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UNIVERSITY ISLAND

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

SCUOLA DI INGEGNERIA

D.E.S.T.eC.

c.d.l.m. INGEGENRIA EDILE-ARCHITETTURA

Tesi di laurea

relatori

PROF. ARCH. LUCA LANINI

PROF. ARCH. LORENZO SECCHIARI

candidato

MICHELANGELO DONATI

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ne progettuale sul tema di campus universitario, inteso quale polmone per la diffusione della creatività giovanile, vista da differenti angolazioni, prima fra tutte quella universitaria, che tuttavia diviene pretesto per generare luoghi di aggregazione collettiva e interscambio su più ampia scala.

Il campus è inteso quindi non solo come luogo per la ricer-ca acricer-cademiricer-ca, l’insegnamento e l’apprendimento, ma an-che quale ambiente dove lo scambio di idee e la conoscenza vogliono porsi quale “core” strutturale della vita stessa del campus.

La tesi è composta da cinque parti:

> la storia di Poveglia dalle sue origini fino all’abbandono nel 1968

> l’analisi del luogo Nel mese di marzo 2016 è stato bandito da parte di YAC, young

architect competition, il concorso di idee University Island per la trasformazione di Poveglia, isola della laguna di Venezia, in un campus universitario.

Nonostante non sia stato possibile parteciparvi personalmen-te, l’obiettivo della tesi è stato comunque quello cercare di dare una risposta agli interrogativi posti alla base del con-corso:

Come trasformare un’isola disabitata in un polo di studio e ricerca all’avanguardia?

Quale architettura inserire in uno dei luoghi più interessanti della laguna Veneta, per realizzare un campus internazionale all’altezza di una delle città più straordinarie al mondo? Il concorso è stato inoltre lo spunto per condurre una

riflessio-UNIVERSITY ISLAND

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> il masterplan dell’isola in scala 1:1000 con le indicazioni sulle destinazioni funzionali per un eventuale progetto di re-cupero delle architetture preesistenti.

Di queste si è proposta solo una ridestinazione funzionale po-iché si è ritenuto che i dati forniti in sede di concorso, più che sufficienti come base progettuale per un concorso di idee, non fossero tuttavia sufficienti per realizzare un intervento di recu-pero vero e proprio; inoltre si è riscontrata estrema difficoltà nell’ottenere ulteriori dati e nel verificarli poiché l’accesso all’isola non è libero.

> il progetto architettonico del polo didattico che occupa una superficie di 13.000 m2 e comprende aule, biblioteca, palestra

ed auditorium.

> lo studio dell’aspetto tecnologico delle soluzioni adottate con particolare interesse per il sistema di facciata in laterizio

e per la tipologia a secco; la volontà era quella di realizzare un intervento pressoché completamente a secco, le cui varie parti, tolta la struttura, non fossero cristallizzate nel tempo, immutabili, ma modificabili secondo le eventuali nuove esi-genze degli utenti del campus.

Nonostante la laguna veneta incorpori già una rete culturale, economica e infrastrutturale ben definita, il recupero dell’i-sola di Poveglia, come parte integrante di questo sistema, potrebbe rappresentare un vitale miglioramento per il territo-rio. In questo senso, il tema University Island può risultare un importante punto di partenza che potrebbe essere declinato in un più ampio range di funzioni quali eventi culturali, turismo e coinvolgimento della popolazione della laguna di Venezia.

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Capitolo I > competition > tema > programma Capitolo II > la storia di poveglia

> le origini

> l’età dell’oro di poveglia > il declino

> tra il XVI e il XVIII secolo > il lazzaretto nuovissimo > dal 900 ai giorni nostri Capitolo III > approfondimenti

> podestà e giustizia a poveglia > il contagio di peste del 1793

> il caso della giraffa del vicerè d’egitto > poveglia e la pratica contumaciale Capitolo IV > analisi del luogo

> sistema territoriale > sistema naturale > sistema culturale > sistema architettonico p. 11 p.25 p. 67 p. 77

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Indice

Capitolo V > filosofia

> architettura contemporanea e preesistenza storica > architettura e natura > architettura e acqua Capitolo VI > il progetto > masterplan > genesi > il polo didattico > il sistema di facciata > il kahai e l’architettura > i vantaggi > la copertura > le tecniche costruttive > la tipologia a secco > la fondazione > la struttura > i pacchetti di solaio > il sistema di facciata Considerazioni finali Bibliografia Sitografia p.89 p.95 p.156 p.158 p.160

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>TEMA

Poche altre ambientazioni possono vantare il fascino di un’isola ab-bandonata. Da Mompracem al Robinson Crusoe, l’isola è il luogo dell’avventura, dell’esilio e del naufragio. Rovina e salvezza al tem-po stesso - luogo dell’immaginario prima ancora che geografico - l’isola è il contesto in cui l’uomo mette alla prova sé stesso, si fa compagno del silenzio e, posto innanzi alla condizione di natura, affronta straordinarie imprese.

In uno dei luoghi più affascinanti al mondo, a pochi chilometri dal campanile di San Marco a Venezia, affiora - pigramente lambita dai flutti - un’isola di raro fascino ed autentica magnificenza: Poveglia. A dispetto dell’estensione e bellezza che certamente contraddi-stinguono Poveglia fra le numerose isole lagunari, simile gioiello ha subito, negli anni, un inesorabile e rovinoso processo di degrado. Priva di qualsiasi collegamento alla terraferma - abbandonata da quasi mezzo secolo - Poveglia è oggi invasa da una fitta vegetazio-ne, che ne ha soffocato le coltivazioni e stritolato le architetture. Pur mai dimenticandosene, Venezia ha da anni sospeso la frequen-tazione dell’isola, trasformatasi –nel tempo- in naturale ambien-tazione per fosche leggende e fantasiose dicerie; ma presto non più. Numerose vicende hanno recentemente riacceso i riflettori su Poveglia, aprendola ad una più vasta riflessione con l’obiettivo di rendere possibile un nuovo utilizzo dell’Isola.

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È pertanto sull’onda di simile intenzione che YAC bandisce Uni-versitary Island, un progetto per la trasformazione di Poveglia in un Campus Universitario da sogno, luogo di formazione, svago e riposo per i molti studenti che affollano Venezia.

Come trasformare un’isola disabitata un polo di studio e ricerca all’avanguardia?

Quale architettura inserire in una delle location più incantevoli della laguna Veneta, per realizzare un campus internazionale all’altezza di una delle città più straordinarie al mondo?

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Su simili avvincenti questioni YAC, attraverso il sostegno di RIAM, imposta Universitary Island, invitando i progettisti a lasciarsi am-maliare dalla meraviglia di uno dei luoghi più suggestivi della la-guna veneta per disegnarne un nuovo futuro: animato dall’attività, frequentazione e vivacità delle migliaia di studenti che ogni anno scelgono Venezia quale prestigiosa meta dei propri studi.

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> PROGRAMMA

Certamente orientato a generare un campus d’eccellenza, Univer-sitary Island guarderà oltre la destinazione meramente accademi-ca, ambendo a ridefinire i confini stessi di esperienza universita-ria. Rigenerata e trasformata - eletta a punto di riferimento della carriera accademica di migliaia di studenti - Poveglia si erigerà a nuovo epicentro culturale in una delle città simbolo della più raf-finata esperienza intellettuale contemporanea. Sfruttando il carat-tere circoscritto ed unitario tipico di un’isola, i progettisti avranno l’opportunità di comporre una vera e propria cittadella degli studi, accentuando ed amplificando l’esclusività ed il senso di apparte-nenza propri di qualsiasi comunità universitaria. Facilitato da un contesto assolutamente singolare, il concorso si orienterà alla ri-flessione circa la riprogettazione non di una semplice architettura, ma di un intero sistema: disporre di un’isola per la conduzione delle proprie riflessioni progettuali è certamente occasione di raro fasci-no e rilevanza, che permette l’approfondimento della relazione fra architettura e natura (qui straordinaria), e del dialogo fra architettu-ra contempoarchitettu-ranea e preesistenza storica – che l’intervento dovrà debitamente valorizzare. In questo senso si elencano di seguito le operazioni ammesse o vietate in seno alla competizione:

> Nuove architetture e nuove volumetrie autonome o in adiacenza alle strutture esistenti saranno ammesse; purché si armonizzino rispetto al contesto e garantiscano un disegno unitario che non comprometta i caratteri di pregio e riconoscibilità dell’isola.

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ficie massima ammessa per le nuove architetture 25000 mq (non rientrano nel conteggio superfici all’aperto, passerelle, cortili, bal-coni e terrazze).

> Le rovine (strutture 9,10,11,12 in immagine di pagina) non po-tranno essere rimosse, ma dovranno essere messe in sicurezza e potranno essere riprogettate e/o inserite in nuove strutture archi-tettoniche che garantiscano l’utilizzo ed una lettura riconoscibile del rapporto fra nuove architetture e preesistenze storiche.

