2.1 COSA È IL VETRO
Comunemente con il termine vetro si intende una specifica tipologia di prodotto, cioè il vetro siliceo, utilizzato nella produzione di contenitori, negli edifici, in elementi decorativi, etc.
In senso fisico il vetro è un materiale solido amorfo, solitamente prodottosi quando un adatto materiale viscoso viene solidificato rapidamente, in modo tale che non abbia il tempo di formare una regolare struttura cristallina.
Quando un solido allo stato fuso viene raffreddato, il suo volume diminuisce progressivamente sino alla temperatura di solidificazione, alla quale si completa un processo di riorganizzazione strutturale che attraverso opportuni riadattamenti interni porta alla creazione di una struttura ordinata, geometricamente ben definita. A questa temperatura il volume diminuisce bruscamente e se il raffreddamento non è troppo rapido il fuso ha tutto il tempo necessario per raggiungere la sua configurazione cristallina, costituita da tetraedri collegati tra loro in modo da costituire un reticolo esagonale regolare (Figura n. 1a).
Esistono altri liquidi che in prossimità del punto di solidificazione sono dotati di altissima viscosità e che quindi non hanno il tempo di cristallizzare secondo percorsi geometrici definiti; questo perchè le molecole che li compongono non hanno la mobilità sufficiente per realizzare quegli spostamenti, necessari al raggiungimento di una configurazione cristallina, e danno così origine ad uno stato metastabile intermedio detto “stato vetroso”. In questo secondo caso l'unità fondamentale è pur sempre costituita da un tetraedro che vede un atomo di silicio al centro e 4 ossigeni ai vertici in modo continuo ma disordinato, secondo una casualità tipica dei liquidi (Figura n. 1b).
I vetri sodico-calcici si ottengono dalla fusione di miscele che oltre alla sabbia silicea (silice) contengono prevalentemente carbonato di calcio e soda. Gli ossidi di sodio e di calcio che rimangono nel fuso dopo la fusione della miscela si posizionano all'interno della struttura vetrosa generata dalla silice interrompendo la continuità, seppur disordinata, del reticolo e creando degli atomi di ossigeno che non hanno funzione "pontante" verso gli altri tetraedri. Si creano così delle cavità all'interno delle quali trovano posto gli ioni di sodio e calcio che neutralizzano con le loro cariche positive le cariche negative degli ossigeni "non-pontanti" (Figura n. 1c). Si realizzano in tal modo strutture vetrose che saranno tanto più aperte e composite quanto maggiore sarà il numero e la quantità relativa degli atomi modificatori. Dal momento che ciascun elemento contribuisce addittivamente a conferire al vetro delle proprietà peculiari (resistenza chimica, densità, brillantezza, colore, etc.), è pertanto possibile realizzare vetri aventi le proprietà chimico-fisiche desiderate preparando una opportuna miscela vetrificabile. Ecco quindi che si possono ottenere vetri in una vasta gamma di composizioni da impiegare per scopi profondamente diversi: contenitori per alimenti e per l’industria farmaceutica, vetri per l’edilizia e per l’illuminazione, vetri per l'inglobamento di scorie radioattive o per la
inertizzazione di rifiuti tossici, biovetri per impianti ossei e dentali, fibre per isolamento o per rinforzo di materiali compositi, vetri intelligenti e display a cristalli liquidi, vetri elettrocromici e vetri per la saldatura di microcircuiti elettronici.
Figura n. 1a Figura n. 1b Figura n. 1c FIGURA N.1 – Struttura cristallina (1a), struttura liquida (1b) e struttura di vetri sodico calcici (1c) [2]
Il vetro si ottiene per fusione in un forno ad alta temperatura di una miscela omogenea di minerali (miscela vetrificabile), detti materie prime, mescolati in opportune proporzioni in peso con rottame di vetro.
Le aggiunte delle materie prime sono calcolate in peso, facendo riferimento a 100 kg di sabbia. Tutti gli elementi componenti la miscela sono in polvere e le dimensioni dei grani hanno una grande importanza per la riuscita della fusione. Grani troppo grossi non riuscirebbero a fondere; grani troppo fini si potrebbero segregare e, non miscelandosi omogeneamente con le altre materie prime, risulterebbero anch'essi infusibili.
L'omogeneità della miscela è importantissima e, per favorirla, oltre alla dimensione dei grani delle singole materie prime (granulometria), è fondamentale una buona qualità della miscelazione e l'aggiunta di piccole quantità di acqua (2-4%) per impedire la separazione tra le fasi.
Nella seguente Tabella n. 1 sono riassunti i principali componenti chimici presenti in varie tipologie di vetro con le relative percentuali in peso.
Tipologia di vetro SiO2 Na2O CaO Al2O3 K2O B2O3 PbO BaO Fe2O3
Comune 70-76 10-13 10-18 1-4 - - - - Tracce Da bottiglie 60-65 7-15 13-20 2-7 - - - - 1-4 Cristallo 50-60 - - - 10-15 - 20-25 - - Boemia 72-76 0-3 8-10 - 12-15 - - - - Jena 70-72 10-12 1-2 5 - 12 - - - Turingia 66 11 8 7 3 - - 4 - Pyrex 72-81 4-11 - 3,5-5 - 12-14 - - - Flint leggero 33 1 - 7 3 31 25 - - Crown duro 69 4 8 - 16 3 - - -
TABELLA N. 1 – Composizioni chimiche tipiche delle principali tipologie di vetro presenti in commercio [3]
La silice (SiO2, biossido di silicio) è il più comune formatore del reticolo vetroso ed è
quindi la più importante materia prima per la produzione del vetro. Circa metà della crosta terrestre è formata da minerali di silice, tuttavia la silice naturale non ha, in generale, le caratteristiche necessarie per la produzione del vetro, sia perché forma dei minerali complessi con altri ossidi (come ad esempio nelle argille), sia perché contiene degli elementi come il ferro che, anche in piccola quantità, danno al vetro una colorazione indesiderata. Solo silice contenente meno dello 0,1% di ossido di ferro (Fe2O3) può
essere usata per la produzione di lastre, mentre per produrre vetro da tavola e artistico tale percentuale scende allo 0,01% e solo pochi giacimenti di quarzo in tutto il mondo garantiscono questi limiti. Per il vetro usato nell'ottica la quantità accettabile è ancora più bassa, meno dello 0,001%. Ancora minore deve essere il contenuto di altri minerali, come gli ossidi di cromo, cobalto, rame, etc., che hanno un potere colorante maggiore di quello del ferro. Nessuna sabbia naturale è in grado di rispondere ai requisiti del vetro per l'ottica; per questo, anche le sabbie dei migliori giacimenti devono essere ulteriormente purificate con speciali trattamenti.
Per abbassare la temperatura di fusione del quarzo (circa 1.700°C) si aggiunge un fondente, generalmente l'ossido di sodio. Nella produzione attuale esso viene aggiunto sotto forma di carbonato (soda) o nitrato. Qualunque sia la sua origine, naturale o artificiale, la soda, a circa 800 °C, si decompone in anidride carbonica (gas) ed ossido di sodio. Quest'ultimo ha la capacità di reagire, allo stato solido, con la silice trasformando il quarzo in silicati di sodio che fondono a più bassa temperatura.
Allo stesso modo si comporta la potassa o carbonato di potassio (K2CO3), anch'essa
prodotta oggi industrialmente. Oltre a rendere più fusibile la silice, la soda (o potassa) ha la proprietà di allungare l'intervallo di temperature entro il quale il vetro solidifica (intervallo di lavorazione), e rende, come si dice in gergo, il vetro più lungo.
Il vetro silico-sodico o silico-potassico non è stabile; basta l'umidità atmosferica per rovinarne la superficie, formando strati biancastri e corrosi. In acqua, questi vetri sono perfettamente solubili e sono usati oggi come detersivi per lavastoviglie. Per avere un vetro stabile si sostituisce parte della soda con altri composti che rinforzano il reticolo vetroso, migliorandone le proprietà chimiche. Questo effetto è esercitato dagli ossidi bivalenti di calcio (CaO), magnesio (MgO), bario (BaO), piombo (PbO) e zinco (ZnO), che per questo sono detti stabilizzanti. Un ulteriore miglioramento si ottiene introducendo nel vetro altri ossidi come l'allumina (Al2O3) e l'anidride borica (B2O3).
Tra le materie prime impiegate per la produzione di vetro deve essere annoverato anche il rottame di vetro che, depurato da ogni elemento estraneo, può essere immesso nel ciclo produttivo in percentuale variabile sino al 90% consentendo di risparmiare energia e materie prime. In prima approssimazione, una tonnellata di rottame di vetro sostituisce 1,2 tonnellate di miscela vetrificabile e consente un risparmio energetico equivalente a 100 kg di olio combustibile.
