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INTRODUZIONE CAPITOLO I

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Academic year: 2021

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CAPITOLO I

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1.1. MICROSATELLITI E STORIA DELLE POPOLAZIONI

UMANE

I rapidi e sorprendenti sviluppi della genetica umana nelle ultime decadi hanno fornito nuovi mezzi di studio sull’uomo in numerosi campi del sapere scientifico.

Con il progetto genoma umano si é ampliata la conoscenza delle regioni non codificanti per peptidi del DNA. Molte di queste appartengono al già precedentemente noto DNA satellite abbondante nell’eterocromatina e costituito di sequenze ripetute in tandem. I mini e micro satelliti fanno parte di quest’ultima classe di sequenze anche conosciute come VNRT (variable number tandem repeats). La classe dei polimorfismi VNTR include i microsatelliti, i minisatelliti ed i megasatelliti, spesso il termine VNTR è usato per indicare specificamente i minisatelliti. Il termine VNRTs fu suggerito da Nakamura e colleghi nel 1987. La variabilitá nel numero di ripetizioni é molto alta all’interno della popolazione mondiale per cui ogni individuo é caratterizzato da un numero specifico di queste per locus genico. Il quadro complessivo offre un’impronta genomica del sogge tto.

Ultimamente acquista sempre maggior valore di ricerca un altro gruppo di marcatori genetici di sequenze ripetute in tandem: i microsatelliti. Le famiglie di DNA microsatellite comprendono piccole schiere di ripetizioni in tandem che hanno sequenze molto semplici (1-4nt) e si trovano sparpagliate in tutto il genoma. Dato il loro grande numero si utilizzarono per la costruzione di mappe genetiche e oggi sono un potente metodo di analisi della diversità all’interno della specie umana e di altre specie animali. Il potenziale utilizzo dei microsatelliti come marcatori polimorfici fu scoperto pressoché contemporaneamente in Drosophila e nell’uomo (Tautz 1989; Weber e May 1989). Fino ad allora erano stati usati solo per la costruzione delle mappe genetiche e pareva che il loro ruolo sarebbe stato confinato a questo per molto tempo (Andrés Ruiz Linares, 1999). Le prime applicazioni di questi marcatori allo studio dell’evoluzione umana servirono a dimostrare la loro efficacia in questo campo nonché a dare un’idea della loro “forza di risoluzione descrittiva”. I microsatelliti possono essere usati per la descrizione di genetic boundaries (confini genetici) in brevi intervalli di tempo e per gli studi di particolari popolazioni.

Mini e micro satelliti trovano grande applicazione in medicina forense in particolar modo per le analisi tese ad accertare la paternità. Con essi sono state create consistenti

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data-base con informazioni di frequenze genetiche ed alleliche di varie popolazioni mondiali e differenti gruppi etnici all’interno di società multirazziali.

Gli studi di popolazioni umane e di evoluzione della nostra specie hanno trovato in queste sequenze un potente metodo di studio al fine della costruzione di alberi di filogenia e di “ genealogia di geni”, ossia per la valutazione di distanze genetiche fra specie distinte o variabilitá genica all’interno della stessa specie. Tali applicazioni sono state molto ut ili per la gli studi di ricerca sul luogo di origine del genere Homo e sulle migrazioni che hanno portato al popolamento del pianeta.

Un esempio dei primi grandi risultati riportati da questa classe di marcatori é la conferma dell’origine africana della nostra specie. La più grande distanza negli alberi filogenetici di vari gruppi etnici umani é quella che separa africani da non-africani. Gli studi pionieristici in questo campo furono quelli di Luca Cavalli-Sforza negli anni 60’.

“Sono stato attratto verso lo studio dell’evoluzione da considerazioni che chiamerò estetiche: la bellezza della teoria dell’evoluzione”(Cavalli-Sforza 1995).

Questi ed altri colleghi si dedicarono per varie decadi alla raccolta di dati su varie popolazioni mondiali che, associati a parametri linguistici e antropologici, aiutano a ricostruire flussi migratori, distanze fra etnie e a ricercare antenati comuni.

Oggigiorno l’antropologia molecolare conta numerosi ricercatori e si hanno a disposizione dati sulla maggior parte delle popolazioni del mondo. L’Europa é stata una delle regioni più studiate così come lo é storicamente per le ricerche di antropologia classica e di archeologia. L’interesse per la ricostruzione delle nostre origini ed una spiccata curiosità per la storia hanno fornito un gran numero di informazioni sul nostro continente dalle quali attingere per un’analisi multidisciplinare dei dati genetici sulle popolazioni europee.

Anche se il nostro studio riguarda la popolazione spagnola é importante che si abbia un’idea delle varie teorie riguardo il popolamento del territorio europeo.

La prima presenza del genere Homo in Europa era datata a 700 000 anni fa (Gamble, 1986). In Spagna é stato trovato il più grande giacimento archeologico della preistoria risalente al Paleolitico (45000 anni fa). Nella Sierra di Atapuerca, situata nei pressi della cittá di Burgos, sono stati ritrovati centinaia di resti fossili di uomini di una specie precedente alla nostra ed ai Neanderthal, i primi abitanti dell’Europa. Questa nuova specie é stata denominata Homo antecessor.

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L’uomo moderno (Homo sapiens sapiens) abitò le grotte della Francia sud occidentale e della Spagna settentrionale lasciandoci tracce artistiche del suo passaggio nei dipinti rupestri di grotte quali quelle di Lascaux (18000 anni fa), Niaux (12890±160 anni fa) in Francia e Altamira in Spagna (Cavalli-Sforza, Menozzi e Piazza, 1997). Durante il Neolitico si suppone che un’ondata di popolazioni che abitavano la regione della mezzaluna fertile in Medioriente, passate ad un tipo di economia agricola da un’economia di raccolta e caccia si sia, in seguito ad un notevole aumento demografico, espansa verso l’ovest. La figura 1.1. mostra le aree ed i tempi di diffusione delle culture neolitiche nel bacino del Mediterraneo.

Figura 1.1.: Culture neolitiche della prima fase della diffusione dell’agricoltura in Europa.

Piggott (1965).

Il modello per questa diffusione di genti fu ideato da Ammerman e Cavalli-Sforza nel 1973 (modello dell’onda di avanzamento) e prevede che si verifichino solo movimenti migratori locali nelle zone più esterne dell’area popolata dagli agricoltori, insomma che ad espandersi sia il fronte dell’onda. Questo tipo di migrazione lento, ma continuo, può descrivere in modo adeguato anche altre espansioni verificatesi più recentemente ne l tempo. Un’analisi quantitativa della diffusione dell’agricoltura in Europa appoggia questa teoria. In un diagramma cartesiano nel quale sono state rappresentate in ordinate le distanze geografiche dal Medio Oriente ed in ascisse i tempi presunti di comparsa

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dell’agricoltura nelle stesse zone (100 zone archeologiche d’Europa) si osserva una relazione pressoché lineare.

Un fenomeno simile si verificò durante l’Età dei Metalli e pare costituire un altro dei principali eventi di popolamento del continente. Verso il 2000 a.C. ebbe inizio nelle steppe una nuova forma di economia: il nomadismo pastorale, caratterizzato dallo spostamento delle genti alla ricerca di pascoli sempre migliori verso le valli dell’Europa centrale. Si ipotizza che le regioni nelle quali si é originato questo nuovo tipo di economia siano l’Ucraina o le zone settentrionali del Caucaso comprese fra il Mar Nero e il Mar Caspio. In quest’ultima zona si sviluppò la cultura Yamna. Nella parte più occidentale delle steppe, ossia sopra il Mar Caspio, intorno al III millennio a.C. prosperò la prima cultura degli Arii che addomesticarono il cavallo ed inventarono il carro e a seguire il trasporto su ruote. Questi popoli, verso il II millennio a.C. si spostarono a sud verso l’Iran e la valle dell’Indo. Anche l’Anatolia e la Mesopotomia furono invase da orde di pastori nomadi di lingua Indoeuropea.

Un’altro flusso migratorio di popoli di lingua indoeuropea pare abbia interessato le zone più ad occidente del Caucaso (Gimbutas, 1970) in tre ondate migratorie successive. Le implicazioni linguistiche di tali teorie sui moti migratori sono notevoli. Infatti la maggior parte delle lingue che si parlano attualmente in Europa appartengono alla famiglia indoeuropea o indoittita. L’unica lingua che non appartiene a questo gruppo linguistico né ad altri é il basco. É parlato nei Pirenei occidentali da circa un centinaio di migliaia di persone sul versante francese e da 2-3 milioni su quello spagnolo. Ci si soffermerà più avanti sulle interazioni fra questo e l’analisi genetica delle popolazioni basche.

L’analisi della diffusione delle lingue lungo il territorio europeo e le influenze che queste prime parlate indoeuropee hanno lasciato nelle lingue moderne aiutano a comprendere le relazioni di parentela fra i vari popoli del continente, anche se non sempre uno scambio culturale implica una relazione genetica fra le genti. Ad esempio, tra il V e il III secolo a.C., all’apice del loro sviluppo, i popoli delle culture urnfield, comunemente detti Celti, arrivarono ad occupare l’Europa sud orientale, centrale e sud occidentale. Questa fu un’unione piuttosto culturale e linguistica che non genetica (Cavalli-Sforza e coll. 1997). La figura 1.2 mostra le aree occupate dai Celti.