> Gli edifici (strutture 1,2,3,4,5,6,7,8 in immagine di pagina) non potranno essere rimossi, ma potranno subire qualsiasi opera di ri-progettazione interna (compresi abbattimenti di solai, inserimento di nuovi volumi, opere di ripartizione).

> Gli edifici (13,14 in immagine di pagina) potranno essere rimossi. > La rimozione/sistemazione del verde sarà ammessa, purché man-tenga carattere pubblica frequentazione e di preminenza sull’isola. > Ponti e strutture galleggianti saranno ammessi purché si

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nizzino rispetto al contesto e garantiscano un disegno unitario che non comprometta i caratteri di pregio e riconoscibilità dell’isola. In funzione dei propri caratteri di limitato collegamento ed isola-mento rispetto alla città, il polo in questione dovrà mirare alla più vasta autosufficienza possibile, immaginando un sistema di utilizzi che siano in grado di appagare un ampio spettro di funzioni, ren-dendo la sosta sull’isola non solo piacevole, ma addirittura desi-derabile. Di seguito si suggeriscono diverse possibilità funzionali, sottolineando che la composizione di tali scenari, l’integrazione o il rimaneggiamento degli stessi, l’accento su di uno piuttosto che su un altro, costituirà parte integrante del concorso, collocandosi a pieno titolo nel campo delle scelte del concorrente.

> Aule e laboratori; costituenti per estensione il cuore dell’inter-vento, dovranno essere immaginati in linea ai più contemporanei standard accademici: non semplici auditori, ma spazi attrezzabili e riconfigurabili, che assecondino i più differenti approcci didattici e che supportino l’azione spontanea, creativa e sempre diversificata di studenti e docenti. È richiesta realizzazione minima di 2000 po-sti, per una capienza media di 100 posti per aula.

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> Uffici di ateneo; spazi deputati alla gestione amministrativa e di-dattica del campus. È richiesta realizzazione minima di 150 posta-zioni di lavoro.

> Biblioteca e sala lettura; pensata quale spazio informale di ap-prendimento, la stessa dovrà sostenere l’attività quotidiana di stu-dio, ricerca e relazione degli studenti del campus. Concentrati in un solo ambiente o frammentati in più aree, simili spazi potranno av-valersi dell’ambientazione lagunare per generare ambienti piacevoli e panoramici, che connotino l’esperienza di studio della fruizione di un contesto naturale di rara piacevolezza (suggestione, questa, che potrà caratterizzare ciascuno degli ambienti del campus). È richie-sta realizzazione minima di 500 porichie-stazioni studio.

> Mensa ed area ristoro; aperta a studenti e docenti, simile spazio dovrà essere immaginato anche per un più ampio spettro di fruitori (turisti o cittadini), che impieghino gli spazi verdi e le attrezzature dell’isola quale meta per il proprio intrattenimento e tempo libero. Richiesta realizzazione minima di 500 coperti.

> Residenze per studenti; coerentemente alle più eccellenti espe-rienze internazionali, il campus dovrà garantire l’alloggio per un li-mitato numero di studenti, che qui abbiano la possibilità di vivere in adiacenza ai luoghi della propria formazione. Simili spazi potran-no essere immaginati di varie dimensioni e tipologie –dall’apparta-mento autonomo, alle camere multiple con servizi condivisi- per rispondere a diverse opportunità commerciali e necessità di

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zio. Richiesta realizzazione minima di 200 posti letto.

> Spazi espositivi; spazi deputati ad ospitare il risultato dell’attività didattica e laboratoriale di studenti e docenti; aperti al pubblico - im-maginati quali collegamento alla vasta attività culturale di Venezia -, gli stessi costituiranno la vetrina del campus, offrendo una pre-stigiosa ed avvincente ribalta delle attività di ricerca condotte dalla scuola.

> Spazi polivalenti; aule studio, spazi a disposizione della comunità o delle associazioni studentesche ammesse dal campus.

> Dotazioni sportive; non solo studio: i servizi del campus dovranno garantire la migliore e più salubre esperienza possibile, anche attra-verso la cura ed attenzione ai momenti ricreativi e di libera attività dei propri studenti (e non solo). Un’adeguata dotazione di palestre, campi da gioco e servizi sportivi, saranno standard imprescindibile per la composizione di una struttura d’eccellenza, anche conside-rando la straordinaria opportunità offerta dalla laguna per la pratica di sport acquatici (canoa, vela, sci nautico ecc.)

> Auditorium; spazio adibito all’ospitalità di eventi ad alta frequen-tazione (conferenze, performance artistiche, proiezioni cinemato-grafiche ecc.).

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> LE ORIGINI

L’isola di Poveglia anticamente era denominata Popilia o Isola dei Pioppi, probabilmente a causa della sua vegetazione (Populus, in latino, pioppo). o forse in onore di Publio Popilio Lenate, il console romano che nel 132 a.C. aveva fatto costruire la parte settentrio-nale della via Emilia chiamata Popilia Annia e il cui tracciato, che collegava Rimini ad Aquileia, passava nelle vicinanze dell’isola. Il professore Wladimiro Dorigo offre invece una versione diversa: “La cultura idraulica degli alvei fluviali e delle fosse di congiungi-mento non cessò mai: tutta la navigazione endolitoranea, nel trat-to compreso almeno fra Burano e oltre Caorle, conservò, dall’an-tichità fino al XV secolo, con varianti volgari, il nome di Popilliola, sicuramente romano (fossa Popiliola), diminutivo di Popilia (oggi Poveglia), isola della laguna meridionale che fu probabilmente una statio della navigazione antica fra la fossa Clodia e Altino, denomi-nabile fossa Popilia: si distinguevano nei vari tratti, da ovest a est, un canale Puvigliola, una posta dela Puvola, una pallata Pluvielle, un canale publico dicto Pupiliola, una cava Povejola, un litus…quod Pupiliola appellatur. Un giorno, anche la cava Povejola, presso Je-solo, si ammalò, a suo modo: si intervenne, nel 1367, per renderla cinque piedi più larga, e un piede più profonda, "ut duret melius per tempora futura"; ma nel 1394 un nuovo esame dette un verdetto senza speranza: il canale era "adeo atterratum et amonitum, quod nullo modo potest per inde transitum fieri". Allora la memoria dei luoghi indusse a riscavare, per sostituirla, un vicino "canalle

Dra-la storia di poveglia > le origini

Benedetto Bordone, Carta di venezia, 1528, part.

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chum… quod antiquitus frequentari solebat". Così, con interventi di manutenzione e interventi di sostituzione, si assicurò per secoli la continuità della navigazione.”1

Nella Venezia delle origini esisteva dunque un percorso costituito da fosse artificiali, che utilizzavano alcuni tratti dell’alveo dei Me-doaci e del Sile-Piave, questo percorso prendeva il nome di Po-pilia e Popiliola. Secondo lo storico, il toponimo Poveglia, quindi, deriverebbe da una statio (fossae) Popiliae, tale canale transitava adiacente l’isola per poi passare nei pressi di San Pietro di Castello, Murano e Sant’Erasmo. Una via endolitoranea che veniva utilizzata per collegare la Laguna Nord con quella Sud, in condizioni sicure con qualsiasi condizione metereologica. Per questo le navi poteva-no entrare dal canale di Tre Porti per poi dirigersi verso Malamocco e risalire fino a Padova o viceversa percorrere la via fino ad Altino. Nel 1186 è attestato, nei pressi della Vigna Murata (attuale Lazza-retto Nuovo) a Sant’Erasmo, un canale dall’idronimo di Puviglola. Anche nei pressi del Lido Maggiore (Lio Mazor) vi era una “posta dela Puvola”. Cambiamenti geografici e di assetto idrico, avrebbe-ro in seguito distrutto il percorso lasciandoci solo il nome dell’isola di Poveglia a ricordo di un lontano passato2.

A partire dal 421, quando la fiumana delle grandi invasioni barba-riche passò per l’Italia, quando, di volta in volta, i goti di Alarico e gli unni di Attila nel V secolo, gli ostrogoti, i franchi, i longobardi di Aguilulfo nel VI secolo, portarono rovina e terrore nella prospera re-gione delle grandi città del litorale quali Ravenna, Altino, Concordia

1 Dorigo, Le vie d’acqua

venezia-ne venezia-nel Medioevo, Vevenezia-nezia, 1998

2Busato Davide, pillole di storia:

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e Aquileia, le popolazioni sconvolte andarono a cercare riparo nel rifugio naturale offerto dalle isole della laguna3; nella fattispecie,

Poveglia offrì rifugio a numerosi profughi in fuga da Padova e da Este4.

