• Non ci sono risultati.

4 CAPITOLO I Introduzione Il movimento anti-globalizzazione da Seattle a Napoli: una panoramica

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "4 CAPITOLO I Introduzione Il movimento anti-globalizzazione da Seattle a Napoli: una panoramica"

Copied!
11
0
0

Testo completo

(1)

4

CAPITOLO I

Introduzione

Il movimento anti-globalizzazione da Seattle a Napoli: una panoramica

1.1Radici e temi del movimento

Il “discorso sulla globalizzazione”, teso a difenderne i principi o criticarne gli effetti, ha ampliato il nostro vocabolario assimilandone le categorie, il linguaggio tercnico e i suoi contenuti teorici e pratici. Ci ha fatti riflettere con più consapevolezza sul significato dei Diritti Umani, sulla reale validità del Diritto Internazionale, sui cambiamenti del Mercato del Lavoro nazionale ed estero.

La stessa parola “globalizzazione”, oltre a suggerire la dimensione che assumono questioni fino a qualche decennio fa legate a singoli territori, impone una riflessione più profonda ed indica l'inizio di un nuovo corso della Storia mondiale, della geopolitica, dell'economia.

Questa nuova realtà del panorama internazionale, in grado di influenzare tanto le politiche estere ed interne degli stati, quanto la quotidianità della vita di ciascun individuo, è il risultato di un processo in continua evoluzione le cui basi sul piano economico furono gettate negli Stati Uniti nella prima metà degli anni '70. Nel saggio “La Globalizzazione, dalla culla alla crisi” A.Volpi, docente di Storia Economica all'Università degli Studi di Pisa, ne rintraccia i primi segnali nel 1975, quando una delle voci più influenti della teoria monetarista Milton Friedman si reca in Cile per discutere con Augusto Pinochet del destino dell'economia di quel paese. Interrogato sul senso della sua visita in un Paese soggetto ad una pesante repressione interna dovuta alla dittatura militare instaurata proprio da Pinochet, Friedman dichiarò di aver voluto illustrare al dittatore le opportunità che sarebbero scaturite dall'apertura dei mercati.1

Dal 1975 ad oggi per effetto delle politiche economiche messe in atto dai Paesi più sviluppati dal punto di vista economico, dall’istituzione di macro-aree regionali, come Unione Europea e NAFTA all'interno delle quali viene promossa la libera circolazione delle merci, all'istituzione di organismi come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, il GATT (da cui nel '95 avrà origine la WTO-OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio), la tendenza ad integrare le economie nazionali all'interno del mercato globale ha subito una continua, inesorabile crescita. Integrazione da un lato promossa o raggiunta dai singoli Stati per effetto di scelte ben precise in termini politici, dall'altro indotta se non obbligata per effetto della regolamentazione del mercato, con ingerenze anche sulla sovranità nazionale dei governi, e dell'imposizione di piani economici da parte dei già citati organismi internazionali.

La crescita delle politiche relative alla globalizzazione e i loro effetti hanno suscitato, specialmente con la conclamazione del fenomeno e con la circolazione delle informazioni e l’ampliarsi delle reti sociali grazie al miglioramento delle comunicazioni, molta preoccupazione. A partire dalla seconda metà degli anni '90 comincia a costituirsi grazie soprattutto a strumenti, forniti e potenziati dalla nuova economia, come Internet un movimento di critica delle politiche determinate dalla Globalizzazione e dei suoi effetti sulla società e sull'ambiente2.

La consacrazione del movimento anti-globalizzazione avviene nei giorni tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre 1999 a Seattle, quando in occasione del vertice WTO (in cui doveva essere discusso il rilancio del commercio globale nel millennio alle porte)3 le numerose associazioni, i sindacati e le reti che nel corso degli anni precedenti avevano promosso campagne di sensibilizzazione o di protesta sia sulla rete web, sia nei

1“Il guru del monetarismo fu molto criticato dalla stampa americana per la scelta di incontrare il carnefice di Salvador Allende e

della democrazia cilena, ma la sua motivazione era stata quella di voler diffondere anche nei Paesi più chiusi il verbo della liberalizzazione degli scambi e della libera circolazione dei capitali come unica formula in grado di garantire lo sviluppo e l'affermazione dei processi di democratizzazione.” da A. Volpi, La Globalizzazione dalla culla alla crisi.Una nuova biografia del mercato globale, altreconomia, Milano , 2013. Pag.6

2

“La contestazione di Seattle prende forma on line. Proprio Internet, il Grande Fratello della odiata new economy, raccoglie le

delusioni, le rivendicazioni, i malumori di tanti navigatori arrabbiati. La Rete registra insoddisfazioni intercontinentali e trova un denominatore comune, individua il nemico, recluta l’armata che poi diventa esercito.” Filippo Nanni, Alessandra d’Asaro, Gerardo

Greco, “Sopravvivere al G8. La sfida dei ribelli al mercato mondiale”, Roma, Editori Riuniti, 2001, pag.9.

3 Le riunioni della WTO-OMC si tematizzano in cosiddetti “round”, in cui vengono dettate le linee per le politiche economiche nel periodo successivo alla singola conferenza. Quello del 1999 venne denominato “Millennium Round”.

(2)

5

propri territori (si pensi all'iniziativa di Josè Bovè contro la Mc. Donald in francia)4, si diedero appuntamento per contestare e provare a bloccare la conferenza. Ne scaturirono duri scontri che portarono il movimento e le tematiche da lui promosse agli onori della cronaca, moltiplicandone gli aderenti e la capacità comunicativa, nonostante le attività delle strutture associative e politiche che lo componevano avessero iniziato le proprie attività quasi un decennio prima.

A Seattle le istituzioni locali furono costrette a sospendere il vertice e dichiarare lo stato d'emmergenza, oltre a istituire il coprifuoco per le giornate dal 1 al 4 Dicembre.5

Da quella data in poi il tema della sicurezza in occasione degli incontri internazionali fu il problema principale affrontato dai governi degli Stati ospitanti e spesso ha occupato un posto di primo piano nelle cronache, forse maggiore di quello occupato dai punti in discussione all'ordine del giorno e sicuramente dei contenuti portati in piazza dal movimento, battezzato dal '99 in poi “Popolo di Seattle”. Sul New York Times viene messa sotto accusa la gestione dell’ordine pubblico da parte delle istituzioni locali e la loro scarsa preparazione.6

Un altro effetto indotto in qualche misura dalle proteste è stato anche l'inserimento di alcuni temi trattati dalle campagne di sensibilizzazione, all'interno delle discussioni dei vertici.

Oggetto della contestazione, da Seattle in poi, è sia la legittimità dei vertici, sia le scelte politiche imposte. La visione del Popolo di Seattle delle istituzioni internazionali è quella di organismi antidemocratici (WTO, G8, FMI, Banca Mondiale hanno l'obiettivo di determinare la politica economica mondiale anche a scapito dei Paesi che non ne fanno parte o che occupano al loro interno delle posizioni di subalternità; nello specifico del G8 come tipologia e modalità degli incontri si tornerà più avanti) che decidono del destino dell'intero pianeta.

