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Cap. 2 Analisi CFD

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Academic year: 2021

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Cap. 2

Analisi CFD

La fluidodinamica computazionale o numerica, brevemente detta CFD, (Computational Fluid Dynamics ), è la tecnica che permette lo studio dei problemi di fluidodinamica mediante l'utilizzo del computer.

Viene utilizzata nel campo dell'industria e della ricerca per tutte le problematiche che coinvolgono l'azione di fluidi (forze aerodinamiche, motori,pompe, impianti chimici, comfort ambientale, ecc.). Esistono oggi numerosi software commerciali che risolvono in questa maniera le equazioni della fluidodinamica. Tra i più noti troviamo CFX, Fluent, KIVA, NUMECA, STAR-CD, STAR-CCM+, CFD++ ed altri open source come Code Saturne [1*].

Il principale utilizzo della CFD è per la soluzione delle equazioni di Navier-Stokes e delle equazioni ad esse collegate. La risoluzione per via analitica di queste equazioni è fattibile solamente in casi semplici con flussi laminari e geometrie semplici (sfere, lastre piane), mentre le risoluzioni di casi reali, in cui compaiono di frequente flussi turbolenti, richiedono per forza un approccio numerico. Esistono quindi diversi metodi per risolvere le equazioni di Navier-Stokes, e poiché generalmente sono operazioni dall'elevato costo computazionale, si sono sviluppati approcci via via più raffinati basati su modelli:

Direct numerical solution (Soluzione Numerica Diretta: DNS): è l'approccio concettualmente più semplice, si discretizzano lo spazio e il tempo con griglie della dimensione voluta e si eseguono i calcoli su esse. È l'approccio che restituisce i risultati più accurati ma ha un costo computazionale elevatissimo, devono essere impiegati dei supercomputer. Per le applicazioni industriali risulta quindi troppo dispendioso.

Reynolds Averaged Navier-Stokes equation (Equazioni mediate alla Reynolds: RANS): si basa sull'assunzione che si possa considerare il moto turbolento come una sovrapposizione di un moto medio e una sua fluttuazione nel tempo. Le grandezze delle equazioni di partenza vengono mediate in un certo intervallo di tempo; così facendo i tempi di calcolo vengono notevolmente ridotti in quanto le scale del moto medio risultano essere notevolmente maggiori di quelle del moto turbolento. Richiedono l'utilizzo di ulteriori equazioni (ad esempio il modello k-ε) per la chiusura del problema.

Large Eddy Simulation (LES): consiste nel calcolare numericamente il comportamento delle scale turbolente più grandi e modellare opportunamente le scale più piccole (Sub-grid Scale o scale di Kolmogorov). Per operare questa suddivisione si introducono filtri numerici creati ad-hoc. Fornisce risultati più accurati delle RANS e ha al contempo un costo computazionale notevolmente inferiore a quello della DNS, per questo motivo è un metodo in forte sviluppo.

In molti casi devono essere risolte anche altre equazioni contemporaneamente alle equazioni di Navier-Stokes e alle equazioni del modello di turbolenza. Esse possono comprendere quelle relative alla concentrazione di specie di fluido diverse (flusso multicomponente), di reazioni chimiche (flussi reagenti), irraggiamento termico, ecc.. Problemi più complessi richiedono la modellazione di ulteriori fenomenologie, come nel caso dei flussi bifase (ad esempio gas / liquido) o nel caso di fluidi non Newtoniani.

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2.1 Cenno sui moti turbolenti [1]

Il moto turbolento è caratterizzato dalla fluttuazione caotica delle variabili che lo caratterizzano (velocità, pressione, temperatura, ecc.) intorno a valori “medi” che possono essere anch’essi variabili (più lentamente) nel tempo.