Divenuta borgo e sede di un castello, tra l’809 e l’810 Poveglia contribuì alla resistenza di Metamauco, l’attuale Malamocco, inse-diamento di epoca romana in quell’epoca capitale del Ducato Ve-neto5, che era stata assediata dai franchi di Carlomanno Pipino,

figlio di Carlo Magno, durante l’occupazione della laguna veneta e dell’Istria6. Proprio in quel periodo Metamauco cessò di essere

la capitale del Ducato poichè il doge Angelo Partecipazio decise di trasferire il governo sulle isole più interne della laguna7-8, come

Rialto, poiché che offrivano una maggiore sicurezza: nel cercare di raggiungere queste isole, le grandi navi franche si arenavano nelle secche lagunari dove diventavano facilmente attaccabili dalle piccole e leggere barche dei veneziani, i quali dando fuoco alle im-barcazioni, riuscirono a respingere i franchi.

Pipino d’italia si ammalò poco dopo probabilmente per l'insalubrità delle paludi e morì, l’8 luglio 8109. Gli abitanti di Poveglia, come

ricompensa per la loro partecipazione nella difesa dall’invasione franca, ricevettero alcuni privilegi, quali l’esenzione dalle tasse, dal servizio militare e dal remare nelle galee.

3Diehl, La repubblica di Venezia,

1985, newton, pag 15.

4Comune di Venezia, Archivio

foto-grafico delle isole lagunari.

5Diehl (2004), pag 24. 6Settipani (1993), pag 211

7Castagnetti, Insediamenti e

“popu-li”, in Storia di Venezia, Vol. 1 - Origi-ni, Età ducale, TreccaOrigi-ni, 1992.

8Distefano Giovanni, Atlante

stori-co di Venezia, Venezia, Supernova, 2008.

9Monumenta Germaniae Historica,

tomus II: Thegani Vita Hludovici Im-peratoris, pag. 590, 591

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> L’ETÀ DELL’ORO DI POVEGLIA

Secondo Pompeo Gherardo Molmenti10, nel 864 il Doge Orso I

Partecipazio concesse a 200 famiglie veneziane di abitare a Pove-glia11: erano i fedelissimi servi del Doge Pietro Tradonico, ucciso in

seguito ad una congiura di alcuni nobili veneziani. Dopo la congiu-ra, alcuni servi si barricarono per quaranta giorni a palazzo ducale chiedendo giustizia. Il successivo Doge Partecipazio risolse la que-stione concedendo loro di abitare sull’isola e garantendo alla co-munità moltissimi privilegi e proprietà terriere12; questi ottennero

la concessione di terre e valli, con l’obbligo di censimento annuale e di atto di omaggio da compiersi il secondo giorno di pasqua13, ed

il diritto ad avere come governatore un gastaldo ducale, affiancato da 27 consiglieri14 mentre in precedenza l’isola era retta da un

tri-buno15.

Nei secoli successivi l’isola, la cui chiesa parrocchiale era intitolata a San Vitale16 a , prosperò economicamente e demograficamente.

Le famigle locali (Musso, Barbalongolo, Boyso) erano impegnate in attività legate soprattutto alla pesca e alla produzione del sale, con interessi anche a Chioggia e a Pellestrina. Privilegio dei Povegliesi era quello di rimorchiare le navi pubbliche e private che entravano dal porto di Malamocco, fornendo cordaggi, ancore e garantendo gli ormeggi. Poveglia nel secolo decimo contava circa 800 abitazio-ni. Era retta da due Consigli, Maggiore e Minore. A testimonianza della prosperità dell’isola, durante il dogado di Bartolomeo Gradeni-go, il 30 dicembre 1339, con delibera del Maggior Consiglio,

Pove-10Storico e scrittore italiano

dell’ot-tocento

11Busato Davide, La vera storia

dell’i-sola maledetta di Poveglia.

12Zorsi, la repubblica del leone:

sto-ria di Venezia, 1979, pag.40

13Fondamentalmente era un

forma-le atto di sottomissione con il quaforma-le Poveglia riconosceva la superiorità del Doge.

14Zorsi (1979) pag.41

15Comune di Venezia, Archivio

foto-grafico delle isole lagunari.

16Luigi Lanfranchi, Gian Giacomo

Zil-le, Il territorio del Ducato Veneziano dall’VIII al XII secolo, in Storia di Ve-nezia, Vol. 2, VeVe-nezia, International Centre of Arts and Costume, 1958, pag. 34

17Portosecco, località del lido di

Pel-lestrina.

18Franco Rossi, Bartolomeo

Gradeni-go, in Dizionario biografico degli ita-liani, vol. 58, Roma, Istituto dell’En-ciclopedia Italiana, 2002

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la storia di poveglia > l’età dell’oro di poveglia

glia passò da gastaldia a podesteria: i consigli vennero affiancati da un Podestà, Pietro Lando, la cui giurisdizione si estendeva anche sulle vicine Malamocco, Pellestrina e Pastene17. Infatti, con

l’inse-diamento di un Podestà a Poveglia18 con poteri sugli altri due centri,

il Gradenigo poté risolvere anche il complesso e delicato problema dell’amministrazione dei vecchi centri del Dogado, Pellestrina, Po-veglia e Malamocco, da sempre attribuiti alla diretta giurisdizione del doge.

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Basilica dei San Zanipolo in Venezia. Cappella Cavalli o di San Pio V - Battaglia di Chioggia - Fresco di Lorenzino di Tiziano (seconda metà del XVI secolo). Monumento di Giacomo Cavalli. Opera di Jacobello dalle Masegne e Pierpaolo dalle Masegne.

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> IL DECLINO

L’inizio del declino di Poveglia si ebbe a causa della guerra di Chiog-gia, combattuta tra il 1378 e il 1381 tra la Repubblica di Venezia e i suoi alleati da una parte, la Repubblica di Genova, il Regno d’Un-gheria e il signore di Padova dall’altra.

Genova voleva diventare anch’essa la regina dell’adriatico, e per farlo doveva prima distruggere la città lagunare. Dopo due primi tentativi non andati a buon fine, nel 1379 Genova pose l’ammira-glio Pietro Doria al comando di una flotta formata da quindici galere ed inviata a rinforzare il corpo di spedizione genovese a Zara; qui assunse il comando delle operazioni contro Venezia. Il 6 agosto lasciò il porto dalmata con circa trenta galere per attaccare Venezia nel suo stesso territorio lagunare; dopo aver occupato varie località in Terraferma (tra cui Grado e Caorle), sbarcò nel sito detto Due Castelli presso uno degli accessi alla laguna. A seguito della richie-sta di aiuto per l’impresa a Francesco Da Carrara, Doria ottenne l’aiuto dal padovano e poté in tal modo prendere il monastero di S. Niccolò, senza tuttavia riuscire ad occupare la località fortifica-ta e validamente difesa. Pietro decise allora di atfortifica-taccare Chioggia, centro di notevole importanza strategica, per stabilire contatti via terra con l’alleato padovano. La città, difesa da 3.000 soldati e 300 cavalieri, fu assalita anche dal da Carrara, mentre Doria vi giunse il 13 agosto. Dopo un primo tentativo fallito, Chioggia fu occupata il 16 con grande spargimento di sangue.

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La Repubblica di San Marco, minacciata mortalmente, cercò di in-tavolare trattative di pace, senza porre condizioni, ma l’intransigen-za di Doria e del Da Carrara le fece fallire, spingendo Venezia ad un supremo sforzo per respingere il pericolo genovese.

Doria, utilizzando Chioggia come testa di ponte, iniziò l’avanzata verso Palazzo Ducale, e fu in quel frangente che Poveglia divenne suo malgrado l’ultimo baluardo a difesa della libertà e indipendenza della Repubblica veneta. Si riporta la descrizione di quei momenti per voce di un cronachista trevigiano dell’epoca, Daniele Chinazzo, il quale ha scritto una Cronaca in volgare trevigiano, che costituisce il racconto più dettagliato della guerra di Chioggia, anche se parzia-le a favore di Venezia.

“Settembre 1379 se parti zenovesi de Chioza cum tuto so sfor-zo de gallie e zente d’arme del Segnor de Padoa…e Zenovexi se afermò a campo in Poveia, che è per mezo Malamocho, con gran quantità de bombarde, le qual gitava fina a vexin del monastier de San Spirito.”19

In seguito Doria saccheggiò il litorale ed occupò San Lazzaro, asse-diando poi Malamocco e sbarcando, appunto nell’isola di Poveglia, dalla quale venne bombardato il monastero di Santo Spirito20.