L'economia globale infatti induce cambiamenti radicali specialmente al livello sociale, scavalcando le politiche locali, in quanto tali mutamenti spesso non sono altro che ripercussioni dell’andamento del mercato, a partire da quello lavorativo. La tendenza diffusa è che l'unica possibilità di sopravvivenza di un'economia nazionale sia quella di trovare uno spazio all'interno del nuovo mercato globalizzato, adeguandosi quindi alle sue regole che sono appunto dettate dalla WTO e garantite dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale in molti casi sotto la minaccia di sanzioni economiche.

Sono proprio le ripercussioni del mercato e delle regole della nuova economia globale a preoccupare il movimento, in quanto viene messa in discussione la salute ambientale e quella collettiva; viene minata la stabilità della vita e di fatto vengono messi in crisi, quando non negati, tanto i diritti fondamentali quanto quelli sindacali.

Le campagne più importanti messe in piadi nel corso degli ultimi vent'anni si concentrano principalmente sui temi del debito, dell'inquinamento, del diritto alla salute, della guerra permanente, dei diritti sindacali. In particolare il Debito dei paesi del terzo mondo può essere individuato come una delle cause primarie della crisi dei diritti e della salute.

Nato dal finanziamento di prestiti per la crescita economica a partire dalla fine degli anni settanta da parte delle banche dei paesi più sviluppati, specialmente quelle americane, ed arrivato nel giro di pochi anni, a causa dell'improvviso innalzamento dei tassi d'interesse, all'impossibilità di essere colmato, il Debito ha reso necessario l'intervento del FMI e della Banca Mondiale che hanno erogato altri fondi a favore dei paesi indebitati per permettere il pagamento degli interessi. Iniziativa che ha avuto un costo: l'obbligo per i paesi che hanno beneficiato dell'ulteriore prestito, di intervenire sulle proprie politiche economiche con i Piani di aggiustamento strutturale. Questi Piani hanno determinato scelte interne, spesso a scapito della popolazione,

4

Nell’Agosto del 1999 Bovè assaltò, insieme ad un centinaio di agricoltori, il cantiere di un Mc.Donald’s in costruzione a Millau nel sud-est della Francia, per protestare contro i dazi decisi dagli Stati Uniti su alcuni prodotti agricoli francesi. (Filippo Nanni, Alessandra d’Asaro, Gerardo Greco, “Sopravvivere al G8.”, cit.)

5

“National Guard Called In To Quell Trade Protests. Downtown Seattle was placed under curfew and the National Guard was called in after thousands of protesters, some of whom clashed with the police, disrupted the opening of a meeting of the World Trade Organization, a gathering that President Clinton had hoped would be a showcase for American leadership on free trade.” Dal New York Times del 1 Dicembre 1999.

6 “Mr. Clinton's aides here were clearly angered that the authorities in Seattle, after a year to prepare, were unable to prepare a

(3)

6

orientate all'estrema liberalizzazione del mercato interno e internazionale.7

Conseguenze immediate di queste scelte sono la riduzione della spesa pubblica, innanzitutto quella a favore di istruzione e sanità, con un effetto disastroso specialmente per i paesi africani sulla profilassi e la cura di malattie mortali come l'AIDS che in Africa colpisce il 60% della popolazione, e lo smantellamento dei diritti sindacali con l'adozione di contratti atipici e la privatizzazione dei servizi e delle imprese statali.

Sul piano industriale e commerciale si ha l'emergere di imprese e aziende svincolate dalle leggi dei singoli Stati che non sono quindi obbligate al rispetto delle norme nazionali (o comprese nei trattati internazionali da essi sottoscritti) potendosi muovere e dislocare in aree del pianeta in cui le regole in materia di emissioni, orari lavorativi, modalità della produzione sono meno rigide o inesistenti.

A chiudere questo breve elenco dei temi più cari al movimento anti-globalizzazione resta quello degli OGM (Organismi Geneticamente Modificati). La lotta contro il cibo cosiddetto “transgenico” riguarda sia un livello economico, che uno definibile etico-alimentare. La produzione di organismi geneticamente modificati segue l’iter di qualsiasi altro prodotto industriale, compresa la possibilità di brevettare il gene (come un qualsiasi altro “prototipo”) da immettere sul mercato, garantendo così all’azienda produttrice il monopolio della filiera. Esistono diversi tipi di OGM, uno di questi è stato brevettato col nome di Terminetor, un tipo di seme sterile che obbliga l’agricoltore a ricorrere ogni anno all’acquisto di nuove semenze, non potendo utilizzare quelle naturalmente prodotte dalla pianta. È evidente l’impatto che il dilagare di simili brevetti può produrre sul settore agricolo anche a livello mondiale. Esiste poi la possibilità di intervenire sulla pianta o l’animale al livello di struttura genetica, inserendo geni provenienti da altri organismi al fine di garantire una resa migliore o una particolare resistenza agli eventi atmosferici o ai parassiti. Quello che si teme è la creazione in laboratorio di specie non più “controllabili” dalla selezione naturale o dall’intervento dell’uomo. Non ci sono poi particolari garanzie sulle ripercussioni che un’alimentazione a base di OGM può avere sulla salute pubblica8. Ma al di là del fenomeno legato all’ingegneria genetica rimane sotto accusa l’asservimento della produzione agricola e dell’allevamento alla logica di un conseguimento spregiudicato del profitto. Un esempio su tutti sono i cosiddetti allevamenti intensivi e l’intervento sui capi di allevamento con terapie ormonali al fine di incrementare la produzione e la resa del prodotto.

Anche le politiche legate all’alimentazione ed agli accordi sulla circolazione dei prodotti sono argomento dei vertici internazionali sotto accusa (si ricordi l’esempio della campagna di Josè Bovè sui dazi imposti dagli USA all’esportazione del formaggio roquefort).

1.2 Porto Alegre 2001: “L’internazionale dei ribelli”

All’interno del ciclo di lotte che ha caratterizzato il movimento anti-globalizzazione, che come ricordato si era organizzato soprattutto sulla rete Internet, riveste un’importanza particolare l’organizzazione del primo Social Forum Mondiale tenutosi a Porto Alegre in Brasile, nel Gennaio del 2001.

