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Academic year: 2021

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PARTE SECONDA

LA FASCIA COSTIERA IN DESTRA E IN SINISTRA D’ARNO

L’area interessata dal seguente lavoro di tesi è inquadrata nella fascia costiera della Pianura Pisana, a cavallo del tratto terminale del Fiume Arno, includendo così rispettivamente la parte meridionale e settentrionale delle Tenute di San Rossore e di Tombolo (fig. 5.1). Essa ha come limite settentrionale, nel tratto costiero, la zona denominata come Lame di Fuori e, verso l’interno in direzione est, la Macchia della Palazzina e la Macchia di S.Bartolo; il limite meridionale è compreso tra il confine nord dell’abitato di Tirrenia e la zona denominata come La Bigattiera. L’estensione lungo costa è di circa 6 km, mentre quella trasversale massima è di 5,6 km, per un’area complessiva di circa 33,6 kmq.

La zona è compresa tra 43° 38’ 41” e 43° 41’ 57” di latitudine Nord; tra 10° 16’ 9” e 10° 20’ 54” di longitudine est (le coordinate geografiche sono riferite all’ellissoide internazionale orientato a Roma – Monte Mario), nella carta topografica d’Italia (Istituto Geografico Militare) in scala 1:50000 essa è ubicata nel Foglio 272-sezione II e nel Foglio 273-sezione III; le sezioni della C.T.R. (Carta Tecnica Regionale) in scala 1:10000 interessate sono: 272120, 27160, 273090.

Fig. 5.1 - Ubicazione dell’area di studio, delimitata dalla linea nera; il cerchietto rosso evidenzia la zona

interessata dalla costruzione del porto turistico di Marina di Pisa.

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Dal punto di vista amministrativo, l’area indagata ricade all’interno del Comune e della Provincia di Pisa ed è interamente compresa nel territorio di competenza del Parco di S.Rossore-Massaciuccoli (fig. 5.2), istituito dalla Regione Toscana con la legge regionale n.61 del 13/12/1979; esso ha una lunghezza lungo la fascia litoranea di 32 km e, nell’entroterra, arriva fino alle falde dei monti lucchesi e pisani, allargandosi in distese pianeggianti fino al canale dello Scolmatore dell’Arno - Arnaccio, ai confini amministrativi delle province di Pisa e Livorno. La superficie complessiva del parco è di 23114 ettari così suddivisi: 5846 ettari costituiscono la Tenuta di San Rossore, 780 ettari la Macchia lucchese, 3705 ettari la zona del lago di Massaciuccoli e 3776 ettari la Macchia di Migliarino; 9356 ettari sono invece destinati a zona agricola.

Nella fig. 5.3 è riportata in primo piano una visione prospettica a volo d’uccello dell’area di studio, con l’indicazione della zona di intervento del porto turistico di Marina di Pisa; sullo sfondo si vedono gli abitati di Pisa e S. Piero.

Fig. 5.2 – Carta della natura e degli ambiti territoriali (modificata da Cavalli e Cenni, 1995)

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Fig. 5.3 – L’area di studio in visione prospettica a volo d’uccello, tratta da Google Earth (2007).

L’immagine mette in evidenza gli aspetti fisiografici e antropici che hanno condizionato lo svolgimento delle indagini, in relazione alla diversa disponibilità di punti d’acqua e di dati idrostratigrafici. Risalta innanzitutto la ripartizione tra vegetazione arborea e campi coltivati, che rispecchia nell’insieme quella tra terreni sabbiosi e limo-argillosi, a loro volta identificabili con acquitardi e acquiferi; si vede inoltre come le modificazioni antropiche rendano in alcuni casi mal definibili i confini tra i due domini fisiografici-idrogeologici, con chiare “invasioni di campo” dell’agricoltura nelle aree boschive, nonché dei nuclei abitativi sul terreno del sistema dunare. Il quadro è ulteriormente complicato dagli interventi di bonifica, che hanno trasformato l’originaria fisiografia marino-transizionale-continentale. Come sopra accennato, tutto ciò ha pesantemente influenzato la disponibilità e la distribuzione dei punti d’acqua ed il loro significato in termini idrogeologici; per quanto riguarda il primo aspetto è da segnalare la scarsità di dati in destra dell’Arno, legata anche ad aree palustri e di colmata presenti nel Parco, mentre, in sinistra, la servitù militare di CAMP DARBY ha reso la zona del tutto inaccessibile. Il progetto del porto turistico di Marina di Pisa a Bocca d’Arno, al contrario, ha messo a disposizione una messe di dati, già elaborati in un rapporto geologico-tecnico- idrogeologico (Ghezzi, 2006).