La descrizione del comportamento istantaneo del fluido è generalmente di scarso interesse per le applicazioni, anche perché i valori misurati ad un dato istante non saranno mai esattamente gli stessi ad istanti successivi. E’ allora preferibile descrivere la variazione dei valori “medi” delle variabili di interesse, caratterizzando la turbolenza in modo statistico, a tale scopo si definisce il valore “medio” della generica variabile intensiva tramite la relazione:

e si decompone il valore istantaneo di nella somma del valore medio più una componente fluttuante a media nulla:

=

L’intervallo di tempo Δt deve essere abbastanza lungo da mediare le fluttuazioni dovute alla turbolenza, ma deve risultare sufficientemente breve rispetto alla scala di variazione temporale delle grandezze medie. L’entità delle fluttuazioni viene generalmente valutata tramite le loro medie quadratiche.

L’intensità della turbolenza è direttamente legata all’energia cinetica per unità di massa legata alle fluttuazioni:

E’ necessario distinguere tra diversi tipi di turbolenza:

turbolenza isotropa: le grandezze caratteristiche della turbolenza restano inalterate se si cambia il sistema di riferimento in un dato punto;

turbolenza omogenea: le grandezze caratteristiche della turbolenza restano inalterate spostandosi da un punto all’altro;

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27  turbolenza omogenea ed isotropa: è una situazione idealizzata che unisce le caratteristiche dei due

casi precedenti; si può ottenere ad esempio in una galleria del vento a valle di una griglia;

turbolenza di parete: il moto turbolento è influenzato dalla presenza di un confine solido; la turbolenza è quindi anisotropa;

turbolenza libera: si verifica nel moto turbolento di un fluido non direttamente influenzato da un confine materiale (ad es. nei getti e nelle scie).

Per quanto riguarda gli effetti di parete sulla turbolenza si considerino i grafici seguenti relativi al moto tra due piastre piane.

Figura 15 Moti turbolenti vicino la parete, dove con

si indica l'intensità di turbolenza lungo z normalizzata alla velocità

media del canale,

quella lungo x, mentre con

e

si indicano rispettivamente lo sforzo di taglio effettivo e quello turbolento.

Dai grafici si nota che nel caso considerato:

- l’intensità di turbolenza normalizzata alla velocità massima nel canale è dell’ordine di qualche % (fino al 10% lungo la direzione del moto);

- in prossimità della parete l’intensità di turbolenza lungo z è maggiore di quella lungo x (turbolenza anisotropa);

- in prossimità della parete l’intensità di turbolenza varia considerevolmente, raggiungendo un massimo ad una certa distanza; poi diminuisce andando verso il centro del canale;

- l’intensità di turbolenza nel centro del canale assume valori paragonabili nelle due direzioni; la variazione con x è inoltre più blanda (tendenza alla turbolenza isotropa ed omogenea);

- lo sforzo di taglio effettivo decresce linearmente andando dalla parete verso il centro dove è nullo, come deriva da un bilancio di forze;

- lo sforzo di taglio turbolento è nullo alla parete (nel sottostrato laminare, dove il contributo viscoso predomina) ma diviene rapidamente uguale allo sforzo totale con l’aumentare della distanza dalla parete.

2.1.1 Scale di lunghezza nella turbolenza[1]

Nei flussi turbolenti si assiste ad una “cascata” di energia che rappresenta un trasferimento dell’energia cinetica turbolenta (per unità di massa), identificata con k, da vortici di grandi dimensioni a vortici di piccole dimensioni i grandi vortici, ricevono energia dal moto medio del fluido, alle scale di lunghezza macroscopiche che lo caratterizzano; i piccoli vortici, invece, sono principalmente responsabili della dissipazione dell’energia cinetica.