L’appuntamento che ha scelto la località brasiliana come sede per il suo forte valeore simbolico9

, costituisce a distanza di un anno dagli avvenimenti di Seattle, il primo appuntamento formale di riunione e discussione di tutto il movimento per una “globalizzazione dal basso”; ad una serie di appuntamenti scelti per contestare, tentare di bloccare ed assediare i vertici ufficiali degli Stati e degli enti promotori della globalizzazione, il

7

“I vincoli imposti prevedevano la firma da parte del Paese indebitato di una lettera d’intenti con il Fondo, in cui si impegnava a

riorganizzare la propria economia secondo quelli che erano stati definiti Programmi di aggiustamento strutturali (ESAF).[...] I punti principali contemplati in tali programmi erano: svalutazione della moneta locale; [...]liberalizzazione dei prezzi interni; controllo dei livelli salariali e contenimento della spesa pubblica interna [...]; riduzione delle barriere commerciali [...]; sostegno alle attività di esportazione e contrazione dei consumi interni per favorire la vendita all’estero [...]; privatizzazione dei servizi e dei settori produttivi. [...] Il complesso di queste misure, che provocarono tra l’altro ingenti e forzati spostamenti di popolazione da zona a zona, non produsse affetti positivi per i Paesi indebitati che anzi aggravarono la loro situazione proprio per l’ulteriore indebitarsi al fine di pagare gli interessi.” A.Volpi,cit. pp.19-20.

8

Sull’onda delle numerose contestazioni e campagne di sensiblizzazione l’Italia ha emesso leggi che regolano la presenza e la circolazione dei prodotti OGM sul mercato interno (N.d.R)

9

La capitale del Rio Grande del Sud, amministrata dal Partido dos trabahadores (Partito dei lavoratori), è stata la prima città brasiliana a varare leggi che garantiscono alle minoranze razziali e ai portatori di handicap pari diritti nell’accesso al mercato del lavoro; inoltre i cittadini, organizzati in assemblee, deliberano sul cosiddetto «bilancio partecipativo», hanno cioè la possibilità di pronunciarsi sulla destinazione di una parte dei fondi comunali.(Enciclopedia Treccani On-line,

(4)

7

movimento decise di aggiungerne uno annuale dedicato esclusivamente alla discussione delle proprie tematiche:

“The World Social Forum will be a new international arena for the creation and exchange of social and economic projects that promote human rights, social justice and sustainable development. It will take place every year in the city of Porto Alegre, Brazil, during the same period as the World Economic Forum, which happens in Davos, Switzerland, at the end of January. Since 1971, The World Economic Forum has played a key role in formulating economic policies throughout the world. It's sponsored by a Swiss organization that serves as a consultant to the United Nations and it's financed by more than one thousand corporations.

The World Social Forum will provide a space for building economic alternatives, for exchanging experiences and for strengthening South-North alliances between NGOs, unions and social movements. It will also be an opportunity for developing concrete projects, to educate the public, and to mobilize civil society internationally. The World Social Forum developed as a consequence of a growing international movement that advocates for greater participation of civil societies in international financial institutions such as the International Monetary Fund (IMF), the World Bank, and the World Trade Organization (WTO). For decades, these institutions have been making decisions that affect the lives of people all over the world, without a clear system for accountability and democratic participation.

Brazil is one of the countries that have been greatly affected by global economic policies. At the same time, different sectors of Brazilian society are crating economic alternatives in rural and urban areas, in shantytowns, factories, churches, schools, etc. The richness of Brazilian grassroots organizations represents a source of inspiration for the development of the World Social Forum. The Brazilian Organizing Committee is building alliances with organizations in the Americas, Africa, Asia and Europe to develop the World Social Forum. This will be a broad coalition of organizations working on issues such as human rights, sustainable development, education, and environmental protection. The World Social Forum will discuss topics such as:

building economic policies that promote human development;

creating international strategies for grassroots organizing;

building proposals to democratize international institutions, such as the WTO, the IMF, and the World Bank;

the influence of multinational corporations in local communities;

creating sustainable development proposals to eradicate poverty and hunger, and to protect the environment;

organizing against gender and racial discrimination;

the protection and preservation of indigenous land and culture.10

L’esito del primo World Social Forum fu la redazione di una lettera aperta come documento finale dell’assemblea in cui venivano elencati i punti salienti della contestazione. Le date di questo primo appuntamento mondiale coincisero, per aumentarne il valore simbolico, con le date del World Economic Forum tenutosi a Davos in Svizzera (dal 25 al 30 Gennaio del 2001). Si parla quindi di un movimento che presenta caratterische peculiari: è internazionale, coordinato e strutturato in social forum o assemblee territoriali, ma accoglie associazioni e organizzazioni che operano a livello mondiale, ed è trasversale, cioè coinvolge un numero enorme di realtà non in base all’appartenenza etnica o sociale, ma sulla base dell’interesse ad opporsi a politiche riguardanti più aree di intervento; il Forum Sociale Mondiale che è stata la struttura formale di coordinamento al livello planetario è un passaggio del ciclo di lotte giunto alla ribalta con le giornate di Seattle, ma che ha preso vita già nella seconda metà degli anni novanta. Un ciclo di lotte che è riuscito a darsi come obiettivo, oltre l’elaborazione di argomenti in forte opposizione con le decisioni prese dagli organismi e dai vertici internazionali (sostenuti scientificamente, quindi non frutto di pure opposizioni ideologiche), l’assedio e il sabotaggio dei vertici stessi: dal World Economic Forum di Davos nel 2000, alla riunione annuale del G8, passando attraverso forum mondiali organizzati per affrontare tematiche

10

(5)

8

specifiche come le biotecnologie11, vertici della FAO o della NATO. Caratteristica di alcuni di questi vertici internazionali, che viene posta sotto accusa insieme alla legittimità delle decisioni assunte, è la compresenza di organismi privati (società multinazionali o corporations) che hanno presenziato i vertici in qualità di ospiti se non di veri e propri enti promotori ed organizzatori.12

I contenuti della contestazione, legittimati a Porto Alegre anche dalla presenza di intellettuali di spicco e di fama mondiale, sono spesso passati in secondo piano da Seattle in poi. La stampa e le istituzioni hanno spesso accusato il movimento di utilizzare metodi violenti per ribadire le ragioni della sua opposizione. Il discorso sulle pratiche della protesta merita un breve approfondimento: la metodologia adottata dalle associazione e dalle realtà presenti nelle piazze di tutto il mondo è sempre stata pacifica, caratterizzata da forme di protesta simboliche e fantasiose. A Seattle per esempio la protesta colorata degli oppositori alla globalizzazione ha visto sfilare per le strade numerosi pupazzi raffiguranti tartarughe marine (simbolo del rischio ambientale derivante dall’inquinamento dei mari), Josè Bovè ha fatto della distribuzione di formaggio francese la sua particolare protesta contro i dazi imposti dagli USA all’importazione del prodotto. Oltre al carattere simbolico la modalità dei controvertici è sempre stata caratterizzata dal blocco stradale pacifico, con i manifestanti incatenati o sdraiati sull’asfalto per impredire l’accesso alle strutture che ospitavano le conferenze da parte di delegati e rappresentanti di governi e istituzioni. Ne sono sempre derivati scontri e contrasti con le forze dell’ordine piuttosto violenti di cui hanno fatto le spese soprattutto i contestatori. C’è da aggiungere che da Seattle, come già accennato, vista l’impreparazione ad un tipo di contestazione così radicale e in grado di mettere in discussione la normale programmazione degli incontri, la prevenzione e le misure adottate per garantirla, sono sempre state oggetto di particolare attenzione da parte dei responsabili della sicurezza e dell’ordine pubblico. La riuscita del vertice, più che l’evitabilità dei disordini, ha costituito il terreno sul quale gli operatori delle forze dell’ordine hanno cercato di guadagnarsi credibilità. A facilitare l’imputazione degli episodi di danneggiamento all’intero corpo del movimento, che per la sua natura eterogenea ed estremamente inclusiva rendeva difficile (e rifiutava) le distinzioni, è stata la comparsa all’interno di ogni appuntamento di piazza dei cosiddetti Black Bloc13

