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CAPITOLO 1: CENNI STORICI
1.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E STORICO
La configurazione attuale della zona attorno al Lago di Massaciuccoli è il risultato di
una lenta trasformazione geologica.
I geologi individuano in questa zona di costa tirrenica la presenza di una fossa
tettonica generatasi nel Miocene superiore, da 12 a 5,2 milioni di anni fa. In questo
periodo la fossa versiliese-pisana era un grande bacino di acque dolci, durante il
Pliocene ed il pleistocene inferiore, da 5,2 a 0,8 milioni di anni fa, la fossa era stata
ormai raggiunta dal mar Tirreno e sul suo fondo iniziarono a depositarsi sedimenti
marini.
Eseguendo un carotaggio nel suolo di Versilia e della piana pisana, è possibile
evidenziare l’alternarsi delle diverse fasi geologiche, osservando le sovrapposizioni
di sedimenti di varia natura: lacustre, lagunare o marina, fluviale.
Il meccanismo di formazione della laguna è quello di uno stagno retro dunale ed è
direttamente collegato al movimento delle maree che origina la formazione di un
sistema dunale; questa tipologia di evoluzione riguarda il Lago di Massaciuccoli,
anche se fin dall’inizio della sua condizione lagunare è andato ad occupare un’ampia
depressione che ha alloggiato un vasto corpo idrico.
L’attuale Lago di Massaciuccoli è quanto resta di un’ampia area umida che in
passato rappresentava un complesso lagunare che ancora in epoca romana si
estendeva dai monti d’oltre Serchio fino a quello che al tempo si chiamava fiume di
Camaiore.
Lo specchio d’acqua sembra si fosse delineato già 5000 anni fa, quando un mare più
caldo dell’attuale lambiva le pendici dei colli versiliesi.
Con l’affluire di sedimenti e l’avanzare della piana alluvionale e delle dune sabbiose,
la tipologia dell’attuale Massaciuccoli si è venuta definendo, passando da baia
lagunare a grande stagno retrodunale quale oggi si presenta come si può vedere dalla
Figura 1.
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Figura 1: Carta geomorfologica della Pianura Settentrionale Pisana
L’analisi stratigrafica derivante dall’analisi di sondaggi esistenti mostra quanto già
specificato ovvero un’alternanza di depositi superficiali sabbiosi o limoso sabbiosi
che si alternano a depositi impermeabili, mentre a profondità maggiori si trovano
depositi continentali più grossolani ed eterogenei.
Il lago è esteso su uno specchio d’acqua della superficie di 13 kmq, con un bacino
idrografico di 114 kmq e con un bacino idrogeologico di 170 kmq. Questa differenza
è dovuta alla presenza all’esterno del margine orientale del bacino idrografico di
formazioni geologiche caratterizzate da alternanza di calcari e marne, con una
presenza di arenarie e argille, con strutture tettoniche che favoriscono il drenaggio
delle acque infiltrate verso il lago. La profondità delle acque del lago nella parte
centrale non raggiunge i 2,5 metri, con una media di 1,6 metri circa. Fanno eccezione
le aree scavate per l’estrazione della torba e della sabbia silicea; quest’ultima attività
nel XVIII secolo passò su scala industriale per essere destinata agli opifici di
Seravezza per la segagione del marmo. Questa attività, cessata da oltre 10 anni, ha
determinato profondità superiori ai 20 metri. Il lago è in parte delimitato da argini
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che si sviluppano per una lunghezza di circa 16 km e che raggiungono in altezza la
quota di 0,50-0.6 m s.l.m.
L’altezza di questi dal piano di campagna esterno è variabile, in funzione della
morfologia e della quota del terreno, fino a circa 3 – 4 metri. Il lago è circondato da
un'area umida palustre marginale, denominata Padule di Massaciuccoli, della
superficie di 15 kmq, inclusa all’interno degli argini del lago e delimitata verso ovest
dalla duna costiera, residuo di quella che anticamente caratterizzava buona parte
della pianura versiliese e di cui si ha notizia già a partire dal XV secolo quando si
estendeva dal fiume Camaiore fino al fiume Serchio.