La miscela vetrificabile non è ancora completa. Il fuso è un fluido viscoso nel quale si trovano disperse numerose bolle gassose formatesi per decomposizione dei carbonati o per altra origine. Per eliminarle, vengono aggiunti dei composti detti affinanti, come gli ossidi di arsenico (As2O5) e di antimonio (Sb2O3) associati a nitrati. Fino all'era industriale
era usato quasi esclusivamente il biossido di manganese (MnO2). Nei moderni forni
continui gli affinanti principali sono solfati associati a piccole quantità di composti riducenti (carbone e loppa d'altoforno).
Questi composti si decompongono ad alta temperatura (oltre 1.200 °C) liberando bolle di ossigeno che, risalendo nel fuso, assorbono le bollicine che incontrano fino a raggiungere la superficie. Attraversando le stratificazioni di vetro a diversa densità, le bolle svolgono anche un’azione di omogeneizzazione del fuso.
Il vetro, così ottenuto, non è ancora il vetro puro, trasparente, incolore o colorato delle vetrerie artistiche. Non basta usare materie prime di sintesi o scegliere quelle più pure; alcuni elementi, come il ferro ed il cromo, sono sempre presenti anche se in piccolissima quantità, comunque sufficiente a dare una certa colorazione. Si deve aggiungere un altro componente alla miscela: un decolorante. Si tratta di alcuni elementi che in piccola quantità correggono la tonalità di colore secondo un principio fisico (sovrapposizione di un colore complementare che annulla quello ad esempio del ferro) o chimico (ossidazione o riduzione dell'elemento colorante; il ferro, per esempio, a parità di concentrazione nel vetro, colora molto più intensamente se si trova allo stato ridotto che non allo stato ossidato). Il decolorante più noto, che agisce in tutti e due i modi, è il biossido di manganese che, per questa sua proprietà, era chiamato il sapone dei vetrai. Tuttavia il manganese, fissato nel vetro, ha ancora la capacità di catturare l'energia della luce solare e quindi di ossidarsi, dando al vetro una colorazione giallo-viola. Ne sono un esempio i lampioni che illuminano piazza San Marco a Venezia. Inizialmente incolori, a causa del manganese sono diventati viola, liberando così una luce soffusa che è divenuta una caratteristica della piazza di sera. Per questa sua instabilità oggi il manganese è sostituito da una miscela di elementi come il selenio, il cobalto e terre rare che, dosate singolarmente, danno un risultato più completo e stabile.
Per la produzione di vetri colorati si ricorre all'impiego nella miscela vetrificabile di opportune sostanze. L'intensità della colorazione dipende dalla quantità di colorante introdotto nella composizione del vetro, dalla presenza o meno di sostanze ossidanti o riducenti nell'atmosfera del forno, dalla conduzione termica della fusione e dal tipo di colorazione (ionica o colloidale) [2].
Nella seguente Tabella n. 2 vengono elencati alcuni dei principali elementi e composti coloranti con i relativi effetti, distinti a seconda delle condizioni operative ossidanti o riducenti.
Elemento/composto Colorazione prodotta
Colorati ionici Condizioni ossidanti Condizioni riducenti
Cobalto ossido Blu Blu
Rame ossido Acquamarina Verde Manganese Viola
Cobalto-Manganese Ametista, nero Ametista, Nero
Ferro Giallo Verde-Blu
Zolfo-Ferro Giallo-Ambra
Coloranti colloidali Condizioni ossidanti Condizioni riducenti
Zolfo-Cadmio Giallo
Zolfo-Cadmio-Selenio Rosso
Rame Rosso rubino
Oro Rosso rubino
Argento Giallo
TABELLA N. 2 – Principali elementi coloranti e relativi effetti di colorazione [2]
2.2 PROPRIETÀ MECCANICHE E FISICHE
A seconda della sua composizione e della sua storia termica, il vetro può essere trasparente, translucido o opaco, incolore o colorato. A temperatura ambiente è durissimo (ha durezza 5-6 nella scala Mohs), è fragile, non è poroso, di forte caratteristica lucentezza, rifrange in modo notevole i raggi luminosi, dilata solo leggermente al calore, di cui è un cattivo conduttore; non si scioglie nell'acqua e negli acidi, anche se concentrati, eccettuato l'acido fluoridrico. Si scioglie invece nelle soluzioni basiche. Non brucia, non si lascia calcinare; sotto l'azione di forte calore passa attraverso vari stati di viscosità; all'incandescenza bianca è fluido, alla rossa è molle e pastoso. È in quest'ultimo stato di viscosità che il vetro può essere modellato.
Alcuni valori delle principali proprietà meccaniche del vetro sono riportati qui di seguito [2].
Densità-Massa volumica
Il vetro ha densità pari a 2,50 g/cm3, che corrisponde, nel caso dei vetri piani, ad una
massa di 2,50 kg per ogni m2, per ogni mm di spessore. Resistenza alla compressione
Il vetro offre un'elevatissima resistenza alla compressione (1.000 N/mm2). Ciò vuol
dire che, per rompere un cubo di vetro di 1 cm di lato, occorre un carico dell'ordine di 10 tonnellate.
Resistenza alla flessione
Un vetro sollecitato a flessione presenta una faccia in compressione ed una in trazione. Il valore di resistenza alla rottura di un vetro inflesso è dell'ordine di: 40 N/mm2
per vetri levigati e ricotti e da 120 a 200 N/mm2 per vetri temprati (variabile secondo lo spessore, la molatura dei bordi e il tipo lavorazione).
Il valore elevato di resistenza del vetro temprato è dovuto al fatto che il processo di tempra ha l'effetto di mettere le facce della lastra trattata in condizioni di forte compressione.
Elasticità
Il vetro è un materiale estremamente elastico e non presenta mai deformazioni permanenti.
Esso presenta tuttavia caratteristiche di fragilità ovvero, quando è sottoposto ad un carico crescente a flessione, si rompe senza alcun segno di preavviso.
Il Modulo di Young E, misura lo sforzo di trazione che bisognerebbe teoricamente applicare ad un provino di vetro per conferirgli un allungamento pari alla sua lunghezza iniziale e si esprime in forza per unità di superficie. Per il vetro, secondo le norme europee vale:
E = 7 × 1010 N/mm2 = 70 GPa
Il Coefficiente di Poisson, µ (o coefficiente di contrazione laterale) è il rapporto tra il restringimento unitario in direzione perpendicolare al senso dello sforzo e l'allungamento unitario nella direzione dello sforzo.
A titolo esemplificativo, per i vetri utilizzati nell'edilizia, il coefficiente µ è pari a 0,22. Comportamento termico
La dilatazione lineare è espressa da un coefficiente che misura l'allungamento dell'unità di lunghezza per una variazione di temperatura pari a 1 °C. Il coefficiente di dilatazione lineare si riferisce generalmente ad un intervallo di temperature compreso tra 20 °C e 300 °C e per il vetro è pari a 9 × 10-6.
2.3 BREVE STORIA DEL VETRO
In natura il vetro è presente sotto forma di ossidiana, in uso fin dalla preistoria per la realizzazione di utensili per il taglio e punte di lancia.
Plinio il vecchio, naturalista e storico latino, racconta che il vetro sarebbe nato casualmente nel III° Millennio a.C. sulle coste della Fenicia. Nella "Naturalis Historia" narra infatti di alcuni mercanti fenici che accesero un fuoco sulle rive del fiume Belo in Siria ed usarono accidentalmente come supporti per cucinare blocchi di soda naturale. Questi si fusero per il calore mescolandosi alla sabbia della spiaggia, e diedero origine al primo materiale vetroso.
Anche le prime suppellettili in vetro, che nella forma primitiva erano quasi totalmente prive di trasparenza, furono rinvenute nelle regioni centrali della Mesopotamia, quindi nella stessa area geografica dove furono poi definite le prime tecniche di lavorazione. In seguito, grazie alle lunghe navigazioni dei mercanti fenici, la nuova arte si diffuse lungo le coste del Mediterraneo, in Siria, a Cipro e soprattutto in Egitto.
È interessante rilevare che, sebbene la tecnologia moderna e le scoperte dei nostri giorni abbiano in parte modificato le "forme egizie" portando alla codificazione di nuove regole, ancora oggi si utilizzano le materie prime conosciute nel III° millennio avanti Cristo.
Nel I° secolo a.C. fu sviluppata la tecnica del soffiaggio, che ha permesso di far divenire oggetti prima rari e costosi molto più comuni.
Durante l'Impero Romano il vetro fu plasmato in molte forme, principalmente come vasi e bottiglie. I primi vetri erano di colore verde a causa della presenza di impurità di ferro nella sabbia utilizzata.
Una svolta nella tecnica produttiva si ebbe intorno all'anno 1000 d.C., quando nel nord Europa la potassa fu sostituita alla soda, più facilmente ottenibile dalle ceneri di legno. Da questo momento i vetri del nord differirono significativamente da quelli prodotti nell'area mediterranea, dove rimase l'impiego della soda.
