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Presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri

Paolo Gentiloni Silveri

e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze

Pier Carlo Padoan

Deliberato dal Consiglio dei Ministri l’11 Aprile 2017

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PREMESSA

Il percorso compiuto e i risultati conseguiti

Il Documento di Economia e Finanza 2017 (DEF) è il quinto elaborato nel corso della legislatura vigente; offre l’opportunità di valutare il percorso compiuto e i risultati finora conseguiti, in base ai quali orientare anche le future scelte di politica economica.

Dopo una crisi lunga e profonda, nel 2014 l’economia italiana si è avviata su un sentiero di graduale ripresa andata via via rafforzandosi nel biennio successivo. Il livello del PIL del 2014 è stato rivisto al rialzo di quasi 10 miliardi in termini nominali, quello del 2015 di oltre 9 miliardi rispetto alle stime di un anno fa.

Si tratta di una ripresa più graduale rispetto ai precedenti cicli economici, susseguenti crisi meno profonde e prolungate, ma estremamente significativa in considerazione innanzitutto dell’elevato contenuto occupazionale: in base ai più recenti dati disponibili il numero di occupati ha superato di 734 mila unità il punto di minimo toccato nel settembre 2013. Anche per effetto delle misure comprese nel Jobs Act, il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro si è riflesso in una contrazione del numero degli inattivi, del tasso di disoccupazione, del ricorso alla CIG; ne hanno beneficiato i consumi delle famiglie, in crescita dell’1,3 per cento nel 2016, che il Governo ha sostenuto mediante diverse misure di politica economica.

Diverse evidenze testimoniano anche il recupero di capacità competitiva dell’economia italiana, a lungo fiaccata dal ristagno della produttività che aveva caratterizzato in particolare il decennio precedente la crisi: nello scorso biennio l’avanzo commerciale ha raggiunto livelli elevati nel confronto storico, ed è tra i più significativi dell’Unione Europea. Le prospettive dei settori rivolti alla domanda internazionale restano favorevoli anche nel 2017.

L’irrobustimento della crescita e della competitività ha beneficiato degli interventi di carattere espansivo adottati dal Governo, armonizzati con l’esigenza di proseguire nel consolidamento dei conti pubblici. Il disavanzo è sceso dal 3,0 per cento del PIL nel 2014 al 2,7 nel 2015 fino al 2,4 nel 2016; l’avanzo primario (cioè la differenza tra le entrate e le spese al netto degli interessi sul debito pubblico) è risultato pari all’1,5 per cento del PIL nel 2016.

Per apprezzare appieno lo sforzo prodotto dal Paese in termini di

aggiustamento fiscale negli anni passati, va considerato che tra il 2009 e il 2016

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l’Italia risulta il Paese dell’Eurozona che assieme alla Germania ha mantenuto l’avanzo primario in media più elevato e tra i pochi ad aver prodotto un saldo positivo, a fronte della gran parte degli altri Paesi membri che invece hanno visto deteriorare la loro posizione nel periodo.

La politica di bilancio ha dato priorità agli interventi che favoriscono investimenti, produttività e coesione sociale. La scelta di impiegare l'incremento di gettito prodotto dal contrasto all'evasione fiscale per la riduzione di imposte ha consentito, insieme al rafforzamento della crescita, di ridurre significativamente la pressione fiscale. La somma delle diverse riduzioni d’imposta o misure equivalenti, a partire dalla riduzione dell'Irpef di 80 euro mensili per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, ha già portato la pressione fiscale al 42,3 per cento nel 2016 (al netto della riduzione Irpef di 80 euro), dal 43,6 nel 2013. In aggiunta agli sgravi a favore delle famiglie, si è decisamente abbassata l’aliquota fiscale totale per le imprese tramite gli interventi su IRAP (2015), IMU (2016) e IRES (2017).

Anche l’evoluzione del rapporto debito/PIL riflette una strategia orientata al sostegno della crescita e alla sostenibilità delle finanze pubbliche: dopo essere aumentato di oltre 32 punti percentuali tra il 2007 e il 2014, l’indicatore negli ultimi due anni si è sostanzialmente stabilizzato, un risultato tanto più importante alla luce della limitata dinamica dei prezzi nel periodo.

Le prospettive di crescita e delle finanze pubbliche, nel solco della strategia finora adottata

L’obiettivo prioritario del Governo – e della politica di bilancio delineata nel DEF – resta quello di innalzare stabilmente la crescita e l’occupazione, nel rispetto della sostenibilità delle finanze pubbliche; in tal senso le previsioni formulate sono ispirate ai principi di prudenza che hanno caratterizzato l'elevata affidabilità di stime e proiezioni degli ultimi anni, al fine di assicurare l’affidabilità della programmazione della finanza pubblica.

L’evoluzione congiunturale dell’economia italiana è favorevole. Nella seconda metà del 2016 la crescita ha ripreso slancio, beneficiando del rapido aumento della produzione industriale e, dal lato della domanda, di investimenti ed esportazioni. La fiducia delle imprese italiane sta aumentando notevolmente in un contesto europeo che si fa via via più solido.

Restano sullo sfondo preoccupazioni connesse a rischi geopolitici e alle

conseguenze di eventuali politiche commerciali protezionistiche promosse dalla

nuova amministrazione statunitense. Tra i diversi fattori alla base

dell’accresciuta incertezza hanno acquisito un ruolo crescente anche i risultati

delle consultazioni referendarie o elettorali in Europa e negli USA, che in questa

fase sembrano non soltanto prospettare l'avvicendamento tra visioni politiche

alternative ma rischiano anche di innescare effetti sistemici di instabilità.

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Rispetto alle previsioni precedenti, il quadro odierno beneficia dell’espansione dei mercati di esportazione dell’Italia e del deprezzamento del cambio. Il miglioramento dei dati economici e delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del PIL per il 2017. Si è tuttavia scelto di adoperare valutazioni caute, ponendo la previsione di crescita programmatica per il 2017 all’1,1 per cento (solo un decimo più alta rispetto alla Nota di Aggiornamento del DEF 2016).

È intenzione del Governo continuare nel solco delle politiche economiche adottate sin dal 2014, volte a liberare le risorse del Paese dal peso eccessivo dell’imposizione fiscale e a rilanciare al tempo stesso gli investimenti e l’occupazione, nel rispetto delle esigenze di consolidamento di bilancio. Nello scenario programmatico prosegue la discesa dell’indebitamento netto al 2,1 per cento nel 2017, quindi all’1,2 nel 2018, allo 0,2 nel 2019 fino a raggiungere un saldo nullo nel 2020; le previsioni incorporano le misure di politica fiscale e controllo della spesa, in via di definizione, che ridurranno l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche dello 0,2 per cento del PIL nel 2017. La variazione del saldo strutturale è in linea con il braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita in tutto il triennio 2018-2020. Il pareggio di bilancio strutturale verrebbe pienamente conseguito nel 2019 e nel 2020 .

In merito alle clausole di salvaguardia tuttora previste in termini di aumento delle aliquote IVA e delle accise, il Governo intende sostituirle con misure sul lato della spesa e delle entrate, comprensive di ulteriori interventi di contrasto all’evasione. Tale obiettivo sarà perseguito nella Legge di Bilancio per il 2018, la cui composizione verrà definita nei prossimi mesi, anche sulla scorta della riforma delle procedure di formazione del bilancio che faciliterà la revisione della spesa.

La previsione del rapporto debito/PIL formulata per il 2017 è pari al 132,5 per cento; incorpora eventuali interventi di ricapitalizzazione precauzionale di alcune banche e proventi da dismissioni immobiliari e di quote di aziende pubbliche. Dopo la stabilizzazione conseguita negli ultimi esercizi, si tratterebbe del primo lieve decremento dell’indicatore dall’avvio della crisi.