. Comparsi per la prima volta nel corso delle giornate di Seattle, ma battezzati così dalla polizia tedesca già dalla fine degli anni ottanta, i Black Bloc non sono una realtà strutturata ed organizzata politicamente, nè è possibile ricondurli ad un’ideologia precisa. La sua accezione deriva in gran parte dall’uso distorto che la stampa mondiale ne ha fatto, fino a diventare un semplice sinonimo di “violento”, di chi nelle pratiche della manifestazione di piazza reagisce alla violenza, di chi si abbandona ad episodi di teppismo.

Col crescere del movimento, della sua importanza e della sua capacità di determinare anche le agende dei vertici, si approfondisce il dibattito interno rispetto alle scelte praticate nel corso dei cortei e dei sit-in di contestazione. Tale dibattito, che fa da sfondo a quello più centrale riservato alle rivendicazioni, sulla scelta violenta o non violenta della piazza accompagna tutto il ciclo di lotte, fino ad esplodere all’indomani degli appuntamenti italiani del 2001.

Dopo questa breve panoramica, necessaria a contestualizzare il tema centrale delle pagine che seguiranno, per evitare di ricondurre la parte delle lotte contro la globalizzazione che verranno prese in esame, ad una sequela di scontri di piazza poveri di contenuti politici e ideologici, si può rivolgere l’attenzione alla trama di avvenimenti che ha preparato lo svolgimento del vertice G8 di Genova, appuntamento che riveste

11

Per un elenco dettagliato degli appuntamenti può essere interessante consultare alcuni Siti ancora esistenti, ma costruiti nei primi anni di vita del movimento. Fra questi si segnala il sito www.rfb.it, Resistenza ai Frankenfood e alla Biopirateria, incentrato appunto sulle tematiche legate all’agricoltura e all’alimentazione, ma inserito nella “rete” del movimento (sono indicati tutti i link, diversi dei quali non più attivi, che rimandano a siti di associazioni, reti, forum, ecc).

12

È il caso ad esempio del WEF di Davos, la cui base organizzativa è una fondazione svizzera(la Schwab Foundation), o i vertici sull’e-government in cui sono presenti anche società private che si occupano di telecomunicazioni.

13

Il Blocco Nero o Black Bloc compare per la prima volta nelle strade di Seattle. Ne dà notizia il New York Times riservandogli un

articolo in cui viene descritta la loro modalità della protesta e messa in risalto la loro dissonanza rispetto al tenore della protesta “TALKS AND TURMOIL: THE VIOLENCE; Black Masks Lead to Pointed Fingers in Seattle. [...]A surge of violence that ended in a civil emergency began when a knot of people dressed in black broke away from the main demonstration and started overturning trash containers, stoking fires and smashing windows of stores and restaurants.” Dal New York Times del 2 Dicembre 1999.

(6)

9

nell’immaginario collettivo un’importanza pari a quello di Seattle di un anno e mezzo prima. 1.3 Napoli. Ordine pubblico e violenza

Da Porto Alegre a Genova si è assistito ad un susseguirsi di avvenimenti e di polemiche che hanno in qualche misura reso i giorni del luglio 2001 una conseguenza necessaria delle premesse con cui l’anno politico si era aperto. Porto Alegre ha legittimato al di fuori della piazza un movimento che portava sulla vetrina internazionale non solo una ferrea opposizione alle ragioni della globalizzazione ed i suoi rischi intrinseci, ma proposte praticabili (che certamente mettevano in forte discussione le logiche di mercato).

Dopo Porto Alegre e Davos, a Gennaio, il 2001 il Popolo di Seattle si dà come appuntamento il Global Forum sull’amministrazione pubblica tenutosi a Napoli tra il 15 e il 17 Marzo. Il tema della conferenza è incentrato sul miglioramento che le amministrazioni possono approntare al sistema burocratico e di gestione dei servizi, grazie all’adozione dei sistemi informatici. Tra gli argomenti in agenda, di sotto elencati, occupa una posizione di primo piano la risuzione del cosiddetto “Digital Divide”, cioè il divario digitale. Con il termine si indica l’ulteriore divisione (oltre quella economica) tra paesi del nord e del sud del mondo che potrebbe ampliarsi in seguito all’estendersi dell’uso delle nuove tecnologie digitali.

Sulle testate giornalistiche italiane si susseguono notizie che condizionano il clima del meeting, annunciando oltre i temi, l’arrivo delle contestazioni.

Il quotidiano “La Stampa” offre una sintesi abbastanza esaustiva di quali e quanti temi verrranno affrontati nel corso della conferenza:

“Il meeting:

è dedicato all’e-government come strumento di democrazia e di sviluppo. L’edizione napoletana segue quelle di Washington nel ’99 e Brasilia nel 2000.

I Partecipanti:

sono circa 1000 i partecipanti e 100 le delegazioni governative. Studiosi, organizzazioni internazionali, aziende e centri di ricerca, associazioni non profit.

Temi:

- L’applicazione delle tecnologie dell’informazione a di internet all’amministrazione, come strumento

di progresso civile, economico e sociale;

- L’e-government sotto il profilo dei servizi ai cittadini ed alle imprese, ma anche sotto quello della

privacy, della validazione elettronica dei documenti, della comunicazione e della democrazia on-line;

- Fornire, soprattutto ai paesi in via di sviluppo, l’opportunità di sfruttare l’Information e Communication Technology applicate alle amministrazioni, per consentirne la crescita economica e sociale e in termini di trasparenza e democrazia;

- Il ruolo delle donne e le pari opportunità nella società dell’informazione;

- La riduzione del divario tecnologico tra nord e sud del mondo.”14

Le giornate del vertice vero e proprio sono il 15, il 16 e il 17 Marzo. L’appuntamento per l’apertura del controvertice, denominato dagli organizzatori “No-Global Forum” (sarà da questa data che il movimento verrà detto anche No-Global) è per il 14. I temi discussi al di fuori della zona protetta, una delle “Zone Rosse” che dopo Seattle caratterizzano questi incontri, sono quelli peculiari del movimento. Non viene però tralasciato il “taglio” specifico del Global Forum e oltre all’assedio reale delle strade, cercando di forzare i blocchi della polizia per poter accedere alla Zona Rossa e richiedere l’intervento di una delegazione (300 persone), viene indetto un “Net Strike”, uno sciopero della rete, concretizzatosi con il tentativo di intasare il traffico della Fineco, per rallentarne le transazioni.