L'XI° secolo vide l'emergere in Germania di una nuova tecnica per la produzione di lastre di vetro per soffiatura, stirando le sfere in cilindri, tagliandoli ancora caldi e appiattendoli quindi in fogli. Questa tecnica fu poi perfezionata nel XIII° secolo a Venezia.
Il centro di produzione vetraria del XIV° secolo fu proprio quest’ultima città, dove furono sviluppate nuove tecnologie e nacque e si sviluppò un fiorente commercio di stoviglie, specchi ed altri oggetti di lusso. Successivamente alcuni vetrai veneziani si spostarono in altre aree d'Europa diffondendo così l'industria del vetro.
Il processo di produzione Crown fu impiegato a partire dalla metà del XIV° secolo fino al XIX° secolo. In questo processo, il soffiatore fa ruotare circa 4 kg di massa vetrosa fusa all'estremità di una barra fino ad appiattirla in un disco di circa 1,5 metri di diametro. Il disco viene quindi tagliato in lastre.
Il vetro veneziano ebbe un costo elevato tra i secoli X e XIV, cioè fino a che gli artigiani riuscirono a mantenere segreta la tecnica. Ma intorno al 1688 fu sviluppato un nuovo processo di fusione, ed il vetro divenne un materiale molto più comune.
L'invenzione della pressa per vetro nel 1827 diede inizio alla produzione di massa di questo materiale.
La tecnica a cilindri fu inventata da William J. Blenko all'inizio del XX° secolo. Le decorazioni sono incise sul vetro per mezzo di acidi o sostanze caustiche, che corrodono il materiale. Tradizionalmente l'operazione è svolta da artigiani esperti dopo che il vetro è stato soffiato o colato. Nel 1920 fu sviluppato un nuovo metodo consistente nello
stampaggio diretto delle decorazioni sul vetro fuso. Questo permise di abbattere i costi di produzione e, assieme alla diffusione di vetri colorati, portò intorno al 1930 ad un uso più diffuso delle stoviglie in vetro.
2.4 PRODUZIONE DEL VETRO CAVO PER CONTENITORI
I contenitori in vetro cavo prodotti industrialmente si ottengono da un procedimento di soffiatura del materiale fuso in stampi.
Le fasi di produzione si possono così sintetizzare [2]:
- le materie prime, contenute in silos, vengono opportunamente dosate, miscelate ed immesse nel forno fusorio per mezzo di nastri trasportatori;
- il forno, costruito in materiale refrattario in grado di resistere per anni alle elevate temperature di fusione (1.600 °C), è prevalentemente alimentato con gas metano e autoregolato in tutte le sue funzioni. Attivo 24 ore su 24, è controllato da monitor e calcolatori di processo che consentono di verificare costantemente i parametri di funzionamento e di ottenere la corretta vetrificazione delle materie prime;
- il liquido fuso in uscita dal forno entra in canali di condizionamento termico e, raggiunta l'opportuna viscosità, viene "tagliato" in gocce di dimensione e peso proporzionale all'oggetto che si vuole realizzare. La goccia di vetro incandescente (1.200 °C circa) giunge, per caduta verticale guidata, allo stampo della macchina formatrice.
- il processo tradizionale di "formatura" di un contenitore con il procedimento "soffio-soffio" ha trovato le sue evoluzioni nel processo "presso-"soffio-soffio", dapprima applicato a contenitori con imboccatura di grande dimensione e recentemente anche nei più difficili contenitori con imboccatura stretta. Queste nuove tecnologie consentono di ottenere contenitori più leggeri con migliori prestazioni meccaniche (Figura n. 2);
- alla formatura segue la fase di "ricottura", procedimento che consente di eliminare le tensioni del vetro mediante riscaldamento preliminare e successivo raffreddamento graduale dell'oggetto fino a raggiungere la temperatura ambiente. Dopo l'avvenuta formatura il contenitore è infatti sottoposto a fortissime tensioni poiché la superficie esterna, a contatto della temperatura ambiente, tende a raffreddarsi più velocemente della superficie interna. Le tensioni generate da questo squilibrio termico potrebbero compromettere la resistenza meccanica del contenitore.
Segue un accurato controllo qualitativo automatico che sottopone a verifica tutte le caratteristiche di ogni singolo pezzo prodotto: dimensioni, forma, spessore, calibratura delle bocche, integrità, resistenza. I contenitori non considerati idonei vengono espulsi automaticamente dalla linea di imballaggio ed immediatamente riciclati nel medesimo processo produttivo per essere rifusi.
L'impiego delle più recenti tecnologie consente la gestione e il monitoraggio di tutto il ciclo produttivo per mezzo di apparecchiature computerizzate, mentre strumenti altamente sofisticati e specializzati assicurano il controllo su base statistica, al fine di ottenere il livello qualitativo del prodotto finito rispondente alle esigenze degli imbottigliatori, della distribuzione fino al consumatore.
Dopo i dovuti controlli, i contenitori vengono accuratamente imballati per consentirne la "pallettizzazione" ed il trasporto.
2.5 LA RACCOLTA DIFFERENZIATA IN ITALIA
L’esigenza del riciclo non è di questi anni: da secoli per fare nuovo vetro si è utilizzato altro vetro. La testimonianza di ciò è il ritrovamento in fondo al mare della nave Julia Felix, imbarcazione romana di circa 1800 anni fa, che insieme a varie merci trasportava un carico di cocci di vetro da rifondere e plasmare.
Il 3 maggio 1832 la Prefettura di Polizia di Napoli emise un’ordinanza il cui scopo era regolamentare lo spazzamento e l’innaffiamento delle strade. Allo stesso tempo, invitava la cittadinanza a provvedere alla raccolta dei rifiuti all’esterno delle abitazioni, dividendoli dai frantumi di vetro che dovevano invece essere separati.
Per quanto messo in atto in tempi più recenti, invece, quello che la moderna industria vetraria ha fatto, a partire dagli anni ’70, è stato concepire e realizzare un sistema diffuso di raccolta differenziata urbana, in grado di fornire a tutti i cittadini gli strumenti ideali per il recupero di questa importante risorsa. Di conseguenza, si sono create le condizioni per sviluppare una vera e propria cultura del riciclaggio: dalla raccolta in appositi contenitori, come per esempio le campane verdi dislocate nei centri abitati, alla nascita di un sistema organizzato con il compito di ottimizzare i vari passaggi che scandiscono il processo di recupero e riciclo del rottame di vetro.
La svolta decisiva si registra comunque con la costituzione del CO.RE.VE., il Consorzio Recupero Vetro che nasce il 23 ottobre 1997. A istituirlo, in ottemperanza agli articoli 38 e 40 del D.Lgs. 22/97 [4], sono i principali gruppi vetrari italiani, il cui statuto definitivo è stato approvato dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, con D.M. 15/07/98 [5].
Il Consorzio, che opera all’interno del sistema CO.NA.I. (Consorzio Nazionale Imballaggi), non ha fini di lucro ed ha per scopo il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio in vetro generati sul territorio nazionale.
In particolare, il Consorzio organizza:
il ritiro dei rifiuti di imballaggi in vetro provenienti dalla raccolta differenziata effettuata dal servizio pubblico;
informazione, d’intesa con il CO.NA.I., degli utenti di imballaggi in vetro e dei consumatori;
l’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio in vetro.
Partecipano al Consorzio tutte le imprese produttrici di imballaggi in vetro (sono considerati tali i fabbricanti e gli importatori di imballaggi vuoti). Possono partecipare al Consorzio gli utilizzatori che producono imballaggi in vetro e provvedono al loro riempimento e gli utilizzatori che importano imballaggi in vetro pieni. Complessivamente, sono 84 le Aziende consorziate, delle quali 34 fabbricanti di imballaggi in vetro e 50 importatori di contenitori in vetro vuoti [6].
2.5.1 Vantaggi
Recuperare e riciclare il vetro riduce il consumo delle materie prime necessarie. Infatti, da 100 kg di rottame di vetro si ricavano 100 kg di prodotto nuovo, mentre occorrono 117 kg di materie prime vergini per avere 100 kg di prodotto nuovo; questo a causa della “perdita al fuoco” dovuta essenzialmente alla trasformazione dei carbonati in CO2 ed
all’evaporazione dell’umidità della miscela vetrificabile, normalmente presente allo scopo di meglio movimentare le materie prime. A tali vantaggi, vanno aggiunti anche i benefici ambientali ed economici derivanti dalla minore quantità di energia utilizzata nella fusione [2].
Il risparmio energetico è quantificabile in una riduzione del 2,5% del combustibile impiegato per ogni 10% di rottame usato. Un impiego dell’80% di frammenti vetrosi porta quindi a un’economia energetica del 20%. Inoltre, con l’inserimento dei cocci di vetro nella miscela vetrificabile, si riducono anche le emissioni in atmosfera connesse all’attività produttiva. Le minori temperature di fusione del rottame vitreo implicano la riduzione del volume dei fumi di combustione, le emissioni di ossidi di azoto, polveri e anidride carbonica. Con la raccolta differenziata del vetro si riduce sia il numero di rifiuti prodotti sia i costi del loro smaltimento, producendo minori accumuli in discarica, determinando
non solo un vantaggio ecologico, ma anche un risparmio economico per tutti, essendo i costi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani un onere in forte crescita a carico della collettività [6, 7].