Il Governo ritiene prioritario proseguire nell’azione di rilancio degli

investimenti pubblici; pesano in tal senso significativamente le manovre di

finanza pubblica adottate tra il 2008 e il 2013, che considerati i tempi di

realizzazione delle opere stanno frenando la crescita della spesa per gli

investimenti negli anni successivi. Per conseguire una maggiore efficienza e

razionalizzazione della spesa per investimenti occorre riattivare un corretto

percorso di programmazione e valutazione delle opere, fornendo certezze

procedurali e finanziarie indispensabili all’attività di investimento; a fronte della

carenza di capacità di valutazione e progettazione delle stazioni appaltanti e

delle Amministrazioni che programmano e finanziano la realizzazione di opere

pubbliche, il Governo intende costituire organismi che a livello centrale svolgano

attività di supporto tecnico e valutativo alle Amministrazioni anche locali.

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Accanto al rilancio degli investimenti pubblici il Governo intende proseguire nell’azione di rafforzamento della capacità competitiva delle imprese italiane, nel solco degli interventi disposti negli ultimi tre anni. Le misure intraprese per sostenere tutti i fattori produttivi hanno canalizzato le energie delle imprese italiane verso la crescita dimensionale e l’internazionalizzazione, aprendo in modo decisivo il sistema Italia per attrarre capitali, persone e idee dall’estero.

Le misure di ‘Finanza per la Crescita’ stanno aiutando le imprese a migliorare la governance e ad accedere al mercato dei capitali; la recente riforma dei Piani Individuali di Risparmio fornisce, per la prima volta, uno strumento che permette di canalizzare risparmio privato verso l’economia reale italiana.

Gli incentivi alla produttività del lavoro hanno completato l’azione del Jobs Act, mentre le misure di agevolazione degli ammortamenti stanno sostenendo la ripresa degli investimenti privati, in particolare quelli in tecnologia. Il credito d’imposta per ricerca e sviluppo e il patent box, anch’essi recentemente introdotti, sono ulteriori misure di incentivo alle imprese italiane a posizionarsi nella parte più alta della catena del valore. Inoltre, il taglio delle imposte ha consentito alle imprese italiane di migliorare la propria posizione competitiva, in particolare verso i principali Paesi europei; più in generale gli interventi sulla fiscalità d’impresa ne hanno favorito la patrimonializzazione, rendendo la tassazione neutrale rispetto alla forma giuridica prescelta.

Per il sostegno degli investimenti delle imprese e delle famiglie italiane il sistema bancario continuerà a svolgere un ruolo cruciale, sebbene l'introduzione e la promozione di nuovi canali e strumenti di finanziamento dovrebbe ridurne la dipendenza dagli intermediari finanziari esclusivamente bancari. Per favorirne l’adattamento del modello di business alle opportunità offerte dal nuovo ambiente, a partire dal 2015 diversi interventi hanno rinnovato e rafforzato profondamente il comparto, rimuovendo alcuni dei vincoli che hanno frenato nel tempo il sistema del credito, quali ad es. l’eccessiva frammentazione dell’offerta e i tempi eccessivi di recupero dei crediti deteriorati.

La riforma delle banche popolari, l’autoriforma delle Fondazioni bancarie

sostenuta dal Governo, la riforma delle banche di credito cooperativo (BCC)

concorrono al consolidamento del settore bancario: le nuove aggregazioni ci

consegnano banche più grandi, più forti e più trasparenti, capaci di valorizzare e

tutelare il risparmio e di sostenere la ripresa con servizi più moderni ed efficienti

a famiglie e imprese. Le riforme promosse con l’obiettivo di elevare la qualità

del governo societario delle banche e rafforzarne la capacità di raccogliere

capitali sul mercato facilitano anche lo smobilizzo dei crediti deteriorati; in tale

ambito, l’introduzione di meccanismi di garanzia sulle cartolarizzazioni delle

sofferenze e la velocizzazione dei tempi di recupero crediti, in Italia

particolarmente elevati, riducono i costi di recupero migliorandone la valutazione

in caso di cessione. I dati più recenti mostrano alcune positive inversioni di

tendenza nel comparto.

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Il Programma Nazionale di Riforma

Le misure di impulso alla crescita, agli investimenti e all’occupazione si accompagnano agli sforzi promossi in questi anni per rimuovere gli impedimenti strutturali alla crescita su molti fronti, quali ad esempio il mercato del lavoro, il settore bancario, il mercato dei capitali, le regole fiscali, la scuola, la pubblica amministrazione, la giustizia civile. Il Programma Nazionale di Riforma 2017 intende proseguire nell’ambiziosa azione riformatrice avviata nel 2014 per il cambiamento strutturale del tessuto economico e sociale del Paese; una parte significativa del programma iniziale di interventi è stata realizzata, come riconosciuto anche dal recente Rapporto sull’Italia redatto dalla Commissione Europea.

Tra i principali interventi adottati negli ultimi dodici mesi, si sono poste le basi per una Pubblica Amministrazione più efficiente, semplice e digitale, parsimoniosa e trasparente; sono stati individuati strumenti operativi per fronteggiare la mole dei crediti in sofferenza frutto della crisi, sono stati forniti al sistema bancario gli strumenti per massimizzare le soluzioni di mercato con il supporto della garanzia dello Stato; si è ultimata la riforma del mercato del lavoro, che sta favorendo la crescita dell’occupazione e della qualità del lavoro;

per la prima volta il Paese si è dotato di uno strumento nazionale e strutturale di lotta alla povertà – il Sostegno per l'inclusione attiva che verrà sostituito dal Reddito di Inclusione – che mira a promuovere il reinserimento nella società e nel mondo del lavoro di coloro che ne sono esclusi.

Il Piano Industria 4.0 – basato su interventi a sostegno della produttività, della flessibilità e della competitività delle nostre produzioni – intende favorire un cambiamento produttivo e tecnologico volto alla decisa crescita della competitività. Sono stati conseguiti numerosi progressi in materia di giustizia civile e una sostanziale riduzione dell’arretrato del processo amministrativo.

Sono state portate avanti le semplificazioni e i piani per le infrastrutture e la logistica, e di rilancio delle periferie degradate delle grandi città. È stata completata la riforma del bilancio con l’unificazione della Legge di Bilancio e della Legge di Stabilità in un unico provvedimento integrato.La riforma dell'amministrazione fiscale è stata completamente attuata sul piano formale e oggi produce effetti sostanziali grazie all'introduzione di attitudini e comportamenti che stanno migliorando il rapporto con il contribuente, aumentando il tasso di adempimento spontaneo. Sono state infine potenziate le misure per il rientro dei cervelli e l’attrazione del capitale umano.

Nonostante la numerosità e il peso delle riforme adottate abbiamo bisogno di proseguire senza indugio lungo il cammino: gli interventi sulla struttura dell’economia hanno bisogno di tempo per dispiegare appieno i propri effetti e, sostenendosi reciprocamente, rilanciare il potenziale di crescita.

Tra le priorità del Governo figura l’esigenza di aprire maggiormente al

mercato diversi settori, con l’obiettivo di apportare benefici apprezzabili dai

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cittadini in termini di maggiore offerta, investimenti, produttività e crescita: dai servizi professionali, al commercio al dettaglio, ai servizi pubblici locali. In tal senso l’approvazione della Legge annuale per la concorrenza in tempi rapidi è un obiettivo imprescindibile, insieme all’immediata definizione di un appropriato strumento legislativo a cui affidare i prossimi passi in materia di liberalizzazioni.

In materia di lavoro al Jobs Act deve fare seguito un rafforzamento delle politiche attive del lavoro, di quelle volte a stimolare le competenze nonché di misure a sostegno del welfare familiare. D’altra parte gli interventi in materia di lavoro sono anche alla base delle politiche di stimolo alla crescita e alla produttività. In questo contesto il Governo ritiene fondamentale il ruolo della contrattazione salariale di secondo livello che deve essere ulteriormente valorizzata con interventi sempre più mirati in materia di welfare aziendale.

