottiche, la tecnologia, il processo termico e la meteorologia. Quindi esisterà una stretta dipendenza tra il rendimento e questi fattori. Dato che il collettore si trova ad una temperatura maggiore di quella dell’atmosfera che lo circonda, ci sarà un trasferimento di calore, per radiazione, verso lo spazio esterno, e per convezione, soprattutto quando si è in presenza di vento. Questi ed altri fenomeni confermano che parte della radiazione solare viene dissipata prima di raggiungere il fluido termovettore, riducendo così il rendimento.

Analizziamo, ora, i bilanci energetici per determinare il calore utile trasportato dal fluido termico e di conseguenza il rendimento del pannello solare.

L’irraggiamento solare totale incidente che raggiunge il convertitore per unità di tempo deve essere uguale alla somma del calore utile, qu, più le perdite del collettore:

( )

( )

( )

c b b d d u p a

A G

τα

+G

τα

= +q q +q dove

Ac = area del collettore

Gb = Irraggiamento solare diretto incidente per unità di superficie Gd = Irraggiamento solare diffuso incidente per unità di superficie

(τα) = prodotto efficace trasmittanza-assorbanza della copertura trasparente per radiazione collimata o diffusa.

qu = calore utile trasferito al fluido

qp = perdite per trasferimento di calore in condizioni normalizzate

qa = calore accumulato nel collettore a temperatura maggiore di quella ambiente Le perdite per trasmissione del calore in condizioni normalizzate, qp, sono quelle ottenute nella prova in condizioni standard del collettore e includono quelle per radiazione e per

(13)

convezione (in base all’entità della velocità del vento). Hanno origine a causa della differenza di temperatura tra il collettore e l’ambiente esterno e l’aria che lo circonda. In questa trattazione non viene preso in considerazione il calore accumulato (qa) nel collettore perché difficilmente calcolabile.

Ritornando all’equazione precedente, si può considerare il collettore come uno scambiatore di calore con l’atmosfera dotato di un coefficiente globale di scambio Uc [W/m2/°C]. Così, si può scrivere la relazione della potenza utile trasferita al fluido, esplicitando le perdite per trasferimento di calore qp, come segue:

( )

(

)

u c tot c p est

q =A G

τα

U TT con

Tp = temperatura della piastra assorbente Test = temperatura dell’ambiente esterno

Dalla relazione precedente si deduce che per ottenere il maggior calore utile possibile, la trasmittanza della copertura e il coefficiente d’assorbimento della piastra devono essere i più alti possibili, mentre conviene ovviamente ridurre le perdite. Ciò è possibile intervenendo sul coefficiente globale di trasferimento del calore. Esso dipende fortemente dalla selettività della piastra, dal numero di coperture presenti, ma è praticamente costante in condizioni operative normali.

Inoltre, sempre dall’equazione precedente, si deduce che le perdite di calore sono minori quanto minore è la temperatura della piastra assorbente e aumentano con la differenza tra la temperatura della piastra e l’ambiente.

Purtroppo, la temperatura della piastra è difficilmente determinabile dato che non è costante: infatti, se consideriamo un pannello con tubi disposti in parallelo, avremo che la portata del fluido che arriva nella parte bassa del collettore non si ripartisce in parti uguali, si avranno diverse perdite di carico e di conseguenza un differente trasferimento di calore e dunque un differente campo di temperature trasversale; inoltre, il fluido, durante il suo tragitto, assorbe calore dalla piastra e così genera un gradiente di temperatura anche in senso verticale. Un discorso analogo è possibile farlo anche per pannelli con tubi disposti in serie.

Per aggirare il problema della determinazione della temperatura della piastra assorbente, è possibile fare un’approssimazione considerando la temperatura del fluido in ingresso al collettore, Tin,c, e introducendo un fattore di correzione, detto fattore di rimozione termica FR. Tale fattore mette in relazione la potenza utile effettiva di un collettore e quella che si avrebbe nel caso tutta la superficie del collettore fosse alla temperatura di ingresso del fluido. In quest’ultimo caso la potenza è quella massima trasferibile in quanto le perdite di calore sono le minime. Quindi FR è così definito:

(

)

(

)

. , , , p out c in c R tot C in c est mc T T F lL

τα

G U T T − =    

Dove con i simboli l e L si indicano le dimensioni del collettore.

