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Capitolo 2 Elementi generatori del progetto

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Academic year: 2021

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Capitolo 2

Elementi generatori del progetto

Uno volta completato lo studio del sito e dell’area circostante è necessario iniziare a formulare idee, pensieri e fantasie che lentamente tracciano e fanno apparire il lungo sentiero della progettazione sempre più chiaro e definito. Si prende un foglio di carta, una matita, una gomma e si inizia a comporre schizzi, scarabocchi, segni confusionari che apparentemente dicono nulla, ma che in realtà fanno parte di quella fase progettuale creativa, intima, non standardizzata tipica di ogni ideazione.

Nel presente capitolo vengono descritti i primi passi della fase iniziale ideativa, le motivazioni delle prime scelte, che hanno delineato l’immagine del risultato finale.

2.1

La progettazione modulare

Dall’osservazione del segno marcato, sul territorio, dei due assi stradali di via Carducci e di viale Della Stazione è nata l’idea di riproporre, all’interno dell’organismo edilizio nascente, queste direttrici fondamentali generando la distribuzione di spazi lungo due visuali che siano percepibili all’osservatore. Sulla planimetria dello stato attuale sono apparse, dunque, una serie di ret-te parallele a via Carducci e un’altra serie di retret-te parallele al viale Della Stazione; queste linee intrecciandosi con le rispettive ortogonali hanno dato vita ad un sistema di due griglie che, unificate sul modulo quadrato 3.60 m × 3.60 m (sei volte multiplo di 0.60 m) formano lo sfondo, la texture su cui impaginare gli ambienti e i percorsi (Figura 2.1).

La quadrettatura del foglio dà la possibilità di occuparlo in molti modi diversi appoggiando le forme alle linee di modulazione. Mentre, nel caso si debba disporre delle forme in uno spazio non modulato, si ha sempre molte incertezze sul luogo dove fermare le forme, sopra una superficie modulata

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2.1 La progettazione modulare Elementi generatori del progetto

Figura 2.1: L’idea del sistema modulare utilizzato.

invece si ha l’appoggio di un modulo che offre dei rapporti precisi tra gli elementi da sistemare, ricavando una maggiore sicurezza di azione. Si pen-si che anche la mupen-sica, che sembra la più libera delle arti, è strettamente modulata nel tempo, senza che questa modulazione ne limiti l’espressione. Questo sistema modulare costituisce quindi l’essenza della progettazione, na-ta dalla ripetizione di un stesso elemento, sviluppando relazioni di multipli e sottomultipli fino a creare elaborazioni più complesse, insiemi concepiti ar-monicamente, in cui ogni elemento si rapporta perfettamente col tutto.

L’uso della ripetitività modulare si rileva già nella civiltà egiziana, la cui arte è dominata dal mondo delle immagini attraverso la presenza di griglie, di quadrati, che ne determinano la composizione. Si pensi, ad esempio, alle qua-drellature dei bassorilievi egizi legate a un sistema di proporzioni dedotte dal corpo umano e dalle sue parti. Quasi sempre la figura umana è iscritta in una maglia di 19 quadrati e ad un numero esatto di quadrati corrispondono anche i livelli essenziali del corpo: al sedicesimo corrisponde l’attacco della testa, al dodicesimo la base della cassa toracica, alla nona la piega delle natiche, alla sesta il limite superiore della rotula (Figura 2.2). La teorizzazione del modulo avviene compiutamente nella cultura architettonica greco-romana e il trat-tato vitruviano ce ne offre una sintesi. Nel terzo libro del De Architectura, Vitruvio si occupa del tempio e inizia la trattazione parlando della “symme-tria”, una parola greca che è diventata sinonimo di simmetria, nel senso di una corrispondenza biunivoca tra due parti, come avviene per un oggetto e la

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2.1 La progettazione modulare Elementi generatori del progetto

Figura 2.2: Bassorilievo nella tomba egizia di Per-neb.