L’azione di contrasto alla povertà sarà incentrata su una strategia innovativa delineata dalla legge delega approvata nel marzo scorso dal Parlamento, che il Governo ha ferma intenzione di attuare nel corso dei prossimi mesi. Questa autorizza il Governo ad intervenire su tre ambiti: i) il varo del Reddito di Inclusione, misura universale di sostegno economico ai nuclei in condizione di povertà che prenderà il posto del Sostegno per l'inclusione attiva, con un progressivo ampliamento della platea di beneficiari (già nel 2017 oltre 400 mila nuclei familiari, per un totale di 1 milione e 770 mila persone), una ridefinizione del beneficio economico condizionato alla partecipazione a progetti di inclusione sociale e un rafforzamento dei servizi di accompagnamento verso l’autonomia; ii) il riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto della povertà (carta acquisti per minori e l’assegno di disoccupazione ASDI); iii) il rafforzamento e coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, finalizzato a garantire maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni. Le risorse stanziate ammontano complessivamente a circa 1,2 miliardi per il 2017 e 1,7 per il 2018.

Nei prossimi mesi proseguirà l’attuazione delle misure di riforma della giustizia già avviate, con particolare riguardo al processo penale, all’efficienza del processo civile e alla prescrizione. L’azione del Governo tende ad armonizzare l’esigenza di assicurare tempi congrui per l’accertamento dei fatti di reato con quella volta a garantire la ragionevole durata del processo. Verranno incrementate le risorse a disposizione dell’amministrazione giudiziaria. Si promuoverà ulteriormente l’adozione di best practices che consentano di armonizzare le performance dei tribunali in termini qualitativi e quantitativi. Il perfezionamento del quadro legislativo in materia di insolvenza renderà più efficace la gestione delle procedure concorsuali, anche al fine di stabilire una regolazione organica della materia e dare maggiore certezza alle imprese in crisi.

Nel marzo 2017 si è conclusa la rendicontazione del ciclo di programmazione

2007-2013. Nonostante il ritardo accumulato nella spesa fino al 2013, per effetto

di una riprogrammazione efficace, di un rinnovato impulso politico e di azioni

innovative di supporto amministrativo alle autorità di gestione, la

rendicontazione si è chiusa al 31 marzo 2017 con il pieno assorbimento delle

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risorse europee. La nuova programmazione 2014-2020 si è avviata sia rafforzando la cooperazione istituzionale e la programmazione, coordinata con le regioni attraverso la cabina di regia per la gestione dei fondi di sviluppo e coesione, sia attraverso una nuova politica meridionalista, fondata su un ruolo attivo del Governo e una forte responsabilizzazione delle Amministrazioni territoriali, attuata mediante il Masterplan e i Patti per il Sud.

Si è rafforzata, in continuità con il Governo precedente, la centralità delle politiche di coesione e della questione meridionale come questione nazionale. Gli interventi immediati di rafforzamento del credito d’imposta su investimenti privati, di riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale delle Amministrazioni centrali a favore del Mezzogiorno, le innovazioni istituzionali per l’efficacia della programmazione e progettazione degli interventi e l’accelerazione della spesa sui programmi di coesione, accanto ai segnali di vitalità dell’economia del Mezzogiorno negli ultimi due anni, confermano l’obiettivo di una svolta nelle politiche e nella dinamica del divario tra Mezzogiorno e resto del Paese.

A misure di sostegno dei redditi e di modernizzazione del sistema continuerà a essere affiancata una strategia organica di revisione della spesa pubblica; la prosecuzione dell’opera di risanamento dei conti pubblici poggerà anche su una nuova fase della spending review, che dovrà essere più selettiva e al tempo stesso coerente con i principi stabiliti dalla riforma del bilancio. Tale obiettivo passa anche per un più esteso utilizzo degli strumenti per la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi da parte della PA.

Il benessere equo e sostenibile

La crisi e prima ancora la globalizzazione hanno reso evidenti i limiti di politiche economiche volte esclusivamente alla crescita del PIL. L’aumento delle diseguaglianze negli ultimi decenni in Italia e in gran parte dei Paesi avanzati, la perdurante insufficiente attenzione alla sostenibilità ambientale richiedono un arricchimento del dibattito pubblico e delle strategie di politica economica.

In questa prospettiva, nell’agosto del 2016 il Parlamento con voto a larga maggioranza ha inserito nella riforma della legge di contabilità e finanza pubblica il benessere equo e sostenibile tra gli obiettivi della politica economica del Governo. Il DEF dovrà riportare l’evoluzione delle principali dimensioni del benessere nel triennio passato e, per le stesse variabili, dovrà prevedere l’andamento futuro nonché l’impatto delle politiche. L’Italia è il primo Paese avanzato a darsi un compito del genere.

In attesa delle conclusioni del Comitato per gli indicatori di benessere equo e

sostenibile al quale la legge dà il mandato di selezionare e definire gli indicatori

che i governi saranno tenuti ad usare per monitorare l’evoluzione del benessere e

valutare l’impatto delle politiche, il Governo ha deciso di introdurre in via

provvisoria alcuni indicatori di benessere già in questo esercizio. Accanto agli

obiettivi tradizionali – in primis PIL e occupazione che continuano a essere

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indicatori cruciali al fine di stimare e promuovere il benessere dei cittadini – il DEF illustra l’andamento del reddito medio disponibile, della diseguaglianza dei redditi, della mancata partecipazione al mercato del lavoro, delle emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti. Per le stesse variabili il DEF fissa anche gli obiettivi programmatici.

I dati mostrano, per il triennio 2014-2016, un sostanziale miglioramento degli indicatori considerati con l’eccezione delle emissioni che, ovviamente, risentono degli effetti della ripresa economica. In particolare, la disuguaglianza mostra un calo significativo frutto della crescita dell’occupazione e dell’efficacia delle misure messe in campo in questi anni. Il Governo si pone l’obiettivo di continuare a ridurre la diseguaglianza nel corso del prossimo triennio.

La necessaria riforma dell’Unione europea

Il Governo italiano ritiene prioritario continuare a promuovere la propria strategia di riforma delle istituzioni europee. È necessaria una nuova governance che, accanto all’integrazione monetaria e finanziaria, dovrà ripartire dalla centralità della crescita economica, dell’occupazione e dell’inclusione sociale, introducendo strumenti di condivisione dei rischi tra i Paesi membri, accanto a quelli di riduzione dei rischi associati a ciascuno di essi. Una crescente condivisione dei rischi aumenta la capacità di aggiustamento e la flessibilità degli Stati membri agli choc, contribuendo a ridurre i rischi specifici degli stessi. La nuova governance dell’area dovrà incentivare politiche di bilancio favorevoli alla crescita, migliorandone anche la distribuzione tra gli Stati membri.

L’Europa dovrà dotarsi di meccanismi condivisi in grado di alleviare i costi delle riallocazioni del fattore lavoro e delle crisi che colpiscano un comparto o un territorio; uno strumento comune di stabilizzazione macroeconomica consentirà anche ai Paesi soggetti a vincoli di bilancio stringenti di adottare politiche anticicliche, facendo fronte all’aumento del tasso di disoccupazione in caso di choc asimmetrici. La maggiore condivisione dei rischi tra i Paesi non ridurrebbe gli incentivi all’adozione delle riforme nazionali. Invece, la mancata condivisione degli sforzi per far fronte a nuove sfide comuni rischia di mettere a repentaglio beni pubblici europei essenziali per il processo d’integrazione.

La gestione dei flussi di migranti e richiedenti asilo verso i Paesi dell’Unione

rappresenta una sfida senza precedenti che l’Europa si trova oggi ad affrontare

sul terreno della libertà di circolazione delle persone, del rispetto dei diritti

umani, della sicurezza dei cittadini europei. È una crisi sistemica alla quale

bisogna fornire una risposta comune a livello europeo, mediante una gestione

comune delle frontiere. È necessario pianificare e attuare politiche di

integrazione nei mercati del lavoro nazionali; questo permetterebbe di cogliere i

benefici storicamente associati all’immigrazione, che per una società che

invecchia superano nel medio-lungo termine i costi di breve periodo associati alla

gestione dei flussi migratori. Parallelamente, va instaurata una cooperazione

mirata e rafforzata con i Paesi di origine e transito dei flussi che preveda un

piano di investimenti per fronteggiare le cause di fondo del fenomeno, la ricerca

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di condizioni di vita dignitose, della sicurezza, del lavoro. All’offerta di supporto finanziario e operativo ai Paesi partner devono corrispondere impegni precisi in termini di efficace controllo delle frontiere, riduzione dei flussi di migranti, cooperazione in materia di rimpatri/riammissioni, rafforzamento dell’azione di contrasto al traffico di esseri umani e al terrorismo.