Quanto sopra esposto giustifica una differente trattazione (che altrimenti apparirebbe inutilmente macchinosa) per le tre zone fisiografico-idrogeologiche individuate come segue

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(vedi precedente fig. 5.3):

A – Zona in destra dell’Arno.

B – Zona in sinistra dell’Arno (esclusa zona C).

C – Zona di intervento del porto turistico di Marina di Pisa.

E’ da sottolineare che l’inadeguatezza dei dati disponibili per le due Zone A e B ha posto pesanti limiti alle indagini relative ai fenomeni di intrusione marina attraverso il cuneo salino che risale nell’Arno.

5 - CARATTERISTICHE MORFO-IDROGRAFICHE 5.1 - Il delta dell’Arno

5.1.1 – Generalità

Il Fiume Arno è lungo 241 Km e drena un bacino di 9116 km2. La portata media annuale a S.Giovanni alla Vena (approssimativamente 30 Km dalla foce e drenante circa il 90% del territorio) è 42,1 m3/s (Becchi, Paris, 1989). Tali autori calcolarono il carico solido totale trasportato dal fiume, passante dalla stessa stazione idrometrica, approssimativamente in 1,91 x 106 m3/anno, con 0.83 x 106 m3/anno di sabbia e ghiaia; essi stimano inoltre un carico di sedimenti nel periodo 1500-1800 approssimativamente di circa 5,15 x 106 m3/ anno.

Per quanto riguarda la foce del fiume Arno, che direttamente interessa il presente studio,

l'onda dominante lungo la costa viene da 240°, con un’energia approssimativa di 582 kW h /m/anno (fig. 5.4 riquadro in alto a destra).

Ammessa un’energia di onda continua nel tempo, variazioni in termini di contributo di carico solido da parte del fiume daranno origine a linee di riva che possono registrare nella loro morfologia i vari livelli di dominio nell’interazione fiume-mare (Mikhailova, 1995).

La convergenza dei lidi è significativa nell’analizzare le antiche relazioni tra contributo dei fiumi ed energia d’onda; delta del tipo fiume-dominante sono molto sporgenti dalla linea di costa ed esibiscono lidi che convergono ad angoli acuti; al contrario, delta del tipo onda-dominante sono più lisci ed i lidi su ogni lato sono quasi paralleli (Wright, Coleman, 1973). La classificazione dei delta è basata sui processi e sulla loro risposta morfologica (fig. 5.5): con il prevalere delle correnti fluviali tendono a formarsi delta digitati e lobati; aumentando di importanza i processi marini (moto ondoso, correnti costiere) si formano apparati deltizi di forma cuspidata e arcuata; con la presenza di ampie escursioni di marea si formano delta-estuari ed estuari.

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Fig. 5.4 – Disposizione delle linee di riva dal 1997 al I-II sec. a.C. (linee continue) e della disposizione dei lidi (linee tratteggiate); sono riportate inoltre le datazioni delle modifiche artificiali al corso del fiume (modificata da Pranzini, 2001). Le frecce indicano la direzione di provenienza dell’onda dominante (vedi riquadro in alto a destra).

Fig. 5.5 – Tipologia degli apparati deltizi e relativi depositi di fronte deltizia in base all’incremento (indicato dalle frecce tratteggiate) dei processi fluviali (apporto sedimentario) o dei processi marini (maree, energia d’onda, variazioni del livello marino medio) (Formazione di un delta, www.wikipedia.it).

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Nel diagramma ternario di figura 5.6 è rappresentata la classificazione dei delta di Galloway (Pranzini, 2004). Ai vertici del triangolo, corrispondenti al dominio di uno dei tre processi rappresentati dal diagramma figurano: fiume, dove domina l’apporto sedimentario; onda, dove domina l’energia d’onda; marea, dove domina l’azione delle maree.

Fig. 5.6 – Diagramma triangolare della classificazione dei delta di Galloway, nel grafico sono citati esempi classificativi delle foci di alcuni fiumi nel mondo (Pranzini, 2004).