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Figura 1.2.: L’Europa nel I millennio a.C. : la comunità celtica nel periodo di massimo fulgore

e la diffusione delle colonizzazioni greche e romane. Encyclopaedia Britannica (1972).

L’espansione romana influenzò poco la struttura genetica delle genti assoggettate anche se sul quadro sociale, economico e linguistico gli effetti della dominazione furono enormi come é facile constatare ancora oggi.

L’Impero Romano d’occidente cadde per mano delle popolazioni barbariche nel V secolo d.C. I Barbari provenivano dall’Europa settentrionale, centrale e orientale. Addirittura gli Unni arrivavano dalla lontana Mongolia, altri dalla Russia meridionale o da regioni più vicine. Realmente le loro erano piuttosto orde di invasori con l’intento di depredare la zone nelle quali passavano e solo pochi furono coloro che si stanziarono nei territori saccheggiati. Ad esempio i Goti (popoli germanici) costituirono un impero nella Russia sud occidentale e, scacciati poi dagli Unni, crearono un regno in Italia (Regno Ostrogoto).

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I Visigoti si stanziarono invece in Aquitania e vennero scacciati dai Franchi in Francia e dagli Arabi in Spagna dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente. Insomma, varie furono la popolazioni germaniche che tra il V ed il VI secolo d.C. si distribuirono sul territorio europeo.

L’impero romano d’oriente cadde solo 1000 anni più tardi di quello d’occidente sotto l’invasione di popolazioni di lingua turco-tartara. Molto rilevante dal punto di vista culturale, e linguistico nel caso della Spagna, fu l’occupazione araba della Sicilia, la Sardegna, l’Italia meridionale e la Spagna tra il VII ed il XII secolo. Gli arabi furono lentamente scacciati dalle popolazioni locali, ma la loro presenza in Spagna si protrasse fino al 1492, data conclusiva della Reconquista.

É importante avere chiaro quale fu il contributo demografico delle popolazioni che si succedettero nel territorio europeo per poter fare supposizioni sul loro contributo genetico al pool attua le e per intuire o interpretare fenomeni di deriva o colli di bottiglia (bottleneck).

Le stime sulle dimensioni della popolazione durante la preistoria (Paleolitico e Mesolitico) si basano sul consumo supposto della cacciagione. Uno di questi studi stima la popolazione inglese del Paleolitico superiore di 3000-9000 individui con una densità di 0,02-0,07 abitanti per Km2 (Clark, 1972). Si può supporre che questa densità fosse intermedia fra quella della Francia meridionale e della Spagna settentrionale, come già detto importanti zone di insediamento dell’uomo del Mesolitico,e quella delle zone nordiche europee poco popolate per ragioni climatiche. Secondo questa logica la popolazione europea al tempo doveva ammontare a 200.000-700.000 individui. Il passaggio ad un’economia agricola determinò un aumento della densità di popolazione dovuto alla possibilità di ottenere cibo in maniera continua e non condizionata dalla reperibilità di questo nella zona. Si stima una densità in quel periodo di 2 abitanti per Km2 (Ammerman e Cavalli-Sforza, 1984).

Nei millenni successivi la crescita fu estremamente rapida in Grecia e poi in Italia e nel resto d’Europa. Solo nel Medioevo vi fu un decremento delle dimensioni della popolazione che terminò però verso la fine di questo periodo per riprendere ad aumentare fino ai giorni nostri, bloccata solamente dalle pesti del 1348 e del 1353 che ridussero di un terzo il numero di abitanti.

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LA SPAGNA

1.2.1 IL TERRITORIO

- Geografia fisica

Figura 1.3.: Carta della Penisola Iberica (Atlante Encarta 1999)

La Spagna è situata nell'Europa meridionale e occupa quasi interamente la Penisola Iberica. Confina a nord con il Golfo di Biscaglia, la Francia e Andorra, a est e a sud con il Mar Mediterraneo, a sud e a ovest con l'Oceano Atlantico, a ovest con il Portogallo. Il territorio spagnolo comprende inoltre le isole Baleari nel Mar Mediterraneo, le isole Canarie nell'Oceano Atlantico e i comuni di Ceuta e Melilla in Africa.

Si estende in totale su una superficie di 505.990 km². La Spagna occupa l'85% circa della Penisola Iberica. E’ bagnata per l’88% del suo perimetro dal mare, il Mediterraneo nelle coste di Catalogna, Valencia,Murcia e Andalucia e dall’Oceano Atlantico nelle coste Basche, Cantabre, Asturiane, Galiziane e Andaluse. La lunga e ininterrotta catena montuosa dei Pirenei, che si estende per 435 km circa dal Golfo di Biscaglia al Mar Mediterraneo, segna il confine con la Francia. I Pirenei possono essere suddivisi in tre porzioni:

1) la sezione occidentale che si snoda dal golfo di Biscaglia al passo di Somport in cui confluisce con la Cordigliera Cantabrica,

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3) la sezione orientale che giunge sul Mediterraneo.

Il tratto morfologico caratteristico del territorio spagnolo è il grande altopiano centrale, quasi privo di alberi, chiamato Meseta Central: declina da nord a sud e da est a ovest con un'altitudine media di 610 m circa. Il tavolato è interrotto da numerose catene montuose irregolari chiamate Sierre, le più importanti delle quali sono la Sierra de Guadarrama, la Sierra de Gredos e Los Montes de Toledo. A nord l’immenso altopiano della meseta castigliana e di Leòn è interrotto dalla cordigliera Cantabra le cui cime più alte, Los Picos de Europa raggiungono i 2778m con la cima Torre Cerredo. L’intera catena montuosa si estende per 500 km dalla provincia di Alava (Vitoria, Paesi Baschi) a est, alla provincia di Orense (Galizia) ad ovest in cui confluisce nella Sierra di Cabrera. Costituisce un alto spartiacque climatico e storico fra la meseta di Leon (la valle del Duero) ed il nord della Penisola.

Nel sud del Paese il principale complesso montuoso è rappresentato dalla Sierra Nevada che domina la città di Granada con la vetta del Mulhacén (3477m).

Per quanto riguarda le isole Baleari sono per lo più pianeggianti o collinari mentre le Canarie possiedono importanti monti di origine vulcanica la cui vetta principale è il Pico de Teide, sull’isola di Tenerife, che con i suoi 3718m è la cima più alta della Spagna. Il nome Tenerife in lingua locale significa appunto “cima innevata” con riferimento a questo vulcano spento.

La pianura costiera è stretta e raggiunge di rado i 32 km di larghezza, interrotta in molte zone da montagne che digradano verso il mare formando promontori rocciosi, soprattutto lungo la costa mediterranea.

Le pianure, per meglio dire gli altopiani interni, sono state formate dall’azione dei principali corsi d’acqua. Il Guadalquivir nasce nella Sierra Nevada e sfocia nel golfo di Cadice. Il suo scorrere ha portato alla formazione di una grande pianura nella provincia di Siviglia una parte della quale è occupata da paludi (Las Marismas, appunto) che ospitano il parco naturale di Doñana. La zona pianeggiante prosegue anche nella vicina provincia di Huelva attraversata dai fiumi Tinto e Oviel che nascono nella Sierra Morena. Oltre al Guadalquivir gli altri principali sistemi idrici della Penisola Iberica sono il Guadiana che scorre in territorio portoghese, il Duero, il Tajo, l’Ebro, il Jucar ed il Segura. Il Duero nasce nella Sierra della provincia di Soria (Castilla y Leon) e sfocia nella provincia portoghese do Minho presso Porto. L’Ebro scorre per tutto il corso in territorio spagnolo, è anche detto Iberus con il nome latino. La sua sorgente si trova sulla Cordillera Cantabrica nella località di Reinosa e la sua foce sul Mediterraneo tra

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Barcellona e Valencia. Il suo arido bacino è scarsamente popolato, ma il primo tratto di questo corso d’acqua irriga le strette pianure de La Rioja Alta rinomata per la sua produzione vinicola. L’Ebro fu scenario, durante la guerra civile, della più famosa battaglia vinta dalla resistenza repubblicana (principalmente basca e catalana) sull’esercito di Francisco Franco. Il Tajo nasce nella Sierra de Albarracin, nelle sierre madrilene. E’ il principale bacino della penisola iberica. Le sue acque irrigano abbondantemente le terre della Mancia di Toledo e Madrid e sfociano con un ampio estuario a Lisbona. Tutti gli altri corsi d’acqua suddetti sfociano nel mediterraneo e non sono bacini di consistente portata.

Il clima spagnolo è continentale con estati secche ed aride ed inverni, freddi fatta eccezione per le regioni atlantiche settentrionali. Il clima è più costante lungo le coste dell'Atlantico e del Golfo di Biscaglia, zone solitamente umide e fresche. Può essere suddivisa in tre regioni climatiche:

1) la regione nord occidentale con un clima atlantico caratterizzato da abbondanti precipitazioni durante tutto l’anno;

2) la zona della Meseta, nel centro della penisola, dal clima continentale con temperature estreme, rigidi inverni ed estati calde e secche;

3) la zona Mediterranea con un clima mediterraneo, temperature miti in tutti i periodi dell’anno. Da non dimenticare le Canarie che hanno chiaramente un clima propriamente tropicale nonché un’ecologia totalmente distinta da quella della penisola.

