4. STRESS OSSIDATIVO ED ESERCIZIO FISICO
4.1 - Definizione e caratteristiche dello stress ossidativoLo stress ossidativo è una condizione indotta dalla rottura dell’equilibrio dinamico tra i processi ossidativi e riduttivi che hanno luogo continuamente in ogni cellula. Come abbiamo già detto, questa condizione può essere il risultato di:
1. un’aumentata produzione di radicali liberi, 2. una diminuita sintesi di antiossidanti endogeni, 3. una diminuita assunzione di antiossidanti esogeni.
1) Le condizioni fisiologiche e patologiche che comportano una aumentata produzione di radicali sono:
- l’esposizione a radiazioni ionizzanti e raggi UV
- l’azione dell’ozono, degli idrocarburi aromatici policiclici, di alcuni farmaci e di altre sostanze tossiche che attivano il sistema del citocromo P 450 a livello microsomiale
- l’aumentato consumo di ossigeno durante uno sforzo intenso od in gravidanza avanzata.
- i processi reattivi infiammatori ed infettivi
2) La diminuita sintesi di antiossidanti endogeni si verifica per:
- carenza di proteine e di cofattori (selenio, magnesio, zinco, riboflavina etc.) - danno d’organo
- fattori genetici
- sovraccarico del sistema microsomiale
3) La diminuita assunzione di antiossidanti si osserva in corso di : - patologie anoressizzanti
La specie ossidante più importante nei sistemi biologici è costituita dalle specie reattive dell’ossigeno (ROS): l’anione superossido O2¯, il
perossido di idrogeno (H2O2), il radicale idrossilico, l’ossigeno singoletto, i
radicali perossilici ed alcossilici e l’acido ipocloroso.
L’anione superossido(O2·-) è generato accidentalmente nella catena di
trasporto degli elettroni nei mitocondri e nei microsomi ed in modo programmato dalle cellule fagocitarie tramite le ossidasi NADPH-dipendenti. E’ trasformato a H2O2 dalla SOD nel citoplasma e nei mitocondri.
Il perossido di idrogeno (H2O2 ) è generato enzimaticamente dalla
SOD a partire da O2-, dalla xantina ossidasi dei perossisomi e nella
catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri. E’ degradato dalla catalasi nei perossisomi.
Il radicale idrossile (HO·) è generato nella catena di trasporto degli elettroni nei mitocondri, per azione delle radiazioni elettromagnetiche ed in presenza di metalli di transizione attraverso la reazione di Fenton o di Haber-Weiss.
L’ossigeno singoletto è prodotto principalmente per fotoeccitazione in presenza di un iniziatore come le clorofilla e può reagire con i doppi legami, per esempio degli acidi grassi, producendo idroperossidi.
Quando la concentrazione di ROS è eccessiva i tessuti subiscono danni ossidativi che portano all’apoptosi ed alla necrosi cellulare, le quali sono responsabili di patologie d’organo e sistemiche.
Meccanismi citolesivi di rilevante importanza sono quelli correlati con la formazione degli idroperossidi (ROOH), una classe di metaboliti reattivi
attacca un generico substrato organico R-H (un glucide, un amminoacido, un nucleotide, un lipide). I ROS interagiscono con le proteine ossidando gli amminoacidi delle catene laterali e causano la perdita o la modificazione delle loro funzioni biologiche; possono reagire con gli acidi nucleici ossidando le basi azotate e causando mutazioni; attivano la perossidazione lipidica che porta all’alterazione delle membrane biologiche (cellulari, mitocondriali, microsomiali): LH + OH· → L· + O2 → LOO·
Gli idroperossidi sono relativamente stabili ma se nella cellula si rendono disponibili metalli di transizione, possono subire la reazione di Fenton e generare radicali più reattivi come il radicale alcossile (RO·) e idroperossile (ROO·). A partire da un idroperossido lipidico, ad esempio, in presenza di ferro allo stato ferroso, si forma un radicale alcossile lipidico (LO·) che può continuare la reazione a catena di per ossidazione:
LOOH + Fe2+ → Fe3+ + LO· + OH¯ LO· + LH → LOH + L·
L· + O2 → LOO·
LOO· + LH → LOOH + L·
Per la loro potenziale pericolosità gli idroperossidi sono espulsi dalla cellula nei fluidi circolanti. Anche nel plasma però, se esistono condizioni tali da indurre il rilascio di ferro allo stato ionico (ad esempio acidosi), si innesca la reazione di Fenton e si formano i radicali alcossile e idroperossile che causano danni a livello delle LDL e dell’endotelio vasale. Per questo motivo gli idroperossidi possono essere considerati sia marcatori che amplificatori del danno cellulare da radicali liberi.