Da ciò si può quindi esprimere la potenza raccolta da un collettore di superficie unitaria, detta equazione di Bliss:

(

,

)

u R c tot c in c est

(14)

Inoltre dividendo l’espressione della potenza raccolta, per la radiazione solare totale intercettata, si ottiene il rendimento istantaneo del pannello solare:

, in c est u c R R c tot c tot T T Q F F U G A G

η

= =

τα

− −

- Prodotto efficace trasmittanza-assorbanza

Per quanto riguarda il prodotto efficace trasmittanza-assorbanza che compare nel bilancio energetico prima visto, esso è determinato sia dal coefficiente di trasmissione della copertura (τ), sia dal coefficiente di assorbimento della piastra (α) dipendente dall’inclinazione del collettore, sia dal coefficiente di riflessione della copertura (ρ). Infatti, dell’energia incidente sulla piastra una quota percentuale pari a τα viene assorbita, mentre una quota pari a (1-α) τ viene riflessa verso la copertura trasparente; questa a sua volta ne riflette una parte di nuovo indietro verso la piastra, pari a (1-α) τ ρ. Quindi il prodotto efficace trasmittanza-assorbanza differisce dal semplice prodotto del coefficiente di trasmissione della copertura per il coefficiente di assorbimento della piastra. Per una sola copertura dunque si ottiene il valore del prodotto efficace trasmittanza-assorbanza così:

( )

(

)

1 1

τα

τα

α ρ

= − −

Si deve tener presente che (τα) dipende dall’angolo di incidenza della radiazione ed è caratteristico delle tre tipologie di radiazione, diffusa, diretta e riflessa: con ciò avremo tre prodotti trasmittanza-assorbanza: (τα)b (τα)d (τα)r . Ognuno di questi parametri è variabile istante per istante (poiché l’angolo di incidenza varia istante per istante) ed è complicato a calcolarsi istante per istante.

Quindi, per calcolare le prestazioni a lungo termine del sistema, viene definito il prodotto trasmittanza-assorbanza normale, ovvero per angolo di incidenza pari a 90°, detto (τα)n, che risulta quindi costante, a seconda del tipo di collettore. Viene poi calcolato il rapporto (τα)/(τα)n in base all’angolo medio mensile di incidenza, all’angolo di inclinazione del collettore, alla latitudine e al numero di coperture del collettore. Inoltre in base ad uno studio di Klein, si stima che per collettori orientati completamente a sud il prodotto trasmittanza-assorbanza medio mensile sia pressoché uguale a quello globale medio mensile, ovvero:

( ) ( )

τα b ≃ τα

Occorre quindi calcolare il prodotto trasmittanza-assorbanza (τα)b. Per fare ciò viene utilizzato il grafico dello studio di Klein, che fornisce il valore dell’angolo di incidenza medio mensile per radiazione diretta. I dati di ingresso sono la latitudine (qui ho dovuto adottare un valore approssimato di 40°N), i vari mesi dell’anno e l’inclinazione del collettore.

I valori ottenuti sono poi utilizzati come valori di ingresso per ricavare da un altro grafico il valore richiesto del rapporto

( )

( )

n

τα

τα

.

Riporto qui i due grafici e una tabella con il calcolo dei valori di trasmittanza-assorbanza nel caso di due angoli di inclinazione diversi :

(15)

Figura B-7 : Angolo di incidenza medio mensile per la radiazione diretta per collettori rivolti a sud

Figura B-8 : Valori del rapporto

( )

( )

bn

τα

(16)

Tabella B-9 : Angoli di incidenza e rapporto dei prodotti assorbenza-trasmittanza per vari angoli di inclinazione del collettore

Mese Angolo di inclinazione di 60° Angolo di inclinazione di 30° Angolo di inclinazione di 50° Angolo di incidenza medio (θb)

( )

( )

n

τα

τα

Angolo di incidenza medio (θb)

( )

( )

n

τα

τα

( )