I veneziani scarcerarono Vettor Pisani, imprigionato per esser stato sconfitto a Pola dai genovesi. Questi armò tutte le imbarcazioni disponibili. Il vecchio Doge Andrea Contarini lo appoggiò nella sua disperata strategia. Si fecero affondare due grossi “marani” nei

19Chinazzi Daniele, cronache della

guerra di chioggia, 1864

20Giovanni Nuti, Luciano Doria, in

Di-zionario biografico degli italiani, vol. 41, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1992

21Davide Busato, Poveglia e la

Guer-ra di Chioggia, in crimini nel Cinque e Seicento, I racconti di Davide Bu-sato

22Guido Almagià, Enciclopedia

Italia-na Treccani (1937)

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pressi dell’isola di Santo Spirito per bloccare il canale principale e si pose un altro “marano” subito vicino con al di sopra dei balestrieri. Il monastero di Santo Spirito venne requisito e trasformato in una fortificazione d’emergenza, mettendo al comando Tadio Giustiniani con alcune galee. Tra settembre e ottobre una battaglia epica tra le navi genovesi e quelle veneziane decise le sorti della città21. Il

Chinazzi riporta così gli avvenimenti:

“Et del mexe de ottubrio 1379 i diti zenovexi se levà de campo da Malamocho e da Poveia et afogà la sua bastia de Malamocho e tute le chaxe grande e pizole da Malamocho e de Poveia e i palazi grandi che era per stancia di podesta di tuti i ruinà et afogà in fin su le fondamente, ch’el non romaxe justa sola chaxa in quelle do terre salvo le chiexie.”

A gennaio giunse l’armata di Carlo Zeno a dar man forte ai Veneti che cercavano di resistere con poche unità comandate dal Gran-de Ammiraglio Vettor Pisani. Zeno giunse a Venezia il 10 gennaio 1380 con 14 galee e notevoli soccorsi, che rianimarono i Veneziani. All’ammiraglio, ricevuto quel giorno come liberatore della patria, fu dato anche il comando delle forze terrestri, con le quali riuscì a riprendere ai Genovesi Chioggia, Brondolo e altri paesi, tanto che alla morte del Pisani per febbre malarica (15 agosto 1380) lo Zeno fu nominato grande ammiraglio22.

Per i genovesi la situazione divenne drammatica e ancora peggio-re si tramutò quando lo stesso Pietro Doria morì sotto le mura di Chioggia.

Stemma della famiglia Doria

Busto di Carlo Zeno, opera di Angelo Giordani precedente al 1847

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Venezia era salva, ma per Poveglia, quel mese di occupazione e di ritirata significò la distruzione totale: dell’isola che era sede del Podestà, ora restava solamente terra bruciata. Per motivi di sicu-rezza durante la guerra di Chioggia gli abitanti erano stati trasferiti a Venezia: alla Giudecca, a S.Trovaso e a S. Agnese.

Quando al termine del conflitto i Povegliani tornarono sull’isola, Po-veglia era completamente devastata, e ridotta nella sua superficie a causa dell’erosione delle acque e delle tempeste e a causa della mancanza di manutenzione degli argini. I suoi abitanti, originalmen-te diverse centinaia, erano ridotti a poche decine.

23Questa magistratura venne

istitu-ita dal Senato, in via straordinaria, nel 1368 e divenne stabile nel 1375 quando il suo compito di revisore dei conti fu esteso a tutti i Rettori veneziani ed agli ambasciatori, con compiti di vigilanza su alcuni dazi. A partire dal 1385 gli Ufficiali ebbero diritto d'esazione da tutti i debitori dello Stato e diritti di revisione dei conti degli Ufficiali del Levante e Rettori d'Istria e Dogado, con man-sioni fondamentali di notare i Magi-strati che si assentavano dagli uffici. Nel 1395 gli Ufficiali si sdoppiarono in due organi denominati «Ufficiali alle rason vecchie» ed «Ufficiali alle rason nove», ciascuno composto di tre membri ai quali fu concessa giu-risdizione criminale sulle sottrazioni di denaro pubblico (archivio di stato di Venezia)

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24“che dal 1423 non essendo

habi-tatore alcuno in Poveglia, ne prete che officiasse quella chiesa a sup-plicazione delli Gastaldo e cittadini di Poveglia habitanti altrove fu pre-so in pregadi et confirmato in Gran Conseio […] che le Rason Vecchie potessero spendere 30 ducati l’an-no in salario d’un cappellal’an-no che celebrasse li divini offici.” Tratto dal Fascicolo sul processo tra il Vescovo di Chioggia e il Magistrato delle Ra-zon Vecchie (Fonte Davide Busato)

25Brusegan Marcello, Guida insolita

ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle chiese di Venezia, Newton Compton, 2004, pp. 363, 366

26 R. Pallucchini, Di una pittrice

vene-ziana del Settecento: G. L., ibid., XV (1933), pp. 399-413

27Dizionario bilbliografico treccani

Nel 1423 era rimasta del tutto priva di abitanti: il vescovo di Chiog-gia si lamentò con la Serenissima poiché non c’era nemmeno un prete che officiasse nella chiesa rimasta. Per supplica del podestà e dei cittadini di Poveglia che abitavano altrove, fu deciso dal Sena-to e controfirmaSena-to dal Maggior Consiglio, che le Rason Vecchie23, le

quali erano entrate in possesso dell’isola, potessero spendere 30 ducati all’anno nel salario di un cappellano che celebrasse i “divini offici” senza che questi venisse eletto direttamente dal Vescovo di Chioggia24. Grazie a ciò la comunità isolana, seppur ridotta a

po-chissimi abitanti, comunque sopravvisse; la chiesa di San Vitale fu arricchita con alcune opere d’arte: un crocifisso in gesso e stucco del XV secolo ritenuto miracoloso, trasferito poi nella chiesa parroc-chiale di Malamocco25, e un dipinto, il Cristo condotto al calvario26,

di Giulia Lama, pittrice veneziana vissuta a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo27.

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la storia di poveglia > tra il XVI e il XVIII secolo

> TRA IL XVI E IL XVIII SECOLO

Il problema difensivo della laguna di Venezia riacquista drammatica urgenza in concomitanza agli eventi della guerra della Lega di Cam-brai (1509-1516), uno dei maggiori conflitti avvenuti in Italia nel XVI secolo28. Anche in questo caso è la laguna meridionale a destare

le preoccupazioni maggiori.

Nel 1571 Giulio Savorgnan, ingegnere militare e general d'alteglia-ria della Repubblica di Venezia, termina un lungo viaggio dedicato allo studio delle fortificazioni dei porti nei mari Adriatico ed Egeo. Ritornato a Venezia pianifica con i Provveditori alle Fortezze, la ri-organizzazione delle difese delle bocche di porto della città per far fronte alle incursioni turche che si erano spinte fino alle coste dal-mate. Le guerre turco-veneziane furono una serie di conflitti che vi-dero contrapposti l’Impero ottomano e la Repubblica di Venezia nei secoli XVI e XVII per il controllo del Mediterraneo orientale. A tale scopo vengono erette piccole isole artificiali, circondate da bassi fondali, chiamate ottagoni29. Le nuove fortificazioni sorgevano in

posizioni strategiche, di fronte alle bocche di porto e presidiavano le principali vie d’acqua di accesso alla città30.

La seconda metà del Cinquecento si svolge all’insegna della re-alizzazione di numerosi punti fortificati: tra il 1543 ed il 1549 fu fondato il Forte di Sant’Andrea e tra il 1570 ed il 1573 si assiste alla ricostruzione del Castel Vecchio. Nel 1565 il Consiglio dei Dieci prese l’iniziativa di costruire nuove polveriere, oltre a quelle che si trovavano già all’Arsenale31.

28La Lega di Cambrai è una alleanza

stretta il 10 dicembre 1508 fra l’im-peratore Massimiliano I d'Asburgo, Luigi XII di Francia, papa Giulio II e Ferdinando il Cattolico re d’Aragona per contrastare le mire espansioni-stiche di Venezia. Il dominio dei Ve-neziani, dopo vane trattative, colpiti dal papa con interdetto e scomunica e sconfitti dai Francesi ad Agnadello, parve crollare. Ma Giulio II, riavute le sue terre e timoroso di un’espansio-ne francese, pose fiun’espansio-ne alla Lega di C., formando con Venezia e Spagna la Lega Santa (1511) (fonte: Enciclo-pedie on line Treccani)

29L’ottagono è una struttura

architet-tonica militare a forma di ottagono, così da facilitare un controllo a tre-centosessanta gradi del territorio e una migliore difesa.

30E.Vulcano, le isole minori: un

pa-trimonio della storia alla deriva del presente, 2008-2009

31Davide Busato, L’ottagono di

Pove-glia, in I racconti di Davide Busato, 2014

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Uno dei primi interventi operati da parte della Repubblica di Venezia è lo sgombero dell’isola di Poveglia (dove già sorgeva un Castello) per realizzare accanto all’isola una piccola fortezza a pianta ottago-nale, appunto l’ottagono di Poveglia, che veniva usato come batte-ria di artigliebatte-ria per la difesa del canale antistante e originalmente unito all’isola principale con un ponte di legno che attraversava il canale detto Mandracchio.