sua immagine speculare. Il significato architettonico della “symmetria” gre-ca indigre-cava, invece, un processo compositivo basato sulla ripetizione di una misura privilegiata, dei suoi multipli e delle sue frazioni. Essa nasce dalla proporzione che è la commensurabilità sulla base di una unità determinata. Vitruvio chiarisce subito che il sistema templare obbedisce a un insieme di regole precise che nascono concretamente dalla necessità di misurare le parti che verranno messe in opera; la proporzione, da cui dipende la qualità este-tica, è confronto visivo di parti e sviluppa il processo della misurazione.

Modularità e proporzioni privilegiate, dopo l’esperienza e la teorizzazio-ne del mondo classico, non abbandoteorizzazio-neranno più la tradizioteorizzazio-ne architettonica europea e torneranno nel Medio Evo nelle costruzioni delle cattedrali. Il culto della sezione aurea permane nelle immagini della cultura rinascimen-tale e barocca. Un solido legame tra la tradizione classica e quella moderna venne stabilito da Le Corbusier con la sua teoria del Modulor, con cui cer-cava di aprire una porta alla futura prefabbricazione industriale degli alloggi (Figura 2.3). Ed è proprio grazie all’uso del sistema modulare che anche

Figura 2.3: Il Modulor di Le Corbusier.

per l’autostazione di Massa è sviluppabile l’idea della produzione industriale e l’impiego di elementi edilizi già pronti. I vantaggi della prefabbricazione vengono applicati alla creazione di spazi vivibili, facili sia da realizzare che da gestire e modificare in relazione al mutarsi delle esigenze, attraverso una composizione di elementi già pronti che permettono di creare, con

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abbina-2.1 La progettazione modulare Elementi generatori del progetto menti più o meno variabili, nuclei funzionali, montabili e smontabili in poco tempo e in grado di garantire una consistente riduzione dei costi di esecu-zione e di manutenesecu-zione generale, in concomitanza ad una grande flessibilità distributiva.

Nell’autostazione di Massa l’idea del modulo non si ferma alle due di-mensioni della pianta ma si eleva anche in altezza. Nasce quindi l’esigenza di creare un elemento compositivo ripetibile che andrà a caratterizzare tutto l’organismo edilizio. La cellula fondamentale si origina dall’uso di quattro profili in acciaio HEB 300 disposti a quadrato con interassi di 3.60 m (Fi-gura 2.4). Il quadrato interno, incorniciato dalle piattabande, è suddiviso a

Figura 2.4: Il modulo cieco, vetrato, non transitabile e libero.

sua volta da altri 16 quadrati che all’occorrenza potranno essere pieni oppure vetrati a seconda delle esigenze funzionali che si presentano all’interno del-l’ambiente. In altri casi il quadrato principale potrà essere completamente vuoto per garantire un passaggio oppure chiuso fisicamente ma comunque trasparente alla vista. Un’unica forma che assume aspetti e compiti diversi, capace di adattarsi, armoniosamente, alle molteplici esigenze della progetta-zione. Il compito della tamponatura esterna del modulo è stato affidato alla pietra o meglio al granito (Figura 2.5).

Lastre quadrate di dimensioni 0,76×0,76 m (prodotte dalla Henraux La-boratorio) sottoposte ad un trattamento superficiale, ottenuto incidendo la pelle della pietra con getti d’acqua ad alta pressione, conferendole un aspetto estetico unico. Sulla superficie viene creata una serie di graffiature ortogona-li, da ricreare anche sulla pietra una texture quadrata modulare, percepibile

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2.2 La riorganizzazione della viabilità Elementi generatori del progetto

Figura 2.5: La pietra di rivestimento nel modulo cieco.

visivamente, solo a distanza ravvicinata, e attraverso il tatto per la sua rugosi-tà. É questo l’elemento più piccolo della griglia modulare che moltiplicandosi ha generato le grandi forme di tutto il complesso.