L'area appena descritta rappresenta un'ampia conca naturale al centro della quale si
trova appunto il lago di Massaciuccoli, collegato al mare mediante alcuni fossi,
confluenti in un emissario naturale, il canale Burlamacca, che sfocia nel porto di
Viareggio. A partire dal 1741 i deflussi del Burlamacca sono regolati da un'opera
idraulica consistente in cateratte note con il nome di " Porte Vinciane", il cui scopo è
quello di consentire il deflusso naturale delle acque del lago verso il mare e di
impedirne il flusso contrario.
Interratosi nel tempo, l’altro emissario naturale rappresentato dal canale della
Bufalina è stato recentemente riattivato, con funzionamento intermittente, mediante
l’installazione di una pompa idrovora che allontana le acque in eccesso dal lago
quando, in occasione di eventi meteorici particolarmente gravosi, il livello del lago si
innalza oltre la soglia di sicurezza, identificata con la quota di 0,40 metri s.l.m.
Unico immissario al lago è il canale Barra-Barretta che raccoglie sia le acque alte che
parte delle acque di bonifica precedentemente sollevate, e che si immette nella parte
a sud del lago, nella parte della bonifica Massaciuccoli-pisana.
Il territorio pianeggiante contiguo allo specchio lacustre e alle aree palustri
circostanti è stato parzialmente modificato da un'opera di bonifica meccanica,
iniziata già a partire dal secolo XVIII e proseguita in maniera più consistente nei
primi decenni del XX secolo, tanto allo scopo di combattere la malaria quanto con
l’intento di acquisire terreni fertili per l'agricoltura. Le aree bonificate, riguardanti il
settore settentrionale e meridionale del territorio contiguo al lago, sono oggi gestite
dal Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli e sono interessate da attività
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agricole, agroflorovivaistiche e zootecniche. Questi terreni si trovano ad una quota
più bassa del livello medio marino e sono interessati da fenomeni di subsidenza
favoriti dal drenaggio delle acque operato dalla bonifica che, abbassando il livello
della falda, innesca l’inevitabile compattazione delle torbe superficiali. Per effetto
della bonifica il lago rappresenta pertanto un contenitore pensile e la superficie delle
sue acque, durante le piogge, può raggiungere quote superiori di alcuni metri sopra il
piano della campagna circostante generando problemi di stabilità degli argini.
I pochi corsi d'acqua naturali che alimentano il lago provengono in prevalenza dalle
colline orientali ai cui piedi è sito lo specchio d'acqua; gli apporti superficiali delle
fasce di dune poste fra il lago ed il mare sono trascurabili, mentre maggiore impatto
rivestono gli afflussi provenienti dai vari canali di bonifica sia a nord che a sud.
Oltre alle lavorazioni agricole il territorio è stato caratterizzato a partire dall’inizio
del ‘900 da un forte processo di urbanizzazione riguardante principalmente la parte
occidentale di Viareggio e Torre del Lago e quella settentrionale nei comuni di
Massarosa e di Camaiore, urbanizzazione contrassegnata da caratteristiche di
stagionalità dovute alla forte valenza turistica estiva di tali aree.
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Figura 2: Limiti amministrativi: Comuni e Province
Il territorio del bacino afferente al Lago ricade nelle province di Lucca e di Pisa,
come si vede in Figura 2, e per una parte consistente è interessato dal Parco
Regionale Migliarino – S. Rossore – Massaciuccoli; al suo interno sono comprese
diverse aree protette di valenza internazionale e nazionale ed in particolare:
- “Zone a Protezione Speciale (ZPS)” e “Sito di importanza comunitaria” ai sensi ai
sensi delle direttive 92/43/CEE “Habitat” e 79/409/CEE “Uccelli selvatici ” e
successive modificazioni;
- l’area fa parte della rete ecologica europea “Natura 2000” che comprende anche le
Zone di Protezione Speciale (ZPS) classificate dagli Stati membri a norma della
direttiva 79/409/CEE;
- “Area sensibile e vulnerabile ai nitrati” individuata con deliberazione del Consiglio
Regionale n° 172/03 ai sensi del D.Lgs. 152/1999.