Se abbiamo un dominio di onda estremo, la foce si orienta sottoflusso rispetto alla direzione d’onda e tende a parallelizzarsi alla costa; la via di sbocco del fiume può essere chiusa con una barra connessa alla spiaggia di sopraflusso. A titolo di esempio locale di tale situazione, nella fascia costiera pisana è da citare la foce del Fiume Serchio (fig. 5.7).

Analizzando le relazioni tra fiume, dominio di onda ed orientamento della foce, attraverso lo studio della morfologia, il tratto finale del Fiume Arno è stato classificato come delta cuspidato (Pranzini, 2001). Il corso finale dell’Arno è attualmente volto ad occidente (fig. 5.4), con una risultante della direzione dell’onda lungo costa di 249° (fig. 5.4 riquadro in alto a destra).

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La foce del fiume fu deviata artificialmente nel 1606 (vedi par. 4.1.1) cambiando la sua originale orientazione rivolta verso SW a quella attuale rivolta verso WNW; Il vecchio canale dell’Arno, rimasto isolato dal taglio, è stato riconosciuto attraverso foto sia aree che satellitari e corre lungo un piccolo torrente chiamato Arnino (Pranzini, 2001). Sempre attraverso lo studio di immagini satellitari è stato individuato un limite tra cordoni sabbiosi di prima e seconda generazione (fig. 5.8), questi ultimi caratterizzati da una maggiore velocità di accrescimento (Della Rocca et al. 1987).

La crescita del delta cuspidato causa la formazione dei lidi sotto forme diverse e le onde che si avvicinano alla spiaggia rifrangono in modi diversi. Se la cresta dell’onda dominante è

Fig. 5.7 – Foto aerea della foce del fiume Serchio (L’erosione litoranea pisana, www.Google.it)

Fig. 5.8 -Immagine satellitare all’infrarosso della zona compresa tra la foce dell’Arno e S. Piero (Quaderno n.5 Autorità di bacino dell’Arno, 1996, con modifiche da Della della Rocca et al. 1987).

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obliqua alla linea di costa e la percentuale di sedimento trasportato dal fiume è trascurabile rispetto a quella trasportata lungo la costa, si formerà un delta cuspidato piatto; la foce del fiume è costretta a migrare sotto l’effetto dell’onda dominante. Questo tipo di migrazione è difficile da riconoscere nel delta dell’Arno tra il 1338 ed il 1340, a causa dei tagli di meandro eseguiti dalla Repubblica Pisana tra la città e la foce (fig. 5.4). Fino a questo periodo la spiaggia presentava un moto dominante diretto verso nord, questo come conseguenza dell’angolo formato tra la linea di riva e le direzione d’onda dominante, ma la situazione stava per cambiare. L’aumento della quantità di sedimento trasportata dal fiume permise l’accrescimento di una cuspide deltizia più prominente; l’energia delle onde che si rifraggono su tale cuspide è dissipata maggiormente nella zona protetta, mentre nella zona esposta si ha un graduale trasporto e la linea di riva tende a parallelizzarsi al fronte d’onda; la progradazione successiva e la rotazione della linea di riva inducono ad una inversione del moto di trasporto (fig. 5.9).

Fig. 5.9 – Modello concettuale della migrazione sopra-flusso della foce di un fiume (da notare l’inversione del flusso di materiale solido lungo la costa per il lato di delta esposto alla direzione di onda dominante, Pranzini, 2001).

I sedimenti che giungono alla foce sono più efficacemente trasportati sul lato esposto che su quello protetto, dove si ha una percentuale di deposizione più alta a causa della minore energia per unità di spiaggia, come provato dalla protuberanza sul lato del delta sotto-flusso nella configurazione dell’Arno nel 1880 (fig. 5.4). Questa sedimentazione asimmetrica causa la curvatura della foce e tende a disporsi ortogonalmente alla direzione dell’onda dominante. Effettivamente l’Arno tenne questo orientamento per circa 3 secoli; durante tale periodo formò un canale dritto lungo circa 2 km affrontando ortogonalmente la direzione di onda

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dominante (fig. 5.9). Nel 1606 il corso del fiume fu deviato verso Nord, proprio per facilitare il deflusso delle acque di piena che venivano ostacolate dalle conseguenze della migrazione della foce verso la direzione di onda dominante. La rotazione della foce dell’Arno è avvenuta durante una fase di rapido accrescimento del delta, condizione persistente solo durante un periodo della sua storia evolutiva. Alcuni secoli più tardi iniziò a verificarsi l’erosione del delta.