2.2

La riorganizzazione della viabilità

Uno dei primi problemi fondamentali, inerenti al sito scelto per l’ubica-zione dell’autostal’ubica-zione di Massa, riguarda la viabilità intesa nel suo duplice aspetto, ovvero riferente sia alla circolazione stradale e sia alla necessità di prevedere un adeguato numero di parcheggi a disposizione di quei cittadini che decidono di sostare nella zona.

Per quanto riguarda il primo punto è già stato osservato che le criticità maggiori si hanno sull’asse di via Carducci in corrispondenza delle due in-tersezioni stradali con via Rinchiostra (regolamentata dalla sola segnaletica orizzontale e verticale) e con viale Della Stazione (dove un impianto sema-forico gestisce alla meno peggio i flussi di traffico). La soluzione proposta consiste nella rivisitazione dell’organizzazione degli incroci mediante il siste-ma di circolazione rotatoria a senso unico. Affrontiamo un breve excursus sulle rotatorie rimandando a testi più specifici per maggiori approfondimen-ti, valutando in questa sede solo gli aspetti principali e verificando, quindi,

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2.2 La riorganizzazione della viabilità Elementi generatori del progetto la fattibilità della soluzione proposta compatibilmente con il tessuto urbano esistente.

2.2.1

Le rotatorie

La peculiarità fondamentale della rotatoria, a differenza degli altri tipi di intersezione a raso, è quella di non attribuire priorità ad alcuna delle strade che s’intersecano: essa è pertanto particolarmente idonea in quelle situazioni in cui tali strade sono dello stesso livello gerarchico.

Tale prerogativa è associata anche al principale svantaggio delle rotatorie: l’impossibilità di privilegiare una corrente veicolare piuttosto che un’altra. Ciò è un problema soprattutto nel caso si volesse favorire il rapido deflusso dei mezzi di trasporto pubblico e dei mezzi di soccorso. Altri svantaggi sono da ricercarsi nella difficoltà progettuale relativamente al corretto posiziona-mento in relazione ai forti condizionamenti dell’urbanizzazione circostante. Per contro, esistono numerosi vantaggi della sistemazione a rotatoria che in-ducono a preferire tale scelta per la configurazione di un incrocio (sia nelle nuove realizzazioni, che negli interventi di riqualificazione):

- la moderazione della velocità di approccio, favorita dall’obbligo di dare la precedenza ai veicoli sulla corona giratoria e dalla percorrenza di traiettorie inducono a significative riduzioni delle velocità;

- il miglioramento della sicurezza grazie sia all’eliminazione dei punti di conflitto comportanti l’intersezione delle correnti veicolari (in una intersezione tradizionale a quattro bracci ci sono 16 punti di conflitto mentre in una rotatoria si riducono a 4), sia alla riduzione della velocità a cui si transita (Figura 2.6);

- le traiettorie di collisione sono convergenti o divergenti, generando an-goli di impatto tra i veicoli prossimi all’angolo piatto; in una interse-zione a raso tradizionale invece le stesse traiettorie sono ortogonali o parallele e di verso contrario (è stato rilevato che le rotatorie riducono la probabilità di incidenti mortali di circa del 70%);

- l’ingresso nella corona giratoria mantiene sempre attiva l’attenzione del guidatore a differenza di un impianto semaforico che, con la lanterna verde accesa, incentiva inconsciamente l’autista all’accelerazione; - la riduzione dei tempi di fermata rispetto a quelli riscontrabili sulle

in-tersezioni regolate da lanterne semaforiche, in quanto la rotatoria viene utilizzata in modo continuo con diminuzione dello stress dell’autista;

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2.2 La riorganizzazione della viabilità Elementi generatori del progetto

Figura 2.6: Confronto dei punti di conflitto tra un’intersezione e una rotatoria.