Nella seguente Tabella n. 3 si riportano i risparmi energetici e di materie prime e le minori emissioni di CO2 registrati per l’anno 2006.
Risparmi energetici indiretti, pari a circa 200.210 TEP (-56,3% rispetto all’impiego di sole materie prime di origine minerale)
Risparmi energetici diretti, pari a circa 79.607 TEP (-11,3% rispetto all’impiego di sole materie prime di origine minerale)
Risparmi energetici complessivi, anno 2006
279.817 TEP pari a circa 2.042.400 barili di petrolio equivalenti
Minori emissioni di CO2, anno 2006 683.000 tonnellate di CO2 equivalenti (-40,1% delle
emissioni stimate per il settore del vetro cavo, per lo stesso periodo), così suddivise:
422.157 ton. dovute al minore utilizzo di sodio carbonato, calcare, carbonato di calcio e magnesio;
175.970 ton. dovute alla minore quantità di combustibile fossile e gas naturale utilizzati per il ciclo produttivo; 85.000 ton. dovute al risparmio di energia elettrica (fattore di conversione pari a 500 kg CO2/MWh).
Minor consumo di materie prime minerali, a parità di vetro prodotto, pari a circa
2.831.000 tonnellate/anno di cui: Sabbia 1.743.800 ton. Soda 503.900 ton. Calcare 320.000 ton. Dolomite 157.100 ton. Feldspato 52.100 ton. Altre 54.100 ton.
TABELLA N. 3 – Risparmio energetico e di materie prime stimato per l’anno 2006 a seguito del riutilizzo di rottami di vetro [7, 8]
2.5.2 Il ciclo del vetro
Sono quattro i principali protagonisti del processo che dalla raccolta del vetro usato conduce alla trasformazione dei frammenti in nuovi contenitori, come ad esempio le bottiglie (Figura n. 3).
In primo luogo i cittadini, che separano in casa il vetro e lo conferiscono nell’apposita rete di raccolta organizzata dai Comuni. Spetta a questi enti, infatti, fornire alla collettività i migliori strumenti per aumentare e agevolare le fasi di raccolta.
Al CO.RE.VE. (Consorzio Recupero Vetro) e ad altri enti sparsi sul territorio nazionale spetta il compito di garantire l’avvio al riciclo del materiale raccolto.
FIGURA N.3 – Il ciclo del vetro
Successivamente, il rottame di vetro è sottoposto, presso aziende specializzate, a operazioni di cernita meccanica e manuale per essere pulito da ogni tipo di materiale estraneo. Il prodotto ottenuto ha una precisa denominazione commerciale: “rottame di vetro pronto al forno”. È solo a questo punto che i frammenti vitrei possono essere miscelati con le altre materie prime per realizzare nuovi contenitori con le stesse caratteristiche di quelli ottenuti partendo dagli elementi originari.
Infine l'imballaggio di vetro viene portato negli impianti di imbottigliamento, rivenduto presso la rete distributiva nei negozi e quindi comprato dai consumatori che danno nuovamente inizio al ciclo di recupero.
2.5.2.1 La raccolta
L’impiego della campana verde, di capacità pari a 2 o 3 metri cubi, dislocata in vari punti della città e attraverso i cui fori calibrati di diametro di 20 cm passano le bottiglie vuote, è il sistema più conosciuto e diffuso per la raccolta differenziata del vetro. I contenitori da recuperare vengono depositati nelle campane direttamente dai consumatori, siano essi cittadini o imprese commerciali, o ritirati attraverso appositi servizi di raccolta porta a porta, sistema, quest’ultimo, che, grazie all’impiego di speciali bidoni di piccole dimensioni, poco ingombranti, si sta diffondendo soprattutto presso bar, ristoranti e abitazioni nei centri storici. Circa la metà del materiale ritirato dai Comuni convenzionati proviene appunto dalla raccolta monomateriale del vetro mediante campane stradali; con esiti, da un punto di vista qualitativo, adeguati alle necessità tecnologiche dell’industria del riciclo.
Di contro, esistono diversi problemi con il materiale proveniente da altre tipologie di raccolta, in particolare quelle “multimateriale”, diffuso principalmente nelle città del Centro
e del Sud Italia, che necessariamente richiedono la preselezione dei materiali. Come è noto, il processo di preselezione è generalmente svolto secondo il principio dell’estrazione degli altri imballaggi dal vetro; questo comporta che il vetro preselezionato rimanga inquinato da tutti i materiali estranei (rifiuti, ceramica, etc.) non intercettati con le operazioni di cernita. Ad aggravare ulteriormente la situazione è l’elevata produzione di frazione fine <15mm che non può essere riciclata come rottame “pronto al forno” e va recuperata alternativamente, con ulteriori processi, o smaltita in discarica. Questo processo di autoproduzione è dovuto alle numerose movimentazioni cui è sottoposto il materiale, conseguente all’utilizzo sempre più diffuso degli auto-compattatori per lo svolgimento delle operazioni di vuotatura dei contenitori, nonché della operazioni aggiuntive di scarico e carico.
Per lo svuotamento delle campane si utilizza di solito un apposito veicolo con cassone dotato di braccio di sollevamento. La frequenza di svuotamento deve essere regolare e tale da evitare l’accumulo di materiale depositato all’esterno delle campane. Il braccio di sollevamento deve essere inoltre possibilmente dotato di un sistema automatico di pesatura del contenuto. La capacità del cassone è pari a circa 30 metri cubi e la capacità di carico è di circa 11 tonnellate.
A volte, però, a causa delle notevoli distanze che separano l’area di raccolta dall’azienda di trattamento, possono essere previste aree di raccolta o silos per lo stoccaggio intermedio, munite di adeguati sistemi di svuotamento. Aree che devono essere costruite in un luogo che consenta agevoli operazioni di carico e scarico, in prossimità del centro della zona servita dalla raccolta differenziata [7].
2.5.2.2 Iconferimentiimpropri:origine,caratteristiche, effetti
Nella produzione del vetro la presenza di sostanze estranee o di sostanze non completamente fuse per insufficienza di tempo e/o temperatura, può danneggiare sia il forno che il prodotto finito. In particolare [2]:
- i materiali ceramici, provenienti da stoviglierie e vasellame in ceramica che erroneamente vengono introdotti nei cassonetti di raccolta, anche in pezzature ridotte (inferiori ai 10 mm), possono originare infusi sul contenitore, poiché essendo prodotti con impasti di argille caolinitiche e sabbie feldspatiche, sono altofondenti alla stregua dei materiali refrattari e quindi solo parzialmente eliminabili durante il processo di fusione;
- le pietre possono inquinare il rottame durante le varie movimentazioni nei piazzali e trasferimenti via camion, prima di giungere in vetreria. Sono difficilmente fusibili anche se in granulometria fine (1-2 mm per la sabbia e il granito, 0,1-0,2 mm per le cromiti) quindi, pur essendo presenti in quantità modeste, possono causare preoccupanti ondate di infusi e colorazioni indesiderate sul prodotto finito;
- impurezze metalliche magnetiche, sfuggite al separatore magnetico, provenienti soprattutto dalla rete metallica contenuta all'interno del vetro retinato e dalle capsule metalliche dei contenitori per bibite;
- impurezze metalliche non magnetiche provenienti dalle etichette metalliche a base di piombo, dalle capsule in alluminio o rame dei flaconi per medicinali.
Il danno più grave che arrecano gli inquinanti metallici introdotti nel forno con il rottame, oltre al difetto sul contenitore, è costituito dalla corrosione, esercitata dalle leghe metalliche che si depositano sul fondo, nei confronti dei materiali refrattari della suola della vasca di fusione che, a causa di ciò, può talvolta venir forata da parte a parte in più punti.
La percentuale di rottame utilizzabile nella miscela e la qualità dei prodotti lavorati finiti dipendono perciò dallo standard qualitativo di partenza del rottame e dalla fase di trattamento che lo stesso materiale subisce per arrivare ad essere utilizzato in vetreria.
Se il primo aspetto conduce inevitabilmente a considerazioni in merito alle modalità della raccolta il secondo ha spinto le aziende del settore vetrario (riciclatori e vetrerie) a richiedere la collaborazione di società operanti nel campo dell'elettronica applicata ai processi di cernita (industria mineraria, alimentare, materie plastiche) per risolvere l'annoso problema della separazione dei diversi inquinanti dal vetro di recupero ed, in particolare, dei corpi opachi (ceramica, vetro-ceramica, pietre). Infatti, mentre lo stato dell'arte delle attrezzature di separazione di metalli magnetici ed amagnetici non costituisce un limite tecnologico alla nobilitazione del rottame, discriminante è invece l'efficienza di cernita dei corpi opachi.