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28 Si può ragionevolmente assumere che i piccoli vortici si trovino in uno stato di equilibrio in cui ricevono tanta energia dai grandi vortici quanta ne dissipano in calore (teoria dell’equilibrio universale di Kolmogorov, 1941). Il moto alle più piccole scale coinvolte nei fenomeni di turbolenza è quindi governato dalle seguenti grandezze:

- la dissipazione di energia cinetica turbolenta per unità di tempo:

- la viscosità cinematica:

Combinando dimensionalmente le quantità precedenti è possibile determinare le corrispondenti scale di lunghezza, tempo e velocità, dette di Kolmogorov:

La scala di lunghezza è generalmente molto più grande dei liberi cammini medi delle molecole, per cui i fenomeni di turbolenza sono essenzialmente rappresentabili “nel continuo”.

Ciononostante, questa scala di lunghezza è molti ordini di grandezza inferiore a quella dei più grandi vortici che, a sua volta, è dell’ordine delle dimensioni degli oggetti che li hanno generati. La scala di lunghezza caratteristica dei grandi vortici è identificata con l ed una sua misura è la cosiddetta scala integrale di lunghezza (integral length scale), che rappresenta la distanza su cui una componente fluttuante della velocità rimane “correlata”, cioè tale che la media ) si mantenga apprezzabilmente diversa da zero (per una distanza tra i due punti dell’ordine di l ). Si ha l >> .

Su base sperimentale e dimensionale, è stato possibile stabilire un legame tra e , k ed l , valido per turbolenza ad elevato numero di Reynolds del tipo:

Perciò, considerando la definizione di si ha:

Dato che in questo lavoro, si utilizza un calcolo basato sulle RANS, si vuole fare un breve cenno su queste equazioni.

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29 2.1.2 Reynolds Averaged Navier-Stokes equation [1]

Rivisitiamo le equazioni differenziali di bilancio derivandole da un bilancio macroscopico.

Sia data la generica proprietà estensiva φ e sia φ (r , t ), il suo valore specifico per unità di massa. Il bilancio di F su di un volume V arbitrario delimitato da una superficie chiusa S assume la forma:

Dove si è posto:

 sorgente superficiale non avvettiva di φ;  sorgente di φ per unità di massa.

Poichè V è costante si ha:

Si applica ora il teorema della divergenza agli integrali superficiali ottenendo:

Per l'arbitrarietà del volume, deve essere nulla la funzione integranda, otterremo quindi il bilancio della proprietà φ in forma locale:

Dove il primo termine rappresenta la variazione temporale, il secondo è il termine avvettivo, o di trasporto, dovuto al fluido; mentre al secondo membro abbiamo, il primo termine negativo che è il diffusivo, ed il secondo termine che è quello di sorgente.

Da questo bilancio generale, si ottengo ponendo diversi termini pari a 0 o a 1 i bilanci di massa, quantità di moto o energia.

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30 Nel caso di moto turbolento, la forma locale ed istantanea delle equazioni di bilancio per la variabile estensiva φ di valore specifico ϕ può essere espressa in termini di variabili mediate. Applicando l'operatore di media temporale ai termini di bilancio, e scrivendo ogni termine composta da una componente media ed una fluttuante e tenendo conto che la media dei termini fluttuanti è nulla, si ottiene la nuova forma del bilancio:

in cui, oltre ai termini dipendenti dalle sole variabili mediate, compaiono termini dovuti alla presenza delle fluttuazioni.

Assumendo che le fluttuazioni della densità siano trascurabili, il bilancio diviene:

che è formalmente simile alla forma locale-istantanea originale, differendone principalmente per la presenza del termine:

La presenza di questo termine ricorda che, sebbene le equazioni siano espresse in termini di variabili mediate, le fluttuazioni turbolente giocano un ruolo importante nel trasporto di C. Ciò diviene più chiaro scrivendo l’equazione nella forma:

da cui si nota che le equazioni in termini di variabili mediate possono essere trattate come quelle locali-istantanee purché si adotti per il termine di flusso effettivo una definizione appropriata:

che tenga conto sia dello scambio molecolare (di quantità di moto o energia) che di quello turbolento. Si ha quindi:

Infatti, lo scambio di quantità di moto e di calore in un moto turbolento avviene non solo a causa dei meccanismi molecolari ma anche per il mescolamento del fluido: zone a maggiore e minore velocità scambiano fluido tra loro dando luogo ad un trasporto netto di quantità di moto, zone più fredde e più calde scambiano fluido tra loro dando luogo ad un trasporto netto di energia termica.