- la riduzione delle immissioni sonore, dovuta ad un insieme di fattori: velocità inferiori, guida meno aggressiva che non richiede né brusche frenate né improvvise accelerazioni o decelerazioni;

- la diminuzione del consumo di carburante rispetto agli incroci a control-lo semaforico; ciò si traduce in una riduzione delle emissioni inquinanti1;

- la flessibilità degli itinerari data la possibilità di inversione di marcia (manovra per lo più impedita negli incroci tradizionali). In tal modo si può eliminare la pericolosa svolta a sinistra sui rami d’immissione all’incrocio e consentire l’inversione di marcia ai trasporti pubblici; - la semplificazione della segnaletica verticale che nelle rotatorie appare

più sobria e, in generale, maggiormente comprensibile.

L’insieme di questi aspetti spingono dunque verso la scelta della riorganiz-zazione dei due incroci su via Carducci mediante l’inserimento di due rota-torie che oltre ad una riqualificazione urbana dell’area, per effetto di una sistemazione a verde dell’aiuola centrale e di una eventuale scultura o altro

1Alcuni studi hanno dimostrato come le emissioni di monossido di carbonio, ossidi di azoto e idrocarburi, si riducano in percentuale variabile dal 20% al 30% sulle rotatorie a confronto con gli incroci regolati da lanterne semaforiche

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2.2 La riorganizzazione della viabilità Elementi generatori del progetto oggetto scenico al suo interno, introducono, due snodi che, come vedremo, costituiscono elementi fondamentali per la viabilità interna all’area destinata all’autostazione (Figura 2.7).

Figura 2.7: L’idea delle rotatorie nelle intersezioni.

É ovvio che l’intervento singolo e puntuale di questo tipo non può risolvere il problema, molto più complesso e articolato, della viabilità sull’asse via Carducci, se non inserito e coordinato all’interno di un piano urbanistico del traffico coinvolgente tutto il territorio comunale.

2.2.2

I parcheggi

Negli ultimi decenni si è assistito a un costante accrescersi della mobili-tà, che ha portato al congestionamento delle aree urbane, costringendo gli amministratori, in assenza di idonee strutture di servizio, a mettere a dispo-sizione ogni angolo della città all’autista, alla ricerca nevrotica di 10 mq di spazio pubblico per sostare la propria automobile. É stato, quindi, detroniz-zato il pedone, che si ritrova rifugiato a vivere la città, fuori dalle piazze, in marciapiedi spesso di larghezza non sufficiente a consentire liberamente una pausa senza creare intralcio e fastidio agli altri camminatori. Si è perso il piacere della passeggiata, della più antica capacità di spostamento dell’uomo: camminare. Le amministrazioni locali non hanno più investito il futuro della città sul pedone, ma hanno continuato a ricercare spazi per allargare le stra-de, costruire palazzi, realizzare qualche parcheggio a discapito delle storiche

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2.2 La riorganizzazione della viabilità Elementi generatori del progetto e bellissime piazze italiane. Questa politica ha, purtroppo, incentivato l’uso di ulteriori veicoli e gli amministratori di nuovo alla ricerca di altri spazi dentro gli antichi centri urbani, per soddisfare gli automobilisti sempre più esigenti. Questo vortice senza uscita ha affondato le città prima nei parcheggi a pagamento e poi, non sufficiente, sono stati legalizzati e istituzionalizzati ancora parcheggi sui marciapiedi, disegnando sulla pavimentazione gli stalli con strisce di colore, ovviamente, blu. In questo avvicendarsi di cambia-menti, al pedone, gli sono stati negati spazi per poter vivere, le strutture e servizi a lui dedicati sono stati cancellati e tanto meno incrementati, gli è stata addirittura negata l’area per il respiro accompagnandolo verso una lenta agonia. É, dunque, necessario ristabilire un giusto equilibrio, infondere al cittadino la voglia di stare all’aperto e di vivere l’ambiente che lo circonda in armonia, rigenerando e studiando spazi dedicati alla socializzazione e alla comunicazione.