Oltre agli idroperossidi i ROS sono in grado di generare le cloroammine. Soprattutto a livello dei PMN la mieloperossidasi catalizza
infatti la reazione tra il perossido di idrogeno ed il cloro con la formazione di acido ipocloroso che reagendo a sua volta con alcuni amminoacidi forma le cloroammine. Queste sono altamente istolesive e possono decomporsi e generare nuovi radicali perossilici e alcossilici.
4.2 - Stato ossidativo ed esercizio fisico
È noto da tempo che un esercizio moderato effettuato con regolarità ha effetti benefici, mentre l'esercizio acuto a lungo termine può determinare lo sviluppo di danni significativi in diversi tessuti, quali fegato, cuore e muscolo scheletrico.
Fin dal 1982 numerosi studi effettuati su topi, cani, umani e cavalli, hanno dimostrato l’insorgere di una condizione di stress ossidativo esercizio-indotto, cioè uno sbilanciamento fra la produzione di radicali liberi e il sistema antiossidante. (Davies et. al., 1982; Wyse et. Al., 2005).
Si è ipotizzato che la produzione di specifiche generazioni di ROS possa dipendere dalla modalità (aerobica/ anaerobica), dall’intensità e dalla durata dell’ esercizio, così come diversi tipi di esercizi si differenziano per i loro rispettivi fabbisogni energetici, livelli di consumo di ossigeno e sollecitazioni meccaniche imposte ai tessuti (Jackson et al., 2000). I potenziali siti di generazione dei ROS si diversificano durante l’esercizio e dopo di esso, come evidenziato nella figura 18.
Fig 18. Siti potenziali di generazione dei ROS
La produzione eccessiva di proossidanti, derivante da qualsiasi forma estrema di esercizio aerobico o anaerobico (maratona, sovrallenamento aerobico/anaerobico), può avere il potenziale per causare ingenti danni cellulari; tuttavia non esistono attualmente dati incontrovertibili sul rapporto “causa-effetto” tra l’aumento di ROS derivante da un esercizio effettivamente acuto e l’insorgenza di fenomeni patologici. Al contrario, e in conformità con il principio di ormesi, un basso grado di stress ossidativo appare necessario per i vari adattamenti fisiologici. (Ji et al., 2006; Bielakovic et al., 2007 ).
Come dimostrato da diversi studi in medicina umana, l’esposizione ripetuta dell’organismo ad aumentata produzione di ROS da esercizio fisico
cronico induce una up-regulation del sistema di difesa antiossidante (Elosua et al. 2003; Fatouros et al., 2004) e uno spostamento del’equilibrio a favore di un ambiente più riducente; si ha così una protezione adattiva dai ROS durante le sessioni di allenamento successive, come avviene quando i soggetti si trovano in condizione di non esercizio (Apor et al., 2006). Gli stessi studi dimostrano che lo stress ossidativo da esercizio-indotto può operare in modo simile a tutti gli altri meccanismi biologici che si modificano in relazione all’esercizio fisico. Al fine di un adeguamento possibile (aumento della difesa antiossidante, ipertrofia, forza,…), lo stimolo fisiologico applicato (in questo caso la produzione di ROS) deve superare una certa soglia minima, in modo da sovraccaricare efficacemente il sistema.