Le precipitazioni nella maggior parte del Paese non raggiungono i 610 mm all'anno. Le montagne a nord sono molto più umide. A Madrid, il freddo invernale gela i corsi d'acqua, mentre le temperature estive raggiungono i 42°C. La costa mediterranea ha invece un clima subtropicale; Málaga, nell'estremo Sud, ha una temperatura media invernale di 14°C.

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- Geografia politica

Figura 1.4.: Carta politica della Spagna (Divisione in Comunità Autonome e Province)

La Spagna è divisa politicamente ed amministrativamente in 17 Comunità Autonome. La promulgazione della Costituzione nel 1978 che definisce il diritto all’autonomia delle identità regionali che formano la nazione spagnola, rappresentò un cambiamento radicale rispetto al precedente regime franchista che si basava su ideali di completo accentramento tradizionalista, non solo dal punto di vista amministrativo, ma anche da quello culturale. La nuova Costituzione dava risposta ad un problema di scontro sociale tra le diverse zone del paese, sorto ripetutamente nella storia di Spagna come risultato delle differenti identità nazionali sulle quali è stata costruita l’unità della nazione spagnola. Le 17 comunità autonome sono: i Paesi Baschi, la Catalogna, la Galizia, l’Andalusia, il Principato delle Asturie, la Cantabria, La Rioja, la Regione di Mursia, la Comunità Valensiana, l’Aragona, la Castiglia, la Mancia, le Isole Canarie, la Navarra, l’Estremadura, le Isole Baleari, la Comunità di Madrid, la Comunità di Castiglia e León, le Città di Ceuta e Melilla.

Conoscere brevemente la storia delle varie regioni può aiutare a capirne i rapporti fra le popolazioni ed a giustificare ed interpretare i tipi di aggruppamenti scelti ai fini dell’analisi dei dati.

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I Paesi Baschi vengono citati per la prima volta come tali nei testi storici solo nel 1200 in uno studio sugli insediamenti in tali terre nel VIII secolo. Tuttavia tale regione doveva già essere popolata da molto tempo prima visto che i primi resti che attestano la presenza umana risalgono al Paleolitico. Durante il dominio romano della penisola i Paesi Baschi restarono fuori dal suo ambito di influenza, che si fece sentire solo nelle zone meridionali della regione. Accadde più o meno lo stesso per quanto riguarda la successiva occupazione musulmana. Solamente sotto i Visigoti, che annessero queste regioni al sud della Francia creando il ducato di Aquitania, i popoli baschi pagarono tributi ai Franchi fino all’inizio della Reconquista. Fino all’anno 1200, quando le tre province basche furono incorporate al Regno di Castiglia, si alternarono al governo della zona le diverse monarchie vicine: il regno di Navarra e quello delle Asturie prima e la Corona di Castiglia in seguito. Al termine dei conflitti per la successione al trono di Spagna nel 1700, le province basche furono le uniche, insieme alla Navarra, che conservarono i propri centri di potere con le loro istituzioni. Questa speciale posizione risvegliò fra le genti del territorio un forte sentimento di identità nazionale, di appartenenza ad uno stato con istituzioni proprie e con un regime distinto. Questi elementi, uniti al fatto di possedere una lingua propria e di essere in parte isolati geograficamente, diede come risultato, durante l’Età Moderna, il rafforzamento di una coscienza di mutua affinità ed una inclinazione al particolarismo. La guerra Carlista, che interessò i Paesi Baschi dal 1833 al 1839 ripropose la questione dei “fueros”(centri di potere) locali. Questi furono aboliti nel 1876 anche se nel febbraio del 1878 si stabilì un accordo economico che restò in vigore fino alla guerra Civile. In seguito fu rivisto e cambiato ed è quello che è tuttora in vigore e che è messo in discussione dall’attuale governo basco che presenta nuove proposte. La più importante di queste, “El plan Ibarretxe” è oggetto di ferventi discussioni nel Parlamento spagnolo.

La capitale di Euskadi (Paesi Baschi in euskera, la lingua basca) è Vitoria-Gasteiz. Altre città importanti sono Bilbao e San Sebastián-Donostia. Entrambe sono forti centri industriali e finanziari non solo baschi, ma dell’intera nazione spagnola. Bilbao è la capitale di Vizcaya e San Sebastian è la capitale di Guipuzcoa. Il sentimento nazionalista in Euskadi, che prese voce nella figura di Sabino Arana, fondatore nel 1895 del Partito Nazionalista Basco, trovò una possibilità di espressione, dopo molte vicissitudini, con l’approvazione dello Statuto di Autonomia nelle Cortes della Seconda Repubblica, nel 1936. Sotto il regime franchista tale Statuto venne annullato e si segnò l’inizio di numerosi centri di tendenza nazionalista quali l’ETA. La situazione che si

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presentò con la Transizione, la restaurazione della democrazia, portò alla necessità del riconoscimento della singolarità storica di questo territorio. Fu istituito un regime di pre-autonomia nel dicembre del 1977 ed infine l’autonomia completa nel 1979.

La Catalogna è stata istituita anch’essa come Comunità Autonoma nel 1979. I territori catalani sono stati scenario di numerose invasioni nei corsi dei secoli. La colonizzazione greca lasciò spazio alla romana che durò sei secoli lasciando la principale impronta culturale nella zona. Le invasioni visigote ed arabe non furono invece molto importanti. L’imperatore Carlo Magno istituì la regione che chiamò Marca Hispana per il controllo del territorio e la difesa dell’impero. Fu allora che si definirono gli aspetti caratteristici dei popoli della regione. L’unione dei diversi contadi catalani anticipò quella che sarebbe stata la nuova comunità culturale e politica. Dopo il 986, quando i re francesi smisero di appoggiare la resistenza contro i musulmani la Catalogna affermò la propria indipendenza nei confronti della Francia. Con il matrimonio fra il signore feudale Ramón Berenguer e l’erede al trono del Regno di Aragona, le due regioni si unirono sotto la stessa corona. Questa unione fu solo politica perché i popoli mantennero le proprie istituzioni e la propria lingua. L’unico vincolo fra le due zone era il sovrano: re di Aragona e conte di Barcellona. Tuttavia questa unione fu una delle ragioni per le quali la Catalogna abbandonò la politica transpirenaica per aprirsi verso gli altri popoli della penisola iberica. La successiva storia della Catalogna è vincolata a quella dell’Aragona e, dopo l’unione di Aragona e Castiglia, alla storia di Spagna. Barcellona è la capitale storica della Catalogna ed è la seconda città spagnola più importante. Il suo porto è uno dei principali del Mediterraneo.

Dopo l’unione degli stati di Spagna sotto la figura di Carlo V, la Catalogna mantenne le sue strutture organizzative fino alla fine della Guerra di Successione (1716). In seguito a questa guerra Filippo V abolì il regime costituzionale per applicare il diritto di conquista basato sulla più dura repressio ne di qualsiasi struttura autonoma. Con l’avvento della Seconda Repubblica nel 1931 vi fu il riconoscimento del governo autonomo con la dichiarazione dello Stato Autonomo Catalano all’interno della Repubblica Federale di Spagna. Nel 1938 le truppe di Franco posero fine a questo stato di cose. Con l’instaurazione della democrazia dopo la morte del caudillo la Catalogna si unì rapidamente alla politica di autonomia regionale. Il governo catalano si chiama Generalitat de Catalunya.

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La Galizia fu occupata dai Celti fino al VI secolo a.C. Durante il periodo del dominio romano il "conventus iudicus" di "Gallaecia" (organo di consulta formato da abitanti locali e romani che consigliavano il governatore in materia giuridica) coincideva esattamente con il territorio celtico e l’attuale Galizia copriva il "conventus" di Lugo. Come risultato delle invasioni barbariche, gli Svevi si insediarono nella zona fino all’occupazione visigota con il regno di Leovigildo. Il dominio arabo non ha pratic amente lasciato traccia in Galizia, che mantenne fino alla Reconquista la sua identità di regno cristiano indipendente fino a quando venne incorporato alla corona di Castiglia sotto Alfonso VI.

Il ruolo giuridico e religioso della Galizia durante il Medioevo fu molto importante e la sua fama grande, grazie alla presenza nel suo territorio del Cammino di Santiago, il primo cammino di pellegrinaggio della storia cristiana alla tomba dell’apostolo Giacomo. La capitale della comunità galiziana è appunto Santiago de Compostela. Altre città importanti sono A Coruña, Vigo, Pontevedra, El Ferrol. Le città costiere galiziane sono storici centri di ingegneria e costruzione navale, principale attività della zona insieme alla pesca.

Il riconoscimento dello status galiziano come nazionalità a parte ebbe un chiaro antecedente nello Statuto di Autonomia del giugno del 1936 che non entrò mai in vigore a causa della Guerra Civile nonostante gli sforzi di Castelao, uno dei rappresentanti più importanti del nazionalismo galiziano vincolato alla sinistra repubblicana. Il 16 Marzo del 1979 la regione acquistò il diritto di pre-autonomia e nel giugno dello stesso anno i parlamentari galiziani presentarono alle Cortes il progetto del “Estatuto Autonómico de Galicia” che, modificato dal Comité Constitucional e dal Parlamento, venne rettificato dal popolo galiziano con un referendum nel 1980.