Gli organizzatori istituzionali del vertice, in paricolare l’allora ministro per la funzione pubblica Bassanini, annunciano sulla stampa nazionale la disponibilità da parte loro ad accogliere una rappresentanza (annunciata per tempo) che partecipi al dibattito e presenti le ragioni della contestazione15 (una posizione

14 Da “La Stampa”, Venerdì 16 Marzo 2001

(7)

10

analoga era stata tenuta dallo stesso Bill Clinton, presidente in carica negli USA all’epoca della “battaglia di Seattle”16

). Un segnale di apertura che potrebbe essere letto in due modi: la reale volontà di allargare il dialogo rispetto a tematiche delicate come quelle che riguardano lo sviluppo tecnologico, in particolare dei Paesi del sud del mondo; oppure un tentativo di delegittimare la protesta, dichiarando apertamente la disponibilità al dialogo, gettando le basi della criminalizzazione a priori delle mobilitazioni, che a Napoli hanno portato in piazza 30.000 persone nella giornata conclusiva del 17 marzo.

Il programma del controvertice attraversa quelle che nelle pubblicazioni di movimento diventano le “4 Giornate di Napoli” e prevede per la giornata del 14 l’arrivo degli attivisti dal resto d’Italia e d’Europa e durante la serata una street-parade denominata per l’occasione “in-FEST-azione”, una sfilata festosa per le vie limitrofe alla “Zona Rossa”; il 15 la giornata si apre con un corteo che si caratterizza per l’iniziativa di “chiusura degli occhi del Grande Fratello”, durante la marcia infatti i manifestanti oscurano con della vernice nera le numerose telecamere di videosorveglianza installate lungo il percorso intrapreso. Nel pomeriggio, dopo l’occupazione delle facoltà di Lettere e Filosofia, di quella di Architettura e dell’ Orientale di Napoli, l’iniziativa di punta è invece il “Net Strike”, che prevede l’intasamento del sito della Fineco17

e un’occasionale “beffa” telematica, viene cioè riprodotto (utilizzando un dominio non ancora registrato sulla rete) il sito ufficiale del Global Forum. La copia ne costituisce una parodia in alcuni passaggi della presentazione e numerosi avventori del web, tra cui giornalisti, si registrano al falso sito web; nel corso della giornata del 16 il programma del controvertice prevede un’assemblea plenaria dei numerosi contestatori accorsi a Napoli, un convegno internazionale sul tema “Movimenti e Globalizzazione” e durante il pomeriggio si susseguono numerose iniziative anche di carattere allegorico, con performances teatrali. Durante la serata il movimento si prepara ad affrontare il grande corteo unitario del 17. La giornata è stata caricata di aspettative e timori; il clima è stato reso ancora più aspro da momenti di tensione dei primi tre giorni, dalle immagini della preparazione delle misure di sicurezza, dai numeri messi in campo dai responsabili delle forze dell’ordine e dalla dichiarazione degli obiettivi dei manifestanti.

Napoli si distingue in parte dagli altri appuntamenti antiglobalizzazione principalmente per il taglio dato dagli organizzatori alle modalità della presenza in piazza e alle pratiche di lotta. Esiste un breve documentario autoprodotto, disponibile tuttora on-line, dal titolo “Zona Rossa” in cui viene raccontato e spiegato il controvertice del 2001 attraverso immagini ed interviste, in una di queste una portavoce del movimento spiega quali sono state le intenzioni nel dare un’impostazione diversa al corteo del 17:

“Credo che noi a Napoli abbiamo dimostrato qualche cosa di importante. E cioè che un appuntamento

che non era di primo piano effettivamente rispetto ai vertici internazionali, è diventato invece un appuntamento fondamentale per il movimento antiglobalizzazione. [...] Non era affatto scontato che poi, come è successo durante l’M1718, si scendesse in piazza in modo compatto e unitario come poi di fatto è stato.Inizialmente si era pensato di ripercorrere l’esperienza di Praga, quindi tre cortei che fossero caratterizzati da colori o comunque gruppi di affinità differenti, che scendessero con pratiche differenti in piazza, pur legittimandosi fra loro. La cosa migliore invece era fondamentalmente fare insieme tutti la stessa cosa, porsi l’obiettivo che era quello di fatto di tentare di bloccare il vertice, di delegittimarlo totalmente.”19

Obiettivi comuni e dichiarati quindi già dalla vigilia che hanno alimentato il clima di tensione, o comunque

aver fatto pensare a una riunione fra Paesi ricchi e invece sono i problemi del sud del mondo ad essere al centro dei lavori della conferenza". Da “La Repubblica” del 13 Marzo 2001

16

“[I contestatori]Rappresentano milioni di persone nel mondo. Hanno domande legittime sulla direzione che sta prendendo l’economia globale. E dobbiamo dare loro delle risposte. Hanno ragione: il WTO è troppo chiuso su se stesso. Prima diventerà trasparente e prima vedremo le dimostrazioni diminuire.”B. Clinton, su “La Stampa” del 2 Dicembre 1999

17

“A quell’ora (le 15:00, N.d.R.) i guerrieri cibernetici hanno invocato un clic di massa per intasare il sito Fineco. Niente di personale, spiegano “Non è un’azione per colpire un singolo obiettivo: questa società è stata scelta perchè è l’emblema della new economy in Italia”.[...]Per due ore e mezza i commando hanno tentato di rallentare le transazioni della banca on-line. [...]Ma i rappresentanti di Fineco smentiscono, giurano di essersi difesi bene.” Da “La Stampa” del 16 Marzo 2001

18

Le sigle M17, S28, ecc. Sono di uso comune nel linguaggio del movimento antiglobalizzazione. Sono formate dall’iniziale del mese e dal giorno in cui si svolge un’importante manifestazione. Un modo schematico di dare un riferimento cronologico (N.d.R.). 19 Stralcio di un’intervista che compone il documentario citato “Zona Rossa” a cura del No-Global Forum. (https://www.youtube.com/watch?v=dS-xbah_QW4)

(8)

11

la volontà specialmente mediatica di ricondurre l’intero movimento a pratiche violente. Le date napoletane sono state costruite soprattutto dall’area dei centri sociali del meridione, in accordo con l’area nazionale di riferimento. Non era presente ad esempio (o non in misura degna di nota) l’area di riferimento dei centri sociali del nord-est italiano, quella che si rifaceva ad una rete nota come movimento delle “Tute Bianche”, che dal G8 di Genova si ribattezzerà area dei “Disobbedienti”, e che raccoglieva, oltre a militanti dei centri sociali, anche frange della Gioventù Comunista, la parte giovanile del partito di Rifondazione Comunista. Dalla mancata adesione di parte del movimento nascerà poi uno strappo che amplierà la distanza già esistente fra le aree delle Tute Bianche e quella del Network per i diritti globali.