4.3 - Stress ossidativo, alimentazione e integratori antiossidanti nell’ esercizio aerobico
Nelle ricerche in materia di stress ossidativo ed esercizio fisico acuto nell’uomo sono stati utilizzati per lo più protocolli relativi all’esercizio aerobico. La maggior parte dei laboratori ha basato i protocolli su brevi periodi di esercizio moderato (durata ≤ 2 ore), mentre alcuni protocolli di laboratorio, e più comunemente le prove "sul campo", hanno previsto tempi molto più lunghi di esercizio (> 2 ore) (Fisher-Wellman et al., 2009).
Protocolli di esercizio differenti possono indurre diversi livelli di produzione di ROS, ed è stato dimostrato che essi dipendono, così come il danno ossidativo, sia dall’intensità (Goto et al. 2007) che dalla durata (Bloomer et al., 2007).
Durante protocolli di esercizio a bassa intensità e lunga durata, le difese antiossidanti sembrano sufficienti a fronteggiare la produzione ROS, ma come intensità e/o la durata dell’esercizio aumentano, queste difese non sono più adeguate questo può portare danno ossidativo ai tessuti circostanti (Knez et al. 2007). Altri fattori sembrano avere un impatto sul grado di difese antiossidanti presenti, in particolare l’età (Sacheck et al., 2006), lo stato di allenamento (Fatouros et al. 2004) e la dieta somministrata (Watson et al. 2005).
Diversi studi hanno investigato sull’impatto della somministrazione di antiossidanti (vitamina C, E e beta–caroteni) separatamente o in associazione, durante gli esercizio di breve durata. Molti studi hanno evidenziato una attenuazione dello stress ossidativo a seguito della somministrazione sia di associazioni di antiossidanti (Bloomer et al. 2006), sia di somministrazioni separate (Sumida et al., 1997; Kawai et al., 2000; Goldfarb et al., 2005). Tuttavia, l’attenuazione non si è verificata per tutti i biomarcatori misurati e la somministrazione separata ha evidenziato una risposta dose-dipendente (Kawai et al., 2000; Goldfarb et al., 2005).
É stato studiato anche l’impatto della somministrazione di antiossidanti sullo stress ossidativo indotto dall’esercizio di lunga durata. Le somministrazioni in genere prevedono l’uso di comuni antiossidanti (vitamina A,C ed E) somministrate in combinazione (Davison et al. 2007) o separatamente (McAnulty et al., 2005; Traber et al., 2006). In questo caso i ricercatori, a differenza di quanto evidenziato dai risultati del trattamento antiossidante nell’esercizio aerobico di breve durata discusso in precedenza, nella maggior parte dei casi non hanno osservato alcun effetto attenuante della supplementazione con antiossidanti sui markers della
perossidazione lipidica, del danno al DNA, e/o dello stato redox del glutatione seguenti protocolli di lunga durata.
Nel loro insieme, sembra che diversi fattori possano influenzare l’insorgenza di stress ossidativo e tra essi sicuramente l’intensità e la durata dell’esercizio fisico, l’età, lo stato di allenamento e le diete assunte, l’entità e la durata del periodo di integrazione. D’altra parte anche l’individuazione di tale stress in vivo può essere condizionata da alcune variabili del protocollo, quali ad esempio il biomarker scelto, il campione di tessuto, i tempi di campionamento. Queste variabili possono in parte spiegare alcune delle attuali incoerenze all’interno della letteratura.