L’Andalusia rappresenta la Spagna nell’immaginario collettivo internazionale con il suo clima solare, il flamenco e la corrida. I primi abitanti dell’Andalusia furono i Tartesi. Nel 2000 a.C. fondarono un imponente Stato fino all’occupazione Cartaginese. In seguito alla seconda guerra punica, i romani si insediarono nelle antiche colonie di Cartagine che, nel sud della penisola iberica, andarono a costituire la provincia Betica. Insieme alla Lusitania (attuale Portogallo) , la Betica formava la provincia senatoriale dell’Hispania Ulterior con capoluogo a Cordoba. All’inizio del V secolo vi irruppero i Vandali a cui seguirono i Visigoti. Nel 700 i musulmani passarono alla penisola dal Nord Africa forgiandovi una civiltà con caratteri propri nella quale confluivano

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eleme nti orientali, occidentali, musulmani e cristiani. Questo regno arabo si chiamava Al-Andalus; raggiunse il massimo splendore convertendosi da Emirato a Califfato di Cordoba. Nell’XI secolo il califfato si smembrò nei regni di Taifas la cui debolezza fece si che l’Andalusia fosse invasa dagli Amorávides e dagli Almohades (1146-1269), nel tentativo di bloccare l’avanzata cristiana. A metà del XIII secolo tutta la bassa Andalusia era caduta in mano ai cristiani ed i musulmani si rifugiarono nelle terre montuose di Granada. Questa città resistette per altri 250 anni con il regno dei Nazari, fino a quando nel 1492 i re Cattolici completarono la Reconquista. Quello stesso anno, in seguito alla scoperta del Nuovo Mondo, l’Andalusia si trasformò nella zona più interessata dai nuovi commerci e Siviglia divenne il porto più fiorente del regno di Spagna.

Siviglia è la capitale dell’Andalusia e la terza città più grande di Spagna, conserva nella sua più bella architettura lo splendore dell’antico regno arabo.

La Comunità Autonoma andalusa fu istituita più tardi rispetto alle tre suddette, nel 1981.

Il Principato delle Asturie fu occupato dai Romani solo dopo 10 anni di duri combattimenti delle legioni di Augusto contro le popolazioni di montanari Cantabri e Asturiani che resistevano all’invasione quando il resto della penisola era già occupato. Con l’invasione musulmana, le Asturie divennero il rifugio dei Visigoti che fuggivano dagli Arabi ed il primo fuoco di resistenza che generò la Riconquista. Con Pelayo, che ottenne a Covadonga la prima vittoria di questa dura battaglia (722), i monti cantabri furono testimoni della nascita di un piccolo regno cristiano che si diffuse per tutta la regione e, sotto Alfonso I, si estese fino alla sponda settentrionale del Duero. Con il procedere della Reconquista, il centro di gravità della monarchia asturiana si spostò verso il sud. All’inizio del X secolo la capitale fu trasferita da Oviedo a León e la monarchia si auto proclamò “leonesa”e non più asturiana. Anche se mantenne la sua condizione di regno, le Asturie sarebbero state in seguito soltanto una provincia del Regno di León e Castiglia nonostante continuassero a svolgere un ruolo importante nelle guerre medievali. Nel 1338, durante la reggenza di Juan I, fu istituito il Principato e fu deciso che il titolo di Principe di Asturias sarebbe stato dato al delfino erede al trono. Il premio consegnato dalla regia accademia spagnola a personaggi di tutto il mondo che si siano distinti in qualche campo del sapere umano è noto come Premio Principe de Asturias.

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Dal XVI al XVIII secolo, le Asturie sono rimaste isolate dai principali eventi della politica spagnola, ma riacquistarono importanza nazionale nel 1900 quando divennero il nerbo del movimento rivoluzionario contro la Francia. Oviedo è la capitale delle Asturie. La seconda città più importante è Gijón, uno dei principali porti del Cantabrico. Nel 1978 si stabilì un regime di pre automonia che divenne completa nel 1982 con il nome storico di Principado de Asturias.

La Cantabria è stata una delle terre popolate dal periodo preistorico. È in territorio cantabro che si trovano le famose grotte di Altamira datate a 15.000 anni fa e la presenza di un popolamento antico è attestata in molte altre zone della regione. Molti secoli dopo, le prime popolazioni Cantabre si stabilirono nella zona. La loro fiera resistenza alla conquista romana portò al loro sterminio. Nel Medioevo, gli abitanti della regione costituirono la retroguardia delle battaglie di Reconquista e furono anche i fondatori dei nuclei che poi formarono la Castiglia. Dopo il 409, con la fine della dominazione romana, la Cantabria recuperò la sua indipendenza che durò fino al 574 con l’arrivo dei Visigoti che crearono il Ducato di Cantabria. Questo nome dimostrava l’identità propria di questa zona geografica anche se ben presto, nel Medioevo, scomparve, assorbita dal regno di Castiglia nella parte orientale e da quello delle Asturie in quella occidentale. L’istituzione della provincia di Santander nel 1883, all’interno della riforma territoriale di Spagna, dotò la Cantabria di un proprio centro amministrativo per la prima volta nella storia.

La capitale della Cantabria è Santander. Come le Asturie, divenne Comunità Autonoma nel 1982.

Situata tra il cammino di Santiago e il corso dell’Ebro La Rioja costituiva un crocevia di genti e culture (Celti, Goti, Franchi, Sassoni ed Ebrei dal cammino di Santiago e Iberi, Romani e Arabi dall’Ebro). Questa posizione geografica è elemento caratterizzante della storia della regione almeno fino all’Alto Medioevo. Nel XII secolo vi furono diverse dispute fra Navarra e Castiglia per contendersi la zona fino a quando la soluzione della questione fu consegnata all’arbitrio di Enrico I di Inghilterra che decise a favore della Castiglia. Se la contesero ancora nel 1390 Aragona e Navarra che firmarono un patto che la consegnava al regno di Aragona anche se sarebbe rapidamente passata nuovamente sotto la giurisdizione della Castiglia. Per varie volte si effettuarono questi scambi fino a quando Enrico IV non la annesse definitivamente al regno di

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Castiglia. Durante la Guerra di Indipendenza la regione fu occupata dai Francesi e recuperata solo nel 1813. Nel 1822 fu istituita la provincia di Logroño e le corti costituzionali dichiararono l’indipendenza della Rioja. Tuttavia Fernado VII annullò queste decisioni e la popolazione riojana fu ancora una volta divisa fra le province di Burgos, Soria, Alava, Navarra e Aragona.

Logroño, antico porto fluviale romano e tappa storica del cammino francese di Santiago, è attualmente la capitale della Comunità Autonoma della Rioja. Haro è l’altra importante città della regione essendo il maggior centro di produzione vinicola di Spagna. Il vino con marchio La Rioja figura fra i migliori al mondo. L’auto governo della Rioja fu il più difficile da ottenere all’inizio per ragioni di inerzia e poi perché, come nell’antichità, le vicine regioni avevano interesse ad annetterla ai loro territori. Inaspettatamente nel 1979 il Municipio di Logroño mise in marcia il processo di autonomia basato sullo “articolo di iniziativa” 143 della recente Costituzione. Fu istituita come Comunità nel 1982.

La regione di Murcia, cosi come si presenta oggi, è il risultato di un processo storico legato a quello del regno di Castiglia. La sua condizione di eterna terra di frontiera è, senza alcun dubbio, la componente essenziale della sua identità culturale. I Fenici occuparono le sue coste e sfruttarono le sue miniere ed i Cartaginesi ed i Romani fecero di Cartagena la capitale della provincia e il loro centro di controllo in Spagna. Il territorio fu successivamente invaso da vari popoli tra i quali i Vandali, i Bizantini e i Visigoti. All’inizio del VIII secolo venne invasa dai musulmani fino al 1266. Una volta terminato il Medioevo, Murcia visse un periodo di splendore barocco. Fu divisa in tre zone governate da tre realengos, signori ecclesiastici, come ricompensa del loro contributo alla Riconquista. A partire dal XVIII secolo si iniziò a sentire la necessità di riforme istituzionali. Nel 1789 un timido tentativo di cambiamento fu portato a termine da Floridabla nca; solo nel 1812 il regno di Murcia divenne provincia di Murcia in accordo ai cambi che interessavano tutta la penisola.

Murcia è la capitale della regione. È un imponente esempio di architettura barocca spagnola e, come tutte le città del sud, di sovrapposizione di costruzioni cristiane su quelle arabe preesistenti.

Alla regione di Murcia fu concesso il regime autonomo come Comunità Uniprovinciale nel 1978. La provincia di Albacete, che era originariamente annessa all’antico regno di Murcia, fu unita alla Comunità di Castiglia-La Mancia.

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La attuale provincia di Valenzia era popolata dagli Iberi molto prima che vi passassero Greci, Romani, Visigoti e Arabi. Però, al di là di quali fossero le radici preromane della zona, questa fu intensamente romanizzata. Tuttavia la successiva influenza araba fu addirittura maggiore, tanto che la popolazione di questa area geografica fu fondamentalmente musulmana ad eccezione del breve periodo di conquista del Cid nel 1088. L’origine di Valenzia come identità nazionale e politica propria data l’anno 1238 quando il re Jaime I conquistò la città di Valenzia e, anziché annetterla ai già esistenti regni di Aragona e Catalogna, ne fece un regno autonomo. Dopo il Medioevo la crescita economica della regione subì grosse scosse a causa della guerra della due Germanie (1519-1522) e della cacciata dei Mori nel 1616. Nel XVIII secolo, durante la guerra di Successione, il popolo valenziano appoggiò l’arciduca d’Austria quando la maggior parte della nobiltà era a favore di Filippo V. La vittoria di quest’ultimo portò alla chiusura elle amministrazioni locali e alla fine della tradizionale autonomia di Valenzia. Negli ultimi secoli la politica della regione è sempre stata un riflesso della situazione spagnola generale.