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poiché anche in tal caso può risultare:

Questo rende ragione della scelta di trattare il termine come un termine di flusso superficiale non avvettivo. Come detto in precedenza, è possibile risalire alle equazioni di bilancio di massa, energia e quantità di moto ponendo alcuni membri pari a 0 o a 1.

2.1.3 Scambio di quantita’ di moto in moto turbolento

Come abbiamo visto, l’equazione di bilancio di quantità di moto in termini di variabili mediate è:

Secondo quanto detto in precedenza, il termine può essere interpretato come il contributo turbolento al flusso superficiale di quantità di moto, ovvero al tensore degli sforzi .

Questo contributo turbolento prende il nome di tensore degli sforzi di Reynolds (si tratta ancora di un prodotto diadico di velocità).

ed il suo significato può essere descritto con riferimento alla figura a lato, ottenuta per analogia da quella relativa allo scambio termico. Il valore effettivo del tensore degli sforzi, risulta quindi dalla sovrapposizione dei contributi viscoso e turbolento.

E l'equazione di bilancio diviene:

La valutazione del tensore degli sforzi di Reynolds può essere fatta in analogia con il caso laminare, seguendo la cosiddetta approssimazione di Boussinesq (1877):

in cui è detta diffusività turbolenta della quantità di moto (“eddy diffusivity for momentum transfer”

o “eddy viscosity”). Ha le stesse unità di misura di ν cioè m2/s, ma a differenza della viscosità cinematica non è una proprietà termo fisica del fluido, poiché dipende anche dal campo di moto.

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2.1.4 Scambio termico in moto turbolento

Per quanto riguarda lo scambio termico, nell’equazione mediata di bilancio di energia espressa in termini di temperatura, compare il vettore:

Che rappresenta il contributo di scambio termico turbolento:

In analogia con la legge di Fourier dello scambio termico conduttivo, è allora possibile scrivere:

in cui e rappresenta la diffusività termica turbolenta. Si ha perciò:

Per la natura di valgono considerazioni analoghe a quelle viste per ; in particolare, essa non dipende solo dal fluido, ma anche dal campo di moto.

Poiché i vortici che danno luogo al trasporto turbolento di quantità di moto sono gli stessi che trasportano anche l’energia, è ragionevole ipotizzare che:

Ciò vale con accettabile approssimazione per fluidi con numero di Prandtl (molecolare) prossimo ad 1 (non, quindi, nel caso di metalli liquidi).

2.2 Principali modelli di turbolenza utilizzati con le equazioni RANS[1]

Sono stati proposti diversi modelli per definire la diffusività turbolenta della quantità di moto. Questi possono essere distinti nelle seguenti categorie:

1. Modelli algebrici (o a 0 equazioni); 2. Modelli ad una equazione;

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33 La complessità di questi modelli è maggiore quanto maggiore è il numero di equazioni differenziali aggiuntive rispetto a quelle mediate di bilancio di massa, energia e quantità di moto (RANS) che devono essere risolte:n

 nessuna equazione aggiuntiva per i modelli algebrici

 una e due, rispettivamente, per i modelli ad “una equazione” e“due equazioni”.

I modelli di “stress transport”, invece, fanno a meno dell’ipotesi di Boussinesq, definendo equazioni di trasporto per ciascuna delle sei componenti indipendenti del tensore degli sforzi.

I modelli ad una o più equazioni permettono, rispetto ai modelli algebrici, di definire equazioni di trasporto dell’energia cinetica turbolenta, k, in modo da tenere conto della “storia” precedente (in

senso spaziale) del flusso e non solo delle condizioni locali.

