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Capitolo 3 Le Laccasi

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

Le Laccasi

3.1 Introduzione

Le laccasi sono enzimi molto diffusi tra le piante e nei funghi con ruolo predominante nella biodegradazione della lignina [20]. In virtù della loro capacità di ossidare un ampio spettro di substrati [21] e del loro elevato potenziale redox questo enzimi sono interessanti per le loro potenziali applicazioni industriali, nell’industria cartiera e tessile.

3.2 Struttura e meccanismo catalitico

Le laccasi appartengono alla famiglia enzimatica delle “multicopper oxidases”, anche dette “blue oxidases” a causa del loro caratteristico intenso colore blue [22], strutturalmente sono glicoproteine monomeriche o multimeriche, con differente contenuto di carboidrati e di atomi di rame. Le laccasi fungine contengono quattro atomi di Cu(II) (per mole di proteina) dalle diverse proprietà spettroscopiche (rame di tipo1 di tipo2 e di tipo3) essenziali per l’attività di ossidazione

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enzimatica e diversamente complessati dalla porzione proteica: uno ione cuprico di tipo spettroscopico I, che conferisce un caratteristico colore azzurro celeste alla laccasi; uno ione cuprico di tipo spettroscopico II, ininfluente ai fini del colore e con un assetto elettronico e stereochimico simile a quello dell’usuale ione cuprico inorganico; due ioni cuprici del tipo spettroscopico III, con accoppiamento antiferromagnetico degli spin elettronici (il rame cuprico Cu2+ ha una configurazione elettronica esterna d9, quindi con un

elettrone spaiato normalmente rivelabile con tecniche epr. Gli spin dell’elettrone spaiato di ciascun ione cuprico di tipo III sono antiparalleli, e quindi non rivelabili. La laccasi ossida con scarsa specificità i composti fenolici (e anche le ammine aromatiche) estraendone un elettrone (si forma quindi un radicale) [23]. Il processo si ripete per quattro volte (quindi su quattro molecole di substrato), sino a che i quattro ioni cuprici sono ridotti a cuprosi (Cu+, d10) con

conseguente scoloramento dell’enzima. A questo punto interviene una molecola di ossigeno che viene ridotta a due molecole di acqua:

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I radicali ottenuti a spese del substrato si comportano poi in funzione della propria struttura e della disponibilità di ossigeno, della concentrazione del substrato, del pH, producendo a seconda dei casi chinoni, oppure dimeri, o anche polimeri, o piú spesso miscele di questi prodotti. Nel caso di composti fenolici contenenti funzioni metiletere si ha spesso demetilazione e quindi semplificazione molecolare e incremento della solubilità in acqua; gli idrossiacidi aromatici vengono spesso decarbossilati ossidativamente.[5] La capacità della laccasi di ossidare le ammine aromatiche è potenzialmente molto interessante per il trattamento delle acque reflue di colorifici e industrie similari. Infatti moltissimi coloranti sintetici derivano da ammine aromatiche di-azotate, oltre che da composti fenolici, anch’essi spesso substrati della laccasi [25,26]. Le laccasi sono in grado di rimuovere selettivamente la frazione ligninica dal legno, e pertanto sono potenziali sistemi biotecnologici per ottenere cellulosa pura, materia prima per la fabbricazione della carta. Le prestazioni della laccasi possono però essere aumentate, ed il range di substrati ossidabili allargato, con l'impiego di opportuni "mediatori di ossidazione", sostanze a basso peso molecolare che funzionano da co-catalizzatori grazie al loro maggiore potenziale di riduzione.

