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CAPITOLO 4: Parte sperimentale CAPITOLO 3: Metodi di riferimento CAPITOLO 2: Normative in vigore CAPITOLO 1: Generalità sui composti in esame Introduzione Indice

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Indice

Introduzione

3

CAPITOLO 1: Generalità sui composti in esame

4

1.1 Policlorobifenili 5

1.1.1 Proprietà chimico-fisiche, fonti e impieghi dei policlorobifenili 5

1.1.2 Tossicità e diffusione 7

1.2 Pesticidi clorurati 12

1.2.1 Proprietà chimico-fisiche, produzione e impieghi dei pesticidi clorurati 13

1.2.2 Tossicità e rischio chimico 16

CAPITOLO 2: Normative in vigore

18

2.1 Terreni 19

2.2 Sedimenti 20

2.3 Rifiuti 21

2.4 Oli di trasformatori 22

CAPITOLO 3: Metodi di riferimento

24

3.1 Metodi in letteratura 25

3.2 Metodi ufficiali 26

3.2.1 Metodi ufficiali per terreni, rifiuti solidi e sedimenti 26 3.2.2 Metodi ufficiali per oli di trasformatori e oli di scarto 29

CAPITOLO 4: Parte sperimentale

30

4.1 Materiali e strumentazioni 30

4.1.1 Strumentazioni utilizzate 30

4.1.2 Materiali, standard e solventi 31

4.2 Messa a punto dei metodi GC/MS 32

(2)

2

4.2.2 Ottimizzazione del metodo GC/MS per la determinazione di pesticidi 35

4.3 Identificazione degli analiti e loro calibrazione 36

4.3.1 Policlorobifenili 36

4.3.2 Pesticidi clorurati 41

4.3.3 Costruzione delle rette di taratura 43

4.4 Messa a punto delle procedure di estrazione e purificazione 46

4.4.1 Procedure per terreni, sedimenti e rifiuti solidi 46

4.4.2 Procedure per campioni oleosi 49

4.4.3 Validazione delle procedure sviluppate 52

CAPITOLO 5: Risultati e conclusioni

54

5.1 Identificazione delle procedure ottimali 54

5.1.1 Procedura ottimale per terreni, sedimenti e rifiuti solidi 54

5.1.2 Procedura ottimale per oli di scarto 60

5.2 Validazione delle procedure sviluppate 62

5.2.1 Definizione delle figure di merito 62

5.2.2 Ulteriori valutazioni sulla procedura proposta per l’analisi di terreni e

sedimenti marini 70

5.2.3 Analisi di campioni reali 77

5.3 Conclusioni 79

Appendice A: Cromatogrammi

80

(3)

3

Introduzione

Scopo dello studio svolto è stata la messa a punto di procedure analitiche per la determinazione di policlorobifenili e pesticidi clorurati in diverse matrici di interesse ambientale quali terreni, sedimenti, rifiuti solidi e oli di scarto.

Il lavoro è stato condotto presso il laboratorio della Chemical Controls s.r.l situato presso la darsena del porto di Livorno.

Lo sviluppo dei metodi analitici è stato condotto tenendo presenti sia i requisiti prestazionali richiesti dalle normative di riferimento che le esigenze interne al laboratorio in particolare l’abbattimento dei tempi, e quindi dei costi, di analisi.

Nella pratica quotidiana della Chemical Controls infatti è richiesta l’analisi di numerosi campioni, caratterizzanti ad esempio nel loro insieme uno stesso sito potenzialmente contaminato, in tempi tali da non andare a rallentare eccessivamente le altre attività dell’area industriale.

Inoltre il laboratorio mira a poter fornire una caratterizzazione del campione basata su tutte le principali classi di analiti citate nelle norme in materia ambientale e quindi ogni procedura messa a punto deve avvalersi di materiali e strumentazioni comuni il più possibile versatili.

E’ poi importante tenere presente la grande eterogeneità dei campioni su cui sono richieste le determinazioni analitiche. Da questo deriva il bisogno di avvalersi di metodiche facilmente adattabili e quindi robuste sia di fronte alle piccole modifiche richieste da caso a caso, sia alla frequente esecuzione da parte di operatori diversi.

Infine, per quanto riguarda la validazione delle procedure, oltre alla valutazione delle più comuni figure di merito sono state poste le prime basi in vista di un futuro possibile percorso di accreditamento in conformità alle linee guida della UNI CEI EN ISO/IEC 17025 del 2005[1].

L’insieme di queste considerazioni ed esigenze rappresenta la peculiarità del lavoro svolto e il punto di partenza per lo sviluppo delle procedure proposte.

(4)

4

CAPITOLO 1: Generalità sui composti in esame

La Convenzione di Stoccolma del 2001[2] riconosce i policlorobifenili e la maggior parte dei pesticidi clorurati oggetto di questo studio come inquinanti organici persistenti (Persistent Organic Pollutants, POPs).

I POPs sono definiti come composti che “[…] possiedono proprietà tossiche, resistono alla degradazione, sono soggetti a bioaccumulo e sono trasportati dall’aria, dall’acqua e dalle specie migratorie attraverso le frontiere internazionali e depositati lontani dal luogo di emissione, ove si accumulano negli ecosistemi terrestri e acquatici; […]”.

Proprio per queste loro caratteristiche e per l’elevato rischio chimico associato agli inquinanti organici persistenti i Paesi che aderiscono alla Convenzione (178 stati e tutta l’Unione Europea) si impegnano a intraprendere un’azione per proteggere la salute umana e l’ambiente attraverso misure dirette a ridurre e/o eliminare le emissioni e gli scarichi di questa tipologia di contaminanti in base all’approccio precauzionale già sancito dalla Dichiarazione di Rio del 1992[3].

In particolare nell’ultima versione della Convenzione di Stoccolma, aggiornata nel 2009, i POPs sono suddivisi in tre categorie: inquinanti la cui produzione e il cui uso devono cessare, inquinanti la cui produzione e il cui uso devono essere ridotti, inquinanti per i quali deve essere assicurata anche la cessazione delle emissioni derivanti da produzione non intenzionale.

Fra i composti presi in esame in questo lavoro fanno parte della prima categoria i policlorobifenili, il Lindano, l’Aldrin, il Dieldrin, l’Endrin, e il Clordano; appartiene invece alla seconda categoria il DDT e, infine, è prevista l’eliminazione anche delle fonti non intenzionali per i policlorobifenili e per il Lindano.

(5)

1.1 Policlorobifenili

I policlorobifenili, indicati spesso con la sigla formula bruta C12H10-xClx. Strutturalmente

numero di atomi di idrogeno compreso fra 1 e 10 è sostituito da atomi di cloro. In Figura 1 viene mostrata la generica struttura di

sui due anelli benzenici comunemente adottata.

Le diverse combinazioni determinate da numero e posizione su entrambi gli anelli possono dare luogo a 209 diversi

Spesso, per praticità, si adotta in alternativa alla nomenclatura dell’ Pure and Applied Chemistry

cui a ciascun congenere viene attribuito

dove lo 1 sta a indicare uno dei possibili bifenili bifenile decaclorurato.

1.1.1 Proprietà chimico

I policlorobifenili sono composti notevolmente stabili

a reazioni di fotodegradazione e a reazioni di ossidazione. Anche se le loro proprietà chimico-fisiche variano significativamente a seconda del grado di clorurazione, presentano in generale alti

temperature di degradazione (attorno ai 1000°C), scarsa solubilità in acqua ma buona solubilità in solventi organici e in oli e grassi.

diffuso sono la loro bassa costante dielettrica e la loro capacità a stendersi su superfici di supporto formando sottili pellicole. In Tabella 1 sono riassunte alcune caratteri chimico-fisiche per congeneri aventi diversi gradi di clorurazione.

Figura 1

5

I policlorobifenili, indicati spesso con la sigla PCB, sono una classe di composti organici di . Strutturalmente sono costituiti da un gruppo bifenilico in cui un numero di atomi di idrogeno compreso fra 1 e 10 è sostituito da atomi di cloro. In Figura 1 viene mostrata la generica struttura di tali analiti assieme alla numerazione delle posizioni sui due anelli benzenici comunemente adottata.