Con un contributo sedimentario decrescente negli ultimi 150 anni il delta dell’Arno ha preso una configurazione ad onda dominante. Sul lato protetto, la rifrazione d’onda è divenuta sempre meno efficace ed il moto verso nord è aumentato d’intensità, mentre sul lato opposto le correnti lungo la linea di riva sono tornate alla loro direzione originale. Tutto questo avrebbe dovuto favorire la migrazione verso nord della foce; ciò non è accaduto a causa delle opere di protezione eseguite con frangiflutti e scogliere artificiali (Pranzini, 2001).

5.1.2 – Evoluzione in epoca storica della linea di riva

Un fenomeno di rilievo riguarda il rapido smantellamento del delta dell’Arno che, nel 1881, quando l’abitato di Marina di Pisa non esisteva ancora, aveva raggiunto il suo massimo protendimento. La formazione di tale delta cominciò nella prima metà del 1600, dopo il “Taglio Ferdinandeo”, già citato in precedenza, mediante il quale la foce dell’Arno veniva spostata verso nord di 1550 m (Milano, 1994). Questa importante opera idraulica diede luogo ad un maggiore apporto di torbide al mare da parte dell’Arno ed alla rapida formazione di un nuovo delta per l’aumento di pendenza del fiume nel suo tratto terminale, alimentato anche dalle sabbie provenienti dalla demolizione del vecchio delta, non più alimentato. Il protendimento del nuovo delta, dopo un continuo accrescimento fino al 1785, ebbe, tra tale anno ed il 1850, un ulteriore avanzamento di 325 m sul lobo sinistro (pari a 5 m l’anno) e di 250 m sul lobo destro (Milano,1994). E’ da notare però che tale avanzamento non fu costante nel tempo; gran parte di esso si verificò infatti negli ultimi 4 anni del periodo e cioè dal 1846 al 1850. Dal 1850 ha inizio la scomparsa del lobo sinistro del delta dell’Arno e dal 1878 anche quella del lobo destro. Il processo erosivo risultò addirittura più veloce di quello di formazione del delta. Esso si manifestò in modo diverso sulle due sponde: infatti, per difendere l’abitato di Marina di Pisa, furono realizzate a più riprese opere a mare di protezione, che impedirono il propagarsi dell’erosione oltre un certo limite. Perciò la demolizione del lobo destro del delta, anche se iniziata dopo, risultò più rapida ed intensa. La

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parte più protesa di tale lobo, 1878 al 1920, presentò un arretramento di circa 700 m che continuò in seguito, tanto che, nel 1983, la linea di riva in destra d’Arno era più arretrata di 1200 m rispetto alla punta del lobo del 1878 (fig. 5.10).

Fig. 5.10 – Evoluzione storica della linea di battigia a bocca d’Arno (Milano, 1994).

L’arretramento del lobo sinistro invece, contenuto fin dall’inizio di questo secolo dalle opere di difesa di Marina di Pisa, ha raggiunto un valore massimo di 300 m, ma violente mareggiate hanno provocato gravi danni al lungomare e talvolta anche alle costruzioni. Già nel 1920 la linea di riva in destra d’Arno era più arretrata rispetto a quella in riva sinistra di 300 m e sin dagli anni ’60 il litorale in sinistra del fiume è più aggettante in mare di quello in destra di circa 700 m; una discontinuità della battigia, in un così breve tratto, trova pochi riscontri lungo tutte le coste italiane (fig. 5.11).

Fig. 5.11 – Foto aerea dell’abitato di Marina di Pisa e della foce dell’Arno (L’erosione litoranea pisana, www.Google.it).

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Tutto lascia credere che senza interventi di difesa, l’abitato di Marina di Pisa sarebbe stato spazzato via da decenni (Milano, 1994).

Le due figure seguenti (figg. 5.12 e 5.13) mostrano, in unarea che comprende la fascia costiera della Pianura Pisana, rispettivamente la direzione del trasporto litoraneo e l’influenza dell’apporto fluviale sul bacino sedimentario della spiaggia.

Fig. 5.12 – Caratteristiche morfologiche dell’unità fisiografica e direzioni del trasporto longitudinale

Fig. 5.13 – Influenza dell’apporto fluviale sul bacino sedimentario della spiaggia (Mazzanti 1994).