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Alla luce delle esigenze di consolidamento dettate dall'elevato debito pubblico accumulato negli anni precedenti, a partire dal 2014 i limitati spazi di bilancio sono stati utilizzati a sostegno della crescita e della competitività.

Grazie a una nuova attenzione alla composizione del budget, tagliando spese improduttive per finanziare la diminuzione del carico fiscale e gli investimenti, il Paese ha intrapreso un sentiero virtuoso stretto tra due esigenze contrapposte, ridurre il deficit e sostenere la crescita. In questo modo si sono riguadagnati tassi di crescita del prodotto positivi, evitate pericolose cadute del livello dei prezzi, si è contenuto il disavanzo pubblico e stabilizzato il debito.

Non sono risultati da sottovalutare. Così come non vanno sottovalutati in prospettiva i vincoli stringenti che la finanza pubblica continuerà a fronteggiare, connessi a una verosimile riduzione degli stimoli monetari, a obiettivi di medio termine che non sono ancora stati raggiunti, agli elevati e diffusi rischi geo-politici. Il segno, la composizione e l’intensità delle politiche economiche che verranno adottate dal Governo continueranno a iscriversi nel sentiero delineato.

L’intensità del consolidamento di bilancio, ma anche le diverse opzioni di politica economica, saranno dunque valutate non solo in base agli obiettivi di breve termine, ma soprattutto per le implicazioni di medio e lungo termine, anche considerando che la marcia verso una finanza pubblica solida è un impegno doveroso nei confronti delle nuove generazioni. Una finanza pubblica sana produce effetti concreti sul bilancio, poiché contribuisce a contenere la spesa per interessi che assorbe risorse altrimenti destinabili agli obiettivi di politica economica, quali la riduzione del carico fiscale, gli investimenti, l'inclusione sociale.

Una attenta riflessione sul valore concreto della credibilità del Paese appare

particolarmente rilevante alla luce delle aspettative di consenso che vogliono la

BCE terminare il proprio programma di acquisti di titoli sovrani entro la fine del

2018. L’Italia non dovrà farsi trovare impreparata.

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INDICE

I. QUADRO COMPLESSIVO E OBIETTIVI DI POLITICA ECONOMICA I.1 Previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica

I.2 Il benessere equo e sostenibile

II. QUADRO MACROECONOMICO

II.1 Scenario internazionale II.2 Economia italiana

III. INDEBITAMENTO NETTO E DEBITO PUBBLICO

III.1 Dati di consuntivo e previsioni a legislazione vigente

III.2 Emergenza migranti, sicurezza e salvaguardia del territorio III.3 Percorso programmatico di finanza pubblica

III.4 Impatto finanziario delle misure del Programma Nazionale di Riforma III.5 Evoluzione del rapporto debito/PIL

III.6 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

IV. SENSITIVITÀ E SOSTENIBILITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE IV.1 Scenari di breve periodo

IV.2 Scenari di medio periodo IV. 3 Scenari di lungo periodo

V. QUALITÀ DELLE FINANZE PUBBLICHE

V.1 Le azioni intraprese e linee di tendenza per i prossimi anni V.2 La revisione della spesa

VI ASPETTI ISTITUZIONALI DELLE FINANZE PUBBLICHE

VI.1 Recenti sviluppi normativi in tema di riforma del bilancio dello Stato

VI.2 Le regole di bilancio per le Amministrazioni locali

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INDICE DELLE TAVOLE

Tavola I.1 Quadro macroeconomico tendenziale sintetico Tavola I.2 Quadro macroeconomico programmatico sintetico Tavola I.3 Indicatori di finanza pubblica

Tavola II.1 Quadro macroeconomico tendenziale Tavola II.2 Ipotesi di base

Tavola II.3a Prospettive macroeconomiche Tavola II.3b Prezzi

Tavola II.3c Mercato del lavoro Tavola II.3d Conti settoriali

Tavola III.1 Evoluzione dei principali aggregati delle Amministrazioni pubbliche Tavola III.2 Stima della spesa sostenta per la crisi migranti. Anni 2011-2017 Tavola III.3 Stima della spesa sostenta per la sicurezza. Anno 2016

Tavola III.4 Differenze rispetto al precedente Programma di Stabilità Tavola III.5 Spese da escludere dalla regola di spesa

Tavola III.6 Scenario a politiche invariate

Tavola III.7 Saldi di cassa del settore statale e del settore pubblico Tavola III.8 La finanza pubblica corretta per il ciclo

Tavola III.9 Impatto finanziario delle misure nelle griglie del PNR Tavola III.10 Determinanti del debito pubblico

Tavola III.11 Debito delle Amministrazioni pubbliche per sottosettore

Tavola III.12 Rispetto della regola del debito: configurazione forward looking Tavola IV.1 Heat map sulle variabili sottostanti ad SO per il 2015

Tavola IV.2 Sintesi degli shock macro-fiscali Tavola IV.3 Sensitività alla crescita

Tavola IV.4 Spesa pubblica per pensioni, sanità, assistenza agli anziani, istruzione e indennità di disoccupazione

Tavola IV.5 Indicatori di sostenibilità

Tavola V.1 Effetti netti cumulati dei principali provvedimenti varati nel 2016 sull’indebitamento netto della PA

Tavola V.2 Effetti cumulati dei principali provvedimenti varati nel 2016 sull'indebitamento netto della PA

Tavola V.3 Effetti cumulati dei principali provvedimenti varati nel 2016 sull'indebitamento netto della PA per sottosettore

Tavola V.4 Effetti del D.L. n. 189 del 2016 sull’indebitamento netto della PA

Tavola V.5 Effetti del D.L. n. 237 del 2016 sull’indebitamento netto della PA

Tavola V.6 Effetti del D.L. n. 243 del 2016 sull’indebitamento netto della PA

Tavola V.7 Effetti del D.L. n. 244 del 2016 sull'indebitamento netto della PA

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Tavola V.8 Effetti netti cumulati della manovra di finanza pubblica 2017-2019 e dei primi provvedimenti del 2017

Tavola V.9 Effetti cumulati della manovra di finanza pubblica 2017-2019 e dei primi provvedimenti del 2017

Tavola V.10 Effetti netti cumulati della manovra di finanza pubblica 2017-2019 e dei primi provvedimenti del 2017 sull'indebitamento netto della PA per sottosettore

Tavola V.11 Effetti della manovra di finanza pubblica 2017-2019 sull'indebitamento netto della PA

Tavola V.12 Effetti del D.L. n. 8 del 2017 sull'indebitamento netto della PA Tavola V.13 Effetti del D.L. n. 13 del 2017 sull'indebitamento netto della PA Tavola V.14 Misure di razionalizzazione della spesa

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INDICE DELLE FIGURE

Figura I.1 Indebitamento netto, saldo primario e interessi passivi

Figura I.2 Reddito medio disponibile, PIL pro capite e Indice di disuguaglianza del reddito disponibile - scenario programmatico

Figura I.3 Tasso di mancata partecipazione al lavoro – scenario programmatico Figura I.4 PIL pro capite, emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti - scenario

programmatico

Figura II.1 Volumi delle esportazioni e delle importazioni per area geografica - 2016 Figura II.2 Volumi delle esportazioni e delle importazioni per settore – 2016

Figura II.3 Tassi d’interesse alle imprese non finanziarie e alle famiglie Figura III.1 Numero di migranti soccorsi in mare. Anni 1991-2016