Le diverse combinazioni determinate da numero e posizione degli atomi di cloro possono dare luogo a 209 diversi PCB detti congeneri

praticità, si adotta in alternativa alla nomenclatura dell’International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC), il criterio proposto da Ballschmiter e Zell

viene attribuito un numero identificativo compreso fra

uno dei possibili bifenili monoclorurati e il 209 sta a indicare il

Proprietà chimico-fisiche, fonti e impieghi dei policlorobifenili

I policlorobifenili sono composti notevolmente stabili, resistenti ad attacchi acidi e basici, a reazioni di fotodegradazione e a reazioni di ossidazione. Anche se le loro proprietà fisiche variano significativamente a seconda del grado di clorurazione, presentano in generale alti punti di ebollizione (anche superiori

temperature di degradazione (attorno ai 1000°C), scarsa solubilità in acqua ma buona lventi organici e in oli e grassi. Altre proprietà che ne hanno favorito un uso diffuso sono la loro bassa costante dielettrica e la loro capacità a stendersi su superfici di supporto formando sottili pellicole. In Tabella 1 sono riassunte alcune caratteri

fisiche per congeneri aventi diversi gradi di clorurazione. 1: Generica formula di struttura dei policlorobifenili

classe di composti organici di sono costituiti da un gruppo bifenilico in cui un numero di atomi di idrogeno compreso fra 1 e 10 è sostituito da atomi di cloro. In Figura 1 tali analiti assieme alla numerazione delle posizioni

degli atomi di cloro su uno o detti congeneri.

International Union of o da Ballschmiter e Zell[4] secondo un numero identificativo compreso fra 1 e 209 e il 209 sta a indicare il

onti e impieghi dei policlorobifenili

resistenti ad attacchi acidi e basici, a reazioni di fotodegradazione e a reazioni di ossidazione. Anche se le loro proprietà fisiche variano significativamente a seconda del grado di clorurazione, unti di ebollizione (anche superiori ai 400°C), alte temperature di degradazione (attorno ai 1000°C), scarsa solubilità in acqua ma buona Altre proprietà che ne hanno favorito un uso diffuso sono la loro bassa costante dielettrica e la loro capacità a stendersi su superfici di supporto formando sottili pellicole. In Tabella 1 sono riassunte alcune caratteristiche

(6)

6

Tabella 1: Confronto fra le proprietà chimico-fisiche principali di congeneri PCB appartenenti a diverse classi

di clorurazione Nome IUPAC # identificativo # CAS M.W. (g/mol) d (g/cm3) f.p. (°C) b.p. (°C) 2-clorobifenile 1 2051-60-7 188.66 1.131 115.9 274.0 2,2’-diclorobifenile 4 13029-08-8 223.10 1.249 122.4 289.1 2,2’,5-triclorobifenile 18 37680-65-2 257.54 1.351 216.1 317.6 3,3’,4,4’-tetraclorobifenile 77 32598-13-3 291.98 1.441 188.4 380.7 2,2’,4,5,5’-pentaclorobifenile 101 37680-73-2 326.43 1.522 177.8 371.0 2,2’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 153 35065-27-1 360.88 1.593 193.2 396.2 2,2’,3,4,,4’,5,5’-eptaclorobifenile 180 35065-29-3 395.32 1.658 210.9 424.3 2,2’,3,3’,4,5,6,6’-ottaclorobifenile 200 52663-73-7 429.77 1.716 204.6 420.1 2,2’,3,3’,4,4’,5,5’,6-nonaclorobifenile 206 40186-72-9 464.21 1.769 230.2 458.7 decaclorobifenile 209 2051-24-3 498.66 1.818 232.7 466.0

I PCB sono composti di origine artificiale prodotti -come schematizzato in Figura 2- tramite clorurazione aromatica ellettrofila del bifenile trattato con gas cloro in presenza di un catalizzatore (solitamente un acido di Lewis) e di una base. Il bifenile, a sua volta, si ottiene dal benzene, ad esempio per reazione del bromobenzene con il bromuro di fenilmagnesio come reattivo di Grignard.

(7)

La prima sintesi di un PCB

intensiva di policlorobifenili si è avuta nella prima metà del ‘900 principalmente ad opera della compagnia chimica Monsanto.

prevalentemente come miscele di congeneri, denominate

Monsanto- Aroclor. Ogni miscela viene identificata da quattro cifre dove le prime due (sempre 12) indicano il numero di atomi di carbonio mentre le ultime due

prodotto in base alla percentuale in massa di cloro.

Gli Aroclor a causa dell’elevata stabilità dei policlorobifenili, della loro scarsa infiammabilità e della loro bassa costante dielettrica, sono

dagli anni ’30 agli anni ‘70, come fluidi dielettrici per condensatori e trasformatori, come isolanti, come lubrificanti, come elasticizzanti, come ritardan

stabilizzanti di isolanti elettrici in PVC Tuttavia dalla fine degli anni ’7

vietata a causa delle sempre più evidenti prove della loro tossicità.

1.1.2 Tossicità e diffusione

Numerosi studi condotti dall’

dall’Agenzia Americana per la Protezione Ambientale Substances & Disease Registry

sotto esposizione prolungata per scopi occupazionali tossicità e il rischio chimico associato ai

La tossicità, così come il meccanismo di azione, varia da congenere a congenere comportando sintomi che vanno dalle eruzioni cutanee, al malfunzionamento epatico l’intossicazione acuta fino alla formazio

policlorobifenili possono essere suddivisi in due grandi sottogruppi: i i PCB non diossine simili.

Sono classificati come PCB

126, 169, 105, 114, 118, 123, 156, 157, 167, 189) che per dimensioni molecolari e

possibilità di assumere conformazione planare agiscono secondo lo stesso meccanismo biologico della 2,3,7,8-tetraclorodibenzo

mostrate a confronto le strutture della TCDD e di uno dei congeneri diossine

Figura 3: Struttura della

2,3,7,8-simile (a destra)

7

PCB avvenne in Germania alla fine dell’800 ma la produzione intensiva di policlorobifenili si è avuta nella prima metà del ‘900 principalmente ad opera della compagnia chimica Monsanto. I policlorobifenili sono stati com

prevalentemente come miscele di congeneri, denominate -quelle di produzione . Ogni miscela viene identificata da quattro cifre dove le prime due (sempre 12) indicano il numero di atomi di carbonio mentre le ultime due

prodotto in base alla percentuale in massa di cloro.

a causa dell’elevata stabilità dei policlorobifenili, della loro scarsa infiammabilità e della loro bassa costante dielettrica, sono stati ampiamente utilizzati,

, come fluidi dielettrici per condensatori e trasformatori, come isolanti, come lubrificanti, come elasticizzanti, come ritardanti di fiamma, come

di isolanti elettrici in PVC e come adesivi.

Tuttavia dalla fine degli anni ’70 la produzione e l’impiego di PCB cominciò ad essere vietata a causa delle sempre più evidenti prove della loro tossicità.

Tossicità e diffusione

dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro a Americana per la Protezione Ambientale (EPA)[6] e dalla

Substances & Disease Registry (ASTDR)[7], sia su animali da laboratorio che su uomini sotto esposizione prolungata per scopi occupazionali, hanno messo in evidenza l’elevata

schio chimico associato ai PCB.

La tossicità, così come il meccanismo di azione, varia da congenere a congenere comportando sintomi che vanno dalle eruzioni cutanee, al malfunzionamento epatico

fino alla formazione di cellule tumorali. In generale i 209 policlorobifenili possono essere suddivisi in due grandi sottogruppi: i PCB

PCB diossine-simili 12 congeneri detti coplanari (congeneri 77, 81, 26, 169, 105, 114, 118, 123, 156, 157, 167, 189) che per dimensioni molecolari e

conformazione planare agiscono secondo lo stesso meccanismo tetraclorodibenzo-p-diossina (2,3,7,8-TCDD). In Figura 3 ven mostrate a confronto le strutture della TCDD e di uno dei congeneri diossine

-TCDD (a sinistra) a confronto con la struttura del PCB

in Germania alla fine dell’800 ma la produzione intensiva di policlorobifenili si è avuta nella prima metà del ‘900 principalmente ad opera I policlorobifenili sono stati commercializzati quelle di produzione . Ogni miscela viene identificata da quattro cifre dove le prime due (sempre 12) indicano il numero di atomi di carbonio mentre le ultime due caratterizzano il a causa dell’elevata stabilità dei policlorobifenili, della loro scarsa stati ampiamente utilizzati, , come fluidi dielettrici per condensatori e trasformatori, come ti di fiamma, come cominciò ad essere

Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC)[5], e dalla Agency for Toxic , sia su animali da laboratorio che su uomini , hanno messo in evidenza l’elevata La tossicità, così come il meccanismo di azione, varia da congenere a congenere comportando sintomi che vanno dalle eruzioni cutanee, al malfunzionamento epatico per In generale i 209 PCB diossine-simili e

simili 12 congeneri detti coplanari (congeneri 77, 81, 26, 169, 105, 114, 118, 123, 156, 157, 167, 189) che per dimensioni molecolari e per la conformazione planare agiscono secondo lo stesso meccanismo In Figura 3 vengono mostrate a confronto le strutture della TCDD e di uno dei congeneri diossine-simili.