Sebbene alcune fonti riportino erroneamente l’ottagono come co-struito nel quattordicesimo secolo durante la guerra di Chioggia, in realtà è stato realizzato tra il 1571 e il 1574 infatti nella cartografia cinquecentesca non compare:

“Il senato decreta il 16 luglio 1571 la costruzione di tre "maschi" posti a difesa del porto e del canale di Malamocco: gli Ottagoni di Alberoni, Campana, Poveglia e due "maschi" posti a difesa dei porti di Chioggia: gli Ottagoni di Caroman e il Forte di Brondolo, come proposto dalla Commissione. Si decide inoltre la costruzione dell’Ottagono di S.Pietro a difesa del porto di Malamocco e del canale di S.Pietro, probabilmente dietro suggerimento di Giacomo Marcello. Nel 1574 mancava solo l’"incamisadura" per dirsi comple-tati gli Ottagoni.”32

In seguito alla Guerra di Chioggia i povegliotti, seppur ormai resi-denti a Venezia, mantennero per secoli la propria iresi-dentità. Tradizio-nalmente impiegati nella pesca, furono fra i pochi a poter anche commercializzare i loro prodotti svolgendo la professione di com-pravendi pesce33. Assieme a quelli dei Nicolotti e Arsenalotti, il loro

la storia di poveglia > tra il XVI e il XVIII secolo

32Tratto dal sito internet

www.fortifi-cazioni.net/Ottagoni/Poveglia

33 Giuseppe Tassini, Curiosità

Vene-ziane, note integrative e revisione a cura di Marina Crivellari Bizio, Fran-co Filippi, Andrea Perego, Vol. 2, Venezia, Filippi Editore, 2009 [1863]

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rappresentante aveva il privilegio di sedere sul Bucintoro34 accanto

al doge nel corteo acqueo durante la festa della Sensa35. Al

mo-mento dell'imbarco il doge riceveva l'omaggio dai rappresentanti delle comunità popolari dei Nicolotti - gli abitanti cioè della contrada di San Nicolò dei Mendicoli, composta per lo più di pescatori - e dai Povegiotti: la loro presenza assieme a quella degli Arsenalotti, voleva significare che anche ai ceti più umili si garantivano uno spa-zio e un ruolo onorifico nei rituali civico-religiosi della Repubblica, giusto riconoscimento del contributo da loro arrecato al buon fun-zionamento della società veneziana. I povegliotti ebbero, inoltre, una propria confraternita, intitolata a San Vitale, con sede prima nella chiesa di San Trovaso e poi in quella di Sant'Agnese, nella cui parrocchia si concentrava la gran parte degli ormai ex-isolani36.

Poveglia non riuscì più a ritrovare la precedente floridezza, anche se ci furono molti tentativi fatti per ripopolare l’isola: nel 1527 il Ma-gistrato delle Ragioni Vecchie, visto l’abbandono del luogo e degli edifici, la offrì invano ai Camaldolesi affinchè questi vi costruissero un convento. Nel 1661 fu proposto ai povegliani di ricostruirne gli edifici, ma anche questi rifiutarono37.

Successivamente, vista la vicinanza al porto di Malamocco che era all’epoca l’unico accesso alla laguna adatto alle grandi navi, l’isola venne adibita a stazione per il rimessaggio e la sosta delle imbarca-zioni e per l'immagazzinamento di attrezzature di bordo che veniva-no conservate nel Teson, grande fabbricato dell’isola38.

343la galea di stato dei dogi di

Vene-zia, sulla quale si imbarcavano ogni anno nel giorno dell’Ascensione per celebrare il rito veneziano dello spo-salizio con il mare

34 Federica Ambrosini, VIII -

Cerimo-nie, feste, lusso, in Storia di Venezia, Vol. 5 - Il Rinascimento. Società ed economia, Teccani, 1996.

36Archivio di Stato di Venezia -

Fra-terna di S. Vitale, S. Trovaso (Ger-vasio) e S. Protasio dei povegliotti, scuola a S. Trovaso (SS. Gervasio e Protasio), 1417 - 1805

37Comune di Venezia, Archivio

foto-grafico delle isole lagunari.

38G. Caniato, Eugenio Turri, Michele

Zanetti, La laguna di Venezia, Cierre, 1995, pp. 431-432

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A pagina precedente, A.Visentini, Isola di Poveglia, Isolario (tav.XVI), Venezia 1777

A pagina successiva, Tironi-Sandi,

incisione dell’isola di Poveglia, 1779

Anche la superficie dell’isola si ridusse, a causa di eventi naturali, principalmente a causa dell’erosione delle maree. Una volta do-veva essere sicuramente molto più estesa di quella che è oggi. Attualmente la superficie di Poveglia è di circa 7 ettari e mezzo, ma circa la metà, cioè la parte a nord, è frutto di un interramento, che si effettuò nel 1808 e anni successivi con fanghi ottenuti dallo scavo dei canali circostanti.

In seguito le sue funzioni si orientarono sempre più verso fini sani-tari, come attestato da due leggi del 1700:

1750, 19 agosto not. 34 c.30t: “Permettendo circostanze del tem-po e dell’acqua, obbligato ammiraglio Malamocco condur basti-menti in una sol volta al loro luogo: li provenienti da luoghi infetti in Fisolo, quelli di minor sospetto in Poveglia […]”

1771 2 dicembre not.41 c.153t: “Con li metodi prescritti da ter-minazione 5 febbraio 1760, tradur debbano bastimenti soggetti a contumacia di giorni 40 nel Canal di Poveglia, li soggetti a giorni 28 in quello de’ Marani”

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Tommaso Lodi, ricostruzione degli edifici del 1500 di poveglia. La ricostruzione non è del tutto accurata poichè l’isola posta a nord all’epoca non era ancora stata

rea-lizzata, è frutto di un interramento del 1800, come si può notare nelle carte dell’epoca.

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> IL LAZZARETTO NUOVISSIMO

Nel 1777 Poveglia passò sotto la giurisdizione del Magistrato alla Sanità della Repubblica di Venezia, e negli anni successivi divenne stazione di transito e di controllo sanitario degli equipaggi dei ba-stimenti e per l’espurgo delle merci. A tal proposito si riportano le parole del Frari:

“Fin dal 1777 il Magistrato di Sanità aveva ordinato di far passare nel canal di Poveglia quelle navi che avessero bisogno di ricevere carena. Quel canale fu perciò detto Canal delle navi, e la fabbrica in pietra tuttor sussistente, che si chiama Tezon grande, serviva per deposito degli attrezzi del bastimento, e per ricovero dell’equi-paggio durante la carena. Nel 1782, dietro nuovo eccitamento del Senato, presi in esame tutti i progetti , disegni e carte ch’erano stati fin’ allora prodotti sull’argomento del Lazzeretto nuovissimo; instituiti dei sopraluoghi coli’ assistenza de’ pubblici ingegneri e periti, fu dal Magistrato di Sanità riconosciuto, che per la salvezza della materia di salute, e pel maggiore risparmio l’isola di Poveglia era preferibile ad ogni altra. Fu quindi ordinato di formare il disegno e modello in legno per detto Lazzeretto.”39

Tuttavia il progetto non andò in porto a causa di mancanza di fondi: “Nell’accompagnare che fece il Magistrato di Sanità questo pro-getto al Senato osservò che « il propro-getto non era suscettibile di obbietti perché non disalveava dalla volontà del Senato, non da’

39A.A. FRARI, Cenni storici sull’isola

di Poveglia e sulla sua importanza sotto l’aspetto sanitario, Venezia, 1837. p. 15

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metodi voluti dalla gelosa materia, ed era ragionevolissimo per tutti li suoi rapporti». Soggiunse. « In fatti la posizione di quella isola è » sommamente felice perché è a portata delli due porti che danno ingresso in queste lagune; perché è fornita di due canali capacissi-mi di contenere qualunque bastimento ; perché vi si respira buona aria, e perché ha poche fabbriche da distruggere.» Fu portata in Senato la proposizione del Magistrato di Sanità; fu esaminata, ed a malgrado della obbiezione fatta dal Magistrato all’ armar, consi-deratasi fin d’allora Poveglia come punto militare, venne il progetto dal Senato con piena persuasione approvato. Se nonché, contem-poraneamente era stato presentato al Senato l’altro grande proget-to dell’ampliazione della riva detta degli Schiavoni; e siccome non avevansi allora fondi sufficienti per mandar ad esecuzione ad un tempo tutte due queste grandi imprese; così essendo stata data preferenza a quella che risguardava l’ingrandimento alla riva (ogget-to che (ogget-toccava più da vicino), l’esecuzione dell’altra che all’erezione del Lazzeretto nuovissimo a Poveglia si riferiva, restò aggiornata”40

In seguito Poveglia venne comunque usata quale lazzaretto prov-visorio a causa di due casi di peste scoppiati su due navi nel 1793 e nel 1799; Poveglia è stata la terza isola nella Laguna di Venezia ad essere adibita a Lazzaretto (Nuovissimo), dopo quello Vecchio (1423) e quello Novo (1468), dato che ormai gli altri due erano ina-deguati41.