Figura III.2 Numero di migranti soccorsi in mare. Dati trimestrali. Anni 2014-2017 Figura III.3 Migranti presenti nelle strutture di accoglienza. Anni 2013-2017 Figura III.4 Determinanti del debito pubblico

Figura III.5 Evoluzione del rapporto debito/PIL (al lordo e al netto dei sostegni ai Paesi dell’Euro)

Figura III.6 Sentiero di aggiustamento e regola del debito nello scenario tendenziale Figura III.7 Sentiero di aggiustamento e regola del debito nello scenario

programmatico

Figura IV.1 Spesa per interessi in percentuale del PIL e costo medio ponderato all'emissione

Figura IV.2 Evoluzione dei tassi di rendimento sui titoli di Stato a 1, 5 e 10 anni Figura IV.3 Differenziale di rendimento BTP-BUND-benchmark 10 anni

Figura IV.4A Proiezione stocastica del rapporto debito/PIL con shock temporanei Figura IV.4B Proiezione stocastica del rapporto debito/PIL con shock permanenti Figura IV.5 L’indicatore SO e sottocomponenti

Figura IV.6 Proiezione di medio termine del rapporto debito/PIL negli scenari di alta e bassa crescita

Figura IV.7 Sensitività del debito pubblico a un aumento/riduzione del flusso netto di immigrati Figura IV.8 Sensitività alle ipotesi macroeconomiche. Maggiore e minore crescita

della produttività

Figura IV.9 Sensitività alle ipotesi macroeconomiche. Maggiore e minore crescita della produttività totale dei fattori

Figura IV.10 Sensitività alle ipotesi macroeconomiche. Tasso di occupazione e tasso di attività degli anziani

Figura IV.11 Sensitività del debito pubblico alle ipotesi della spesa sanitaria nel risk scenario

Figura IV.12 Sensitività del debito pubblico all’avanzo primario Figura IV.13 L’impatto delle riforme sul rapporto debito/PIL

Figura VI.1 Indebitamento netto e debito delle Amministrazioni locali

(19)

INDICE DEI BOX

Cap. II Piano Industria 4.0, super ammortamenti e risposta degli investimenti Gli errori di previsione sul 2016 e la revisione delle stime per il 2017 e gli anni seguenti

Un’analisi di rischio (o di sensitività) sulle variabili esogene

Cap. III Clausola per gli investimenti

Tavole richieste ai fini dell’utilizzo della clausola migranti nell’ambito del Patto di Stabilità e Crescita

La valutazione delle deviazioni significative e della regola di spesa La stima del prodotto potenziale, dell’output gap e del saldo strutturale con il modello alternativo alla metodologia concordata a livello europeo

Cap. IV La riforma del sistema pensionistico

L’indicatore di sostenibilità fiscale di medio periodo S1 Garanzie concesse dallo Stato

Cap. V Contrasto all’evasione fiscale

Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS)

(20)
(21)

I. QUADRO COMPLESSIVO E OBIETTIVI DI POLITICA ECONOMICA

I.1 PREVISIONI MACROECONOMICHE E DI FINANZA PUBBLICA

L’economia italiana è entrata nel terzo anno di ripresa, una ripresa graduale ma non per questo meno significativa dati i non pochi fattori di freno e incertezza a livello globale ed europeo. Secondo i dati più recenti l’occupazione è aumentata di 734 mila unità rispetto al punto di minimo toccato nel settembre 2013

1

. Il PIL è cresciuto in termini reali dello 0,1 per cento nel 2014, 0,8 per cento nel 2015 e 0,9 per cento nel 2016 (1,0 per cento secondo i dati corretti per i giorni lavorati).

L’obiettivo del Governo è di innalzare il tasso di crescita del PIL verso un ritmo che consenta di recuperare il terreno perduto nel periodo 2009-2013, anni in cui si è verificata una perdita di prodotto senza precedenti nella storia recente, contribuendo così a sostenere l’occupazione e facilitare la discesa del debito in rapporto al PIL. La politica di bilancio concilia un progressivo consolidamento con un sentiero di crescita sostenuto dalle iniziative previste nel Programma Nazionale di Riforma, le quali puntano a creare le condizioni per tornare ad una espansione più rapida e al tempo stesso sostenibile, basata su riforme strutturali.

Le previsioni di crescita riportate in questa edizione del Programma di Stabilità devono pertanto essere lette come valutazioni prudenziali. L’andamento recente dell’economia italiana è infatti incoraggiante. La crescita ha ripreso slancio nella seconda metà del 2016 grazie a un balzo della produzione industriale e, dal lato della domanda, a un’accelerazione di investimenti ed esportazioni. Il 2017 sembra essere cominciato col piede giusto. La produzione industriale destagionalizzata è scesa in gennaio in termini congiunturali, ma ha poi recuperato in febbraio e la media degli ultimi tre mesi ha registrato un progresso del 3 per cento sui tre precedenti a tasso annualizzato. Gli indici di fiducia delle imprese italiane sono saliti notevolmente durante il primo trimestre, toccando a marzo il livello più alto dal 2007 per quanto riguarda l’industria.

Anche a livello europeo ed internazionale, si è recentemente registrato un marcato miglioramento della fiducia di imprese e consumatori. La crescita europea ha accelerato. Permangono preoccupazioni su fattori geopolitici e sulle conseguenze di medio termine della Brexit, di recente acuite dalle politiche commerciali ventilate dalla nuova amministrazione americana. Ciò nondimeno, il quadro di breve termine è più favorevole di quanto fosse atteso nel settembre 2016, quando il Governo effettuò il più recente aggiornamento della previsione ufficiale, sia in termini di espansione prevista dei mercati di esportazione dell’Italia, sia di livello del tasso di cambio dell’euro.

1 Rilevazione ISTAT Forze di Lavoro, febbraio 2017, pubblicata il 3 aprile 2017.

(22)

Il miglioramento dei dati economici e delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del PIL per il 2017 e in minor misura per il 2018, su cui pesa in maggior misura il graduale rialzo dei tassi di interesse di mercato. Si è tuttavia scelto di seguire una valutazione più cauta, anche per via del fatto che nelle principali economie avanzate i dati di produzione e PIL non hanno per ora eguagliato il dinamismo indicato dalle aspettative di imprese e famiglie. La previsione tendenziale di crescita del PIL reale nel 2017 è quindi posta all’1,1 per cento.

La previsione aggiornata per i prossimi due anni è invece lievemente più bassa della precedente, essendo pari a 1,0 per cento nel 2018 e 1,1 per cento nel 2019 (1,2 per cento in entrambi gli anni nella previsione del Draft Budgetary Plan 2017 di ottobre scorso). La nuova previsione di crescita per il 2020 è di 1,1 per cento.

La maggiore cautela riguardo al 2018-2019 è principalmente spiegata dall’incertezza sul contesto di medio termine globale ed europeo e dal recente aumento dei tassi di interesse, che secondo la convenzione seguita nel formulare le previsioni, implica livelli più elevati attesi in futuro. Va inoltre ricordato che la previsione ufficiale non si discosta significativamente dal consenso, anche alla luce del processo di validazione da parte dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio

2

.

Dal punto di vista della crescita nominale, la previsione tendenziale riflette non solo gli andamenti attesi dei prezzi, ma anche l’aumento delle imposte indirette previsto dalle cosiddette clausole di salvaguardia

3

. Il PIL nominale, cresciuto dell’1,6 per cento nel 2016, accelererebbe al 2,2 per cento nel 2017 e al 2,9 nel 2018-2019, rimanendo intorno al 2,8 per cento nel 2020. Ciò migliorerebbe la sostenibilità del debito pubblico pur in presenza di un rialzo dei rendimenti sui titoli di Stato. Il tasso di crescita nominale sarebbe infatti prossimo al costo implicito di finanziamento del debito pubblico in tutto il triennio 2018-2020.