È comunque ormai dimostrato che l’esercizio aerobio, a varie intensità e durate, costituisce uno stimolo sufficiente per richiamare la produzione di ROS sia negli animali che negli esseri umani e che il sistema di difesa antiossidante spesso non è sufficiente a fronteggiare i danni ossidativi sia durante che conseguentemente all’esercizio. La supplementazione di antiossidanti sembra fornire un qualche grado di protezione (in genere osservato in protocolli di breve durata), tuttavia, a questo riguardo, i dosaggi precisi e la durata della somministrazione restano ancora da determinare. Alcuni studi suggeriscono per le indagini future l’utilizzo di protocolli di esercizio più rigorosi con l’utilizzo di una più vasta gamma di biomarcatori per la valutazione dello stress ossidativo e di un numero maggiore di campioni post esercizio, nel tentativo di fornire risultati validi e significativi (Fisher-Wellman et al., 2009).
4.4 - Stress ossidativo , alimentazione e integratori antiossidanti nell’ esercizio anaerobico
Anche se il termine “anaerobico” significa "senza ossigeno", è bene ricordare che un allenamento di resistenza si traduce comunque in un aumento del consumo di ossigeno sia durante che dopo l'esercizio acuto. Tuttavia, l'entità dell’aumento della VO2 è di gran lunga inferiore a ciò che si osserva a seguito di esercizio aerobico acuto (Bloomer et al. 2005). Nonostante l'aumento relativamente basso in VO2, è stato dimostrato che l'esercizio anaerobico acuto funge da stimolo sufficiente per provocare un aumento della formazione di ROS (Bailey et al., 2004; Bailey et al. 2007), quindi presenta la potenziale capacità di provocare stress ossidativo; questo è stato evidenziato da numerosi studi che hanno segnalato un aumento dei biomarker dello stress ossidativo a seguito di esercizio fisico (Bloomer et al. 2004).
Come evidenziato da Bloomer et al. nel 2008, in un interessante review che ripercorre la storia di trent’anni di ricerche in questo campo, è stato ormai dimostrato che nell’esercizio anaerobio si ha un aumento dei ROS, e sembra che anche tutte le forme di esercizio anaerobico possiedano la capacità di tradursi in un aumento dello stress ossidativo.
In questo stesso lavoro si suggerisce che sia possibile ipotizzare che i meccanismi responsabili dell’aumento di ROS indotto dall’esercizio siano in gran parte in funzione di enzimi che portano alla generazione di radicali, enzimi attivati come risposta a ischemia seguita da riperfusione e/o come risposta immunitaria fagocitaria in seguito a danni muscolari causati dall’esercizio.
Nelle ricerche effettuate su diverse tipologie di esercizio anerobio, i protocolli riguardanti la resistenza dinamica che sono stati presi in considerazione consistono in esercizi di risalita (in più sessioni) (Ramel et al., 2004), o singoli esercizi, come l’estensione del ginocchio (Bailey et al. 2004; Bailey et al. 2007).
La maggior parte di questi studi ha evidenziato un aumento dello stress ossidativo (Bailey et al. 2004; Bloomer et al., 2005; Bailey et al. 2007; Guzel et al. 2007). La valutazione della capacità antiossidante e delle concentrazioni di antiossidanti in circolo, come pure le attività di alcuni enzimi antiossidanti ha portato a risultati contraddittori, simili a quelli osservati per l’esercizio aerobico; alcuni autori ne segnalano un aumento, altri una diminuzione e altri ancora non segnalano nessun cambiamento (Ramel et al. 2004; Guzel et al. 2007) relativo ai vari biomarkers.
Come nell’esercizio aerobio, molta attenzione deve essere posta sul fatto che lo stress ossidativo calcolato si può sviluppare sia precedentemente che successivamente al campionamento, in tessuti diversi da quelli utilizzati (in genere nel sangue o nelle urine) oppure essere dovuto a danni ossidativi causati da fattori diversi da quelli presi in esame. Inoltre, come sopra citato, i soggetti con maggiore allenamento mostrano un danno muscolare più attenuato in risposta all’esercizio fisico rispetto a soggetti non allenati, con una conseguente diversa risposta infiammatoria e diversi valori di stress ossidativo.