(8)

diossine-8

Così come descritto nello studio del 1984 di Safe et al.[8] la tetraclorodibenzo diossina e i policlorobifenili diossine-simili agiscono andando a legarsi al recettore per gli idrocarburi arilici (aryl hydrocarbon receptor AhR), un fattore trascrizionale genico. Tale interazione può portare all’alterazione e alla distruzione delle funzioni vitali delle cellule coinvolte. Essendo a disposizione numerosi dati relativi alla tossicità della TCDD, sia in vivo che in vitro, tale diossina è stata scelta come specie chimica di riferimento per la valutazione dell’entità della tossicità di tutte le specie con analogo meccanismo di azione (Organizzazione Mondiale per la Sanità, WHO[9]). In particolare è stato attribuito a ciascun composto diossine-simile (policlorobifenili, policlorodibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani) un Fattore di Tossicità Equivalente (TEF). Alla 2,3,7,8-TCDD corrisponde un TEF pari ad 1 e per gli altri composti il TEF rappresenta il rapporto fra l’ammontare della specie in esame e l’ammontare di tetraclorodibenzo diossina necessaria al registrarsi degli stessi effetti sull’AhR. Da tale definizione di TEF deriva che, in presenza di una miscela di n composti diossine-simili, è possibile valutarne la complessiva Tossicità Equivalente (TEQ) andando a sommare i prodotti fra il Fattore di Tossicità Equivalente di ogni specie i (TEFi) per la corrispondente concentrazione

determinata (Ci), come esplicitato nell’Equazione 1.

= ∑ ∙

In Tabella 2 si riportano i Fattori di Tossicità Equivalente per i 12 policlorobifenili diossine-simili.

Tabella 2: Fattori di Tossicità Equivalente (TEF) tabulati dalla World Health Organization per i PCB

diossine-simili

Nome IUPAC # identificativo TEF[w]

3,3’,4,4’-tetraclorobifenile 77 0.0001 3,4,4’,5-tetraclorobifenile 81 0.0003 3,3’,4,4’,5-pentaclorobifenile 126 0.1 3,3’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 169 0.03 2,3,3’,4,4’-pentaclorobifenile 105 0.00003 2,3,4,4’,5-pentaclorobifenile 114 0.00003 2,3’,4,4’,5-pentaclorobifenile 118 0.00003 2,3,4,4’,5-pentaclorobifenile 123 0.00003

(9)

9 2,3,3’,4,4’,5-esaclorobifenile 156 0.00003 2,3’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 157 0.00003 2,3’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 167 0.00003 2,3,3’,4,4’,5,5’-eptaclorobifenile 189 0.00003

Per quanto riguarda i PCB non diossine-simili i principali meccanismi di azione biologica messi in evidenza, ad esempio dai recenti studi di Simon et al.[10] e di Chauhan et al.[11], sono la neurotossicità conseguente all’ostacolazione della trasduzione del segnale intracellulare calcio-dipendente ad opera dei congeneri di-orto sostituiti non coplanari e la distruzione degli ormoni tiroidei ad opera dei congeneri mono-orto sostituiti non coplanari.

L’Integrated Risk Information System (IRIS)[12] proposto dall’EPA classifica i policlorobifenili clorurati nel loro insieme come composti di categoria B2 ovvero come probabili cancerogeni per l’uomo mentre nella classificazione proposta dalla IARC[13] viene specificato che i PCB diossine-simili devono essere considerati appartenenti al Gruppo 1 ossia come composti cancerogeni accertati. L’elevata tossicità dei PCB viene sottolineata anche nel Regolamento 1272 del Parlamento Europeo e del Consiglio[14] del 2008 attraverso il sistema di etichettatura riportato in Tabella 3.

Tabella 3: Codici ed indicazioni di pericolo specificate per i PCB nel Regolamento 1272 del Parlamento

Europeo

Codici di Pericolo Indicazioni di Pericolo

Policlorobifenili

H373 H400/H410

Possibile causa di danni agli organi in caso di esposizione ripetuta e prolungata; Tossicità acuta nei confronti degli organismi

acquatici

Fra i 209 possibili congeneri l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato 32 policlorobifenili di principale importanza ai fini analitici di monitoraggio. Tale sottogruppo di PCB è stato selezionato in base alla particolarmente alta tossicità dei composti e alla loro abbondanza nelle più vendute miscele Aroclor. Si ritrovano, fra gli altri, in questo elenco (riportato in Tabella 4) tutti i congeneri diossine-simili e altri 6 composti definiti markers. Tutte le prove di ottimizzazione e validazione di metodi analitici e tutte le analisi su campioni reali riportate nel presente lavoro fanno riferimento proprio alla determinazione dei 32 policlorobifenili classificati come prioritari dalla WHO.

(10)

10

Tabella 4: Elenco dei congeneri PCB classificati come prioritari dalla WHO

Nome esteso # identificativo # CAS Gruppo di appartenenza

2,2’,5-triclorobifenile 18 37680-65-2 - 2,4,4’-triclorobifenile 28 7012-37-5 marker 2,4’,5-triclorobifenile 31 16606-02-3 - 2,2’,5,5’-tetraclorobifenile 52 3569-3-99-3 marker 2,2’,3,5’-tetraclorobifenile 44 41464-39-5 - 3,3’,4,4’-tetraclorobifenile 77 32598-13-3 diossina-simile 3,4,4’,5-tetraclorobifenile 81 70362-50-4 diossina-simile 3,3’,4,4’,5-pentaclorobifenile 126 57465-28-8 diossina-simile 2,3,3’,4,4’-pentaclorobifenile 105 32598-14-4 diossina-simile 2,3,4,4’,5-pentaclorobifenile 114 74472-37-0 diossina-simile 2,3’,4,4’,5-pentaclorobifenile 118 31508-00-6 diossina-simile 2’,3,4,4’,5-pentaclorobifenile 123 65510-44-3 diossina-simile 2,2’,3,5’,6-pentaclorobifenile 95 38379-99-6 - 2,2’,4,5,5’-pentaclorobifenile 101 37680-73-2 marker 2,2’,4,4’,5-pentaclorobifenile 99 38380-01-7 - 2,3,3’,4’,6-pentaclorobifenile 110 38380-03-9 - 2,3,3’,4,4’,5-esaclorobifenile 156 38380-08-4 diossina-simile 2,3,3’,4,4’,5’-esaclorobifenile 157 69782-90-7 diossina-simile 2,3’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 167 52663-72-6 diossina-simile 3,3’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 169 32774-16-6 diossina-simile 2,2’,3,5,5’,6-esaclorobifenile 151 52663-63-5 - 2,2’,3,4’,5’,6-esaclorobifenile 149 38380-04-0 - 2,2’,3,4’,5,5’-esaclorobifenile 146 51908-16-8 - 2,2’,4,4’,5,5’-esaclorobifenile 153 35065-27-1 marker 2,2’,3,4,4’,5’-esaclorobifenile 138 35065-28-2 marker 2,2’,3,3’,4,4’-esaclorobifenile 128 38380-07-3 - 2,3,3’,4,4’,5,5’-eptaclorobifenile 189 39635-31-9 diossina-simile 2,2’,3,4’,5,5’,6-eptaclorobifenile 187 52663-68-0 - 2,2’,3,4,4’,5’,6-eptaclorobifenile 183 52663-69-1 - 2,2’,3,3’,4’,5,6-eptaclorobifenile 177 52663-70-4 - 2,2’,3,4,4’,5,5’-eptaclorobifenile 180 35065-29-3 marker 2,2’,3,3’,4,4’,5-eptaclorobifenile 170 35065-30-6 -

(11)

11

Un altro importante aspetto per quanto riguarda l’impatto ambientale e sulla salute dell’uomo dei policlorobifenili è loro diffusione ubiquitaria. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità[15] dal 1929 fino agli anni ’70 sono stati prodotti circa 2*109kg di miscele di PCB per fini commerciali di cui rimangono dispersi nell’ambiente tutt’oggi circa 2*108kg. Tale elevata persistenza è legata ai lunghi tempi di emivita dei composti in esame, che variano da mesi ad anni, e alla caratteristica dei congeneri di essere adsorbiti nel suolo, caratteristica tanto più marcata quanto più alto è il grado di clorurazione e quanto più alto è il contenuto di carbonio organico e di argilla nel suolo. Dai terreni gli inquinanti possono migrare nelle altre matrici ambientali e quindi diffondere su vasta scala raggiungendo anche aree remote rispetto ai siti di origine. Le principali fonti di esposizione dell’uomo sono il contatto con atmosfera inquinata in seguito all’incenerimento di rifiuti contenenti PCB e l’assunzione di alimenti contaminati. I policlorobifenili infatti sono soggetti al bioaccumulo nella catena alimentare: vengono rapidamente assorbiti dai tratti gastrointestinali degli organismi viventi e, grazie alla loro natura lipofila, vengono accumulati nei tessuti adiposi. E’ stato addirittura osservato che i PCB sono in grado di attraversare la placenta, di essere secreti con il latte e di conseguenza di accumularsi anche nel feto e nell’infante.