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3.3 Co-catalizzatori ed induzione

enzimatica

Lo studio della degradazione dei substrati naturali operato sia da di laccasi che da altri enzimi ligninolitici, ha dimostrato che il loro pregio di avere una ampia specificità di substrato e di attaccare il polimero con un meccanismo di tipo radicalico, porta con sé anche il limite di utilizzo al di fuori del loro ambito fisiologico a causa della dimostrata possibilità di ripolimerizzazione degli intermedi di reazione. Queste osservazioni hanno condotto allo studio di altri enzimi eventualmente coinvolti, anche se con un ruolo secondario, nel meccanismo di degradazione della lignina [27]. P. ostreatus secerne un altro enzima ossidativo, l’alcool arilico (veratrilico) ossidasi (VAO). La produzione di quest’enzima è comune anche ad altri ceppi di Pleurotus, ed ad alcune altre specie fungine. L’indagine sperimentale ha consentito di formulare una ipotesi sul ruolo funzionale della VAO. E’ stato dimostrato che la VAO è capace di ridurre chinoni e fenossi radicali generati dalla laccasi con concomitante ossidazione di alcol veratrilico a veratril aldeide. Questa capacità di “congelare” le specie a basso peso molecolare ha dimostrato la sua efficienza nei saggi di

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depolimerizzazione effettuati su lignosolfonati ad alto peso molecolare. I risultati indicano che la VAO svolge un importante ruolo nella biodegradazione in vitro di modelli di lignina quando è accoppiata ad un enzima ossidativo, come la laccasi, capace di promuovere il processo di degradazione della complessa matrice polimerica. La cooperatività laccasi/VAO suggerisce un pathway degradativo della lignina in vivo in cui non sono coinvolte le perossidasi ed in cui la VAO esplica una funzione di supporto rispetto alle laccasi. Come precedentemente accennato, alcuni studi hanno portato alla conclusione che questi funghi impiegano per la degradazione della lignina la laccasi, coadiuvata da enzimi addizionali come la chinone reduttasi QR che riduce i chinoni originatisi i quali riossidandosi liberano ROS [28]. I ROS sono in questo contesto i veri responsabili della demolizione ossidativa della lignina. La sigla ROS (in inglese Reactive Oxygen Species, ossia intermedi reattivi nella riduzione dell’ossigeno) sono per esempio il superossido O2-· e il corrispondente radicale protonato

idroperossile HO2·, il perossido d’idrogeno H2O2, il radicale

idrossile ·OH. Queste specie agiscono come violenti ossidanti piuttosto aspecifici, e la lignina (con i suoi prodotti intermedi di degradazione) costituisce un bersaglio ideale per la loro azione.

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Quando i miceli fungini sono coltivati in beuta, è possibile aggiungere a ciascuna coltura qualche induttore della laccasi: singoli induttori o anche miscele

1. Quantità troppo basse hanno un’azione modesta e transitoria, la mag-gior parte degli induttori sono anche substrati della laccasi, quindi quando vengono consumati l’azione induttoria viene a cessare;

2. Quantità eccessive invece possono svolgere un’azione tossica sul fun-go, bloccandone la crescita o addirittura uccidendolo.

Periodicamente piccoli campioni dei mezzi di coltura vengono prelevati sterilmente e analizzati per determinarne l’attività enzimatica. Il confronto dei risultati permette di individuare gli induttori più efficienti, e anche l’eventuale mancata induzione. Naturalmente vanno allestite colture di controllo senza induttori per valutare la eventuale produzione di laccasi costitutiva. La misura dell’attività si compie nel modo migliore per via fotometrica, utilizzando un substrato sintentico cromogenico: la siringaldazina (azina dell’aldeide siringica o 4-idrossi-3,5-dimetossi-benzaldeide). Questa sostanza di colore giallo chiaro viene specificamente ossidata dalla laccasi al corrispondente chinone, di colore rosso fuchsia intensissimo (ε = 65.000 M-1cm-1, λ

max

= 525 nm). Dato l’altro valore di ε, la misura è sensibilissima e spesso è richiesta una diluizione preliminare del campione da saggiare.

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Non si formano sottoprodotti e il composto colorato è sufficientemente stabile da permettere una misurazione quantitativa abbastanza precisa.

Riferimenti

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