Dopo Napoli i centri sociali del sud daranno vita alla Rete del Sud Ribelle, facente capo a Cosenza e strumento di comunicazione e coordinamento fra le realtà del Network presenti in tutto il meridione. Il Sud Ribelle sarà l’area maggiormente colpita al livello giuridico dopo i fatti del G8.

La scelta di dare al corteo del 17 una dimensione unitaria avrebbe dovuto rendere anche più difficile operare distinzioni di “etica della protesta”, come normalmente avviene all’indomani delle manifestazioni caratterizzate da scontri e attriti di varia natura. Questa scelta ha però un effetto collaterale: il carattere unitario implicitamente costituisce un’adesione comune a qualsiasi scelta venga operata nel corso del corteo e consente di ricondurre l’intero movimento presente in piazza ad una pratica di contestazione violenta e provocatoria, che può giustificare (o almeno motivare) agli occhi dell’opinione pubblica, una condotta eccessiva nell’uso della forza da parte delle forze dell’ordine.

A Napoli ci si aspettava la violenza in piazza. A questo proposito è utile rileggere un servizio del TG3 regionale campano, andato in onda alla vigilia del vertice il 14 marzo:

“Carabinieri, poliziotti, vigili urbani, sommozzatori, addetti alle fognature, vigili del fuoco. Oltre 6000

uomini per garantire la sicurezza e il regolare svolgimento del Global Forum. Già da oggi Napoli è una città blindata. Alle 13:00 è scattato nella Zona Rossa il piano di sicurezza predisposto nei giorni scorsi da Questura e Prefettura. Zona off-limits al traffico automobilistico. I pedoni dovranno esibire un documento ai varchi di accesso. Sono già arrivati i primi esponenti del cosiddetto “Popolo di Seattle” pronti a dar vita a un controvertice di Napoli. Almeno nelle intenzioni della vigilia le loro dovrebbero essere intenzioni non violente. Ma lascia perplessi la parola d’ordine scelta per il controvertice: Saranno le nuove 4 giornate di Napoli.”20

Durante la manifestazione la tensione è altissima. Agenti in assetto antisommossa di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza compaiono lungo tutto il percorso del corteo. La premessa a quello che succede in Piazza Municipio ai piedi del Mastio Angioino si manifesta in più punti, con contatti e cariche da parte delle forze dell’ordine in risposta a qualche timido tentativo di invasione della Zona Rossa. Una filiale della Adecco, una delle agenzie per il lavoro interinale più famose, viene presa di mira, le vetrine infrante, un po’ di scompiglio all’interno. Poi le 30.000 persone che compongono il corteo arrivano in Piazza Municipio, dove è previsto il tentativo di sfondamento dei cordoni di polizia. La testa della manifestazione è attrezzata per il contatto duro: due scudi di plexiglass abbastanza grandi fanno da “ali” ad un cuscino gommato lungo circa quattro metri e del diametro di uno. Dietro il cuscino, che durante il percorso era stato installato sul furgone che apriva la manifestazione e dipinto di giallo a simboleggiare un’enorme spiga di mais transgenico, ci sono manifestanti armati di alcune aste di legno o di plastica e protetti da caschi. Lo schieramento opposto vede numerosi cordoni di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa, numerosi carabinieri sono ancora equipaggiati con il moschetto d’ordinanza (ladozione dei manganelli “tonfa” avviene solo in occasione del G8 del luglio dello stesso anno)21. Il corteo si attesta per qualche attimo davanti al cordone delle forze dell’ordine schierate all’imbocco di via Verdi, il tempo di approntare gli strumenti da difesa e parte una prima carica di alleggerimento (come riferisce “La Repubblica, in realtà da alcuni filmati la carica sembra molto più decisa e tesa a demolire la linea di difesa approntata dai manifestanti).

Da quel momento l’intera piazza Municipio, chiusa ad ogni suo imbocco dai blindati e dai cordoni degli

20

Da “Zona Rossa” (cit.)

21 Donatella della Porta, Herbert Reiter, “Polizia e protesta. Il controllo dell’ordine pubblico in Italia dalla Liberazione ai

(9)

12

agenti, diventa “come una mostruosa tonnara”22

da cui appare difficile se non impossibile scappare. Le vie di fuga sono chiuse e le cariche che si susseguono (undici in totale secondo “La Repubblica”) lasciano in terra numerosi feriti, fra cui ragazzi minorenni.

L’aspetto delle dinamiche legate agli scontri non è sempre facilmente ricostruibile, neppure avendo a disposizione i filmati. Non sempre infatti le riprese documentano minuto per minuto e certo non possono testimoniare cosa avviene oltre il campo visivo dell’obiettivo. Ma al di là del reale svolgimento dei fatti e delle valutazioni rispetto a chi abbia cominciato ad attaccare e chi si sia solamente difeso (anche se qui si dovrebbe per lo meno valutare la misura delle reazioni e quale fosse l’obiettivo da perseguire da parte degli operatori delle foze dell’ordine), resta comunque inquietante leggere alcune testimonianze che riferiscono di una particolare ferocia e accanimento da parte di agenti in borghese e non23.

Sull’onda della denuncia e della polemica si aprono le cronache del giorno dopo che riportano dichiarazioni incrociate di aderenti al movimento e di esponenti della sinistra istituzionale. L’accusa principale è rivolta alle forze dell’ordine e al Questore, di cui il segretario del P.r.C. Fausto Bertinotti chiede la rimozione. Dall’altra parte si risponde incolpando i manifestanti di aver aggredito ripetutamente gli agenti che solo come extrema ratio hanno fatto ricorso all’uso della forza. Il Questore di napoli, Dott. Nicola Izzo, difende i propri uomini ed il loro operato: “Abbiamo fatto il nostro dovere. Io so solo che davanti a un’aggressione

con spranghe, molotov, sampietrini e perfino picconi è impossibile non reagire”.24

Ma la violenza non si esaurisce con gli scontri di piazza. Il No-Global Forum nelle settimane successive al controvertice raccoglie numerose testimonianze dei fatti accaduti sia in seguito alle cariche, sia successivamente al fermo e alla permanenza di alcuni manifestanti nei luoghi di detenzione. Viene pubblicato un “Libro Bianco” sulle violenze, disponibile ancora on-line.

Qui di seguito si citano due passaggi del Libro che, pur non costituendo una testimonianza “certificata” come lo saranno altre deposizioni ufficiali rilasciate nelle aule dei tribunali, è una fonte utile a determinare un quadro di quello che è successo nella parte conclusiva della giornata del 17.