2.5.2.3 Il trattamento e la selezione
Prima del riciclaggio, il vetro raccolto deve essere sottoposto ad un’operazione di selezione presso un impianto di trattamento specializzato. Il rottame proveniente dalle raccolte differenziate urbane ed industriali del vetro è processato in appositi impianti di trattamento, ove dopo le fasi di eliminazione dei rifiuti e materiali metallici, è sottoposto ad un'ulteriore cernita automatica finalizzata alla separazione degli inerti opachi (ceramica, porcellana e pietre).
L'impianto di trattamento viene alimentato da una pala meccanica che carica una tramoggia polmone. Un vibroalimentatore ed un nastro trasportatore provvedono a caricare, in continuo, il materiale da trattare.
La prima lavorazione consiste in una cernita manuale, volta ad eliminare i corpi estranei di grosse dimensioni.
Successivamente il vetro viene vagliato per suddividerlo in 2 o 3 frazioni che vengono sottoposte ad una nuova cernita manuale per rimuovere frammenti di ceramica, porcellana, pietre, corpi metallici, plastica, etc.
Nella fase successiva avviene la frantumazione delle frazioni grossolane; gli impianti in questione devono operare senza produrre eccessive quantità di polvere di vetro e garantire la completa assenza di frammenti di grosse dimensioni. Quindi, il materiale è trattato con elettrocalamite e/o con magneti al neodimio, per rimuovere i corpi magnetici presenti.
Il rottame viene di seguito sottoposto ad un’ulteriore selezione tramite aspirazione per allontanare i corpi leggeri (carta, alluminio, legno, etc.) che vengono raccolti ed abbattuti da un ciclone.
Il materiale è poi ulteriormente trattato da macchine automatiche in serie capaci di individuare e scartare i corpi metallici non ferrosi (alluminio, piombo, rame) e i corpi opachi presenti, consentendo lo scarto di prodotti non fusibili quali ceramica, vetroceramica, porcellana, sassi, etc.
L'ultima fase del processo è una definitiva cernita manuale per eliminare i piccoli residui di ceramica, pietre e metalli ancora presenti malgrado le precedenti operazioni [6].
2.5.2.4 Stato attuale delle tecnologie di selezione dei corpi opachi
Il passaggio più delicato e che genera la maggior quantità di vetro scartato è quello di selezione dei corpi opachi come ceramica, vetroceramica, laterizi e sassi. Delle quantità di rottame scartate nella fase di selezione dei rifiuti di imballaggio in vetro di provenienza urbana, circa il 70% sono rappresentate dagli scarti della macchina per la selezione ottica della ceramica ed il restante quantitativo è costituito dal cosiddetto rottame “fine”, ovvero dal sottovaglio della frazione inferiore a 15 mm di diametro, che viene scartato in testa agli impianti di recupero deputati al trattamento [6].
Alcune aziende hanno sviluppato delle macchine capaci di individuare la presenza di questi inquinanti e di espellere gli stessi con la massima precisione possibile; va puntualizzato comunque che, allo stato attuale, tali apparecchiature garantiscono un buon rendimento di eliminazione dei corpi opachi quando questi presentano dimensioni superiori a 10 mm.
I modelli oggi disponibili sul mercato possono essere suddivisi in due grandi famiglie: quelli che non richiedono in modo tassativo il lavaggio preliminare del rottame e quelli che lo richiedono. II principio di funzionamento di tali apparecchiature è molto simile, tutte infatti sfruttano la mancanza di trasparenza alla luce tipica degli inquinanti che si vuole individuare e rimuovere (ceramica, pietre, metalli ed altro) [7].
Quello che li differenzia, anche all'interno della stessa famiglia, è il tipo di luce utilizzato, il sistema di rilevazione adottato, le possibilità di regolazione ed il meccanismo di espulsione. Il rottame di vetro alimentato alla macchina viene omogeneamente distribuito, mediante un dispositivo vibrante, su di un piano inclinato costituito da una lastra di vetro. Scivolando su questa lastra il materiale attraversa la linea degli emettitori
luminosi e dei sensori. La presenza di corpi opachi viene immediatamente segnalata all'elettronica della macchina che provvede ad attivare il sistema di espulsione ad aria compressa, costituito da una serie di ugelli posizionati lungo la traiettoria di caduta del materiale. Allo stato attuale, tali apparecchiature garantiscono un buon rendimento nell'eliminazione dei corpi opachi quando questi presentano dimensioni comprese nell'intervallo 15-40 mm, mentre la capacità di separazione si riduce fortemente con il diminuire delle dimensioni degli inquinanti.
La sorgente luminosa può essere costituita da normali tubi al neon o da lampade alogene connesse a una serie di obiettivi capaci di focalizzare le immagini del flusso di rottame su appositi sensori. Con questo sistema il vetro con etichette viene normalmente scartato e la stessa sorte subisce anche il vetro opale e quello con colorazione molto intensa. Altri dispositivi utilizzano una sorgente laser, che risulta circa 250 volte più intensa rispetto ad altri sistemi di illuminazione e consente una maggiore capacità discriminatoria nei confronti di quegli inquinanti non particolarmente pericolosi, la cui eliminazione provocherebbe anche un aumento dello scarto di vetro buono (es. etichette di carta aderenti ai frammenti di vetro, vetri con colorazioni molto intense, etc.).
La corretta gestione delle macchine e una limitata presenza di inerti opachi nel rottame di vetro consentono di ottenere buoni risultati di selezione con limitate perdite di vetro (4-5% circa dell'immesso).
Tali apparecchiature però, non sono mai totalmente selettive e, gli scarti tipici che decadono da tale lavorazione sono funzione del tipo di materiale con cui viene alimentato l'impianto [7].
2.5.2.5 Il vetro "pronto al forno"
Le specifiche merceologiche che consentono di definire il vetro trattato non più un rifiuto ma una materia prima seconda, denominata commercialmente "pronto al forno", sono definite dal D.M. 05/02/98 [5] e costituiscono una condizione necessaria ma non sufficiente per l'accettazione in vetreria di tale materiale, come si evince dalle specifiche del Capitolato riportate nella Tabella n. 4 a seguire. Inoltre, è da prevedere che tali specifiche diventino sempre più restrittive, adattandosi così agli standard europei (molto più stringenti), coniugando il raggiungimento dell'obiettivo di riciclo proposto dal decreto "Ronchi" con la competitività sui mercati internazionali (certificazione dei processi produttivi e, in futuro, dei prodotti stessi).
Materiale
Specifiche merceologiche minime del vetro pronto al forno D.M.
05/02/98
Capitolato per l'accettazione del vetro in vetreria Vetro > 99,858% > 99,932% Metalli magnetici < 0,002% < 0,0005% Metalli amagnetici < 0,01% < 0,0015% Ceramica e porcellana < 0,01% < 0,008% Pietre < 0,02% < 0,008% Materiali organici < 0,1% < 0,05%
TABELLA N. 4 – Contenuti massimi di sostanze estranee nel vetro “pronto al forno” e all’accettazione in vetreria [6, 7]
Partendo da un materiale che ha mediamente circa l'1,2% di ceramica e l'8,7% tra altre impurità e rifiuti, se si vuole raggiungere i livelli minimi di qualità richiesti dalle indicazioni del D.M. 05/02/98 [5] (presenza di ceramica e porcellana non superiore allo 0,008% e rifiuti organici non superiori allo 0,05%), tali quantità devono essere ridotte rispettivamente di 150 e 174 volte.
Quindi, l’efficienza delle operazioni di selezione è nello stesso tempo condizione formale e sostanziale per il riciclo. Formale, perché il rottame che non possiede le caratteristiche minime stabilite è un “rifiuto” e come tale non può essere accettato in vetreria. Sostanziale, perché se non rispetta i valori qualitativi fissati non può essere utilizzato in vetreria come materia prima per nuove produzioni. È assolutamente necessario che la fase di trattamento possa avvalersi di tutta la migliore tecnologia per la selezione del vetro che oggi è disponibile e quindi le aziende che operano nel trattamento dovranno assolutamente fare, nel breve periodo, progressi notevoli. Infine questo tipo di impegno deve essere accompagnato da un significativo miglioramento della qualità del rottame grezzo fin dal conferimento.
2.5.2.6 La fusione e la produzione di nuovi contenitori
Le materie prime e il rottame di vetro trattato e selezionato vengono trasportati nell’impianto di produzione (vetreria) per la fusione nel forno. Qui, avviene l’invio della massa vetrosa alle macchine dove, tramite soffiatura negli appositi stampi, il materiale è trasformato in un nuovo contenitore. Dallo stampo finitore le bottiglie passano nel forno di ricottura, per essere poi sottoposte a un attento controllo qualitativo prima del confezionamento [6].