E’ infine importante sottolineare la difficoltà di bonifica delle zone contaminate da policlorobifenili. Al momento le uniche strategie che hanno portato a risultati positivi in tal senso sono state quelle basate su processi di biodegradazione ad opera di batteri anaerobi e specie fungine (Quensen et al.[16]). Tuttavia anche tali processi sono risultati significativamente efficienti quasi esclusivamente su congeneri aventi carboni non clorurati adiacenti così da favorire la formazione degli intermedi di ossidi di arene.

(12)

1.2 Pesticidi clorurati

I pesticidi organoclorurati sono una classe di composti relativamente semplici sintetizzabili attraverso facili reazioni e

commercializzati a partire dagli anni ’40 come erb

agricolo che in campo domestico contro mosche, zecche e pidocchi. In Figura 4 si riportano le strutture degli antiparassitari clo

Figura 4: Strutture dei pesticidi organoclorurati oggetto di questo γ-Lindano

Aldrin

Alac

4,4’-DDT

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clorurati sono una classe di composti relativamente semplici sintetizzabili attraverso facili reazioni e per questo ampiamente prodotti e commercializzati a partire dagli anni ’40 come erbicidi, fungicidi e insetticidi sia in campo agricolo che in campo domestico contro mosche, zecche e pidocchi. In Figura 4 si riportano le strutture degli antiparassitari clorurati oggetto di tale lavoro.

Strutture dei pesticidi organoclorurati oggetto di questo studio

Lindano Atrazina

Dieldrin

Alaclor γ−Clordano

4,4’-DDE

clorurati sono una classe di composti relativamente semplici per questo ampiamente prodotti e icidi, fungicidi e insetticidi sia in campo agricolo che in campo domestico contro mosche, zecche e pidocchi. In Figura 4 si

rurati oggetto di tale lavoro.

studio

Endrin

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13

1.2.1 Proprietà chimico-fisiche, produzione e impieghi dei pesticidi clorurati

I pesticidi clorurati, date le diverse strutture caratteristiche, presentano proprietà chimico-fisiche differenti (riassunte in Tabella 5) da composto a composto. Ciò che accumuna tutti gli analiti in esame è una scarsa solubilità in acqua anche se, dati gli elevati dosaggi necessari per l’azione antiparassitaria, le quantità di pesticidi che possono ritrovarsi nelle falde acquifere e nelle matrici ambientali circostanti sono comunque significative. Come sarà trattato nel paragrafo successivo, infatti, tutti i pesticidi organoclorurati mostrano un’elevata persistenza ambientale e la capacità di accumulo lungo le catene alimentari.

Tabella 5: Proprietà chimico-fisiche dei pesticidi clorurati in esame

Nomi comuni # CAS M.W.

(g/mol) d (g/cm3) m.p. (°C) b.p. (°C) Solubilità in acqua (g/L) γ-Lindano -HCH) 58-89-9 290.83 1.593 113 323 0.0085 Atrazina 1912-24-9 215.69 1.187 173 205 0.28 Aldrin 309-00-2 364.91 1.730 104 385 insolubile Dieldrin 60-57-1 380.91 1.750 177 385 insolubile Endrin 72-20-8 380.91 1.750 200* - insolubile Alaclor 15972-60-8 269.77 1.119 41 404 0.24 γ-Clordano 12789-03-6 409.78 1.600 106 425 56 4,4’-DDT 50-29-3 354.49 0.990 109 260 insolubile 4,4’-DDE 72-55-9 318.02 - - - insolubile 4,4’-DDD 72-54-8 320.04 - 110 350 insolubile

Si osserva, sia in Figura 4 che nella Tabella precedente, che sono riportati solo specifici isomeri per il Lindano, per il Clordano e per il DDT e analoghi. Questo perché gli isomeri indicati rappresentano i più significativi per quanto riguarda l’azione antiparassitaria e la tossicità. Tuttavia siccome le reazioni di sintesi adottate per la produzione dei prodotti commerciali portano generalmente a miscele di isomeri nel presente lavoro la messa a punto delle procedure analitiche è stata valutata per tutti gli isomeri principali.

Di seguito vengono presi più dettagliatamente in esame i processi di sintesi di alcune delle categorie di pesticidi studiati.

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14

Pesticidi clorurati bifenilici

Appartengono a questa categoria il diclorodifeniltricloroetano (DDT), il dicloro- difenildicloroetano (DDD) e il diclorodifenildicloroetilene (DDE).

La sintesi del DDT, schematizzata in Figura 5, a partire da due moli di clorobenzene e dal cloralio (la tricloroacetaldeide), era già nota prima degli anni ’40, il DDD invece è un prodotto del metabolismo del DDT ottenuto tramite declorurazione riduttiva di quest’ultimo. Infine il DDE è un prodotto di degradazione che si forma in seguito a deidroclorurazione del DDT.

Pesticidi clorurati biciclici

Fanno parte di questa categoria l’Aldrin, il Dieldrin, l’Endrin e il Clordano. Il punto di partenza per la sintesi di tutti questi composti è una reazione di Diels Alder fra l’esaclorociclopentadiene e un dienofilo costituito dal [2,2,1]-bicicloepta-1,4-diene o dal ciclopentadiene.

Nel primo caso il prodotto che si ottiene è l’Aldrin che può reagire ulteriormente subendo un’epossidazione in seguito alla quale si formano i due stereoisomeri Dieldrin e Endrin. Nel secondo caso invece, sottoponendo il prodotto di reazione a clorurazione si ottiene il Clordano. Nello schema di Figura 6 si riportano i principali meccanismi di reazione coinvolti.

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Lindano

L’esaclorocicloesano, il Lindano, viene facilmente prodotto per fini commerciali via fotoclorurazione radicalica del benzene, come mostrato nello schema di Figura 7. Tuttavia da tale reazione si ottiene una miscela di stereoisomeri di cui il γ-Lindano, unico isomero con attività insetticida, rappresenta solo il 20%.

Tutti i composti presi in esame sono stati messi in commercio come agenti ad azione di tipo neurotossico. I primi a essere entrati in circolazione, agli inizi degli anni ’40, sono stati il Lindano e il DDT impiegati sia nella lotta contro gli insetti terricoli sia per il trattamento dei pidocchi e della scabbia. In seguito sono stati introdotti i pesticidi biciclici; l’Alaclor e l’Atrazina, spesso venduti insieme come miscele granulose, sono stati invece ampiamente impiegati come erbicidi.

Figura 7: Schema di formazione del Lindano Figura 6: Schema di formazione dei pesticidi clorurati biciclici

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16 1.2.2 Tossicità e rischio chimico

Come precedentemente accennato i pesticidi clorurati svolgono la loro azione grazie ad una attività neurotossica. In particolare i composti bifenilici (DDT, DDD, DDE) sono modulatori del canale sodio, ovvero depolarizzano la membrana nervosa alterando l’apertura del canale sodio voltaggio-dipendente e perturbando quindi la trasmissione dell’informazione al livello degli assoni. I pesticidi biciclici e il γ-Lindano invece sono antagonisti del canale cloro del recettore GABA; il GABA (acido γ-amminobutirrico) è un neurotrasmettitore inibitorio del sistema nervoso centrale che stabilizza la membrana cellulare rispetto ad una eccitazione elettrica. L’Alaclor agisce come inibitore del GGPP (geranilgeranil pirofosfato) enzima che svolge un ruolo importante nella via metabolica dell’acido mevalonico, punto di partenza per la biosintesi di terpeni, terpenoidi, steroli e nelle piante anche per i carotenoidi e le clorofille. L’Atrazina infine va ad interferire con il plastochinone coinvolto nella catena di trasporto degli elettroni nelle reazioni luce-dipendenti della fotosintesi.

Tutti i meccanismi sopra descritti comportano la morte dei parassiti indesiderati o delle erbe infestanti, tuttavia data la natura di forte persistenza dei pesticidi fa sì che gli stessi effetti neurotossici vadano a ripercuotersi anche su altri organismi viventi, compresi i mammiferi e l’uomo. In passato tale tossicità risultante dei composti presi in esame è stata valutata in termini di Lethal Dose 50 (LD50), parametro oggi abbandonato per motivi

etici. L’LD50 rappresenta la dose di una sostanza, somministrata in un’unica volta, in grado

di portare al decesso il 50% di una popolazione campione di cavie. Generalmente si fa riferimento a popolazioni di ratti, ma, per quelle specie chimiche sospettate di essere dannose per l’uomo, sono state condotte prove anche su altri mammiferi. In Tabella 6 vengono specificate le dosi letali 50 per i pesticidi oggetto di studio.