La capitale della comunità è Valenzia. Anch’essa ha lo statuto di autonomia in vigore dal 1982.

L’Aragona esisteva già all’inizio del IX secolo come contado riconosciuto da Carlo Magno. Orbitava attorno al regno di Pamplona fino a quando si rese indipendente nel XI secolo. La storia del regno di Aragona raggiunse l’apice del suo splendore sotto la guida di Alfonso I (1101-1134). Il testamento di quest’ultimo lasciò molte diatribe da risolvere per la regione che si risolsero quando fu unita al contado di Barcellona. Dopo l’unione della corona di Castiglia con quella di Aragona gli interessi in comune che univano gli stati della Corona aragonese vennero meno, anche se realmente non ci fu neanche con Castiglia un’unione effettiva. L’ultima volta che il re di Castiglia impose la sua sovranità sugli aragonesi fu durante la guerra di Successione. Dopo di che l’Aragona insieme alla Catalogna, a Valenzia e a Maiorca, appoggiò l’arciduca Carlo contro il re Filippo V. Dopo la battaglia di Almansa (1707), che diede la vittoria a Filippo, questi abolì le giurisdizioni aragonesi e adottò varie misure di accentramento del potere. L’Aragona si convertì praticamente in una provincia e il suo Consiglio fu assorbito dal Consiglio di Castiglia.

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Saragozza è la capitale dell’Aragona. È bagnata dall’Ebro ed è fra le principali città spagnole. Lo statuto di autonomia entrò in vigore nel 1982.

La Comunità di Castiglia–La Mancia occupa l’area compresa fra le Sierre di Guadarrama e Gredos e la Sierra Morena. Tutto questo territorio è stato storicamente un’unica unità per certe comuni caratteristiche nel modo di occupare e lavorare la terra e nello stile di vita. Ne sono un noto esempio le storie e le ambientazioni del “Don Chisciotte” di Cervantes. Prima della conquista romana la zona era abitata dai Carpeti e dai Vetoni ed era principalmente una terra di pascolo. I romani vi costruirono tenute agricole molto produttive. Questi grandi latifondi romani passarono alle ricche famiglie visigote e da queste agli Arabi. Toledo, attuale capitale, è il risultato di queste grandi conquiste: fu molto romanizzata e divenne poi la capitale dei Visigoti. È una delle città con più monumenti al mondo.

Le isole Canarie furono abitate da popoli aborigeni, i Guanches, di cui storia, origine, lingua e cultura sono poco conosciuti poiché vennero a contatto con gli europei solo nel 1312. A metà del XIV secolo si succedettero nell’arcipelago varie spedizioni di Maiorchini, Cantabri, Andalusi e Portoghesi e nel 1344 il papa Clemente VI concesse le isole al principe castigliano Luis de Cerda, “Príncipe de la Fortuna” che intraprese una crociata per la conquista del territorio. La dominazione completa dell’arcipelago non si raggiunse se non nel 1496.

Lo statuto di autonomia delle Canarie dispone che le città di Santa Cruz de Tenerife e Las Palmas de Gran Canaria debbano spartirsi lo status di città principale. La sede di presidenza del governo si alterna nelle due città a seconda della sessione parlamentare. Il processo di autonomia nelle Canarie è antico quanto la sua incorporazione al regno di Spagna. Subito dopo la conquista si stabilì nelle isole un sistema di autogoverno basato sui Consigli di ogni isola. Questi Consigli, aggruppati in Confederazioni, costituivano nell’arcipelago una regione storica e politica al pari degli antichi regni della Spagna peninsulare. Nel progetto di costituzione federale del 1873, le Canarie apparivano come membri con gli stessi diritti degli stati della penisola. L’attuale statuto di autonomia risale al 1982.

La Comunità di Navarra era nel passato il territorio dei “Basconi”; restò fuori dall’influenza romana e visigota come i Baschi. Nel Medioevo ebbe un ruolo importante

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nella Reconquista, raggiungendo il massimo potere durante il regno di Sancho III. Da allora la Navarra fu a volte indipendente, a volte legata a Aragona o alla Francia. Durante lo scontro tra i Re Cattolici e Francia nel 1512, Ferdina ndo la occupò e fu annessa alla Spagna unificata anche se conservò le sue giurisdizioni locali. Nel 1607, la Navarra Bassa si unì alla Francia di Enrico IV i cui discendenti continuarono a chiamarsi re di Francia e Navarra. Le cinque comunità di Navarra Alta si incorporarono al regno di Castiglia e continuarono a godere di una considerevole autonomia. Nel XIX secolo la maggioranza della popolazione appoggiò l’assolutismo ed il carlismo mentre Pamplona rimase ferma nelle sue posizioni liberali. Nel 1841 si trasformò in provincia, ma molte delle sue istituzioni si mantennero ed addirittura sopravvissero alla Guerra Civile. La capitale di Navarra è Pamplona, universalmente conosciuta per la corsa di tori cittadina che si tiene il 7 luglio per la festa di San Fermín.

Nel VII secolo di stabilì nella regione un “patto reale” o Fuero, tra il popolo ed il sovrano che sarebbe durato per molti secoli. Nel XIX secolo, alla fine della prima guerra carlista, Navarra perdette il suo status di regno e si abolirono molte istituzioni anche se si mantenne la legislazione vigente e, attraverso il Consiglio regionale, ottenne una cons istente autonomia amministrativa e finanziaria. Nel 1973 si promulgarono i Nuevos Fueros o Compilación de la Ley Civil di Navarra. Quando si restaurò la democrazia, all’interno di uno Stato di regioni autogovernate si presentarono due possibilità per la Navarra: essere unita ai Paesi Baschi o costituire una comunità a parte. Nel 1982 entrò in vigore la Ley de Restauración e Incremento del Régimen Foral de Navarra che dava il via alla Comunità Autonoma.

L’ Estremadura, i cui confini sono varie volte cambiati nel corso dei secoli, comprende adesso la maggior parte della Lusitania romana. Il nome della regione deriva del fatto che durante la Riconquista e parte del XII secolo, fu zona “estrema” cioè di frontiera dei domini musulmani. Quando vi furono le invasioni barbariche l’Estremadura cadde completamente sotto il potere dei conquistatori fino a quando Alfonso IX la recuperò nel 1230. Il regno di León cercò in ogni modo di occupare questa terra per promuovervi la creazione di grandi domini feudali. Così, a metà del XII secolo vi furono grosse rivalità fra le città ed i poteri militari estremegni (dell’Estremadura) per il possesso delle fortezze, dei castelli, dei villaggi e delle terre e dal 1400 e per i due secoli successivi il Portogallo fece vari tentativi per appropriarsi della zona. Nel 1883 il territorio fu diviso in due province: Cáceres (parte nord) e Badajoz (zona del sud). Fino ad allora Badajoz

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era stata la sola capitale dell’intera provincia. La struttura politica, economica, e sociale della regione non cambiò molto fino al periodo della Guerra Civile. Durante la Repubblica, si stabilirono le idee che staranno successivamente alla base del Plan Badajoz. L’Estremadura è una delle regioni meno conosciute di Spagna ed una delle più belle della Penisola. Le sue città, prima romane, poi arabe ed infine medievali aristocratiche, dettero i natali ai più famosi “conquistadores”.

L’attuale capitale dell’Estremadura è Mérida, uno dei principali centri dell’Hispania Romana. Una volta ristabilito lo status democratico in Spagna, alla regione fu garantito lo stato di preautonomia nel 1978 e nello stesso anno si istituì anche la Junta de Extremadura (Giunta di Estremadura). Lo Statuto attuale è entrato in vigore nel 1983.

Le isole Baleari, abitate fin dal periodo preistorico, svilupparono un’importante cultura durante l’età del bronzo con una civilizzazione caratteristica dell’arcipelago. Ultimo baluardo dell’occupazione cartaginese della penisola, passarono in seguito ai Romani, ai Vandali, ai Bizantini, ai Visigoti, agli Arabi e, dopo la caduta del Califfato di Cordoba, si convertirono nel Regno di Taifas. Nel XIII secolo le isole furono conquistate da Jaime I de Aragón e vennero ripopolate da genti di origine catalana. La guerra di Successione ebbe tristi conseguenze per le Baleari. Nel 1708 Maiorca fu occupata dagli inglesi che la tennero fino al 1802, eccetto per brevi periodi di dominio francese (1756-1765) e di dominio spagnolo (1784-1789). Palma di Maiorca è la capitale dell’arcipelago. Il suo porto è uno dei più importanti de Mediterraneo. Le Baleari sono la principale destinazione turistica dei tedeschi.