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- Inoltre per tale area la Regione Toscana ha richiesto, con D.G.R. n. 231 del
15.03.2004, il riconoscimento come “zona umida di importanza internazionale” ai
sensi della Convenzione internazionale sottoscritta a “RAMSAR” il 2 febbraio 1971;
è riportata in Figura 3 la perimetrazione di tale area;
Figura 3: Perimetrazione area RAMSAR
Il comprensorio del Massaciuccoli costituisce una delle più importanti zone umide
del bacino del Mediterraneo.
1.2 LE PROBLEMATICHE DEL LAGO DI MASSACIUCCOLI
Le cause di degrado del Lago e del padule di Massaciuccoli possono essere
principalmente riassunte:
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•
Interramento: tale fenomeno è dovuto al particolare regime idraulico ed agli
apporti solidi che confluiscono nelle acque circostanti;
•
Ricambio idrico, salinizzazione: l’origine di tale problema è da ricercarsi
nell’eccessivo abbassamento estivo del Lago e nella scarsa tenuta delle Porte
Vinciane nel canale Burlamacca, che lasciano passare le acque salate verso monte;
•
Presenza di specie animali esotiche che interferiscono con il risanamento:
attenzione rivolta soprattutto al gambero rosso americano, Procambarus clarkii, i
cui livelli di popolazione non sono tollerabili, data l’invasività e la voracità della
specie a carico di tutte le specie di macrofite presenti nel bacino, nei confronti di
uova di pesci e di anfibi e di piccoli pesci.
Il fenomeno dell’eutrofizzazione risulta molto complesso e nel corso degli ultimi 50
anni questo processo degenerativo ha colpito la maggior parte dei sistemi lacustri
delle aree più antropizzate.
Il fenomeno ha inizio con un aumento della disponibilità di sostanze nutrienti quali
fosforo, azoto e potassio che accelerano le fasi naturali che regolano la vita di un
lago, che altrimenti seguirebbero tempi più lunghi. Le prime notizie sulla situazione
trofica del Lago e del Padule di Massaciuccoli risalgono al 1940, in virtù delle quali
veniva descritto come oligoalino e oligotrofico, cioè con acque totalmente dolci e
con bassa presenza di nutrienti. Questa condizione trovava riscontro nella limpidezza
delle acque ed in una rigogliosa vegetazione di macrofite di fondale.
Nell’ambito di pochi decenni, a causa della massiccia introduzione di nutrienti nel
bacino lacustre, si è andata sempre più consolidando una progressiva rarefazione
delle macrofite con una contemporanea presenza di fitoplancton.
L’eutrofizzazione del Lago di Massaciuccoli è dovuta all’introduzione di nutrienti
derivanti dalle seguenti fonti:
•
Scarichi industriali che apportano elementi chimici molto inquinati. Tra i quali i vari
composti del fosforo.
•
Scarichi civili provenienti dai centri urbani che contornano il Lago, spesso mal
depurati o addirittura non allacciati al sistema fognario.
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•
Acque reflue dai comprensori di bonifica agricola di Vecchiano, Massaciuccoli,
Quiesa, Bozzano, Massarosa e dai terreni agricoli a scolo naturale posti a nord del
Serchio e drenati dal sistema Canale Separatore- Barra-Barretta.
•
Acque reflue derivanti dall’allevamento bovino sito nel comprensorio di
Massaciuccoli.
Il terzo punto risulta di importante rilievo in tale lavoro di tesi.
Le attività agricole localizzate all’interno del bacino rappresentano un elemento
importante del sistema economico locale, ed incidono fortemente sull’equilibrio
idrico dello stesso. Dal censimento delle superfici dei singoli comuni effettivamente
adibite ad uso agricolo risulta come l’incidenza delle colture fortemente idroesigenti
(seminativi) sia molto maggiore delle altre colture, e che tale divario sia
particolarmente evidente per il territorio di Vecchiano, per il quale la produzione
cerealicola è al centro delle polemiche ambientali degli ultimi tempi, proprio per via
delle coltivazioni di granturco e girasole che interessano il suo territorio. Esso,
infatti, ricade per una grossa parte nel Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli,
e la forte richiesta di acqua irrigua dei cereali che vi si coltivano danneggia il sistema
lago, dal momento che per la loro coltivazione si impiegano agenti chimici di varia
natura, che inevitabilmente finiscono nelle acque del lago stesso.