Nella progettazione dell’autostazione a Massa è stato ricercato questo obiettivo nella convinzione di realizzare percorsi e spazi ad uso esclusivo del pedone, staccato ed estraniato dal traffico e dalla viabilità riconsegnando alla Piazza IV Novembre il suo spazio sottratto dall’attuale parcheggio. Ancorato questo perno sorge, spontaneamente, un altro assioma che dice di garantire l’accessibilità all’area non solo al cittadino del quartiere ma, vista la presen-za della stazione ferroviaria e del terminal degli autobus, a qualsiasi persona che ha necessità di utilizzare questi servizi. L’obiettivo è quello di richiamare l’uso del mezzo di trasporto pubblico favorendo il raggiungimento dell’area anche al cittadino che giunge con il proprio veicolo assicurandogli la serenità di un posto auto certo. Apparentemente siamo ritornati al punto di partenza: togliamo posti auto per aggiungerli successivamente. In realtà quello che è da ricercare è una nuova localizzazione di posti auto che se da una parte deve garantire l’immediata accessibilità all’area, dall’altra parte deve rispettare la vivibilità del complesso edilizio. In altre parole, è fondamentale separare i due momenti:

- arrivare con il proprio veicolo e parcheggiare liberamente

- entrare all’interno di un percorso o spazio ad uso esclusivo del pedone non disturbato dalla presenza di automobili o altri veicoli.

Sulla base di questa necessità la nuova localizzazione del parcheggio si ritro-va istintiritro-vamente posizionandolo in un area periferica dell’intero lotto (Figu-ra 2.8). La scelta, quasi obbligata, è ricaduta nella zona delimitata da via Rinchiostra a est, via Carducci a nord e dalla linea ferroviaria a sud, ricavan-do un punto di arrivo della viabilità dal quale è possibile incamminarsi verso

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2.3 Piazza IV Novembre Elementi generatori del progetto

Figura 2.8: L’idea del parcheggio.

l’autostazione e la stazione ferroviaria, attraversando un’area pedonale op-portunamente da organizzare. La vicinanza del parcheggio a via Rinchiostra, inoltre, ha concesso l’opportunità di allontanare le fasi di ingresso e uscita dalla nevralgica via Carducci evitando ripercussioni sulla viabilità passante con probabili formazione di code e ulteriori attese.

2.3

Piazza IV Novembre

Da sempre la piazza italiana ha giocato un ruolo primario nella vita so-ciale della città accogliendo i grandi tipici riti collettivi del paese: la consue-tudinaria chiacchiera del vespro o della Domenica, i principali festeggiamenti religiosi, i raduni politici, i tradizionali concerti musicali, le sagre e gli even-ti di spettacolo, le manifestazioni più varie. La piazza è dunque luogo di simulazione, in cui è rappresentata l’immagine della città, del quartiere, si esercitano le funzioni, ci si allena a diventare cittadini. Quante frasi che per associazione vengono alla mente, ci si vede in piazza (la piazza non ha quasi mai un nome), scendiamo in piazza, chiacchiere di piazza, vado a giocare in piazza, il giornale “La Piazza”, la Domenica in piazza, lavare i panni in piazza; e poi, ancora, il chiosco con la musica, le domeniche pomeriggio in piazza, la rivendita di giornali, le pasticcerie il bar, la Chiesa.