La Comunità di Madrid è costituita solamente dalla provincia di Madrid ed era storicamente parte integrante di Castiglia la Mancia. La storia di questa comunità è la storia della capitale. Fino al 1083 la città era inclusa nel territorio di Al-Andalus. Più tardi vi si istituirono i consigli municipali ai quali si concessero privilegi locali. Sotto il regno di Carlo I, Madrid fu scenario della rivolta dei comuneros, che non giunse a buon fine dopo la sconfitta nella battaglia di Villalar. Madrid non acquistò speciale importanza fino a quando Filippo II vi trasferì la sua corte, convertendola nella capitale del Paese. Da allora la storia di Madrid è andata di pari passo alla storia di Spagna. Nel XVIII secolo cominciò un periodo di splendore per la città che raggiunse il suo apice con il regno di Carlo III. I motti di Esquilache e di Aranjuez ed il sollevamento del popolo madrileno diedero inizio alla Guerra di Indipendenza del 1808.

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Madrid, fondata dagli Arabi nel IX secolo, è capitale della Comunità e di Spagna. Quando si propose un nuovo sistema di organizzazione politico-amministrativa dello Stato spagnolo in regioni auto governate, sorse il problema di come collocare la città di Madrid. Si proposero varie alternative fra le quali quella di unire Madrid a Castiglia la Mancia, cosa che accadde fino all’istituzione della nuova Comunità Autonoma così come la si conosce oggi. Il processo di autonomia dell’area metropolitana di Madrid si concluse nel 1983.

La Comunità di Castiglia e Leon è una regione che fu abitata dagli Iberi, dai Celti e dai Liguri e che no n fu invece soggetta alle invasioni dei Fenici, dei Greci e dei Cartaginesi. In seguito fu una provincia romana, ebbe notevole importanza sotto i Visigoti e fu conquistata dagli Arabi. Continui scontri cambiarono frequentemente i confini della regione. Con Fernán González (950), Castiglia e Leon si convertì in una contea ereditaria, ancora sotto il vassallaggio di León, fino a quando nel 1029 ne entrò in possesso Ra ncho III di Navarra e, alla sua morte, passò nelle mani di Fernando I, primo re di Castiglia. Fernando annesse León al suo regno così come fece per i territori musulmani, ma dopo la sua morte il reame venne nuovamente diviso fra i figli Sancho e Alfonso. La definitiva unione fra Castilla e León avvenne nel 1230 sotto Fernando II il Santo. Dopo anni di lotte intestine, la situazione divenne definitiva con la unione di Castiglia e Aragona sotto i Re Cattolici Isabella e Ferdinando. Poiché Isabella morì prima del marito, i due regni restarono separati fino a quando Carlo I ascese al trono. Valladolid è la capitale di Castiglia-Leon. L’attuale statuto di autonomia è in vigore dal 1983.

Ceuta e Melilla sono i due possedimenti marocchini rimasti alla Spagna dopo la marcia del Sahara occidentale del 1975. Entrambe sono città spagnole dal XV secolo. Furono dichiarate comunità autonome solamente nel 1995.

Come si può notare da questo breve excursus storico, le regioni della Spagna hanno vissuto comuni vicende storico politiche che infatti fanno di questo Paese uno dei più antichi Stati Nazionali. Le zone che presentano storie più isolate rispetto al panorama nazionale sono: Paesi Baschi, Catalogna e Galizia, escludendo ovviamente le isole Canarie. Queste tre regioni hanno conservato caratteristiche culturali distintive prime fra

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tutte la lingua. Le tre lingue parlate in Spagna oltre al Castigliano sono infatti: l’Euskera, il Catalano ed il Galego.

1.2.2 LA STORIA

I contrasti naturali del territorio Iberico hanno determinato differenze significative nei modi di approvvigionamento dei popoli che l’hanno abitato nel corso del secoli. Le differenti forme di economia hanno contribuito alla differenziazione di culture e genti. Si può parlare di una dicotomia atlantico- mediterraneo che descrive la separazione fra la facciata nord occidentale, piovosa, montuosa e marittima (Hiberia húmeda) e quella centro- meridionale più piana e con aride estati (Hiberia seca). La prima, chiusa fra le montagne Cantabre, fu, nei secoli a cavallo dell’anno zero, povera e sotto sviluppata. Le sue genti si spostavano verso il resto della penisola alla ricerca di migliori condizioni di vita. Questo flusso migratorio durò fino al IX-X secolo d.C. e rappresentò gli albori della Reconquista della Spagna dai Mori (famosa la figura di Santiago Matamoros, protagonista del primo grande pellegrinaggio cristiano della storia a Santiago de Compostela).

La seconda zona viveva dell’economia agricola appresa da Fenici e Romani basata sulla coltivazione di grano, olivo e vite e dell’allevamento di capi ovini soprattutto per la lana. Anche il commercio era molto fiorente nella provincia Betica Romana e nel regno arabo di Al Andalus.

Alla fine del Medioevo la Meseta e la Corona di Castiglia si convertirono nel centro economico di principale interesse dovuto alla grande produzione di lana per il mercato tessile centroeuropeo, fiammingo ed inglese. La lana merino, prodotta dalle pecore dell’omonima specie di provenienza magrebina, era ed é considerata molto pregiata. La scoperta e la conquista dell’America portarono al fiorire, ma poi alla decadenza il Regno di Aragona e di Castiglia. L’arrivo di nuove specie agricole dal Nuovo Mondo fu il trampolino di lancio per le economie del Nord del Paese che da allora (XVIII secolo) non hanno mai smesso i crescere e migliorarsi soprattutto in Catalogna, Paesi Baschi e Cantabria. Il centro di gravità economico si spinse dall’Andalusia e dalla Meseta al nord peninsulare.

A quest’epoca risale anche lo sviluppo di Madrid, già convertita in Corte e Capitale nel XVI secolo e la definizione del suo ruolo unificante all’interno del panorama nazionale. Questo ruolo centralizzante, molto rafforzato sotto i Borboni prima e sotto la dittatura franchista poi, é stato messo in discussione durante la Transizione sotto le

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rivendicazioni di realtà culturali diverse degli antichi “regni” periferici come Galizia, Catalogna e Paesi Baschi.

La Rivoluzione industriale arrivò molto presto nel nord della Spagna proveniente dall’Inghilterra. La guerra di indipendenza dalla Francia napoleonica e le tensioni interne allo stesso Stato spagnolo rallentarono lo sviluppo del settore industriale. Comunque nella zona Asturiana ed in quella Vizcayna (Vizcaya é la provincia di Bilbao), ricche in carbone e ferro, si sviluppò l’industria siderurgica. Si ribaltò la dicotomia economica sud- nord e da allora il settentrione della Spagna é la regione più ricca ed in continuo sviluppo, soprattutto la Catalogna ed i Paesi Baschi. Il meridione é rimasto più povero ed arretrato nonostante svolga un ruolo importante nella produzione di olio ed agrumi all’interno della Unione Europea. La regione che meno ha vissuto il miglioramento delle condizioni economiche del Paese é l’Estremadura. Il quadrante nordest, polarizzante l’economia nazionale, ha accolto molti immigranti dal resto della Spagna in particolar modo dall’Andalusia e soprattutto verso la Catalogna piuttosto che verso i Paesi Baschi. Delle regioni del nord, la Galizia é quella che in minor misura ha conosciuto il rifiorire economico nonostante i suoi rapporti commerciali con l’Inghilterra per l’industria navale. Dalla Galizia furono notevoli i flussi migratori verso l’America piuttosto che ve rso il resto della Spagna.

Solo sotto Franco il cosiddetto poblachón manchego (paesone della Mancia), Madrid visse il suo periodo di sviluppo economico degno di una capitale accogliendo un notevole flusso migratorio dalle campagne e dalla totalità delle comunità autonome in risposta alla domanda di mano d’opera per il settore amministrativo e terziario in generale.

1.2.3 LA LINGUA

Il Castigliano è la lingua ufficiale della Spagna, non è però l’unico idioma parlato nello Stato. Le altre lingue, riconosciute come tali dallo Statuto delle Comunità Autonome sono: l’Euskera parlato nei Paesi Baschi ed in Navarra, il galero (detto anche galego-portoghese) in Galizia ed il Catalano che si parla in Catalogna, nelle isole Baleari e nella Comunità Valenziana. In quest’ultima, secondo quanto stabilito dalla Real Academia de la Lengua Española, la varietà di Catalano prende il nome di Valenziano. Nello Statuto delle Comunità Autonome si fa anche menzione esplicita dei dialetti

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parlati nelle Asturie che prendono il nome di “bable asturiano” e dei dialetti aragonesi. Il Castigliano è la lingua ufficiale di Spagna da quando Filippo V la dichiarò tale.

Il Catalano, come il Castigliano, è una lingua romanza. Il testo letterario più antico scritto in lingua Catalana “Homilies d´Organya” è datato alla metà del 1100. Tra il secolo XIII e XV la letteratura catalana fiorì sotto l’influenza della letteratura provenzale acquisendo progressivamente identità propria. Nel 1907 Prat de Riba fondò l’Institut d´Estudis Catalans, con il proposito di studiare scientificamente tutti gli elementi della cultura catalana.