Tabella 6: Dosi letali 50 per somministrazione orale e cutanea dei pesticidi clorurati in esame

Nomi comuni LD50 orale* (mg/kg) LD50 dermale* (mg/kg) γ-Lindano 88-125 800-1000 Atrazina 250 - Aldrin 67 98-200 Dieldrin 46 - Endrin 40 - Alaclor 930 3500 γ-Clordano 590 - 4,4’-DDT 87 1931 4,4’-DDE 880 - 4,4’-DDD >5000 -

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17

Come visto per i policlorobifenili, anche sui pesticidi clorurati in esame sono state condotte prove su animali da laboratorio per valutarne gli specifici effetti sull’uomo e l’eventuale cancerogenicità. A tale proposito è interessante osservare le classificazioni proposte dal Regolamento del Consiglio Europeo 1272/2008[14], dalla IARC[13] e dall’EPA attraverso l’Integrated Risk Information System[12]. Si nota, come riassunto in Tabella 7, che in base ai criteri di classificazione IARC/IRIS gli analiti oggetto di studio sono suddivisibili in due categorie: i probabili cancerogeni per l’uomo (Gruppo 2B IARC/Gruppo 2B IRIS) e i non classificabili come cancerogeni per l’uomo (Gruppo 3 IARC/Gruppo D IRIS). Tuttavia le due classificazioni discordano per quanto riguarda l’Aldrin e il Dieldrin, probabili cancerogeni secondo gli studi EPA ma non definibili cancerogeni secondo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro.

Tabella 7: Classificazioni IARC e IRIS sulla probabile cancerogenicità dei pesticidi clorurati in esame e

principali frasi di rischio chimico attribuite dal Regolamento Europeo 1272/2008

Classificazione IARC

Classificazione IRIS (EPA)

Codici di

Pericolo Indicazioni di Pericolo

γ-Lindano 2B B2 H350

H372

Rischio cancerogenicità elevato; Elevato rischio per esposizione

prolungata o ripetuta Atrazina 3 - - - Aldrin 3 B2 H351 H311 H301 H372

Probabile rischio cancerogenicità; Tossicità acuta per via cutanea;

Tossicità acuta per via orale; Elevato rischio per esposizione

prolungata o ripetuta Dieldrin 3 B2 H351 H310 H301 H372

Probabile rischio cancerogenicità; Elevato rischio tossicità acuta per via

cutanea;

Tossicità acuta per via orale; Elevato rischio per esposizione

prolungata o ripetuta

Endrin 3 D H300

H311

Elevato rischio tossicità acuta per via orale;

Tossicità acuta per via cutanea

Alaclor - - - -

γ-Clordano 2B B2

H351 H312 H302

Probabile rischio cancerogenicità; Moderata tossicità per via cutanea;

Moderata tossicità per via orale

4,4’-DDT 2B B2 - -

4,4’-DDE - B2 - -

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18

CAPITOLO 2: Normative in vigore

In campo ambientale, in Europa, sono in vigore numerosi Decreti e Direttive in cui vengono specificate, per i principali contaminanti, le concentrazioni di Environmental Quality Standard (Standard di Qualità Ambientale, EQS) riferite alle differenti matrici. Le EQS rappresentano le concentrazioni di un particolare inquinante, o di un gruppo di inquinanti, nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non devono essere superate per tutelare la salute umana e l’ambiente.

Un altro importante punto da considerare è quello inerente ai requisiti che un particolare metodo analitico deve rispettare per poter essere ritenuto idoneo. A tale proposito il Decreto Legislativo 152 del 2006[27], principale riferimento italiano in materia ambientale, nell’Allegato 2 alla Parte Quarta, afferma che: “[…] Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite. […]”. E’ opportuno però sottolineare che il Decreto non specifica se l’ottenimento di valori pari a 1/10 delle concentrazioni critiche deve essere garantito in termini di limite di rivelabilità o in termini di limite di quantificazione. Indicazioni più precise vengono fornite nell’Articolo 4 della Direttiva 2009/90/CE[28] in cui si specifica che i criteri minimi di efficienza sono basati su “[…] un’incertezza di misura pari o inferiore al 50% stimata al livello degli standard di qualità ambientale pertinenti e su un limite di quantificazione pari o inferiore al 30% rispetto agli standard di qualità ambientali pertinenti. […]”.

Le tipologie di campioni di interesse ai fini di questo lavoro sono i terreni, i sedimenti e i rifiuti e quindi, nei prossimi paragrafi, ci si soffermerà sui riferimenti normativi specifici per tali matrici. Inoltre, per i policlorobifenili, si prenderanno in esame i limiti imposti per gli oli usati dei trasformatori, in passato uno dei principali utilizzi di tale classe di composti.

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19

2.1 Terreni

Per i terreni il testo di riferimento è il D. Lgs. 152/06[27] che specifica le concentrazioni soglia di contaminazione in base alle specifiche destinazioni d’uso dei suoli. Nelle Tabella 8 e 9 si riportano tali valori per i composti di interesse insieme ai requisiti di prestazione del metodo richiesti dal Decreto stesso e dalla Direttiva 2009/90/CE[28] come precedentemente spiegato.

Tabella 8: Concentrazioni limite di contaminazione per i terreni definite dal D. Lgs. 152 assieme ai criteri di

prestazione richiesti dal Decreto stesso

Siti ad uso verde (mg/kg) Siti ad uso industriale (mg/kg) Criterio prestazione D.Lgs. 152 siti verdi (mg/kg) Criterio prestazione D.Lgs. 152 siti ad uso industriale (mg/kg) PCB 0.06 5 0.006 0.5 γ-Lindano 0.01 0.5 0.001 0.05 Atrazina 0.01 1 0.001 0.1 Aldrin 0.01 0.1 0.001 0.01 Dieldrin 0.01 0.1 0.001 0.01 Endrin 0.01 2 0.001 0.2 Alaclor 0.01 1 0.001 0.1 γ-Clordano 0.01 0.1 0.001 0.01 4,4’-DDT, 4,4’-DDD, 4,4’-DDE 0.01 0.1 0.001 0.01

Tabella 9: Criteri di prestazione per un metodo analitico in termini di incertezza e limiti di quantificazione

(LOQ) come definiti dalla D. 2009/90 per i terreni

LOQ richiesto D. 2009/90 siti ad uso verde (mg/kg) Incertezza richiesta D. 2009/90 siti ad uso verde (mg/kg) LOQ richiesto D. 2009/90 siti ad uso industriale (mg/kg) Incertezza richiesta D. 2009/90 siti ad uso industriale (mg/kg) PCB 0.018 0.03 1.5 2.5 γ-Lindano 0.003 0.005 0.15 0.25 Atrazina 0.003 0.005 0.3 0.5 Aldrin 0.003 0.005 0.03 0.05 Dieldrin 0.003 0.005 0.03 0.05 Endrin 0.003 0.005 0.6 1 Alaclor 0.003 0.005 0.3 0.5 γ-Clordano 0.003 0.005 0.03 0.05 4,4’-DDT, 4,4’-DDD, 4,4’-DDE 0.003 0.005 0.03 0.05

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Si nota che per i pesticidi bifenilici non è richiesta la speciazione e che i limiti per i PCB sono assegnati considerando tutta la classe di composti. Il Decreto specifica che come sommatoria di policlorobifenili si intendono i congeneri 28, 52, 77, 81, 101, 118, 126, 128, 138, 153, 156, 169, 180 e tutti i PCB diossine-simili (Allegato 1 alla Parte Terza).

2.2 Sedimenti

I principali riferimenti normativi per la caratterizzazione di sedimenti sono il Decreto del 7 novembre 2008[29] del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare aggiornato con il Decreto Ministeriale del 4 agosto 2010[30]. Il DM 7/11/2008 non fornisce, per i diversi contaminanti, limiti di concentrazione accettabili ma specifica, nell’Articolo 5, che per la classificazione dei sedimenti devono essere seguite le linee guida dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA, ex ICRAM). L’ISPRA suggerisce, nel Manuale per la Movimentazione dei Sedimenti Marini[31] e nel Quaderno n.1 redatto da Pellegrini et al. nel 2002[32], che la caratterizzazione di un sedimento deve essere scaturita dall’integrazione delle informazioni chimico-fisiche ed ecotossicologiche. Per le specie chimiche ricercate sono definiti due diversi livelli di concentrazione: il Livello Chimico di Base (LCB) e il Livello Chimico Limite (LCL), riportati, per gli analiti in esame, in Tabella 10. In base al fatto che le concentrazioni determinate risultino inferiori o superiori al Livello di Base o al Livello Limite i materiali di dragaggio sono suddivisi in diverse classi, per ciascuna delle quali è specificata l’eventuale possibilità di riutilizzo dei materiali o la necessità di opere di bonifica.