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urba-2.3 Piazza IV Novembre Elementi generatori del progetto no essendo, fin dall’antichità il luogo di concentrazione di tutte le attività sociali, centro simbolico della città, dove venivano svolte tutte le attività civili, religiose e di mercato, soprattutto luogo di incontro, di aggregazione per l’intera cittadinanza. Questo spazio sociale ha origini antichissime ed è già presente nei cortili dei palazzi dell’architettura cretese e micenea, con la nascita della Polis, l’Agorà diventa il centro della vita politica, luogo di riunione dei cittadini, piazza principale, mercato, centro economico e anche morale e sacro, dove vengono costruiti gli edifici pubblici, gli uffici, i templi e le are. Nella civiltà romana le stesse funzioni prendono vita nel Foro che all’interno del tessuto urbano rappresenta un momento di coagulazione spa-ziale dell’attività pubblica che invece di esprimersi in un edificio è costituita da uno spazio vuoto. La piazza del Medioevo, spazio religioso, mai vasto, in disparte dal traffico e dalla vita cittadina, mai attraversata dalle strade ma piuttosto lambita da queste, con accesso non facile ed in ogni modo qua-si asqua-siale rispetto alla Chiesa. La piazza del Comune pensata per le grandi adunate e caratterizzata dall’elemento di maggiore spicco assunto dal palazzo pubblico. La piazza rinascimentale, inconfondibile per la sua forma geome-trica regolare, rettangolare o circolare, organizzata su assi prospettici ben precisi e poi quella barocca, caratterizzano questi spazi urbani che ottengono il massimo del loro splendore divenendo opera d’arte totale. In quell’epoca il progettista indossa i panni dell’urbanista, dello scenografo, dello scultore, dell’uomo di teatro, capace di destare stupore e meraviglia, capace di incan-tare, ancora oggi, con un gioco di sorprese, di sguinci, di disassamenti, di nuove prospettive.

La piazza che per secoli, pur nella sua continua evoluzione, ha mante-nuto un ruolo di fondamentale importanza nella struttura urbana, ha perso negli ultimi decenni la sua connotazione formale e sociale assumendo così il carattere di semplice pausa nel tessuto residenziale della città moderna. Pro-prio nel secolo delle grandi trasformazioni sociali e della più elevata crescita economica dell’Italia, è venuta a mancare l’idea e la struttura della piazza come luogo di ordinamento del disegno urbano. Sembra quasi che i valori sociali introdotti a partire dalla produzione industriale di massa, alla moto-rizzazione, fino ai fenomeni più rilevanti degli ultimi decenni come la grande espansione edilizia, abbiano determinato una caduta di tensione nel proget-tare e riprodurre spazi urbani dedicati all’incontro e alla socializzazione. Dal dopoguerra in poi i tecnici hanno dimostrato maggiori propensioni a definire i pieni piuttosto che i vuoti. Maggiore è la competizione di stili, di archi-tettura, d’immagine attorno alla definizione di volumi più o meno articolati, minore creatività, invece, si esprime nel definire lo spazio negativo ed inter-stiziale. É da qui che è necessario ripartire, ripensare alla piazza italiana, quella con gli alberi ad alto fusto che la delimitano e la incorniciano, con le

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2.4 Riqualificazione urbana dell’area Elementi generatori del progetto panchine sotto gli alberi e il grande vuoto centrale, luogo che richiama alla mente una miriade di esperienze, ricordi, attimi ed eventi, che sono in fondo la sostanza e l’anima di una comunità e di un agglomerato urbano. É la sto-ria della città che ci racconta quanto sia importante il ruolo della piazza in particolare nella configurazione morfologica e nella coscienza identitaria de-gli abitanti: non solo nelle persone più anziane, che ovviamente mantengono ancor vive nei ricordi le immagini di una tradizione secolare, ma anche nelle nuove e più giovani generazioni che, secondo una consuetudine non codifi-cata, né tanto meno imposta, ancora vivono quei “vuoti” come insostituibile punto di riferimento delle più significative occasioni sociali cittadine. É la piazza italiana, dunque, quel particolare frammento urbano a cui va ricono-sciuto il ruolo rappresentativo dove la collettività ha formalizzato nel tempo la propria identità.