TAVOLA I.1: QUADRO MACROECONOMICO TENDENZIALE SINTETICO (1) (variazioni percentuali, salvo ove non diversamente indicato)

2016 2017 2018 2019 2020

PIL 0,9 1,1 1,0 1,1 1,1

Deflatore PIL 0,8 1,1 1,8 1,8 1,7

Deflatore consumi 0,0 1,2 2,1 2,1 1,8

PIL nominale 1,6 2,2 2,9 2,9 2,8

Occupazione (ULA) 1,4 0,8 0,8 0,7 0,7

Occupazione (FL) 1,3 0,6 0,7 0,6 0,7

Tasso di disoccupazione 11,7 11,5 11,2 10,8 10,2

Bilancia partite correnti (saldo in % PIL) 2,6 2,3 2,6 2,6 2,5

(1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Per quanto riguarda la previsione programmatica, si sono tenute in considerazione le misure di politica fiscale e controllo della spesa di imminente

2 Il quadro macro tendenziale è stato validato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) in data 31 marzo 2017. L’UPB utilizza previsioni formulate con modelli propri e col supporto di un panel di tre previsori indipendenti.

3 Secondo tali clausole, le aliquote IVA salirebbero di tre punti a gennaio 2018, unitamente ad un lieve aumento dell’accisa sui carburanti. L’aliquota IVA standard salirebbe quindi di ulteriori 0,9 punti a gennaio 2019.

(23)

attuazione. Tali misure ridurranno l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in misura pari allo 0,2 per cento del PIL nel 2017 in termini strutturali.

Considerato il profilo temporale e la composizione della manovra, e al netto di arrotondamenti, la previsione aggiornata di crescita programmatica è pari a quella tendenziale, ovvero 1,1 per cento.

La previsione programmatica per i tre anni seguenti riflette l’intendimento del Governo di seguire un sentiero di politica di bilancio in linea con le regole europee e la normativa italiana. Gli obiettivi di indebitamento netto per il 2018 e 2019 sono invariati rispetto allo scorso settembre e al Draft Budgetary Plan 2017.

Ciò implica un indebitamento netto programmatico solo marginalmente più basso del tendenziale nel 2018 ma sensibilmente inferiore nel 2019.

Di conseguenza, al netto di arrotondamenti, la previsione macroeconomica programmatica è pari a quella tendenziale nel 2018 e invece lievemente inferiore nel 2019 (1,0 contro 1,1 per cento). Nel 2020, si mira al conseguimento di un pieno pareggio di bilancio, sia in termini nominali, sia in termini strutturali (ovvero aggiustati per ciclo e misure temporanee). Tuttavia, la riduzione del deficit è esigua (0,2 punti percentuali di PIL) e la crescita prevista è pertanto pari a quella tendenziale, ovvero 1,1 per cento.

TAVOLA I.2: QUADRO MACROECONOMICO PROGRAMMATICO SINTETICO (1) (variazioni percentuali, salvo ove non diversamente indicato)

2016 2017 2018 2019 2020

PIL 0,9 1,1 1,0 1,0 1,1

Deflatore PIL 0,8 1,2 1,7 1,9 1,7

Deflatore consumi 0,0 1,2 1,7 2,1 1,8

PIL nominale 1,6 2,3 2,7 3,0 2,8

Occupazione (ULA) 1,4 0,8 0,9 0,9 0,7

Occupazione (FL) 1,3 0,6 0,8 0,8 0,8

Tasso di disoccupazione 11,7 11,5 11,1 10,5 10,0

Bilancia partite correnti (saldo in % PIL) 2,6 2,3 2,6 2,8 2,8

(1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Venendo alla finanza pubblica, nello scenario tendenziale l’indebitamento

netto delle Amministrazioni pubbliche, che nel 2015 e 2016 è risultato pari a 2,7 e

2,4 per cento del PIL rispettivamente, sarebbe pari al 2,3 per cento quest’anno,

per poi scendere all’1,3 per cento nel 2018, allo 0,6 per cento nel 2019 e infine

allo 0,5 per cento nel 2020. Rispetto alle precedenti previsioni ufficiali, il rialzo

dei rendimenti sui titoli di Stato porta a prevedere spese per interessi più elevate,

con effetti crescenti negli anni 2018-2020. Il fattore principale che spinge invece il

deficit al ribasso è costituito dall’aumento delle aliquote IVA previste dalle

clausole di salvaguardia sul 2018 e 2019, che generano miglioramenti del saldo di

bilancio pari a 1,1 punti di PIL nel 2018 e ulteriori 0,2 punti nel 2019.

(24)

TAVOLA I.3: INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA (in percentuale del PIL) (1)

2015 2016 2017 2018 2019 2020

QUADRO PROGRAMMATICO

Indebitamento netto -2,7 -2,4 -2,1 -1,2 -0,2 0,0

Saldo primario 1,5 1,5 1,7 2,5 3,5 3,8

Interessi 4,1 4,0 3,9 3,7 3,7 3,8

Indebitamento netto strutturale (2) -0,5 -1,2 -1,5 -0,7 0,1 0,0

Variazione strutturale 0,3 -0,7 -0,3 0,8 0,8 -0,1

Debito pubblico (lordo sostegni) (3) 132,1 132,6 132,5 131,0 128,2 125,7 Debito pubblico (netto sostegni) (3) 128,5 129,1 129,1 127,7 125,0 122,6

Obiettivo per la regola del debito (4) 123,7

Impatto netto della manovra 0,2 0,1 0,4 0,4

Proventi da privatizzazioni 0,4 0,1 0,3 0,3 0,3 0,3

QUADRO TENDENZIALE

Indebitamento netto -2,7 -2,4 -2,3 -1,3 -0,6 -0,5

Saldo primario 1,5 1,5 1,5 2,4 3,1 3,4

Interessi 4,1 4,0 3,9 3,7 3,7 3,8

Indebitamento netto strutturale (2) -0,5 -1,1 -1,6 -0,7 -0,2 -0,4

Variazione strutturale 0,3 -0,6 -0,5 0,9 0,5 -0,1

Debito pubblico (lordo sostegni) (3) 132,1 132,6 132,7 131,5 129,3 127,2 Debito pubblico (netto sostegni) (3) 128,5 129,1 129,3 128,2 126,0 124,1 MEMO: Draft Budgetary Plan 2017 (ottobre 2016)

Indebitamento netto tendenziale -2,4 -2,3 -1,2 -0,2

Indebitamento netto strutturale (2) -1,2 -1,6 -0,7 -0,2

Debito pubblico (5) 132,8 132,6 130,1 126,7

MEMO: NOTA AGGIORNAMENTO DEL DEF 2016 (settembre 2016)

Indebitamento netto -2,6 -2,4 -2,0 -1,2 -0,2

Saldo primario 1,5 1,5 1,7 2,4 3,2

Interessi 4,2 4,0 3,7 3,6 3,4

Indebitamento netto strutturale (2) -0,7 -1,2 -1,2 -0,7 -0,2

Variazione strutturale 0,2 -0,5 0,0 0,5 0,6

Debito pubblico (5) 132,3 132,8 132,5 130,1 126,6

PIL nominale tendenziale (val. assoluti x 1.000) 1.645,4 1.672,4 1.709,5 1.758,6 1.810,4 1.861,9 PIL nominale programmatico (val. assoluti x 1.000) 1.645,4 1.672,4 1.710,6 1.757,1 1.809,3 1.860,6 (1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

(2) Al netto delle una tantum e della componente ciclica.