( )

n

τα

τα

gennaio 35° 0,96 48° 0,93 0,96 febbraio 36° 0,96 44° 0,94 0,95 marzo 40° 0,95 40° 0,95 0,94 aprile 46° 0,94 37° 0,95 0,94 maggio 52° 0,92 37° 0,95 0,92 giugno 55° 0,9 37° 0,95 0,91 luglio 54° 0,9 37° 0,95 0,91 agosto 48° 0,93 37° 0,95 0,93 settembre 43° 0,94 38° 0,95 0,94 ottobre 37° 0,95 43° 0,94 0,94 novembre 36° 0,96 47° 0,94 0,95 dicembre 35° 0,96 51° 0,92 0,96

Alcuni valori plausibili per i parametri più importanti (coefficiente globale di scambio (UC) e il fattore di rimozione FR) di un collettore piano si possono trarre dalla letteratura ([6],[8]) e dai pannelli in commercio. Come si vedrà in seguito mi sono riferita a questi per i calcoli successivi:

Figura B-10: Valori dei parametri caratteristici dei collettori solari Tipologia della piastra Tipologia della copertura FR(τα)n FRUC (W/m2K)

Non selettiva 1 vetro 0,85 6,5-7,5

Non selettiva 2 vetri 0,75 3,5-5,5

Selettiva 1 vetro 0,85 3,5-4,5

Selettiva 2 vetri 0,75 3-4,5

Occorre, dal momento che tali valori sono riferiti ad un angolo di incidenza normale alla piastra, calcolare, in base ai grafici precedentemente esplicati, il fattore correttivo che tenga conto, mese per mese dell’angolo effettivo di incidenza. Dal momento che tratterò sempre collettori ad una copertura, selettivi, si possono intanto ipotizzare alcuni dati:

Si assume comunque un valore di prodotto efficace trasmittanza-assorbanza (τα)n= 0,88. Quindi il prodotto FR(τα)n risulta pari a 0,792, minore di quello indicato.

Inoltre il valore di FR da adottare nel caso di impianto a liquido è consigliato essere pari a 0,9.

Il coefficiente globale di scambio è, in commercio, pari (cautelativamente) a 4,5 W/m2K per piastre selettive, quindi il prodotto FRUC risulterà pari a 4 W/m2K, valore intermedio tra quelli proposti.

(17)

Calcolo della percentuale di fabbisogno coperto dal solare

Per progettare nel modo più corretto gli impianti solari per la produzione di acqua calda sanitaria e/o per riscaldamento è necessario simulare tutti i componenti dell’impianto tra i quali il campo dei collettori, il serbatoio di accumulo, gli scambiatori di calore (se presenti) ed il sistema di distribuzione del calore con modelli dinamici in grado di risolvere le equazioni di conservazione della massa e dell’energia per i vari componenti dell’impianto. Il dimensionamento dei vari componenti è in genere un problema molto delicato, che non viene trattato diffusamente in questo ambito. Tuttavia le indicazioni ([11], [7]) che riguardano la portata d’acqua nei collettori

. p collettore mc    

  e il volume del serbatoio di

accumulo (Vc) possono essere accolte abbastanza tranquillamente e sono così assunte in funzione della superficie captante:

. 2 2 0, 015 / 50 100 / p collettore c c c mc kg m s S V l m S       ÷ ≃ ≃

Per quanto riguarda invece il dimensionamento della superficie captante, esso deve essere il risultato di una attenta analisi del fabbisogno termico, della percentuale coperta dall’impianto, dal periodo di fermo (e dei danni causati dalla stagnazione) ecc…

Esiste un metodo semplificato sviluppato presso l’Università dell’Wisconsin-Madison (USA) da Klein, Beckmann e Duffie [6], conosciuto con il nome di Carta-f ottenuto sulla base dei risultati di numerose simulazioni dinamiche del comportamento di alcuni impianti di riferimento. Sono disponibili due versioni della Carta-f: la prima per impianto a liquido e la seconda per impianti ad aria. Mediante tale metodo è possibile calcolare rapidamente la frazione (f) del fabbisogno termico mensile supplita da un impianto avente determinate caratteristiche e quindi la frazione solare annua f; si tratta di un metodo che, applicato opportunamente, consente di effettuare la progettazione ottimale dell’impianto.

Per il caso in questione prenderò in esame soltanto il modello della carta-f per impianti a liquido a circolazione forzata.