L’intervento di recupero, proposto nel presente progetto, è teso, dunque, a riqualificare l’ambito urbano restituendo dignità ad una spiccata ed origi-nale individualità alla piazza IV Novembre. L’obiettivo della progettazione è quello di trasformare e convertire un luogo “non luogo”, dove ogni elemento era presente solamente come sovrapposizione urbana irrazionale e soluzione temporanea a quelle che potevano essere le problematiche contingenti alla vita di quartiere, in un’area urbana che si riappropri della sua dignità, delle sue proporzioni e delle sue funzioni aggregative. La prima mossa da fare è certa: liberare la piazza della stazione da ogni veicolo per riconsegnarla al cittadino, al turista che arriva e al turista che parte. Svuotare questo enorme contenitore, centrifugando esternamente tutto ciò che sia estraneo, per ricrea-re quello spazio vuoto, quel fuoco urbano di aggricrea-regazione e coagulo sociale ora soffocato dagli spartitraffici, dai rumori del traffico, e dai parcheggi.

2.4

Riqualificazione urbana dell’area

Fino a tutti gli anni settanta il concetto di recupero era circoscritto al-l’attività edilizia, principalmente all’interno dei centri storici, intesa come restauro e conservazione e, in alcuni casi riuso o rifunzionalizzazione di con-tenitori storici.

É solo dall’inizio degli anni ottanta che ha cominciato a svilupparsi il tema del recupero urbano, inteso come attività sistematica di bonifica di aree degradate o dismesse e di riqualificazione del tessuto urbano consoli-dato. Cambia anche il concetto di pianificazione urbanistica che non può più essere concepita come una disciplina separata che si limita a definire re-gole e norme per gli interventi edilizi, ma deve farsi carico del progetto di trasformazione della città in un quadro di iniziative coordinate con la

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pro-2.4 Riqualificazione urbana dell’area Elementi generatori del progetto grammazione economica, sociale, culturale ecc., puntando sempre nel quadro di una strategia di obiettivi irrinunciabili di interesse pubblico. Perciò è ne-cessario ripensare le politiche mirate alla riqualificazione non più o non solo come azioni episodiche che si limitano a sanare una situazione circoscritta, ma come scelte strategiche che guidino il processo di continua trasformazio-ne della città verso degli obiettivi di accrescimento complessivo della qualità urbana.

Fondamentale a tale obiettivo è la realizzazione, contestuale all’insedia-mento di nuove residenze, di spazi pubblici e di attrezzature di servizio (par-chi, parcheggi scambiatori, centri ricreativi, commerciali e culturali) che al di là di una mera rispondenza agli standards urbanistici, possano costituire l’occasione per ricucire il sistema delle piazze e dei percorsi pubblici ed in-crementare la qualità urbana, consentendo la nascita di nuove centralità che possano abbassare la pressione sui centri storici e generare l’effetto urbano. In altre parole bisogna intervenire su aree esterne dalle mura dell’antica città, creando nuove centralità, nuove immagini urbane, nuovi simboli di urbanità alternativi a quelli della storia e della tradizione; nuovi servizi, nuove oppor-tunità esterne, localizzate nei nodi della rete dei trasporti che sempre più devono privilegiare il mezzo pubblico, utili a mitigare la densità di funzioni nel centro e a ottenere un riequilibrio urbano. Il concetto di riqualificazione implica, dunque, un approccio integrato ai problemi del territorio e pre-suppone una domanda di qualità (qualità ambientale, qualità delle relazioni umane, qualità della vita urbana) che non può essere soddisfatta soltanto da interventi edilizi residenziali ma deve ricostruire funzioni diversificate e complementari, a cominciare dal verde e dagli spazi pubblici attrezzati.

Negli ultimi decenni siamo stati testimoni di una notevole espansione del traffico veicolare che si è dovuta confrontare con una pianificazione del ter-ritorio non predisposta a sostenere tale aumento di mezzi circolanti. Tutto questo ha indotto il caos e la perdita progressiva del rapporto cittadino con il proprio ambiente urbano: le esigenze da soddisfare sono quelle dell’automo-bile ed il cittadino pedone è sempre più emarginato, aggredito dai rumori, dai gas e dai pericoli del traffico veicolare. É necessario quindi ritrovare l’equili-brio allo stato attuale di conflittualità recuperando il rispetto dell’ambiente per l’uomo, riconsegnandoli i suoi spazi e moderando il traffico a favore di tutti quei luoghi di incontro e relazione a servizio del pedone che fa di uno spazio un ambiente di vita.