2.5.2.7 L’imbottigliamento
Il prodotto finito viene quindi venduto alle aziende di imbottigliamento che, dopo averlo riempito del loro prodotto (vino, birra, olio, acqua, etc.), lo inviano alla rete di vendita
(commercianti, grande distribuzione, etc.) e ai consumatori, i quali danno poi nuovamente inizio al ciclo di recupero [6].
2.5.2.8 Ottimizzazione del sistema di raccolta
La riduzione della quantità di rifiuti avviati a smaltimento nella fase di gestione postconsumo degli imballaggi, ovvero che viene persa nelle operazioni di selezione e trattamento, avviene attraverso l’ottimizzazione del sistema di raccolta adottato.
Le analisi merceologiche svolte in questi anni assieme ai gestori locali della raccolta hanno sempre confermato che il livello qualitativo del vetro raccolto peggiora al crescere delle variazioni apportate al modello ottimale: le impurità aumentano passando dalla raccolta monomateriale al conferimento congiunto di due o più materiali, ovvero passando dalla campana al cassonetto domiciliare utilizzato nella raccolta "porta a porta".
Nelle Figure n. 4, 5, 6 e 7 sono riportati i valori riscontrati con le indagini merceologiche svolte dal CO.RE.VE. sulle percentuali di vetro che va a buon fine e quanto se ne perde nelle singole operazioni di trattamento a seconda dei diversi sistemi di raccolta utilizzati nel nostro paese: la raccolta monomateriale del vetro tramite campane, la raccolta vetro e lattine nei due sistemi normalmente adottati (campane e “porta a porta”), la raccolta multimateriale.
FIGURA N.4– Percentuale di vetro derivante dalla raccolta monomateriale con campana che va a buon fine e percentuale che viene scartato nelle varie fasi di pulizia [7]
FIGURA N.5–Percentuale di vetro derivante dalla raccolta vetro e metallo con campana che va a buon fine e percentuale che viene scartato nelle varie fasi di pulizia [7]
FIGURA N.6–Percentuale di vetro derivante dalla raccolta “porta a porta” di vetro e metallo che va a buon fine e percentuale che viene scartato nelle varie fasi di pulizia [7]
FIGURA N. 7 – Percentuale di vetro derivante dalla raccolta multimateriale che va a buon fine e percentuale che viene scartato nelle varie fasi di pulizia [7]
Nella lavorazione del vetro grezzo si producono degli scarti (frazioni estranee più vetro perso con la selezione) la cui quantità è funzione della qualità del vetro grezzo in ingresso all'impianto di recupero/trattamento; la qualità del vetro grezzo è a sua volta condizionata dal tipo di sistema utilizzato dal gestore per la raccolta del vetro.
Prima di passare all’esame dei dati è opportuna una breve premessa per spiegare come nel caso della raccolta differenziata del vetro la differenza tra “presenza di frazioni estranee” e “scarti” sia dal punto di vista quantitativo assolutamente sostanziale. Con “presenza di frazioni estranee” si intende “l’insieme dei materiali diversi dal vetro” che vengono riscontrati con l’analisi merceologica effettuata sul materiale appena raccolto. Gli “scarti” sono invece i rifiuti che decadono dall’impianto di selezione del vetro, cioè tutto ciò che non diventa “rottame di vetro pronto al forno”: quando le apparecchiature di selezione intervengono per rimuovere degli inquinanti intercettano anche del vetro, quindi gli scarti sono costituiti dalle frazioni estranee più il vetro espulso assieme a queste.
Negli scarti va inoltre inclusa la quantità di fine prodotta nelle fasi di raccolta, trasporto e movimentazione del materiale da selezionare, cioè quella quota di materiale costituita in genere da vetro e altri inerti (ceramica, sassi, etc.) con pezzatura inferiore ai 15 mm, che, attraverso un’apposita vagliatura, viene eliminata fin nelle prime fasi della lavorazione, in quanto le macchine di cernita non sono in grado di operare in modo efficiente ed efficace al di sotto di questa granulometria.
La quantità di fine prodotta e conseguentemente scartata è funzione della cautela con cui viene manipolato il materiale sin dalla fase di raccolta. Generalmente tale valore si attesta sul 30% del totale del rottame di vetro scartato. Va da sé che l’impiego di autocompattatori, come pure le operazioni di preselezione del materiale, sono pratiche che inducono la formazione di notevoli quantità di fine [7].
Le quantità di vetro che si perdono, in funzione delle diverse tipologie di impurità e le quantità che giungono a buon fine cioè diventano “pronto al forno” in funzione dei sistemi di raccolta attivati nel nostro paese è riepilogata nella Tabella n. 5 qui di seguito.
Presenza di frazioni estranee in peso ai sensi del D.M. 4/8/99 (materiali diversi dal vetro raccolti assieme a quest'ultimo) in % sul totale raccolto
Scarti della fase di selezione/trattamento in % sul totale raccolto Vetro a buon fine in % sul totale del vetro raccolto Sistema Frazioni
estranee [%] Totale di cui vetro
Vetro a buon fine [%]
Campana solo vetro 1,75% 5,80% 4,05% 96%
Campana vetro e metallo 4,45% 12,00% 7,55% 92%
Porta a porta vetro e metallo 9,90% 28,60% 18,70% 79% Contenitore multimateriale per
vetro, metallo e plastica 27,20% 52,80% 25,60% 65%
TABELLA N.5–Quantità di vetro che va a buon fine, cioè diventa "pronto al forno", in funzione dei sistemi di raccolta attivi nel nostro paese [2, 6, 7]
2.5.3 I risultati
In Italia una bottiglia su due viene prodotta utilizzando esclusivamente vetro recuperato di provenienza nazionale.
La raccolta tramite campane è la principale forma di recupero del vetro. Nella graduatoria ambientale per quantità assolute di vetro riciclato il nostro Paese occupa il terzo posto in Europa, dietro Germania e Francia. Si posiziona, inoltre, nelle prime file della classifica relativa al tasso di riciclo, ossia per la percentuale di vetro riciclato sul totale immesso al consumo.
La serie storica dei risultati di riciclo dei rifiuti da imballaggio in vetro nel periodo 1998-2006 (Figura n. 8) mostra un trend di crescita costante, infatti, in otto anni il tasso di riciclo è passato dall’iniziale 39% del 1998 al 58,9% registrato a fine 2006 su un totale di imballaggi immessi in consumo per questo anno di 2.133.322 tonnellate.
FIGURA N. 8 – Serie storica dell’andamento del tasso di riciclo dall’anno 1998 al 2006 [8]
Per gli anni 2007 e 2008 non sono noti i risultati reali ma solo una stima di previsione che vede sempre un trend positivo anche se in leggero calo, comunque in linea con il programma per il raggiungimento dell’obiettivo del 60% fissato al 2008 dal D.Lgs. 152/06 (Figura n. 9).
FIGURA N. 9 – Previsioni del tasso di riciclo per gli anni 2007 e 2008 [8]
L’andamento della raccolta di rifiuti d’imballaggio in vetro nel periodo 2000-2006 (Figura n. 10) mostra un aumento anche nell’ultimo anno pari allo 0,9% raggiungendo il valore complessivo di 1.385.000 tonnellate.
FIGURA N. 10 – Andamento della raccolta di imballaggi in vetro dal 2000 al 2006 [8]
E qui di seguito (Figura n. 11) si riportano i dati relativi alla raccolta di rifiuti da imballaggio in vetro suddivisi per macro-aree e per ognuna in raccolta consortile (CO.RE.VE.) e complessiva.
FIGURA N. 11 – Raccolta di imballaggi in vetro suddivisa per macroaree [8]
Il vetro raccolto si divide in tre categorie differenti in base alla presenza o meno di colorazioni differenti: misto, mezzo bianco e bianco.
Nella Tabella n. 6 si riporta la suddivisione in percentuale del vetro raccolto e trasformato in pronto al forno per l’anno 2006 per le tre categorie.
Tipologia di rottame di vetro
% di rottame riciclato sul totale
Forni che riciclano il rottame di vetro
Misto 79,2% 19
Mezzo Bianco 19,2% 13
Bianco 1,6% 5
Totale 100% 37
TABELLA N. 6 – Dati sulla diversificazione del vetro raccolto in Italia nel 2006 elaborati dal Gruppo C.S.A. (Centro Studi Ambientali) S.p.A. di Rimini [7]
Si nota chiaramente una grande prevalenza del vetro misto rispetto alle altre due qualità dovuto al fatto che in Italia non si effettua la raccolta differenziata per colore ma solo mista. Questo comporta uno sbilanciamento nel mercato in quanto la produzione di vetro colorato rappresenta solo il 50% della produzione totale e quindi per dare uno sbocco a questa porzione di vetro ci si deve assolutamente avvalere di impieghi alternativi al riciclo del rottame in vetreria, (come, ad esempio, l’impiego in edilizia, nelle pavimentazioni stradali, nell’industria ceramica o dei laterizi, etc.) ovvero esportarlo all’estero.