L’Euskera, o lingua basca, è un idioma di tradizione orale attualmente trascritta con caratteri la tini. È parlato da circa 600.000 persone nel Nord della Spagna: ne lle province di Guipúzcoa (San Sebastian), Vizcaya (Bilbao), Alava (Vitoria). Si stima che nella parte occidentale dei Pirenei francesi, l’Euskera sia parlato da 100.000 persone. Riguardo l’origine del Basco, esistono varie ipotesi. Si suppone che sia stata introdotta in questa parte d’Europa da immigranti provenienti dall’Asia Minore al principio dell’età del bronzo (c.a 2.000 a.C.) (Renfrew, 1989; Collins 1986). Il primo testo castigliano pervenuto, il codice emilianese, è datato intorno al 977 e si trova scritto anche in lingua basca. L’Euskera è la lingua ufficiale delle province basche dal 1982, insieme al castigliano. Le caratteristiche orografiche della regione hanno determinato il mantenimento della diversità linguistica, il che porta alcuni linguisti a sostenere, basandosi sulle difficoltà di intercomunicazione, l’esistenza di sette ceppi differenti, sette diverse lingue basche. Al fine di superare questa divisione si creò nel 1919 la Real Academia de la Lengua Vasca e nel 1968 si adottò ufficialmente una grammatica standardizzata del basco, chiamata batúa.

Infine il Galego (galiziano in italiano) è una lingua neolatina, parlata nella parte Nord Occidentale della Penisola, che si ritiene essere la base sia del Portoghese che del Castigliano. Il Galiziano mantiene nel suo dizionario anche un esiguo numero di vocaboli di origine celtica che stanno però cadendo in disuso.

1.2.4 LA GENETICA

La Spagna, o per meglio dire la Penisola Iberica in generale, é una delle regioni d’Europa meglio studiate dal punto di vista della variabilità genetica. Sono disponibili mappe sintetiche dei marcatori classici (Cavalli-Sforza e Bertranpetit,1991).

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Questi dati riguardano 18 loci (A1A2B0, MN, RH, K, FY, KEL, LE, HP, PI, GC, TF, C3, ACP1, ADA, PGD, GLO1, AK1, PGM1) e 34 alleli indipendenti. Sono state costruite tre mappe sintetiche utilizzando le prime tre componenti principali (Cavalli-Sforza, Menozzi, Piazza,1997).

La prima descrive il 27% della variabilità genetica totale e possiede un massimo nelle regioni di lingua basca, zone di massimo sviluppo culturale durante il Paleolitico fino all’Aziliano. Si ritiene che questa componente riassuma un aspetto genetico di matrice paleolitica nella popolazione iberica. I toponimi di origine basca nella zona delle tre prime isoplete di questa componente appoggiano questa interpretazione. La conservazione della lingua avrà favorito il mantenimento di un determinato tipo genetico e un alto livello di endogamia. Anche la conformazione del territorio, organizzato in valli isolate, deve aver facilitato questo processo. La seconda componente descrive il 14% della diversità totale e possiede un massimo nella regione orientale dei Pirenei e Catalogna ed un minimo con isoplete concentriche nella regione basca e nel centro-sud. La spiegazione più plausibile per questa distribuzione é quella legata alla diffusione delle genti nel Neolitico. Le aree geografiche con i massimi di questa componente si adattano bene a questa idea visto che sono le zone classiche di ingresso dai Pirenei, e le coste del Mediterraneo e dell’Atlantico nelle quali vi sono numerosi resti archeologici di questo periodo. Le coste atlantiche erano già popolate in periodo Mesolitico. Le ultime zone ad essere raggiunte dalle nuove popolazioni neolitiche dovettero essere quelle centrali che possiedono i valori minimi della mappa. La mappa della seconda componente, mostrata in figura 1.5, potrebbe anche far supporre una relazione con la situazione linguistica. Il picco si trova infatti circa in posizione della zona di lingua catalana della penisola. Questa ipotesi non é però ben suffragata dai dati genetici e dalla storia. Le tre lingue romanze parlate in Spagna: galiziano, castigliano e catalano, presero piede nella penisola durante la ritirata dei Saraceni, diffondendosi dal nord verso il sud. Se la componente rispondesse a ragioni linguistiche dovrebbe avere un minimo nelle zone meridionali ed un massimo esattamente nella zona intorno a Barcellona. Non si verifica nessuna delle due situazioni.

Nella popolazione iberica la componente paleolitica é più importante di quella neolitica. La prima fu demograficamente rilevante visto che si protrasse più a lungo che nel resto d’Europa nel quale le popolazioni di agricoltori arrivarono prima. Il contributo genetico dei cacciatori-agricoltori concorda con le informazioni di tipo archeologico

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(Bertranpetit e Cavalli-Sforza,1991). Anche nelle mappe genetiche generali del continente europeo il centro-nord della Spagna presenta dei picchi di massima o minima frequenza per vari marcatori come ad esempio per l’allele B della fosfatasi acida (ACP1), l’allele F1del gene della β-glicoproteina ricca di glicina (BF), l’allele GC*1 della proteina GC che lega la vitamina A, il fenotipo Rh negativo che presenta i massimi mondiali proprio nella regione basca. La distribuzione di questi ed altri marcatori classici, soprattutto del sistema HLA, sembra indicare un gradiente dal Medio Oriente alla Spagna. Tale gradiente appoggia l’ipotesi di una diffusione demica dalla zona mesopotamica all’ovest europeo, più concretamente alla Spagna e ai Paesi Baschi che conservano la componente Paleolitica delle popolazioni che allora occupavano l’Europa. Alcuni autori (Collins et al., 1986) ritengono che il basco sia una lingua di origine mesolitica preindoeuropea che venne poi soppiantata dalle lingue della famiglia Dravidica-Indoeuropea. Oggi é parlato da poche migliaia di persone soprattutto nei Paesi-Baschi spagnoli, conservatosi nelle valli isolate di queste terre e mantenutosi forse anche per via dello spirito tradizionalista delle sue genti.

Figura 1.5.: Mappa sintetica della penisola iberica relativa alla seconda componente principale.

I sei livelli di grigio rappresentano intervalli di valori della componente principale dal minimo al massimo. Da Bertranpetit e Cavalli-Sforza (1991).

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La terza componente rappresenta il 12% della totale variabilitá ed evidenzia le differenze fra le zone mediterranee e quelle atlantiche. I reperti archeologici appoggiano questa dicotomia. Nel I millennio a.C. le culture che si svilupparono sul versante atlantico erano di lingua celtica e provenivano dalla Francia attraverso i Pirenei Occidentali. Le popolazioni del versante mediterraneo erano Iberi, autoctoni di lingua Iberica.

Il quadro genetico della regione spagnola pone diverse domande circa la provenienza delle genti che popolarono la penisola in periodo Paleolitico prima e Neolitico poi. Vari ricercatori, guidati da A. Arnáiz Villena, sostengono che vi sia stata un’entrata di popoli dallo stretto di Gibilterra vista l’estrema vicinanza delle due terre.

Gli studi di questa equipe di ricercatori, sulla base di marcatori del complesso HLA e mitocondriali relativi a Baschi, Portoghesi, Spagnoli e Algerini, vogliono dimostrare che la componente pre-neolitica dei geni iberici sia di origine Nord-Africana. Gli Amiti erano il popolo che abitava l’attuale Marocco.(I dati fisico-antropometrici suffragano la loro tesi poiché sembra che siano poco concordanti con quelli delle popolazioni Neolitiche provenienti dal Medio Oriente). La presenza di ceramiche con decorazioni lineari nell’Europa mediterranea dell’ovest e in tutto il Maghreb é una prova evidente di contatti via mare fra le popolazioni del bacino del Mediterraneo. Inoltre esistono somiglianze fra la cultura Egiziana di El- Badari (4500 anni fa) e quelle della Penisola Iberica meridionale dello stesso periodo.

Riunendo dati genetici, linguistici, antropologici e archeologici questi ricercatori intendono sostituire il modello demico di Cavalli-Sforza e colleghi con uno di popolamento dell’Europa occidentale e di varie isole del Mediterraneo attraverso il passaggio di genti dal Nord-Africa (Arnáiz- Villena, Martínez-Laso, e Alonso-García, 1999). Effettivamente é molto difficile escludere a priori questa ipotesi, ma, come visto con le mappe dei marcatori classici, l’apporto genetico principale pare essere quello dei pastori neolitici provenienti dalla mezzaluna fertile.

In sintesi, le due principali teorie riguardo il primo popolamento della penisola iberica sono le seguenti:

(1) le antiche popolazioni iberiche condividono un background genetico e culturale comune con i Paleo-nord Africani Caucasoidi e con gli altri Mediterranei pre-Neolitici e nessun tipo di sostituzione é avvenuta nella transizione fra il Mesolitico ed il Neolitico

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(2) gli antichi popoli iberici vennero per lo piú sostituiti dalle popolazioni di agricoltori entrati dai Pirenei occidentali durante la transizione dal Mesolitico al Neolitico,(modello della diffusione demica).

Poiché abbiamo già visto i dati genetici che suffragano la seconda teoria, mi soffermerò sulla prima.