Sono stati presi in considerazione anche protocolli che prevedevano esercizi isometrici, quali impugnatura con (Delliaux et al., 2007; Stenberg et al., 2007) o senza (Rodriguez et al. 2003) adduzione del pollice al
50-et al., 2007 Stenberg 50-et al., 2007) o per un d50-eterminato periodo di tempo (Rodriguez et al. 2003; Matuszczak et al., 2005). Si evince da questi studi che l'ischemia acuta e la rapida riperfusione osservata durante e dopo prolungati esercizi isometrici rappresenta la causa della formazione di ROS (Bloomer et al. 2004).
Diversi studi si sono concentrati sulla valutazione dello stress ossidativo dopo esercizi di sprint intenso, lavorando sia su cicloergometri (Groussard et al., 2003; Bloomer et al., 2006)che sulla corsa in piano (Marzatico et al., 1997). I risultati che emergono da questi studi su esercizi di sprint sono molto più contraddittori di quelli citati in precedenza, in quanto mentre in uno studio vengono evidenziati valori di MDA elevati, subito dopo gli sprint, nell’altro questi valori risultano diminuiti.
Per quanto riguarda i salti, uno studio ha misurato lo stress ossidativo in atleti che eseguivano serie di salti in successione, non evidenziando nessun cambiamento nella perossidazione lipidica, rispetto all’aumento della stessa che è stato riscontrato dopo gli esercizi di sprint (Ortenblad et al., 1997).
4.5 - Stato ossidativo ed esercizio fisico in varie specie animali
Tra gli studi effettuati nelle specie animali, significativo è quello effettuato su un gruppo di cavalli impegnati in protocolli riguardanti un esercizio prolungato e di media intensità in seguito al quale non è stato rilevato alcun cambiamento nei valori dei biomarkers plasmatici indicanti uno stato di stress ossidativo. (David et al., 2002).
Uno studio più recente sulla specie equina ha dimostrato che, come precedentemente descritto nella specie umana, una adeguata produzione di
ROS stimola, in corso di allenamento regolare, un rafforzamento del sistema antiossidante endogeno (Gondim et al., 2009).
Per quanto riguarda la somministrazione di antiossidanti, è stato dimostrato che l’utilizzo di queste sostanze da parte dell’organismo ha caratteristiche specie specifiche; possono esser citati studi effettuati sul cavallo, dai quali emerge che non è stato riscontrato alcun effetto benefico a seguito della somministrazione di vitamina E durante l’esercizio sub massimale, non essendosi evidenziata nessuna variazione riguardante un prolungamento della resistenza all’esercizio stesso (McMeniman et al., 1992).
Altre ricerche, peraltro assai datate, effettuate sui topi, hanno rilevato che sommistrazioni di alfa-tocoferolo aumentano la soglia anaerobica ad alte altitudini (Simon-Schnass et al. 1988) ed aumentano il tempo di resistenza durante esercizi di nuoto (Novelli et al. 1990).
Un allenamento moderato attiva le difese antiossidanti e comporta un abbassamento degli indici di aterosclerosi; questo effetto benefico è evidente nel caso di stress ossidativo indotto dall’esercizio fisico (Choi et al. 2007). Queste conclusioni sembrano confermare quanto emerso in uno studio del 2006, dal quale risultava che un esercizio anaerobico intermittente induce, nel topo, un minore indice di accrescimento e ridotta resistenza alla fatica, (Qiao et al., 2006).
Un approccio completamente diverso è quello del recentissimo studio sulla valutazione dell’effetto antiossidante ed ansiolitico dell’esercizio regolare, nel danno organico indotto dallo stress nel ratto (Cakir et al., 2010).