Tabella 10: Valori di base e limite definiti nel Manuale per la Movimentazione dei Sedimenti dell'ISPRA LCB (µµµµg/kg su peso secco) LCL (µµµµg/kg su peso secco)

Ʃ PCB 28, 52, 77, 81, 101, 118, 126, 128, 138, 153, 156, 169, 180 5 189 γ-Lindano 0.3 1.0 Dieldrin 0.7 4.3 Endrin 2.7 62 γ-Clordano 2.3 4.8 Ʃ 2,4’-DDT, 4,4’-DDT 1.2 4.8 Ʃ 2,4’-DDD, 4,4’-DDD 1.2 7.8 Ʃ 2,4’-DDE, 4,4’-DDE 2.1 3.7

E’ importante però sottolineare che quelli sopra riportati non rappresentano dei limiti ufficiali ma solamente delle linee guida tanto che alcuni contaminanti rilevanti come i PCB diossine-simili e l’Aldrin non compaiono neanche nell’elenco. Ciò che è più significativo è quanto affermato nelle Tabelle A1 e A2 (qui riportato nelle Tabelle 11 e 12) dell’Allegato A del DM 7/11/2008[29]. Nelle suddette Tabelle sono specificate le caratteristiche granulometriche richieste per le diverse tipologie di sedimenti (caratteristiche da tenere

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21

in considerazione per la vagliatura dei campioni) e i limiti di quantificazione (LOQ) necessari per poter ritenere idoneo un metodo analitico. Come si osserva le prestazioni richieste, in termini di limiti di quantificazione sono notevoli, anche se confrontate con i requisiti visti precedentemente per i terreni.

Tabella 11: Classi dimensionali richieste per i sedimenti tratte dalla Tabella A1, Allegato A, DM 7/11/2008 Frazioni dimensionali Dimensioni (mm) Ghiaia >2 Sabbia 0.063<x<2 Silt 0.004<x<0.063 Argilla <0.004

Tabella 12: Requisiti per i metodi analitici per la caratterizzazione dei sedimenti specificati nella Tabella A2,

Allegato A del DM 7/11/2008 aggiornato con il DM 4/08/2010

Specie

Chimiche Singoli Parametri

Determinazioni da effettuare LOQ richiesto (mg/kg su peso secco) Policlorobifenili Congeneri 28, 52, 77, 81, 101, 105, 114, 118, 123, 126, 128, 138, 153, 156, 157, 167, 169, 170, 180, 189 e loro sommatoria Su tutti i campioni

0.001 per singolo composto 0.0001 per singolo composto

dei PCB diossine-simili

Pesticidi Organoclorurati

DDT, DDD, DDE (per ciascuno Ʃ degli isomeri 2,4’ e 4,4’),

α-Clordano, γ-Clordano, Aldrin, Dieldrin, Endrin,

α-HCH, β-HCH, γ-HCH

In presenza di attività presenti o pregresse

che ne facciano ipotizzare la presenza, su una percentuale dei

campioni

0.0005 per singolo composto

2.3 Rifiuti

Le normative inerenti alla caratterizzazione, al trasporto e allo smaltimento dei rifiuti, il Decreto Legislativo 152[27] e il Decreto Legislativo 205 del 3/12/2010[33], non specificano dei limiti di concentrazione per i singoli contaminanti ma definiscono una serie di criteri in base a cui classificare un rifiuto e in particolare un rifiuto pericoloso.

Si legge, nell’Allegato D alla Parte Quarta del D. Lgs. 152, che ad ogni rifiuto viene attribuito un codice a sei cifre dove le prime due (da 01 a 15) consentono di risalire alla fonte del rifiuto. I rifiuti pericolosi sono contrassegnati da un asterisco (“*”) e si ritiene che presentino una o più delle seguenti caratteristiche:

- punto di infiammabilità ≤ 55°C;

- contenuto di sostanze molto tossiche in concentrazione totale ≥0.1%; - contenuto di sostanze tossiche in concentrazione totale ≥3%;

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- contenuto di sostanze corrosive in concentrazione totale ≥ 1%; - contenuto di sostanze corrosive concentrazione totale ≥ 5%;

- contenuto di sostanze molto irritanti in concentrazione totale ≥ 10%; - contenuto di sostanze irritanti in concentrazione totale ≥ 20%;

- contenuto di sostanze molto corrosive in concentrazione totale ≥ 1%;

- contenuto di sostanze cancerogene (rischio elevato) in concentrazione totale ≥ 0.1%;

- contenuto di sostanze cancerogene (rischio moderato) in concentrazione totale ≥ 1%;

- contenuto di sostanze tossiche per il ciclo riproduttivo (rischio elevato) in concentrazione totale ≥ 0.5%;

- contenuto di sostanze tossiche per il ciclo riproduttivo (rischio moderato) in concentrazione totale ≥ 5%;

- contenuto di sostanze mutagene (rischio elevato) in concentrazione totale ≥ 0.1%;

- contenuto di sostanze mutagene (rischio moderato) in concentrazione totale ≥ 1%.

La classificazione delle sostanze come tossiche, nocive, cancerogene etc. fa riferimento a quanto specificato nel Regolamento del Consiglio Europeo n. 1272 del 2008[14] tramite le frasi “H” (Hazard Statements) che sono andate a sostituire le vecchie frasi “R”. Le indicazioni specifiche per i policlorobifenili e per i pesticidi clorurati sono riportate nel Capitolo precedente.

I PCB e i pesticidi inoltre sono esplicitamente citati in alcuni codici di rifiuti nel Decreto 152. In tutti i casi risultano classificati come rifiuti pericolosi e, per quanto riguarda i policlorobifenili, si nota che la maggior parte delle fonti citate sono oli usati di circuiti idraulici, di refrigeranti, di condensatori e di trasformatori (codice 13 01 01*).

2.4 Oli di trasformatori

Dato il largo impiego passato dei policlorobifenili negli oli per condensatori e trasformatori esiste una normativa specifica per questo tipo di matrice: il Decreto Ministeriale dell’11 ottobre 2001[34]. Tale DM definisce tre livelli di concentrazione per classificare un olio, riportati nella Tabella 13 sottostante.

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Tabella 13: Concentrazioni di riferimento dei PCB per la classificazione degli oli usati tratte dal DM

11/08/2001

Livello di concentrazione Classificazione olio

Policlorobifenili contenuto ≥ 0.05% in peso (500mg/kg) altamente contaminato 0.005% ≤ contenuto in peso ≤0.05% 50mg/kg ≤ x ≤500mg/kg contaminato contenuto ≤ 0.005% in peso (50mg/kg) non contaminato

In questo caso i criteri di accettabilità di un metodo analitico in base alla Direttiva 2009/90/CE richiederebbero un limite di quantificazione pari o inferiore a 15mg/kg (30% di 50mg/kg) e un’incertezza di misura, calcolata ad un livello di concentrazione di 50mg/kg) pari a 25mg/kg (50% di 50mg/kg).

E’ interessante sottolineare che nell’Articolo 3 del Decreto Ministeriale dell’11 ottobre 2008 viene specificato anche il metodo di prova da usare, a differenza che nelle fonti legislative di riferimento per le altre matrici; in particolare per la determinazione analitica dei policlorobifenili negli oli usati devono essere seguite le linee guida della UNI EN 12766[35] di cui si tratterà nel prossimo Capitolo.

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CAPITOLO 3: Metodi di riferimento

Tutte le procedure di determinazione di PCB e pesticidi clorurati in matrici ambientali prevedono tre fasi principali: una fase di estrazione, una fase di purificazione e una fase di analisi. Generalmente l’estrazione viene condotta in Soxhlet, oppure assistita da ultrasuoni, o ancora avvalendosi di un Accelerated Solvent Extractor (ASE). Per quanto riguarda il clean-up le fasi adsorbenti utilizzabili sono molto numerose sia per le colonne da impaccare che per le cartucce commerciali preimpaccate. Infine, dato l’elevato grado di clorurazione dei composti in esame, le principali tecniche di analisi sono la gascromatografia con rivelatore a cattura di elettroni (GC/ECD) o la gascromatografia con rivelatore a spettrometria di massa (GC/MS).

Si ritrovano in letteratura numerose pubblicazioni relative alla determinazione di policlorobifenili e pesticidi nelle matrici di interesse, soprattutto riguardanti analisi di campioni di sedimenti e terreni. Come spiegato nel Capitolo successivo, da tali studi sono state tratte le basi per l’ottimizzazione dei metodi GC/MS, ponendo particolare attenzione alle programmate di temperatura.