Nel 1793 per isolare l’equipaggio di una “tartanella idriotta infetta di peste, eretti nell’interno alcuni caselli di legno per gl’infetti , ed altri

40Frari 1837, p.16

41il Lazzeretto nuovo non poteva più

servire all'oggetto della sua istituzio-ne per l'aria malsana che vi si respi-rava, per le sue fabbriche diroccate e quasi inservibili, perché interrati erano i canali, e per la sua lontanan-za da quelli di contumacia, il Senato Veneto ha ordinato al Magistrato di Sanità di versare e riconoscere se altre situazioni destinar si potesse-ro all' uso di scontar contumacia più salubri e più comode al commercio. Per secondare quest'ordine superio-re si pensò da prima ad erigesuperio-re un Lazzeretto nell' isola di S. Spirito, il quale chiamar dovevasi novissimo; ma dappoi ché per mandar ad ese-cuzione questo pro getto cacciar do-vevansi dall' isola i frati, e spianar le numerose prigioni degli Inquisitori di Stato che colà esistevano; ravvisato d'altronde difficile e molto dispen-dioso lo scavo di un canale bastan-temente profondo pei bastimenti, questo progetto non venne accolto. Appresso fu ideato e rassegnato l'al-tro progetto di formare detto Lazze-retto nuovissimo ampliando in parte il Lazzeretto vecchio ed in parte fab-bricando sopra le vicine barene. Ma anche questo riconosciuto inammis-sibile venne rigettato. (Frari, 1837, pag 14)

42Frari, 1837, pag 18

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pei guardiani e custodi, circondata con barche armate tutta quell’i-sola, ed altre opportune precauzioni sanitarie adottate, la peste non è uscita di là, e si è potuto felicemente estinguerla. Ricordano que-sto contagio due piccole colonne di marmo situate a Poveglia, una presso la chiesa, ora Tezon alla chiesa, l’altra presso il Tezon grande appiè delle quali si legge la seguente iscrizione. Ne fodias, Vita fun-cti con tagio, Requiescunt, Anno MDCCXCIII”.

Nel 1799 scoppiò un secondo focolare di peste: “a bordo di un brich Spagnuolo con trent’una persone di equipaggio, due Regii Legni vennero spediti in traccia di quello con ordine di condurlo a Poveglia; ciò ch’è anco ad essi riuscito. Sbarcate quindi a Pove-glia le persone, spurgate le robe e il naviglio: morte otto persone dell’equipaggio, la peste non si è propagata, ed ivi felicemente fu estinta, come nel caso precedente, senza altre conseguenze.”42

Successivamente, tra il 1805 e il 1814 fu scelta dal Magistrato alla Sanità per garantire la “contumacia” dei bastimenti che arrivavano al porto di Venezia. L’isola, allora scarsamente abitata, svolse nel corso di tutto il 1800 una funzione sanitaria di grande rilievo anche sul piano internazionale, soprattutto contro le pandemìe di colèra che ripetutamente colpirono l’Europa.

Tuttavia l’esecuzione del progetto del grande lazzaretto nuovissimo da parte degli austriaci restò ancora una volta disattesa a causa della guerra:

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“Nel 1805 continuando la dominazione Austriaca in queste provin-cie, formò soggetto del le particolari cure del governo l’erezione di un Lazzeretto a Poveglia per le provenienze di più grave sospetto. Vi fu stabilita perciò un’apposita commissione, furono redati dall’ ingegnere Luchesi i tipi ed il progetto relativi. La spesa presa gita occorrente risultò di fiorini 378,269 k. 12, dalla quale detrar si dove-va il dove-valore dei materiali e del fondo del Lazzeretto nuovo, calcolati per 20.000 fiorini. L’isola di Poveglia però e quel forte erano allora tenuti dal militare. Scoppiò la guerra poco dopo, seguì l’occupa-zione di queste Provincie dell’armata francese; e l’esecul’occupa-zione del progetto di piantare il detto grande Lazzeretto a Poveglia restò nuo-vamente aggiornata.

Nel 1808 il Governo Italico con decreto 19 febbraio ordinò l’ere-zione di un Lazzeretto formale nell’ isola di Poveglia, ed il traspor-to colà de’ materiali del Lazzerettraspor-to nuovo. Il commercio aveva of-ferto di concorrere nella spesa. Il Decreto però rimase ineseguito per cagion della guerra. Segnata la pace, fu ripreso l’argomento, e lungamente discusso negli anni 1810 e 1811 presso il ministero dell’Interno; ma la somma difficoltà di combinare il servigio militare (cui soggetta tener volevasi l’isola) con quello della Sanità impedì di dar mano all’ opera.”

Nel mentre, nel 1808 a seguito dell’editto napoleonico fu demolita la chiesa dedicata a San Vitale e il contiguo campanile fu ricostruito, ma da allora in poi venne usato come faro.

Le opere presenti al momento della demolizione della chiesa sono

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state riportate dal forestiere illuminato:

“Quella Isoletta fu smantellata d’ordine Pubblico ai tempi della guerra di Chioggia, ed è ora famosa per un Crocifisso miracoloso, e perciò assai frequentata. La Chiesa ove si venera, fu in quelli ultimi anni ristaurata, e abbellita da una Confraternità di persone divote. Molte sono le Pitture che l’adornano, e tutte, tranne la Tavola colla B. Vergine e coi Santi Giuseppe e Francesco, ch’è del Palma, sono moderne, cioè del Letterini, del Segala, del Cav. Bambini, del Cav. Lazari, di Ang. Trevifani, del Piazzetta, e dell’Angeli.”43

Zanotto ricorda invece i due gruppi scultorei e il crocifisso che ven-nero trasferiti nella chiesa di Malamocco nel 1809:

Due gruppi di marmo, figuranti l’uno la Vergine dei dolori, l’altro la Maddalena e san Giovanni, furono trasportati a Malamocco, in unione al miracoloso Crocifisso, che per tanti anni destò la divozio-ne de’ naviganti e de’ vedivozio-neziani […] 44

Soltanto nel 1814, con il ritorno degli Austriaci, l’isola fu definitiva-mente ceduta al Magistrato di Sanità Marittima, che potette così provvedere alla costruzione di edifici in muratura: stanze per l’allog-gio dei marinai e dei passeggeri, edifici per lo stazionamento delle merci, appositi locali per l’espurgo delle “robbe”: merci, vestiti, carte. L’attività principale del Lazzaretto era la “contumacia”, o qua-rantena, dei bastimenti provenienti da porti colpiti dalle epidemie, e quelli “con patente sporca”, ovvero porti dove in precedenza si erano già verificate delle epidemie45.

43Forestiere illuminato intorno le

cose più rare e curiose della città di Venezia e dell’isole circonvicine, Venezia 1784, p. 370

44F. Zanotto, Nuovissima guida di

Venezia e delle isole della sua lagu-na, Venezia 1856, p. 646

45ArcheoVenezia - Anno XXIV, n. 1-4,

Poveglia: Il Lazzaretto Nuovissimo, dicembre 2014

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Nel 1831 venne costruito un nuovo cimitero: in un fascicolo datato 1831 leggiamo “Delibera fatta a Giovanni Mora per i lavori per l’e-rezione di un cimitero al Lazzaretto di Poveglia in data 16 febbraio 1833”46.

Durante la grande epidemia di colera del 1831-37, che colpì tanto gravemente tutta l’Europa, si ebbero ottimi risultati con la pratica contumaciale sviluppata sull’isola: nei soli anni 1831-32 ben 702 bastimenti fecero contumacia a Poveglia, e di questi 49 proveniva-no dai porti maggiormente colpiti dal colera, cioè da Alessandria, Smirne, Odessa, Taganrod e Londra.

46Davide Busato, Poveglia pillole di

storia, in I racconti di Davide Busato, 2014.