Tali coltivazioni sono condotte prevalentemente utilizzando le tecniche di irrigazione
“a pioggia” e “per infiltrazione” (ovvero per allagamento), tecniche che incidono
fortemente sul consumo idrico. E’ da sottolineare che da alcuni anni, in forza di una
disposizione emanata, quale misura di salvaguardia, dall’Autorità di Bacino, nel
periodo estivo, al raggiungere del livello idrico del lago della quota di – 0,30 m
s.l.m., viene interrotta l’erogazione delle acque del lago, effettuata dal Consorzio di
Bonifica Versilia - Massaciuccoli a favore dell’uso irriguo in virtù della concessione
di acque pubbliche esistente.
Il territorio del comune di Viareggio è interessato dalla presenza di numerosi vivai,
essenzialmente volti alla floricoltura. Tale forma colturale presenta numerosi aspetti
sfavorevoli alla preservazione degli acquiferi del bacino, non ultimi la forte necessità
di acqua irrigua ed il sovente uso di diserbanti chimici. La loro distribuzione sul
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territorio del bacino, tuttavia, ne dimostra la reale incidenza sui problemi idrici del
lago. La ridotta superficie interessata, oltre alla minima dispersione idrica per
evapotraspirazione indotta dalle serre, induce a pensare che l’aliquota del deficit
idrico del bacino attribuibile al florovivaismo sia di esigua entità se paragonata a
quella dovuta alla cerealicoltura, mentre è da tenere in considerazione il fenomeno di
“attrazione” dell’acqua marina favorito dai numerosi emungimenti da pozzi
concentrati proprio in tale zona.
1.3 SVILUPPO DELLA BONIFICA DELLE AREE LIMITROFE AL LAGO
Dall’antichità fino al IXX secolo buona parte del territorio apuo-versiliese, tra il
fiume Magra ed il Fiume Serchio, era ricoperto da paludi e piccoli laghi ed in
particolare, tra il fiume Serchio ed il fiume Camaiore, si estendevano le zone umide
che circondavano il Lago di Massaciuccoli. In particolare in Figura 4 si riporta una
carta del 1664 dove è individuato il Padule di Malaventre, a sud del Lago di
Massaciuccoli, proprio nella zona di bonifica oggetto di studio.
Gli abitanti di questa zona erano condannati ad una vita particolarmente difficile, in
un ambiente ostile ed alle prese con frequenti epidemie di malaria. I tentativi di
migliorare la vita in queste zone con interventi di bonifica e di regimazione idraulica
sono iniziati fin dall’epoca romana. Nella Tavola Peuntingeriana, la mappa che
riproduce “il mondo conosciuto” dai Romani, il disegno della strada tra Pisa e Massa
dimostra l’esistenza delle Fosse Papiriane proprio nella zona del Massaciuccoli. Si
trattava di canali di scarico costruiti per il deflusso delle acque piovane e per creare
percorsi di sbocco alle acque stagnanti verso il mare.
Questi canali permisero di drenare in parte il territorio circostante e rendere possibili
insediamenti umani in un’area strategica dove passava la Via Emilia Scauri che
collegava Roma alla parte settentrionale dell’Impero. Nel periodo Medioevale
quest’opera di bonifica venne interrotta ed intorno all’anno 1000 la regione era quasi
totalmente palustre e vi dominava la malaria.