Nei tre libri da me presi in esame [6],[7],[8] è riportato tale metodo utilizzando parametri di analisi leggermente differenti. In verità il significato fisico nei tre casi non cambia molto, ma li riporto tutti quanti per rendere più certo il risultato finale.

1. Metodo carta-f da “Ingegneria solare” di Cucumo, Marinelli, Oliveti [7]:

E’ riportato che il metodo della carta-f, sviluppato dagli autori nel caso di impianti per acqua calda sanitaria, comprende due serbatoi di accumulo, uno di preriscaldamento (con trasmittanza pari a 0,42 W/m2K) e uno di servizio per il quale sono state assunte perdite nulle, come in fig. B-11. Tale modello è applicabile anche ad impianti dotati di un solo serbatoio.

E’ importante che il carico termico di acqua calda sanitaria richiesta (L), che entrerà in gioco nell’equazione successiva, sia uniformemente distribuito all’interno del mese: questo metodo associa la radiazione giornaliera media mensile alla richiesta giornaliera media mensile e quindi se si ha un fabbisogno di ACS concentrato in pochi giorni mensili, non si

(18)

può considerare il nostro carico termico ad occupazione parziale alla stregua del semplice carico mensile perché il carico termico verrebbe uniformemente suddiviso nei 30 giorni mensili, deformando completamente la realtà. Piuttosto bisogna considerare la richiesta di ACS giornaliera nei pochi giorni di occupazione, e fingere una occupazione continuativa durante tutto il mese. Questo è il procedimento seguito in questo studio. Ulteriori approfondimenti esulano dal nostro scopo.

Figura B-11 : Impianto per cui è stato sviluppata la carta-f

Collettore solare

Reintegro acqua di rete ß Serbatoio di preriscaldamento V-2 Utenza Fonte ausiliaria Scambiatore

Vengono innanzitutto definiti alcuni parametri fondamentali per il calcolo della frazione supplita dal sole:

L è il carico termico mensile espresso in Joule (tenendo presente le considerazioni fatte prima)

E è l’energia ausiliaria mensile espressa in Joule

f , la frazione del fabbisogno termico mensile supplita dal sole, è definita come: L E

f L

− =

Tale frazione è espressa in funzione dei due parametri adimensionali principali di tale metodo (X, il parametro di perdita, e Y, il parametro solare):

2 2 3

1, 029 0, 065 0, 245 0, 0018 0, 0215

f = YXY + X + Y

Per impianti che producono soltanto acqua sanitaria il parametro X, il parametro di perdita, è così definito: X =

(

)

11, 6 1,18 3,86 2, 32 SC R C C u f a F F A U t T T T L ∆ + + −

dove Tu è la temperatura di utilizzo dell’acqua calda ( assunto pari a 40°C), Tf è la temperatura dell’acqua di rete (assunta pari a 15°C) , Ta è la temperatura esterna media mensile e ∆t è il numero di secondi contenuti nel mese.

(19)

( )

SC R C C t F F A U E N Y L

τα

=

dove Et è l’energia solare media mensile incidente sul collettore ed N il numero dei giorni mensili. Il prodotto trasmittanza-assorbanza è qui preso come valore medio mensile. L’energia solare media mensile è calcolata in base ai valori della normativa e tiene conto dell’inclinazione e dell’orientamento dei collettori (come già visto precedentemente). Tali correlazioni sono valide negli intervalli:

0 18 0 3 X Y ≤ ≤ ≤ ≤

ovvero dagli intervalli dei parametri di progetto:

( )

2 2 0, 6 0, 9 5 120 2,1 8, 3 / 30 90 n SC R C C F F A m U W m C

τα

β

≤ ≤ ≤ ≤ ≤ ≤ ° ° ≤ ≤ °

Il parametro Fsc è il fattore di de Winter, che quantifica la riduzione di energia utile raccolta dai collettori causa della differenza di temperatura nello scambiatore di calore tra il circuito dei collettori ed il serbatoio di accumulo. Esso è così definito:

( )

1 . . . min 1 1 R C C p 1 SC p p mc F A U F mc mc

ε

−       = +  −         dove . p mc    

 è la capacità termica di flusso, ovvero il prodotto tra la portata ed il calore

specifico nei collettori, mentre . min p mc    

  è il valore minimo che questa grandezza assume

nei due rami dello scambiatore;

ε

è invece l’efficienza dello scambiatore. A seconda della tipologia del circuito i valori sopra riportati e il fattore di De Winter variano molto.