A pagina successiva Guardi Giacomo, Veduta dell'isola

di poveglia, 1800, museo Correr, Venezia

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LEGENDA:

1. Uffici, alloggi e parlatori 2. Fabbricato pei passeggeri in contumacia

3. Tettoja in legno per le merci 4. Magazzino

5. Tettoja chiusa 6. Chiesa 7. Oratorio 8. Cimitero

9. Sei baracche in legno per al-loggio dei contumacianti più so-spetti in linea sanitaria

10. Lavanderia

11. Quattro baracche in legno al di là del canale, quale ospedale per gli appestati

12. Locale per gli infermieri 13. Cucina e alloggio per guar-diani

14. Abitazione per il medico e per il cappellano

15. Fogna, per disinfettare gli escrementi

16. Cimitero per i cadaveri dei morti di peste

17. Piccola polveriera, la qua-le è in consegna alla direzione generale d’artiglieria, costruita per la custodia delle munizioni da sbarcarsi da eventuali basti-menti, in stato di osservazione a contumacia, e che durante le medesime devono sbarcare le polveri piriche

18. Caserma per le guardie di finanza

19. Spazioso tratto erboso.

Pianta del Lazzaretto di Poveglia presso Venezia, Giovanni Bussolin, Delle Istituzioni di Sanità Marittima nel bacino del Mediterraneo - studio comparativo, Trieste 1881

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> DAL 1900 AD OGGI

L’isola ha mantenuto le funzioni di stazione marittima per la quaran-tena degli equipaggi e dei passeggeri provenienti da porti in cui si erano verificati casi di epidemie fino al secondo dopoguerra. In seguito il complesso sanitario venne convertito in convalescen-ziario della casa di riposo, ovvero a sanatorio geriatrico, e infine abbandonato del tutto nel 1968 tranne per un periodo in cui era in concessione ad un agricoltore che ne coltivava gli spazi scoperti47.

Negli ultimi cinquant’anni l’isola di Poveglia, con la sua caratteristi-ca forma di fronte Malamocco, di proprietà demaniale, conserva un notevole patrimonio edilizio che tuttavia ha subito un lento ma inesorabile processo di degrado; la vegetazione ha preso il soprav-vento e ha reso inaccessibile la maggior parte dell’isola e compor-tato il crollo delle coperture di una parte delle costruzioni tanto che il comune di Venezia ha deciso di impedire l’accesso all’isola. Negli ultimi anni ha conosciuto importanti lavori di consolidamento di rive e strutture a cura del Magistrato alle Acque, nelle tre parti in cui è suddivisa e particolarmente nell’Ottagono.

la storia di poveglia > dal 1900 ad oggi

47Comune di Venezia, Archivio

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> PODESTÀ E GIUSTIZIA A POVEGLIA

Il seguente testo è tratto da “Pillole di storia: Podestà e giustizia a Poveglia”, ne I racconti di Davide Busato, 2014.

“Nel giugno del 1305 Tolberto da Camino, Iacopo Ricco, Guido Avogaro e Pirolino de’ Costantini, ambasciatori di Gerardo e Rizzar-do da Camino e del comune di Treviso, chiesero al Rizzar-doge la conse-gna di alcuni colpevoli di “machinazioni” a danno dei Da Camino e del comune stesso di Treviso. Il Doge rispose che gli spiaceva il fatto ma non poteva consegnarli in quanto “forestieri” ma li aveva già fatti arrestare a Poveglia e li avrebbe lui stesso giudicati a sod-disfazione delle loro richieste. Ma chi amministrava la giustizia a Poveglia? Poveglia nei primi secoli era direttamente sotto di un ga-staldo che faceva riferimento, ovviamente, a Palazzo Ducale. Vista l’importanza stessa dell’isola, il 30 dicembre del 1339 con delibera-zione del Maggior Consiglio, passò da gastaldia a podesteria, con l’elezione del podestà Pietro Lando. La nuova podesteria con sede a Poveglia, aveva giurisdizione anche su Malamocco, Pellestrina e Pastene (Portosecco, località del lido di Pellestrina). Il podestà ogni lunedi doveva recarsi a Malamocco e un altro giorno della settima-na a Pellestrisettima-na. Il viaggio per Pellestrisettima-na, però, essendo lungo e nei periodi invernali per nulla piacevole, fin dall’ottobre del 1341 era stato deciso per la sospensione. La carica del podestà era annuale, e veniva assistito da un notaio e quattro famuli, di età compresa tra i venti e i cinquant’anni e con il requisito minimo di saper portare la barca. Il podestà Lando aveva piena giurisdizione penale e civile,

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ma non era il suo solo compito. L’ufficiale doveva anche salvaguar-dare i fragili equilibri ambientali, controllare il degrado dei vitigni, degli argini e dei lidi, inoltre, regolarizzava le entrare, dei dazi e delle gabelle essendo Poveglia una porta d’entrata e di uscita per la città. Proprio su questo tema, nel settembre del 1375, di fronte all’ennesimo episodio di contrabbando ad opera degli abitanti della Giudecca che di notte trasportavano di frodo vino da Chioggia a Venezia, si era fatto obbligo che chiunque girasse senza documenti dovesse presentarsi al Podestà di Poveglia prima di ogni carico e trasbordo, per ottenere la regolare bolletta. Il podestà Pietro Lando, ebbe un bel lavoro… ”

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approfondimenti > il contagio di peste del 1793

> IL CONTAGIO DI PESTE DEL 1793

Il seguente testo è tratto da “Non disturbare! I morti, per contagio in vita, riposano. Poveglia 1793”, ne I racconti di Davide Busato, 20 “Mi è capitato sotto mano il manoscritto redatto dal magistrato alla Sanità di Venezia dell’ultimo caso di contagio da peste avvenuto a Venezia, precisamente in una Tartana (una particolare nave), or-meggiata nei pressi dell’isola di Poveglia. Il racconto del magistrato ci trasmette immediatamente tutto l’orrore vissuto dai marinai, co-stretti ad affrontare una morte invisibile. A ricordo di quell’episodio nell’isola ancora oggi è possibile vedere una lapide con una incisio-ne che dopo un veloce consulto con l’archeologa Paola Sfameni, potremmo tradurre in: “Non disturbare ! I morti, per contagio in vita, riposano.” Sebbene letteralmente “ne fodias” significhereb-be non scavare, credo che in quel momento tutti pensassero con rispetto a quelle ultime povere vittime che da mari tanto lontani erano giunte a Venezia per morire in un’isola semi deserta. Ecco una parte del manoscritto:

Descrizione istorica del contagio sviluppatosi in una tartana nella Idriota esistente nel Canal di Poveglia nel Giugno 1793 e de mezzi praticati a reinserirlo in quell’isola. Scritta dal comando del magi-strato Eccellentissimo alla Sanità di Venezia 1793.

[…] Scrivo l’avvenimento di Poveglia memorabile in vero per ra-gion contraria, a grado eguale, o forse maggiore degli altri descritti:

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quelli memorandi per lo stazio, per l’insistenza, e per le perdite sanguinose di un male atroce, ed irreparabile, memorando questo per aver potuto con distinti mezzi di attività, e di sollecitudine pre-servare indenne interamente la comune salute dalle funeste con-seguenze dello stesso inesorabile tremendo nemico. Comparve in questo Porto nella mattina del dì 5 giugno decorso una tartanella idriota nominata San Nicolò di bandiera ottomana diretta dal Capi-tan Zuanne Mechxi quondam Toderin Spezzioto, con solo carico di formaggio salato proveniente da Napoli di Romania con equipaggio composto di trenta persone. Era illeso da ogni male il paese donde partiva come assicurava la sua Patente netta di scorta, era di ge-nere non suscettibile il carico, tutte si trovavano sane le persone del legno, ne indizio alcuno poteva condurre a considerarlo di gra-vissimo sospetto, quindi coperto il legno stesso da un Guardiano di Sanità, con le ordinarie riserve fu fatto passare nel Canal di Po-veglia, luogo allora destinato ai legni di sospetto, allo sconto della natural sua Quarantena di Contumacia, dove con li riguardi tutti di salute si è eseguito in poche ore della mattina susseguente 6 giu-gno lo scarico del formaggio consistente in pezze nove milla circa già estraibili per legge, mentre tutti continuavano a mantenersi in perfetta salute.

Solo nel giorno degli 8 ad ora avvanzata della mattina giunse al magistrato una lettera del Guardiano di Sanità esistente sul Bordo della Tartanella predetta, con cui espose, che aggredito sin dal di precedente, cioè un giorno e mezzo dopo lo scarico, uno de mari-nari da dolor di capo, gli si erano ordi manifestati dei segni di mal contagioso, che due altri si trovavano aggravati da dolor di testa,

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e chiude in poscritto, con la funesta notitia della morte del primo infermo.

Un immediato sopraluogo eseguito dal Nobil Homo ser Fabio Isep-po Gritti Provveditor Deputato ai Lazzaretti, con il medico Dottor Leone Urbani, (trovandosi allora infermo dall’ultima malattia il fu Proto medico precessore) con il Colonello Michieli Vitturi ispettore di Sanità, con l’avvocato fiscale Lorenzo Alugara, che scrive l’istoria presente, col Chirurgo del magistrato Eccellentissimo Domenico Novello, e con li fanti, avverrò per troppo il carattere della fatal ma-lattia.