Su questa matrice è stato pensato il progetto dell’autostazione in Piaz-za IV Novembre a Massa. Non sarebbe stato credibile intervenire inserendo l’edificio del terminal degli autobus, pur bello che sia stato da un punto di vista compositivo architettonico, all’interno dell’area senza alzare lo sguardo sul quartiere e capire le motivazioni del suo degrado urbanistico. L’idea non

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2.5 Considerazioni conclusive Elementi generatori del progetto è quella di creare un’opera d’arte di architettura isolata a se stessa e disgre-gata da tutto ciò che la circonda, ma è quella di formulare un insieme di interventi che ricostruiscano un effetto urbano, riscoprendo l’attenzione del massese e del turista. La sistemazione a verde delle due rotatorie consentono di riqualificare gli incroci e costituiscono due elementi fisici che obbligano gli automobilisti alla riduzione delle velocità dei propri veicoli su via Car-ducci migliorando la qualità ambientale e il rispetto indotto al pedone. Il parcheggio disposto marginalmente, a fianco di via Rinchiostra consente una migliore accessibilità al quartiere e permette di svincolare tutta l’area fino alla stazione ferroviaria dalla presenza di automobili generando un grande spazio ad uso esclusivo del pedone. Si genera, quindi, una passeggiata che dal parcheggio conduce alla piazza IV Novembre; un percorso che è elemento fulcrante di tutto il progetto sul quale dovranno essere collocate le unità fun-zionali al terminal degli autobus (biglietteria, sala attesa, uffici) completati da altri servizi comuni (bar, ristorante, agenzia turistica, edicola, terminal taxi) e attività commerciali che assicurano un richiamo e una curiosità po-polare. Infatti grazie all’idea di un complesso commerciale sistemato lungo questo percorso si ottiene un nuovo polo attrattivo dove le persone possono osservare le vetrine, fare acquisti, incontrarsi, dialogare liberamente lontano dai rumori del traffico oppure dirigersi velocemente verso i servizi offerti dal trasporto degli autobus e della ferrovia. Il percorso termina e sfocia al fabbri-cato viaggiatori della stazione e nell’antistante piazza IV Novembre, libera, finalmente, da automobili e motorini e di diritto riconsegnata al piacere di essere vissuta.

2.5

Considerazioni conclusive

Il concatenamento di questi elementi generatori del progetto consente di inserire una nuova autostazione degli autobus a Massa all’interno di una area pensata e studiata a favore della riqualificazione urbana. In realtà il pensiero all’ideazione del terminal diventa secondario; è solo un elemento, un parti-colare di tutto il complesso edilizio-urbano che è teso alla generazione di un nuovo centro attrattivo di tutta la città, ristabilendo gli equilibri tra traffico e pedone, ricreando un effetto urbano con la formulazione di percorsi e spazi verdi, rigenerando la piazza IV Novembre che si viene a legare, in qualche modo grazie all’asse prospettico del viale Della Stazione, alla piazza Gari-baldi fronteggiante la Chiesa della Misericordia, porta d’ingresso al centro cittadino (Figura 2.9).

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2.5 Considerazioni conclusive Elementi generatori del progetto

Figura 2.9: Gli elementi generatori del progetto - Riferimento disegni: tavola n.2.

Figura

Figura 2.1: L’idea del sistema modulare utilizzato.
Figura 2.2: Bassorilievo nella tomba egizia di Per-neb.
Figura 2.4: Il modulo cieco, vetrato, non transitabile e libero.
Figura 2.5: La pietra di rivestimento nel modulo cieco.
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