(3) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2016 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, bollettino statistico ‘Finanza pubblica: fabbisogno e debito’ del 15 marzo 2017). Nel 2015 e 2016, le stime provvisorie del debito pubblico pubblicate lo scorso marzo da Banca Italia sono lievemente incrementate (circa 200 milioni per anno) a fronte di ordinarie revisioni statistiche. Le stime considerano proventi da privatizzazioni e ulteriori risparmi destinati al Fondo ammortamento pari allo 0,3 per cento del PIL annuo nel periodo 2017-2020. Le stime programmatiche scontano l’ipotesi di una uscita graduale dalla Tesoreria Unica solo a partire dal 2021. É ipotizzata inoltre una riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per quasi 0,7 per cento del PIL nel 2017, oltre 0,1 per cento di PIL nel 2018 e nel 2019. Le stime considerano una previsione di crescita dell'indice dei prezzi armonizzati (HICP) dell'Area dell'Euro pari a 1,5 per cento nel 2017, 1,3 per cento nel 2018, 1,5 per cento nel 2019 e 1,7 per cento nel 2020; e dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) pari a 1,2 per cento nel 2017, 1,6 per cento nel 2018, 1,5 per cento nel 2019 e 2,0 per cento nel 2020. Nello scenario programmatico, la crescita attesa dell’indice FOI è pari a 1,5 per cento nel 2018, 1,4 per cento nel 2019 e 2,2 per cento nel 2020.

Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

(4) Livello del rapporto debito/PIL che assicurerebbe l’osservanza della regola sulla base della dinamica prevista al 2020 (criterio forward-looking). Per ulteriori dettagli si veda il Paragrafo III.6.

(5) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. Le stime considerano proventi da privatizzazioni e ulteriori risparmi destinati al Fondo ammortamento pari allo 0,5 per cento del PIL negli anni 2017-2018 e allo 0,3 per cento del PIL nel 2019.

(25)

Nello scenario programmatico, il Governo attua immediatamente misure strutturali di riduzione dell’indebitamento strutturale pari a 0,2 punti di PIL per quest’anno, che valgono quasi lo 0,3 per cento del PIL in termini di effetti sugli anni successivi. Il pacchetto comprende misure volte a ridurre l’evasione dell’IVA e di altri tributi con interventi quali l’allargamento delle transazioni a cui si applica il cosiddetto split payment. Vengono inoltre ridotte alcune spese. Il pacchetto è accompagnato da maggiori investimenti nelle zone colpite dai recenti sismi pari a un miliardo di euro all’anno per il periodo 2017-2020.

L’effetto congiunto degli interventi previsti porta ad una revisione al ribasso dell’indebitamento netto programmatico del 2017 dal 2,3 al 2,1 per cento del PIL.

Lo scenario programmatico prevede quindi una marcata discesa del deficit nei due anni successivi, all’1,2 per cento del PIL nel 2018 e allo 0,2 nel 2019. Per il 2020 si prevede un ulteriore lieve miglioramento del saldo onde pervenire al pareggio di bilancio. Le variazioni stimate del saldo strutturale sono pienamente in linea con il braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita in tutto il triennio 2018-2020.

Un lieve avanzo di bilancio strutturale verrebbe infatti conseguito nel 2019 e l’Obiettivo di Medio Periodo sarebbe mantenuto nel 2020.

FIGURA I.1: INDEBITAMENTO NETTO, SALDO PRIMARIO E INTERESSI PASSIVI (in percentuale del PIL)

Fonte: ISTAT. Dal 2017 obiettivi programmatici DEF.

Per quanto riguarda la composizione della politica di bilancio nei prossimi tre anni, si prevede la disattivazione delle clausole di salvaguardia a cominciare dagli effetti strutturali della manovra di aprile 2017 e a ulteriori recuperi di gettito a parità di aliquote (contrasto all’evasione fiscale). Dal lato della spesa, anche sulla scorta della riforma della procedura di formazione del bilancio, si attuerà una nuova revisione della spesa. Le Amministrazioni centrali dello Stato contribuiranno al conseguimento degli obiettivi programmatici con almeno un miliardo di risparmi di spesa all’anno. Tale contributo sarà oggetto del DPCM previsto dalla nuova normativa.

-6,0 -4,0 -2,0 0,0 2,0 4,0 6,0

8,0 Avanzo primario

Spesa per interessi

Indebitamento netto

(26)

Il Governo intende anche trovare spazi per operare misure espansive e di riduzione della pressione fiscale in continuità con le misure introdotte negli anni precedenti. Questi interventi saranno accompagnati dalla prosecuzione dello sforzo di riforma in tutti gli ambiti che influenzano il clima di investimento del Paese. I tempi di impatto di misure di sostegno agli investimenti dipendono anche dal grado di informazione in merito. È quindi importante che imprese, cittadini ed investitori abbiano piena conoscenza delle innovazioni e degli incentivi che sono stati messi in campo negli ultimi tre anni. Uno sforzo particolare sarà pertanto indirizzato al miglioramento e all’accessibilità delle informazioni sul ‘doing business’ in Italia.

Venendo all’andamento del debito pubblico, il rapporto fra debito e PIL ha toccato il 132,6 per cento nel 2016, in lieve aumento sul 2015 (132,1 per cento).

L’aumento è stato pressoché nullo se si considera che la liquidità del Tesoro a fine 2016 è aumentata in misura superiore allo 0,4 per cento del PIL. Il rapporto debito/PIL tende oramai verso la stabilizzazione per poi ridursi progressivamente, un risultato non scontato alla luce della bassa crescita nominale degli ultimi anni.

La previsione programmatica per il rapporto debito/PIL nel 2017, comprensiva di possibili interventi a sostegno della ricapitalizzazione precauzionale delle banche, è di 132,5 per cento, il che segnerebbe il primo decremento dalla crisi ad oggi. Si ipotizza un utilizzo pari a circa metà delle risorse rese disponibili per la ricapitalizzazione precauzionale delle banche tramite il D.L. n. 237 del 23 dicembre 2016 (20 miliardi).

Per il 2017 si prevedono anche proventi da dismissioni immobiliari e di quote di aziende pubbliche pari allo 0,3 per cento del PIL, nonché una diminuzione della liquidità del Tesoro. La discesa del debito in rapporto al PIL beneficia anche di un aumento del surplus primario dall’1,5 per cento del 2016 all’1,7 per cento del 2017. Si riduce anche il gap previsto fra costo implicito del debito (2,97 per cento) e crescita nominale del PIL (2,3 per cento).

La discesa del rapporto debito/PIL dovrebbe accelerare nel periodo 2018-2020 grazie ad un aumento del surplus primario, che salirebbe fino al 3,8 per cento del PIL nel 2020. In tutto il triennio 2018-2020, come sopra accennato, il costo implicito del debito sarebbe prossimo al tasso di crescita del PIL nominale. Nel 2019 risulterebbe lievemente inferiore della crescita nominale del PIL, collocandosi al 2,9 per cento a fronte di una crescita nominale del 3,0 per cento.

Le privatizzazioni continuerebbero a ridurre il rapporto per 0,3 punti all’anno.

Alcuni fattori tecnici rallenteranno la discesa del debito in rapporto al PIL, in particolare il fatto che il fabbisogno di cassa rimanga al disopra dell’indebitamento netto lungo tutto il periodo. Di conseguenza, il programma qui delineato, sebbene assai ambizioso in termini di saldi di bilancio, non arriva a soddisfare la regola del debito nel 2018 (su base prospettica riferita al 2020).

Va tuttavia considerato che la piena attuazione del programma genererebbe notevoli risparmi sui pagamenti per interessi non incorporati nella previsione

4

. I livelli dei rendimenti che saranno effettivamente registrati da qui a fine 2020

4 Infatti, l’ipotesi tecnica qui seguita come di consueto, si basa sui rendimenti dei titoli di stato registrati nelle due settimane precedenti la redazione del Programma. Da essi si calcolano i tassi a termine, che data l’inclinazione fortemente positiva della curva dei rendimenti italiani, implicano un forte rialzo dei rendimenti stessi nei prossimi tre anni.

(27)

potrebbero infatti essere inferiori a quelli impliciti nella curva dei rendimenti, per due motivi: i tassi dell’euro potrebbero salire meno del previsto e il differenziale fra rendimenti italiani e tassi swap dell’euro potrebbe ridursi grazie ad una credibile azione riformatrice e di riduzione del deficit pur in un contesto di incertezza percepita dagli investitori. Il rapporto debito/PIL ne beneficerebbe.