Giovanni di Apostoli dalla Spezie era la prima vittima dell’accesso, assalito da cefalagia, da vomito biliare, da vertigine, da petecchie nere, da vibici, da antraci, e buboni, nell’augusto spazio di venti-quattro ore aveva perduto la vita. Gli evidenti segni della più mici-dial pestilenza erano impressi sul suo cadavere raccolto nella lancia inserviente alla Tartanella. Eguali segni della maligna infezione, si erano spiegati sopra altri tre infermi marinari, fatti spogliar ingnudi, ed esaminati attentamente, Michiel d’Anagosti Greco aveva un bu-bone nell’inguine destro, Teodoro Sarandachi Greco si querelava di Cefalagia, e Giorgio d’Andriano Greco giovane d’anni quattrordici si lagnava di dolor di capo, e verso l’occipite aveva un tumore dilata-to nel collo, sino alle orecchie, ed erano questi infelici nella lancia stessa, ove trovavasi il cadavere dell’Apostoli dicesi dalla Tartanella tutti nella stessa mattina.”

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approfondimenti > il caso della giraffa del vicerè d’egitto

> IL CASO DELLA GIRAFFA DEL VICERÉ D’EGITTO

Si riporta di seguito una vicenda che destò grande curiosità nella venezia del 1800 per voce del Frari:

“[...] E per non tacere alcuna cosa di ciò che può aver relazione col-le vicende di quell’ Isola si farà pur un cenno della Giraffa, mandata in dono dal Vice-Re d’ Egitto a S. M. 1’ Augustissimo nostro Sovra-no Francesco I. di sempre gloriosa e cara memoria, che fu sbarcata a Poveglia nel 28 Apri le 1828, unitamente ad un arabo ed alcuue capre, e che eccitò grande curiosità a Venezia e luoghi vicini, per lo che numerose visite ricevette quel raro animale nel tempo della sua contumacia. Fino a che restò in Poveglia il detto animale go-dette sempre della più prospera salute, e sanissimo pure partì per Vienna. Giunto che fu colà, non andò molto, che sia per la diversità del clima , sia per altra ragione , mori. Finché visse si vestiva, si pet-tinava alla Giraffa : intere botteghe dimode eran piene di ornamenti alla Giraffa, nè alcun altro contumaciante che si sappia ebbe mai più tanto onore. Tal era la moda. Volubile però com’è, dopo partito l’animale, e specialmente dopo la sua morte, cangiò, e non se ne parlò più.

Ciò basti riguardo a Poveglia.”

A.A. FRARI, “Cenni storici sull’isola di Poveglia e sulla sua importanza sotto l’aspetto sanitario”, Venezia, 1837, pp. 46-47

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> POVEGLIA E LA PRATICA CONTUMACIALE

Il seguente brano è tratto da “Il Lazzaretto Nuovissimo”, Archeo-Venezia - Anno XXIV, n. 1-4, Poveglia, dicembre 2014

[...] L’attività principale del Lazzaretto era la “contumacia”, o qua-rantena, dei bastimenti provenienti da porti colpiti dalle epidemie, e quelli “con patente sporca”. Ogni elemento della nave doveva restare isolato e tenuto lontano da contatti per il periodo di tempo ritenuto necessario perchè non ci fosse alcun pericolo per la salute pubblica. Nel periodo di contumacia, in un primo momento i malati rimanevano sulle navi, e dopo la costruzione degli edifici del Laz-zaretto, ricoverati in quelli. I loro effetti personali venivano “espur-gati” (a Venezia in quel periodo si usavano vapori di cloro per i casi più gravi, oppure suffumigi di vitro e zolfo, mentre nei secoli pre-cedenti si erano usati vapori e fumi di erbe medicamentose). Con questo espurgo, unito all’esposizione all’aria fresca ed al periodo di quarantena, veniva eliminato il pericolo di contagio. Alla stessa maniera venivano espurgate accuratamente tutte le merci traspor-tate dalla nave, ed anche la nave stessa. Anche la corrispondenza veniva disinfettata con vari sistemi.

Durante la grande epidemia di colera del 1831-37, che colpì tanto gravermente tutta l’Europa, si ebbero ottimi risultati da questa pra-tica contumaciale: nei soli anni 1831-32 ben 702 bastimenti fecero contumacia a Poveglia, e di questi 49 provenivano dai porti mag-giormente colpiti dal colera, cioè da Alessandria, Smirne, Odessa, Taganrod, Londra.

approfondimenti > poveglia e la pratica contumaciale

Sopra e sotto

Due lettere scritte dalla contumacia delle navi in Canal Orfano e Canal dei Marani, presso il Lazzaretto di

Poveglia, nel 1840. Sono evidenti le tracce della disin-fezione mediante vapori di zolfo che

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poveglia

malamocco (lido di venezia) VENEZIA giudecca

isola delle rose

santo spirito san clemente la grazia san servolo san lazzaro degli armeni lazzaretto vecchio

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> analisi del luogo

> SISTEMA TERRITORIALE

La laguna veneta si configura come un sistema unico, affascinante ed inconfondibile, dotato di una sorprendente unitarietà architetto-nica, in cui il disegno di matrice gotica risulta essere la sintesi tra le città occidentali e i tratti dell’architettura dell’oriente bizantino. Poveglia fa parte del sistema difensivo della parte meridionale della laguna di Venezia di cui rappresenta l’ultimo estremo spazio abita-bile prima dello sbocco sul mare ad Alberoni; l’isola è inserita in un contesto paesaggistico di piccole fortificazioni, i cosiddetti ottagoni e le altre strutture difensive, poste in passato a presidio di questa parte della laguna e cariche di reminiscenze culturali e storiche poi-ché qui, molto più che altrove, lo spazio geografico ed antropogeo-grafico si fondono con la storia.

Abbandonata ed in attesa di essere recuperata, l’isola appartiene al complesso sistema di nuclei urbani delle isole che si allineano in sequenza lungo il canale di Santo Spirito in prossimità di Mala-mocco, posto nella fascia di terra che segna il limite estremo tra lo spazio geografico antropizzato della laguna l’adriatico.

Rispetto all’indiscutibile superiorità sia architettonica che storica del sistema di isole maggiori di Venezia, Poveglia rappresenta un caso minore di studio ma comunque particolarmente significativo per l’insieme di segni architettonici che vi permangono: questi co-stituiscono “una sorta di rovina minore, frammento di un più vasto

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sistema di resti di una civilizzazione precedente” di cui la semiolo-gia architettonica rivela la travagliata storia che ha generato la stra-tificazione del costruito e la compresenza di architetture religiose, civili e militari.

Nonostante la laguna veneta incorpori già una rete culturale, eco-nomica e infrastrutturale ben definita, il recupero dell’isola di Po-veglia, come parte integrante di questo sistema, potrebbe rappre-sentare un vitale miglioramento per il territorio. Appartenendo al sistema dei canali navigabili storici che connettono il tessuto della laguna veneta, l’isola rende esplicita la perduta connessione tra la città di Venezia e le sue isole satelliti: il suo recupero potrebbe

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Lazzaretto Vecchio

stituire caso-progetto esemplare per la rigenerazione di questo set-tore lagunare. In tal senso, il tema di University Island, può risul-tare dunque un importante punto di partenza che potrebbe essere declinato in un più ampio range di funzioni quali eventi culturali, turismo e coinvolgimento della popolazione della laguna di Venezia. L’isola di Poveglia potrebbe diventare punto comune di tre diffe-renti connessioni territoriali, ognuna delle quali caratterizzata da di-versi usi e utenti: 1 > All’interno del sistema delle isole meridionali della laguna, Poveglia potrebbe rappresentare un nuovo punto di interesse centrale e nevralgico nell’ottica dei tour turistici delle iso-le; collocare un moderno campus universitario in uno dei contesti

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San Giacomo in Paludo

storici più noti e frequentati al mondo significa avere l’opportunità di realizzare un’architettura capace di trasformare Poveglia in meta privilegiata per i visitatori di Venezia. 2 > La connessione diretta con Malamocco (Lido) potrebbe rendere Poveglia un nuovo luogo dove gli abitanti di lido possano spendere il proprio tempo libero sia quali fruitori del parco pubblico e delle attrezzature sportive, che nell’ottica di eventi culturali. 3 > Inoltre la connessione con Venezia potrebbe stabilire un collegamento permanente con l’offerta cultu-rale della città.

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San Lazzaro degli Armeni

> SISTEMA NATURALE

Venezia è il risultato di una lunga e più vasta azione antropica che negli anni ha caratterizzato un altrettanto esteso ed articolato ecosi-stema: quello della Laguna veneta. Composta da 118 isole naturali ed artificiali, consolidata attraverso palificazioni, canali e comples-se opere di ingegneria idraulica, la laguna rapprecomples-senta un sistema naturale unico ed inconfondibile. Intervenire su un elemento della laguna significa intervenire su un ecosistema singolarmente pre-gevole e delicato, deve pertanto prevedere l’impiego di materiali compatibili e l’adozione di soluzioni architettoniche che sappiano confrontarsi con un ambiente così particolare.

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