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Figura 4: Pianta della Tenuta di Migliarino, 1662
I tentativi di bonifica ripresero con grande impeto intorno al 1500 in quanto la
Repubblica di Lucca era fortemente interessata a rendere abitabile il piccolo centro e
porto di Viareggio. In quel periodo iniziarono i primi studi volti a deviare il corso del
Serchio nel lago in modo da bonificare per colmata l’area palustre e collegare Lucca
con il mare attraverso il suo fiume. Questo progetto si ripresentò regolarmente fino al
IXX secolo ma non venne di fatto mai attuato per i costi economici dell’operazione e
venne infine abbandonato. Da notare che solo recentemente si è compreso che il
progetto non avrebbe potuto comunque avere successo a causa del carattere
prevalentemente torrentizio del fiume con conseguente trasporto di pochi sedimenti e
piuttosto grossolani (prevalentemente ghiaie) e quindi senza possibilità di colmare
l’area.
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Vari tentativi di bonifiche, comunque parziali, si susseguirono negli anni, alcuni
coronati da successo ed altri meno. Vale la pena di ricordare i tentativi fatti da due
ingegneri olandesi che tentarono di esportare in questo luogo le tecnologie applicate
con successo nelle loro terre: il primo fu Raet di Bolduc in Bramante che tentò di
prosciugare i terreni tra il Burlamacca e i monti (la zona di Quiesa e Bozzano)
tramite il sollevamento delle acque ad opera di ruote azionate dalle acque provenienti
dai torrenti collinari, arginando il Canale Burlamacca ed immettendo in esso le acque
dei terreni sottostanti; questo metodo somiglia come idea alla soluzione attuale ma
con le tecnologie dell’epoca non funzionò che per alcuni anni e finì poi per essere
abbandonato. Un sistema simile fu quello ideato per l’area di Vecchiano da un altro
ingegnere olandese, tale Van Der Stracten, il quale, acquisita dai Medici la proprietà
della pianura, volle tentarne la bonifica attraverso la realizzazione di un certo numero
di canali collettori che dovevano raccogliere l’acqua dei territori circostanti, sollevata
mediante mulini a vento. Anche questo tentativo fallì, infatti dopo aver costruito un
certo numero di questi mulini si rese conto che, a differenza dei Paesi Bassi, in tale
zona i venti erano piuttosto deboli ed incostanti e quindi non in grado di garantire il
sollevamento delle acque. Ancora oggi c’è un’area nella bonifica di Vecchiano che è
denominata “Padule di Valdistratte”.
Successivamente alcuni tentativi andarono nella direzione di favorire lo scolo delle
acque verso il mare cercando così di abbassare il livello del lago in modo da
prosciugare in parte le paludi circostanti. Nel 1704 fu scavato con questo intento il
Fosso della Bufalina tra il lago ed il mare attraverso la pineta di Migliarino. Il
tentativo fallì perché non solo le acque del Lago non si abbassarono ma non si riuscì
neppure a tenere aperta la foce della Bufalina che continuamente si insabbiava per
l’azione del mare e dei venti.
Il XVIII secolo fu sicuramente decisivo in questa lotta contro le paludi e centrale fu il
ruolo di Nicolò Zendrini, bresciano, chiamato dalla Repubblica di Lucca con il
compito di bonificare definitivamente i territori a Nord di Viareggio. Lo Zendrini
propose il taglio delle fitte macchie che si estendevano tra Montramito e Viareggio e
che erano, a suo avviso, causa del ristagno dell’aria e quindi dell’insorgere della
malaria così come del mescolarsi tra le acque salate e le acque dolci. Per questo
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motivo propose la realizzazione delle cateratte a bilico alla foce del Burlamacca, le
attuali porte Vinciane, che dovevano fermare il riflusso dell’acqua salata.
Quest’opera permise di mettere le basi per ulteriori bonifiche sempre più complete
attraverso l’apertura o l’allargamento di fossi e l’innalzamento di argini, di fatto si
realizzò la prima grossa bonifica a nord del lago che interessò un’estensione di quasi
1000 ha.
Un altro grave problema sorse, però, per il fatto che la vegetazione abbattuta non
creava più protezione per le colture dell’entroterra, violentemente spazzate e
danneggiate dal vento di mare. Ecco che venne deciso di innalzare lungo la spiaggia
una barriera artificiale, una striscia di bosco a pini: le future pinete di Viareggio,
incomparabile oasi di verde, l’una – quella di Ponente – inserita ora nel tessuto
urbano e l’altra – quella di Levante – lussureggiante di vegetazione, costituita in
Parco naturale con i territori di Massaciuccoli, Migliarino e S. Rossore.