Nello sviluppo della carta-f è stata usata una massa d’acqua standard di accumulo pari a 75 kg/m2. Nel caso tale valore e quindi il volume di accumulo sia diverso da quello standard, allora occorre correggere il valore del parametro X nel seguente modo.

Si assuma che il nuovo valore di X, quello da inserire nei precedenti calcoli, si definisca con la lettera Xc. Esso è quindi definito dall’espressione:

0,25 75 c capacitàreale X X −   =   

Nel mio caso, per progettare nuovi impianti, non opero tale correzione e lascio il valore standard del serbatoio di accumulo.

(20)

La portata nei collettori in questo modello è di 0,0128 lH20/sm2.

1.1 Stima dell’efficienza dello scambiatore a serpentino entro il serbatoio di accumulo:

Per il stimare l’efficienza dello scambiatore ho utilizzato il metodo dell’efficienza ε-NTU ed il circuito di riferimento è quello in figura

Le ipotesi adottate sono le seguenti:

Acqua del serbatoio completamente ferma, ovvero: . . min min . . max max 0 p p collettori p p serbatoio mc mc C C C mc mc             = = = =            

Scambio totalmente per convezione naturale Scambiatore a serpentino

Altezza del serpentino = 0,6 m

Larghezza del serpentino (assimilabile ad un cilindro) = 0,7 m Grandezza collettori = 8 m2

Percentuale di glicole in volume = 68%-32%, corrispondente a una temperatura di solidificazione di –15°C.

Densità glicole (25°C) = 1031 kg/m3 Densità acqua (25°C) = 990 kg/m3 Calore specifico glicole = 2501 J/kgK Calore specifico acqua = 4186 J/kgK

Calore specifico della miscela acqua-glicole = 3646 J/kgK Portata di miscela acqua-glicole = 0,015*8=0,12 kg/s Capacità termica dei collettori = 437 W/K

Lato esterno:

La correlazione usata per ricavare un valore del numero di Nusselt è quella per cilindro verticale, ovvero per piastra verticale:

(

)

0,333 0,13 Pr

Nu= Gr

Dove il numero di Grashof si ottiene così:

2 C TgL Gr β ν ∆ =

∆T è la differenza di temperatura tra la miscela acqua-glicole che scorre nel circuito

primario e l’acqua del serbatoio di accumulo. Essa è certamente variabile, ma ipotizziamo che sia pari a 10°C.

Lc è invece la lunghezza caratteristica del serpentino, ovvero l’altezza. β è il coefficiente di espansione isobara, definito come:

1 T T ρ ρ β ρ ∞ − = − −

(21)

Si assume nel nostro caso una temperatura indisturbata pari a quella dell’acqua dell’acquedotto, ovvero 15°C, e una temperatura locale dell’acqua apri a 50°C. Ricavando tramite il software All Props i valori di densità corrispondenti si ottiene un valore di β pari a 0,0003178.

La viscosità cinematica dell’acqua è pari a 8,9*10-7 m2/s (valutata a circa 30°C). Quindi si ottiene un numero di Grashof pari a 2,1 1010.

Invece il numero di Prandtl dato dalla relazione:

Pr cp 6, 3 k

µ

= =

Dove tutte le proprietà fisiche sono riferite all’acqua del serbatoio e sono: k= conducibilità termica=0,6 J/Ks

µ= viscosità dinamica = 0,00089 kg/ms

cp= calore specifico=4,186 KJ/kgK

Si nota quindi che il moto è completamente turbolento dato che il numero di Rayleigh, dato dal prodotto del numero di Grashof con quello di Prandtl, risulta maggiore di 109, valore soglia della turbolenza.

Il numero di Nusselt si ottiene applicando la relazione detta precedentemente e risulta pari a circa 662.

Da qui si ricava il coefficiente di scambio convettivo h:

2 662 c Nuk W h L m K = = Lato interno:

All’interno del circuito dei collettori si ha un moto turbolento e forzato della miscela acqua-glicole.