Una importante distinzione tra i modelli di turbolenza è comunque tra modelli completi ed incompleti:  la completezza del modello fa riferimento al fatto che esso definisca automaticamente una

lunghezza caratteristica della turbolenza;

 in un modello completo, quindi, è necessario specificare solo le condizioni iniziali ed al contorno senza bisogno di definire ulteriori parametri dipendenti dal flusso.

In questa trattazione si farà riferimento al modello a due equazioni ed in particolare al modello k-ɛ; modello più diffuso nella termo fluidodinamica, utilizzato nel calcolo svolto con il software ANSYS.

2.2.1 Modello k −ɛ

Si tratta del modello di turbolenza più utilizzato. Il cosiddetto modello standard k − ɛ deriva da un articolo fondamentale di Jones e Launder (1972). Launder e Sharma nel 1974 ne risistemarono i parametri, per cui anche il loro articolo è spesso preso a riferimento. L’equazione per il trasporto di ɛ può essere ottenuta rigorosamente sulla base delle equazioni di Navier-Stokes:

Sviluppando la seguente identità:

Lo sviluppo è relativamente complicato e porta ad una equazione con termini a secondo membro che rappresentano: la produzione della dissipazione, la dissipazione della dissipazione e la diffusione molecolare e turbolenta della dissipazione.

Le equazioni del modello k − ɛ standard sono:

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34 In cui:

Come si può osservare, questo è un modello completo.

L’applicazione dei modelli di turbolenza k −ω e k −ɛ in prossimità di pareti richiede cautela perché non tutti i modelli proposti possono essere integrati in prossimità delle pareti, dove il numero di Reynlds della turbolenza è basso. Per questo motivo, è talora necessario usare “wall functions” che utilizzino la forma logaritmica del profilo di velocità per ricavare la “shear (o friction) velocity” sulla base del valore della velocità del fluido nel nodo più vicino alla parete, da definire secondo opportuni criteri In alternativa, possono essere usati modelli che predicono gli effetti che insorgono a basso numero di Reynolds (low Reynolds number models), nei quali sono state introdotte correzioni per simulare più fedelmente gli effetti viscosi:

I due approcci richiedono un raffinamento diverso della mesh in prossimità della parete con valori di y+ nel centroide prossimo alla parete maggiore di qualche decina (ad es., y+ > 30) per wall functions o sufficientemente minori di 1 (y+ < 1) per modelli low-Reynolds.

Lo sforzo computazionale è quindi certamente diverso nei due casi.

Il software Ansys, viene utilizzato per il calcolo fluidodinamico computerizzato. Esso utilizza il metodo dei volumi finiti, ovvero discretizza una geometria complessa in un'unione di piccoli volumi di controllo, dalla forma desiderata, che dipende dal tipo di calcolo, operazione detta di "meshing"; per poi applicare ad ogni volume di controllo le già citate equazioni di Navier-Stokes.

La complessità del software è direttamente proporzionale alla quantità di studi che permette di elaborare, passando dallo studio fluidodinamico a quello strutturale. L'ambiente Ansys, permette di realizzare lo studio completo di un qualsiasi sistema fisico, fornendo gli strumenti per realizzare una geometria, una mesh ed infine un solver,ovvero un apposito software che permette di elaborare e analizzare i risultati ottenuti. Infatti, sotto il nome di Ansys si notano diversi nomi di software, specializzati nei vari step che compongono l'analisi CFD.

In particolare, nell'analisi effettuata, la geometria è stata importata da Creo Parametric (ProE), successivamente è stata semplificata e modificata prima in Design Modeler poi in ICEM CFD dove è stata anche realizzata la mesh. Il calcolo è stato ultimato con Ansys CFX.

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Bibliografia

[1] Suhas Patankar, Numerical Heat Transfer and Fluid Flow, CRC Press, 1980; [2] Manuale d'uso Ansys Workbench.

Sitografia

Riferimenti

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