Negli anni seguenti proseguirono sempre più frequenti ripuliture e allargamenti delle
fosse di scolo che permettevano di mantenere a coltura le aree bonificate e di
conquistare altre piccole porzioni.
Nel 1852 Maurizio Brighenti indicava come possibile la bonifica della palude
mediante colmata a mezzo delle torbide del Serchio; egli prevedeva occorrente un
periodo di 50-60 anni per il compimento della bonifica, durante il quale consigliava
di utilizzare i terreni a risaia; questo progetto non ebbe mai inizio.
Fu però soltanto verso la fine del 1800, con le nuove scoperte tecnologiche, che fu
individuato il modo per vincere definitivamente questa guerra durata secoli: il Bella
propose un nuovo metodo, il prosciugamento meccanico con le idrovore, sia per le
terre palustri intorno al lago e sia per il lago stesso. Il progetto era ambizioso e destò
molte discussioni e controversie in particolare da parte di coloro che avevano
interesse nell’estrazione della torba. Solo dopo la prima guerra mondiale iniziarono i
primi veri interventi di bonifica, inizialmente a carico dei privati proprietari come i
conti Minutoli, l’Ingegnere Studiati, i Duchi Salviati (la cui proprietà è riportata in
una carta topografica del 1881 in Figura 5) e poi, con la legge sulla “bonifica
integrale” di Mussolini del 1928, con un importante intervento pubblico.
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Figura 5: Atlante topografico di Migliarino 1881 (proprietà del Duca Salviati)
La legge del 1928 prevedeva un investimento di 700 milioni di lire in 14 anni di cui
il 61% (poi divenuto l’87%) a carico dello Stato ed il restante a carico dei privati.
Iniziarono così a formarsi i consorzi idraulici pubblico – privati per la bonifica dei
terreni e si iniziarono a realizzare le arginature, la separazione tra acque alte ed acque
basse, le canalizzazioni e l’impianto delle pompe idrovore. Nel bacino del lago si
formarono 5 Consorzi: due sulla parte meridionale, quello di Vecchiano e quello di
Massaciuccoli che gestivano altrettanti sottobacini, poi il consorzio del
Massaciuccoli lucchese, quello di Levante e quello di Torre del Lago. Nell’arco di
circa 20 anni furono bonificati e portati a coltura circa 3500 ha di paludi di cui 2650
sul lato meridionale del Lago e circa 850 su quello settentrionale.
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Nel 1931 ebbe inizio la bonifica nei territori immediatamente a nord e sud del lago,
vennero escluse la zona torbosa e quella intorno a Migliarino (cui avrebbe
provveduto la Casa Salviati).
Il 26 ottobre del 1932 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvò il progetto
esecutivo dei lavori di ampliamento e completamento delle bonifiche private
esistenti.
Il progetto si componeva di 5 lotti:
•
Primo lotto: zona della Casa Rossa e terreni posti tra essa ed il Lago;
•
Secondo lotto: costruzione di impianto idrovoro a destra del Barra-Barretta e
sistemazione dei terreni mazzolati nella località Paduletto;
•
Terzo lotto: costruzione dell’argine frontale tra la macchia ed il Barra Barretta e della
strada lungo il collettore col relativo ponte in cemento armato;
•
Quarto lotto: esecuzione dell’impianto idrovoro di Vecchiano;
•
Quinto lotto: opere complementari all’impianto idrovoro di Vecchiano.