La prima testimonianza è un rapporto del personale del 118 in servizio durante la manifestazione:

“In piazza Municipio un'ambulanza di emergenza 118, impegnata nei soccorsi in occasione della manifestazione contro il Global Forum del 17/3, è stata obbligata a fermarsi da agenti della Finanza pur avendo all'interno dell'abitacolo sanitario alcuni manifestanti che avevano, ad un primo esame obiettivo, ferite lacero-contuse al cuoio capelluto. Al diniego dell'operatore sanitario di fermarsi all'alt intimato dagli agenti il veicolo sanitario veniva letteralmente preso a manganellate dagli stessi finanzieri. Il veicolo in oggetto è un'ambulanza della delegazione di Frattamaggiore della CRI. La macchina della ASL NA 1 con targa AL041XS, con feriti a bordo prelevati in via Marina e che presentavano al primo esame obiettivo degli operatori ferite lacero-contuse al cuoio capelluto, arrivata all'ospedale Vecchio Pellegrini, veniva fermata da agenti della PS reparto celere. Alla vettura veniva impedito l'accesso ai locali di pronto soccorso, ed i ragazzi feriti sono stati fatti sostare, nonostante perdessero molto sangue, nei locali dei custodi. Gli operatori facevano presente al medesimo agente che era necessario che i feriti venissero sottoposti prima a medicazione e poi a visita medica per verificarne lo stato di salute: ma con insistenza è stato comunque ordinato loro di farli sostare lì.25

22

Dal comunicato del Network per i Diritti Globali, in “17 Marzo:le quattro giornate di Napoli”, articolo del sito www.infoaut.org, in una rubrica appositamente dedicata alla Storia dei conflitti di classe.

23

“Parla esplicitamente di fascistizzazione della Poilizia, Giovanni Russo Spena (parlamentare di Rifondazione Comunista, N.d.R.): “ho visto agenti che quando venivano fermati dai loro dirigenti reagivano con rabbia”. Da “La Stampa del 18 Marzo 2001 e “La Repubblica” del 17 Marzo riferisce un episodio altrettanto significativo: “Poi le forze dell'ordine prendono il sopravvento e se la

prendono anche con quei manifestanti che con gli scontri non c'entravano nulla, manganellando a ripetizione chiunque trovasse ro sulla loro strada, anche quelli a braccia alzate. Alla fine tornano alle loro postazioni portandosi dietro come trofei gli st riscioni sequestrati ed esultando verso i colleghi delle seconde linee che rispondono a colpi di manganello sulle transenne in un clamore innaturale e sorprendente ma esplicativo dello stato d'animo di poliziotti e carabinieri.”

24 Da “La Stampa” del 18 Marzo 2001. 25

(10)

13

Quella che segue è invece la testimonianza di un giovane reporter indipendente, che si riporta quasi integralmente, che con toni decisi (anche coloriti in alcuni passaggi) fornisce una descrizione dettagliata di quanto gli è accaduto. Il racconto, che si allega a scopo documentario, potrebbe sembrare frutto di fantasia, arricchito con dettagli estrapolati da qualche film poliziesco, ma saranno i racconti e le testimonianze che verranno riportate più avanti a farlo apparire tristemente verosimile. Per esigenze di sintesi e non rischiare di allontanare troppo la discussione dal tema centrale, si limita la citazione dei racconti a questi soli due brani:

“Mi trovavo sotto un fitto lancio di oggetti da parte delle "forze dell'ordine" ed io non potevo fare niente! Dopo 5 minuti finalmente i funzionari (non senza ricevere qualche "manata") riescono a placare la loro "ciurma" premettendoci di scendere e di salire sull'ambulanza...unico modo per uscire da quella gabbia. Saliamo speranzosi di poter raggiungere il piu' presto un computer e poter dare al momento le incredibili immagini di violenza appena vissute... ma l'avventura non finisce qui...come ogni avventura che si rispetti le sorprese sono ad ogni angolo. L'ospedale e' peggio della piazza: "Forze dell'ordine" ovunque! Vedo alzare manganelli contro infermieri e dottori che chiedevano di uscire almeno dal reparto... Vedo gente strappata via con forza mentre veniva medicata... Vedo manganelli (all'incontrario e in mano a gente non in divisa) volare contro gente sanguinante...ed in manette! Vedo sbirri chiedere la precedenza di cura a colleghi e giornalisti (anche se semplicemente contusi) rispetto a ragazzi/e svenuti o grondanti di sangue. Eppoi mi vedo strappare io stesso dalle cure. Tento di spiegare la mia posizione: "Io non sono stato fermato, sono un giornalista! Sono venuto qua ad accompagnare un altro giornalista ferito" Niente di niente, nemmeno con le "grida di colleghi di stampa". Un manganello in testa ed un calcio nel di dietro e via dentro la stanza della polizia... strapiena! Tento di rispiegarmi, di farmi capire. Non serve a niente! Non sentono niente! I miei capelli lunghi e il mio non tesserino mi imprigionano 5 minuti dopo in una macchina con le sirene spiegate che si diverte ad attraversare Napoli inchiodando e zizzagando... "Non provare a metterti la cintura", "Tanto voi la testa ce l'avete dura". Io riesco a reggermi, il compagno, l'amico, la mia spalla accanto a me NO, e giù che batte a destra e a sinistra. Alla caserma Raniero la scena è agghiacciante e ci porta immediatamente alla realtà: gente in ginocchio che guarda la parete, maglietta alzata e via che ogni tanto parte il manganello. Mentre guardo attorno lo scenario mi sento spingere e tirare, un ragazzo in divisa tenta di strapparmi la telecamera. Mi oppongo ma allo stesso tempo offro di lasciare lo "strumento incriminato" in cambio di un foglio con la firma del "sequestro". Tutto ciò mi viene negato mentre mi vedo portar via una prima cassetta e le due batterie... SENZA NESSUN FOGLIO CHE LO PROVI. Allo stesso tempo un "ciccione" in borghese mi prende a se "Ti seguirò io a te, aspetta di entrare nella stanza delle torture". Qualche istante dopo mi trovo dentro una bagno piccolo con quattro della Digos. "Spogliati merda comunista" "Tira fuori tutto dalle tasche, figlio di puttana" "... Come viene fuori una seconda cassetta nemmeno me ne accorgo che mi arriva un ceffone in pieno volto, poi un calcio nello stomaco e SBANG... viene chiusa la porta. Partono insulti e minacce di ogni tipo, io mi difendo con la sola parola. "Lo sai che non puoi prendermi senza denuncia quella cassetta", non faccio neanche in tempo a finire che parte una nuova sequela di calci, pugni e offese di ogni genere. Tento di parare il più possibile, ma contro quattro e schiacciato in un angolo non è facile. Mi sento stritolare i "cog...ni" e poi la faccia che mi viene schiacciata dentro un lavandino pieno di "piscio". "Bevi bastardo, oppura affoga". Eppoi giù calci e pugni, finche non mi trovo per terra ad urlare. "Cosa fai, zitto!". Una mano sulla bocca ed altri sei/sette calci non me gli toglie nessuno. Da fuori bussano: "Veloci che qua c'è la fila". Pochi altri calci e pugni e mi viene intimidito di riprendere subito la roba e uscire...NEGANDO di aver visto qualsiasi tipo di cassetta ovviamente. Esco con la testa dolorante, la stanza è piena. "Contro il muro veloce, e senza appoggiarsi". Rimango in quella posizione per ora, senza telefonare, senza fumare, senza parlare...ricevendo solo offese, minacce ed accuse. Sento altri che vengono picchiati. Saremo una 50ina, quasi tutti con qualche ferita vistosa, molti sanguinanti, alcuni che non c'entravano nulla... erano all'ospedale per un'incidente o per salutare un amico e sono stati portati via anche loro...offesi e picchiati come zecche comuniste anche loro... Verso le 17, dopo 5 ore seduti l'atmosfera di colpo cambia...la DIGOS scompare, le