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5.1.3 – Gli interventi antropici nell’area del porto turistico di Marina di Pisa

Il lobo sinistro del delta dell’Arno (zona destinata alla costruzione del porto turistico di Marina di Pisa) è rimasto avanzato rispetto a quello destro grazie alle opere di difesa attuate sulla spiaggia di Marina di Pisa.

La prima di queste opere risale al 1926 e si tratta di un pennello costruito sul lato destro della foce. Vittorini (1977) riteneva che questa opera potesse essere la causa dell’erosione che dal 1928 interessava la spiaggia di S. Rossore. Essa infatti, insieme ad un pennello più breve posto sul lato sinistro della foce, favorirebbe la dispersione dei sedimenti verso il largo. Nonostante il contributo che il pennello dà all’incremento del deficit sedimentario del delta dell’Arno, la sua presenza nell’attuale conformazione della costa può aver contribuito al mantenimento di una certa alimentazione delle spiagge meridionali. Un’altra conseguenza della sua presenza può essere una modificazione del pattern di rifrazione delle onde che favorirebbe un nuovo disegno della linea di riva con la migrazione dei sedimenti verso sud dalle zone situate immediatamente più a nord. A ciò può forse essere in parte dovuta la diminuzione di granulometria evidenziata da Tongiorgi (1980) e da questo autore attribuita alla perdita della frazione fine da parte dei sedimenti in movimento. Davanti all’abitato di Marina di Pisa l’evoluzione avrebbe seguito una sorte analoga a quella del settore settentrionale, ma la costruzione a più riprese nel secondo dopoguerra di notevoli opere di difesa artificiali in massi disposti a formare pennelli ortogonali e dighe frangiflutti grosso modo parallele alla costa, che hanno così dato luogo ad un ambiente inedito, ha ridotto l’entità del fenomeno arrestando la linea di riva in prossimità della strada litoranea. L’ultima di tali opere è in fase di costruzione ed è denominata “Intervento Nord di protezione del centro abitato di Marina di Pisa” e prevede la realizzazione di una spiaggia in ghiaia che si estenderà fino a circa 30 m dalle scogliere foranee esistenti, che saranno abbassate alla quota di -0,5 m dal livello del mare nella zona limitata dalla linea viola in figura 5.14. Le scogliere saranno inoltre collegate tra loro, prolungandole in modo da chiudere le aperture esistenti, ed ai pennelli trasversali che saranno prolungati verso mare.

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Fig. 5.14 – Immagine tratta da Google Earth (2007) di Marina di Pisa; da notare la serie di scogliere a mare, costruite contro l’erosione costiera, tra queste ultime, la linea viola indica il limite dell’intervento di realizzazione della spiaggia di ghiaia; la linea arancione indica l’area del riempimento artificiale prospiciente l’ex Motofides.

Sempre in figura 5.14 è messo in evidenza il terrapieno prospiciente (zona limitata dalla linea arancione) l’area dell’ex Motofides dove sarà costruito il porto turistico di Marina di Pisa; il riempimento non è di origine naturale, come testimoniato da abitanti locali ed evidenziato dalle stratigrafie della zona (Ghezzi, 2006) che registrano terreni di riporto per uno spessore di oltre 3 m. Il terreno di riporto qui presente è costituito da materiale di varia natura: macerie, pietrisco di varia pezzatura, sabbie e/o limo. Questa osservazione è importante poiché in questa zona tale terreno, assieme alle sottostanti sabbie comprese tra il “caotico di riporto” e le argille, è sede dell’acquifero freatico ed è soggetto all’ingressione del cuneo salino attraverso l’interfaccia acqua/dolce acqua, salata sia da lato Arno che da lato mare.

Una ulteriore testimonianza dell’intervento antropico in tale zona può essere data dalla visione delle foto aeree di fig. 5.15 e 5.16 dell’abitato di Marina di Pisa e della foce dell’Arno; la prima risale al 1954 (fig. 5.15) e la seconda al 1993 (fig. 5.16).

Il confronto tra le due immagini mostra, nella foto aerea del 1954, l’assenza del terrapieno evidenziato dall’area delimitata dalla linea arancione in fig. 5.14, terrapieno che compare poi nella foto aerea del 1993.