Successivamente si eseguirono altre opere importanti e costose quali: l’arginatura
frontale lungo la riva meridionale del lago, la canalizzazione interna, l’installazione
dell’ impianto idrovoro consistente di tre idrovore da portata massima complessiva
9000 l/ sec, ed oggi potenziato a 10500 l/ sec. Le aree così bonificate vennero a
trovarsi, per disposizione naturale e per costipazione, ad un livello al di sotto di
quello del mare di circa 50-60 cm. I terreni risultarono di carattere essenzialmente
torboso e in genere molto buoni; solo in alcuni tratti si ebbe il persistere di un
eccesso di umidità. La limitazione della possibile espansione del lago, dopo la
costruzione degli argini lungo la riva meridionale, causò il problema dell’
innalzamento delle acque del lago e quindi anche il pericolo di tracimazioni e rotture
negli argini per aumentato del carico interno. Comunque la sopraelevazione delle
acque del lago, eccetto durante le inondazioni del Serchio, non è mai stata superiore
ai 70 cm al medio mare. Durante il periodo delle massime piogge, il lago, già di per
se innalzatosi di livello, veniva e viene sovraccaricato con le acque che le idrovore
del settore pisano vi gettano. Per far fronte a tale pericolo di esondazione del Lago è
stato costruito un impianto idrovoro sulla Bufalina, un vero e proprio scolmatore del
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lago a livello di piena. Dalla costituzione del Consorzio in poi, la zona di bonifica
meccanica fu interessata da diversi allagamenti avvenuti per cause di carattere
straordinario: nel novembre 1940 le acque del Serchio in piena travolsero l’argine
destro tra Vecchiano e Nodica, lasciando per molto tempo allagata tutta la bonifica
pisana e lucchese (vedi Figura 6 e Figura 7); nel luglio del 1944 le truppe tedesche
fecero saltare gli argini perimetrali sia in destra che in sinistra del fosso Barra; nel
dicembre del 1949 ci fu un improvviso sifonamento sotto l’argine frontale in località
Guscionetto, forse perché qui sboccavano nel lago, prima della bonifica, due fossi e
l’argine in quel punto era stato impostato senza colmare i vecchi alvei con terra
argillosa scelta.
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Figura 7: Impianto idrovoro di Vecchiano sommerso dalle acque del Serchio (1940)
Nel novembre del 1952 si replicò la rottura dell’ argine del Serchio tra Vecchiano e
Nodica provocando l’inondazione totale, la perdita dei raccolti ed il riempimento dei
fossi con melma. Nel 1994 a causa di un guasto alla rete elettrica non entrò in
funzione l’impianto idrovoro di Vecchiano, questo causò l’ allagamento di gran parte
dei terreni della bonifica, si riporta in Figura 8 una foto aerea della zona ad est del
Lago di Massaciuccoli, anch’essa interessata dagli allagamenti.
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Figura 8: Foto aerea
Il Consorzio di bonifica Versilia-Massaciuccoli - costituito con D.P.R. 20 settembre
1955 - ed Ente di diritto pubblico ai sensi dell'art. 59 del R.D. 13 febbraio 1933 n.
215 e dell'art. 862 del Codice Civile - provvede alla manutenzione ed all'esercizio
delle opere di bonifica di competenza statale nonché delle altre opere consortili ed
adotta, nei confronti dei proprietari interessati, i provvedimenti di esecuzione e
manutenzione delle opere di bonifica di competenza privata.
1.4 BONIFICA DI VECCHIANO
La configurazione attuale della rete di bonifica delle acque basse di Vecchiano nasce
nel 1934 con l’ inizio dei lavori del terzo lotto che riguardava integralmente la zona
in sinistra del Fosso Barra. Comprendeva alcune opere di bonifica, una strada
consorziale e la costruzione di un argine frontale lungo la ripa del Lago in maniera da
ampliare la superficie bonificata. L’opportunità di costruire tale argine permise ai
proprietari dei terreni di bonificare immediatamente le terre situate tra esso e il
collettore principale, tramite l’escavazione da parte di privati di canali secondari e il
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prosciugamento con idrovore trasportabili, in attesa della costruzione dell’ impianto
idrovoro di Vecchiano, vaste aree di padule furono così messe in coltivazione.