Sarebbe quindi importante, come già avviene, e con ottimi risultati, in altri paesi Europei, avviare in alcune grandi città la raccolta differenziata separata per colore: vetro colorato (verde e giallo), vetro incolore (bianco o mezzo bianco), così da ribilanciare la quota tra i rottami di vetro bianco raccolto ed i contenitori bianchi prodotti nel nostro paese.
Come si è gia detto, nella lavorazione del vetro grezzo si producono degli scarti (frazioni estranee più vetro perso con la selezione) la cui quantità è funzione della qualità del vetro grezzo in ingresso all’impianto di recupero/trattamento; la qualità del vetro grezzo è a sua volta condizionata dal tipo di sistema utilizzato dal gestore per la raccolta del vetro.
Nel 2006, a fronte di 1.325.000 tonnellate raccolte nei centri urbani in modo differenziato, proprio in conseguenza della diffusione di sistemi di raccolta diversi da quello ottimale, sono state valorizzate, cioè riciclate in vetreria come rottame “pronto al forno”, circa 1.196.000 tonnellate.
La differenza, pari a circa 129.000 tonnellate, non è andata a "buon fine" e cioè non è stata riciclata in vetreria come rottame “pronto al forno”, bensì è diventata parte dello scarto in uscita dagli impianti di trattamento del vetro. Tali scarti, si possono oggi parzialmente recuperare con ulteriori trattamenti e costi aggiuntivi, favorendone il successivo impiego in diversi settori produttivi ed evitandone il più possibile lo smaltimento finale in discarica. Va però evidenziato che, dal punto di vista ambientale ed economico, le risorse impiegate in tali operazioni di seconda valorizzazione vanno subordinate alla produzione di rottame di vetro “pronto al forno” di qualità e si giustificano esclusivamente quale alternativa al conferimento in discarica e come integrazioni di cicli ed attività produttive già esistenti, ma non a ciò espressamente dedicate. Se, viceversa, le 1.325.000 tonnellate intercettate fossero state raccolte con il sistema che il D.M. 04/08/99 [9] definisce ottimale (la raccolta monomateriale con campane stradali), sarebbero andate direttamente a buon fine più di 1.270.000 tonnellate, con una minima produzione di scarti (~55.000 tonnellate) facilmente assorbibili dalla capacità ricettiva delle attuali alternative di recupero scarti [7].
2.5.4 Ricerca e Sviluppo
Il rottame di vetro proveniente dalla raccolta differenziata nazionale è prevalentemente costituito da rifiuti di imballaggio di colore misto. Tali rifiuti vengono avviati a riciclo nelle vetrerie, in sostituzione delle materie prime tradizionali, successivamente alla loro valorizzazione a materia prima seconda, commercialmente nota come rottame di vetro “pronto al forno” (secondo i parametri riportati al punto 2.1.3 dell’allegato1, suballegato 1, del D.M. 05/02/98 [5]), effettuata in impianti di trattamento ad hoc che provvedono alle operazioni di selezione meccanica, manuale ed automatizzata delle frazioni estranee.
Le attuali esigenze qualitative nella produzione di imballaggi in vetro inducono ad un miglioramento spinto delle specifiche merceologiche utilizzate negli odierni Capitolati per l’accettazione in vetreria del rottame “pronto al forno” (ben al di là delle caratteristiche qualitative minime sancite dal disposto di cui sopra) che purtroppo mal si conciliano con il costante peggioramento qualitativo riscontrabile nei rifiuti di imballaggio in vetro provenienti dalla raccolta differenziata nazionale.
Per queste ragioni negli ultimi anni la produzione degli scarti vetrosi che decadono dalle operazioni di nobilitazione del rottame proveniente dalla raccolta urbana in ingresso agli impianti di trattamento ha registrato un continuo e progressivo aumento.
Tali scarti sono costituiti dalle frazioni “fini”, con granulometria inferiore a 1,5-1 cm, inquinate da granuli di ceramica e caratterizzate da un alto tenore di inquinanti organici e dal rottame, più grossolano, anch’esso inquinato da frammenti ceramici e risultante dalle operazioni di scarto dei selettori ottici dei corpi opachi negli impianti di recupero del vetro. Gli impianti di trattamento dei rifiuti di imballaggio in vetro provenienti dalla raccolta differenziata sono da anni impegnati nella riduzione della quantità di scarti di vetro da smaltire in discarica.
Un importante successo conseguito in tale direzione è dovuto alla recente messa a punto di un processo innovativo che prevede la frantumazione e il lavaggio degli scarti vetrosi per il successivo reimpiego in diversi settori produttivi. Ciononostante, un quantitativo ancora significativo di questi scarti in vetro, quello proveniente dagli impianti di trattamento del Centro e del Sud, viene ancora oggi confinato in discarica. La possibilità di recuperare anche questi residui vetrosi permetterebbe di integrare il flusso tradizionalmente avviato al cosiddetto riciclo “chiuso” in vetreria, già ad alta resa, perseguendo anche le alternative di riciclo “aperto” più valide, ovvero in settori produttivi diversi da quelli cui originano i rifiuti.
Il rottame di vetro, proprio per le sue caratteristiche di materiale chimicamente inalterabile, ignifugo e meccanicamente resistente, può trovare un impiego diretto in sempre nuovi campi di applicazione.
Nell’ambito di queste attività, il vetro di scarto dimostra la sua impareggiabile efficacia come materiale fondente e stabilizzante soprattutto quando utilizzato nelle miscele di
rifiuti pericolosi come eternit, ceneri volanti da inceneritore, polveri di abbattimento fumi, fanghi di levigatura, scorie di acciaieria etc., se sottoposte a fusione per la produzione di materiale vetroso inerte.
A tal proposito, è sempre più significativa l’attività scientifica destinata alla ricerca di nuove applicazioni dei residui vetrosi provenienti, come scarto, sia dal trattamento del rottame derivante dalla raccolta differenziata urbana dei rifiuti di imballaggio, sia dai centri di recupero dei rottami di altri vetri, non da imballaggio.
Alcuni dei principali lavori scientifici realizzati per sviluppare e prevedere potenziali circuiti futuri di riciclo dei cascami di vetro, alternativi allo smaltimento finale in discarica, sono elencati qui di seguito [7]:
vetri cellulari;
materiali compositi a matrice vetrosa o vetroceramica da rifiuti industriali;
impiego degli scarti nel miglioramento delle caratteristiche di isolamento acustico dei blocchi di laterizio realizzati tramite impasti additivati con materiali di scarto ad elevato peso specifico;
scarti di rottame di vetro nei calcestruzzi e malte polimeriche;
inertizzazione di rifiuti industriali per la produzione di vetro-ceramiche dotate di elevata resistenza meccanica;
sabbia di vetro per la realizzazione di vetro colorato.
2.6 QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO SUL RICICLAGGIO DEL ROTTAME DI VETRO IN ITALIA L’interesse da parte della Comunità Europea riguardo alla gestione dei rifiuti nasce intorno alla metà degli anni ’70 quando, con la direttiva 75/442 CEE e le successive 78/319 CEE, 84/631 CEE, 90/639 CEE e 91/156 CEE, si avvia un programma politico i cui principali obiettivi risultano essere l’incremento della prevenzione e della riduzione dei rifiuti attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite, nonché l’introduzione sul mercato di prodotti riutilizzati o riciclati.
Nel 1992 i rifiuti da costruzione e demolizione (C&D), a seguito della loro rilevanza ambientale ed in funzione degli ingenti quantitativi prodotti, sono i primi a ricevere un riconoscimento formale e vengono inclusi tra i flussi di rifiuti considerati prioritari.
L’evoluzione della legislazione europea si è concretizzata in Italia con la legge quadro D.Lgs. 22/97 (noto come “Decreto Ronchi”) [4] la quale recepisce appunto le direttive 91/156 CEE sui rifiuti, 91/689 CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62 CEE sugli imballaggi e pertanto, adeguandosi alla strategia comunitaria, introduce nella gestione dei rifiuti italiana le seguenti priorità:
• recupero; • smaltimento.
Il D.Lgs 22/97 [4] prevede che, ai fini di una corretta gestione dei rifiuti, oltre ad adottare iniziative dirette a favorirne la prevenzione e la riduzione della pericolosità, sia favorita anche la riduzione dello smaltimento dei rifiuti stessi attraverso il reimpiego ed il riciclaggio e altre forme di recupero per ottenerne materie prime.
Al Capo IV del decreto viene invece definito l’iter da seguire per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti e le autorizzazioni necessarie per la realizzazione di impianti di ricerca e sperimentazione. Negli art. 31 e 33 sono definite le procedure semplificate per l’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti.
In merito a ciò è stato emanato successivamente il D.M. 05/02/98 [5], con il quale si stabilisce che le attività e i procedimenti tesi al riciclaggio ed al recupero dei rifiuti non pericolosi, debbano garantire materie prime, o materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa di settore e nelle forme usualmente commercializzate. Inoltre i rifiuti provenienti dal recupero e dal riciclaggio non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie derivanti dall’utilizzo di materie prime vergini.