Si ipotizza che i tubi abbiano diametro di 2,5 cm e spessore trascurabile, ovvero abbiano sezione di passaggio (A) pari a 0,00049 m2.

Dal valore della portata interna della miscela riportato prima (0,12 Kg/s), e dai valori della sezione di passaggio e della densità della miscela, si ricava la velocità interna ai tubi del circuito primario. . m w A

ρ

= =0,244 m/s

Considerando come lunghezza caratteristica il diametro del tubo e come coefficiente di viscosità dinamica quello dell’acqua sopra riportato, allora il numero di Reynolds è dato da:

Re

ρ

wD

µ

= = 6100

Per stimare il coefficiente di scambio, ho calcolato il numero di Nusselt con la correlazione per moto turbolento entro un cilindro, in cui il valore di Prandtl è quello ricavato sopra:

0,8 0,4 0, 023 Re Pr

Nu= = 53,15

Quindi il coefficiente di scambio convettivo è dato da:

2 1275 Nuk W h D m K = =

(22)

Trascurando la resistenza conduttiva del tubo (che in ipotesi di tubo in acciaio è dell’ordine dei 3000 m2K/W), allora il coefficiente globale di scambio si ricava dall’espressione:

1 1 1 miscela acqua U h h = + = 435 W/m 2 K

Ora si può calcolare il valore del numero di unità di trasferimento (NTU), dato dalla relazione: min 2, 62 UA NTU C = =

Dove A sta per l’area di scambio laterale interna ed esterna del cilindro formato dalle spire del serpentino.

Si ottiene quindi il valore dell’efficienza dello scambiatore utilizzando la formula che correla questo al numero di unità di trasferimento, valido per scambiatori in cui C=0:

ln(1 ) 1 exp( ) 0, 92 NTU NTU

ε

ε

= − − = − − =

Come si nota, pur con svariate approssimazioni l’efficienza dello scambiatore rimane alta. Assumo quindi come valore di riferimento, cautelativo, una efficienza di 0,85.

2. Metodo carta-f da “Solar energy thermal processes” di Duffie e Beckmann [6]: Tale metodo, sviluppato dagli autori, è accettabile sia per impianti di produzione di acqua calda sanitaria con due serbatoi di accumulo, sia per impianti con un solo serbatoio di accumulo e con scambiatore a serpentino. Il metodo di calcolo presentato qui è veramente simile a quello precedentemente illustrato, salvo che per la definizione del parametro X, che è così definito:

X = F F A USC R C C t

(

100 Testmedia

)

L

∆ −

Tutti gli altri parametri sono esattamente uguali al caso precedente, eccetto che la portata di miscela nei collettori in questo modello è di 0,015 lH20/sm2.

3. Metodo carta-f da “Lezioni di impianti tecnici” di Bettanini-Brunello [8]:

Anche in questo caso la validità del metodo è assicurata per singolo scambiatore a serpentino. Vi sono qui i due parametri principali leggermente diversi dai precedenti. X è definito dalla seguente relazione:

(

)

(

)

(

)

100 11, 6 1,18 3,86 2, 32 100 R C C m u f m m F A U t T T T T X L T ∆ − + + − = −

Dove Tm è la temperatura media diurna mensile, ottenuta con le relazioni seguenti, la prima valida per mesi estivi, la seconda per mesi invernali. Si assume come escursione giornaliera media mensile il valore riportato nel libro.

(23)

0,18 0, 31 m estmedia m estmedia T T T T T T = + ∆ = + ∆

Il parametro Y è invece dato dalla relazione:

( )

SC R C C t n F F A U E N Y L

τα ξ

=

Dove ξ è un fattore correttivo che tiene conto del fatto che l’angolo di incidenza della radiazione solare sul collettore varia e non è sempre normale. Si può assumere come valore di ξ per collettore a singola copertura un valore di 0,9.

Tutti gli altri parametri sono esattamente uguali ai casi precedenti, e la portata di miscela nei collettori in questo modello è di 0,015 lH20/sm2.

Figura

Figura B-1 : Schema di impianto solare con circuito primario chiuso
Figura B-2: Schema di impianto solare con circuito primario aperto
Figura B-3 : Il collettore solare piano
Figura B-4; B-5: Serbatoio con scambiatore esterno e ad intercapedine
+4

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