Tuttavia, essendo lo scopo del presente lavoro la messa a punto di metodi utilizzabili per analisi di routine e, in un futuro, potenzialmente accreditabili, si è cercato di riferirsi prevalentemente alle linee guida di metodi normati ufficiali (Norme UNI e Metodi EPA). Inoltre per quanto riguarda i pesticidi, anche se in letteratura si ritrova una vasta varietà di tecniche di estrazione e trattamento di campioni, considerando che sulla tipologia di campioni in esame viene frequentemente richiesta la determinazione sia dei PCB che dei pesticidi, al fine di ottimizzare i tempi e i costi di analisi ci si è soffermati su quelle strategie che consentissero, con un’unica procedura di trattamento dei campioni, la determinazione di entrambe le classi di composti. In tale senso maggiori informazioni sono state tratte dalle metodiche EPA (Metodo EPA 8081b[36]) piuttosto che da studi in letteratura.

Nei prossimi paragrafi verranno riassunte le principali procedure analitiche descritte in letteratura e nei metodi ufficiali.

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3.1 Metodi in letteratura

Di seguito, in Tabella 14, viene presentata una panoramica riassuntiva delle tecniche di estrazione e purificazione più significative che si ritrovano descritte in letteratura per la determinazione di policlorobifenili in sedimenti e terreni. Si sottolinea infatti che per quanto riguarda la determinazione di PCB in oli di trasformatori il numero di lavori pubblicati è notevolmente minore rispetto a quello di lavori che descrivono l’analisi di terreni e sedimenti. Per gli oli quindi, come sarà spiegato successivamente, ci si è soffermati quasi esclusivamente sulle linee guida della UNI EN 12766[35].

Tabella 14: Esempi di tecniche di estrazione e purificazione proposte in letteratura per la determinazione di

PCB in terreni e sedimenti

Riferimento Tecnica di estrazione Tecnica di purificazione

Liu et al.[37]

Soxhlet

20g campione estratti per 20h con toluene

Colonne di silice colonne multistrato silice/ silice

acida/ silice basica

Bianco et al.[38] Microonde/Ultrasuoni

acetone/esano 1:1

Cartucce Florisil® cartucce commerciali da 0.5g/3ml

Sprovieri et al.[39] ASE

esano/acetone 80:20

Colonne Florisil® colonne impaccate con 1g di fase

stazionaria

Moret et al.[40]

Ultrasuoni

3g campione estratti per 2h con 50ml esano/diclorometano 4:1

Colonne Florisil®/Ossido di Alluminio

colonne impaccate multistrato

Per quanto riguarda i pesticidi le principali tecniche di estrazione proposte in letteratura prevedono l’utilizzo di ultrasuoni o microonde. Negli studi[41-44] spesso si utilizza come solvente estraente l’etere di petrolio, tuttavia, come già accennato, in questa sede si è deciso di ottimizzare un’unica strategia di estrazione e purificazione che consentisse la determinazione simultanea di policlorobifenili e pesticidi. Di conseguenza, come sarà trattato in dettaglio nella sezione dedicata alla parte sperimentale, si è preferito utilizzare solventi estraenti comunemente impiegati per i PCB (esano, acetone, diclorometano).

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3.2 Metodi ufficiali

Data la strumentazione disponibile è stato ottimizzato un metodo di analisi basato sulla gascromatografia con rivelazione per spettrometria di massa secondo le linee guida UNI EN 15308[45] e EPA 8270D[46]. Di seguito invece saranno trattati in dettaglio i vari metodi proposti per il trattamento di campioni appartenenti alle diverse matrici prese in esame.

3.2.1 Metodi ufficiali per terreni, rifiuti solidi e sedimenti

Le linee guida UNI e EPA di riferimento per l’analisi di PCB e pesticidi clorurati in terreni, rifiuti solidi e sedimenti suggeriscono tre tecniche di estrazione: il Soxhlet, gli ultrasuoni e l’Accelerated Solvent Extractor (ASE). Per quanto riguarda invece la fase di purificazione sono proposte numerose fasi stazionarie fra cui: ossido d’alluminio, silice, Florisil®, silice/nitrato d’argento. Per tutti questi adsorbenti sono suggerite strategie che si avvalgono sia di cartucce commerciali monouso che di colonne impaccate in laboratorio. Nel presente lavoro sono stati ottimizzati i parametri sperimentali per l’estrazione via Soxhlet e per l’estrazione assistita da ultrasuoni. La scelta delle fasi stazionarie utilizzate per la fase di purificazione è stata ristretta alla silice e alla Florisil®, adsorbenti riportati frequentemente in letteratura e comunemente disponibili in laboratorio. Infine, dovendo sempre tenere presenti anche le esigenze di brevi tempi d’analisi e dei conseguenti costi si è preferito basare l’ottimizzazione delle procedure d’analisi sull’impiego di cartucce preimpaccate di utilizzo immediato e con garantita riproducibilità di impaccamento e di pulizia.

3.2.1.1 Estrazione

Estrazione Soxhlet: UNI EN 15308[45]/ EPA Method 3541[47]

Le procedure consigliate, in questo caso, sono molto simili e prevedono di estrarre quantità di campione comprese fra 10 e 25g con acetone/esano 1:1 (v/v). Il metodo EPA a differenza della UNI è specifico per le apparecchiature Soxhlet automatiche. Ciò che differenzia la norma UNI è la fase di rimozione del solvente acetone (miscelato con l’eventuale acqua presente nel campione) via estrazione liquido-liquido con acqua. Il metodo EPA non prevede tale passaggio ma per una totale disidratazione dei campioni consiglia di aggiungere nel ditale di estrazione un’eguale quantità in peso del campione di solfato di sodio anidro.

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Estrazione via sonicazione: UNI EN 15308[45]/ EPA Method 3550b[48]

Entrambe le procedure suggeriscono come solventi estraenti l’acetone e l’esano però, mentre la UNI consiglia due estrazioni successive (ciascuna di 30min) la prima con solo acetone e la seconda con l’aggiunta di esano, il metodo EPA prevede di estrarre direttamente i campioni con una miscela di acetone/esano (1:1). Anche in questo caso inoltre le linee UNI consigliano la rimozione dell’acetone via estrazione liquido-liquido.

3.2.1.2 Purificazione

Sia i metodi EPA che le norme UNI consigliano una prepurificazione dei campioni per rimuovere l’eventuale zolfo presente. Lo zolfo elementare infatti, spesso presente in campioni di terreni e sedimenti, mostra solubilità analoga a quella dei composti organoclorurati nei più comuni solventi impiegati. Di conseguenza, se non rimosso, può portare notevoli interferenze cromatografiche. Le strategie suggerite per l’eliminazione dello zolfo prevedono l’impiego di polvere di rame pirogenico o del solfito di tetrabutilammonio (TBA solfito). In questa sede ci si è soffermati sull’uso del TBA.

La purificazione via tetrabutilammonio prevede la preparazione di una soluzione di tetrabutilammonio idrogeno solfato che viene poi saturata con solfito di sodio in modo da ottenere tetrabutilammonio solfito. Il TBA solfito ossida lo zolfo elementare presente nel campione a tiosolfato[49] che viene allontanato per estrazione con acqua secondo le reazione di seguito riportate.

2 + → 2 +

+ → 2 +

Eliminazione zolfo mediante uso di TBA: UNI EN 15308[45]/ EPA Method 3660b[50]

Entrambe le procedure prevedono l’utilizzo di una soluzione acquosa di TBA idrogeno solfato circa 0,1M. da saturare con solfito di sodio. Mentre le linee UNI suggeriscono la preparazione di tale soluzione in acqua/2-propanolo 1:1 (v/v) le linee EPA richiedono la preparazione in acqua e la successiva aggiunta dell’alcol. In ogni caso però la funzione del 2-propanolo è quella di ridurre l’eventuale emulsione formatasi fra la fase acquosa e l’estratto organico del campione.

E’ importante sottolineare (come specificato nella UNI EN 15308) che è opportuno eseguire l’eliminazione dello zolfo prima delle ulteriori fasi di purificazione perché il TBA

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ha lo stesso comportamento degli analiti nei confronti delle più comuni fasi stazionarie e quindi rappresenta un possibile interferente nell’analisi cromatografica.

Eliminazione degli idrocarburi mediante frazionamento con DMSO: UNI EN 15308[45] Le linee guida UNI inoltre suggeriscono un’ulteriore prepurificazione per quei campioni per cui si sospetta un elevato contenuto di idrocarburi alifatici (campioni per cui generalmente si ottiene un estratto molto scuro). In tali casi è consigliabile eseguire un frazionamento in dimetilsolfossido (DMSO). A differenza degli idrocarburi alifatici, gli analiti in esame risultano maggiormente affini al DMSO rispetto che ai solventi estraenti più utilizzati come esano e acetone. Il dimetilsolfossido è però miscibile con l’acqua e quindi, dopo aver rimosso gli idrocarburi, è possibile ridissolvere i composti clorurati ad esempio in esano trattando il DMSO con acqua e poi con esano: il dimetilsolfossido si miscelerà con acqua e di conseguenza PCB e pesticidi passeranno di nuovo nella fase esano.