Al punto 2 del suballegato 1, allegato 1, intitolato “norme tecniche generali per il recupero di materia dai rifiuti non pericolosi”, vengono trattati i così detti “rifiuti di vetro in forma non dispersibile”.
Si specificano in particolare gli aspetti qui di seguito trattati. La tipologia dei rifiuti deve essere:
- imballaggi, codice identificativo [170202];
- vetro di scarto ed altri rifiuti e frammenti di vetro, codice identificativo [200102]; - rottami di vetro, codice identificativo [160208].
La provenienza di tali rifiuti deve essere dalla raccolta differenziata in appositi contenitori e/o altre raccolte differenziate, da selezione da RSU (Rifiuti Solidi Urbani) e/o RAU (Rifiuti non pericolosi Assimilati agli Urbani), da attività industriali, artigianali, commerciali e di servizi e da autodemolizioni autorizzate ai sensi del decreto legislativo 5 Febbraio 1997, n° 22 [4], e successive modifiche e integrazioni.
Viene stabilita la caratteristica del rifiuto, limitandola al solo vetro di scarto non radioattivo, ai sensi del D.Lgs. 17 Marzo 1995, n° 230 [10], con l’esclusione quindi dei vetri da tubi raggio-catodici delle lampade a scarica ed altri vetri contaminati da sostanze radioattive e dei contenitori etichettati come pericolosi ai sensi della Legge 29 Maggio 1974, n° 256 [11], D.P.R. 24 Maggio 1988, n° 223 [12], e successive modifiche e integrazioni.
Molto importanti sono le possibili attività di recupero consentite: a) recupero diretto nell’industria vetraria;
b) messa in riserva per la produzione di materie prime secondarie per l’industria vetraria mediante cernita manuale, vagliatura, frantumazione e/o macinazione, separazione metalli magnetici, asportazione dei materiali leggeri, separazione automatica metalli non magnetici, separazione automatica corpi opachi, per l’ottenimento di rottame di vetro pronto al forno con le seguenti caratteristiche: - Pb < 0,3 ppm sull’eluato effettuato in base ai criteri riportati nel relativo Allegato
3;
- contenuto massimo di impurità come già riportato in Tabella n. 4;
c) messa in riserva per la produzione di materie prime secondarie per l’edilizia, per la formazione di rilevati e sottofondi stradali, riempimenti e colmature, come strato isolante e di appoggio per tubature, condutture e pavimentazioni anche stradali e come materiale di drenaggio mediante cernita manuale, vagliatura, frantumazione e/o macinazione, separazione metalli magnetici, asportazione dei materiali leggeri, separazione automatica metalli non magnetici, separazione automatica corpi opachi, analisi del contenuto in metalli pesanti e verifica dei limiti di cui al test di cessione effettuato sul rifiuto tal quale secondo il metodo in allegato 3 al presente decreto;
Infine vengono specificate le caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti:
a) manufatti in vetro;
b) materie prime secondarie conformi alle specifiche merceologiche fissate dalle CCIAA (Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura) di Roma e Milano destinate alla produzione di vetro, carta vetro e materiali abrasivi nelle forme usualmente commercializzate;
c) materie prime secondarie per l’edilizia.
Il D.M. 05/02/98 [5] ha il merito, per la prima volta in Italia, di identificare il rifiuto di vetro, indicandone la tipologia, la provenienza, le caratteristiche e le possibili attività di recupero, la possibilità di impiego in “pavimentazioni anche stradali”, oggetto del presente studio.
D’altro canto le verifiche analitiche previste dal D.M. 05/02/98 [5], sui campioni di vetro di scarto della macchina per la rimozione degli elementi opachi e del vetro di scarto “fine” hanno evidenziato che:
- per entrambe le tipologie di materiale vengono sempre rispettati i limiti di cessione previsti per i metalli pesanti;
- il parametro del COD (Domanda Chimica di Ossigeno) eccede sempre il limite di 30 mg/l previsto dal test di cessione di cui all’Allegato 3 del D.M. 05/02/98 [5] ma questo perché il metodo analitico ed il relativo limite di riferimento, previsti da tale decreto, sono scientificamente inadeguati. Utilizzando sistemi di indagine e parametri di riferimento scientificamente corretti si giungerebbe a risultati differenti: la frazione di scarto “fine” infatti, potrebbe essere utilizzata “tal quale”, ovvero senza dover subire alcuna propedeutica operazione di pulizia, mentre per l’altra frazione sarebbe sufficiente un’adeguata aspirazione delle componenti inquinanti “leggere”.
Pertanto, già dal ‘98 esistevano i presupposti tecnologici per l’impiego degli scarti nel settore dell’edilizia e dell’ingegneria civile, se non fosse stato per gli ostacoli normativi vigenti che di fatto hanno impedito senza ragione alcuna l’avvio al recupero di tale materiale in attività di trattamento degli inerti che operano in regime di procedura semplificata.
Fino al 2006 l’unica alternativa consentita in virtù della disciplina vigente è stata quella di trattare questi materiali secondo le procedure di recupero, ai sensi dell’ex art. 28 del D.Lgs. 22/97 [4] e ss.mm.ii, consistenti in un trattamento di lavaggio e condizionamento.
Il D.M. 05/04/06 [13] è intervenuto per eliminare questa inutile restrizione, sostituendo il test di cessione a 16 giorni con il test riportato nell’appendice A della norma UNI 10802 secondo la metodica prevista dalla norma UNI EN 12457-2. La differenza tra i due test che ha consentito quindi l’uso “tal quale” degli scarti di rottame di vetro è consistita essenzialmente in una riduzione della durata del test da 16 giorni a 24 ore mentre sono stati lasciati inalterati i limiti di concentrazione delle varie sostanze.
In ambito locale la Regione Toscana, in attuazione dell’art. 22 del D.Lgs del 05/02/97 n° 22 [4] che prevede la predisposizione delle Regioni del Piano di gestione dei rifiuti, ha provveduto ad elaborare il Piano Regionale e contestualmente, con specifiche indicazioni contenute nella L.R. 18 Maggio 1998 n° 25 [14], ha voluto sviluppare e dare profilo alle disposizioni già contenute nel Decreto Ronchi in merito alle misure e azioni da adottare per promuovere l’espansione e incentivare i mercati del recupero. È doveroso segnalare che nell’ambito della presente legge è stato previsto che in atti successivi la Giunta Regionale dovesse provvedere alla determinazione di norme e condizioni tali che nei Capitolati per appalti pubblici di opere, di forniture e di servizi, potesse essere favorito l’uso di residui recuperabili.
In merito a ciò, con il decreto della Giunta Regionale n° 265 del 28 Luglio 1998 [15] vengono definite le clausole che devono essere obbligatoriamente riportate nei bandi di gara per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico finanziate in tutto o in parte dalla Regione. Ovvero:
a) le offerte dei concorrenti devono prevedere l’impiego di una percentuale minima dei materiali di recupero (materiali da costruzione e demolizione) pari al 15% dei materiali da costruzione o da riempimento da utilizzare;
b) l’utilizzo dei materiali di cui al punto precedente, in misura superiore alla suddetta percentuale minima, deve costituire uno dei parametri per l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa;
c) a parità di condizione si deve preferire l’offerta che propone la più alta percentuale di impiego dei materiali suddetti.
Successivamente in ambito nazionale abbiamo la legge n° 448 del 28 Dicembre 2001 [16], con la quale all’art. 52 si prevede che, con Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con l’attività dei Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, siano stabilite le metodologie di calcolo, nonché la definizione di materiale riciclato, affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo.
Tale Decreto risulterà essere il n° 203 dell’8 Maggio 2003 [17], con il quale si individuano le regole e le definizioni affinché le Regioni adottino le disposizioni sopra menzionate le quali, a loro volta, saranno destinate agli enti pubblici ed alle società a prevalente capitale pubblico e di gestione dei servizi. Il Decreto inoltre introduce importanti definizioni, tra le quali:
Materiale riciclato: un materiale che sia realizzato utilizzando rifiuti derivanti dal post-consumo nei limiti in peso imposti dalle tecnologie impiegate per la produzione del materiale medesimo;
Manufatti e beni ottenuti con materiale riciclato: un manufatto o un bene realizzato con una prevalenza in peso di materiale riciclato;
Categorie di prodotto: tipologie di manufatti e beni ottenuti con materiale riciclato. Con il presente Decreto inoltre viene istituito il Repertorio di Riciclaggio (RR) il quale contiene:
l’elenco dei materiali riciclati;
l’elenco dei manufatti e beni in materiale riciclato, indicandone l’offerta, la disponibilità e la congruità del prezzo.
Il Decreto stesso stabilisce le diverse modalità nel caso in cui un soggetto voglia richiedere l’iscrizione al repertorio di un materiale, oppure di un manufatto o un bene. Tale Repertorio inoltre è tenuto e reso pubblico a cura dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti (ONR).