(11)

14

divise più giovani ed incandescenti vengono sotituite da secondini o da "colleghi" più anziani...si capisce che e' arrivato l'ordine di farci uscire...partono allora le foto segnaletiche e l'ennesima richiesta di documenti...poi tutti in fila come pecore e piano piano...tre a tre, due a due, uno a uno si esce... verso le 19:30”26

Non è difficile dedurre dai resoconti, dagli articoli, dalle interviste e dalle testimonianze rilasciate spontaneamente che le “Quattro giornate di Napoli” del 2001 siano state segnate dal manifestarsi di una violenza all’epoca con pochi precedenti in Italia.

Un dato di fatto poco opinabile è che da parte di chi è sceso in piazza sia stata dimostrata una determinazione a confrontarsi anche con una dimensione violenta non troppo distante da quella propria dell’intero ciclo delle lotte che hanno segnato il percorso del movimento antiglobalizzazione. Quello che invece desta maggiore stupore è il doversi confrontare con una reazione che si può definire “particolare” (usando un eufemismo che suona forse fin troppo ironico) da parte degli apparati dello Stato. È vero che chiunque si trovi al di fuori di questi apparati non ha sicuramente le competenze per poter giudicare l’opportunità della misura messa in atto durante vicende di questo genere, ma ci si può se non altro riferire a precedenti diversi. Ad un occhio poco esperto e poco pratico delle dinamiche relative alla gestione dell’ordine pubblico le immagini e le cronache di quegli scontri rischiano di apparire come lotte tra fazioni, dove quella meglio armata e meglio organizzata riesce ad avere la meglio sull’altra. Non è credibile ricondurre episodi di pestaggi di più agenti su un singolo manifestante ad un eccesso di zelo, tantomeno lo è quello che viene descritto dal personale del 118 o dal giornalista fermato e condotto alla Caserma “Raniero”.

Cosa può motivare allora questi eccessi? Un’ipotesi è che la preparazione del vertice, inclusa la breve campagna mediatica, abbia potuto influenzare lo stato d’animo da entrambe le parti. A Napoli, come si è già detto, ci si aspettava l’esplodere della violenza. D’altronde, dopo Seattle, era legittimo preoccuparsi del degenerare degli eventi tantopiù che non si poteva rischiare in alcun modo che un altro vertice potesse essere messo in discussione dalla presenza delle manifestazioni. C’è però uno specifico, che si cercherà di far emergere nel corso delle pagine che seguiranno, ed è uno specifico della storia delle forze dell’ordine italiane già perfettamente analizzato da Della Porta e Reiter nel saggio che racconta la storia della gestione dell’ordine pubblico in Italia (cfr. Nota 19): la distanza tra una “polizia del cittadino” e una “polizia del sovrano”, la prima che riconosce comunque la priorità ai diritti, anche di chi espone la propria aperta opposizione alle ragioni dello Stato, la seconda che ha come priorità il mantenimento dell’ordine dello Stato (inteso come ordine costituito “dall’alto”).27

Storicamente la polizia italiana, le forze dell’ordine in generale, hanno sempre dimostrato più affinità con il secondo modello e qui sta probabilmente la ragione della totale mancanza di riguardo dell’incolumità collettiva di chi scende in piazza.

È probabile che esista comunque una commistione di cause nel verificarsi di episodi di questo genere. Certamente l’adesione a modelli di eccessiva rigidità, l’incoraggiamento di un approccio più duro con la controparte e lo stato d’animo e la condizione psico-fisica degli agenti giocano un ruolo importante nel concretizzarsi della violenza di piazza. Ma ci si trova comunque di fronte a “casi-limite” che hanno scomodato paragoni importanti, come quelli con pratiche tipiche delle dittature sudamericane.

La ragione si può forse ricercare in un concorso di responsabilità che verrà esaminato da qui in avanti. Per questa ragione si è deciso di riservare agli eventi napoletani uno spazio particolare della discussione, individuando in quegli episodi un precedente importante nella recente storia italiana, primo passaggio di una serie di antefatti che sfociano tragicamente e contemporaneamente nelle contestazioni di Genova, qualche mese più tardi.

È l’inizio di un’escalation che si concluderà purtroppo con gli spari in Piazza Alimonda, con la notte della Scuola Diaz e con le torture di Bolzaneto.

26 Ibidem

27

Riferimenti

Documenti correlati

Dall’analisi emerge dunque l’importanza delle competenze nello sviluppo dell’impresa e l’importanza di accedere alle risorse dei finanziatori in capitale di rischio poiché

of corporate philanthropy towards charitable causes to achieve financial reporting objectives, finds that firms with high stock price sensitivity and small increases in

il moto uniformemente accelerato quando l’accelerazione è costante cioè la sua velocità varia in modo costante. nel moto uniformemente accelerato vale la formula: s = ½ a ▪

Ancora il 27 dicembre 1456 Enea Silvio Piccolomini, che il 17 dicembre era stato creato cardinale da Callisto III, scriveva da Ro- ma al Cusano invitandolo a tornare in patria,

(Interestingly, Portugal deviates markedly from this "southern” pattern, with rates of unemployment of young adults and young women that were closer to those found in

Con riferimento al caso studio del- l’area Micorosa del SIN di Brindisi (Puglia), per il quale si è reso necessario procedere con un ag- giornamento della iniziale AdR, sono

Regolarizzazioni anagrafiche relative agli iscritti e cancellati per trasferimento di residenza tra Comuni italiani, per Regione di destinazione e Regione di origine

Regolarizzazioni anagrafiche relative agli iscritti e cancellati per trasferimento di residenza tra Comuni italiani, per Regione di destinazione e Regione di origine