Purificazione su cartucce di silice: UNI EN 15308[45]/ EPA Method 3630c[51]

Entrambe le procedure consigliano l’impiego di cartucce SPE impaccate con 1g di silice. Sia per il lavaggio che per l’eluizione viene suggerito l’utilizzo di esano; tuttavia, a differenza della norma UNI, il metodo EPA specifica una procedura di purificazione da applicare quando si desidera separare in diverse frazioni di eluito i PCB dai pesticidi clorurati.

Purificazione su cartucce Florisil®: UNI EN 15308[45]/ EPA Method 3620c[52]

Si indica con Florisil® (marchio registrato dalla U.S. Silica Co.) la fase stazionaria costituita da un particolare silicato di magnesio anidro con proprietà basiche.

I metodi ufficiali consigliano l’impiego di cartucce SPE da 2g. Anche in questo caso le linee guida EPA, a differenza delle UNI, specificano una particolare procedura tale da frazionare l’eluito così da separare i policlorobifenili dai pesticidi clorurati.

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3.2.2 Metodi ufficiali per oli di trasformatori e oli di scarto

Il testo di riferimento per il trattamento di campioni di oli di trasformatori (e quindi più in generale di oli di scarto) è la UNI EN 12766[35], definita specificatamente per la determinazione di PCB.

Tale norma prevede una prima fase di diluizione dei campioni (generalmente 1:10) con solventi organici quali esano o diclorometano. In alternativa, per quei campioni che si presentano come una miscela bifasica (fase acquosa/fase oleosa), è richiesta un’estrazione liquido-liquido con diclorometano per rimuovere la fase acquosa.

Per quanto riguarda la purificazione viene raccomandato l’utilizzo di cartucce SPE impaccate con acido benzensolfonico poste in serie con cartucce SPE impaccate con silice. L’eluente suggerito è l’esano.

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CAPITOLO 4: Parte sperimentale

La parte sperimentale del presente lavoro si è articolata in tre fasi principali: lo sviluppo di metodi GC/MS, l’ottimizzazione delle tecniche di estrazione e di purificazione per le varie matrici prese in esame e la validazione dei metodi analitici messi a punto tramite analisi di materiali di riferimento certificati e partecipazione a Proficiency Test.

Dovendo sempre tenere presente la necessità di arrivare alla definizione di procedure applicabili in analisi di routine ed eventualmente idonee per essere sottoposte ad accreditamento, la fase di ottimizzazione delle tecniche di pretrattamento dei campioni è consistita essenzialmente nella valutazione dell’efficienza delle principali strategie proposte nelle linee guida di metodi normati e nel perfezionamento delle stesse.

4.1 Materiali e strumentazioni

4.1.1 Strumentazioni utilizzate

Tutto il lavoro è stato condotto utilizzando un gascromatografo Agilent Technologies serie 7890A interfacciato ad uno spettrometro di massa a singolo quadrupolo Agilent Technologies serie 5975C operante in modalità di ionizzazione per impatto elettronico a 70eV.

Il gascromatografo, dotato di iniettore split/splitless con torretta per autocampionamento da 16 postazioni di analisi e tre postazioni per i solventi di lavaggio e di scarto, è stato equipaggiato con una colonna capillare Supelco SLB™-5ms (composizione fase stazionaria 5% fenil-, 95% metilpolisilossano).

Nelle fasi di pretrattamento dei campioni sono stati utilizzati: - una bilancia tecnica Ohaus Pioneer™;

- una bilancia analitica Mettler Toledo AG135 con sensibilità impostabile a 0.0001g o a 0.00001g;

- un bagno ad ultrasuoni Falc LBS 2;

- un Soxhlet automatico in grado di estrarre fino a tre campioni simultaneamente, VELP Scientifica SER 148 Solvent Extractor;

- un sistema di evaporazione rotante costituito da un Rotavapor BUCHI R-210, un bagno riscaldante ad acqua BUCHI Heathing Bath B-491 e una pompa BUCHI Vacuum Pump V-700.

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31 4.1.2 Materiali, standard e solventi

La messa a punto dei metodi è stata condotta utilizzando vetreria dedicata. Nelle fasi preparative si sono utilizzati: vials in vetro con tappo a vite Supelco da 2, 7, 15, 22ml, siringhe Hamilton gas-tight da 1, 5, 10, 100, 1000µl, bottiglie in vetro con tappo a vite da 100ml, beute e pipette tarate in vetro Pyrex, manifold in vetro Agilent Technologies per purificazioni SPE con tenuta a vuoto da 12 postazioni, vials Supelco per analisi GC/MS da 2ml con tappo con setto in PTFE e vials Supelco per analisi GC/MS con inserto da 300µl con tappo con setto in PTFE

Per le purificazioni via SPE sono state impiegate le seguenti cartucce commerciali: - Supelco Dual Layer Florisil/Na2SO4 (2g/2g), 6ml PP SPE Tube;

- Agilent Technologies Bond Elut-SCX 500mg, 3ml 50/PK; - Agilent Technologies SampliQ Silica 1000mg, 6ml 30/PK.

Sempre nelle fasi di purificazione sono stati impiegati: tetrabutilammonio idrogeno solfato puro al 97%, Fluka Analytical, Silica Gel 70-230 mesh, Fluka Analytical solfato di sodio Fluka Analytical.

Come solventi sono stati usati isottano, esano, diclorometano e acetone Fluka Analytical di grado per analisi di diossine, furani e PCB, dimetilsolfossido Sigma Aldrich, 2-propanolo Sigma Aldrich di purezza superiore al 99,8%, e acqua deionizzata Millipore.

Infine gli standard impiegati sono: Ultrascientific WHO/ISS PCB Mixture cad. analita a 10µg/ml in isottano, AccuStandard Decaclorobifenile in esano a 1000µg/ml, Supelco Analytical 2,4,5,6-tetracloro-m-xylene 1000mg, standard Ultrascientific in isottano contenenti singoli congeneri PCB a 100µg/ml (in particolare congeneri 18, 28, 52, 81, 101, 118, 138, 153, 170 e 180), Ultrascientific Method DM 471 Pesticides Mixture contenente ciascun analita ad una concentrazione di 100µg/ml in acetone e 2,5-dibromotoluene in metanolo a 5000µg/ml Ultrascientific.

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4.2 Messa a punto dei metodi GC/MS

Un parametro su cui è interessante focalizzare l’attenzione per quanto riguarda lo spettrometro di massa è il Gain Factor.

In generale durante la procedura di Tuning il voltaggio applicato all’elettromoltiplicatore viene modulato al fine di ottenere, per il frammento ionico calibrante, l’abbondanza relativa corretta.

Si definisce Gain il rapporto fra la piccola corrente in uscita dal filtro di massa e la più elevata corrente prodotta in seguito all’amplificazione dovuta all’elettromoltiplicatore. Durante la messa a punto di un metodo per l’analisi di elementi in tracce è pratica comune impostare un ulteriore incremento rispetto al voltaggio ottenuto dal Tuning dello strumento così da riuscire a rivelare anche le concentrazioni più basse. Il voltaggio complessivo applicato all’elettromoltiplicatore risulta quindi essere dato dalla somma fra il voltaggio estrapolato dal Tune e il voltaggio costante fissato come incremento. Tuttavia in questo modo, nel corso del tempo, proporzionalmente anche al numero di analisi eseguite, si osserverà una perdita di risposta dovuta allo sporcarsi delle parti elettroniche e all’invecchiare dell’elettromoltiplicatore. Ciò è dovuto al fatto che, come schematizzato in Figura 8, con l’usura dell’elettromoltiplicatore, il segnale ottenuto applicando uno stesso voltaggio diminuisce. Di conseguenza, impostando come parametro dello spettrometro di massa, un’amplificazione di segnale assoluta e non relativa si registrerà una perdita di riproducibilità sia nel corso del tempo che fra strumenti differenti.

Figura 8: Segnale ottenuto in funzione del voltaggio assoluto impostato. Schematizzazione delle differenze di

Figura

Figura 2: Schema di meccanismo di monoclorurazione del bifenile tramite sostituzione aromatica elettrofila
Tabella 4: Elenco dei congeneri PCB classificati come prioritari dalla WHO
Figura 4: Strutture dei pesticidi organoclorurati oggetto di questo γ-Lindano
Figura 7: Schema di formazione del Lindano Figura 6: Schema di formazione dei pesticidi clorurati biciclici
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Riferimenti

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