Tra l’8000 e il 4000 a.C. la zona Sahariana subì un brusco cambio climatico che la rese molto più calda e secca, forse a causa di piccole variazioni dell’asse di rotazione della terra che deviò il soffio degli umidi monsoni fuori dall’area del Sahara (Kutzbach e colleghi,1996). La linea della foresta si spostò dal sedicesimo parallelo verso sud, vicino all’equatore (Bodmer e Cavalli-Sforza,1976). É probabile che popolazioni Nord africane abbiano migrato allora verso la Penisola Iberica o le isole Canarie. Dovevano essere Amiti Berberi, popoli autoctoni del Nord Africa. Anche durante la successiva invasione degli Arabi, nell’ottavo secolo dopo Cristo, il principale apporto fu di genti di etnia Amita, convertite all’Islam in seguito all’invasione del Nord Africa degli Arabi della Penisola Arabica. Dunque i primi Iberici o i Guanches delle Canarie dovrebbero essere stati strettamente imparentati agli indigeni nord-africani (Martínez-Laso, 1995). Gli studi del gruppo di Arnaíz si avvalgono dei dati sul sistema HLA. Degos e Dausset nel 1974, Arnaíz- Villena e Regueiro nel 1988 evidenziarono la presenza dell’aplotipo HLA (cromosoma 6) A30-B18-DR3-BF*F comune a spagnoli, baschi e sardi e con frequenza più simile a quella riscontrata in Nord Africa che non a quella di altre popolazioni europee. Il campione magrebino utilizzato era algerino con una componente Berbera del 70% (Julien 1951; Benmamar 1993; Arnaiz Villena 1995). Infatti le popolazioni indigene delle regioni del Maghreb sono i Berberi, e non gli Arabi che occuparono queste terre solo nell’VIII secolo d.C. Inoltre gli Iberici risultavano più strettamente imparentati agli Algerini che non agli altri europei. L’albero filogenetico così costruito mostrava un’evidente separazione dei Sardi e dei Baschi a sottolineare il loro possibile isolamento dal resto degli europei nel corso della storia. Uno studio, sempre con il sistema HLA, (Izaabel e coll. 1998) sulla popolazione berbera del Marocco ribadisce che la componente paleo-nordafricana e più strettamente legata agli Spagnoli che non al resto degli europei.

In sintesi i principali dati che attestano un’origine comune di Baschi, Spagnoli e Nord-Africani sono stati condotti sul sistema superiore di istocompatibilitá umana e sono i seguenti:

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(1) 1992, Imanishi, Azaka e Wakisaka, studio su 126 differenti gruppi etnici in 186 laboratori sparsi per il pianeta;

(2) 1981, Arnaiz-Villena e coll. trovano che Baschi, Spagnoli, Baschi e Sardi cond ividono aplotipi con i Berberi (aplotipo molto frequente A30-B18-DR3); (3) 1995-1997, Martínez- Laso, Arnaiz- Villena, Clayton e Lonjou; confermano i dati

precedenti con tecniche indirette di sequenziamento del DNA;

(4) 1998, Izaabel e coll. in uno studio condotto su Marocchini, Svizzeri e Francesi rivelano la vicinanza fra i primi e gli Iberici.

Alcune evidenze provengono anche da dati su marcatori mitocondriali (Corte-Real et al.1996). L’aplogruppo V é stato identificato e osservato solo nel Nord-Africa e nel sud-ovest Europeo. La sua distribuzione fa pensare che si sia formato o nella Penisola iberica o nel nord-Africa occidentale, ma non nel Vicino Oriente, come accadde probabilmente per l’aplotipo H (Richards, 1996; Torroni, 1998). La principale componente mitocondriale delle isole Canarie sembra essere di origine “Guanche” (Berbera). Questo fatto trova la sua spiegazione storica nello sterminio che gli spagnoli fecero della popolazione maschile canaria nel XV secolo mischiandosi poi con le donne dell’arcipelago.

Tutti questi dati sulla popolazione spagnola sono stati condotti con marcatori classici. Bisogna precisare che in un lavoro dello stesso Arnáiz (Arnáiz Villena,1997) si trova che il primo aplotipo HLA più frequente fra Spagnoli di Madrid e Baschi é il A29-B44-DR7 che é caratteristico delle popolazioni dell’Europa Occidentale inclusi Inglesi ed abitanti della Cornovaglia.

Negli ultimi decenni i sistemi VNTR e microsatelliti sono stati utilizzati per lo studio della popolazione iberica. Questi dati disegnano un panorama molto più omogeneo rispetto a quello ottenuto dai locus classici. Dei marcatori scelti per il nostro studio la letteratura sulla popolazione in esame offre qualche dato su D1S80 e D17S5 di solito studiati con altri VNTR o marcatori classici quali APO B (Alonso et al.1998), HUMTH01, HUMVWA, ACTBP2, D21S11, HLADQA1 (Lorente et al.1997) e ancora HLADQA1, HUMTHO1, HUMTPOX, HUMCSF1PO e HUMVWA (Sánchez-Molina et al.2000).

Le analisi sono state condotte su subpopolazioni della penisola. Alonso e collaboratori hanno analizzato un campione proveniente dai Paesi Baschi. Lo studio intendeva effettuare un’analisi genetica della popolazione residente attualmente nella zona senza curarsi della loro origine geografica. Le frequenze mostravano consistenti differenze

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con altre popolazioni analizzate in letteratura, tranne che con la popolazione francese (Boerwinkle et al., 1989) e la popolazione catalana (Gené et al., 1995). Per il locus D17S5 osservarono la completa mancanza dell’allele 8 nella popolazione analizzata. Questi dati sono in accordo con la visione di una certa diversità genetica dei Baschi. Uno studio di B. Martinez-Jarreta e collaboratori (1998) su un campione della regione di Sarago zza ha messo in evidenza la sostanziale omogeneità di questo con il resto della popolazione Caucasoide. Uno dei loci analizzati in questo studio era proprio il D1S80. Le stesse conclusioni si possono trarre dai dati di Sánchez-Molina e collaboratori su un campione della zona Cantabra.

Gli ultimi studi, quali ad esempio quello di Miguel Paredes e collaboratori sulla popolazione catalana (2003) vengono fatti con kit di marcatori microsatelliti che analizzano fino a 16 locus in un unico amplificato di PCR permettendo così un rapido campionamento della popolazione (altri esempi: Alves, 2004; Barbarii, 2004; Calò, 2003; Hadiçakir, 2003; Skitsa, 2003; Asmundo, 2002; Amorim, 2001; Maviglia, 2001). I loro risultati danno ancora uno scenario uniforme e analogo a quello delle altre popolazione caucasoidi. Sono stati raccolti dati sulla popolazione basca con marcatori STR ai fini di valutarne il potere di discriminazione, ma con i quali non è stata effettuata nessuna analisi di confronto con altre popolazioni (Pérez Miranda et al. 2004). Alcuni di questi marcatori avevano precedentemente fornito un panorama genetico basco in accordo con quello delle altre popolazioni europee (García et al. 2001).

La popolazione iberica è stata attentamente tipizzata per tutti i tipi di marcatori dal gruppo di ricerca di Barcellona di Bertranpetit, Calafell e collaboratori. Essi si sono principalmente concentrati sullo studio dei marcatori mitocondriali. L’interpretazione delle prove fornite a tali marcatori è controversa. Il panorama generale dei marcatori mitocondriali in Europa descrive una situazione in generale omogenea se non per la presenza di una linea di demarcazione di variabilità genetica fra il nord Europa, nella zona popolata dai Saami, ed il resto del continente. L’area mediterranea, al suo interno, non presenta sostanziali variazioni della diversità genetica mitocondriale rispetto a quanto osservato con i marcatori nucleari. La struttura della popolazione europea con l’uso del DNA mitocondriale potrebbe riflettere la component e genetica della prima colonizzazione del continente nel Paleolitico ed i successivi effetti del fondatore nel popolamento dell’intero territorio (Simoni, 2000). A livello di mtDNA anche la popolazione basca, ben nota come gruppo isolato, non presenta sostanziali differenze dalle popolazioni vicine (Bertranpetit et al. 1995). In ogni caso, anche se la variabilità

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genica mitocondriale in Europa è molto bassa (Comas et al. 1997), e la distanza fra le varie popolazioni piccola rispetto a quella fra le popolazioni degli altri continenti, si può osservare un determinato pattern di differenziazione. Un albero genetico costruito dall’analisi di 9 popolazioni europee (Comas el al. 1997) mostra un lieve gradiente da est ad ovest, con le popolazioni del Medio Oriente ad un estremo e la popolazione basca dall’altro. La diversità fra le sequenze all’interno di ogni popolazione mostra i valori più alti ad est ed i valori minimi ad ovest. La migliore giustificazione per tali dati è l’esistenza di un’onda di avanzamento da est ad ovest con una riduzione delle dimensioni della popolazione ad ogni stadio.

Come visto, i Baschi sono stati considerati a lungo e tuttora lo sono, come una popolazione singolare dal punto di vista genetico. La prime prove evidenti sono state fornite con i marcatori classici ed a questi viene continuamente aggiunto un discreto numero di dati molecolari. Mentre alcuni polimorfismi (STR autosomici, STR e SNP dell’Y), non senza eccezioni (García, 2004), hanno ulteriormente confermato una situazione particolare, altri (variazioni del mtDNA e polimorfismi delle inserzioni ALU) situano i Baschi all’interno del gradiente generale europeo (Bertranpetit, 2001).

Figura

Figura 1.1.:  Culture neolitiche della prima fase della diffusione dell’agricoltura in Europa
Figura 1.2.: L’Europa nel I millennio a.C. : la comunità celtica nel periodo di massimo fulgore
Figura 1.4.: Carta politica della Spagna (Divisione in Comunità Autonome e Province)
Figura 1.5.: Mappa sintetica della penisola iberica relativa alla seconda componente principale

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