Tutti i collettori delle acque basse furono dimensionati con una pendenze
chilometrica di fondo compresa tra 0.10 e 0.40 . Il calcolo delle sezioni e la verifica
delle portate furono fatte assumendo un franco di 10 cm per le massime piene e
controllando se con le piene ordinarie era garantito il franco minimo di 60 cm, inoltre
si suppose già avvenuto il costipamento per 50 cm . La scarpa o l’inclinazione delle
sponde fu considerata pari a 1.25 /1.00, in quanto l’ esperienza aveva dimostrato che
nei terreni palustri limitrofi essa era sufficiente.
Gran parte dei canali esistenti furono approfonditi e allargati. Ciò non rappresentò
nella maggior parte dei casi una economia poiché spesso il lavoro nella melma dei
fossi risultò più difficoltoso che nel terreno vergine. Ai collettori di nuovo escavo fu
assegnata una larghezza di fondo non minore di 1m, soprattutto a causa dei terreni
torbosi. I fossi furono disposti ad una distanza di 350 – 400m l’uno dall’altro,
essendo intercalata alternativamente tra l’uno e l’altro una strada, così che la
lunghezza dei campi risultò di 175 –200m.
Di particolare interesse risulta lo studio dei coefficienti udometrici. Le prime
progettazioni a carattere privato portarono ad una stima del coefficiente udometrico
di piena pari a 5 l/sec.ha, che si dimostrò al di sotto dei limiti prudenziali, cosa che si
accentuò col passare degli anni, a causa del progressivo abbassamento del suolo della
bonifica.
Le linee guida per la progettazione della rete di bonifica che portarono a tali valori
del coefficiente udometrico si evincono chiaramente dalla relazione dell’Ing. Studiati
del 29 Gennaio 1923 per parte della bonifica di Massaciuccoli.
Il tempo di corrivazione fu stimato tramite la nota formula di Ventura:
A=220 ha
A
t
=
0
.
315
⋅
T=11 ore
Per stimare la portata di massima piena venne applicata la formula di Turazza per la
stima del coefficiente udometrico:
23
t
h
k
u
=
0
.
1157
⋅
⋅
K coefficiente di deflusso, venne assunto pari 0.7 (il massimo) data la piccolezza del
bacino in questione.
h altezza di pioggia massima, venne presa pari al valore assunto dal Prof. Ing.Pozzo
per la bonifica di Coltano, per tempi di un giorno pari a 87 mm.
Per la bonifica in questione si ottenne un coefficiente udometrico pari a
u = 6.2l s ⋅ha
Questi valori vennero ritenuti eccessivi e tollerabile dal punto di vista agrario
l’eventualità di un breve e raro allagamento della bonifica ed il valore del
coefficiente di deflusso, pari a 0.7, eccessivo.
Inoltre nel progetto di bonifica del bacino occidentale della Pianura Meridionale
Pisana, di poco antecedente, venne assunto un coefficiente udometrico di massima
piena pari a 5.2l/s.ha; sempre nella medesima pianura per la bonifica del bacino
settentrionale venne ammesso un coefficiente pari a 4.5l/s.ha.
Le portate in esubero vennero attribuite alle infiltrazioni attraverso gli argini
circondariali e alle acque sotterranee che discendono dai monti di Vecchiano e
Massaciuccoli. Per tutte queste considerazioni venne mantenuto un coefficiente
udometrico di massima piena di 5l/s.ha.
1.5 IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO DI VECCHIANO
Il progetto dell’impianto idrovoro di Vecchiano venne inserito nel quarto lotto,
sostituì l’impianto della bonifica Corsi – Salviati, Malaventre al fine di provvedere al
prosciugamento della allora nuova zona di bonifica inclusa tra l’ argine frontale
Corsi – Salviati e il lago. Nelle intenzioni del progettista, tale impianto doveva
permettere, quando necessario, l’esaurimento meccanico delle acque invernali della
zona situata a monte della bonifica Corsi – Salviati, area interamente coltivata e
idraulicamente sofferente.
Nella relazione tecnica generale venne esposto come la superficie complessiva di
questa zona, comprendente anche i terreni sofferenti, a scolo promiscuo, fosse circa
di 1500 ettari. A tali zone, come già in precedenza illustrato, fu assegnato il
coefficiente udometrico di piena ormai accettato di 5l/s.ha, venne dunque
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