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Fig. 5.15 – Foto aerea di Marina di pisa e della foce dell’Arno del 1954 (Quaderno n.7; Autorità di bacino del fiume Arno, 1997).

Fig. 5.16 – Foto aerea di Marina di pisa e della foce dell’Arno del 1993 (Quaderno n.5; Autorità di bacino del fiume Arno, 1997).

Dal confronto tra tali immagini viene inoltre messo in evidenza la rapida erosione della costa, nella parte non protetta dalle scogliere artificiali, di S. Rossore (fig. 5.15 e 5.16 in alto).

L’intervento più importante previsto in tale area è naturalmente la costruzione del porto turistico; l’area su cui si svilupperà tale progetto denominato come “Piano di recupero area ex Motofides” in località Marina di Pisa è mostrata in fig. 5.17.

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Fig. 5.17 – Immagine tratta da Google Earth (2007) di Marina di Pisa.

5.2 - La bonifica di Tombolo

Per vedere la definitiva soluzione del problema del ristagno dell’acqua nella piana Pisana, ed in particolare nella sua fascia costiera, si deve attendere il primo dopoguerra, quando furono messe in cantiere opere di grande mole, grazie alle nuove conoscenze idrauliche ed alle possibilità offerte dall’avvento dei macchinari a motore e della loro applicazione alla pompe. Una di queste opere è la bonifica di Tombolo. Il bacino denominato Tombolo è quella vasta zona che va dalla foce dell’Arno a S.Piero e poi, lungo il nuovo canale dei Navicelli, raggiunge il Calabrone. Divisa questa area in bacini ed esaminate l’altimetria e la natura dei terreni l’ing. Capo del Genio Civile, Giovanni Riannetti, nel 1922 progettò la bonifica dell’ area. Fu scavata una serie di canali che si immettevano direttamente in Arno, prosciugando circa 1421 ettari di terreno. Per la rimanente parte (2680 ettari) furono costruiti due impianti idrovori, uno posto a Marina di Pisa (fig. 5.18) e l’altro a Calambrone.

L’impianto idrovoro di Calambrone conserva ancora le sue pompe originali; quelle di Marina di Pisa sono state sostituite con pompe moderne.

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Fig. 5.18 - Impianto idrovoro di Marina di Pisa.

L’impianto idrovoro di Marina di Pisa è situato nella zona di studio di questa tesi e permette il sollevamento dalla fitta rete di canali di acque basse, che attraversano l’area (fig. 5.19) allontanando le acque, pressoché stagnanti, verso il mare attraverso i canali di acque alte.

Il fosso più importante di tale rete di drenaggio, orientato parallelamente alla costa, è il Canale Nuovo Lamone e collega il bacino dell’idrovora di Marina di Pisa (a nord) con quello dell’idrovora di Calambrone (a sud); in esso si immettono fossi secondari, divisi in “colate” destre e sinistre, la maggiore delle quali è la Lama Larga, che raccoglie le acque della parte più orientale del bacino attraverso il Fosso Cipollini, la Nuova Lama Larga ed il Collettore Settentrionale.

L’idrovora di Marina di Pisa influenza una superficie di 1386 ettari, in essa vi sono collocate 4 elettropompe autoadescanti con portate diverse (la massima di questo impianto è circa 4500 l/s) a seconda delle esigenze locali.

I dati sopracitati sono stati forniti dall’Ufficio Fiumi e Fossi di Pisa, ente attualmente gestore dell’impianto.

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Fig. 5.19 – Area influenzata dal funzionamento dell’impianto idrovoro di Marina di Pisa.

Figura

Fig.  5.1  -  Ubicazione  dell’area  di  studio,  delimitata                                                 dalla  linea  nera;  il  cerchietto  rosso  evidenzia  la  zona
Fig.  5.2  –  Carta  della  natura  e  degli  ambiti  territoriali   (modificata da Cavalli e Cenni, 1995)
Fig.  5.3  –  L’area  di  studio  in  visione  prospettica  a  volo  d’uccello,  tratta  da  Google  Earth  (2007)
Fig.  5.4  –  Disposizione  delle  linee  di  riva  dal  1997  al  I-II  sec.  a.C.  (linee  continue)  e  della  disposizione  dei  lidi  (linee  tratteggiate);  sono  riportate  inoltre  le  datazioni   delle  modifiche  artificiali  al  corso del fiume
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