4.6 - Stato ossidativo ed esercizio fisico nel cane
La maggior parte degli studi relativi alla valutazione dello stress ossidativo nel cane è stata condotta su soggetti che presentavano stati patologici o stati fisiologici particolari; anche se esulano dal campo di indagine di questa ricerca, ci sembra valga comunque la pena di ricordarne alcuni. Nelle neoplasie mammarie (Kumaraguruparan et al., 2005) è stato evidenziato che l’aumento della perossidazione lipidica, indotta dall’iperproduzione di ROS, comporta la generazione di prodotti reattivi che determinano mutazioni responsabili della trasformazione del normale epitelio mammario in tessuto tumorale; nell’insufficienza renale cronica è stata evidenziata una correlazione positiva tra l’intensità dello stress ossidativo e la gravità del danno renale(Haugen et al., 1999; Kargin et al., 2001; Yasunhory et al., 2005); nello stato di gravidanza (Vannucchi et al., 2007) è stata dimostrata la variazione dei livelli di antiossidanti rispetto ai soggetti non gravidi, meccanismo che può rappresentare una ulteriore difesa attuata dall’organismo contro lo stress ossidativo in questo particolare stato fisiologico.
I primi studi significativi effettuati sul cane impegnato in attività fisiche, quali attività sportive o attività di ricerca , risalgono alla fine degli anni Novanta, ma in questo ultimo decennio sono andati crescendo in numero e qualità; veramente pionieristico può essere considerato quello, pubblicato nel 1998, sui cani impegnati nella ricerca di persone disperse sotto macerie, il cui protocollo prevedeva la ricerca, da parte di due gruppi di cani, di due vittime nascoste da detriti, in una zona definita, ad altitudini di 4800 mt e 5980 mt sopra il livello del mare; da questo studio è emerso che i livelli di ROS generati dal lavoro durante la breve
esposizione alle alte quote, hanno indotto modificazioni fisiologiche e biologiche, che in parte sono state prevenute alimentando i soggetti con mangime secco, integrato con olio di pesce e vitamina E, evidenziando comunque una diminuzione delle prestazioni alle quote più elevate (Grandjean et al., 1998).
In tempi assai più recenti, la valutazione dei risultati preliminari di una ricerca sullo stato ossidativo di cani impegnati in allenamenti di addestramento per la ricerca di vittime su campi macerie allestiti allo scopo, non ha evidenziato variazioni notevoli nel tempo per i singoli soggetti, mentre sono emerse variazioni individuali, attribuibili a differenze di razza, età ed alimentazione. E’ stato altresì osservato che i cani che presentavano valori elevati di d-ROMs all’inizio dell’allenamento mostravano una maggiore difficoltà di recupero (Pasquini et al., 2005).
Al di fuori di questi due esempi, nella letteratura scientifica sulla valutazione dello stress ossidativo nel cane impegnato in attività di tipo sportivo si trovano per lo più studi effettuati sulle attività dei cani da slitta e alcuni sui cani da caccia. Tali studi hanno in alcuni casi utilizzato protocolli che prevedevano la somministrazione aggiuntiva di sostanze antiossidanti. Gli antiossidanti utilizzati, in genere sono rappresentati da vitamina E (alfa-tocoferolo) (Hinchcliff et al., 2000; Piercey et al., 2001), vitamina C (beta-carotene) (Baskin et al., 2000; Piercey et al., 2000) o estratti vegetali (Dunlap et al., 2006). Da queste ricerche sembra emergere la presenza di un effetto protettivo contro i danni causati dallo stress ossidativo esercizio- indotto, anche se modesto e spesso non legato a miglioramenti delle perfomance atletiche dei soggetti, (Baskin et al., 2000; Piercey et al., 2001;
esercizio che prevedevano lunghe sessioni di corsa, seguite per tempi diversi e si sono in tutti i casi registrati aumenti significativi, nel plasma, della concentrazione di antiossidanti circolanti e una diminuzione dell’ossidazione a carico del DNA.