Il trade-off fra maggiore o minore disciplina di bilancio, e fra diverse opzioni di politica economica, andrà quindi valutato alla luce del fatto che un’elevata credibilità può portare a forti risparmi sulla spesa per interessi, liberando risorse per la riduzione del carico fiscale e per la coesione sociale. Questa considerazione è anche importante alla luce dell’aspettativa di consenso secondo cui la BCE terminerà il suo programma di quantitative easing entro la fine del 2018. L’Italia non deve farsi trovare impreparata.

I.2 IL BENESSERE EQUO E SOSTENIBILE

Il benessere di una società in linea di massima trae vantaggio dall’aumento del prodotto interno lordo ma non coincide con tale indicatore. La qualità e sostenibilità dell’ambiente, le diseguaglianze economiche, la qualità del lavoro, la salute ed il livello di istruzione della popolazione sono (alcune delle) dimensioni che concorrono al benessere di una società. Come auspicato da esperti di varie discipline (cfr. la Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi) e da diverse organizzazioni internazionali (e.g. Nazioni Unite, OCSE e Commissione Europea), è tempo che la politica economica ‘vada oltre il PIL’.

Nell’intento di rispondere a tale esigenza, nel 2016 il Parlamento italiano ha approvato con consenso quasi unanime l’inserimento degli indicatori di benessere equo e sostenibile nella programmazione economica. L’Italia è ora il primo Paese dell’Unione Europea e del G7 dove il Governo è tenuto a valutare in maniera sistematica, ex ante ed ex post, l’impatto delle politiche sulle diverse dimensioni del benessere.

La Legge n. 163 del 2016 prevede l’inserimento degli indicatori nel ciclo di bilancio una volta questi siano selezionati dal Comitato appositamente costituito e previo parere parlamentare. In attesa della selezione finale degli indicatori, il Governo ha scelto di anticipare in via sperimentale l’inserimento di un primo gruppo di indicatori nel processo di bilancio già da questo DEF. Per dare modo di effettuare in via sperimentale gli esercizi di previsione in linea con le finalità previste dalla Legge n. 163 del 2016 all’art.1 comma 6 già nel DEF dell’anno in corso, il Comitato, su sollecitazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha selezionato in via provvisoria quattro indicatori: il reddito medio disponibile, un indice di diseguaglianza, il tasso di mancata partecipazione al lavoro e le emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti.

Per ciascuno dei quattro indicatori, anticipando quanto previsto dalla riforma

una volta che il processo di selezione degli indicatori sarà concluso e definitivo,

viene qui di seguito evidenziato l’andamento del triennio passato e quello

prevedibile secondo uno scenario a politiche vigenti e uno scenario che include le

scelte programmatiche del DEF. Per questo esercizio sperimentale, le previsioni

sono state realizzate utilizzando strumenti econometrici sviluppati appositamente

e collegati ai modelli disponibili presso il MEF (cfr. allegato tecnico).

(28)

Il reddito medio disponibile, inclusivo dei servizi in natura forniti dalle istituzioni pubbliche e senza fini di lucro, misura le risorse complessive a disposizione delle famiglie per consumi e risparmi ed è pertanto in grado di cogliere meglio del PIL il benessere effettivo pro capite in un dato anno.

Come si evince dalla Figura I.2, negli ultimi tre anni il reddito medio disponibile segue gli andamenti macroeconomici di questi anni. Allo stesso tempo, la figura evidenzia la funzione stabilizzatrice della politica economica in quanto l’indicatore recupera dalla crisi molto più decisamente del PIL pro capite. Tale dinamica è anche frutto delle politiche del Governo, ad esempio gli interventi volti a ridurre la pressione fiscale e le misure degli 80 euro. Tale evoluzione prosegue negli anni 2017-2020, sia per il tendenziale che per il programmatico, confermando gli effetti positivi in termini di benessere delle misure previste nel medio termine, in primis il piano di contrasto della povertà.

FIGURA I.2: REDDITO MEDIO DISPONIBILE, PIL PRO CAPITE E INDICE DI DISUGUAGLIANZA DEL REDDITO DISPONIBILE- SCENARIO PROGRAMMATICO

Fonte: ISTAT. Dal 2017 obiettivi programmatici DEF.

La coesione sociale dipende in misura significativa dal senso di equità percepito dai cittadini. Ad esempio, a parità di reddito aggregato, la sua distribuzione gioca un ruolo cruciale - per quanto non uniforme tra paesi - nel benessere della società, a maggior ragione durante crisi economiche e sociali prolungate come quella iniziata nel 2008-2009.

L’indice di disuguaglianza selezionato, i.e. il rapporto interquintilico della distribuzione dei redditi equivalenti

5

, misura il rapporto tra il reddito del venti per cento della popolazione con più alto reddito e quello percepito dal venti per cento della popolazione con più basso reddito. Una riduzione di tale rapporto indica pertanto una maggiore equità nella distribuzione delle risorse. La scelta di iniziare a monitorare l’andamento della diseguaglianza e il suo legame con le principali

5 Il reddito equivalente è definito rapportando il complesso dei redditi disponibili della famiglia (effettivi e figurativi) al numero ‘equivalente’ dei familiari (mediante pesi derivati dalla scala di equivalenza utilizzata dall’ISTAT al fine di correggere il reddito pro capite o per le economie di scala intra familiari).

5,2 5,4 5,6 5,8 6,0 6,2 6,4 6,6 6,8 7,0

100 102 104 106 108 110 112 114

2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020

Livelli

Livelli (2014=100)

Reddito medio disponibile PIL pro capite

Indice di disuguaglianza (asse dx)

(29)

politiche del Governo è coerente con l’inserimento del tema nell’agenda della Presidenza italiana del G7.

L’elevato livello di diseguaglianza che caratterizza l’economia italiana è confermato dai dati che tuttavia mostrano una riduzione negli anni più recenti. Il calo per il periodo 2014-2017 (cfr. Fig. I.3) è influenzato dal miglioramento del mercato del lavoro e dalle diverse misure fiscali che sono state adottate, tra le quali le misure degli 80 euro, la cd. quattordicesima per i pensionati, l’aumento delle detrazioni per i redditi da lavoro e pensione, le nuove misure di contrasto alla povertà, l’abrogazione della IMU-TASI sulle abitazioni principali e la revisione della tassazione dei redditi finanziari (cfr. allegato tecnico). Per gli anni 2017- 2020, nel quadro tendenziale sono considerati gli effetti delle misure già adottate (assumendo, in prima approssimazione, che esse non incidano l’evoluzione sulla sottostante distribuzione dei redditi primari – da lavoro e impresa). Sono anche considerati gli aumenti di occupazione previsti nel quadro macroeconomico tendenziale, che contribuiscono a un leggero miglioramento dell’indicatore.

L’effetto complessivo è una contenuta ma costante tendenza alla riduzione della disuguaglianza. Nello scenario programmatico, sono invece indicati gli obiettivi che il Governo intende realizzare intervenendo nel prossimo triennio sulla struttura del prelievo fiscale e contributivo.

La terza dimensione è quella legata al lavoro. Il lavoro continua ad assumere un ruolo centrale nella vita delle persone non solo in quanto fonte di reddito, ma anche come fattore di inclusione sociale e autostima. Il tasso di mancata partecipazione al lavoro corrisponde al rapporto tra la somma dei disoccupati e di coloro che sono disponibili a lavorare, e il totale delle forze di lavoro (il tutto riferito alla classe di età tra 15 e 74 anni). Rispetto al tasso di disoccupazione usualmente considerato nel DEF, tale indicatore consente di tener conto anche del fenomeno dello scoraggiamento.

FIGURA I.3: TASSO DI MANCATA PARTECIPAZIONE AL LAVORO – SCENARIO PROGRAMMATICO

Fonte: ISTAT. Dal 2017 obiettivi programmatici DEF.

I dati mostrano una progressiva riduzione del tasso di mancata partecipazione a partire dal 2015 a seguito del migliorato contesto macroeconomico, della

17,5 18,5 19,5 20,5 21,5 22,5 23,5

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