Di sicuro interesse è il recente studio di Dunlap et al., (2006), che ha seguito l’allenamento dei cani da slitta durante i due mesi di acclimatamento. L’esercizio fisico richiesto era pari al 70% VO2 massima, ed era prevista la somministrazione nella dieta di estratti mirtillo quale fonte di antiossidante in un gruppo, nessuna aggiunta alla normale dieta ad un altro gruppo né al gruppo di controllo che non eseguiva nessun tipo di esercizio fisico imposto dall’allenamento.
I risultati sembrano dimostrare che l’integrazione con mirtillo produca effettivamente l’aumento di potere antiossidante a disposizione dell’animale ,fornendo la necessaria protezione contro i danni muscolari; tuttavia il protocollo di esercizio utilizzato in questo studio non ha sviluppato l’intensità necessaria per dimostrare il danno muscolare, valutato attraverso la misurazione dei livelli di CK.
D’altra parte, studi precedenti nei quali erano state previste integrazioni di vitamina E, C e beta-carotene, avevano evidenziato scarsa o nulla influenza di tali integrazioni sulla prevenzione del danno muscolare (Piercy et al., 2000).
Uno studio ancora più recente sempre riguardante la somministrazione di antiossidanti nella dieta ma su soggetti non allenati, ha evidenziato che in tali soggetti, quando sottoposti ad esercizio fisico, la somministrazione di vitamina E nella dieta ha un effetto protettivo nei confronti del danno ossidativo indotto da tale esercizio (Motta et al., 2008)
La ragione delle contraddizioni e differenze di risultati che emergono dall’esame di questi studi va cercata, come è stato già notato sopra per quanto riguarda gli studi in medicina umana, nella presenza di una grande quantità di fattori variabili, relativi in primo luogo alla sensibilità dei test effettuati, e poi alle particolarità dei soggetti esaminati (età, sesso, razza ecc.).
La possibilità di utilizzare due tipi di test, il d-ROMs test ed il BAP test (Diacron International, Grosseto, IT) al fine di monitorare i tempi di recupero in cani da caccia allenati in attività di tipo aerobio è stata verificata da una ricerca del 2006 che prevedeva l’impegno di due gruppi di cani di diversa razza, pointer e bracchi, in battute di caccia pratica della durata di 15 minuti. I risultati della misurazione dei campioni effettuati un’ora prima e un’ora dopo la fine della prova hanno fatto emergere un aumento nella produzione di radicali liberi dell’ossigeno (che ha comportato la manifestazione di uno stress ossidativo) e valori rimasti nei range fisiologici per la barriera antiossidante plasmatica. Ad una settimana dalla fine della prova si è verificato il ripristino del regolare stato ossidativo nella maggior parte dei soggetti di entrambi i gruppi, con una velocità di ripristino maggiore nel gruppo dei pointer (Pasquini et al., 2006).
Questo studio ha confermato la validità dei metodi spettrofotometrici nella valutazione dello stato ossidativo per offrire un monitoraggio dei parametri ossidanti e antiossidanti al fine di ottimizzare le performance dei soggetti nel pieno rispetto del loro benessere.
Un recentissimo studio di Pasquini et al., pubblicato nel mese di gennaio di quest’anno, ha valutato, sempre attraverso l’utilizzo del
d-dall’esercizio fisico nei cani impegnati in prove di caccia, al fine di valutare il tempo di comparsa dello stress ossidativo e la capacità di recupero dei soggetti.
I soggetti sono stati sottoposti a due diversi tipi di esercizio aerobio (le prove di caccia) di diversa durata, una di 20min e una di 4h. Sono stati effettuati campionamenti immediatamente prima e dopo la prova, seguiti da altri campionamenti 1 ora , 1 giorno, 3 giorni e 1 settimana dopo. I risultati hanno evidenziato il ripristino graduale dello stato ossidativo, con un ripristino totale dopo 1 settimana nel 100% dei cani, a differenza del precedente studio nel quale il ripristino totale si attestava dopo una settimana intorno all’88-89% dei cani presi in esame.
I risultati di questi ultimi studi confermano che dopo un esercizio aerobico si crea una condizione di stress ossidativo nei cani, dovuta sia alla elevata concentrazione di proossidanti (d-ROMs), che al basso livello di potere antiossidante (BAP).
È evidente che il monitoraggio su campo dei soggetti durante e dopo le sedute di allenamento rappresenta un utile ed importante ausilio al fine di poter effettuare allenamenti mirati al miglioramento delle performance dei cani che praticano attività sportive, nel rispetto dei limiti fisiologici dei singoli soggetti. Un monitoraggio che può essere applicato allo studio di diversi fattori (alimentazione, integrazioni, tempi di allenamento, tipo di attività,….), in modo da rendere possibile un più cosciente approccio all’attività sportiva del cane, con una collaborazione sempre più stretta tra preparatori e veterinari.
4.7 - Valutazione dello stress ossidativo nell’esercizio fisico nel cane
Esiste una vasta gamma di procedimenti analitici che possono essere utilizzati per la valutazione dello stato redox plasmatico poiché i meccanismi implicati in questo processo sono molteplici ed ancor più numerose sono le specie chimiche coinvolte. Gli esami che sono stati sviluppati a questo scopo vanno quindi ad indagare il fenomeno talvolta nella sua globalità (ad es. con il rilevamento di prodotti finali delle reazioni di perossidazione) talvolta considerando alcuni passaggi in particolare (ad es. i processi riduttivi del glutatione).
Come già accennato, la possibilità di utilizzare un’ampia varietà di metodi ha portato al conseguimento di risultati disomogenei la cui interpretazione è resa ancora più difficile dalla presenza di altre variabili quali razza, sesso, età, allenamento, alimentazione. Per poter effettuare una valutazione completa dello stato ossidativo di un soggetto è fondamentale eseguire contestualmente esami che indaghino la componente pro ossidante e quella antiossidante poiché, come precedentemente illustrato, la condizione di stress ossidativo deriva da uno squilibrio che può riguardare una sola fase o entrambe.
In particolare, negli studi effettuati ad oggi nel cane da lavoro, sono stati impiegati:
- misurazione di 8-oxodG (8-OHdG Elisa kit, Genox Corp, Baltimore,Md), di cui è stata evidenziata una diminuzione durante e dopo l’esercizio in cani a cui era stato somministrato un supplemento antiossidante rispetto ad un gruppo di controllo. (Baskin et al., 2000);
- Determinazione colorimetrica dei prodotti di derivazione dei metaboliti reattivi dell’ossigeno d-ROMs (test spettrofotometrico - Diacron Int. Grosseto, It.) (Cornelli et al., 2001; Pasquini et al., 2006 );
- Misurazione dei prodotti terminali della perossidazione lipidica: MDA (malonildialdeide), TBARS (sostanze reattive all’acido tiobarbiturico) e gli isoprostani (Hinchcliff et al., 2000; Dunlap et al., 2006; Motta et al., 2008)
Per quanto riguarda la valutazione del potere antiossidante totale, sono stati impiegati:
- misurazione di alfa-tocoferolo, beta-carotene, progesterone e retinolo (test cromatografici), di quest’ultimo, in uno studio, non è stata evidenziata nessuna correlazione tra i valori di retinolo e l’esercizio fisico (Baskin et al., 2000);
- misurazione dello stato antiossidante totale TAS (esame spettrofotometrico Randox Laboratories Ltd), per il quale in uno studio sui cani da slitta, non sono emerse differenze significative tra i cani che avevano ricevuto il supplemento e il gruppo di controllo ( Piercey et al., 2000);
- misurazione del potere antiossidante totale TAP, test spettrofotometrico - Oxford biomedical research),. (Dunlap et al., 2006).
- Determinazione colorimetrica del potenziale biologico antiossidante (BAP test, Diacron Int. Grosseto, It) valutazione fotometrica dell’entità della decolorazione dovuta alla riduzione degli ioni ferrici a ioni ferrosi (Pasquini et al., 2010).